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TITOLO: Note azzurre
AUTORE: Carlo Dossi
(alias Carlo Alberto Pisani Dossi)
TRADUTTORE:
CURATORE: Dante Isella
NOTE: si ringrazia il Prof. Dante Isella e la
casa editrice Adelphi per averci concesso
l'utilizzo delle note analitiche
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza
specificata al seguente indirizzo Internet:
http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/
TRATTO DA: Carlo Dossi, Note azzurre,
a cura di Dante Isella
Adelphi Edizioni, Milano 1964
CODICE ISBN: informazione non disponibile
1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 15 marzo 1999
INDICE DI AFFIDABILITA': 1
0: affidabilità bassa
1: affidabilità media
2: affidabilità buona
3: affidabilità ottima
ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO:
Marina De Stasio, [email protected]
Clelia Mussari, clely@tiscalinet.it
Claudio Paganelli, [email protected]
REVISIONE:
Marina De Stasio, [email protected]
Clelia Mussari, clely@tiscalinet.it
Claudio Paganelli, [email protected]
PUBBLICATO DA:
Marco Calvo
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Carlo Dossi
NOTE AZZURRE
Dietro scena dei miei libri
Selva - di pensieri miei e d’altrui
In seme - in fiore - in frutto
Lazzaretto dove il D. tiene in quarantena
I propri e i pensieri altrui
Cervello di carta, aperto in sussidio
Dell’altro già zeppo
Granai di riserva per le probabili carestie
I. Vi ha risposte che sono insieme una domanda - ottime a protrarre un discorso. E io invece, nelle mie risposte,
pongo sempre punti; mai virgole né punti e virgola -.
3. strigosus (Gellius) = magro, il nostro milanese “striaa” da strix, strige (strega) vampiro succhiasangue.
5. Per la Satira a Roma. V. Gellio - notti attiche (L. IV cap. V.) - (Lib. XV. IV).
6. Antichi dii Romani - v. Gellio (C. v. - C. XII).
7. Aurum in Gallia effutisti (Svetonio) - scialaquasti, il nostro mil. te mandaa a fass fôtt. -
8. stroppus - (in Gellio) benda del sacerdote - il milanese stroppai.
9. In Gellio si trova degnissimo di memoria - nel Libro II il cap. XXIX - nel IV il cap. XVIII - nel V il c. X -
nel X i capit. I. VI. - nel XII. il c. VI. - nel XIII, il c. IV. V. - nel XV, il XIX, nel XVI il c. XI - nel XVIII, il c. IV - nel
XVII, il c. XII.
12. affatim nel senso antiquato è il nostro affatto.
14. Degno di nota come la più parte dei filosofi, essendo in fondo del medesimo parere sul bene e sul male, non
s'accordassero mai per l'incertezza del significato delle parole da essi usato.
16. È un lavoro che dimostra molta memoria - si può dire di lavoro ch'è rifrittura di altri.
17. O gente che scrivete per non esser capita, non sarebbe assai meglio taceste!
18. Vive moribus praeteritis: loquere verbis praesentibus - Questa è per me.
19. blaterare (lat.) - vedi id. in it. - Erchomai = kommen. - Theios = zio - Pinna = Zinne, pinacolo.
21. Se oggidì si scrivesse secondo la stretta etimologia oppure si leggesse, nessuno capirebbe più nulla; tanto le
parole si dipartirono dal loro primo razionale significato.
22. solarium = solajo, la parte più alta della casa, perchè anticamente - in cima alla casa, si costruivano terrazze
per i bagni di sole.
24. Utilissime nelle lingue sono le parole che esprimono idee generali; che non sviano quindi nelle descrizioni
la fantasia del lettore - com'è p. es. di obices, cose che si oppongono.
27. I cavalieri del Casino dei nobili di Milano invitavano una volta all'anno ad una festa da ballo i loro agenti,
ingegneri ecc. colle relative donne - ma si guardavano bene dal ballar loro insieme. - Le loro dame poi (le quali
venivano a sedersi tutt'intorno adocchiando coll'occhialetto i ballerini) dicevano “di andare a veder ballare gli òmini”.
29. to usher = introdurre, annunciare - uscio, usciere - to tack = attaccare, taccaa.
30. A Pavia manca il brougham N. 13 - negli stabilimenti idroterapici e alcuna volta negli alberghi manca la
stanza n. 13 - Come se togliendo il ricordo di lei, si togliesse la morte!
32. inonesta moneta = carta moneta - E noi la pretendiamo a civiltà col corso forzoso!
34. Se l'acqua si vendesse a bottiglie come parrebbe buona! (Gorini).
36. La iniquità di imporre il nome di “Zanata, Colombo, Esposito” ai trovatelli.
37. mischmasch - mizmaze (ingl.) - mis masc, milanese.
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38. chaplet (ingl.) = guirlande - sul sacro fonte - del mio battesmo piglierò il cappello (Dante) - laurea poetica.
39. stang (ingl.) = pertica - stang = debole, stanco.
40. Dei plagi innocenti. Si dimanda, se dato uno stesso soggetto da trattare a due uomini di pari ingegno - lo
debbano, per trattarlo superlativamente, trattare nella stessa maniera.
41. Una corte alta e stretta. In un abbaino abita un affamato - a terreno, una trattoria. Tutto il giorno c'è il
piccolo che grida: Tagliarini al burro, bove alla Fiorentina, stufato alla Russa, ecc.
42. Ho letto, non so dove, che per comprendere bene Vico italiano bisogna leggerlo nel francese di Michelet.
44. La compagnia dramatica a Merate. Poveri diavoli! hanno i piedi fuori delle scarpe, e le budella che latrano;
eppure recitano sempre comedie in cui si parla di milioni di scudi, di castelli, di latifondi, di banchetti, di gemme…
d'indigestioni! -
45. …fight for a plot - Whereon is no tomb enough and continent - to hide the slain (Shakespeare, Hamlet,
1028) - Si contendean la povertà di un poggio - Non bastevole pure a seppellirli (Aleardi, un'ora della mia giovinezza).
46. Di tempo in tempo si parla di chi ha rimesso filosofia sulle vere sue basi, liberandola dal gergo scolastico
ecc.
47. Cani e gatti ecc. Il cane del S.
r
Brambilla dato in impresto a un cattivo cacciatore. Questi fallisce un tiro. Il
cane gli volta la coda e se ne torna a casa - Il Kin, pincino di Zelbi, che guardava il quadrante dell'orologio circa l'ora in
cui Perelli, amico di Zelbi - usava venire. - Dei cani morti di crepacuore per le carezze fatte dal padrone ad altro cane, o
a bimbi - A una gatta erano stati gettati nel cesso i micini: le si pose sotto un cagnolo cui era morta la madre, ed essa lo
allattò. - Il cane del ricco e il cane del povero, questi (un barbone) con una sportola in bocca, dimanda timidamente la
carità; quello (un levriere) fiero, colla testa alta, e la coperta blasonata - Ira dei cani dei ricchi contro la gente malvestita
- Il gatto di nonno Quinterio, che, dalla finestra, stava guardando in istrada se il padrone veniva. Il nonno usava
comperargli tutti i giorni un biscottino. Un dì il povero gatto cadde dal tetto; lo si bendò e lo si pose nella sua cuccia che
stava in solajo. Ed egli dopo qualch'ora scese tutto bendato e andò a leccare la mano al padrone in segno di
riconoscenza. - Come non sia vero che il gatto ami la sola casa. Certo che il carattere del gatto è più indipendente, è più
nobile di quello del cane: egli ama rimanere in un luogo, perchè vi ha già fatto le sue relazioni coi gatti circonvicini ecc.
- Del topo che mangiava la penna d'oca di Gorini, mentre questi, studente a Pavia, scriveva nel silenzio della sua
cameruccia. - Gorini scrisse un opuscolo ancora inedito (1875) sui cani, gatti, passeri ecc.
48. Il conte Carena avea usato di alcuni preparati di Mercurio. A un tratto s'imaginò di essersene immagazinato
nel corpo una gran quantità. Tripilla sempre. Cerca ogni modo per farsi estrarre il mercurio ch'egli crede di contenere -
vuol bagni di elettricità - piglia joduro. E da dodici anni è perseguitato da una simile imaginazione.
49. (dupl.) Molte parole a forza di non esprimere nulla - come ineffabile, indicibile ecc. - finirono a voler
dire qualche cosa. Viceversa, altre, che significavano molto - per il troppo uso perdettero ogni valore. E così fu di molti
vizi e di molte virtù.
55. Di due che combinavano fra loro i giochi di parole, poi andavano a produrli nei caffè ecc.
59. La servitù nasce e vive dalla comune viltà. Tutte le declamazioni contro gli abusi della tirannide sono meno
efficaci che il dire ai servi: contatevi.
60. La più bell'opera dell'Arrighi fu il Dossi.
61. Tale applicò 4 usci alle quattro pareti dell'unica sua camera, perchè altri credesse ch'egli abitava un
appartamento.
62. Il miglior incenso a Dio è il fumo delle officine.
63. La terra produce i suoi frutti a date epoche, e così l'animo.
64. Un principe Belgiojoso, cieco, non volea confessare questo suo difetto, anzi cercava d'illuder stesso di
non averlo. E però aveva dato ordine a un suo servo, quando qualche signora gli veniva a far visita, di correrle incontro,
e poi di correre tosto da lui a descrivergli l'abito, l'acconciatura ecc. di detta signora. Alla quale entrando, egli p. es.
dicea …Oh marchesa, che bella toilette… quel rosso vi stà a meraviglia ecc.
65. Montaigne fu il precursore di Voltaire.
66. Gérome riuscì a trattare “la crocefissione” tema stanchissimo, ancora originalmente, con una trovata
artistica, cioè non trattandolo. E difatti delle croci non si vedono nel quadro suo che le tre ombre portate. Tuttavia
colpisce. Ben si dice di quelli che per pretenderla a originalità nella musica tralasciano la cabaletta, “è sempre più facile
a non farne che a farne” - Ma quì non mi pare il caso di ripetere questo giudizio - perchè se Gérome se la cavò non
facendo, nondimeno giunge a suscitare negli spettatori la sensazione terribile del fatto meglio ancora che se lo avesse
dipinto davvero, con un sublime sottinteso. Resta però sempre - a parte il valore della idea - un infelice quadro dal lato
pittura.
67. “Dio! che levada de sol che sa de moccusc!” - si può dire di certe descrizioni dell'alba che sentono troppa la
fatica, oppure di certe in cui il sole è descritto come se fosse una lampada.
68. Il pensiero è fisico - e però è migliorabile colla selezione. Il bimbo dell'oggi si può dire che nasce con idee
già meditate dai padri suoi. Il bimbo ha già la vita di tutti i passati. Per vivere molto, bisogna vivere la vita altrui.
69. I soldati dell'oggi saranno gl'impiccati di domani. - CF. pensiero consimile nell'Utopia di Moro.
71. Il prurito dei vecchi = il chiacchierare.
75. Un povero mi chiedeva la carità - “T'hoo già daa jer” - diss'io - Ed egli: ma mi gh'hoo de mangià anca
incoeu - rispose.
76. Dei militari dati in imprestito per fare da comparse nei carnevali, nei Teatri ecc. Tale, arrolatosi volontario
per imminente guerra coll'Austria - e mandato al deposito, dovette accontentarsi di intervenire all'assalto di Sebastopoli -
in una azione mimico-ippica del Ciniselli cavalarizzo.
80. vestes - si modo, vestes vocandae sint in quibus nihil est quo defendi corpus, aut ecc. (Seneca 7. de Benef.).
E le donne dicono vado a vestirmi pel teatro, appunto quando vanno a spogliarsi.
82. Riceveste uno schiaffo? - dicono i preti - bene - offritelo al Signore.
84. Come l'accensione di una candela dà a questa in una il principio di vita e di morte - così la nascita all'uomo.
85. Gli studenti milanesi che da Pavia volevano tornare a casa e non avevano quattrini neppure per il barchetto,
facevan la strada a piedi giocando alle boccie.
87. bliteus (Plauto), da niente - blitter (mil.).
89. L'adorazione in molte famiglie per Napoleone I. - Mia nonna diceva che la piazza del Duomo era stata
ideata da Lui - Per dimostrare poi la sua onnivegenza, dicea che essendo egli intervenuto ad una festa da ballo ed
avendo vista una signora vestita come era la sera prima ad altra festa da ballo, le disse: ma lei signora mia è instancabile!
90. I cavioni francesi.
91. Nel prologo dell'Endicott di Longfellow - si dà, con una imagine, ragione del perchè certi fatti, storicamente
l'uno dall'altro lontani, devono essere messi filosoficamente vicini. Questo, può servire di scusa al Giulio Cesare di
Rovani.
93. Regola di onestà - essere buoni tanto da non imbrogliare alcuno, non però tanto buoni da essere da alcuno
imbrogliato - Non imbrogliare alcuno né essere imbrogliato.
94. I tormenti della bontà che non può sfogarsi, sono forse peggiori di quelli della malvagità sfogata.
95. “Voi in quella patria, specchio d'Italia e splendor del mondo, in Vinegia, come la fate?” (Doni, I marmi.
Vol. I pag. 88 ed. Barbera) - CF. What do you do?
97. Quando l'interesse del principe non s'accorda a quello del popolo, il principe è di danno, e quando
s'accorda, il principe è inutile.
100. Testes, testicoli, perchè testimoniano la virilità. Priapo, dio degli orti, perchè stava testimonio dei furti -
ofen, ted., forno - offella, offa.
101. Il dire felicità a chi starnuta uso antichissimo. Vedi Petronio pag. 65. - CF. Sen.
103. Dovrebbe, per legge, esser vietato di erigere statue, a qualunque che non sia morto da oltre 100 anni. Si
eviterebbe così la confusione d'idee che nasce al vedere tanti somarelli decorati di monumenti - come ne sono un
tristissimo esempio i portici di Brera.
105. Si sotteravano i morti sul campo, la notte della battaglia. Gridavano alcuni feriti ai becchini… Per carità…
no non siamo che feriti - E i seppellitori ghignando - a darvi ascolto, nessuno di voi sarebbe morto - e giù nella fossa.
106. Appresso vedi il lume di quel cero (Dante, Par. X 115. parlando di illuminato scrittore) e Porta: torcion de
vott stoppin…
107. Era donna che facilmente veniva all'ultima confidenza.
108. (tripl.) L'età dell'oro - (in cui l'oro non c'era) così detta pel frumento.
109. La Tea che abbaja alla minestra che scotta. - Il cane affamato colla muserola che vorrebbe mangiare un
osso - Et cum deserti baubantur in aedibus ecc.
110. Il prof. Bedorci, di latino, cominciava sempre le sue lezioni dicendo: riepiloghiamo, signori.
115. L'ostinata voglia di servire nei popoli. - E v'hanno uccelli che messi in gabbia, si rompono la testa contro
le sbarre.
116. àrta krìthina = pani d'orzo, grissini (pare) - tapeinòs, tapino - uperétes, ministro, servo, prete - kraipàle,
ingordigia, crapula.
117. La plebe antica, come i nostri birichini, si affollava dietro ai soldati che menavano prigione taluno,
gridando aire autóv (ciappel - mollel -) - (Pràxeis ton Ap.).
120. V. Descrizione del foro ai tempi di Domiziano, Stati Silvarum I. 22. e seg. -
122. Dei professori di latino e greco, gongolanti alle classiche lascivie.
123. La convenienza in Arte è una delle principali condizioni perchè un lavoro abbia probabilità di lunga vita.
Di quì, non solo l'inutili ma il danno di usare frasi già usate egregiamente da altri. Per quanto smussate, piallate,
accomodate dal nuovo artefice, sentiranno sempre il raffazzonamento, e il lavoro non sarà più di getto ma di mosaico.
Vedete un po' nella vita! - L'“io sono una orfanella” detto da una giovanissima fanciulla vi riempirà di pietà e di amore -
mentre la stessa frase, udita da una vecchia, vi farà lagrimar… dalle risa.
124. I tapageurs - i fracassosi (p. es. Perelli).
126. Quanto piccolo l'uomo dinanzi l'universo - quanto grande lui che l'universo comprende!
127. Pàppas, pappa - voce famigliare del figlio verso il padre.
128. Sotto il nome di tibicinae si comprendeva, una volta, quanto oggi si comprende sotto quello di cucitrici.
131. ladrone - anticamente laterones, guardia nobile che stava a lato del principe.
139. Gonna, gown - abbigliamento da donna - forse da gyné. - E difatti l'abbigliamento è la donna.
144. dàmar, moglie, dama - càminos, fornace, camino - barýs, faticoso, pesante - bara (milanese).
146. hesternum diem, gestern, yesterday.
147. Via dei Matriggiani a Roma - Matriggian a Milano significa, uomo inutilmente grande e grosso - Via degli
Andegari a Milano - Andeghee in Milanese uomo in arretrato per idee e costumi dalla giornata.
153. La cattedra ci apprende a disputare, non a vivere.
161. nyn, ora, adesso, nun - maraino, corrompere, to mar - chàsma, abisso, chasm - tychein, ottenere, toccare -
fyteo, piantare, fottere (per translato filosofico) - caleo, chiamo, to call - to rethén, il dire, reden - esaurion, domani,
morgen - Veh! lat. - weh, woe! ovej! (mil.) - malum, mela / malus, male - rammenta la disobedienza del nostro primo
parente.
162. Il poiéso ymàs alieis anthròpon di Cristo a Pietro e Paolo, è una miserabile similitudine - Poveri
uomini! trattati come pesci.
164. Borrare, tremare pel freddo da borràs vento di tramontana - excreare, cracher, sputare.
165. Dicono: “disprezzate le ricchezze che dovrete abbandonare - seguite la gloria”. Ecchè! ci segue forse la
gloria?
166. Set on, ingl., mett su (mil.) - der Greis, er griscio (rom.) il vecchio - grimm, corruccio, vecchia grima
(rom.) - zotig, osceno, zotico - Strapatz, strapaz (mil.) - plappern, blatterà (mil.) - to scour, sgurà (mil.), nettare
sciaquando - Schrank, canterano.
168 b). stipes, tronco, per translato, sciocco; stupid (mil.). - pistrinus, pristinensibus (Svetonio), prestinee (mil.)
169. Frasi stereotipate, tempo edace - humida nox - fulva harena -
170. Per l'origine della claque Vedi Svet. Nero, 237.
173. L'alliterazione cioè la ripetizione artificiosa di sillabe (generalmente triplice) era usitatissima negli antichi
poeti sassoni e goti - come si trova usata di frequente nei nostri antichi italiani. Ad es. Dante Con me medesmo meco mi
vergogno - Credetti ch'ei credeva ch'io credessi ecc.
175. His saint was kept in mew (Warner's Curan and Argentile) - CF. il dentro della muda di Dante.
176. enantìu, avanti - sso, rompere, gerrissen - poterìon, vaso, bicchiere, pot, poterie.
177. In uno dei Vangeli è detto opu eàn eisélthete eis oikìan, ekeì menete eòs an exélthete ekeìthen.( ! )
178. èn e idéa autù os astrapè kaì to ènduma autù leukòn oseì chiòn. - (Vangelo) - CF. Manzoni “era folgore
l'aspetto - era neve il vestimento” -
182. baila sciutta - rimproveratami dal Sig. Ba… critico della Perseveranza - corrisponde alla dry nurse degli
inglesi, e all'assa nutrix dei latini - e significa colei che custodisce i bimbi latterini senza dar loro latte.
183. Tali leggendo solo credono di studiare. Senza meditazione, la lettura non è che un perditempo. -
193. Si rassomigliano molto fra loro il finale del carme di Aleardi per D.
na
Bianca Regizzo e il finale delle
Lettere consolatorie di Seneca a Marcia.
197. Ai tempi di Seneca, pare che durasse ancor l'uso di sbarazzarsi dei figli deformi, liberos quoque si debiles
monstrosique editi sunt, mergimus.
202. Il cerimoniale dei diplomatici e dei professori di una volta - il diritto di precedenza - l'anzianità - Le
processioni. -
203. Le mamme brontolone per abitudine coi loro bimbi - I bimbi sempre colle lagrime agli occhi e col
singhiozzo. - Donde i figli giustamente ingrati - Vedi il sonetto di Belli sulle creanze a tavola - Dopo una gran ra[ma]
nzina, il bimbo, cui serve ancora l'appetito, fa per mangiare la sua minestra: e la mamma: vedete eh! quando si tratta di
mangiare!
204. Tanta è la confusione e la simultaneità delle idee che hanno travagliato il mondo che io mi maraviglio
come abbiano potuto ridursi allo stato tranquillo dell'oggi per poco tranquillo ch'ei sia.
209. C'era tale aristocratico cui rincresceva d'aver il sedere a due pezzi perchè così l'avevano i fornai.
210. Baretti (Vol. - 1044) dice falsa l'opinione di riputare la lingua italiana prima fra tutte per la ricchezza
ecc. poichè se la Crusca comprende 44.000 vocaboli, 4000 quindi più dei dizionari francesi ed inglesi - questi ultimi
(dice) si adoperano da cima a fondo (il che io C. D. nego) mentre la Crusca - no. Inoltre la Crusca registra i superlativi, i
diminutivi ecc.
212. Those critics who attack with the hope of being answered and of being thereby brought into notion
(Moore) CF. Giusti - la smania inutile di una risposta - e CF. Rovani art. [lacuna].
220. Per la lussuria Romana V. Lucano (pag.140 v. 160 e seg.)
221. Caritas vuol dire anche carestia - ogni cosa rara ha prezzo, è cara.
223. Thou art the cap of all the fools (Shakespeare), cappa di loeucc, ecc. mil.
225. …To ruffle in the common wealth of Rome (Sh. in T. Andronico) …arruffa popoli - fior. - Pelf, denaro -
pelter (mil.).
231. Gli scrittori latini parlano sempre dei - Tergaque Parthorum Romanaque pectora (dicam) (Ov.). I Parti,
l'eterno grattacapo di Roma - i perpetuamente fuggenti, non mai vinti.
234. La magnifica descrizione dei paggi addormentati nell'anticamera del duca di Firenze, quale si trova nel
Lamberto Malatesta di Rovani, può essere stata inspirata dalle poche parole di Schiller (D. Carlos atto) Im
Hintergrund des Zimmers einige Pagen auf den Knieen eingeschlafen -
238. Due buoni soggetti da quadri da riscontro sarebbero, il primo - La scena dei paggetti che vegliano
nell'anticamera del duca di Firenze, come si trova nel Lamberto di Rovani. Tappezzeria verdone cupo - paggi giovinetti
in raso bianco - l'altro, le Aretine -cioè le sei bellissime fanciulle che si teneva nella sua casa di Venezia l'Aretino - Sala
veneta, zeppa dei magnifici doni che piovevano da ogni parte al poeta - quale si trova nella descrizione dello Chasles - e
nelle lettere dello stesso Aretino - Le fanciulle in gruppo, chi sedute, chi in piedi, chi suonando alla ghitarra, chi
cantando - chi intrecciando corone di fiori.
241. Il miglior sistema filosofico di tutti, è quello di Gesù, il sistema della benevolenza.
244. Dicono che Lei è uno studiosissimo giovine - mi diceva la Sig.
ra
T. - Bene m'indovini questa sciarada.
247. Notabile l'Epistola XII di Seneca. - Mirabile il principio. Seneca va in villa. Trova la casa cadente. S'adira.
Il villico dice: che vuoi? la casa è vecchia. E allora Seneca si rammenta che chi ha fabricata quella casa fu lui, ed
esclama: haec villa inter manus meas crevit; quid mihi futurum est, si jam putria sunt aetatis meae saxa? - CF. colle
parole di Manzoni a Perelli. - Manzoni sedeva a Brusuglio sotto certe piantone. “Che belle piante!” fece Perelli -
Rispose Manzoni “I hoo piantà mi; e seguiten a vegnì bei intant che mi vegni brutt”.
251. Si vis amari, ama (Ovidio?) - CF. Dante amor che a nullo amato amar perdona.
254. summa ergo summarum - insomma delle somme.
256. Si può scrivere usufruendo dell'ingegno altrui, non si può dell'altrui cuore.
261. pan - tutto - il pane è appunto tutto - edoné, gioia, felicità, ecc. - CF. dono - traghémata, dolci, treggea -
Nilo (nihil) il nostro filo - nulla. - panatuneìa, festa solenne in onor di Minerva. Vi si sarà mangiato qualche torta. Vedi
panettone.
262. Una vendemmia di bastonate - vinus cibarius, de tajà col cortel - cupas vinarias sipare noli, cioè non
impagliare (Lib. Priap. per l'uso dei fiaschi impagliati).
267. L'infibulazione del membro virile riproposta da quell'esageratore di Malthus, economista americano di cui
non ricordo più il nome - venne spesso usata nell'antichità - CF. il Neve imponite fibulam Priapo (liber Priap.).
268. nunc sumus in rutuba, si va a rotoli (Varro) - ac populum asymbolon dimitterent cubitum, mandaven a
dormì.
271. Le idee sono di tutti. Il grado della loro coordinazione determina il massimo, il medio o il minimo artista.
272. thaumàzo, mi maraviglio, to amaze, meravigliare - sòma, il corpo, soma (peso) - chithàra, ghitarra - òlos,
tutto, all (ingl. pronuncia oll), all (ted.) - esthlòs, edel - esthìo, essen - kaléo, to call -
273. kahl, cal-vo - roh, ro-zzo - toll, c-oll-erico - satt, sta-is, sat (mil.) - rund, ro-to-ndo, ronde (franc.) - fahl,
fallo -
274. Oi apò skenés, modo di dire simile al milanese, quii del teater, quel della birra, quii del fer rott ecc.
275. Cerberus, forensis erat causidicus (Petronio). Importante è Petronio per la storia dell'Umorismo - Così
pure Seneca, nel Ludus de morte Claudi, e Ovidio nei Fasti.
276. Vitrea fracta, sententiolae declamatoriae - non valet lotium suum, non val quel che piscia - aquam liberam
gustare - udi tamquam mures - te natum non puto - multis pedibus sto - nummos modio metitur - clavo tabulari fixum est
- ingeniosus est et bono filo - licet barbam auream habes - (Tutte frasi di Petronio).
277. pernae missionem dedimus, ghem daa licenza al porscell (mil.), l'abbiamo mangiato - Alcuni brani di
Petronio si potrebbero tradurre facilissimamente colle identiche loro frasi in lingua milanese.
278. L'uso di sincopar le parole in latino che in italiano - matus, per madefactus (CF. matella, orinale) -
compro, per comprato etc. - Il Portogh. è spagnolo sincopato.
283. haematites, pietra di color sanguigno, donde la nostra matita (lapis, pietra) - Così rubrica dicevasi antic.
l'indice, perchè scritto in rosso - Monile, braccialetto, da monere, rammentare - l'odierno souvenir. - camella, gamella
(scodella, voce mil.) - carpere somnum, carpià (milanese) - dicta facit, detto fatto -
284. Traccie d'umorismo in Ovidio e in Orazio - Vedi per es. Ovidio sp. i Fasti - l'Ars amandi, e il remedium
Amoris.
285. La nostra terzina si può ravvisare in embrione nei fasti di Ovidio.
286. Notabile in Ovidio (per l'umorismo) la preghiera del mercante a Mercurio (Fasti 120) e la supplica alla
Dea Rubigo (id. 105).
287. Per l'origine dei barconi nelle mascherate V. Ovidio Fasti 153 - Vedi id. 117 per pronostici ortolani.
290. Quod mihi das uni, coelum partire duobus - Dimidium toto munere majus erit (id.) Pensiero ripetutissimo
fra i poeti antichi e moderni, nostri e forastieri.
292. Minerva, dea delle smacchiatrici (Ov. Fasti 77).
293. V. per la descrizione di un pic nic romano (romanata) Ovidi Fastorum pag. 67 ed. minor Lipsia.
298. copia ipsa nocet (id.) CF. dal troppo impoverito.
301. Vedi Catullo XXIX In Caesarem per la Satira a Roma.
303. L'uso di mangiar noci nelle nozze - Vedi Catullo LXI.
304. cur non exsilium malasque in oras - itis? (Cat.)… andar in malora.
305. …nam Cytorio in jugo - loquente saepe (Cat.) - E per combinazione, il Parlamento italiano è a monte
Citorio -
306. L'ode di Catullo che comincia “Multas per gentes… ecc.” - ricorda il sonetto di Foscolo, “un s'io non
andrò sempre fuggendo…” - Foscolo del resto come Carducci, è tutto un mosaico di frasi rubacchiate, o a meglio
dire confiscate, conquistate ai classici greci e latini.
307. Il caso d'amore è più spesso patologico che non fisiologico - almeno in noi uomini artificiali.
308. Sallustio usa la parola “argentum” nel senso francese di denaro.
310. Il carme latino di Prati ricorda l'Epitalamio di Catullo.
311. Nella campagna di Roma, a un'osteria, leggevo a forte alcuni versi latini, presente il mio bottaio (ossia
vetturino). E il vetturino sorrideva soddisfatto. “Capisco, sapete” mi disse. - Non capiva altro, s'intende, se non che io
leggevo in latino, ma s'illudeva come Romano - di capire anche il senso del suono. -
312 a). cuculo in Plauto anche adultero - forse da cucullus, cappuccio col quale l'adultero si copriva il capo per
recarsi dalla moglie infedele - Cuculo si dice ora al marito.
312 b). V. per l'Umorismo il discorso del servo Ludus sui tempi vecchi e moderni - nella Bacchides di Plauto
Atto 3° Sc. 2
a
. - Posto dei Comici e spec. di Plauto nell'Um.
318 a). Corbetta, si distingue per valore a Custoza; Leopoldo Pullé, si distingue colle sue commedie sui teatri,
Raimondo Boucheron è autore di una insigne opera sulla Armonia, e tutti e tre sono fatti cavalieri della Corona d'Italia, i
due primi per aver appartenuto un anno al Comitato del Carnevalone, l'ultimo per esser socio di una certa academia: il
che vuol dire che in Italia quando si vuole dar premi a chi ne merita, si cerca almeno di non premiarne il merito.
Ricorda pur Verdi fatto senatore del Regno pel titolo di pagare 3000 lire d'imposte!!!
318 b). Il Diavolo ha resi tali servigi alla Chiesa, che io mi meraviglio com'esso non sia ancor stato canonizzato
per santo…
320. Simul (Caesar) a tribunis militum centurionibusque mutuas pecunias sumpsit: has exercitui tribuit; quo
facto duas res consecutus est; quod pignore animos centurionum devinxit et largitione militum voluntates redemit
(Caesar). Origine del Debito e della Rendita pubblica.
334. Il terribile umorismo di Macchiavelli.
337. Nel “De tranquillitate animi” Seneca dopo aver insegnato bellissime cose per mantenerla, conchiude con
un elogio alla felicità che si trova nel vino.
339. Dice S. Agostino, il gran freddurista, di credere l'impossibile, appunto perchè impossibile.
341. Una lettera della Ballerina Carmine a Rovani finiva “e se non mi comprendi, indovinami!
342. Studiano gli scienziati il modo di immagazinare il Sole. Io dico loro: guardate i quadri di T. Cremona.
343. Le donne sono tante serrature in cerca di chiave.
346. si tràvia, el se trà-via (mil.) - aluta, scarpa antica, da lutum, fango e a privativa.
352. V. per la descrizione di Napoli e suoi contorni Silio Italico XII. 110 e seg. - V. per la descrizione delle
città di Sicilia p. 297. L. XIV. v. 192 e seg. - Vedi pei popoli nei dintorni di Roma, L. VIII. v. 358 e seg.
356. Preterea, ventus cum per loca subcava terrae ecc. (Lucr.) - Opinione sull'origine dei terremoti
frequente nell'antica fisica, e ora esperimentata per vera da Paolo Gorini.
357. Morente la mamma di Elvira (Maggio 1871 giovedì 25) per vajuolo alla Rotonda di Milano - diceva in
delirio: oh come sono ricca! che bell'ospedale pei poveri… letti soffici, ad elastico… poltrone di velluto… ciascuno la
sua stanza… - E la Rotonda era il più orribile degli ospedali! Vicino al letto di lei giaceva, pur di vajolo, un uxoricida, il
quale guarì.
367. Spirito dell'Umorismo è di provar spesso sensualmente l'opposto di quanto il comun senso sostiene.
368. A Merate c'era un notajo, insigne bevitore - che nel discorso faceva sempre la rima a quant'altri gli diceva.
Lettore assiduo di romanzi tali quali “il sorbetto della regina” e simili - stava intanto scrivendo la storia di Russia…
369. Ogni dovere e diritto nasce e procede dall'istinto della propria conservazione.
370. Il campo della giustizia si va sempre più estendendo. Prima esisteva nel solo uomo (simbolica guerra tra
Abele e Caino) - poi si allargò nella famiglia (guerre famigliari - poi nelle città (guerre civili) - finalmente nelle nazioni
(guerre nazionali)…
371. Haud Ligurum extremus (Virgilio). Non l'ultimo tra i Genovesi - Notisi che i Genovesi ebbero sempre
fama d'ingannatori, conseguenza del loro carattere di mercanti. V. Sonetto d'Alfieri.
372. aut mixta rubent ubi lilia multa - alba rosa (Virgilio) CF. òpos prépei leukà - ròdois krìna plakénta
(Anacreonte).
373. Fontana a T. Cremona: incoeu te set pussee stupid del solit - T. Cremona. L'è per podè famm capì de tì.
374. arte colla fede di miserabilità… - lavoro denso di bellezze - bellezza a perdita d'occhio.
375. Giulio Uberti, poeta. - lezioni di mimica e di declamazione ai coristi - e perciò tiene sempre in tasca i
40 segni che esprimono tutte quante le gradazioni degli affetti. - È sucidissimo. La sua faccia, dice lo scultore Grandi,
sembra di pietra di Viggiù cui non furono tolti ancora i punti. Non si lava che quando è sorpreso dalla pioggia… Gli
amici si augurano allora ch'egli si trovi fuori dalle porte, e lontano da ogni gronda. Uberti crede di far toilette quando si
cambia il solo colletto della camicia (la quale non c'è) mentre invece questo non fa che rilevare il sudiciume del resto.
Imaginate la puzza - Dicono però i maliziosi ch'egli se la conservi con ogni cura per non farsi perder di pista dal fedele
barbino… Tiene poi sempre ingambati - anche a letto - un paio di stivali alla Souvaroff.
376. Tale entra in una chiesa, dove si stava preparando lo scurolo per il venerdì santo, e soprapensieri chiede:
che c'è? - L'è mort noster Signor - risponde una vecchietta. -Mort? - fa egli - comè? se saveva nanca ch'el fuss ammalaa.
377. Il prof. di litografia, credo, Tanola, diceva non bastare tutta la vita di uomo per imparare a far bene la
punta ad una matita.
378. Una spropositona diceva sempre, collier d'emmorroid per dire d'émeraudes, color muffa per mauve -
armoire, per moire
379. Allo stile di Rovani tutte le arti e le scienze pagarono il loro tributo.
387. Camerini non riuscì mai a fare un libro, ma sempre prefazioni. Gli stessi suoi cosidetti libri non sono che
prefazioni… Così è di Beethoven, che metteva tutta la sua musicale stoffa nelle sinfonie, tanto da non restargli più nulla
per l'opera.
388. Nella Storia dell'Umorismo - si accenni al non-umorismo del Malmantile, del Boccaccio, del Ricciardetto
ecc. Nè si dimentichi Franco Sacchetti.
389. Il Vescovo di Lodi, gran cacciatore da brescianella e roccolo, intervenuto agli esami in un collegio di
fanciulle, diede loro per tema “del modo de ciappà i osei-domandando poi, in particolare, a una che “gli parlasse dei
verbi che esprimono il venire” - Nello stesso collegio il maestro di musica avea composto per le educande una cantata
dal titolo “la passarina”.
391. Un giovine si moriva d'amore. Per salvarlo un suo amico, lo fa giacere con una meretrice, facendogli
credere ch'ella sia l'amata - Giaciuto, il giovine disama tosto - e guarisce.
392. Una certa contessa (Arese) interrogata di chi fosse il figlio di cui trovavasi incinta rispose: credo che sia
dello stato maggiore del reggimento tale dei tali.
400. Chi comandava veramente al popolo Romano? Gli storni e le quaglie - dice Verri - (ma questo è uno
storico farfallone) - Comandavano gli uomini di genio, ma le loro sagge risposte perchè fossero accolte le mettevano in
bocca alla bestialità.
404. Oh quanto comode e di poca spesa le parole simpatia, spiriti animali, Dio, antipatia, destino, natura ecc.!
428. foemella (Catullus) femelle (franc.).
429. balteo, budriere da spalla - basterna, lettiga a muli - bulla, testa di chiodo ricca di ornati - cesarie,
capigliatura abbondante - o barba maestosa - acetabolo - ambivio, ogni via che mena attorno a un posto - atriense,
maître d'hôtel che avea cura dell'atrio - agitator equorum, cocchiere - aequipondio, il romano della stadera -
430. L'idea del moderno cappello a cilindro può essere stata tolta dal modius (moggio) che tiene in capo Giove
Serapide.
431. bajulus, facchino che porta pesi - CF. baule, cassa contenente roba.
432. brabeum, premio che si dava ai vincitori nei giochi publici. CF. il nostro grido di bravo! ai vincitori, attori
ecc.
434. Le inutili occupazioni di molti derise da Rabelais (Vol. Cap. XXII) descrivendo gente affacendata a
lavar i coppi per far lor perdere il colore - a tirar l'aqua dalle pomici - a tonder gli asini per far della buona lana - a
tagliare il fumo col coltello - a cavare l'aqua con una rete - a imbianchire gli etiopi ecc. CF. a un passo consimile nel
Gulliver di Swift.
438. spirito che alloggia alla prima osteria - osterie dei cani, le pozze d'aqua - selle da naso, gli occhiali.
440. Le alberelle, specie di salici, non da albero, ma da albus, bianco. Latinamente, si dicevano albae quos
pumiliones dicimus graece nànous appellant (Gellio).
451. Il delitto d'adulterio nasce da un principio fondatore della società, mentre tutti gli altri ne sono distruttori -
(Beccaria). Si potrebbe opporre a Beccaria che anche questo delitto distrugge qualche cosa… la famiglia.
456. Tale studente di legge, copiando il lavoro d'esame di un suo compagno, per non farsi scorgere cambiò
tutte le affermative in negative e viceversa - e così cambiò contratto unilaterale in bilaterale etc.
457. Minghetti ex-ministro venne, credo nel '73, assalito e derubato in una via di Roma. Colti i suoi assalitori,
furono condannati ai lavori forzati a vita. Dimando io, dove la gradazione delle pene, che può prevenire i delitti?… A
Firenze, altri che uccise l'assalito venne condannato a simile pena. D'ora innanzi gli assalitori uccideranno sempre.
458. Carlo Righetti (a sua moglie): Com'hin piscinitt sti boton che te m'ee portaa a - S.
ra
Righetti: cos'hoo de
fagh mì se mi han daa apenna nassuu! -
460. Il prof. Nova si unge il corpo di olio di merluzzo, e favorisce quelli de' suoi discepoli che ne fanno la cura.
464. A. Io rispetto le donne. B. Eh caro mio, le donne meno si rispettano e più si credono rispettate.
465. Le viragi spartane. - Gorgone, moglie di Leonida e per Damatria ucciditrice dei figli. V. Plutarco, dove si
parla anche di quella che vedendo i figliuoli fuggire dalla pugna, si pose a gridare: ove fuggite figli?… forse per
rientrare donde usciste?… e si alzò i panni mostrando loro la fica. La virtù delle Spartane fa orrore. - CF. colle odierne
“petroline”.
471. “Il principe Amedeo promette di diventare un buon ammiraglio” dicono i giornali ufficiali!
473. Una ragazza portando al giovine amante di una amica i saluti di costei che se ne partiva, dice al giovine
disperato “ella mi lasciò sulle labbra un bacio per voi” - E se lo fanno - e s'innamorano.
474. Con l'amor non si scherza. Molti che cominciano fingendo amore, ci restano poi colti davvero.
475. Dante (Paradiso C. VI) fa la Stella Mercurio, pianeta degli Attivi - Di uno che non sta mai fermo si dice
“ha l'argento vivo addosso”.
476. - Basta minga una candela per vedegh no? - si può dire parlando di più lumi che bruciano in una sala dove
uno dorma.
477. Quod si tam Graecis novitas invisa fuisset - quam nobis, quid nunc esset vetus? (Horatius) - E pensare che
Orazio il flagello dei pedanti antichi, diventò il dio dei pedanti moderni.
485. A S. Giuseppe, i nostri vecchi - qualunque tempo facesse - riponevano i bracieri - appendevano i tabarri e
si mettevano in calzoni bianchi e scarpini. - A S. Caterina poi (25 nov.) - tornavano in inverno.
486. Cesare Cantù è un letterario ciabattino. Forbice e colla, ecco il suo stile.
487. Altro è scienza, altro è erudizione. Senza meditazione nessuno sarà mai scienziato. Con un dizionario
storico ecc. un dotto è bell'e fatto. Basta saper nominare tanti autori e tanti cartoni di libri.
488. Ci sono prefazioni dell'editore, scritte dall'autore, in cui si loda il libro - in cui si parla degli amici che
l'hanno obbligato a stampare - etc. Ci sono altre in cui l'autore chiede un benigno compatimento che non accetterà mai.
492. Chi vuol riposare, lavori.
494. Come il bollo di garanzia ai metalli preziosi legalizzi la truffa. Gli orefici portano a bollare centinaja di
oggetti di differente titolo e quindi di differente bollo e valore: poi a casa mettono per es. l'anello di una catena bollata a
bollo spada (che indica il maggiore titolo) al resto di catena che lo dovrebbe avere col bollo di nave - e così via. E del
resto sfido io quando l'orefice ti dice: guardi c'è il bollo spada - a vederlo. Intanto la maggior parte delle spadine,
comperate dalle villane ai mercanti girovaghi - vale poco più dello stagno - mentre le povere diavole credono di aversi
in testa un capitale.
495. La ragione del consenso universale è stolidissima. Le più alte assurdità furono da tutti credute, per es.
l'immortalità dell'anima (s'intende l'anima individuale) .
496. Un certo pittore faceva il ritratto a una gran dama - gli cade il pennello - si sbassa a riprenderlo - ma nella
fretta e nello sforzo gli sfugge un peto. E resta colla testa abbassata, e non l'ha ancor da levare.
497. Tale milanese, parlando dei francesi, diceva “i scarp hi cìamen bott (bottes) - i bott hi ciamen coo (coups)
- i coo hi ciamen tett (têtes) - e i tett, tetton (tétons) - oh che parlà de cojon!
498. Dice T. Cremona che pitturando paesaggi gli vien voglia di pisciare.
499. Il cavaliere Pica già direttore della Zecca di Milano era una fra le bestie governative le p orecchiute.
Ogni giorno dopo aver fatte le sue 3 o 4 firme a quanto i suoi subalterni avevano scritto si alzava dallo scrittojo dicendo:
ecco servita S. M. - Avendo sentito che altri ancor più bestia di lui era stato fatto ufficiale dei SS. Maurizio e compagno,
dimandò ed ottenne di esser nominato commendatore - Egli avea ordinato al suo ramiere un mobile che gli dovesse
servire, di inverno da scaldaletto, e in estate da casserola. - È ancor oggi meravigliato del come in Milano non passi
notte senza luna, la quale batte precisamente sull'orologio di Piazza Mercanti - E non s'è ancora accorto che la luna
viene da un apparato elettrico congegnato di faccia al quadrante di detto orologio.
500. L'Apocalisse è la più alta ciarlatanata fatta per imbrogliare la gente minchiona. È l'impotenza che assume
il far misterioso per farsi creder potenza. La Nuova Gerusalemme, ivi descritta, è il vero paradiso degli ignoranti, anzi
dei birbi. Vi si fa gran scialaquo di pietre preziose. Vi si parla di porte margheritine, dicendo che di giorno non saranno
mai serrate colla bella osservazione che núx ouk èstai ekeì”. A che dunque serviranno? - ecc. ecc. Unico pregio
dell'Apocalisse è qualche passo (a parte la giunteria) efficace - per es. Apò prosòpu éfughen e , kaì uranòs, kaì tòpos
ouk euréthe autoìs. - kaì èdoken e thàlassa tous en auté nekrùs - kaì eìdon ena ànghelon estòta en elìo; kaì ékraze
foné megàle, légon pàsi tois ornéois tois petoménois en mesuranémati, Deute kaì sunàghesthe eis to deìpnon tu megàlu
Theù, ìna fàghete sàrkas basiléon kai sàrkas chiliàrchon; kaì sàrkas ischuròn kaì sàrkas ìppon kaì ton kathemenon
ep'autòn - e uaì e mìa apélthen; idù èrchontai eti duo uaì metà tauta. -
501. Vi ha gente che è sempre del parere dell'ultimo libro che legge.
502. Le sgridate e le battiture non riconducono l'ordine nelle idee dei fanciulli; ma non fanno che aumentarne la
confusione.
507. Tutti gli uomini per i diversi lor posti - titoli - successioni ecc. si riguardano con l'occhio nemico di
vicendevoli eredi, e si coltivano a questo solo scopo. Scorre tra gli uomini un general desiderio dell'altrui morte.
508. Dice Plinio che il vino bevuto in una coppa d'ametista non ubbriaca. Ciò è vero, perchè la coppa non potrà
essere se non ben piccola.
509. I copisti non riescono che nelle opere di erudizione e di spirito - non in quelle scritte per umore - dal
cuore.
511. I commercianti si regolano più colle consuetudini che non col codice di commercio. Minime le cause
comm. a rispetto le civili; e che in commercio si fanno 1000 atti per uno che avvenga nella vita civile. Tutti i giorni
poi introducendosi nuove forme di contratto comm. - il codice avrebbe bel tenere lor dietro, massime che il codice
nostro è ancora quello del 1808.
512. In una sala del cappellano imperiale della corte austriaca a Milano si raccoglievano ogni sera dieci o 12
amantissimi della musica classica - e sonavano le più serene melodie della Germania e dell'Italia. Tra gli altri, sonava
egregiamente il violino un consigliere di Stato - il quale, deposto l'archetto, pigliava la penna a firmare, colla più grande
fermezza - le sentenze di morte dei facinorosi italiani. - E poi si dice: music, the food of love.
513. I segnati dalla scrofola al collo - si chiamano in milanese “pescaa”. La similitudine non potrebbe essere
più bella.
514. Che buon tempo! Star lì a fare la fatica di far versi quando ce ne sono tanti già belli e fatti.
515. Creder d'ingegno chi sa molto a memoria - gli è come riputare sapiente chi tiene in casa una grande
biblioteca. Molti, anzi, a forza di studio, diventano ignorantissimi.
516. L'arte - e le astuzie dell'arte.
520. L'uomo che sa leggere parla cogli assenti, e si mantiene in vita gli estinti. Egli è in comunicazione con
l'universo - non conosce la noja - viaggia - s'illude. Ma chi legge e non sa scrivere è un muto.
521. A molti non mancano che i denari per essere onesti.
522. Quanto indirizza le umane azioni non è l'attrazione al piacere la repulsione dal dolore, alcuna
altra ragione sognata dai filosofi - ma è il non poter far diverso, per una folla di perchè, fisici e morali.
531. numquam enim quamvis obscura virtus latet, sed mittit sui signa (Seneca). Questo sed corrisponde al but
avversativo degli inglesi, che non - Totum interim vitium, tout vice.
532. Danda est animis remissio. (Sen.) - Quindi il fanullone, per riposare, dovrebbe lavorare.
535. T. Cremona doveva sloggiare e tra i coinquilini correva la voce ch'egli avrebbe fatto ciò in punta di piedi,
per non pagare il fitto. - Quella voce venne all'orecchio di Tranquillo. - Che fa? - comincia a pagare le poche lire di fitto
- poi accorda una gran bara a due cavalli, e entra nel cortile fracassosamente. Si noti che nello studio di lui non restava
più che qualche cavalletto e qualche sedia rotta. E lì, comincia a gettar tutto dalla finestra - Gridava: piano quello
specchio e giù un'assa - Prudenza con quel pianoforte, e giù una sedia - E intanto il Ranzoni, altro pittore, sonava un
tamborone. Poi Tranquillo, una sua amante modella, e vari amici - si posero a far tutto il giro della corte e della contrada
vestiti da turchi e cantando la Marcia Reale. Così Cremona rispose al sospetto ch'egli intendesse di fare il S. Michele in
punta di piedi.
536. La poca scienza economica faceva dire a Parini parlando del bisogno: o male, o persuasore - orribile di
mali.
537. Mi diceva uno storpio: gh'hoo avuu la fortuna de vegh ona gamba e on brasc stort, e per quest hoo poduu
fà carriera. Me diseva semper la bonanima de me mader: Va là, ch'el Signor el t'ha provveduu. Te ghe el pan in di man. -
I fradei deven invece lavorà - e intant che a mi la m'insegnava a cercà la caritaa - ai alter la ghe insegnava a robà - I
me pover fradei hin finii sulla forca - mi a stora me troeuvi tant in del pajon de podè, se voriss, parì on scior.
538. A che servono i così detti cani di lusso?… C'era una famiglia composta di una madre, una zia, ed un figlio
- sempre in lite tra loro. Capitato in quella casa un cagnolino - su lui si concentrarono le tre affezioni - ed ei ne divenne
il trait-d'union - Ora non litigano più.
540. Un dott. Sella di Valle d'Andorno lasciò un patrimonio di circa 900.000 lire al suo paese, perchè se ne
impiegassero i frutti nella compera e nella distribuzione a gratis dei medicinali. Dal che il lascito fu publicato, tutti
sono ammalati, e tutti chiedono medicine. - Ci sono anzi ammalati che ne fanno traffico agli altri paesi - ai caffè dei
dintorni si beve del gran tamarindo; si è giunti perfino a unger le ruote dei carri coll'olio di ricino…
541. Sulla buca delle lettere a Piedicavallo (Valle d'Andorno) un ragno ha tessuta pacificamente la sua ragnaja.
542. gente che ha da mantenersi in buona colla questura… Improvvisa con facilità i versi altrui.
543. Ci sono generi nelle donne, ma non caratteri.
545. Tutti parlano di Dante e pochi l'hanno letto da cima a fondo. Di Dante non si citano che quei 10 o 12 brani
triti e ritriti nelle scuole: il resto lo si reputa seccaggine.
549. L'amor patrio in Italia (1872). C'è un ministero birbone che rovina il paese. I deputati se ne sono avveduti,
ma hanno rendita dello stato e tacciono… Chi combatte il Ministero vuol dire che non ha publica rendita. Intanto molti
uomini che nelle scienze e nella politica avrebbero fatto onore a e al paese, per la gola dei subiti arricchimenti si
danno agli affari - e diventano banchieri - (per es. Allievi e Brioschi)… Parlate loro oggi di Omero e di Dante, vi
risponderanno soprapensieri: a quanto per cento?
550. I contadini, quali al presente, sono il più terribile flagello dell'umanità. E c'è chi propugna il suffragio
universale!… Mandateli prima a scuola - Vi sia di esempio la Francia.
551. Fa il tuo vero interesse e farai l'interesse di tutti.
563. Naseweis, saputello. CF. Dante (Parad.), nasetto, nello stesso senso.
566. Due e due quattro, ecco i nostri matrimoni - Rispetto ai figli si potrebbe anche dire: uno e uno, tre.
567. home, heim, casa - heimlich = segreto - pokal, pecchero, boccale.
569. Buone finanze, buona politica. Volete conoscere lo stato di un paese? guardate le sue finanze. Le sole
condizioni finanziarie fanno le rivoluzioni. Oggidì (1870) in Italia non si vogliono economie, e si crede di cancellare il
deficit imponendo nuove tasse - rubando il pane del povero col tassare le lire 600 di reddito, mentre si lasciano le spese
di rappresentanza ai prefetti per far ballare gli aristocratici che possono ballare benissimo a casa loro. Ma il signor Sella
pensa di riempire i vuoti crescendo le tasse, senza riflettere che la forza di un paese fino a un certo segno, come,
nell'agricoltura, la fruttibilità di un terreno: e, in conclusione, facendo come chi chiudesse una fossa colla terra tolta da
un'altra.
570. Apolloni è professore di latinucci nella III ginnasio del Parini - e venne creato di fresco cavaliere. Questo
Apolloni, per punire talvolta i suoi scolaretti, fa loro scrivere sui loro fascicoli: io non studio niente - ho avuto 0 in latino
- 0 in italiano - 0 in geografia - e prenderò altrettanti 0 agli esami - oppure, per dieci volte di fila: La mia scioperataggine
mi condurrà all'asinità ed alla perdizione - od anche, per cento “io sono un grand'asino” - poi vuole che i ragazzi gli
riportino il giorno dopo il dettato firmato dai loro signori parenti!
571. Correnti - dice la Perseveranza - rifiutò jeri di far parte della commissione tale, appartenendo già a 22
altre. (!) Questo tratto di delicatezza ecc…. Domando io se non sono da impiccare e Correnti e l'autore dell'articolo
laudativo.
572. Emilio Visconti Venosta, il ministro dalla facile politica del lasciar fare - sta un pajo d'ore ogni mattina
allo specchio, per farsi la scriminatura, impomatarsi ecc. - manca a nessun teatro, a nessuna soirée. Abita al primo
piano del palazzo della Consulta avendo messi gli uffici del suo ministero a terreno e negli ammezzati. Un po' di corte
alle donne, e qualche poesietta sulle strenne di Natale - ecco la sua letteraria e politica gioventù. Si ajuta parlando a
mezze frasi… dando a tutti ragione - facendo il servo dilettante, prima alla Francia, poi alla Prussia. - Che non ti svegli,
o Cavour!
573. Il professore *, noto matematico - pregò un giorno L. Perelli di far stampare un suo articolo nella Gazzetta
di Milano contro il prof. di aritmetica del ginnasio credo Parini, per un errore in quesito di esami, che era tutto fattura di
quell'altra celebrità del Commendatore Brioschi, sozio allora di lui. - Il detto * faceva servire poi le sale della Direzione
dell'Istituto Tecnico Superiore di Milano pe' suoi convegni, amorosi - Ebbe la decorazione lucrosa del merito civile di
Savoja per intercessione di Cesare Cantù.
574. Raramente s'è dato un ciarlatano più spudorato del professore * dell'Università di ** - in cui la impudenza
tenea luogo di scienza - Fu lui che rius a fare 16 lezioni sull'elettricità, quando l'elettricità come scienza era ancora
bambina - con brillantissimi discorsi che nulla dicevano - fu lui, che s'incaricò di mostrare il gabinetto di anatomia
all'imperatore Ferdinando, dicendo imperturbabilmente i più madornali spropositi, mentre l'egregio Panizza diventava di
tutti i colori - fu lui che si mangiava annualmente la dote del gabinetto di fisica… in conseguenza di che, scopertasi la
cosa, dovette per evitar la prigione, uccidersi. - *, qualunque cosa gli si fosse dimandata, rispondeva - e non all'ingrosso
- ma nel più minuto dei modi.
575. Base del commercio, l'inganno.
576. Inutile anzi dannoso è il programma a sorteggio negli esami. Il programma rende l'esame un caso.
Conosco studenti scampagnoni, che preparatisi per la mancanza di voglia e di tempo a una sola scheda fra cento, la
sortirono, e passarono con tutti gli onori: conosco diligentissimi, i quali, per una fra cento che non sapevano - dovettero
rifare gli esami. -
577. Il ministro di Grazia e Giustizia (credo, Vacca) nella relazione sul cod. civile, a giustificare la differenza
di trattamento tra il marito e la moglie nella questione dell'adulterio, osservò che “se l'adulterio del marito autorizasse la
moglie a chiedere la separazione, sparirebbe ad un tratto l'indissolubilità del matrimonio”. Oh che vacca di un ministro!
(V. n. 681 a).
578. G. Rossi si nomina Presidente di una società di economia politica che non esisteva e manda brevetti a tutti
gli uomini insigni dell'Italia e dell'Estero. Qualcuno (fra gli altri Napoleone III) cade nella pania e gli risponde
accettando. R. diventa ad un tratto uomo di importanza ed è fatto commendatore.
579. Le donne hanno il buonsenso dove gli uomini tengono il coglionesimo.
589. L'enfant terrible - potrebbe essere il titolo di un giornale di pettegolezzo.
590. Il S. Michele e la Quaresima (in cui i preti vanno a benedire le case) danno a molti curiosi il modo di
aquetare il loro prurito.
591. La prigione pei debitori è una pura e stolta vendetta. I creditori devono loro passare una lira al giorno, e i
debitori bevono intanto alla salute dei creditori. D'altra parte si noti che la mancanza di libertà, mette il debitore
nell'impossibilità di procurarsi i mezzi di soddisfare al suo debito.
592. Il prof. di diritto penale Antonio Buccellati s'è fabricato il suo sistemetto dell'ordine giuridico, che
secondo lui, spiega tutto - serve a tutto, per discorrere, per camminare, per fare il risotto ecc.
593. Tale diceva fortezza irreperibile o impregnabile, per dire imprendibile.
594. Sciupio di denaro in Italia. Una Società inglese per la coniazione delle monete avea convenuto di pagare
al nostro Governo la penale di 300 lire al giorno, se dopo un dato tempo non consegnava i tondini coniati. Passa più di
un mese - la multa è già ascesa a un centinajo di mille lire. “Oh non fa niente!” dice il nostro ministro ad uno della
Società, come se si trattasse del suo. - E si trattava difatti perchè s'ebbe l'offa di 12.000 lire. - Così, la stessa società
piantò nella nostra zecca 24 presse, fruste e rifruste - mettendo nel contratto che a coniazione finita lo Stato dovea
rilevarle pel primitivo lor costo - 6000, mentre non ne valevano più che 2000. Poi il direttore della zecca, tanto per
gettar denaro, propose al ministro di cambiare la disposizione della sala di coniazione - da - a | sul che si spesero
900.000 lire, delle quali un terzo fu naturalmente rubato. - Infine si noti che 18 uffici della zecca sotto gli Austriaci
consumavano in carta di amministrazione dalle 600 alle 700 lire annue… Riuniti oggi in un ufficio solo ne richiedono
2000 - che sono sempre insufficienti.
595. L'affamato pittore Lazzari va sempre a trovare gli amici sulla fine del pranzo, e pulisce la tavola dalla
mollica di pane, vuota se può il mastelletto della senape e l'ampollino ecc. Lodiamo la sua delicatezza di non andarci in
principio.
596. I figli naturali, già maltrattati dai loro genitori, lo sono poi anche in ogni maniera dalla nostra società,
che dovrebbe invece avere per loro una speciale pietà - Domandate, per es. come sono accolte le loro domande dalle
Cause cosidette Pie.
597. La signora T. detta la Venere Cilappa, è una donna già sull'infrollire, e col viso tutto camolato (tanto che
mio fratello le suggerisce di tenersi in tasca dei mozziconi di zigaro) - ma che ancora si crede sul candelliere, e fa mille
attucci e mille complimenti - e dice, con una bocca che non è più bella, migliaja di trullerie. Per es. a mia madre, che era
venuta da lei per vedere le maschere… Che la guarda - dice - che son minga mi che l'ha invidata… l'è so fioeu… mi no
gh'entri - e poi, I alter ann derviva per i mascher tutt l'appartament… ma stann essend mort el me pover papà… una
finestra sola, e ghe foo nanca tirà via i contraveder - In seguito porgendo a mia madre un bicchiere di vermut: che la
beva pur adasi, gh'è minga premura… La voeur aqua calda…? la voeur inversass la pelizza…? Per mi, sura Pisani,
l'adori come el fumo negli occhi (Voleva dire, il lume degli occhi) ecc. ecc.
599. Poca es la lujuria de una ramera - quien siempre beve, jamas tiene sed - Ma mettel dent - diceva una
puttana al suo fottitore. - “Ma se l'è dent” - rispondeva questi. Ah sì? - faceva la puttana sorpresa, e riprendendosi -
Allora… oh che gust!
600. Più che comedia divina l'opera di Dante si potrebbe chiamare la Satira divina - Nella storia dell'umorismo
si possono citare i 4 sonetti satirici di Petrarca. “Fiamma dal ciel…” - “L'avara Babilonia…” - “Dell'empia Babilonia…”
- “Fontana di dolore…” -
605. Tal ride in vista, che s'asconde in core - Pianto infinito e spesso invidia s'have - Di tal ch dentro di
miseria pieno (Alemanni)… Mì sunt come el capnegher - Forsi el piang: el par allegher (Ventura) - Pars major lacrymis
ridet et intus habet (Martialis).
613. Il sermone di Zanoja al lettore si può CF. colla introduzione alla satira I
a
di Persio. - Maraviglioso è il
Sermone 2° Sulle Pie disposiz. testamentarie.
629. La storia dei letterati è piena di contradizioni fra lo scrittore e l'uomo. - Rousseau, che invocava
l'educazione domestica pei figli, mandò i propri (naturali) a un ospedale di trovatelli - Bernardino S. Pierre, il tenero
scrittore del Paolo e Virginia, fu un cattivo soggetto - Sallustio e Seneca, che alzarono nelle loro opere altari alla
povertà - si dimostrarono nella vita avidi dei più infami lucri. - Molti scrissero cose oscene, e si mantennero castissimi -
Pagina lubrica est, vita proba - altri, al contrario. Crede mihi, distant mores a carmine nostro. Vita verecunda est, Musa
jocosa mea (Ovidio).
630. L'ammiraglio Colognò usava di tenere in bocca uno stuzzicadenti - Morto e imbalsamato, fu esposto collo
stuzzicadenti in bocca nella camera ardente.
631. Disraeli dice che i Romani bruciavano i libri Giudei, dei Cristiani e dei filosofi - i Giudei quelli dei
Cristiani e dei Pagani - i Cristiani quelli dei Pagani e dei Giudei.
632. Gregorio il Grande bruciò la biblioteca Palatina e bruciò Varrone per salvare S. Agostino dalla taccia di
plagiario - Leone Aretino tradusse Procopio, della guerra dei Goti, e lo publicò per suo, credendo che non ne esistesse
altro manoscritto.
633. Il De-officiis, si trovò in pescaria: parte della seconda decade di T. Livio in una sacchetta.
634. Quando il carnefice, mostrando la testa tagliata di Maria Stuarda, gridò: dio salvi la regina! - la testa gli
sfuggì dalla mano. Maria era grigia - e coperta di treccie finte.
635. La duchessa d'Orléans durante la sua vedovanza portava sotto i ginocchi lagrime e pensieri di perle -
Naturalmente per mostrare i segni del suo dolore, dovea mostrare le gambe.
636. Cicerone e Horace Walpole pensavano e correggevano i loro epistolari. - Così Plinio il giov.
637. Molti uomini d'ingegno non possono prodursi bene che per bocca d'altri. Corneille, corto per conto suo -
diventava sommo sulle labbra de' suoi personaggi.
638. A Roma si usò spesso, per economia, quando il Senato per es. ordinava che in ogni municipio si erigesse
una statua al tale o tal altro - di adoperarne una già scolpita, cambiandovi il nome sul plinto - oppure la testa sulle spalle.
- Si usarono pure per le statue delle imperatrici coquettes pettinature mobili di marmo, affine di tenerle sempre pettinate
all'ultima moda.
640. La ingegnosa oscurità - chiarezza non plebea (si parla di stile).
655. Alvigine (Aretino, Cortigiana Att. IV S. VIII) dando un appuntamento a Togna, intercala le sue parole
coll'Ave Maria e col Pater, affinché il marito non le rilevi - CF. il miserere di Carlo Porta.
657. S'impara spesso dai ricchi a fare il pitocco.
658. con mas tachas y alifafes - que el caballo de Gonela (Moratin) CF. frase simile in lingua milanese.
660. desmayar, svenire, l'antico it. dismagare - jayan, grosso uomo e robusto, giavan (milan.).
661. Passi umoristici nel don Quixote. Vol. I° p. 1, 4, 23, 24, 68.
662. Bizzarie. Un piccione si posa sulla calva testa di un dottore della Chiesa scolpita in sasso in un finestrone
del Duomo, poi vola via. Il dottore della chiesa alza la mano e si gratta la testa. -
663. Alle volte, coi libri di teologia e di filosofia, si fa una strenua fatica per capire che quanto si arriva a capire
non valeva la pena di esser capito.
665 a). Sont a ses atmosfer - diceva un macchinista per dire di esser alticcio - se desbuscionava el temporal (al
primo colpo di tuono) -
665 b). Date agli altri molta libertà, se volete averne.
666. Nelle sue lettere Metastasio parla sempre “degli acidi de' fiati e degli stiramenti di nervi che soffre il
povero autore etc.” - oppure dice “Sfido tutti ora che ho l'approvazione dell'illustre personaggio tal dei tali…” - e fa
pompa della più schifosa modestia, e beato di respirare in una atmosfera [parola indecifr.] di corte, non s'accorge delle
nuove idee preparatrici di nuovi tempi che si allargano viepiù pei paesi, se non per deriderle… Ciò in generale. In
particolare però non si potrebbe negare che talune delle sue lettere sono veramente belle, e utili alla scienza della
letteratura, e tali altre racchiudono pregevoli passi. - Bella è per es. la lettera CXI all'Algarotti (Ediz. di Mantova del
Pazzoni 1819 Vol. 17 a pag. 255) dove parla del far versi all'improvviso… “quell'inutile e meraviglioso mestiere” “il
poeta che elegge il soggetto ecc. cerca la veste per l'uomo - l'improvvisatore l'uomo per la veste”. Altra buona lettera è la
CXXXI (stessa edizione) al conte Bathiany sul metodo d'insegnare la lingua italiana all'arciduca Giuseppe - Altra lettera
importante per la storia della musica, la quale musica già tentava ai tempi di Metastasio di assoggettarsi la gemella
poesia, è la CCXXXXVI (vol. 18 stessa ed.) - Altra lettera sulla Musica antica e moderna - è la CCLXXXXIX -
667. Metastasio adula nelle sue lettere ai più vili poetici aborti.
675. Come Metastasio sentiva l'addensarsi del turbine politico che poi scoppiò nella grande rivoluzione
francese, vedilo p. es. nella lettera 279 (ediz. come sopra) al principe Chigi.
679, poneròs, malvagio - povero (milanese pover) misero qual filosofico rapporto!
680. Erodoto disse che quando la donna si spoglia della camicia si spoglia della vergogna - Presa l'Olanda -
facilmente vassi - alla conquista dei paesi bassi -
681 a). “Se un uomo… commette fallo con meretrice, non se ne sdegni la moglie nè si conturbi, pensando che
per ragione e reverenza non vuol far seco comune l'ebbrezza” (Plutarco vol. I 398). Scusa molto comoda per i signori
uomini! (V. 577)
685. Ci sono scrittori che sono magazzini, cave di pensieri, come per es. Plutarco - Montaigne - Richter.
687. etaìron, compagno, quasi éteron, altro. - lubrica testa (Ovidio) = slitta.
688. Gli artisti sono i mediatori tra la Scienza e l'ignoranza. Nur das Morgenthor des Schönen - drangst da in
der Erkenntniss Land.
689. Caetera fortunae, non mea turba fuit (Ovidio) - CF. Dante, Amico mio e non della fortuna.
690. Sed audaces cogimus esse metu (id) - CF. Dossi - temerari per la paura, nell'Alb. Pisani - Dat vires nimius
terror (Statius) - Animam laqueo claudent, mortisque timorem morte fugant (Ovidio).
691 b). Il falso amico è come l'ombra che ci segue finchè dura il sole.
693. Pangere osculum - fa di basitt s'ciasser (mil.)
694. …non vitae gaudia quaero - nec fas; sed nato Manis perferre sub imos. (?) - Questo sed corrisponde al but
avversativo degli inglesi - e al ma (domà mil.) dantesco.
696. Ogni scrittore ha certe sue frasi, o parole cui ritorna sovente - e alle volte più spesso che non dovrebbe - p.
es. in Virgilio il litus è sempre accompagnato dal curvum, il nox dall'humida, la lux dall'alma ecc. Vedi per gli altri
scrittori qua e là in queste note sotto il tit. Ritornelli di frasi.
698. schoìnos, giunco - scoin (milanese) scopino - kóre, fanciulla, e pupilla dell'occhio, niña (spagn.) id.
702. Il “tutta la notte per gli alloggiamenti - dei mal sicuri Saracini oppressi” ecc. epis. di Medoro di Ariosto
è tolto di peso da Stazio Theb. C. X.
707. Esempi dell'esagerazione di pensiero e di frasi che permeava nella letteratura latina ai tempi di Stazio -
(come nell'Italiana ai tempi Frugoniani ecc. - e nella francese ai tempi di Hugo) si possono trovare in moltissimi punti
della Tebaide - V. p. es. libro X V. 658 - libro XI V. 55 ecc. (descendit ab aere vulnus - …fugit in vacuas jam spiritus
auras - jam gelida ora tacent, carmen tuba sola peregit.) -
710. Sulla fama che tardi segue i migliori (Seneca V. III. Lib. XI ep. Iª. Hodierno die non tantum ecc.).
714. Tale pescava. Pigliò un pesce persico. Lo diede al barcajolo, dicendo di gettarlo insieme agli altri - ma
altri non avea pigliati - e però il barcajolo lo gettò nel lago insieme agli altri.
715. querer (spagn.) amare, l'antico ital. cherere. - quaerere, cercare.
716. In mezzo a tanti belatori di rime amorose, e piangitori di puttanelle morte di sifilide, fa gioja trovare un
Celio Magno, veneto, che non arrossa di piangere in versi la morte di suo padre.
721. I secentisti fecero un gran bene alla italiana letteratura che minacciava di sfasciarsi per iterazione e
convenzionalismo.
722. Del cav. Marini è buono il sonetto che incomincia “Apre l'uomo infelice ecc.” specialmente nelle due
prime quartine. - Vincer non potea Roma altro che Roma (id.).
723. Fulvio Testi avea tanto ingegno da poter farsi uno stile a sè: seguì invece il comodo vezzo di rubacchiarlo
ad altrui “sotto pretesto della imitazione” (come dice S. Rosa) quasi che si potesse lodare o biasimare cosa presente
con frase antica. Donde le mille improprietà di frase, e le mille sciocchezze di pensiero, sparse a piene mani nelle sue
poesie. - Bel complimento per es. ch'egli fa al duca Alfonso, dicendogli ch'egli solo Amor non muove! - Ma è bella la
sua canzone che incomincia “poco spazio di terra ecc.”, bella l'altra del “ruscelletto orgoglioso ecc.” benché troppo
ripetuta la metafora che la comincia. - Bellissima la “non si veloce su le lubrich'onde …” etc.
732. Nelle canzoni di Fulvio Testi mi par buono e imitabile il metro di strofa che risulta come segue. -
I° endecasillabo che rima col 6° verso. -
2° settenario " " 5° "
3° endecasillabo " " 4° "
" " " 3° "
5° settenario " " 2° "
6° endecasillabo " " I° "
" " " 8° "
8° settenario " " 7° "
9° endecasillabo " "10° "
10° " " " 9° "
733. Di Redi letterato, oltre il celebre Bacco in Toscana, sono pregevoli i sonetti, massime il “donne gentili,
devote d'amore” - “…santi costumi e per virtù baldanza - baldanza umile”.
734. Delle poesie italiane di Carlo Maria Maggi (l'alto poeta milanese) i pensieri sono assai buoni, ma la forma
fiacchissima. Anche Carlo Porta, che sta nella letteratura milanese a Maggi, come nella Musica Rossini sta a Mozart -
quando si volse dalla musa nostrana alla fina - perdette le ali.
735. Buono il sonetto di Lemene (il noto autore della “Sposa francesca” in lingua lodigiana) - che comincia
“Stravaganza di un sogno! …”
736. È davvero stupendo il sonetto (d'altra parte già celebre) di Filicaja all'Italia - “deh fossi tu men bella o
almen più forte…” “del non tuo ferro cinta” -
737. asciutta neve, cipria (Magalotti). Magalotti, come Galileo, Redi, Marchetti, Mascheroni, Cocchi ed altri -
fu eccellente fisico e nel tempo stesso eccellente poeta.
738. Il carniere (Jagdtasche) in spagnolo si dice el morral - mentre in Lomellina si dice la moràl alla borsa per
la pescagione. - Nota la filosofia della parola lomellinese morale, adoperata in questo senso, quasi per fine dell'apologo
che avrebbe per titolo “esca ingannatrice” in cui i pesci fanno la parte dell'ingannato.
739. laudemium, da laudare che nel vecchio lat. significa permettere, accordare, collaudare - erlauben (ted.).
L'olio in spagn. si dice aceite, CF. il nostro aceto, vinagro. - kalt in tedesco vuol dire freddo, e in milanese al caldo si dice
appunto cald. Il freddo lombardo è il caldo tedesco.
740. Regola di vita - dimenticare il passato, non pensare al futuro, godere il presente.
741. L'architettura si può chiamare una musica muta o pietrificata.
745. La tradizione di Adamo e Eva trovasi tanto nel Veda che nella Bibbia colla differenza che nella Bibbia
Adamo pecca per Eva, e nel Veda Eva pecca per Adamo. Nel Veda c'è anche un Visnù che redime gli uomini, molto
somigliante al Gesù nostro.
749. aliis servis miser atque - duceris ut nervis alienis mobile lignum (Horatius). Il mobile lignum indica la
marionetta - la imaguncula, magatell (mil.).
750. Gelida cum perluor aqua per medium frigus (Horatius). Anche Antonio Musa medico di Augusto era
fautore dell'idropatia - e così un altro antico medico di Marsiglia, di nome, credo, Carino.
758. core (ingl.), gheriglio, quasi cuore, interiore - mil. cucurucu.
759. Sulle rose vedi passim i poeti greci. In part. Moore V. 2° (ediz. Tauchnitz) nota.
760. Il gran Milton è da leggersi la domenica, tra il profumo degli incensi, e le armonie dell'organo.
761. lucida Phocei - canities - Fecunda virorum paupertas - egestas ingeniosa - CF. la bolletta la guzza el talent,
di Grossi - Silva minax (dell'istrice) - la magnete che si ciba di ferro - i templi vestiti di vittoria - l'amo vestito di cibo -
mens ignara nocendi (Claudiano).
762. Tra le imprecazioni genovesi, si trova “che tu possa inghiottire un paraqua chiuso e cacarlo aperto - Che il
mare gonfi tanto da cacciare i pesci nel culo del padre eterno - Che possano cader dal cielo in una botte tutti i santi con
Gesù Cristo per tappo”.
765. La Fescennina I di Claudiano negli sponsali di Maria e Onorio contiene passi che assomigliano assai a
passi del coro di Manzoni intorno alla morente Edmengarda. - Molto bello, il carme dello stesso Claudiano a F. Mallio
Teodoro Cons. - Buonissimi i consigli ad Onorio nel de V consulatu. - Birbantissimi peraltro i versi contro Eutropio,
dove mercè il poeta - chi fa la peggior figura sono infine Onorio ed Arcadio, che aveano potuto sopportare, anzi onorare
per tanto tempo, l'ora caduto in disgrazia Eutropio.
772. Claudiano, deridendo il caduto Eutropio parla delle sue tineae - (tegna? mil.).
793. Di Franck medico, che impiegò tutti i suoi guadagnati averi per erigersi un monumento funebre colossale
(sul lago di Como), può dirsi che “restituì al cimitero quanto il cimitero gli diede”. -
802. She wept and kist her children twain - Said “bairns, we been but dead!” (Antica poesia inglese) - Ecco il
sublime!
807. mercante nel guadagnare, re nello spendere (Aretino) - si può dire del Duca di Galliera e del Pr.
Torlonia.
813. Goldoni fece una commediola per le marionette - Ercole fra i pigmei, i quali fuggivano a uno starnuto di
Ercole -
815. I cicisbei delle nostre ave, erano tre - quello d'onore - quello dei guanti e ventaglio - e il cicisbeo
sostanziale. - Il cicisbeo quando la dama andava in chiesa, sollevava la tenda, bagnava il dito nella pila dell'acqua santa,
e la dama si segnava e lo ringraziava con una piccola riverenza.
816. Perchè oggidì le declamazioni contro la tirannia, mosaici di frasi classiche, non fanno più caldo
freddo? Perchè la tirannia non c'è più.
818. La “Sofonisba” del Trissino pare scritta, non da un poeta, ma da un estensore di atti notarili.
822. La coscienza e la parola - fanno l'uomo re della terra.
823. charà, allegrezza, cara (milanese) nell'escl. oh cara! (oh gioja!) - dokeì moi, daucht mir, mi sembra -
flegma, infiammazione, (in it. flemma, l'opposto) - babàlion, cana Balia -.
824. kòrion, busecca - era un piatto assai gradito ai Greci fatto con le interiora e condito di latte e miele.
825. fìltra = amores - chi dice dunque filtri amatori, dice amori amatori.
828. CF. nuovo e uovo. - bàba, grido del bimbo, babbo - kòros, fanciullo, e fastidio.
842. Quarta quoque his igitur quaedam natura necesse est - Attribuatur (ea est omni nomine expers)… CF.
Gorini - dove parla del fluido histico.
843. Gorini dice che per conservare un cadavere, bisogna ucciderlo completamente. CF. Lucrezio. L. III, v. 715
e seg.
844. Democriti quod sancta viri sententia ponit - (id.) CF. Dante: Democrito che il mondo a caso pone.
849. Vedi mirabile descrizione della Venere fisica in Lucrezio Libro IV dal verso 1024 al 1281.
862. È buono l'epitalamio di Claudiano per Palladio e Celerina - Buona è anche l'introduzione del de raptu
Proserpinae. Annojano però le solite stereotipate descrizioni di ricami, in cui si trovano dipinti coll'ago, il solito caos
ecc. ecc.
864. Il prof. Nespoli di ginnasio, dicea agli scolari ch'egli non voleva dar loro soltanto istruzione ma anche
educazione, e intanto si puliva il naso con un fazzolettone a colori, tutto tabaccoso, e vi guardava con attenzione il
moccio, e lo seguitava a piegare e spiegare sul tavolo della cattedra per tutta la lezione. - Il prof. Sacchi di matematica
(al liceo) sempre in ritardo di un buon quarto d'ora impiegava due altri quarti della sua ora a fare i preparativi per la
lezione, nettando la lavagna, aprendo i suoi scartafacci, temperando matite, tagliandosi le unghie ecc. ecc. cosichè non
gli restava perchè facesse il suo dovere che l'ultimo scarso quarto dell'ora. - Il Reale prof. dell'Università di Pavia, salito
in cattedra per supplire al Cantoni di fisica, in una lezione sul moto - s'impaperò talmente che dovette restare di botto,
esclamando: insomma, o signori, si persuadano che tutto è moto! - e siccome gli studenti si diedero a fischiare, aggiunse:
“scuseranno la mia limitata capacità, perchè sono padre di numerosa famiglia”.
868. Stazio e Dante offrono alcuni punti di contatto. Che Dante amasse Stazio, ne è prova lo averlo fatto
comparire nel Purgatorio. P. es. “Orribili favelle - Parole di dolore, accenti d'ira etc.” (Dante) CF. Stazio Thebaida C. II.
v. 50. - Il conte Ugolino che mangia il capo dell'arc. Ruggiero trova riscontro in Tideo che fa lo stesso con quello di
Menalippo (Theb. C. VIII in fine) - Il Capaneo poi della Tebaide può aver suggerito il Rodomonte all'Ariosto.
869. Sive laborantes concepto flamine terrae - Ventorum rabiem et clausum eiecere furorem (Stazio VII,
parlando dei terremoti). - La quale opinione era accreditatissima nell'antichità e fu riprodotta da Dante - caduta poi in
disuso, venne ora rimessa alla luce da Paolo Gorini.
871. Notabile in Stazio Theb. VIII dal verso 303 in av. l'inno alla Terra. CF. con Dossi, in Colonia felice. - Così
nelle “Silvae”, la descrizione del Sonno, mitissimo fra gli Dei.
878. Stazio, come ogni altro autore di una letteratura che giunta all'estrema maturanza sta per marcire -
abbonda di esagerazioni nell'espressione, p. es. Th., X. v. 145 - Tiene anche qualche frase che apparterebbe
all'umorismo p. es. L. V verso 430 Thebaid. - “et paulum respirat coelifer Atlas”.
883. pieno di mostri il cazzo.
886. latrans stomachus = inanis - vinum mutatum, che l'ha voltaa casacca (mil.) - beco, gallinacei rostrum,
becco.
896. sis per si vis, o sultis per si vultis, forma imperativa familiarissima a Plauto, che corrisponderebbe al modo
poli dei Francesi, s'il vous plait - Citus mutus (Plauto) - taci subito. CF. frase milanese.
903. Citare nella S. Um. i giochi di parole di Plauto - di Marziale etc. - di Eschilo, sul nome di Elena e di
Sofocle, su quello di Ajace, di Shakespeare etc.
904. Num deerit, Priamum qui defleat, Hectora narret; - Ludere, Musa, juvat: Musa severa, vale (Anth. lat.)
Traccie di umorismo nell'antichità si ravvisano specialmente in quelle scritture, che dicevano di non voler più cantare
primordia mundi - pugnas Panthasileae etc.
910. Giova dividere un libro a capitoli, perchè “intervalla viae fessis praestare videtur - qui notat inscriptus
milia crebra lapis” (Rutilius Namatianus).
917. Dei figli dei grandi uomini, V. Hist. Augusta in vita Severi V. I°, pag. 140 (Teubner).
921. skòmma - poene dixerim morsum figuratum, scocch (milanese) V. Macrobio L. VII. III dove parla anche
delle loidorìa, quibus nec vocabula Latina repperio etc. - Sunt alia scommata minus aspera quasi edentatae beluae
morsus.
923. uri Gallica vox et qua feri boves significantur. CF. il cantone d'Uri, svizzero, che porta per arme la testa di
un bue selvatico (id.).
924. Tale, uscendo dal Teatro della Scala dove era stato fischiato la prima volta il Lohengrin di Wagner, disse
che la miglior aria che avea sentito quella sera, era quella della strada.
927. baiòs, piccolo, basso - bajo (spagnolo).
930. Sit tibi terra levis mollique tegaris harena - ne tua non possint eruere ossa canes (Mart.) - Questa forma di
componimento la prima parte del quale prepara il lettore a credere una cosa, e la seconda gliene dice una affatto opposta
trova molti riscontri, anche nelle letterature odierne. CF. p. es. De profundis à l'usage de deux ou trois maris di Béranger,
e an elegy on the glory of her sex Mrs Mary Blaize di Goldsmith - pag. 224 ed. Tauchnitz.
931. Semper pauper eris, si pauper es, Aemiliane: - Dantur opes nulli nisi divitibus (Martialis) CF. Richter
“Lettera a Vogel” 1782: man muss nicht arm sein, wenn man reich werden will. Marziale è un trattato di scienza umana.
-
932. Lethum, mors apò tes léthes, hoc est ab oblivione dictum. Alii per antiphrasim dictum putant ab adiectivo
laetus, quod minime sit laetum, sed omnium rerum tristissimum. (!!) - (La stessa ragione per cui alcuni dottissimi
etimologisti fanno derivare lucus, bosco sacro, da lux,-cis - appunto per non potervi penetrare la luce!).
934. L'umorista è l'avvocato delle cosidette cause perse, che egli riesce ancora, taluna volta, a salvare.
L'umorista, in ogni fatto, cerca e trova il lato non conosciuto.
936. Deprendi veto te, Lesbia, non festui (Martialis) - È il si non castum, saltem cautum dei preti.
938. Il sonetto di Porta, che inaugura le sue poesie oscene “preet, tosann, vicc, bagaj, sant de mestee ecc.” par
tolto dagli epigrammi LXVIII e LXXXVI del libro III di Marziale.
946. Hostem cum fugerit, se Fannius ipse peremit - hic, rogo, non furor est ne moriare, mori? (id. L. II) - CF.
Dossi, A. Pisani “e per paura di morte morì” -.
952. Sexstiliane bibis quantum subsellia quinque - solus (id.). CF. il mil. ciôcch come la giustizia.
954. Sulla fama che tarda segue i migliori. Vedi Mart. (L. V. Ep. 10).
957. Victurus Genium debet habere liber (id.) - est sub alapa (Petronio), el va anmò alla scoeula del cardeghin
del boeucc (mil.).
958. Comune a tutti gli umoristi è l'odio contro i falsi dotti (V. pref. di Didimo Chierico al Viaggio
Sentimentale dello Sterne) e contro i camminatori per le vie trite. Marziale che ha la sua buona parte di umore - a
vedere quest'odio in parecchi de' suoi epigrammi - per es. nel 49 del libro IV “nescit crede mihi, quod sint epigrammata,
Flacce ecc.”. Da citarsi nella Stor. dell'Umorismo l'epig. 25 del libro VII di Marziale, “dulcia cum tantum ecc.” V.
969.
959. Non est paupertas, Nestor, habere nihil (Martialis). CF. Cardano: Et desii pauper esse dum mihi nihil
relictum est.
961. Tam mihi nigrescunt tonsa sudaria barba - et queritur labris puncta puella meis - (id.) - Cecilio, Atreo delle
cucurbite - O tunicata quies - inutilis uva Lyaeo, uva duracina (biciollana) pizzutella.
974. Clausa mihi texto cum prandia vimine mittis… (porta vivande in vimini) - torta meta, forma torta pei
pasticci (donde, torta?).
975. Di Marziale sono notevoli gli epigrammi - 14 e 55 del L. X - 14, 18, 19, 34, 35, 40, 93, 102 del L. XI. (Si
noti che il L. XI di Marziale è il più sconcio, ma è anche il migliore) - e gli epig. 12, 17, 39 del L. XII.
977. morosi amantes - fantastici amanti (Cicerone) - i nostri moros. - domum, home - Intyba, indivia -
cichoreum.
978. Scelus est pietas in conjuge Tereo (Ovidio). CF. Dante “quì vive la pietà quando è ben morta” - Faedaque
fit volucris venturi nuntia luctus. CF. Dante, con tristo annunzio di futuro danno - Si gratia, dixit, ulla mea est ecc. CF.
Dante …ho io grazia appo di te ecc. - Satis ad fata vel unum - vulnus erat. CF. Dante sol uno - Deme meis annos et
demptos adde parenti (Ovidio) - pensiero ripetutissimo tra gli scrittori antichi e moderni. CF. p. es. Lamb ne' suoi
Sketches. - Non sum qui fueram. CF. Foscolo sonetto, “non son chi fui, perì di noi gran parte” - Sonetto, che come le
altre cose di Ugo è tutto un mosaico di frasi tolte dagli antichi.
979. Et satis a media sit tibi plebe legi (Ov.) - il mezzo ceto, la borghesia. - cappa del camino, da kapnòs fumo?
- patres et medium vulgus (L. VII. v. 432).
981. Ovidio è uno dei soliti pozzi a cui molti autori sono andati a cavare il loro ingegno, e la loro fama. Ariosto
ad es. tolse da lui la descrizione della tempesta e della casa del sonno (L. XI v. 592 e seg. Metam.) - Dante quella della
foresta, che sanguina e parla ecc.
982. La lingua latina era poco pieghevole all'umorismo. Poichè anticamente mancava la borghesia, che oggidì è
tutto, e di cui l'umorismo è la letteratura. Ovidio sfiora qua e i nuovi tempi, ma la maestà romana gli è sempre
d'impedimento. Il paludamento Romano gli va sempre tra i piedi. Era esso un vestito che non faceva bella figura se non
negli affari di Stato e di alta Poesia - Gittato via, si rimaneva alla plebea tunica - Plauto è meno umoristico che comico -
e il comico è plebe. - Fra i passi di Ovidio (Metamorfosi) citabili per ironia umoristica sono p. es. i seguenti: L. II v.
235… 254… 366… 544… - L. III 587… - L. IV… 187 - L. IX 692 - L. XIV 679. - L. XV. 139, 760. - In Ovidio si
trovano maravigliosi brani, che hanno aperto la via al romanzo, e ne sono già sommi esempi per la condotta degli affetti
e del dialogo. V. p. es. le storie di Bibli e Cauno (L. IX) e di Mirra e Cinira. - La chiave delle Metamorfosi si trova nel
L. XV - nella parlata di Pitagora - Altri esempi poi di finissima ironia e di umorismo li danno l'Ars amandi, e il
remedium amoris. - Nella descrizione della peste (Metamorfosi) si ravvisano molti punti di contatto fra quella di Ovidio
e quella di Lucrezio - che stanno tra loro appressapoco come quelli del Ripamonti - Fiamma e del Manzoni. Nojose
peraltro le solite prolisse descrizioni delle Pugne tra i centauri e Teseo (Metam. L. XII).
986. Ars adeo latet arte sua (Ov.) - L'arte che tutto fa, nulla si scopre (Dante).
987. nec conjugis usquam - busta meae videam, nec sim tumulatus ab illa (Ov.) - CF. Pozzone, parlando a sua
madre “O un dì medesmo una medesma squilla - passati insiem ci pianga”.
992. Utque ego majores sic me coluere minores (Ov.). CF. qui coluere, coluntur (id.). La coscienza del proprio
merito è comune ai grandi scrittori, e anche a quelli che meglio sapevano velar di modestia il proprio orgoglio come
Manzoni. Dante è pieno di - Ovidio termina le sue metamorfosi, dicendo “quaque patet domitis Romana potentia
terris - ore legar populi, perque omnia saecula fama, - si quid habent veri vatum praesagia, vivam” - Così Camoens
(benchè poeta di 2° ordine) - ecc. ecc. così lo stesso Manzoni “e sciolgo all'urne un cantico - che forse non morrà”.
1005. Quod tu cum olfacies, deos rogabit - totum ut te faciant, Fabulle, nasum - CF. Porta “Che per usmaj se
vorev vess tutt nas (nel miracol)”.
1007. Ut flos in septis secretus nascitur hortis ecc. Catullo L. II Carmen nuptiale. CF. Ariosto “La giovinetta è
simile alla rosa ecc.” - Jacques de Gohorry dans le livre d'amour - Ovidio Metam. L. III ecc. ecc.
1008. ebriosa acina (Cat.) - hesternus dies, yesterday - cerasus, scires (mil.) - mea Pila est (Plauto), ho la palla
in mano.
1009. Vive diu mihi, dulcis anus, proprios ego tecum - sit modo fas, annos contribuisse velim (Tib.) - CF. Lamb
(Sketches), che voleva unire gli anni ancora a lui destinati con quelli di Bridget per ripartirseli tra loro egualmente.
1018. victricesque moras Fabii (Propertius) - hic nulla puella, il n'y a plus d'enfant - pallium tuum, paltò -
1028. Multas per gentes et multa per aequora vectus ecc. (Cat. Inferiae ad fratris tumulum) CF. Foscolo, sonetto
in morte del fratello “un dì s'io non andrò sempre fuggendo” ecc.
1029. fu buono senza bontà, coraggioso senza coraggio.
1037. ferroque faces inspicat acuto - frase di Virgilio - potrebbe esprimere solennemente il modestissimo
lavoro di chi aguzza i legnetti pei zolfanelli. -
1039. Potniades, cavalli di Potnia, poney? - mo, per ora dal latino modo.
1040. tibi ducitur uxor - sparge, marite, nuces (Virg.?) - CF. nuces e nozze - pan e nos mangià de spos (mil.) - La
noce emblema, dicono, della copula stendendo il guscio il velo sull'interno mistero. Io troverei invece questo emblema
nella necessità di rompere il guscio per arrivare al dolce frutto.
1041. nec nautica pinus - mutabit merces; omnis feret omnia tellus (Virg.) - Bell'età davvero! e si osa sperarla!
1043. Moltissimi versi di Virgilio hanno la capacità di essere applicabili alle più disparate materie. Qui legitis
flores et humi nascentia fraga - frigidus, o pueri, fugite hinc, latet anguis in herba, potrebbe servire di motto a qualche
libro, dove con tutte le lusinghe dell'Arte, si trattano argomenti insidiosi alla castità ecc.; l'Ite domum pasti, si quis
pudor, ite juvenci - sarebbe ben detto da un re che sciogliesse una camera di deputati vendicoscienza - per es. la nostra.
1044. Pallentes violas et summa papavera carpens - (id.) CF. Manzoni, il pallor della viola. - Ducere in
longum, tirà in longh.
1045. malo me Galathea petit - C'è chi traduce “mi tirò un pomo per farmi accorgere di lei”. Una simile frase in
Teocrito e Aristofane vuol dire eccitare all'amore - Ne sarebbe anche un esempio la leggenda biblica del pomo di Eva?
1056. descendunt statuae restemque sequuntur; - ipsas deinde rotas bigarum inpacta securis - caedit, et
immeritis franguntur crura caballis: - jam strident ignes, jam follibus atque caminis - ardet adoratum populo caput, et
crepat ingens - Sejanus; deinde ex facie toto orbe secunda - fiunt urceoli, pelves, sartago, matellae - (Giovenale). Il
sudate o fuochi a preparar metalli fu ispirato all'Achillini da una scorretta edizione di Giovenale.
1066 b). gaudent… garruli secura narrare pericula nautae (id.) e per converso - Dante, “non vi ha maggior
dolore, che ricordarsi del tempo felice - nella miseria” Il rovesciare l'idea altrui è già plagio.
1068. Si ravvisano molti punti di contatto fra Giovenale e Zanoja -
1069. ubicumque sanguis est, ibi est anima et operatur - Questa opinione è antichissima - ed ha un gran lato di
verità. Si possono istituire paragoni tra il sangue animale, vegetale e minerale (Vedi fisiologia plutonica di P. Gorini,
Origine dei Vulcani).
1071 - A proposito dei pedanti che trovarono da dire su Manzoni che aveva usato nei suoi “Promessi” lo per
ciò - V. Dante Purg. XI v. 141… Faranno che tu potrai chiosarlo cioè chiosare ciò. - La pedanteria è figlia
dell'ignoranza.
1073. Il canto VII Purg. di Dante - si potrebbe chiamare il canto dei nasi - Al v. 103 dice: “e quel nasetto che
stretto a consiglio” - al v. 113 “cantando con colui dal maschio naso” - e al v. 124 “anco al nasuto vanno mie parole”
ecc. - È uno dei pochi punti della divina satira dove si trovino traccie di umorismo comico - chè di umorismo tragico,
essa abbonda. V. anche 1086.
1074. Padre e suocero son del mal di Francia ecc. (Dante Purg. C. VII v. 109). - Se per mal di Francia si allude
anche alla lue venerea - questo sarebbe allora anche secondo Dante anteriore alla discesa in Italia di Carlo VIII - quì
parlando il poeta di Filippo il Bello. -
1077. Quinci comprender puoi ch'esser conviene - Amor sementa in voi d'ogni virtute - e d'ogni operazion che
merta pene. (D. Purg. XVII v. 103 e seg.) È un giuoco di parole che par fatto apposta. - Amore - acceso di virtù
sempr'altri accese - purché la fiamma sua paresse fuore - (id.)
1078. Dante come ogni altro grande poeta ha certe sue peculiari e strane espressioni - p. es. perch'io te sopra te
corono e mitrio (Purg.) - Ora era onde il salir non volea storpio - trassi dall'aqua non sazia la spugna (cioè non mi cavai
del tutto la voglia di richiedere) - Così Dante, quando gli si presenta al balzo un gioco di parole, lo piglia come fa anche
lo Shakespeare, per es. perchè fur negletti li nostri voti e vòti in alcun canto (Paradiso C. III v. 57) - V. per
l'Alliterazione, l'indice.
1079. Così parlommi, e poi cominciò “Ave-Maria” cantando, e cantando vanio - come per aqua cupa cosa
grave. - (Dante Paradiso) - Sparve - come per l'aqua il pesce andando al fondo - Me ricevette com'aqua riceve - raggio
di luce. - Per me reputo il Paradiso, la parte più bella del divino poeta. Leggendolo, par di essere trasportato in una
strana vita spiritica, tutta illuminelli di specchi e riflessi di aqua ecc. Per citarne i migliori passi, bisognerebbe
trascriverlo tutto.
1081 b). (V. 1071) Ai pedanti che non vogliono moderno ma odierno, si possono citare i due versi di Dante,
che è la nostra prima autorità in fatto (i pedanti direbbero in atto) di lingua. “Per modo tutto fuor del moderno uso”
(Purg. C. XVI, v. 42)… “Che quanto durerà l'uso moderno” (Purg. XXVI, v. 113) - cunta (Dante) per indugio, da
cunctari - cuntee (milanese) - coto, pensiero. CF. con coito e trova i rapporti tra la generazione degli uomini e delle idee.
1084. Vedi pei giorni della Merla, Dante (Purg. C. XIII, v. 121 e seg.). Dante è prezioso non solo per la poesia,
la storia e la filologia - ma anche per la piccola archeologia di molti usi e costumi regionali d'Italia.
1085. Dante, come ogni altro grand'uomo, era pieno di sè - chè senza intima fiducia a nulla di sommo si arriva -
e non solo tradisce questo in molte frasi della sua Divina Comedia, ma lo confessa francamente nel C. XIII del
Purgatorio (dal v. 133 al 138) dove dice che non ha tanto paura di passare un po' di tempo nel luogo degli invidiosi,
quanto in quello de' superbi.
1089. Aristofane, ha un Posto importante nella Storia dell'Umorismo. Comune agli umoristi è l'inventare le
parole e Aristofane ne ha trovate alcune che valgono, per idea, pagine. Le conosciutissime Nefélai hanno punti magnifici
di umorismo - per es. il racconto di Strepsiade al figlio del suo matrimonio - il dialogo col discepolo di Socrate (la pulce
e la zanzara). - St. Atàr pot'es ten ghen blépusin utoì? - Mathetés? Zetùsin ùtoi katà ghés. St. bolbùs ara - zetùsi
ecc. (pag. 190-191 editio minor Teubner)… Math. (mostrandogli una carta geografica) opàs? - aìde men Athenaì. - St.
sy légheis? ou peìthomai, - epeì dikastàs ouch orò katheménous -. poi il frizzo sull'Eubea - indi… St. all'e Lakeidaìmon
pu 'st?Math. opou 'stin? Auteì. - St. os engýs emòn. tùto méga frontìzete - taùten af'emòn apagagheìn pòrro pàny e così
via (pag. 192) - Notabile il passo dove Socrate racconta che cosa fanno le nubi. Sok. : u gàr ma Di' ecc. V. pag. 200 -
notabile il dialogo fra Strepsiade e Socrate… Sok.: - allà brachéa su pythesthai lomai, - ei mnemonikòs ei. St. Dýo
tròpo, ton Dìa - en men g'ofeìletai ti moi, mnémon pany - eàn d'ofeilo, schetlios, epilésmon pany Sok. Fer'ìdo,
dràs, en tis se týpte? St. týptomaiMagnifico è l'altro dialogo fra Socrate e Strepsiade dopo l'intermezzo del coro, per
la vivezza, la soja ecc.
1091. Nelle Nefélai (Vedi 1089-90) è pure notabile la disputa tra il Giusto e l'Ingiusto dove il Giusto soccombe
- squarcio di satira umoristica in cui Aristofane mette in berlina l'Atene de' giorni suoi - dalle parole d'oro e dal cuore di
fango. -
1092. Tra i giochi di parole di Aristofane si nota il tì dèta lereìs, òsper ap'ònu katapesòn? (Nefélai v. 1275) - o
apò - cioè cader dall'asino - e cader di cervello (impazzire) - Tra gli equivoci di Plauto si nota il Maris causa hercle
istoc ego oculo utor minus: - nam si abstinuissem a mare, tamquam hoc uterer (Miles Gloriosus IV. 7) a mare o amare. -
Altro gioco di parole aristofanesco nei Cavalieri: chésaito gar, ei machésaito se la farà sotto se combatterà.
1095. Anche Aristofane (V. 1070 ecc. coscienza del merito proprio) teneva coscienza del proprio merito - Vedi
p. es. - Nubi -intermezzo, versi del coro 560-62. - òstis un tùtoisi ghelà, (alle comedie cioè de' suoi rivali) tois emoìs
me chairéto. - en emoì kai toìsin emoìs eugraìnesth'eurémasin, - es tas òras tas etéras eu groneìn dokésete.
1097. o pambasìlei' Apaiòle - aithéra biothrémmona pànton - CF. Dossi, il creatore soffio di Dio - thýraze -
heraus - , Kpovìon òzon, che sai di Saturno, cioè set un andeghee (mil.) - paìs énorchos - puer testiculatus, ben
coglionato - tòlmema néon, ardimento nuovo - nefélas, reti finissime -
1098. Nei Cavalieri altra bellissima comedia satirica di Aristofane - dove si la soja al popolo badaud e agli
adulatori del popolo - un venditor di salsiccie che aspira alla Politica, chiede parere a un domestico… eip'emoì kaì pòs
egò, - allantopòles on, anér genésomai? - Oiketés A: di'autò gar toi tùto kaìgnei mégas. Otiè poneròs, kax agoràs ei,
kaì thrasýs - etc. V. IPPES dal v. 180 in avanti - Dice il venditor di salsiccie “tuttavia non mi credo nato al governo” -
Al che il domestico: non sei nato?… bah! non hai a far altro che ciò che fai - mescola, imbroglia, lusinga il popolaccio
addolcendotelo con parole cucinesche (con carezze da cucina) (ton démon aeì prospoiù, - ypoglykaìnon rematìois
magheirikoìs). In complesso, hai qualità eccellenti pel popolo - voce forte - cattiva nascita - ciarlataneria - Tu tieni tutto
quanto è necessario a governare. Inoltre concorrono a sollevarti gli oracoli. Coronati dunque e liba alla Stultizia - poi va
e combatti l'uomo (che è Cleone) - Il venditor di salsiccie vuole che il Démos, personaggio simbolico pel popolo -
giudichi la causa fra lui e Cleone non al Pvýx ma a casa sua, ma come Démos nega, egli esclama: oìmoi kakodaìmon, os
apòlol'. O gar géron - oìkoi men andròn esti dexiòtatos - òtan d'epì tautesì kathétai tes pétras - kéchenen e non sa dire
più nulla. - Buona è la scena tra il Salsicciaro e Cleone, che fanno a chi adula più vigliaccamente il popolo, e a gara gli
offrono i più schifosi servizi.-
1099. Kechenaìon pòlis la cit di coloro che stanno a bocca aperta a quanto succede: magnifica trovata per
indicare il carattere degli Ateniesi. CF. con Parigi, la ville des badauds -
1100. Negli Uccelli di Aristofane, nota il carattere del dio Triballo, dio barbaro, che viene con Ercole e
Nettuno in ambascieria agli uccelli - e cui, per il suo nulla capire, gli fanno dire gli altri due quanto mai vogliono - p. es.
Poseidòn: kaì ton Triballòn výn erù - Eraklés: o Triballòs oimòzein dok soi? (cioè, appressapoco, vuoi andar sulla
forca?) Triballòs: (che non capisce nulla) saunàka - baktarikrùsa. Er. Fesìn eu léghein pàny - Questa scena venne più
volte imitata. CF. p. es. comedie in dialetto milanese di Maggi, o in veneto di Goldoni - Buona la scena con gli
ambasciatori, dove Peisthétairos insinua sagacemente nel suo discorso alcune frasi che dicono di cucina, tanto che
Ercole e Nettuno che hanno appetito, scendono a patti. - Così, quando Peisth. chiede loro Sovranità in matrimonio, e
Nettuno risponde u diallagòn eràs - Peisth. Olìgon moi mélei - màgheire, to katàkysma kré poeìn glyký - e allora
Ercole: o daimòni' anthròpon, Pòseidon, poi férei? - emeìs perì gynaikòs miàs polemésomen? (Ornithes v. 1635 ecc.)
V. 1103-04-05.
1101. Le Ekklesiàzusai - è una fra le parodie più saporite di Aristofane - Magnifica, argutissima è la prima
scena della prova dell'assemblea femminile. - Assai bello anche il Plùtos in quella parte almeno che formerebbe i primi
tre atti - dopo, val nulla. - Vedi Plùtos pag. 231 per un notabile carattere di vecchia innamorata di un giovinetto cui
regali ecc.
1103. (V. 1102) - Euelpìdes. u deinòn un dét'estìn, emàs deoménus - es kòrakas eltheìn, kaì pareskeuasménus -
épeita xeureìn nasthai ten odòn? (non è egli strano abbisognar della forca, esserci apparecchiatissimi, e non
trovarne la strada?)
1105. Umoristica assai la scena negli “Uccelli” dell'Indovino che interviene alla fondazione della nuova città
Nefelokokkygìa. L'indovino legge un oracolo sulla nuova città, che termina: de k'emòn epéon élthe pròtista profétes, - to
dòmen imàtion katharòn kaì kainà pédila - Peisth. ènesti kaì ta pédila? Chresmològos. làbe to biblìon. - kaì fiàlen
dùnai, k splanchnon keìr'epiplésai Peisth. kaì splànchna didònai 'nesti? Chres. labè to biblìon e così via, finchè
Peisthetaìros gli dice: ma io tengo un altro oracolo di Apollo, che non s'accorda col tuo, che è “quando venga tale non
invitato a turbare i sagrifici e a domandare l'arrosto delle are, picchiatelo ben bene”. E allora il Cresmologo: oudèn
léghein oìmai se. Peisth. labè to biblìon - e così via, parodiando le risposte dell'indovino (Ornithes).
1107. V. p. un es. di equivoco osceno, Lysistràte v. 21. - Lalonìke. d'estìn, o fìle Lysistràte, - ef'o ti
poth'emàs tas ghynaìkas synkaleìs? - ti to pràgma? pelìkon ti? (che affare l'è? come l'è gross?) Lys. Méga. Kal. Mon kaì
pachý? - Lys. kaì ne Dìa pachý. Kal. kàta pos uch ékomen? - Lys. u ùtos o tròpos (l'equivoco tra affare (cosa a trattarsi)
e cazzo - è riproducibile in milanese).
1109. Bellissima nella Lisistrata la scena fra Lisistrata e le donne Beote, Corinzie e Lacedemoni ov'essa le
vuole persuadere, per obbligare i mariti a far la pace, a negar loro la fica (da pag. 196 in avanti) o pankatàpygon
theméteron àpan ghénos udèn gar esmen plen Poseidòn kaì skàfe (cioè non siamo buone che a una cosa sola).
1110. Notevole nei Bàtrakoi la scena comica dove si pesano i versi di Eschilo e Euripide pag. 85-87.
1111. A proposito di Alcibiade, dice Bacco in una comedia di Aristofane che Atene lo brama, lo odia, non ne
può far senza - potheì men, echthaìrei de, bùletai d'échein.
1112. CF. il “how do you do?” corrispondente all'antico francese “comme la faites vous?” e all'Italiano (in Doni,
Marmi) “Come la fate voi?” - al passo negli Uccelli di Aristofane, dove l'Epops chiede: pos d'yghìeian dòsus'autoìs,
ùsan parà toìsi theoìsin? - Peisthetaìros: en ey pràttos', ouch yghìeia megàle tùt'estì? - os ànthropos ghe kakòs pràtton
atechnòs udeìs ygiaìnei.
1116. Le comedie di Aristofane ci pajono monche per la mancanza di tutto l'apparato scenico e specialmente
della musica. Molta parte di esse era espressa dalle vesti, dalla mimica ecc. Chi del resto pigliasse in mano il semplice
copione di un vaudeville del dì d'oggi - che avesse anche fatto il più gran furore del giorno, lo troverebbe la più insipida
e sconclusionata delle cose. - I vaudevilles d'Aristofane hanno un valore più archeologico e politico che non artistico -
1117. Gli Ateniesi condannavano Diagora, Socrate e Alcibiade come empi, e poi ridevano alla empietà scenica
di Aristofane. Gli Ateniesi erano scettici, possedevano tutti i vizi e tutte le virtù - e però dovevano amare la comedia
umoristica di Aristofane.
1118. Le comedie di Aristofane si potrebbero chiamare vaudevilles politici. Aristofane è patrioticissimo -
nobilissimo nella “Pace”. Quanto alle sue frasi lorde, (e qui si potrebbe fare l'osservazione come una tale lordura sia
comune alla massima parte degli umoristi) vanno messe - sul conto degli spettatori e non dell'autore.
1119. La parodia non può avere per oggetto se non le cose migliori. Essa è lode, è apologia, perchè, esagerando
le critiche, combatte queste e distrugge - Il comico risulta meno d'un esempio a seguire che non di uno a fuggire. Donde
il poco successo di tante istruzioni puramente morali che alcuni si avvisano di sceneggiare, invece di darle divise a
capitoli, in opere di tutt'altro genere.
1121. Non è più possibile un Omero, perchè non sono più possibili gli uomini per cui Omero scriveva.
1123. Ieroklés (nella “Pace” di Aristofane) o méleoi thnetoì kaì népioi - Trygaìos es kafalén soi questo
ritorcere le maledizioni su chi le proferisce trova un riscontro nel King Richard III di Shakespeare, dove re Riccardo
ritorna sul capo della regina Margherita le sue imprecazioni.
1126. La parola capriole (capriola) fu inventata da Mad.
lle
le Fevre, valorosa grecista, nel tradurre Aristofane
(V. 1339) - La parola ferrovia venne trovata dal Prof.
re
Luigi Sailer (almeno a quanto mi fu assicurato).
1127. A Napoli, si trovano ancora persone che osano dirvi: Eccellenza, comandate un abatino? comandate un
canonico?… Cavaliere, volete un testimonio falso? (1870).
1128. Lo stesso freddo procura alla terra la veste per ripararsene - la neve.
1129. Se tanti sono gli ingrati, come dicono i misantropi, altrettanti, per conseguenza, devono essere i
benefattori. Così rado si trova chi dovendo ad altri non abbia credito con qualcheduno; così rado un offensore che non
sia mai stato offeso.
1130. Al matrimoniale diritto bisognerebbe conservare sempre el fogn dell'amor. Io per es. non dormirei
abitualmente con mia moglie. Il primo peto basta a ingiallire e sfiorire la rosa della poesia - e senza poesia l'amore
finisce presto (1870) - Falso 1879).
1132. Manzoni corrisponderebbe a Mozart - Rossini a Rovani - Verdi a Dossi.
1134. La satira nei tempi di oppressione diventa più fina che in quelli di libertà. V. la satira di Orazio - mentre
la satira odierna di Carducci è la controprova di sè stessa, mostra cioè che non c'è tirannia.
1135. Dice Plutarco che Aristofane scrisse meno per le persone sensate quanto per degli uomini corrotti, pieni
d'invidia, di birberia e di libidine… Le sue parodie dovevano immancabilmente riuscire presso un popolo che voleva
ridere di quelle cose stesse che gli avevano poco prima strappate le lagrime Menandro cambiò il gusto comico, e fu
applaudito dagli Ateniesi ma in un'Atene cangiata. V. per Aristofane, Th. des grecs par le P. Brumoy, tome X, pag. 264.
1136. L'antica comedia greca faceva ciò che fa in parte l'umorismo - Si burlava di tutto - trovava il lato ridicolo
di tutto -
1139. Il Bello può distinguersi in assoluto, immutabile a tutti i tempi - e relativo che va col gusto del secolo e
cangia col cangiar della moda. È rado che queste due sorta di bello non si mescolino nelle opere d'arte, il relativo la
subita nomea, l'assoluto la fama ventura… Guai a quelle opere, belle di solo bello relativo!
1140. Gli autori comici devono invecchiare come le mode.
1141. Aristofane riesce di difficile intelligenza per i molti tratti di spirito di cui è sparso, e che sono oggidì, in
barba ai commentari, incomprensibili la più parte… Dans toutes les langues la dernière chose qu'on apprend est l'esprit:
or cet esprit n'est jamais si saillant que dans la plaisanterie. Je n'ai commencé à rire à la lecture de Térence, de Plaute et
de Martial qu'à l'age de trente ans (Memoires de Casanova) - Ce qu'on appelle plaisant et comique n'est qu'un tour, un
rien qui veut être senti dans son point précis. Pour peu qu'on s'éloigne de ce point, la plaisanterie disparaît et ne laisse en
sa place que la fadeur. Tel bon mot, qui aura réjoui une compagnie, ne vaudra rien du tout étant exposé au public,
parcequ'il est isolé et separé des circonstances qui le rendaient piquant. Il en est à peu près de me de plusieurs
railleries anciennes; leur sel le plus subtil s'évapore à la longue: et ce qu'il en reste s'affadit à notre égard. Il n'y a que le
plus mordant dont la pointe ne s'ém[o]usse jamais. (Discours sur la comédie grecque, par le P. Brumoy).
1145. Nei saturnali era lecito allo schiavo di dire al padrone ciò che voleva. Si ristabiliva tra gli uomini una
specie di fratellanza. V. Kronosòlon di Luciano. Vol. 4 editio minor Teubneriana, pag. 193 - e pròs Kpónon Luc. V.
4. id. id. pag. 187. Luciano va citato fra i precursori dell'odierno umorismo. Nella prima lettera saturnale, pag. 198
stesso volume, ricca di celia - sono i poveri che fanno auguri ai ricchi - Chiedono loro di dividere seco le ricchezze, se
no, augurano che le lepri con gli spiedi in corpo, i cervi ecc. fuggano dai loro piatti e corrano ad essi; che delle
formicone abbiano a portar via i loro grani d'oro ecc. - La seconda delle lettere, che è la risposta di Saturno, è ancora
migliore. Cerca d'aquietare i poveri mostrando loro la povertà dei ricchi. E tìna an autòn (ricchi) radìos deìxai dýnaio,
me pàntos ochròn ònta, polý to nekròdes emfaìnonta? tìna de es ghèras afikòmenon tois autù posìn, allà me foràden
epì tettàron ochùmenon ecc. V. pag. 204 e seg. v. 4 - udèn òfelos, ei amàrtyros e ktésis eie Eidòs oti met'olìgon
àpantas deései apiénai ek tù bìù, kakeìnus ton plùton kaì ymàs ten penìan aféntas.
1150. Assai umoristica la favola milesiaca del Lucio asino - attribuita a Luciano - spec. nell'ultima parte dove
una donna s'innamora di Lucio ancor asino, poi non ne vuol più sapere quando Lucio le appare in forma di uomo.
1159. L'origine degli obelischi potrebbe vedersi nei due phalli, che si usavano porre alle porte di alcuni tempi -
teste Luciano, de Syria Dea kaì falloì de estàsi en toìsi propylaìoisi dyo kàrta megàloi: epì ton epìgramma toiònde
epighégraptai: tùsde fallùs Diònysis Ere metryié anétheka. Bella consacrazione! Ma forse Bacco voleva con ciò
monumentalmente dire che della avversa matrigna non gliene importava un cazzo.
1160. Nell'Adònidos òrghia la Grecia piangeva ogni anno la morte di Adone e poi ne festeggiava la
risurrezione - Anche i misteri di Mitra e di Api velavano lo stesso avvenimento, e così il mistero di Cristo. - Per Adone
ecc. chi intende il Sole, che par vada morendo e poi rinasce (Natale) - chi intende il membro virile nei suoi deliqui e
nelle sue erezioni.
1161. Nella letteratura antica o si rideva tutto o si piangeva tutto - e se talvolta il riso e il pianto convenivano
nello stesso libro, ciò succedeva alternativamente. Nell'odierna invece Eraclito e Democrito sono venuti ad abitare la
stessa casa - si ride e si piange, piove e fa sole nel medesimo istante. Ed ecco la letteratura umoristica - che è il giusto
temperamento fra la passione e la ragione.
1163. Diceva un ubbriacone: ho paura di essere stato morsicato da un cane - Perchè? gli si chiese - Perchè non
posso veder l'aqua - rispose.
1165. Sulla fine dell'ONEIROS E ALEKTRYON di Luciano, si trova il motivo del Diavolo zoppo di Lesage - il
quale può del resto essere anche stato ispirato dall'altro dialogo lucianesco l'Icaromenippo (spurio).
1166. Apoblépsas de kaì es ten Pelopònneson, eìta ten Kynosurìan ghén idòn, anemnésthen, perì òsu
chorìu, kat'udèn fakù Aigyptìu platytéru, tosùtoi èpeson Argheìon kaì Lakedaimonìon miàs eméras (Icaromenippo,
Luciano) CF. i già citati passi di Shakspeare e di Aleardi.
1167. Nell'Icaromenippo (pag. 200 vol. III), Menippo scrive a Giove, il quale (dice Menippo) metaxý te proiòn
anékrine me perì ton en te ghé pragmàton, pròta men ekeìna, pòsu nun o puròs estin ònios epì tes Ellàdos: kaì ei
sfòdra emòn o pérysi cheimòn kathìketo; kaì ei tà làchana deìtai pleìonos epombrìas Si noti come in generale gli
scrittori umoristici - siano sparsi di empietà.
1171. V. 1389) Da citarsi nella Storia dell'Umorismo gl'Inferorum, Deorum, e Meretrici, dialoghi di Luciano
come pure il Lucius Asinus, e la Vera historia, sp. nella Prefazione. V. 2° p. 135-137. Ed. minor Teubner.
1173. Dice la Rettorica, lagnandosi di Luciano che l'ha abbandonata pel Dialogo: eppure io mi tengo a lui
fedele… e a tanti amanti miei non apro la porta, benchè picchino, gridando il mio nome, orò gar autùs udèn pléon the
boés komìzontas.
1176. speranza - sogno di chi veglia.
1177. amico - anima che abita in due corpi.
1178. Le tre bellezze - delle forme, dell'ingegno, e del cuore - mostrare in un romanzo, in cui tale è in cerca di
moglie, come l'ultima di queste bellezze sia la più desiderevole.
1179. Troppo facilmente si del birbante, a cui la sorte è contraria, come del galantuomo a cui la sorte
sorrise. -
1180.
Nell'affezione, ci riteniamo superiori all'oggetto amato - come nei rapporti di benefattore e beneficato - genitore
e generato ecc.
nella devozione, ci riteniamo inferiori, come nei rapporti di servo a padrone, di scolaro a maestro ecc.
nell'amicizia ci riteniamo eguali all'oggetto amato. -
Nella genealogia d'amore non rimane posto alla connessione fisica - tra maschio e femmina -
1181. Fu colto da tanta paura che non potè neanche fuggire. Marcarini il cui solo coraggio fu di fuggire…
1182. I leoncini di terraglia bianca, delle vecchie osterie, nella cui groppa s'infilano gli stuzzicadenti.
1183. I tiranni di sè stessi - Gl'indecisi, i dubbi. (nei Tiepidi).
1184. Quand'io, sventuratamente, ho lite con qualche amico, mi affretto a rappacificarmi con lui, io pel primo -
temendo ch'egli non mi divanzi nel soavissimo atto.
1185. Eh? i collegiali, come male vestiti?… epperchè? perchè le loro giubbe, le loro brache, le loro scarpe si
fabricano a centinaja - Così dei loro intelletti - Vero è che qualcuno riesce passabilmente Ciò vuol dire soltanto
che il vestito gli è, per caso, andato bene.
1186. Riconoscere i propri torti e domandarne altrui scusa non è già un avvilirsi, ma è anzi un rialzarsi nella
stima degli altri e di noi. La verità è una sola - e chi l'offende offende stesso, perchè la verità è il massimo comune
Tesoro a tutti gli umani. Quindi ne viene che una concessione fatta agli altri in omaggio a lei è pur fatta a noi. Chi
conosciuto nell'intimo suo di aver torto - segue ad averne per non volere dar voce al proprio sentimento - è reo di
tradimento verso di sè - : è un vile.
1187. Spesso l'uomo afferma cose che internamente nega, per sentirsi dalla negazione altrui riaffermata la
propria interna.
1188. La luna, appena nata, sembrava una cimatura d'unghia…
1189. Un tratto di spirito a tempo cangiò spesso una tragedia in una comedia.
1190. Una gran parte dei letterati di seconda mano ha le gambe sbilenche, es. il Giussani, il Gargiolli, il
Maineri ecc. ecc.
1191. Il genio della scienza distrugge il genio dell'arte - si dice. Non credo: chè ai loro tempi Omero e Dante
erano non solo grandi artisti ma grandi scienziati. E che dire di Galileo e di Gorini ecc.?
1194. Dicono che la filosofia è la medicina dell'anima. Ammettiamolo. - Ma insieme, ammettendone anche le
sue conseguenze, diremo che la filosofia come la medicina è pei malati e non per i sani. Come la medicina poi è un
veleno - e ogni veleno, se in breve quantità, giova, in grande uccide.
1195. Erano le risposte della Pizia tali che per comprenderle ci voleva un'altra Pizia.
1196. i sonatori di organetto si possono definire “un accattonaggio con accompagnamento di musica”.
1197. Molto umorismo nel navigium seu vota di Luciano. Vi si trova spiccatissimo il vero carattere degli
Ateniesi - la soja - il prendersi in giro a vicenda - (da pag. 93 in av. specialmente).
1198. L'umorismo è la letteratura dello scetticismo. Democrito e Epiruro sarebbero i suoi fondatori. - Momo
era il fou di Giove. - Nella S. Um. accenna ai giullari pei quali non si ruppe la trad. umorist. - accenna al Pasquino e
Marforio di Roma e all'uomo di Pietra di Milano - accenna, in spec. modo, all'umorismo della lingua e della letteratura
milanese. - L'umorismo è la continua accusa alle istituzioni umane - Nota che lo scetticismo, fonte sua, si manifesta
sempre nell'ultimo periodo della vita di un pensiero (ossia di una società) e tale è lo stato presente di mezzo il mondo.
1199. Il trovare traccie di umorismo nelle antiche letterature non vuol già dire che ci fosse una letteratura
umoristica. Anche i principi cristiani c'erano prima di Cristo, ma solo dopo di lui si riunirono a sistema - formarono una
religione.
1201. La pazzia è un sonno morale nel quale gli oggetti e gli avvenimenti quotidiani appajono come sogni.
1203. I sognatori (R.U.). Uno è affondato in sogni di ricchezza. Viene il suo bimbo a dimandargli i denari pel
pane. Egli arrabbia, batte quasi il bambino. - Altri incolpa la sorte perchè non può innalzarsi fino al cielo etc. etc.
1204. Nelle varie strade per giungere al vero, alcuni dei filosofi cercatori mojono colle loro speranze, innanzi
di capire che furono ingannati; altri, come si accorgono ingannati sono già vecchi, e però, vergognando di ritornare sui
loro passi, per non mostrarsi disingannati continuano nell'inganno a danno loro e a danno degli altri - Trovato un uomo
che ci abbia a mostrare la retta via nella filosofia, non si potrebbe credere a lui, se non trovatone prima un altro il quale
ci provi che questo tale diceva il vero, ma anche qui resta incerto se il testimonio sia veritiero - quindi ci è d'uopo
trovare anche un testimonio del testimonio, e così via.
1205. Fu un giovine smaniosissimo di studio: non requiava e notte: dicea: oh, alla tale età saprò tanto e poi
tanto… Ma un giorno incontra uno scienziato vecchissimo. Il giovane lo guarda con venerazione e meraviglia, e gli
domanda come sappia tanto… Risponde il vecchio lamentandosi di non saper nulla. Il giovane impallidisce - va a casa e
butta tutti i libri sul fuoco…
1206. C'era un marito che amava sua moglie, o almeno credeva di amarla. Questa moglie si ammala
pericolosamente. Il marito è disperato - ma per farsi coraggio - si dipinge colla imaginazione che vita farebbe, morta la
moglie, e vede che ne farebbe una bellissima. In quella il dottore gli annuncia che la moglie guarisce. Il marito non è
quasi contento.
1207. Nelle mie ore di malinconia - di sera - passeggio solo per le vie affollate. E penso con invidia alle molte
coppie che incontro, fors'anche esse infelici, ma almeno infelici in compagnia, chè la infelicità sopportata con una amata
persona diventa felicità.-
1208. I maggiori rancori si serbano per quelle offese delle quali non ce la possiamo apertamente pigliare.
1211. La signora L. viveva presso una famiglia composta di un padre briccone e di una madre pazza, i quali
avevano un amore di una bambina. Impietosita la signora L. nel vedere la bimba crescere in una simile pessima scuola,
se la tolse con sè, cangiò casa, e le diede una eccellente educazione. Ora il padre briccone minaccia la L. di ritoglierle la
bimba, quando avrà tocco i quattordici anni - poichè egli, in miseria, vede già nella bella ragazza una fonte di turpissimo
lucro. E la legge presterà il suo braccio al padre - e noi conteremo una infelice di più.
1212. Cicerone è uno tra i pochi che abbia saputo in latino sorridere. Ma Cicerone, borghese, voleva passare
per patrizio e spesso cangiava il sorriso in sogghigno.
1213. L'umorismo di Orazio - la sua grand'anima disgustata.
1214. Il morìas enkòmion di Erasmo ha un posto importantissimo nella S. dell'Umorismo. Nel libro di Erasmo
si sentono latenti i principi della Riforma - e il suo commentatore ha un bel cercare di salvarlo dalla taccia di incredulità.
L'unico torto del grande satirico fu di avere vestito il nuovo pensiero della sua satira con una veste antica. Non gli
mancò per diventare massimo autore che il coraggio di scrivere in volgare. - Si potrebbero fare raffronti fra la Stultitiae
laus e L'Asino cillenico di Giordano Bruno: nell'uno e nell'altro si tratta della felicità degli stolti colla differenza che
Erasmo forse l'approva, mentre Giordano, pur nel lodarla, la stigmatizza.
1215. En to froneìn gar medén, édistos bìos (Sofocle) CF. Negri “la severa e malinconica ragione”.
1217. et ridenda magis quam foeda recensere studuimus (Erasmo) - La letteratura va sino alle porte del
Tribunale; finisce dove comincia il codice.
1220. Nella Stultitiae laus bello il passo dove gli Dei guardano cosa fanno gli uomini… Hic deperit
mulierculam et quo minus adamatur, hoc amat impotentius. Ille dotem ducit, non uxorem. Ille sponsam suam prostituit…
Sunt qui alienis obeundis negotiis sedulo tumultuantur, sua negligunt. Est qui versuris atque aere alieno divitem se esse
putat, mox decocturus. Alius nihil arbitratur felicius, quam si ipse pauper haeredem locupletet… Nonnulli foris divites
haberi gaudent, domi graviter esuriunt. Hic festinat quidquid habet profundere; ille per fas nefasque congerit…
Nell'universale libello Erasmiano si trovano i germi di tutte le satire umane che vennero scritte di poi. E tuttavia dice più
Erasmo nelle sue poche pagine, che non Balzac (p. es.) nella sua biblioteca di scene della Commedia Umana.
1222. Perinde quasi res sit bello quoque vindicanda, si quis conjunctionem facit dictionem ad adverbiorum jus
pertinentem. Et hac gratia, cum totidem sint gramaticae quot gramatici, immo plures… (id.) - Si può osservare, che una
volta nella critica letteraria troppo si guardava alle parole, rispetto al pensiero, e oggi, troppo poco.
1229. Umoristicissima nella Stultitiae laus è la descrizione delle pitture appese ex voto ai simulacri dei Santi…
alius e praelio, pugnantibus coeteris, non minus feliciter quam fortiter aufugit - Alius in crucem subactus, favore Dei
cujuspiam furibus amici, decidit ut nonnullos etiam male divitiis onustos pergeret exonerare. Alius perfracto carcere
fugit. Alius irato medico, a febre revaluit. Alii potum venenum, alvo soluta, remedio non exitio fuit, idque non admodum
laeta uxore quae operam et impensam luserit; alius, everso plaustro, equos incolumos domum abegit. Alius oppressus
ruina vixit. Alius a marito deprehensus elusit. Nullus pro depulsa stultitia gratias agit. (id.) Erasmo, protestante di fatto
se non di nome - Ed è strano, come nuovo e fino di pensiero com'era, non osasse di scrivere nella lingua paesana,
divorziandosi, almeno nella sua modernissima Lode della Stoltezza, dal latino.
1231. Pochi furono i sapienti. La Grecia in tanti secoli non ne conta che 7… quos rnehercle (dice Erasmo per
bocca della predicatrice Stultitia) si quis accuratius excutiat, disperam si vel semisapientem imo si vel trientem viri
sapientis (id.).
1242. pupum - puerum, popô (mil.) - to ènteron, le interiora, venter - psolùs mentula carentes, s'cioli -
Stultissima sunt haec et ad quae ridenda, non unus sufficit Democritus (Erasmo) - paidopoieìn coitare, fa i piscinitt
(mil.) - l'ineffabile, l'incomprensibile (Dio) - Afflavit Deus et dissipati sunt (iscriz. della medaglia coniata in Ingh. in
occasione della perdita della Grande Armada di Filippo di Spagna).
1245. quasi vero non istud ipsum sit perire, aliud fieri (id.) - CF. Dossi - Coloni - che vale nulla parte perita se il
tutto non è più quello?…
1246. fu erudito, e quanto è più, nascose la erudizione.
1248. All'“elogio della Stoltizia” nuoce talvolta la pompa di erudizione.
1249. Nota per la St. dell'Um. (nella parte comicità) la satira oraziana “Olim truncus eram ficulnus, inutile
lignum…”, dove Priapo “qui spectaret Canidiae et Saganae (?) magica Sacra, prae timore magnum crepitum ventris
emisit, quo amiculae territae, relictis dentibus et caliendro e vestigio aufugerant”.
1250. CF. il ve latino, malauguroso, col ve-r- germanico, di un simile valore.
1251. Nei Ritratti Umani poni un capitolo dal titolo “Arti e mestieri” dove tratterai dei mestee liger (mil) cioè
dei mestieri di poco sudore, come quello del ruffiano del ricco etc. Non dimenticare chi fa il mestiere del repubblicano -
chi fa il mestiere dell'emigrato etc.
1252. La forza che molti vantano della poesia di Carducci, è di quella “imparata a memoria”. Carducci è p
gramatico che poeta.
1253. uomini che serbavano sulle guancie le cinquedita - In su la stecca longa a lagrimà (di un'oca allo spiedo).
1254. Per i proverbi che si dicono a tavola all'apparire del tale o tal piatto, uso comunissimo nel milanese, puoi
CF. Ateneo Deipnosofista. vol. I. pag. 6 (ed. di Lipsia Teubneriana).
1255. Ogni giorno la Scienza strappa qualche penna all'entusiasmo. È necessaria quindi una nuova letteratura,
che possa vivere senza questo entusiasmo, poichè l'antica fondava tutta su di esso. La nuova letteratura non può che
essere la umoristica. - La scienza dubita, e così l'umorismo -
1256. Ateneo parla del cuoco di Nicomede che volendo soddisfare al capriccio del suo signore di mangiare
delle afýai nel mezzo del verno - gli fece mangiare altrettante rape - senza che il padrone se ne accorgesse. Tuttavia, si
potrebbe osservare che i migliori inganni dei cuochi e d'ogni altro genere di persona, sono quelli che non si contano,
ossia che furono così bene eseguiti da rimanere ignoti per sempre -.
1257. A Sparta si usava (secondo Ateneo Cap. XIII) d'incatenacciare, in luogo all'oscuro, le vergini e i giovani
celibi, perchè vi si pigliassero - dovendosi poi ciascuno accontentare di quanto la sorte gli avea dato in mano… i
nostri matrimoni si fanno diversamente.
1258. Vetusti scrittori (sempre in Ateneo) narrano che Socrate avesse due mogli - Santippe e Mirto. Ma vi par
cosa da saggio?
1261. Chi primo introdusse gli ubbriachi sulle scene fu Eschilo nei Kabìrois, notando ch'egli stesso scriveva
ubbriaco le sue tragedie… a d'autòs o tragodopoiòs epoìei, taùta tois érosi periétheke - E però Sofocle, biasimando
Eschilo dicevagli: tu Eschilo fai ciò che devi, e non sai ciò che fai - (Chamailéon in Ateneo) - Alceo e Aristofane
scrissero i loro poemi, ubbriachi. Anacreonte invece, scrisse sobrio di ubbriachezza.
1268. Fra le dotte burle, si può citare la storia della salamandra fossile trovata nelle cave di Oeningen, la quale,
sulla fede di Scheuchzer, fu nel 1726 battezzata per homo diluvi testes - riconosciuta poi nel 1787 da Camper per un
rettile.
1269. Hogarth e Callot nella St. dell'Umorismo. - Hogarth appartiene più alla letteratura che non alla pittura.
Come pittore, il suo colorito è duro e pesante. I suoi quadri o scene di quadri sono altrettanti romanzi. - Sol quando
interpretava il pensiero altrui faceva male (come nelle illustrazioni di Shakespeare, del D. Quixote ecc.) - Tra le sue
composizioni celebri sono The Rake's progress (8 capitoli) - The Harlot's progress (6 capitoli) - The sleeping
congregation - The laughing audience - The fair of SouthWerk - The Stage coach - A midnight modern conversation -
The enraged musician (il quale assorda solo in vederlo) - The strolling actresses dressing in a barn (ecc. Vedi n. in
seguito 1271.) - Mariage à la mode (6 tavole).
1270. Ben Johnson dans sa comédie Every man out of his humour donne une explication phisique de l'humour.
Un auteur allemand anonyme en produit une autre: l'humour est une sorte d'impulsion de l'âme vers un objet particulier
que l'homme juge très important, quoique il ne le soit pas, et par lequel, en s'occupant sans cesse avec une attention et un
sérieux outrés, il se distingue des autres d'une manière ridicule. Les anglais prétendent et Congrève a cherché à prouver
que les mots humour et humorist sont originairement anglais; cependant ils n'ont été qu'adoptés par les Anglais et
viennent de l'Italien. On trouve le mot umoristi dans les comédies de Buonarroti: c'est à dire au commencement du XVI
siècle. Suivant le dictionnaire de la Crusca ce mot signifie quelqu'un “che ha umore, persona fantastica ed incostante”.
Au XVII siècle il y avait à Rome une société ou académie appelée Società degli Umoristi - In francese non c'è nome che
vi corrisponda salvo forse la facétiosité. I tedeschi hanno Laune, gli Olandesi Laim. - Congrève diede dell'humour
questa definizione: “l'humour tiene le sue sorgenti nella diversità delle qualità dell'animo, del corpo e delle inclinazioni
degli uomini. Secondo me, l'humour è una maniera particolare d'agire o di parlare, la quale fra tutti gli uomini non
appartiene che ad uno solo, e che distingue essenzialmente le sue azioni e i suoi discorsi dalle azioni e dai discorsi degli
altri. Il rapporto del nostro Umore con noi stessi s'assomiglia a quello tra l'accidente e la sostanza. Questo umore è un
colore, un gusto che permea nel tutto insieme: qualunque si sia la diversità tra le nostre azioni nei loro oggetti e nelle lor
forme, elle sono, per così dire, scheggie di un medesimo legno.” - Home (Elements of Criticism, t. I pag. 369) combatte
la spiegazione di Congrève - Per noi l'Umorismo in Lett. corrisponde al Carattere nell'Uomo. - Tanti sono gli autori
umoristici, tante devono essere le gradazioni dell'Umorismo. CF. lo studio del signor Ovidi sull'Originalità - publicato nel
Politecnico, rivista milanese.
1271. (V. 1269) Hogarth descrive John Bull, e dietro a lui tutto il mondo. Il se pourra qu'un temps vienne où les
altérations qu'éprouvera la langue anglaise rendront le style de John Andrews et de Tom Jones inintelligible, les
caractères de ces romans ne pourront plus être saisis; la gaité enfin qui y règne perdra en partie de son mérite. Mais
les personnages qu' Hogarth, ce grand peintre des moeurs, a représentés d'une manière si admirable ne disparaîtront
jamais de la toile - Che Hogarth appartenga alla Letteratura ne è prova anche il suo trattatello Analysis of Beauty, dove
l'apparente stramberia copre idee profondamente vere, - come quella della linea serpentina, (V. 1272) ne è prova anche
il suo aiutarsi ad esprimersi con iscrizioni… Tra le composizioni di Hogarth, nota anche: Beer sheet - dove tutti
bevono e sembrano felici, tranne un povero pittore occupato a dipingere su una insegna una bottiglia - Gin Lane - The
four stages of Cruelty (1 tavola) con scritto sotto a tema the poorest beetle that we tread upon - in corporal suffrance
feels a pang at heart - as when a giant dies (Hogarth ben meritò della umanità) - Four prints of an Election - The Cock
pit - Piquet or Virtue in danger (quadro) - Credulity, Superstition and Fanatism, a medley - The five orders of Perivvigs
as they were worn at the late coronation, measured architectonically - Buone le composizioni di Hogarth che erano, in
certo qual modo, critica in azione, p. es. False perspective exemplified - S. Paul before Felix, designed and scratched in
the true dutch taste by… - Moses brought to Pharaon's daughter, dove il bimbo Mosè somiglia maravigliosamente alla
principessa - Il nostro Conconi ha lo spirito di Hogarth e avrebbe, a suo vantaggio, un miglior colore.
1272. “Dépouillez la meilleure statue antique de toutes les lignes serpentines et vous ferez de ce chef d'oeuvre
de l'art une figure si commune, si mauvaise qu'un miserable tailleur de pierre parviendra à l'imiter”. - (Hogarth, Anal. of
B. Trad.) - Grandi, scultore, usa della linea serpentina, anzi ne abusa, a differenza degli altri scultori, che abusano nel
suo non uso.
1273. Sarah Malcolm appiccata il 7 marzo 1732 per assassinio, in età di 25 anni, si mise del rossetto sulle
guancie per farsi ritrattare da Hogarth, due giorni prima dell'esecuzione.
1279. Nell'Analisi della Bellezza, Hogarth scrive, parlando dello stile gotico - “sarebbe una improprietà, anzi
una specie di profanazione il fabbricare in questo stile edifici destinati a publiche feste”. - In proposito si potrebbe
osservare che oggidì una chiesa sarebbe invece da costruirsi nello stesso gusto con cui si costruisce un teatro, non
essendoci oggi più fede - ed essendo l'architettura filosofica appunto deputata a notare in marmo il pensiero del tempo.
1288. In arte, sono quei mille poco di più che fanno il tutto. In Arte è poi questione di vista. Chi più vede, più
sa. Inutili quindi i precetti a chi interpreta il vero.
1289. Qual differenza fra le animate macchine che suscita la Natura e i miserabili congegni che escono dalle
mani dell'uomo! Gli uomini inventano macchine ingegnosissime e utilissime, ma disgraziate di forma. La Natura, pur
creandole utili, le crea anche belle.
1291. Nel Rake's progress (composiz. di Hogarth) - c'è una bussola di chiesa sulla quale un ragno ha tessuta la
sua tela - c'è nella Fleet (prigione dei debitori) un manoscritto con su “Being a new scheme for paying the debts of the
nation, by T. L. now a prisoner in the Fleet”… - Si noti come Hogarth sapeva legare il scenario delle sue filosofiche
composizioni all'animo degli attori. Il mobile vi completava l'uomo. - Lo specchio nell'ultima scena del Matrimonio alla
Moda, dinanzi al quale muore lo sposo tradito ecc.
1292. Remembrancer (ingl.) p. schiaffo - tegnament (mil.).
1293. Il sermone di Torti in morte della moglie. La morte di Torti fu, si può dire, una vera fortuna per la
letteratura d'Italia. Leopoldo Marenco vi attinse il suo stile - Pochi poemi sono riboccanti di affetti com'esso.
1297. Gli amici, scherzando chiamavano Tomaso Grossi, Tonaso Grosso.
1300. Health five fathom deep (Shakespeare parlando di brindisi) - mine eyes smell onions - Shakespeare come
Dante è sparso di stranissime frasi, ma che pure, a suo luogo, fanno il più artistico irresistibile effetto -
1301. Shakespeare è ordinariamente sublime. - Lady Macbeth che ha ucciso il sonno ecc. Vedi p. es. i seguenti
passi. Sorw. Ah couldst thou fly! - War. Why, then, I would not fly. - Ric. Why, uncle, thou hast many years to live…
Gaunt. But not a minute, king, that thou canst give. - Gl. But shall I live to hope? - An. All men, I hope, live so ecc.
1312. We (donne) should be woo'd and were not made to woo (id.) - And I will kill thee - and love thee after
(id.) - I would my father looked but with my eyes - o hell! To choose love by another eye! (id.). Nella Midsummer night,
nota filosofica di far Titania innamorare di Bottom, quando la testa di costui diventa asinina.
1313. Shakspeare è un poeta senza fine - In lui si trovano infinite ispirazioni, immensurabili magazzini di
materia rude. Nessuno seppe meglio amare e odiare di lui. È uno specchio dove il mondo si riflette ingigantito. Le sue
tragedie, simboliche - nessun corritoio - nessuna inutilità. Non c'è Re, non c'è plebeo che abbia meglio parlato di
Shakspeare. Egli diede la parola ad affetti che prima di lui parevano inesprimibili. I suoi pensieri non si sentono solo -
ma si vedono sempre. - Citarne esempi, è come dire citarlo tutto. Ogni pensiero in Sh. è completo.
1314. marsh, marais - marsc (milanese) putrido - CF. l'an latino all'an inglese. - Worm in Shaksp. per serpente.
CF. Dante, il gran vermo.
1315. Dicesi età dell'oro quella in cui oro non c'era.
1317. Si potrebbe fare un libro dal tema “i grandi sconosciuti”, dove si rivendicherebbero alla luce i nomi di
Cardano, Rovani e di cento altri e si tratterebbe nel tempo stesso delle fame usurpate, delle colpevoli dimenticanze, della
doppia canaglia, la dotta e l'indotta, che adora gli idoli che trova senza domandare le prove della lor deità ecc. ecc. Per
la Gloria informi Leopardi.
1324. stubble, stoppia - tatter, guenille CF. tatter (milan.) - postern, potèrne, postierla (pusterla, mil.), postes
(lat., porta esterna) - ramp (ingl.) ragazza vagabonda CF. Veneto Carampana, vecchia puttana - bark, scorza, barca,
piccola nave, dall'essere le prime navi fatte di scorza d'albero - Prester John (Sh.), Pretejanni (Dante), Preterkan. -
1325. a good nose is required also, to smell out work for the other sense (Shakespear). V. 1304. CF. il naso
latino nel senso di gusto artistico.
1334. We made the night light with drinking (id.) - CF. frase milanese pizzà o smorzà di lampeditt a l'ostaria.
1339. Trojan in gergo inglese significa ladro. Sarebbe forse un lontano eco della venuta di Enea in Italia? -
settimana, sette mattine, semaine, in ingl. sennight, sette notti - rut a caper, trinciar una capriola - si trova in Shakespear;
quindi M.
lle
Le Febre ha poco merito nell'invenzione della parola capriole (V. 1126).
1340. The prisoners in the time of Shakspear (dice una nota al sommo poeta) begged of passengers for the
Lord's sake - CF. prigioni milanesi descritte da Carlo Maria Maggi nel “falso filosofo”, comedia milanese.
1341. Origine delle chiappe (mezzi uovi) che si mangiano a Pasqua. Cristo fugge dal sepolcro. I giudei si
mettono a gridare: ciappa ciappa (in mil.) - In ingl. chap, significa fessura, fesse (francese) - ciapp (milanese).
1342. The antick, delle antiche farse inglesi, corrispondeva al nostro Arlecchino “blacked face and a patch-
work habit”.
1345. A Lugano chi cavava i denti era il boja.
1346. Pochi sono i maestri che nei loro discorsi, anche fuori di scuola, non usino ripetere due o tre volte le
stesse idee con diverse parole.
1347. Muore una bella ragazza. Il suo desolatissimo amante pensa di innalzarle un monumentino sul quale posi
un cestello di marmo ch'egli riempirà ogni giorno di nuovi fiori. Il tempo passa, e il giovine imagina di sostituire al
cestello un vaso con fiori interrati - Il tempo passa - ed egli fa scolpire il vaso coi fiori… di marmo. -
1348. Tale vanissimo letterato, passeggiando per la città, si vede adosso gli occhi di tutti, e lusingato, già gusta
il reddito della celebrità. Ma, a casa tornato, e volto un ammiratore sguardo allo specchio, si accorge che lo guardavano
tutti… per la sbottonata brachetta.
1349. C'è gente che ragiona così: per levarsi presto, bisogna levarsi di buon'ora - L'oppio fa dormire perchè ha
in sè una virtù dormitiva ecc. ecc.
1350. Una bella ragazza deve lasciare copie di sè.
1351. Buona mano - si dice quella stretta di mano in cui c'è dentro denaro. La mano della pura amicizia sarà la
cattiva. - mancia, cià-la-man (Qua la mano).
1354. Klopstock nel Messia attinse dalla poesia degli Evangeli - di cui alle volte è semplice traduttore. - Pare
più grande di quanto sia infatti. Ha poca varietà - e però finisce coll'annojare. - V. 1356.
1356. (V. 1354) Il Messia è la seconda parte del poema di Milton, che Milton si contentò di abbozzare.
Potrebbe chiamarsi il paradiso riaquistato. - Il poema inglese è peraltro a cento doppi migliore. - Le faccie degli angeli
di Klopstock sono bellissime, ma troppo eguali una all'altra. La continua indecisione, vaporosità di contorni, se giova a
volte - confonde per tutto un poema - e stanca. Ma forse è la mia anima di italiano che, plastica, non giunge a
comprendere la troppa idealità della poesia tedesca. - L'effetto generale del poema di Klopstock ricorda quello del
Paradiso di Dante: una illuminazione a traverso la nebbia. - Ma Dante ha saputo scolpire anche il carnale inferno -
donde Michelangelo trasse il suo genio.
1357. nächtliche Tiefe des todten Meers (Klops.) - Himmel und Erde, so dauchte es ihm, wollten - fliegen,
hinsinken, vergessen. CF. frasi consimili nell'Apocalissi. - Die Seelen schauerten Wonne - (Klopstock).
1360. Aber Satan, der seitwärts in einer verborgenen Höhle - alles was die Engel von ihren Jüngern erzählten -
hatte gehört… (Klopstock, Messia) - Questa - in arte - è una puerilità.
1361. Giulio Carcano, è di quelli infelici scrittori che sopravissero alle loro opere.
1362. Una volta un letterato scriveva quanto il cuore gli suggeriva con le parole che la materna lingua gli dava:
oggidì si combinano i pensieri e le parole - oggidì si cerca un colore sulla tavolozza del tale, un segno dallo scalpello del
talaltro, e si fa messe e fascio d'ogni altra letteratura, nuova od antica, e si innesta allegramente a dispetto della stagione
e del clima - e si tirano su fiori forzati di serra - ecc. ecc. Donde l'indefinibile malcontento in chi legge i libri del giorno.
1370. È comune a molti popoli l'idea della vecchiaia della Luna. Gli Arcadi erano detti Proseleni - In Mil. c'è la
frase vecc come la luna ecc.
1374. Importantissimo è il Fielding - nella Storia dell'Umorismo. Egli visse dal 1707-54, contemporaneo
all'altro umorista Hogarth - da cui tolse qualche tipo, come dice egli stesso nel Tom Jones. Fielding è molto scrittore e
poco pittore, come Hogarth è più che pittore, letterato. - Swift tratta l'umanità come tanta canaglia - Sterne fa il tenero,
ma è un falso tenerume - Fielding e Smollett ammettono qualche buon carattere, ma in generale vedono nero (V.
1375) - Il Tom Jones è una delle più fine analisi del cuore umano ch'io mi conosca - questo però solamente pei primi 8
libri - dopo la penna di Fielding par stanca di segnare le minime spinte delle azioni dei suoi personaggi, si fa affrettata,
scrive grosso - e il magnifico studio psicologico si risolve in una scipitissima favola. - Il Tom Jones ha punti di contatto
col Don Quixote, spec. allorquando compare in scena il Barbiere Pastridge, che in certo modo pei suoi rapporti con Tom
e le sue risposte, diventa un nuovo Sancho Panza. - Il Barbiere che parla latino s'assomiglia ad un altro barbiere che
figura, credo, nel Tristram Shandy di Sterne - La storia intercalata del Man of the Hill, miserissima, dovrebbe esser tolta
dal magnifico Tom Jones. - Così, stuona assai col carattere generoso di Tom, il suo pagare coi servizi notturni il pane
ch'egli riceve da Lady Belliston.
1375. Nota nel Tom Jones di Fielding la sconfortante opinione di non ammettere un cambiamento di carattere
in bene (Libro VIII, Cap. I) - Nota pure, quanto Fielding dice dei critici (L. V, pag. 170 - L. X, C[ap.] I - L. XI, C[ap.] I)
- e sulla coltura degli scrittori (L. XIV, Cap. I).
1377. Nella St. dell'Um. CF. l'Umorismo carnale di Cervantes con l'ideale del Richter - notando che in
Inghilterra l'umorismo è meno grafico che in Italia, ma più che in Germania. Informarsi dell'umorismo olandese - il
quale, benchè germanico, dovrebbe per la positività della commerciale nazione, essere tutt'altro che ideale, come ne
sono indizio le tele carnali di Rubens, e le casalinghe pitture della Scuola Olandese.
1379. Why, she doth not complain of anything - cries Western - and she hath had the small pox (Fielding's T.
Jones. L. VI, cap. II, pag. 230) CF. col… i varoeul i eva faa (di Porta, Marchionn - parte) - an eating fever, fever
mangina. -
1380. La natura ci la capacità ossia gli istrumenti: la scienza c'insegna la manualità ossia il modo di
servircene.
1381. I difetti in Dante, in Manzoni e altrettali, sono le macchie del Sole. A volerle studiare ci si perde la vista.
Uno studio curioso potrebbe essere quello - Le meraviglie nei difetti de' Sommi.
1382. Per capire che alcuni libri sono cattivi, si richiede un po' di fatica: codesto libro, se non altro, ce la
sparmia, presentandosi tosto per quello che è… - Da Prometeo che ebbe primo l'audacia di avere dell'ingegno… -
1384. fey, fi - myelòs, moelle, mollo - d'oún, dunque - buthòs, profondità, bus (milanese) - gnàthos, gola,
ganascie - aiboì, oibò - non, nòi, noi due - stéllo, stellen - platýs, liscio, piatt (mil.) - démo, fabbrico, domus - tétta, voce
fanc. per babbo, tata (in Romanesco), tetta, mammella e latte (in milanese) - paréchein ten psych'agoghìan, fa goghetta
(nella frase fà goghetta all'ostaria, milanese) - eufemìa, per silenzio, nota filosofia della pittorica parola.
1386. Dio non si può chiamare che l'Incomprensibile. Se fosse comprensibile non sarebbe più Dio, cioè il
creatore, ma una creazione nostra.
1393. Nel bozzetto sui dotti, poni colui che nel suo studio legge “spumante labello” le classiche oscenità.
1394. Fino ai dì nostri la filosofia tendeva a suddividersi in tanti sistemi, incarnando le cose spirituali. La Greca
ha difatto personificato i suoi Dei, le sue virtù, i suoi vizi. - Oggi invece il mondo filosofico tende a spiritualizzare tutto
e a unificarsi.
1395. Due pescatori pigliarono un giorno un grossissimo pesce, tanto grosso, che spaventati lo ricacciarono
colla rete nell'aqua, tenendovelo finchè ci affogasse -
1401. In un epitafio per un fanciullo si potrebbe dire “bottone tolto alla terra per fiorire in cielo” -
1403. la difesa era troppo buona per la causa. - a quel libro non mancava che il metro per essere un poema
lirico -
1406. Wisdom comes with lack of food (Coleridge) - CF. La bolletta la guzza el talent, di T. Grossi.
1407. La foltezza delle idee è spesso impedimento al discorso - …viso ottenebrato dalla folla dei pensieri…
1408. Dicono delitto uccidere un uomo e non dicono uccidere una formica. Eppure l'anima è una - Inalzatevi,
guardate l'uomo dall'alto, e vi parrà una formica. Che è dunque l'ucciderlo?
1412. Il cane è la bestia, che io, dopo la donna, preferisco.
1427. Il chiaro-di-luna della malinconia feconda i pensieri.
1428. Un pensiero non basta trovarlo bisogna meditarlo - (pensarlo cioè pesarlo).
1429. Scopo della satira sono i difetti e non i delitti, ai quali provvede il codice.
1430. Della poesia di Carducci, tutta frasoni, può dirsi scarpa grande a piè piccolo.
1431. Povero popolo di formiche affaccendato intorno a una cariosa ceppaja! Forse quell'uomo che spunta su
quel sentiero, tiene ne' suoi calzoni il vostro diluvio universale!
1437. Com'è delle forme di governo che tutte si valgono, e purchè bene amministrate tutte son buone, così dei
sistemi di morale, derivino questi dall'utilità o dalla giustizia assoluta. Basta che il loro effetto sia il bene, e la causa ne
va, non solo perdonata, ma lodata. Tanto la scuola utilitaria che quella della giustizia è piena di anime nobilissime.
1438. Chi racconta un'altrui nobile azione, gode delle lodi ad essa attribuite, come se fossero sue.
1447. Può essere soggetto letterario un carattere fisico che non lo sia per la Plastica. La Musica appaga il
cervello per le orecchie, la Plastica per li occhi, la Letteratura per lo stesso cervello.
1449. L'estetica non va di pari passo colla morale. In arte è più estetico un assassino di un ladro perchè la forza
o l'apparenza della forza (che noi diciamo virtù) ci aggredisce più che non la viltà. Poi noi pensiamo meno al fatto che
alle sue orrende conseguenze: l'assassinato ci si presenta alla vista: sentiamo che se la proprietà delle cose è
impugnabile, quella della vita, non è… In una parola l'Orrore toglie la Viltà.
1452. carceri di studio (scuole) - libero come il firmamento - nebelgebirge -
1470. I grandi ingegni hanno tutti un fondo scettico, ma per arte o sapienza fanno e scrivono il bene -: il che
vale assai più di chi lo faccia inscientemente per pura inerzia di Natura.
1471. Giunio Bazzoni, d'ingegno fortissimo, non ebbe tempo di manifestarsi. - Raccolse alcune delle sue poesie
in un opuscoletto (che si trova alla Bibl. di Brera) stampato sotto il titolo “Nelle fauste e salutate nozze del benemerito
cittadino - medico - Giovanni Polli - con Rosa Bazzoni - l'autore agli sposi d. d.” (Tip. Molina) - Altri suoi versi stanno
in una prefazione alla Biblioteca di Apollodoro (Raccolte degli storici greci tradotti) - altra [poesia] (alla sua cavalla) si
trova in una collezione, senza nome né data, di poesie di patrio argomento. -
1473. Altri passi notabili in Giunio Bazzoni - Riego ei pur, l'amor d'Iberia; - il diletto dalle genti - sulla forca
alto lo appesero - come ladro, ai quattro venti - Torreggiò per tanta vittima - l'apparato del Terror - …Del mar sonoro,
come la spuma - come di cigno candida piuma - ecco veloce, bianco, leggero - torna il cavallo col cavaliero (Bazzoni).
Ricorda i famosi versi del cavallo d'Omero - in riva al lido. Assai bella l'ode intitolata Sant'Elena dello stesso.
1474. De Amicis, Verga, Bersezio, Farina e simili non sono autori (cioè, nulla aggiungono al patrimonio
letterario del nostro paese) ma semplici scrittori.
1477. In ogni cosa, a me fu sempre più facile l'astenermi che il moderarmi.
1478. Del monumento di Grandi al deputato Billia, si disse che la più bella azione di Billia fu il monumento di
Grandi.
1492. Maggi, poeta milanese, può aver tolto da Bernardino Giambullari quel suo intermezzo di Baltramina
sulla moda.
1495. Per quanto cattiva la satira dell'Aretino è a mio parere molto migliore di quella del Berni. -
1497. Aretino, inviando al duca di Mantova la sua “Puttana errante” gli scriveva: “non aspettate veder la
lindezza - dell'andar petrarchevole a sollazzo - ch'a ricamar fiori e viole è avvezza: - Io dico pane al pane e cazzo al
cazzo - Ed abbi chi l'ha a schifo pazienza; - che Dio non pone legge a un cervel pazzo” (Aretino).
1503. Buona la satira di Pietro Nelli sanese. - Tiene a volte la forza di quelle di Salvator Rosa.
1505. Ma il vedevi or ch'esser dovea all'y - ancora all'a (Nelli) - il padron grande (id., parlando di Dio) -
vecchia grinzosa - vuoi non vuoi - il fuoco penace - luteranarsi - calda del suo marito - impanzanare - brodo di vitriolo
(Nelli - p. d[ire] inchiostro).
1515. Il Don Quixote è un libro ridondante di vero umorismo. Si vede già lo scrittore umorista dai titoli dei
capitoli. V. per passi umorist. spec. Parte 2ª, Cap. 32 (pag. 109-115 mia edizione) - P. C. 33 (pag. 135) - P. C. 34
(p. 145) - Bellissimo il finale del Cap. 41 P. - Um. P. cap. 43, dopo letto il 42, nei consigli di D. Chisciotte - Um.
P. Cap. 74 (a pag. 296). È a notarsi come in tutto il libro si vede il bavaglio posto dalla tirannia regia e sacerdotale
spagnola all'autore: l'umorismo non potea che celatamente prosperare in Ispagna. - Trovo poi molti punti di contatto fra
il D. Chisciotte e altri celebri romanzi posteriori. P. es. Manzoni può aver tolto da lui la malizia di porre in bocca ad
altro autore ciò ch'egli vorrebbe e non osa dire. L'anonimo del manoscritto rifatto dal nostro Alessandro, è il Cid Hamete
Benengeli di Cervantes… Così il discorso di D. Chisciotte sul caso di offesa di un particolare ad una comunità ricorda i
propositi tenuti alla tavola di D. Rodrigo in Manzoni - Parimenti la maniera di dialogare fra lo Zio Tobia e Trim nel
Tristram Shandy di Sterne fu tolta di peso da quella fra D. Chisciotte e Sancio - Si può dire anzi che il carattere di Trim
è stereotipato dal carattere di Sancho. V. spec. Parte II cap. VII del D. Quixote, Dialogo fra D. Chisciotte e Sancio.
Conf. anche (Tom Jones di Fielding) il caratt. di Partridge con quello di Sancho. - Notabile il passo (P. I, Cap. XXIX)
dove Sancho fa i suoi conti sul regno di Micomicon. Umoristicissimo il cominciamento del Cap. 27 parte II, dove Cid
Hamete dice juro como catholico cristiano ecc. - Magnifico è il cap. 26 p. che comincia “Callaron todos Tirios y
Troyanos… quiero decir pendientes” ecc. nel quale D. Chisciotte manda all'aria il teatrino delle marionette - poi si
stimano i re rovinati da D. Chisciotte ecc. - Per citazioni di bei pensieri e frasi vedi qui sotto.
1525. Cercar Maria per Ravenna. V. frase spagnola - buscar a Marica por Ravena. cercare il mare a Ravenna
- hado (spag.) destino. CF. voc. greco per indicare gli inferi - mapalia (spag. e lat.) - tapaboca, colpo sulla bocca per
costringere al silenzio.
1526. Mio zio, vedendo sulla carrozza di un famigerato mercante di schiavi, che fatta fortuna in Egitto, era
venuto a rovinarsi a Milano - un piccolo servo moro, disse “l'è on fond de negozi” -
1527. La S.
ra
Tallachini, grassona, va ad una festa con 6 fanciulle. Escono dalla carrozza. Gavazzi alla portiera
le conta dicendo - una, due, tre, quattro, cinque, sei… (quì appare per ultima la Tallachini) e sei, dodici.
1532. L'Aretino, il prototipo dei giornalisti. Egli nel secolo XVI rappresentava la Stampa, di quì la sua potenza.
- Nella casa dell'Aretino, pochissimi i libri: ei si burlava dei libri, dei pedanti e delle scienze. - Chi aprì la via all'Aretino
fu la sua impudenza - Beffardo sfrenato e cinico formidabile, Aretino scriveva i ragionamenti osceni e poi traduceva
salmi penitenziali - Aretino, mendicante in grande - All'Aretino nulla importava della gloria postuma; voleva la
contemporanea, e la ottenne. Ma che è mai la gloria contemporanea? mille voci che si innalzano da una Babele confusa -
calunnia, maldicenza, scandalo, invidia, mormorii: dopo la morte svanisce, e non lascia al par delle fiaccole che si
spengono, se non un ingrato ed acre leppo - L'Aretino è il buontempone per eccellenza: non è malvagio, ma si fa tale,
per viver meglio. - Appartiene all'Umorismo anche per la sua profonda conoscenza dell'anima umana che mostrò più
nella vita che negli scritti - (in parte dallo Chasles vita dell'Aretino).
1557. L'Aretino è sparso di barocchismi - p. es. egli che non si saria fidato della fidatissima fidanza della Fede -
voi, ricchezza della generosità, generosità della ricchezza - isplendore della splendida splendidezza - voi dite il vero
della Verità e la verità del vero - Che miscuglio di mescolanza! - Uno da Cortona che in su il liuto cantava con dotta
natura, che ne stupiva talmente l'Arte che gli correva dietro a orecchie spalancate. -
1570. Es. di umorismo ne trovi nello Spaccio della bestia trionfante di Giordano Bruno, quando Mercurio
conta a Sofia (?) tutte le incombenze che Giove gli ha dato. “A Licurgo quando si pettina caschino 17 capelli - 13 se li
rompano e di que' 13 rinaschino in spazio di 3 giorni e li 17 non rivengano più” ecc. ecc. - È però imitazione dal “Bis
accusatus” di Luciano.
1587. Chi molto dice - pensa poco.
1588. A me piaciono i libri gravidi di pensieri, perchè dal leggerli passo insensibilmente a pensare per conto
mio. Li paragonerei ai succialatte che avviano i capezzoli restii.
1589. il meditare da solo è onanismo - il pensare con altri (conversare) è coito.
1590. A costituire l'umorismo che è a un tempo satira e insegnamento, l'apparente giulleria deve basare su un
fondo della più incrollabile e severa verità. - Il poeta umorista è ai popoli, ciò che i fous erano una volta ai re - il dicitore
della verità. - Piglia la veste di pazzo per poter dire cose saggie. V. per la St. Um. Orazio, spec. nella descriz. del suo
viaggio.
1591. La rima a Giusti era suggeritrice d'idee.
1595. In un paese libero dove l'esercito è creato per la difesa del territorio, non per l'oppressione del popolo,
l'armata è una vera scuola di educazione nazionale. Il vero ministro dell'Istruzione Publica è il Ministro della Guerra. -
Così dice Boccardo, e questo cerca di provare dramaticamente il De Amicis. - Ma la realtà è pur troppo diversa. Il
soldato che torna al villaggio natio, vi porta l'ozio e il resto dei vizi della città, senza le virtù.
1604. Tutti gli uomini sono corruttibili: è questione di somme.
1605. Opinione di Pisanelli contro l'Adozione. - È un avanzo di barbarie - Meno immorale che con noi, era col
codice austriaco quando si potevano adottar bambini e però amarli come figli veri (poichè la voce del sangue è falsa:
non c'è che amore di uso e di simpatia) ma anche l'adozione faceva talvolta che l'adottato giunto all'età maggiore si
sentisse offeso nella propria dignità vedendo il padre vero, povero, villano ecc. mentr'egli era ricco e signore. Col codice
italiano poi è immoralissima, poic la legge non permettendola che su giovani di 18 anni (affinchè possano dare un
avveduto consenso) espone questi al brutto bivio tra le ricchezze da una parte, e dall'altra la vera famiglia che spesso li
amò riamata. La legge non deve mai invitare al peccato.
1609. l'estetico latrocinio di Napoleone - Apollo di Delfo sobillato da Apollo Romano - Diluviano gli
epigrammi e le lodi che dei Romani hanno scritto i Romani - (Negri). V. in seguito per Negri. Parlando di Negri e di
Rovani, si potrebbero fra loro paragonare. -
1610. Due sono le grandi gioie nella vita d'amore di un uomo: la prima, quando per la prima volta può dire
“amo” - l'altra ancora più grande, quando può dire “sono amato”.
1611. I precetti dell'arte sono più negativi che positivi, potendosi accostare meglio le vie per cui l'arte fallisce la
meta, che non quelle innumerevoli per cui la si può giungere (Sailer). Giusta mi pare l'idea di Sailer (Saggio di un
trattatello scolastico intorno all'arte del dire) che ogni arte si compone di poesia (l'imagine del bello) - di tec-
energia (esecuzione) - Erra però l'autore nel distinguere le arti in belle e in utili, quasichè le belle non fossero utili - e
questo lo comprende anche l'Autore, e, benchè a mezza bocca, cerca di correggersi nel § 5.
1612. l'istoria è filosofia per esempi (Tucidide) - Dice Tucidide della sua storia, che è un monumento perpetuo
piuttosto che un momentaneo solleticamento di orecchie. - Ma quanto è sciocco quel perpetuo! a chi studia geologia.
1616. Pochi sanno leggere bene dentro di loro, pochissimi a voce alta. Per quanti accenti metti sulle parole tue -
c'è un accento che vale più di tutti e non si può segnare, l'accento dell'affetto.
1617. Vi ha chi scrive di bello stile, in istile pessimo - Vi ha chi insegna di bello stile - cosa che imparare non si
può, ma solo indovinare.
1621. L'arte è l'unione della parte teorica con la pratica - L'arte dello scrittore è ponere totum; del critico,
considerare l'assieme (Dionigi). Nel particolare si deve far sempre sentire l'universale. - Manzoni è sommo in
quest'arte. - Molti sciocchi credono che basti a formare un bravo scrittore, il saper scrivere “li uomini”, “gastigare” ecc.
1622. La semplicità stessa rado è che non sia artificiosa. Talvolta è il sommo dell'arte (Dionigi). - Colla scienza
si arriva alla primitiva semplicità - La difficile facilità di Manzoni e Rovani - Si ha da persuadere più con la scelta che
non con la copia (Tommaseo).
1623. Nel giudicare un autore bisogna aver sempre riguardo al mezzo in cui visse - età, condizione, patria.
1625. Date in mano ad uomo che non ha stile il pbel soggetto del mondo: non ne farà nulla (id.?) - L'ordine
naturale dei vocaboli è determinato dall'importanza delle idee. -
1629. Panizzi parlando di Berni dice: l'aria di innocenza e d'ingenuità con che fa osservazioni piene di
accorgimento e di conoscenza del mondo: la peculiare bonarietà con che sembra risguardare con indulgenza e allo stesso
tempo con istomaco gli errori e le malvagità umane; la sottile ironia ch'egli adopera con tanta apparenza di semplicie
d'avversione all'acerbezza… - Se Panizzi parlasse di Manzoni e non di Berni, direbbe giusto. Berni, a chi ben guarda,
non ha nulla di quanto il Panizzi con la sua critica artificiale crede trovare.
1640. frivol dans le fond et gigantesque dans le style (Montesquieu) - è per me, S. Agostino; e qualche volta
Carducci.
1646. L'imitazione non può mai essere l'elemento del sublime, mancando all'imitazione il carattere essenziale
del sublime, la novità. Si può, è vero, da una espressione d'altrui, trarre ad altro proposito una espressione propria
sublime, ma questa, ognun vede, non è imitazione - Frase sublime è frase assiomatica: è prova in - Deve fare
un'impressione totale, intera, indivisa - L'autore con essa trova all'idea quel punto centrico in cui si raccolgono le
impressioni sul nostro intelletto. (Tommaseo) V. 1648 - Può esser sublime non solo il dire, ma il non dire.
1647. Que de choses paraîtraient incontestables en théorie, si le génie n'avait su démontrer le contraire par des
faits! - Nascono continuamente i fatti a confusione delle teorie.
1648. Vedi 1646. Fonte del sublime il sentimento, che trasvolando una lunghissima catena di raziocini senza
toccarla, li scerne come in un lampo rattissimo di rivelazioni: li crea, a così dire, per medesimo; e passa. Il
sentimento, in questo senso, è il profeta della Scienza: la compendia, la unifica, la anima. La coltura accresce, è vero, il
numero delle idee, ma le sparte in categorie, le distacca, le tronca… ecc. (Tommaseo) - Le sublime peint la verité toute
entière dans sa cause et dans son effet (Jancourt) - Le sublime est l'expression ou l'image la plus digne de la verité (La
Bruyère) - Lo stile è sublime quando l'idea principale sia tale che domini tutte le altre vicine, e che, non le necessarie
facciano spiccare la principale e la seguano, la rischiarino, la rinforzino nella mente, ma essa invece suggerisca le
accessorie, anzi piuttosto le involva nel suo proprio concetto (Beccaria) - Se tutte le idee che si racchiudono nella
sublimità del concetto, si volessero esprimere dallo scrittore, la sublimità sarebbe perduta perchè molteplicità delle
parole prolunga il tempo dell'espressione ed una impressione prolungata è una impressione necessariamente divisa in
molte impressioni; non è dunque più un'impressione grandissima e subitanea, non è un colpo di luce che balena ecc.
(Tommaseo?) - Col sublime ci troviamo di volo trasportati in un mondo a noi superiore. - Il poeta non è tanto sublime
per quello che mostra, quanto per quello che non potrebbe mostrare, ma che dee far sentire - Es. di sublime Seneca,
dove Medea dice: quid superest? Medea superest.
1654. Nelle cose confuse l'ingegno si desta a nuove invenzioni (Vinci). Dal sogno dell'alchimia naque la realtà
della chimica.
1658. Dispareri tra la critica degli artisti e dei letterati. Sono p. es. statue che al dire dei puri critici d'arte sono
sublimi, come il Laocoonte e l'Apollo di Belvedere - mentre, secondo gli artisti pratici, non possono chiamarsi che cose
imperfette. - Winkelmann voleva contorni maschi e decisi, perfino un po' duri!
1659. L'entusiasmo artistico è un razionale delirio.
1660. loco (spag.), pazzo = lôcch, mil. intontito - no me riña Usted mas (spag.) -règnela minga, mil. - querer,
spag. amare e volere (ant. ital. cherere) - rociada, sp. = rosciada (pioggia grande) - bottega da apothéka - engatar, sp. =
ingattià (attraper) - azienda, it. da hacienda, sp. facenda - kyne (nome del cane di Tobia) chino spag., chien, kynòs -
despierto, sp. (svegliato) aspèrt, mil. - badea, sp. melone d'aqua insipida = badee, mil. stolto - chenada, sp. = cinada
(sciocchezza) - catabul, sp. scuderia = catabuj, mil. rumore - cholla, sp. sommità della testa, giudizio, spirito = ciolla,
mil. in (set ona gran), il contrario.
1668. le donne nè adorarle nè oltraggiarle - stimarle.
1671. Manzoni, libro universale: tutti vi possono imparare, dalla portinaia all'astronomo. Io lessi Manzoni tre
volte - mi diceva tale - a diversissime epoche e sempre ne fui ammirato poichè da fanciullo ci scorsi il sorgere e il
tramontare del sole, la tempesta e il sereno - il racconto - da giovane, l'amore, la smania per le riforme, la rivoluzione -
da vecchio infine, la pace della famiglia, la rassegnazione - la vanità del tutto. - Eppoi c'è gente che osa scrivere che
Manzoni non presenta grandi caratteri. Non ne presenta? e Federico Borromeo, e fra Cristoforo, e i personaggi delle sue
tragedie - e Napoleone - cosa sono?… e il popolo che è il più gran carattere di tutti? Ma pure, dimentichiamoli.
Manzoni, ne' suoi libri, presenta lui stesso. Sfido voi a trovarmi un più grande carattere! -
1672. Chi vanta scioccamente Guerrazzi su Rovani e Manzoni, insiste sulli scopi politici del Livornese. Anche
le gazzette hanno scopi politici. Ma questi scopi non sono che transitori, mentre non sussistono che gli umanitari, e
Manzoni ha appunto tali ultimi scopi, che sono in fin dei conti l'amore e il perdono. E del resto ci vuol un bel fegato a
negare lo scopo anche nazionale di Manzoni. Che è la storia dell'oppressione spagnuola che tu leggi ne' Promessi Sposi
se non la viva pittura dell'austriaca? Nè Manzoni è, come altri dice - un quietista. Basta leggere i cori. Manzoni predica
anche lui, ciascuno a casa propria, ma predica insieme l'universale fraternità. Lo muove meno l'odio per gli stranieri,
quanto l'amore per gli uomini. Per quanto italiano egli non può dimenticare che sotto l'assisa dell'oppressore batte un
cuore di altro uomo. - Sì, Guerrazzi giovò - ma come giovano gli articoli delle gazzette: Manzoni invece come i libri di
Storia. - Non parliamo poi dello stile. Che mi diventa lo sproloquio guerrazziano a fronte la manzoniana sobrietà?…
Guerrazzi scrisse libri (e troppi), Manzoni li meditò. - Guerrazzi, come Verdi, non seppe mai ridere! Manzoni, come
Rossini e Shakspeare, rise e pianse in modo insuperabile.
1673. Dell'umorismo nella scienza - specialmente nei medici - dei quali molti furono scrittori letterari, e taluni
egregi scrittori, quali il Redi, il Garth, il Raiberti, il Bellini, il Mantegazza, ecc.
1674. Pare che la lue venerea sia stata importata a Roma dalla Siria da Lucio Vero fratello di M. Aurelio
Antonino. - Dall'oriente il Sole e la Peste.
1675. Qual'è la miglior lingua? - Leggo Shakspeare, e dico, è l'inglese - leggo Virgilio e dico “è il latino” -
leggo Dante e dico è l'Italiano - leggo Richter, e dico, è il tedesco - leggo Porta, e dico è il milanese. -
1676. Carducci ha ne' suoi versi molte tirate, a uso latino, contro i tiranni - Sono pensate, son scritte
egregiamente, eppure non fanno caldo freddo. Perchè? perchè di tiranni - almeno in Italia, non ce ne son più. -
(Ma, scusate, erravo. C'è, è vero, un nuovo tiranno - il popolo - senonchè a questo l'amico Carducci adula).
1677. L'amore per le domestiche glorie, che oggi si combatte col dire che ogni uomo deve esser famiglia a
stesso, dovrebbe invece eccitarsi in ogni maniera, come l'eccitarono i nostri vecchi con stemmi, titoli od altri innocenti
privilegi, perchè può essere sprone a nuove glorie - gli è come l'amore alla vecchia ditta nei mercanti, che li impuntiglia
a mantenersi onesti.
1678. Se un orologio solo va perfettamente e tutti gli altri vanno sbagliati, il padrone di quell'orologio, perchè
se ne possa servire dovrà metterlo tosto sull'ora sbagliata degli altri. E così è della intellettuale opinione. Quell'uno che
pensa giusto in mezzo a un popolo che pensa errato - gli è come se pensasse molto peggio di loro. La verità è
essenzialmente relativa. - Where ignorance is bliss, 't is folly to be wise -
1679. Dei ritorni letterari agli stili antichissimi nelle epoche di decadenza, in cui gli autori non creano più ma
combinano i libri. - Oggidì (1870-1875 ecc.) siamo noi neolatini in uno di questi periodi - Così al tempo di Adriano (Ab
U.C. x) era nata, iniziata dallo stesso principe, una smania d'imitazione degli antichissimi scrittori Romani, per opera di
Anniano Falisco, Apulejo, Giulio Paolo ecc., unde nonnulli (dice il Müller) Plauti Terentique senarios jambicos et
trochaicos septenarios propriis carminibus restauravere. Sed plures multo Laevi Varronisque et aequalium ecc., ecc.
1680. I bibliofili possessori di biblioteche di cui non volgono una pagina, si possono paragonare agli “eunuchi
in un harem”.
1681. Quando stavo per nascere, trovai due mucchietti, uno di bellezza intellettuale e l'altro di bellezza
corporale. E Giunone Lucina mi disse “scegli”. Scelsi il primo quindi, toccò tutto il secondo a mio fratello minore,
Guido.
1682. L'uomo veramente retto è colui che non inganna nessuno e non si lascia da alcuno ingannare.
1683. Nella “Sposa Francesca” del Lemene (contemporaneo al nostro Maggi) scritta mezza in italiano e mezza
in lodigiano si trovano molti bei punti per descrizioni - e osservazioni. - Per es. le scene X, XI, e XII dell'atto dove
Cecco si marita per una polenta - dopo di essersi voluto appiccare - “se ne m'impicchi, ho da morì - donca m'impicarò”.
- Per es. Signor Giulio: ciò non voglio - g in pegno è l'onor mio. - Sposa Francesca. L'attend promesse na l'è pu
all'usanza: - e po na l'è Bassan gran cavalier - che na se pusse mudass de parer - (quando conta le sue abilità) Ma tutt el
me desgust - L'è quand ho da fa cunt con dané intregh[i] - nè cognossi sesen, se ben ne i freghi - Se trattarà de perle e de
diamant[i] - come se i fussen siseri e fasuj. - E ghe'n vorrà ben tanti - che i saraven assè - de na gran menestra de
bragò - anca col pugnatton dei presonè. - Tutti i disegni a me van in polta - e tutt a on tratt me van i gnocch in fondo -
(parlando di donna povera che si vuol dare in moglie) Che la te serva, con sto svari - che la te servirà senza salari -
Bûgna pur comenzà chi vuol fenì.
1684. E a malastant a l'ha quattat el cûl (Lemene) CF. Porta, in La Messa Noeuva el sedes di tosann Ch'el
porten a bottega - Quattaa giò ammalastant con la camisa.
1686. Importanza di W. Hogarth (n. 1698) nella St. del1'Umorismo (V. 1269 e seg.). I suoi quadri hanno un
maggior valore nella letteratura che non nella pittura. Essi sono altrettanti romanzetti - e romanzetti domestici, tant'è
vero, che quando tenta il così detto gran soggetto, lo storico, come colla Piscina probatica e il buon Samaritano, il
comico ci salta sempre in mezzo.
1687. Alberto Durer disegnava tutto matematicamente: il suo pennello era infitto a un compasso. - La manière
fanfaronne de Rubens.
1688. Hogarth vuol provare nella sua “Analysis” che la linea serpentina è la vera linea della bellezza, e che le
forme ondeggianti sono quelle che più piacciono all'occhio.
1689. Il non-dir-tutto, come le vesti alle persone, mantiene nelle opere d'arte la curiosità - da cui il piacere. Le
visage (segue Hogarth, Analysis, nella traduz. francese) à la verité, est toujours découvert: cependant il n'en donne pas
même constamment l'éveil à notre curiosité, sans qu'on ait besoin pour cela de voile ni de masque: ce qu'il faut attribuer
à la mobilité de ses traits et à la variété de ses expressions. Le plus beau visage qui n'exprime rien ne tarde à nous
paraître insipide. Le reste du corps, qui n'a pas cet avantage, nous rendrait bientôt indifférent, même à ses beautés, si
nous l'avions sans cesse sur nos sens qu'une statue. Mais lorsque le tout est couvert et orné avec art, l'oeil cherche
avidemment à satisfaire sa curiosité, en tâchant de découvrir les beautés cachées.
1691. l'art de bien composer est celui de varier avec gout (id. - l'uno nel vario, di Dionigi Alic. e di
Tommaseo). Le necessarie pause nei lavori d'arte - poichè anche in pittura e scultura si possono fare lavori senza
punti nè virgole.
1692. La sicurezza di stile, è la piena espressione del concetto. - Non ondeggiamenti, non passi inutili per
afferrare l'idea. - Lo scrittore mette sicuro sulla carta il pensiero già meditato, non lo cerca scrivendo. -
1693. Il mio “Altrieri” è il romanzo del bimbo - l'“Alberto Pisani” il romanzo dell'adolescente - I “Ritratti
umani” - quello del giovane. Manca ancor l'uomo ed il vecchio.
1694. Ecco l'origine dell'uso di esporre le scarpe sulle finestre, la sera dell'Epifania, uso tradizionale nei bimbi.
È certo che i signori Re magi, per venire da noi, hanno fatto un lunghissimo viaggio - e i viaggi sciupano le scarpe -
quindi, è pur certo, che la migliore offerta che noi possiamo far loro, allorchè passano da casa nostra, sia quella,… delle
scarpe. Essi poi gentilmente contracambiano l'offerta con qualche loro mercanzietta, dolci, giochi ecc…. e di ciò i bimbi
li ringraziano cordialmente.
1695. Italia 1874. - Le leggi, anche le meno ingiuste, sono sempre per stesse gravi - Ora, il regolamento in
Italia le rende ancora più gravi. Così le tasse, anche le più scusabili, sono per stesse invise. Ora l'esazione le rende
invise ancor più. - Che dire poi degli arbitri di polizia, provocati e salvati dal cosidetto potere discrezionale? Vedi le
faccie, di chi è posto a tutela del publico ordine? La mano ci si porta spontaneamente ad assicurarci se ancor
possediamo il borsello. - Ma se dai ladri e dagli assassini ci possiamo difendere, chi mai ne salva, da questi - ladri pure e
assassini - con privilegio governativo e licenza dell'autorità?
1696. Una volta si favorivano i letterati e non gli studi - oggi gli studi e non i letterati. Era assai meglio il
sistema antico. Per lui la lusinga del premio - pel nostro, la sola della fatica. Tempo fa il genio sconosciuto, nella soffitta
gelata, dimenticava la sua miseria nella fata morgana della ricchezza avvenire, e mangiava scienza, unghie e gloria
ventura: oggidì al di là della presente fatica, non vede che sprezzo, fame e un letto all'ospedale. - Fortuna che il vero
genio adempie al suo ufficio, nè pei premi dell'oggi nè per quei del domani, ma per una psicologica necessità. -
1697. Tempi in cui non si sa più dove batta un cuore gentile! in cui dubiti di chi ti sta al braccio. O solitudine
delle campagne come ti bramo! - oh libri… amatissimi libri! dimentico le birberie del mondo reale nell'oceano della loro
artistica onestà.
1698. Alla bassa. Alla una il suono della barloca (specie di tamburo) desta i famej (famigli, fàmuli) che
mungono il latte - Alle due, si levano i bolch (bubulci) che cambiano il letto alle bestie munte - poi tanto i famigli, che i
bifolchi tornano a dormire. - Alle 3 infine, i cavallanti, che nettano i cavalli. - Il pilaroeu (pilatore) non esce dalla pila
che alle 12 di notte.
1699. Motti brighelleschi di Atanasio Zannoni. - 1) No so come magnar. Me farò cavar i denti per far dei dadi
da zogar all'oca per i ragazzi. - 2) Ah signor! ghe domando pardon: ecco che me prostro a suoi quattro piedi. - 3)
Nessuno vuol comprar i libri ch'el compone, perchè ghè pena la galera, comprar roba robada. - 4) I osti va a casa del
Diavolo, no per terra, ma per aqua. - 5) Siora la se guarda dei cani perchè i è soliti a rosegar i ossi. - 6) Te amazzarò, si
te gavessi più vite de quelle de Plutarco. - 7) Le belle azioni son come le vivande. Anche le meggio, no le val niente se
le sa de fumo. - 8) Ai povaretti che domanda la limosina, tutti i ghe voltan le spalle. La miseria è stada la inventrice della
piroletta. - 9) Te buttarò tant'alto che ti gavarà più paura della fame che della cascada. - 10) adesso, così armado me son
guardà nello specchio e fazzo paura a mì stesso. - 11) la gha i occhi senza resoluzion, no se sa dove i se incamina. - 12)
La xe tanto avara che per risparmiar la candela, la notte la vol che porta el gato in brazzo perchè i occhi serva de
lanterna. - 13) Alle donne se ghe pol creder, quando le han partorido che le sian stade gravide, e quando le son morte
che le sian stade amalade - e sepolte che le sian, che no le tornan più a casa. - 14) (di un musico) l'è on zecchin che cala
grani. - 15) (di chi fa pegni) la roba de quel sior sa far mejo la strada del monte che quella della pianura. - 16) (a chi
diceva, mi fu dato un pugno nell'occhio) quello l'è el so logo e po' se sa che in tutte le cose l'occhio vuol la soa parte. -
1700. Il Cermenate falegname e il Cermenatino falegnamino: il primo sul banco con un capo della sega, l'altro
a piedi del banco con l'altro capo. E segano. Si assomigliano come due ovi - salvochè il secondo è rapporto al primo,
nella scala di cinque a uno. - Stesso profilo, stesso berretto a visiera, stessi occhiali verdi pel mal d'occhi, stesso gilet a
quadretti bianchi e celesti, maniche entrambi rimboccate ecc. E di qui a 15 anni al posto del Cermenate sarà il
Cermenatino, e al posto di questi un altro Cermenatinino. E così fino alla fine dei secoli.
1701. La smania della persecuzione. La persecuzione amorosa di certi ministra-rimedi, che uccidono colle loro
premure. “Oggi hai la lingua sporca, piglia la magnesia” - “Troppo accesi quegli occhi: ti metterò 12 sanguette”. - “Sei
un po' raffreddato, mi pare: stasera ti preparo un profumo” ecc. ecc.
1702. Il conte Pompeo Litta, dilettante pittore, che fa, come dice la S.
ra
Confalonieri, delle magnifiche cornici a'
suoi quadri, invita un giorno a pranzo Cesare Confalonieri - per dargli pane raffermo, cacio avanzato nelle trappole,
manzo buono a far scarpe - vino senz'uva, e quattro zaccherelle (mandorle spaccherelle) e 6 noci. Sulla porta intanto
della sala da pranzo leggevasi scritto a grandi caratteri. “E se talor la vita parti amara - Pensa a Bokara” (dove il Litta
col Meazza e il Gavazzi rimase un anno prigioniero del kan, molto kan) - E Confalonieri battendo sulla spalla del conte
Pompeo… Dovresti cambiar, sai, l'iscrizione - e metterci: e se amara talor parti la vita - Pensa al pranzo del Litta. -
1714. Platone, il filosofo-poeta - Platone, l'ultimo artista della filosofia: Aristotile, il primo scienziato.
1718. L'uomo d'ingegno riesce colla meditazione a quelle conclusioni cui altri talvolta arrivano colla
conversazione - cioè riesce all'unire le varie idee in una sola. A ciò gli altri hanno d'uopo di altri. Egli invece fa
conversazione colla sua testa, trova nella sua unità, le varietà. Gli altri traggono la unità dalle varietà. -
1719. Dossi, quando scrive, fa salti mortali sullo stesso posto.
1725. I Greci riponevano la grazia nell'ultima semplicità del concetto e dell'espressione (Tommaseo) - Gli
scrittori attici detti sicci da Cicerone, quasi ad esprimerne la sanità dello stile.
1726 a). stile floscio, aquoso - stile podagroso, gottoso - stile stracco - stile olioso - stile diluito - stile obeso -
tritume di stile. -
1728. Per conoscere l'indole di un popolo val più la lettura del dizionario della sua lingua, che non tutte le
storie. Per me, in generale preferisco la lettura di un vocabolario, a quella di un romanzo.
1729. È meglio, scrivendo un libro, usare del noi che dell'io, per la ragione che si dicono più cose degli altri
che nostre. L'osservazione è, credo, di Pascal.
1730. Tutti fuggono, perfino gli amici, da chi è colpito da una malattia contagiosa. Va dunque posta, fra le
contagiose, anche la bolletta.
1731. Alcune idee sincopate in aggettivi, si potrebbero rinnovare, riscomponendole in frasi. Per es. cieca
rabbia non fa più effetto perchè abusata. Dite rabbia senz'occhi - e rinfrescherete l'effetto.
1732. Pina Righetti fanciulla ignorantissima scriveva a suo marito Cletto Arrighi - [cose] nella loro semplicità
quasi sublimi per es. questa: “Mio Carlo” “Tua Pina”.
1733. Della gente che non sa perdere il tempo da sola… del danno che fanno gli oziosi a chi lavora …
1735. Tale ad una festa da ballo, non poteva avvicinarsi mai alla credenza, per trovarsi sempre dinanzi un
quidam che non ristava dal mangiarsi paste, sorbetti ecc… finchè, stanco, lo tira per la veste chiedendo “Di grazia l'è
invidaa lu?” invitato lei?) - Perchè? chiede questi volgendosi - “Che'l scusa” - riprende l'altro - “credeva ch'el fuss
inciodaa” (inchiodato).
1736. Arlecchino diceva allo spaccalegna: “senti, facciamo metà fatica per uno - tu segherai ed io ad ogni colpo
farò l'“aah!”.
1737. Contradizioni di carattere. Barbey uomo furiosissimo che strabuzza gli occhi al minimo accenno di
opposizione - è capace di stratagliare per i suoi bambini dalla carta i più minuti bastimenti, case, piante ecc.
1743. Una buona proposta sarebbe, secondo me, di vendere ¾ d'ogni pinacoteca agli stolti stranieri, e poi col
ricavo commettere nuove opere agli artisti paesani.
1745. Tra le definizioni dell'indefinibile arte - si contano: Platone, uno splendore - Aristotile, ordine di verità e
di grandezza - Pitagora, unità ridotta a varietà - Dante, armonia - Hegel, manifestazione sensibile dell'idea - Hugo,
l'elemento - Taine, astrazione figurata - S. Agostino, ordine divino naturato. - (in Guerzoni, Prolusione al C. Lett. It.
Padova).
1746. vispo come un cavallo che abbia mangiato biada.
1747. Nello scrivere l'ultima linea di ogni mio lavoro sento sempre un brivido di gioja. Mi pare di riaquistare la
libertà.
1748. disertore può chiamarsi il suicida.
1749. Dei generi dell'Umorismo, nell'inglese domina la vena sentimentale (Sterne) - nel francese, la scettica
(Rabelais) - nel tedesco, la vena della bizzaria (Richter) - mentre l'italiano conserva finora in tutto sobrietà - forse perchè
inceppato dalla tradizione classica.
1750. CF. la scena del Cap. Kempthorn nel Milord di Boston (Endicott, di Longfellow Act IV. S. I.) che parla ai
passanti - colla scena di Meneghino (nel falso filosofo di Maggi) che arringa pure i passeggieri dalla prigione pei
debitori in Via Borsinari a Milano.
1751. Sull'unire filosoficamente fatti storici avvenuti ad epoche fra loro distanti - Vedi Prologo dell'Endicott di
Longfellow - che può servire di scusa anche ai razionali anacronismi di Rovani nel Giulio Cesare.
1752. Le classiche frigidità di Sanazzaro e d'altri scrittori italiani in lingua latina o greca. Dice per es.
Sanazzaro nell'epigramma contro Picente medico, che annusava la seggetta “quod noctu latras, quod sellas olfacis unus -
da veniam, Picens, hoc canis est vitium - Sed quia tu Cynicus vis dici et Clinicus idem - esse idem poteris - Merdicus et
medicus” - Bello spirito!
1753. Dello stesso Sanazzaro vi ha il seguente epigramma, ch'è uno dei meno cattivi. Atramentum scriptorium.
- Ferrum putre situ spumanti fervet aceto, - mandet ut aeternis scripta voluminibus - Scilicet hoc illud, vatum volitare per
ora; - hoc est Pyramidas vincere, Nile, tuas - Infelix fatum; sanies rubiginis ergo - eripit inviso nomina nostra rogo? -
1754. R., col quale la moglie si lagnava che non le voleva più bene - dicevale: Su, fammi le corna; fuggi con
qualcheduno, chè forse ti correrò dietro - ucciderò il mio rivale - e ti amerò ancora. - E questa moglie diceva poi a me:
mi cunt quell'omm son stada mai sola - semper tre o quatter moros… Lu el me rivava a ca la matina ai quatter, tutta sang
la camisa, coi sciscioni per el corp… Che je faga pur… s'el po minga fan de men per scriv i romanz, ma ch'el faga
che mì i sappia no. Ringrazi però Dio che ghe voeui anmò ben.
1755. È l'ora dell'accensione del cosidetto rattin in Galleria nuova, che gira intorno alla cupola accen[den]done
la carozza dalle cento fanciulle… I forastieri seduti fuori del caffè Biffi nell'ottagono, alzano il capo maravigliati ed
attenti. I birichini intanto bevono i loro bicchieretti, o sottraggono loro pel manico le cotolette ecc. Sorpresa dei
forastieri nell'abbassare la testa.
1756. Il monumento al Vinci eretto in piazza della Scala dal Magni è infelicissima cosa - Le quattro figure
degli allievi pajono quattro marionette. Stanno lì, con le mani pendenti - come mani di piombo. - Rovani definì il
monumento “un litter in quatter”.
1757. L'avv. e il lettore Traversi, due sagome, voglion andare al veglione in domino. La Bianca Bignami
attacca loro dietro le spalle due cartellini: uno dice “il lettore Traversi” - l'altro “l'avvocato Traversi” - I due poveri
diavoli, conosciuti da tutti - tornano a casa confusi.
1758. I progressi della scienza si devono allo scetticismo. La scienza dell'oggidì basa tutta su lui - e però, anche
la letteratura per essere contemporanea deve corrispondere alla scienza e quindi essere scettica, che è quanto dire
umorista.
1759. Umorista, secondo i vocabolari, significa persona incostante e fantastica - Il terribile umorismo di
Macchiavelli nel Principe e di Holbein nella Danza dei morti. - Traccie di umorismo in Plauto e Menandro.
1760. Oh quante volte l'allegorica benda tornerebbe assai meglio ad Amore attraverso la bocca… se a ciò non
provvedessero i baci!…
1761. Fra gli aggettivi che sono metafore, ma che pel troppo uso hanno perduto il filo, citare lo “svignarsela” -
il “ringalluzire” ecc. Le parole, al filologo, sono quasi tutte metafore - Col tempo divengono spesso metafore di
metafore, e però talvolta tornano semplici; per raddoppiar la metafora la perdono. - Guai se si leggesse
etimologicamente un libro del giorno! non si capirebbe più nulla.
1762. bibliopola - cani pulciosi - patina di antichi - pelime (sudicio sulle mobiglie di legno non pulite) -
paraffo, tabellionato - par che cammini su otto molle - in tuono in cui la curiosità perdevasi nell'interesse - Maria
copiava dalla imaginazione - impalpabil ciarlio, nodi gramaticali che non legano nulla - affamato di baci - placar le
fanciulle col canto - sana e buona -
1763. Il fidente abbandono delle caste fanciulle.
1764. E la fanciulla non guardò più tanto alle nubi o nel fuoco, quanto nello specchio e in istrada - Sei mesi
dopo Maria, bella e giojosa, diceva ed udiva il più bramato dei . (muta che riaquistò, per amore, la favella)
1765. molto a sperare quello scrittore cui si può più torre che non aggiungere. - ninnoli, minuzieria,
minutaglia, miscea letteraria - i riboboli -
1766. La vera letteratura dell'ultimo popolo è quella dei muri. - Le taverne a Pompei, i cessi da noi ce ne
offrono pagine eloquentissime. Resta ancora a scriversi un libro intitolato “Storia della letteratura sui muri” - Il muro è
la publicità che si sottrasse sempre alla censura - è là dove fu consegnata la pura opinione popolare ecc.
1767. In compagnie dove si scocca una folla di motti arguti, si può dire “par de vess in d'on vespee”.
1768. C. amava riamato una bellissima ed intellettuale fanciulla, troppo intellettuale per potere campare. Il
padre di lei contrastava fieramente al loro amore. Ella morì. Quando venne portata al Camposanto (un camposanto di
campagna) pioveva a dirotto. Due sole persone seguivano la virginea bara - il padre - e l'amante, braccio a braccio, sotto
il medesimo ombrello e con lo stesso dolore. Ma la vicinanza dei corpi riavvicinò i loro animi - e con la povera…
seppellirono tacitamente ogni odio. - (Funera conciliant miseros… ).
1769. Dal Bardo di Gray, Heine può aver tolto l'idea de' suoi Tessitori - dove dice Weave the warp ecc. -
1774. La carità è l'unico dovere che non ci può essere grave.
1775. cocker, ingl., dorloter, cocorina, cocorà (parole usate tra noi bimbi e la mamma nostra nella medesima
idea).
1776. Una volta la similitudine era tolta in generale da oggetti rispettivamente all'uomo grandi. Si voleva
descrivere un animo adirato? Lo si paragonava al mare in tempesta - si volevano rappresentare cavalli o bighe erompenti
dalle carceri? Un torrente correva tosto alla penna. - Così la voce, era tuono; folgore lo sguardo ecc. ecc. Oggidì succede
tutto al contrario. Il microscopio fa dimenticare il telescopio. Le similitudini, son tratte, la più parte da cose in riguardo
all'uomo, piccole. Le pulci, le padelle, i fili di refe, ecc. ecc. hanno pigliato nelle metafore i posti dei leoni, dei mari,
degli arcobaleni ecc. ecc.
1777. Due artisti dinanzi all'Apollo di Belvedere - di cui criticano la gamba ecc. sproloquiando di estetica. Ma
l'uno è nano, l'altro gobbo - caso non infrequente negli odierni ministri della bellezza visibile.
1778. Uno studente del Politecnico di Milano si dicervellava sulla prima tesi di una materia nuova inutilmente.
Va allora dal professore e lo prega di ripetergli alla buona la lezione, confessandogli di non aver nulla capito. Cosa
pretende di capire Lei? - gli dice il professore - se io, io stesso che ho scoperta questa nuova materia, e ci studio sopra
da anni, non l'ho ancora capita?
1779. Pensare col cuore e scrivere colla testa.
1780. Inventare parole nuove è lecito a tutti - per la ragione che è lecito (e in ciò nessuno è contrario)
l'inventare nuovi pensieri. Difatti, a chi ben guarda, le parole non sono che altrettanti pensieri - come i periodi, come i
capitoli, come i libri… Eppoi? perchè accordare questa prerogativa al becero fiorentino e negarla al gentiluomo
lombardo? Chi ha messo le parole nei vocabolari? un decreto forse del Padre Eterno?… no, gli uomini. - Ed io, non
sono anche io - un uomo? - Si noti che neologisti furono tutti i più grandi scrittori - Dante, Richter ecc., Eschilo - ecc.
1781. Nell'antica comedia (la greca) non c'era per così dire divisione tra il palco e la platea. Essa trattava gli
affari del giorno - gli attori portavano spesso la maschera dei personaggi publici - e indirizzavano la parola agli
spettatori. Ma a poco a poco avvenne il distacco. Oggidì è scomparso anche il brillante che ammiccava al publico:
oggidì si va a teatro a veder cose che non ci riguardano e spesso non c'interessano. Gli attori volgono molte volte le
spalle al publico ecc.
1782. Il carattere di Alcibiade era di non averne.
1783. La gazzetta o libro quotidiano recò danno al libro perpetuo, come ne avea già arrecato il libro annuale
ossia l'almanacco - abituando gli scrittori allo scrivere affrettato quindi scorretto, e i lettori alla troppa facilità, che rado
va unita alla profondità o acutezza di pensiero. Al giornale si deve la perdita dell'originalità nello stile; e la moderna
incolorità della lingua.
1784. Imitate gli antichi sommi - mi dicono. “Li imito bene” - rispondo. La virtù principale in que' sommi è la
originalità: è l'avere trovate nella letteratura e nella filosofia cose non viste dai loro antecessori. Ed io cerco di fare come
essi. Li imito davvero, non imitandoli.
1785. Fa senso il vedere come la più parte delle opere che ebbero una importanza massima nella storia del
pensiero, e nei destini dell'umanità, siano nate e cresciute nell'ombra - come fu del Cristianesimo - di Vico - di Bastiat,
per non parlare del Milton ecc. - Furono opere che s'introdussero nel campo nemico, non per assalto, ma per sorpresa.
1786. Qualcuno si lamenta che molti artistici geni non abbian potuto studiare. Fu 'na fortuna. Guai se di tempo
in tempo non sorgesse qualche artista come lo Shakespear, dall'anima affatto fresca - affatto libera dagli impedimenti
della scuola. Il progresso camminerebbe assai più lentamente -
1787. Il progresso esige la continua ricerca del nuovo - esige che neppur l'Arte - nata perfetta - si addormenti
sui propri allori. L'Arte ha il dovere di far Storia. In verità, spiccano più gli errori del nuovo che non del vecchio - ma
ciò è secondo natura - al vecchio errore l'uomo ha già fatto l'orecchio.
1788. L'est è a dritta, insegnava a' miei tempi il S.
r
maestro - e il ragazzo si volgeva come il maestro, poi si
tornava a volgere secondo lui, e cambiata la destra, ripeteva ancora “l'est è a dritta”. - Così, dell'effetto, incomprensibile
ai maestri, delle carte geografiche appese nelle teste degli scolaretti. Diceva il Maestro - questo è l'istmo di Panama, che
si vuol tagliare. - E allora io pensavo: or come farà l'America del Sud a star su?
1789. È un indizio che la gente è malvagia, il sorriso che ci nasce spontaneamente alla vista di una altrui reale
caduta ecc. e le risa che noi facciamo ad una caduta reale in teatro - ragione per cui piaciono sempre le comedie che
presentano come in berlina qualche personaggio, come el Pedrin nel Nodar e Perruchee, el Milanes in mar ecc.
1790. Riguardo alla unità della lingua, io mi dico fautore del sistema di unificazione politico dei romani che
non distruggeva gli Iddii delle altre nazioni, sostituendovi a forza i propri, ma aggiungeva i propri agli altrui - tutti
accogliendo in un unico tempio (Panteon).
1791. Giorni di festa. La Ceriola, la candelora - S. Biagio, quando si mangia il panettone serbato fin dal Natale
- una usanza di cui alcuni vecchi milanesi sono gelosissimi, per es. il consigliere Bicchierai.
1792. Una gran parte degli uomini, due o tre anni prima di morire, è colpita dall'estromania terribile malattia
priapica - e ciò spec. in quell'epoca della vita che è detta “l'estate di S. Martino”. Altra malattia, indizio di una prossima
fine e che si manifesta nell'ultima parte della vecchiaja è la copromania, ossia smania cacatoria.
1793. In una canzone per una cantante, si trova la seguente strofa: “quando non c'è la luna - splendono nel
firmamento - Le stelle a mille e cento - e dieci e cinque e una” -
1794. “Qual masso che dal vertice” ecc. (Manzoni. Natale) CF. con Virg. Aen. B. XII l. 684. Ac veluti montis
saxum de vertice praeceps - cum ruit… ecc.
1795. but how did he steal? (furto letterario) no otherwise than like those that steal beggar's children only to
clothe them the better (Garth).
1806. Il “Dispensary” del dr. Garth è la parodia di un poema classico. È tutto dottori e speziali - con battaglie
fra loro ecc. ecc. È poema ricco di ingegnosi pensieri. Garth è medico artista, come lo è il nostro Redi, Raiberti ecc. -
Nel Dispensario, notabile il carattere di uno scienziato che accoglie nel suo studio tutto il rifiuto della letteratura e della
Scienza. Da lui gli abbandonati autori trovano rifugio, quì “retrieved from cooks and grocers”, vengono le complete
opere o meglio i completi spropositi… noi diremmo… di Cantù e le rime senza fine di ecc. Rallegratevi, scribaccini.
You will find some Ceras still to read you over.
1807. L'uomo teme gli Iddii, ch'egli stesso creò.
1808. la morte nascosta in una pillola - …
1809. La Gloria - (nelle bizzarie sulla) dire degli avanzi mummificati dei Memnonidi e dei Sesostridi, macinati
a Düsseldorf, e adoperati dal povero pittore per velatura nelle ombre -
1810. La satira ai costumi e la satira all'uomo, questa eterna, l'altra temporanea - la satira privata e la publica. -
Importanza di Angioli D'Elci nella Satira - D'Elci precursore di Giusti - D'Elci, originale suo malgrado. - Come a D'Elci
fosse d'impedimento la troppa dottrina classica. - I suoi lavori sono mosaici di pietruzze greche o latine: benchè spesso il
disegno sia moderno. Elci non si può citare che trascrivendolo tutto.
1816. Non par vero che D'Elci, il quale, benchè dottissimo, preferiva la scienza alla dottrina, e benchè
nobilissimo innalzava la gentilezza del cuore sopra quella del sangue - si sia lasciato andare a ripetere quelle trite
contumelie contro gli Ebrei, inventate da Cristiani doppiamente bricconi. - Di alcuni altri epigrammi suoi, si può dire
che sono pure traduzioni dal latino (spec. da Marziale) come l'epig. che termina “ancor Teresa puzza di Teresa” - e
l'altro che incomincia “Mi basta un corpo sano” - e gli altri due ancora “Brami, o Francesco - il pesce serbar fresco” ecc.
- e “Son miei, dottor cotale - quei versi che dir vuoi - Ma se li dici male - cominciano a esser tuoi”. -
1818. Nell'occasione che il Serbelloni si divise da sua moglie, la Ottoboni, Parini scrisse i seguenti versi - Cari
figli non piangete - che se nati ancor non siete - non potendo vostro padre - vostra madre vi farà. - Invitato Parini a
tessere l'elogio della Imp. Maria Teresa, rispose “Che non sapeva come principiare, giacchè l'unica sua qualità era quella
di esser generosa - Ma donare l'altrui, non è una virtù”.
1819. Nell'educazione dei nostri vecchi c'era il bel uso di chiudere per qualche ora i figli disobedienti nel cesso,
che allora non era all'inglese, e neanche alla mezza inglese. Questi poveri bimbi si tiravano poi fuori quasi asfissiati, e i
parenti, perdonando loro, li riamettevano in sala e al loro bacio, puzzolentissimi.
1820. Ritratti di Famiglia. Sul soffitto della Sala, una miniatura rappresentante Venere e Vulcano - sui
parafuochi - Amore che commercia di cuori - e vende la simpatia in bottiglie - La pendola rappresentava Minerva in
piedi, armata, portando nello scudo il quadrante dell'orologio.
1821. Assassinio del Prina, 20 aprile 1814 - Strana coincidenza; il Prina fu laureato a Pavia il 20 aprile 1787 -
fu eletto ministro da Bonaparte il 20 apr. 1802 - fu massacrato il 20 aprile 1814 - mentre un vaticinio dell'almanacco Il
rustico indovino colla data del 20 aprile diceva “chi si arrichisce sulle altrui rovine - non dà lieto principio a triste fine” -
1822. “Io sono così persuaso della necessità della rima per rendere più fisicamente allettatrice la nostra poesia
che non credo praticabile il verso sciolto, se non che in qualche lettera famigliare o nei componimenti didascalici”
(Metastasio lettere). Inutile mostrare come abbia veduto corto - E più corto ancora ha veduto sul giornale dell'Ing.
Arch. di Milano [lacuna] autore del [lacuna] il quale parlando della prima locomotiva, posta - a suoi - sulle rotaje
inglesi - pronosticava che l'invenzione non avrebbe attecchito mai in Italia, per la nostra mancanza di carbone fossile. -
Di simili bevute ne va piena la storia.
1823. Gli alti intelletti sono di difficile sonno. - Quante volte una notte insonne diè il germe di idee che affidate
ai secoli produssero future immense rivoluzioni.
1826. Un libro progressivo di scienza cancella l'antecessore - un libro d'arte lascia stare gli altri.
1827. Cric in milanese vale “silenzio”, “basta” e simili, e trova un riscontro nel grido d'arme dei Molac di
Brettagna “Gric à Molac!” (silenzio a Molac) salvo che Gric voglia dire come Krieg, guerra.
1828. Lodar Rovani è un appendere corone d'alloro ad una pianta d'alloro.
1830. Le due vie che segue il Dossi - una rappresentata dai Ritratti Umani che narra il mondo com'è - l'altra dal
Regno dei Cieli, e suoi figli (Colonia Felice ecc.) che narra il mondo come dovrebbe essere. I primi appartengono alla
storia, gli altri alla filosofia. Nella prima c'è il Dossi cattivo, nell'altra il buono - Queste due vie dovrebbero poi riunirsi
nel Premio dell'Onestà, in cui il mondo quale dovrebbe essere si troverà a contatto del mondo reale.
1832. Somma importanza di Richter nella St. dell'Umorismo - di questo Richter che oggi solo si comincia a
conoscere in Europa - ingegno, secondo me, superiore a tutto quanto produsse l'età moderna, compreso Shakespeare. I
suoi libri sono il frutto di mille vecchie biblioteche, e saranno la causa di altre mille nuove. - Voi, giovani scrittori, che
cercate affannosi e non trovate nuovi orizzonti alle letterature dei vostri paesi, correte correte alle cave inesauribili di
Gian Paolo - scavate - togliete da quei terreni dove giaciono i germi di miliardi di pensieri, di milioni di libri, di migliaja
di celebrità.
1833. La gioventù di Gian Paolo fu imbevuta da studi teologici e filosofici e linguistici. Raramente una stilla di
humour cadde nella sua prima letteraria educazione. - Ed anche lui a 18 anni (1781) fece il suo romanzetto sul gusto del
Werner und Lotte, del Siegwart e Marianna e simili, intitolato Abelardo e Eloisa - di cui dice: “ich würde mehr bemerkt
haben, wenn ich hätte weniger empfindeln wollen”.
1858. Non si trova scrittore, che meglio di Gian Paolo abbia saputo imprigionare in periodi quelli già-
inesprimibili sentimenti che si affollano in una giovane anima, colma di amore e di malinconia nell'ora del crepuscolo. -
Leggo Dante, leggo Manzoni ecc. e parmi sentire la genealogia dei loro pensieri, e ricordo Roma e la Grecia. - Leggo
Shakespeare e Jean Paul e mi trovo nel nuovissimo vero. - Tutte le migliori qualità di un umorista si compenetrano in
Richter: egli è più acuto motteggiatore di Voltaire, è più sentimentale di Sterne e di Rousseau - è più erudito di Erasmo -
è più profondo dello stesso Shakespeare. - Fra cinquant'anni non ci sarà gloria che vinca la sua. - Una buona traduzione
di Richter, influirebbe in bene sulle lettere nostre, più di qualunque altra opera originale. - Colle opere di Richter,
nessuno può più lamentarsi che a questo mondo gli manchi l'amore. Chi non ha un amico, chi non ha un amante, legga
Gian Paolo, e troverà quanto cerca! - Non c'è libro che possa più influire di questo sulla umana bontà. Basterebbe alla
educazione di un bimbo. - I miei figli non leggeranno altro libro.
1859. Den Zeichnern, die in künftigen Jahrhunderten so aus mir schöpfen wollen wie bisher aus dem Homer,
geb' ich folgende Gruppe des Doktors, als einen Schatz. (Richter, Titan, 8 Jobelperiode, 42 Zykel.) - E la profezia di
Richter avverrà! e non pei soli disegnatori.
1862. Richter trovò nuove vedute in ogni parte dell'umano scibile - È una fitta tale di pensieri da perderci la
testa - Richter seppe trovare il pensiero del pensiero. -
1864. Le strane espressioni - benchè piene di filosofia - di Richter - strane almeno per ora in cui non ci
abbiamo ancor fatto l'orecchio - per es.: Und setze seinen heissen (Mund) auf ihren, wie eine halbe Stange Siegellack
auf die andere halbe. - Dinten fisch = scrittore - l'estate del focolare = l'inverno, ecc.
1865. troppo altero egli era - per dire una bugia fosse pure con una bestia - Chè avendo saputo allettare a
delle colombe selvatiche colla lusinga del cibo - mai non volle pigliarle per non tradire la loro confidenza.
1866. quand'io leggo la lode di un gran cuore o di una gran mente, palpito di gioja superba, come foss'io il
lodato.
1867. la mitologia è una filosofia a simboli, a pitture.
1868. Nelle nostre epoche le apparenti diversità di pensiero ecc. ricordano un'orchestra di sonatori che stia
provando gli istrumenti e gli accordi per la sonata dell'avvenire - Queste sparse idee, interrotte, apparentemente
sconcluse - sono le prime goccie dell'imminente pioggia (l'umanitarismo).
1869. Salomone chiese a Dio la sapienza - e Dio, fìlosoficamente, gli diede l'oro -
1870. I Censori romani erano deputati a mantenere la povertà nelle vesti e nei costumi; i moderni (critici) a
mantenere quella della intelligenza. - I molti critici danno indizio di una fiorente letteratura - come i molti topi lo danno
del molto raccolto. - Certi scrittori fanno voto di povertà (d'intelligenza) come i frati -
1871. Il ricco si duole dell'inverno non freddo, che gli torrà di patinare.
1872. Perchè una lucerna faccia buon lume, il suo lucignolo non va troppo troppo poco smoccolato.
Paragona la smoccolatura alle istituzioni che invecchiano in una nazione - e usa della medesima regola.
1873. Un libro indegno di essere letto una seconda volta è indegno pure di essere letto una prima.
1876. Il cielo da lungi sembra azzurro - da presso è aria incolora. Così è di molti dei nostri desideri (Richter) -
L'umanità è dannata a sospirare eternamente un cielo che mai non raggiunge.
1877. È questione intralciata se la Musica senza parole possa essere immorale. Richter dice: die Musik hat
etwas Heiliges; sie kann nichts als das Gute malen, verschieden von andern Künsten. - Io invece sono di contrario parere
- L'onesto della musica è il bello. Una musica brutta è quindi necessariamente immorale.
1880 a). Früh lieben, spät heirathen heisst oft; am Morgen eine singende Lerche im Himmel hören, und Abends
eine gebratete verspeisen (id.) - Distrutta la Bastiglia si usarono anelli con incastonati pezzetti di essa. Potrebbe dunque
dirsi di chi porta l'anello nuziale: tiene il suo pezzetto di Bastiglia al dito anulare (per dire, è maritato).
1881 a). La teologia fece spesso gli atei, e gli eretici.
1882 a). I libri di morale insegnano a fare quello che si è sempre fatto, senz'essi.
1884 a). L'Arte rinfresca, eterna le voluttà e gli entusiasmi. - La letteratura dev'essere insieme musica e pittura.
(ma sopratutto letteratura 1883)
1885 a). I temi di composizione che si usano dare nelle scuole non debbono essere troppo vaghi, come
sarebbe “la lode della diligenza”, “l'importanza della gioventù” e simili, nè troppo gravi come “il confronto tra Cesare e
Napoleone” ecc. - benchè, dice Richter, insigne pedagogo, “noch besser als alle Aufgaben sind vielleicht gar keine”. -
Meglio è che il giovinotto si metta dinanzi un puro foglio di carta, senza tema di sorta, e sopra ci sprema quanto gli
viene, quanto la sua originalità suggerisce.
1886 a). La letteratura Umoristica non fuori, che in quelle epoche nelle quali tutte le regole della vita
antecedente sembrano andare a fascio. Nota l'U[morismo] all'epoca della Riforma - della Rivoluzione francese - della
Riv. Umana.
1881 b). Nella lirica la tiepida analisi deve lasciare il posto all'impeto del sentimento, il quale dal canto suo,
dee per pittoriche frasi a quella conclusione arrivare, anzi saltare, cui la minuta osservazione sarebbe lentamente giunta.
-
1886 b). (ad uomo d'ingegno che vada a coricarsi, si può augurare:) Gute Nacht: wachen Sie wohl. - (Richter) -
bewaffnet vom innern Gott (Richter), CF. Dante coscienza m'assecura - la buona compagnia che l'uom francheggia - sotto
l'usbergo del sentirsi pura -
1890. Oh quanti infelici staccaronsi da questa vita senza conoscere l'affetto dei genitori, l'amicizia degli amici,
l'amore della donna… inutilmente desiosi! oh quanti felici morirono invece, senza sentirne la mancanza!
1891. Tutte le idee sono già nel cervello, come tutte le statue nel marmo. La ragione non fa che scoprirle.
1892. L'Inferno dei Cattolici, non essendo costituito se non dal solo dolore - deve lasciare i pazienti
indifferenti.
1893 . Magnifico è il discorso di Adamo ad Eva - nel Siebenkäs di Richter. Vol.II, pag. 115.
1895. Utile lavoro letterario, sarebbe un Prontuario completo per le date nelle opere d'Arte - e i nomi degli
autori - fatto per es. Così. MANZONI. Cinque Maggio, ode, Milano 1821 - ecc. ecc. e quì il resto delle sue opere - poi
Cinque Maggio. MANZONI, ode, Milano 1821 ecc. Poichè accade spesso di sapere i nomi degli autori e di non conoscerne
le opere, o viceversa avendone letto qualcuna di non rammentarsi più il nome dello scrittore - L'indicazione poi
accuratissima delle date, toglierebbe o fonderebbe le accuse o le difese di plagio, di cui ora i critici si valgono troppo
leggermente. -
1896. La scienza è una positiva ignoranza.
1897. Nonno Carlo, fuoruscito pei moti del 21, provvedeva i poveri suoi coemigrati di scarpe - come Arconati
li provvedeva di giubbe - altri di calzoni ecc.
1898. Manzoni nella nuova letteratura italiana rappresenta la primavera, e Rovani l'estate. Rappresenterà Dossi
l'autunno?
1899. le pitture bizantine, tutte uguali, come le tegole.
1900. Nei libri di note tenuti per tutta una vita da qualche nostro vecchio - sono curiose certe osservazioni sulla
stagione, che, secondo chi le faceva, pareva sempre peggiore delle antecedenti. Si trova per es. colla data del 33 “a
memoria di uomini non si ebbe mai un mese di ottobre più fatale di questo” (o più freddo o più caldo ecc.) e poi alla
data del 34 - “Nessuno si ricorda un autunno più scellerato del presente ecc.” e così vievia - Se chi notava simili
osservazioni diceva il vero a quest'ora il mondo sarebbe il più infame paese dell'universo. Il che non pare.
1901. I libri di alta educazione dei nostri papagrandi, allora piccoli, e delle nostre nonnine, erano per lo più il
Metastasio, il Bondi, il Vittorelli. - Si sentivano i bimbi e le bimbe incipriate recitare sentimentalmente o tragicamente,
ora il “Limpido ruscelletto - se mai t'incontri in lei - dille che pianto sei - ma non le dir qual ciglio - crescer ti fe' così” -
“Placido zeffiretto - se trovi il caro oggetto - dille che sei sospiro - ma non le dir di chi” - ora il “Chi tradisce un
traditore - non punisce i falli sui - ma giustifica l'altrui - con la propria infedeltà” - oppure “Va tra le selve ircane -
barbaro genitore - Fiera di te peggiore - Mostro peggior non v'è - Quanto di reo produce - L'Africa al sol vicina -
L'inospita marina - Tutto si aduna in te”. - Questa, la grande educazione; la piccola, consisteva nel far ripetere ai bimbi
per loro snodare la lingua: “sul castell Baradell ghè ona calcatrappola con cent mila calcatrappolitt… var pussee la
calcatrappola che no i cent mila calcatrapolitt” - oppure nel contare loro gli esempi di Timininfus e Timinfusinna - o
dicendo “Gh'è on gatt su on tecc - ch'el dis ch'el ga frecc - ch'el mugna, ch'el mugna, ch'el mugna” (e qui si scoccavano
le labbra).
1902. Nelle prigioni - (dal racconto di D. Casimiro prete Sghedoni). Regina Stella era una bellissima giovane,
condannata alla carcere, perchè manutengola dell'amante ladro. Un giorno succede nelle prigioni un tumulto di donne
(stavo per dire ammutinamento, ma ciò è impossibile). Il direttore temporale pensa al castigo; però s'intende con D.
Casimiro, che è il direttore spirituale, per diminuirlo: e gli dice “io entrerò coi secondini; farò un breve giudizio: e le
condannerò. ad essere incatenate - 2° ad essere flagellate - ad aver tagliati i capelli. Lei entri a tempo, interceda, e
otterrà la grazia”. Difatti si fa così. Le donne soffrono in torvo silenzio le catene e le battiture, ma al comparire delle
forbici, grida disperate. Entra il sacerdote. Le donne gli corrono incontro, lo circondano, gli domandano la grazia. Ed
egli la ottiene, dopo apparenti rifiuti, dal direttore. - Poi passa nel secondo camerone. Ecco che gli viene innanzi la
Regina Stella, tutta in lagrime, singhiozzando: “ah perchè non è venuta prima!” e gli mostra i suoi capelli tagliati,
dicendo: quando ho sentito che me li volevano tagliare, me li ho fatti tagliare da un'amica per non lasciarmi mettere le
mani addosso dai luridi secondini - e quì in uno scoppio di pianto. L'unica che avrebbe meritata la grazia, avea patita la
pena. - (Notiamo che la Stella avea posto la sua figliola in una pensione e la faceva educare benissimo).
1903. Se la letteratura debba arrestarsi alle soglie del codice - e se il suo scopo debbe essere la correzione degli
umani difetti e non dei delitti - questione -.
1904. Una sala di biblioteca, fredda - con topi che cricchiano e vecchi che studiano sudici libroni ancora più
vecchi. Entrano tre o quattro ragazze freschissime, forastiere che vengono a visitare le biblioteche. È come se entrasse
un raggio di sole. - Le sbirciate dei vecchi - il tacito confronto tra la scienza nuova e la antica - il rammarico del tempo
perduto ecc.
1905. Il subito imperversare di una virilità - che avea sempre taciuto - è la nascosta causa della ruina di molti
nelle sostanze, nella salute, nel genio.
1909. E nemmeno manifesta la storia che un genio perfezioni stesso, perchè è della natura del genio l'essere
nel primo istante completo.
1910. getta i tuoi libri agli emendaturi fuochi.
1911. Di Parny mi piacciono le elegie, perchè scritte col cuore, benchè povere di pensiero - La guerre des
Dieux”, molto migliore, per quanto se ne scandalizzi il Saint Beuve, tra i critici, asinissimo. Peraltro, se la guerra degli
Iddii è una eccellente trovata, presenta fiacchezza ed incuria d'esecuzione. - Il nostro Porta lesse certamente il Parny
prima di scrivere il suo miracol (CF. descrizione del Paradiso C. II in Parny) - La debolezza generale che si manifesta in
Parny è forse dovuta alla povertà di vocabolario, messa alla moda dall'incolore Boileau. - Un bellissimo poemetto sono
anche “Les galanteries de la Bible”. Noto la somiglianza tra l'episodio di Ada e Sela, con Thamar che insegna a Sela
quanto debb'egli fare con Ada per ispegnere il proprio amore - e la storia di Dafni e Cloe (con Lucaina (?) che
corrisponde a Thamar), di Longo Sofista. - E nemmeno spregevole è la Parodia in 4 c. al Paradiso perduto di Milton -
spec. per la conclusione di Adamo, che cacciato dal Paradiso, stringe fra le sue braccia Eva, sclamando “perdre ainsi,
c'est gagner” -
1912. La guerra degli Dei di Parny - se non per la lingua, per le idee, appartiene alla St. dell'Umorismo - p. e.
La garde fuit; à l'autel on fait brêche - et l'on arrive à ces esprits divins - qui jour et nuit brulent sur leur bobêche: -
Dessus l'on souffle; adieu les Seraphins! - Les dieux bourgeois du christianisme - il troppo accessibile Olimpo - David
bien et dûment préché - par un docteur plein de sagesse - pleura quelque temps son peché - mais garda toujours sa
maitresse - (le saint pigeon) obscurément il prédit le passé -… le pays des amours, - pays des fous, envié par les sages -
1913. Oggidì, per maladizione della Scienza, gli artisti non possono più fare come il Deus li inspira, ma fanno
come la critica vuole - atteggiano cioè i loro studi a quell'indirizzo che s'hanno dato ad intendere per l'indirizzo dei
tempi. In altre parole, sanno troppo la gramatica per poter scrivere bene. -
1914. Bucellati nel suo sproloquio su Manzoni gira intorno all'idea senza coglierla; Rovani la attraversa, se
l'assogetta. -
1915. Le teorie goriniane hanno molti punti di somiglianza colle pitagoriche.
1918. Plinio è un magazzino di bugie. Per es., dopo di aver cominciato splendidamente il suo VI libro colla
descrizione dell'infermità dell'uomo, il fuoco a tutta una batteria di balle così grosse, che si rimane indecisi se sia
maggiore la sua impudenza o la sua ignoranza. Curioso poi il notare, come Plinio dopo di avere spacciato le più solenni
menzogne, faccia però, in omaggio alla verità, alcune riserve. Accorda per es. l'esistenza delle sfingi, dei cavalli pegasei,
ma nega quella dei lupi mannari, dicendo “mirum est quo procedat Graeca credulitas!” Credo, che noi dobbiamo alla
lettura di Plinio, la frase milanese delle balle romane, per dire bugie grosse. Tra le mille, valgono le seguenti: ex feminis
mutari in mares non est fabulosum (VII-4). L'ibis il precursore dei dentisti che col becco pulisce i denti e fa il
pizzicorino al cocodrillo - il serpente che fu espugnato da Regolo come una fortezza - il lupo cervaro che, guardato da
qualcuno, mentre sta mangiando, perde, povero diavolo! l'appetito - i tre taciti consensi (patti sociali) fra la gente, cioè:
di usare tutti delle lettere jonie, di farsi la barba e di tagliarsi i capelli - di contare in egual modo le ore - ecc.
Eppure Plinio ha magnifiche pagine per verità e magnanimità di pensiero.
1919. Dice Plinio, che fino alla prima guerra punica, chi faceva da orologio in Roma era il console, il quale
annunziava il mezzodì “a Curia inter rostra et Graecostasin” - Il primo orologio solare venne trasportato dalla Sicilia, e
piantato nel foro, ma, naturalmente, non andava troppo bene.
1924. Antichissima la credenza che la vista del lupo tolga a chi lo vede la voce (sfido io! la paura). Dice Plinio:
in Italia quoque creditur luporum visus esse noxius, vocemque homini quem priores contemplantur adhimere ad
praesens ecc. CF. lupi Moerim videre priores, di Virgilio - e l'artic. Luff nel dizionario mil.-ital. di Cherubini.
1926. CF. il passo di Plinio, dove si parla della Terra (Nat.Hist. L. II. 63. ediz. Teubner vol. I) coll'Inno alla
Terra di Dossi nella “Colonia Felice” - È una rassomiglianza involontaria. Il Dossi della Colonia Felice non avea letto
ancor Plinio.
1929. il corpo = la vagina dell'anima.
1931. I Commageni (Eufrate) chiamavano il fango maltha, Ved. la malta dei milanesi.
1932. Rovani, nel suo Giulio Cesare, usò molto di Plinio - ed è con Plinio che si potrebbero correggere molti
suoi sbagli di penna. Per es. la dedica di Pompeo a Giove, si trova tutta nel naturalista Romano libro VII. 26 - In Plinio
si parla della Galeria Copiola Emboliaria (VII, 49) di Iaja, non Laja, pittrice ecc.
1933 a). La Terenzia di Cicerone visse, secondo Plinio, 103 anni. O Cicerone ringrazia il pugnale di Cesare!
1934. Anche la Malvagità ha i suoi scrittori classici. Macchiavelli ne è uno. - I Gesuiti eressero la umana
perfidia al grado di scienza. - Un libretto, in proposito, è il Breviarium + politicorum + secundum rubricas Mazarinicas
+ + Coloniae Agrippinae + Typis + Joannis Selliba + superiorum permissu + 1684 - di pag. numerate 110, più due
dell'indice. -
1956. Nell'Arte antica prevaleva la Natura, nella odierna la coltura. Oggetto dell'antica il raggiungimento della
natura, la quale è finita - oggetto dell'odierna il raggiungimento dell'Ideale, il quale è infinito. E però nell'arte antica il
ramo della Plastica era superiore al corrispondente dell'odierna. Ein Werk für das Auge findet nur in der Begrenzung
seine Vollkommenheit: ein Werk für die Einbildungskraft kann sie auch durch das Unbegrenzte erreichen. In plastichen
Werken hilft daher dem Neuern seine Ueberlegenheit in Ideen wenig (Schiller - Vol. 4, pag. 673 - Passo
confutabilissimo, colle pitture di Morelli, di Meissonier, di Cremona ecc.).
1960. Der Nutzen ist das grösste Idol der Zeit, dem alle Kräfte frohnen und alle Talente huldigen sollen. Auf
dieser groben Wage hat das geistige Verdienst der Kunst kein Gewicht und, aller Aufmunterung beraubt, verschwindet
sie von dem lärmenden Markt des Jahrhunderts… und die Grenzen der Kunst verengen sich, je mehr die Wissenschaft
ihre Schranken erweitert (Schillers Kl. Schrif. - ueber die aestetische Erziehung - Vol. 4. pag. 560) - Altro passo da
confutarsi - dimostrando l'utilità materiale dell'arte, e la sua odierna alleanza colla Scienza.
1968. Si amano le canzoni naïves per la ragione per cui si amano i bimbi - la naïveté, peraltro, non è più
possibile nell'arte odierna, che è fatta di riflessione. L'apparente ingenuità di alcuni nostri celebri autori non è che doppia
malizia.
1969. Nell'Antichità, sentimento e riflessione, erano una sol cosa - oggidì sono due, distinte e spesso contrarie.
1971. Il bimbo, che udendo dal padre di un uomo cui la miseria uccide, toglie al ricco padre il borsello e lo
porta al povero uomo, o la madre, che per salvare il figlio vende il suo onore al giudice del figlio, fanno una buona od
una cattiva azione? ecc.
1973. il merito e la fortuna rado s'incontrano in questo mondo.
1974. L'Arte è il rifugio della libertà cacciata dalla vita civile. È l'altopiano sannitico, o di Castiglia, donde la
libertà scende poi a combattere l'invasore.
1975. Io nei libri cerco sempre il loro autore. - Si osservi in un lavoro di Arte se l'anima del suo autore è
completa. Può mancare l'ultima mano in un lavoro d'autore d'ingegno completo: mancherà sempre per quanto
apparentemente finito, in autore d'ingegno incompleto. -
1976. L'Autore deve descrivere le passioni ma non essere appassionato. In Omero etc. primeggia la cosa che si
racconta; negli autori moderni, lo scrittore tiene per sè il primo posto. Sotto l'influenza di questa o quella passione non si
fanno in Arte cose perfette - La sola passione permessa, ad un autore, è l'entusiasmo nel suo lavoro - Das Idealschöne
wird schlechterdings nur durch eine Freiheit des Geistes, durch eine Selbsttätigkeit möglich, welche die Uebermacht der
Leidenschaft aufhebt - (Schiller).
1977. Perchè, o stolti, far birberie fuor delle leggi? c'è tanto posto di farne dentro!
1982. In letteratura si diede ai generi più disperati - si disse in una critica su Rovani - per un errore di stampa
invece di disparati. E l'errore di stampa migliorò stavolta la frase del critico.
1983. Vidocq e Casanova - con le loro Memorie - costituiscono i due classici del delitto e della dissolutezza. -
Eppure io non li direi libri immorali. - Sono due libri utilissimi al psicologo etc.
1985. La pena può essere fondata sull'emenda - sempre eccezionale, mentre la recidiva è la regola (Lombroso) -
Gli antichi almeno erano logici nella loro ferocia - chè, non solo non ammettevano attenuanti al delitto, non solo non
riguardavano a una probabilità di emenda pel reo, ma neppure nei figli del reo e ne' suoi discendenti. Di quì le
distruzioni di famiglie intere, un sistema di garanzia, se non lodato, scusato oggidì dagli studi sull'ereditarismo.
1986. Le pene degli Antichi, crudelissime, non eccitavano che a più crudeli delitti. (Lombroso) - Non vale, a
scusare la pena, la teoria dell'esempio: e difatti, che giustizia punire uno, non tanto per ciò che ha fatto, quanto per ciò
che gli altri potrebbero fare? (Lombroso) - Un malvagio bisogna metterlo nella impossibili di far altro male -: la
società non ha altro diritto rispetto al reo di questo.
1994. (V. 1992). (l'ibridismo) È il carattere del tempo. Oggi si vogliono imporre pedantescamente al Sud le
leggi, la estetica, le virtù del Nord. - Oggi a Napoli sorge la casa olandese - in Baviera il tempio greco - in Inghilterra, la
pagoda chinese.
1997. Mariolo deriva dal “Viva Maria” urlato dalle bande, a un tempo di pellegrini e di ladri, che si recavano a
commetter delitti e insieme a farseli perdonare alla Diana di Efeso… mi sbaglio, volevo dire, alla Madonna di Loreto -.
1998. Gli zingari e i beduini sono razze di masnadieri associate. (Lombroso) - altra gran prova dell'ereditarismo
nel delitto.
1999. A migliorare il prigioniero gioverebbe grandemente la molla della libertà che verrebbe incontro al
prigioniero, com'egli desse ripetute prove di buona condotta.
2000. V. 1989. La istruzione ha nessuna influenza sulla moralità. Essa non serve che a rendere il delinquente
accessibile alle nuove forze della civiltà. (Lombroso) - C'è però questo di buono - che il falsario sostituirà l'assassino. (D
[ossi]). La civiltà ha la sua specifica criminalità (Messedaglia).
2001. Pei gerghi. Vedi Lombroso, Uomo delinquente pag. 101.
2002. Sono delitti che derivano spesso dalla carestia (furti) e delitti che derivano spesso dall'abbondanza
(stupri) - In Lombroso si trova una tabella che mostra il rapporto del numero e della qualità dei delitti col prezzo del
grano.
2004. Una capata può di un genio fare un cretino - può di un galantuomo fare un briccone - Una capata
produsse forse il genio di Giusti. (Vedi, sua vita).
2005. La istituzione dei manicomi criminali è reclamata dall'odierna civiltà - In Inghilterra se ne trovano - Vi ha
delinquenti che sono o furono sempre alienati, per cui la prigione è un'ingiustizia e la libertà un pericolo. - Nè la Natura
fece distinzione fra delinquenti e pazzi.
2006. Chi governa davvero in un paese ignorante è la sola paura (Lombroso). Che è la religione se non la paura
del diavolo? che è l'onestà se non la paura della prigione? ecc.
2009. A pag. 165 Lombroso uomo delinquente dove si parla degli eccentrici e a pag. 168,capoverso - trovo
descritto matematicamente lo stato dell'animo mio (1876). - altro indizio di paresi, m la ineguaglianza ché mi si
accentua ogni dì più della pupilla -
2014. bavero - usato la prima volta da Botta Storia d'Italia Vol. 2. libro 9 pag. 82 ed. Parigi - Didot.
2017. Et. burlesche - Tale inventò un liquore: era costui un tedesco. - Chi lo gustava “was ist es?” - chiedeva.
Ed egli: vermuthe (indovina). - Donde la parola di vermuth.
2023. La legge è uguale per tutti gli straccioni.
2025. Un povero che può dire “son stato ricco” si sente un po' sollevato… e già solleva, podend minga
gh'hoo, gh'eva. -
2036. Le carceri odierne ridanno ai detenuti l'aria, il sole, il pane fresco, la pulizia - togliendo loro la
compagnia. Non giurerei che l'infelice ci guadagni nel cambio.
2041. Tale lascia una ricca eredità, accessibile ad un suo nipote nel solo caso che questi procrei un figlio. Il
nipote ha moglie, ma, per quanto faccia, non giunge ad essere padre. Cerca allora di persuadere la moglie a scegliere un
amante. La moglie si rifiuta. Scene.
2044. With curious art the brain too finely wrought - preys on herself and is destroyed by thought - Constant
attention wears the active mind - Blots out the powers and leaves a blank behind - The greatest genius to this fate may
bow (in Disraeli). - Tali sforzarono la loro mente orribilmente nella meditazione da non poter più leggere scritto,
quanto essi medesimi avevano pensato. - Il cervello umano perchè possa produrre cose eccezionali, dev'essere costretto
in una eccitazione morale (entusiasmo) che prolungandosi, si risolve in quella fisica malattia che è l'ipertrofia:
precisamente come si fa col fegato delle oche perchè sia degno delle raffinatissime gole. - L'uomo di genio spesso lavora
alla certa distruzione della sua fortuna materiale e intellettuale - e lavora in piena coscienza, irremovibilmente - Il
martirologio dei letterati e degli artisti è senza fine - Ma “hopeless not heartless” è la divisa di un genio.
2045. Un genio ha d'uopo del piatto di quotidiano applauso. Ma rado, è che l'ottenga in vita, e se l'ottiene, ciò
avviene soltanto ad una età in cui il suo intelletto è già refrattario alle eccitazioni.
2046. Why does an excellent work, by repetition, rise in interest? because in obtening this gradual intimacy
with an author, we appear to recover half the genius, which we have lost on a first perusal (D'Israeli). Io non scrivo se
non per chi legge almeno 3 volte i libri.
2049. Erasmo - il ridente saggio. Dicea di stesso “sum natura propensior ad jocos quam fortasse deceat” -
Volle fare dell'humour nella lingua la più refrattaria di tutte all'umorismo - Colle sue opere offendette egualmente i
vecchi cattolici e i nuovi riformati.
2054. Gli universalisti non sono in nessuna parte sommi - esempio Voltaire, e più che Voltaire, Azeglio.
2055. La Bruyère disse degli uomini di genio: costoro non hanno avi posterità. Essi compongono da soli
la loro intera razza. (Disraeli) - (Falso) Rovani ad es. è figlio di Manzoni - ecc.
2057. Nell'Asta giudiziale delle idee invecchiate (Libro delle Bizzarie) citare - le monadi di Leibnitz - la teoria
di quell'altra chiolla di Malebranche del veder tutto in Dio - la carta bianca di Locke (similitudine pel cervello senza
idee innate nel quale si può scrivere tutto quanto si vuole) ecc.
2058. La mente costituita da tutti gli uomini cervelli che si susseguono in vita, è eterna e aumentabile -: l'altra,
costituita dagli individui è caduca. - Quest'ultima fa groppo a dato momento e a data età.
2064. Alcuni imaginano letterariamente dialoghi di geni discutenti fra loro su differenti discipline, come se
questi geni - dato un incontro tra essi - potessero vicendevolmente sopportarsi.
2067. CF. la teoria goriniana dei terremoti col passo in Shakspeare First part of K. Henry IV. Act III. Scene I. -
Hotspur: …oft the teeming earth - Is with a kind of colic pinch'd and vex'd - by the imprisoning of unruly wind - within
her womb, which for enlargement striving, - Shakes the old beldame earth and topples down - steeples and moos-grown
towers… -
2068. Nelle prime pagine di una storia dell'umorismo in Italia, ancora in mente Dei et Dossi - la materia
potrebbe essere divisa come segue. - Libro . . Che cosa sia l'umorismo. Falsi giudizi. - . Distinzione tra comicità e
umorismo. - . Traccie d'umorismo nell'antichità, perchè spec. nei comici - attico sale, urbanità, naso. Roma meno
adatta della Grecia all'atteggiamento umoristico. . Come e perchè nell'antichità non ci fosse letteratura umoristica nel
vero senso della parola. . Come la letteratura debba informarsi allo spirito dei tempi. . Del nessun valore che hanno
quelle opere letterarie inutili alla storia, essendo scopo eterno dell'umanità l'allungarsi la vita, mercè la memoria. - .
Non vivere se non quelli artisti che colle loro opere fanno storia. - Libro II°. . Quale sia lo spirito dominante nel
tempo presente. Scetticismo. Se lo scetticismo sia indizio di decadenza o no. Scett. odierno diverso dall'antico. - .
Come l'umorismo sia la sua unica manifestazione letteraria. - 10°. Degli addentellati fra tempo e tempo. - 11°. Influenza
della Riforma religiosa sull'Umorismo. - 12°. Perchè del suo principale allargarsi in Germania e in Inghilterra, trionfante
poi in Francia. - 13°. Tentativi repressi in Francia e in Ispagna, trionfanti poi in Francia - Libro II. 14°. L'Umorismo in
Italia. Perchè l'Italia appaja per l'ultima. In Italia, col papato la sede della immobilità, e delle tradiz. Romane. - 15°.
Germi di umorismo negli antichi scrittori - soffocati dal rinascimento neogrecolatino. - 16°. L'umorismo latente nei poeti
dialettali. - 17°. Tarda appare l'Italia nel campo dell'umorismo, ma abbastanza a tempo per porsi innanzi a tutte le altre
nazioni. È il re che appare ultimo in scena. - 18°. Manzoni il primo umorista completo d'Italia. - 19°. Rovani. - 20°.
Dossi. - Conclusione.
2069. Il fare la storia di un sol cuore umano è pari impresa per utilità e nobiltà che 'l farla ad una intera nazione
- anzi, la storia degli atomi varrebbe quella dei mondi - che dico! dell'universo -
2072. Nell'arte tener sempre il piede alla terra, volgendo gli occhi al cielo.
2073. “La storia antica restituita alla verità e raffrontata alla moderna” (Torino 1865), di Cristoforo Negri, è
uno dei migliori libri che siano stati scritti in quest'ultimo mezzo secolo - Essa figlia dal sistema comparativo di
Macchiavelli e di Vico ed ha l'onore di avere generato “La giovinezza di Giulio Cesare”, di Rovani. Negri è tanto più
scienziato di Mommsen quanto è meno erudito. Per lo scopo dell'opera V. a pag. 515. Ci ravvisiamo inoltre, quanto a
stile, una brevità felice di espressione, che gareggia con quella dei classici, sebbene talvolta si volga, per troppo amore
della frase, nel suo contrario (V. a n. 2145 saggio di frasi e parole tolte dal Negri ) cioè finisca in uno scialaquo di
aggettivi che confondono invece di rischiarare. A Rovani la gloria di aver completato il suo maestro - Dalla storia di
Negri noi non solo apprendiamo la storia passata, ma la futura. Essa è eterna come il cuore dell'uomo: è un romanzo
intimo. - Negri mostra il mondo com'è, gli economisti come dovrebbe essere - È un libro il suo pieno di patria carità e di
politica scienza. - Magnifiche le osservazioni di Negri sulla costituzione Romana - Negri s'inspirò talvolta giustamente
alle grandissime anime dei letterati di Roma, che presero colore e lo diedero al secolo loro - mentre la storia di
Mommsen va soggetta a cambiamenti, ad ogni scoprirsi di nuove lapidi, che nella loro solitarietà e nelle loro
sgrammaticature, non provano che il nessun valore. - Raff. poi Rovani con Negri, ci troviamo in questo semplici uditori
dei fatti, in quello spettatori. Ma Rovani ognidove gareggia con Negri, sia nell'idea, sia nella frase, lo vince. Per es. il
volente o non volente di Negri diventa in Rov. volente o nolente. CF. Negri sulli ergastoli romani pag. 264 e Rovani (G.
Cesare) - id. sui salassatori sistematici pag. 276 e Rov. id. - Id Cap. III, parte III pag. 275 - e Rov. corrisp. - id. della
patria potestà p. 230 e Rov. id. (vol. I°. C. XIII) - amore al vino in Catone - Negri pag. 321. CF. Rov. - Id. patriziato in
Roma Parte II. Cap. I. pag. 181 - e Rov. corrisp. - id. Grandezza di Pompeo 315, nota, e Rov. id. -
2074. Giusta l'osservazione di C. Negri (vedi sopra) che gli antichi conoscevano benissimo la scienza
economica, se non in teoria, in pratica. Sante le sue parole sulle condizioni attuali di Italia p. 541 - sugli studi letterari e
giuridici p. 540 - sui classici p. 532. - Notevoli le osservaz. sulla Chiesa pag. 493 - sui progetti di Cesare p. 331 -
Bellissimo il paragone fra Cesare e Napoleone a pag. 335 - Negri accompagnò sempre le sue letture dalla meditazione -
Deve in gran parte la sua politica sapienza anche allo studio della geografia. Troppo è il nesso fra il suolo e gli abitanti
per poter dire di questi come se l'altro non fosse. Difatti lo stesso Negri dice che “voler contare la storia di un popolo
facendo astrazione dei luoghi dove la storia si svolse, gli è come voler giocar agli scacchi, coi soli pezzi, senza
scacchiere”. È uno il suo di quei pochi libri che a me piacciono, perchè fanno pensare.
2075. Non credo che possa giovare al nostro progresso, il dire continuamente alla gioventù che l'Italia è alla
coda delle altre nazioni, come fa Negri a pag. 544 - anche se ciò fosse vero. Ma non è. Negri stesso - di cui non c'è il
maggiore fra i contemporanei storici salvo Buckle - ne è massima controprova. E quanto alle lettere, abbiamo un
Manzoni, e, se non basta Manzoni, un Rovani, dinanzi ai cui soli impallidiscono le povere stelle a gas delle altre
letterature. - Nego anche che non ci sia corrispondenza fra i nuovi e gli antichi germani, come fra i nuovi e gli antichi
galli (V. pag. 308.). Il suolo specifica gli abitanti - come fa della flora e della fauna. - mi pare del tutto razionale in
Negri il non ammettere che Antonio abbia perduta la testa per Cleopatra… (pag. 366). La ragione guida spesso le azioni
umane, ma non sempre. Molte volte passioni fuori dalla politica hanno influito sulla politica. Dove il cazzo tira va
spesso la mente. - Così il giudizio su Thiers a pag. 458 è forse un po' troppo lusinghiero.
2088. La storia letteraria deve essere meditata in colleganza colla politica ed in allora la adorna e rischiara, e
rende ad un tempo sincere le ragioni di sue forme talvolta mentite con velame ed orpello: noi lo abbiamo, ci sembra,
provato. (pag. 417. Negri. E così fece Negri studiando la politica in colleganza colla letteraria).
2103. Granier de Cassagnac nel suo Voyage aux Antilles difende la Schiavitù - E dice uno scrittore Americano,
che il negro schiavo era un cane col padrone, il negro libero, un cane senza padrone!
2118. Leggendo l'Iliade siamo per Troja, leggendo l'Eneide siamo pei latini difensori del suolo (Negri). E così
leggendo l'Araucana di Ercilla - il nostro cuore come quello del poeta pende più agli Indii che agli spagnoli.
2119. Tacito e Svetonio, sono tanto inverecondi nel descrivere le libidini dei Cesari, quanto questi lo furono in
esse (id.) - ed è forse un indizio che avrebbero volentieri fatto quanto stigmatizzavano -
2133. …stupefatti scorgiamo i monumenti di Tebe, ma dalle moli adorate dal volgo ritraendo lo sguardo, lo
riposiamo appagato sui canali dei Faraoni e dei Tolomei; lodiamo il Partenone di Atene, ma più le triplici porte… (id.).
Quì Negri ha corta la vista. L'influenza dell'arte sulla morale e quindi sulla politica di un popolo è più assai di quanto
egli creda. Ma Negri non vede che il solo male nell'Arte. Per noi, fu invece un vantaggio all'umanità il sorgere di quella
stolta mole dell'Escuriale, se per essa si consumarono i mezzi di riparare alla Grande Armada, - fu un vantaggio il
sorgere del prodigioso Vaticano se impedì più larghi soccorsi alla lega cattolica contro i protestanti, fu un vantaggio
Versailles, se per esso, la vittoria tradì le legioni francesi di Luigi XIV. - Dice Negri: “nè amiamo l'estetica se onore
con danno: prima dee assicurare chi regge un popolo la politica vita che non illustrarla” - ma e quando, dico io, la può
riputare sicura? Anche gli stati hanno i su e giù di salute che hanno gli uomini. - Fortuna che Negri, poi, a pag. 176 dove
raccomanda “adornando le città di non dimenticare le campagne” contradice a tutto quanto ha già detto. - (V. Negri
“Pericle e le meraviglie dell'Arte”, che fa il cap. XI a pag. 164 della sua Storia - dove si tratta dei rapporti fra l'arte e la
politica).
2134. (Gli uomini della civiltà) salgono a ritroso i fiumi con navi fumiganti di caligine ondante, volano sulla
terra listata di ferro con anelito di carri fiammanti, e fanno per le elettriche fibre discorrere una voce, una vita che
distrugge ogni longinquità dello spazio e per gli umani consorzi riduce ad un sol punto la terra (Negri - Il passo è bello,
ma che scialaquo di aggettivi! quì si voleva la forbice dello scolaro Rovani). - Giustissima è poi l'osserv. di Negri -
contro le traduzioni dai grandi stilisti, mentre sono neglette quelle degli scrittori c. d. utili come Plinio il Vecchio ecc.
poichè il pregio principale di quelli che è la forma - è appunto l'intraducibile; viceversa che in questi.
2141. Negri (Cap. XI, pag. 164 Storia antica) ha torto di attribuire alle arti sole il politico decadimento. L'Arte
non esprime che quanto sta già. Essa è deputata alla Storia, la quale si forma prima di lei, e difatti le arti cominciano
appunto quando hanno materia di racconto e più la materia è splendente e più splendono. Giovano poi anche nella
decadenza, riparando nel loro grembo i germi delle future civiltà. Le arti vincono e sopravivono a tutti i temporanei
umani casi. Anche senza di esse Roma, quando matura, sarebbe istessamente caduta dall'albero delle nazioni, e col suo
marcire avrebbe fecondato nuovissimi frutti - ma la sua fama, senza le Arti rammemoratrici, sarebbe insieme perita. -
2142. i nuovi brutti edifici che in Roma si erigono spesso sulle rovine dei bellissimi antichi - rappresentano la
Barbarie incombente sulla civiltà.
2143. Nei parlamenti odierni si dovrebbe introdurre il sistema ateniese della clepsidra per misurare così la
ciarla di ciascun oratore -.
2144. Quella di Negri è spesso lingua maestosa qual si addice al soggetto. Scarpa grande a piè grande, direbbe
Montaigne. - Alcune volte però pecca nello scialaquo di aggettivi - sp. di agg. di atteggiamento latino: come pure pecca
talvolta nel numero e nella economia dei periodi - Mancano anche per così dire di equilibrio molti de' suoi capitoli. Il
secondo per es., d'altra parte bellissimo, rende idea di esser stato pensato a tratti e non di getto. Le oss. sul sistema pol.
spartano avrebbero potuto figurare in una nota; come al contrario, molte note sparse nel libro, sarebbero state meglio nel
testo. - Per la politica sapienza Negri è sommo. - È al lume di lui che si dovrebbero leggere i classici latini e greci. - Fa
meraviglia come Negri non sia mai stato assunto al governo di uno stato. È un male? è un bene? Certo è, che i migliori
teorici, non sono sempre i migliori pratici. -
2145. Negri era ricco di felicissime frasi - (Dal 2073 a quì - vedine molti esempi). Altri esempi - …l'Italia,
ridente soggiorno d'indolenza… - narcotica sequenza dei poemi didascalici - il nauseabondo melume dei Petrarchisti -
saturnali di sangue - sfolgoran flotte - parlar raccolto che viene subito a mezza spada - sdegnoso del luogo secondo
(tolto da Dante?) - stultizzare - non greca licenza, ma greca sapienza - l'estetico latrocinio di Napoleone - il terribile
apostolato delle armi - la severa e malinconica ragione - delirio di fame - lingua scolpita - audaci baje ecc. ecc. - Tutti
epiteti fecondi di idee.
2148. prevenire colle concessioni le domande, ecco l'arte d'impedire, se non le rivoluzioni, le rivolte.
2149. Allo scetticismo appartengono Lucrezio e Cicerone.
2150. I soldati d'oggi saranno gl'impiccati di domani. CF. Tom. Moro, Utopia.
2153. Negri (a pag. 221 St. Ant.) dice che Manzoni non raggiunse nel Carmagnola la verità storica. - Dice che
in Grecia e non in Roma si erano stabilite feste in cui ritornava per qualche ora l'eguaglianza primitiva fra servi e
padroni. Non giurerei, ma a me pare che Macrobio non la pensi così -
2155. Se la ricchezza rappresenta lavoro anteriore sarebbe equo ad ogni tanto di censo accordare un voto…
2156. - (pel Cristianesimo) quando la femmina divenne donna.
2157. (A pag. 546 della sua St.) dice Negri …“pel compimento di quest'opera promettitrice lusinghiera, forse
ingannatrice, d'onore”. No, l'onore dovuto non può tardarti, benchè te lo si neghi finora - iniquissimamente.
2158. Nei libri non ultimo pregio è quello della nazionalità - che è il pregio dominante ad es. nell'Iliade.
2159. ad ottenere un vero progresso e non una passeggiera illusione di progresso, è necessario occuparsi non
tanto del miglioramento dei governi quanto dei governati - la qual via fu quella seguita dall'umanitario Manzoni.
2160. Il Romanzo delle Nazioni - (tema da trattare nel mio L. delle bizzarie).
2161. il cozzo delle idee precede il cozzo dei corpi: quel dei libri è pure una battaglia. - È un'altra prova che
l'uomo non trionfa completamente se non quando spirito e corpo consentono in un oggetto.
2162. Ma e quando finirà la scandalosa contradizione fra la nazionale onestà e la individuale?… Chiamerà
sempre la vita publica virtù, certi fatti che la vita privata chiama delitti? L'assassinio fra le nazioni sarà detto ancora
valor militare ed il furto conquista?
2163. La forza fu sempre la massima delle ragioni. Favoleggiarono i Greci che era armata Minerva e che Ercole
e Mercurio guidasser le cause.
2164. L'entusiasmo artistico degli autori, corrisponde alla gioja della concezione - la susseguente stanchezza,
alla febbretta della gestazione - la fatica dell'esecuzione, al dolore del parto - E dopo tutto ciò, il parto è spesso infelice.
2165. Temete i solecismi?… ma e che sono tutte le eleganze, le capestrerie degli eccellenti scrittori se non
altrettanti solecismi?
2166. Pei calembourgs, Vedi Quint[iliano], vol. (editio Teubner) pag. 121 e pag. 128. - Vedi anche
Macrobio.
2167. Entrò nei presenti animi (1865-1875) forse per uno scusabile disgusto della paradossale e frondosa
odierna letteratura francese, il pregiudizio che semplicità negli scritti equivale a grandezza. E così tu ti senti lodare
insipidissima roba, come i bozzetti del De Amicis, i romanzi del Farina o del Bersezio, il pedestre Nerone del Cossa, i
cento sonetti dei Neri Tanfucio ecc., confondendo la veste del pensiero, sempre lodabile se semplice, con il pensiero,
che vuol essere acuto o profondo - quindi complesso, quindi non semplice. O leggete un po' attentamente il così detto
semplice Manzoni, e vedrete quali lunghe vedute, quali sottintesi profondi! Altro è semplicità, altro scipitezza.
2169. Il proprio compito della Letteratura è di correggere il costume. Comincia dove finisce o manca quello
della Legge. Son gibier, direbbe Montaigne, sono piuttosto i difetti che non i vizi degli uomini.
2170. Alla Società Pedagogica, il preside Gioda propone di accrescere di due anni il servizio militare agli
illetterati!
2171. In lett. e credo anche in musica - è tra i caratteri del genio, lo stile, a volte, minchionatorio. Chi sta
sempre serio - e non sa ridere mai o ride male, è un genio incompleto, come Aleardi, come Foscolo, come Verdi. La
vera sojatura l'hanno invece Dante, Manzoni, Rossini, Shakespeare, Richter ecc. -
2172. L'umorismo non poteva sorger completo che in un'epoca di scetticismo. - Nell'Um. la ingenuiinfantile
della frase colla senile profondità del pensiero.
2173. Le idee sottintese fanno che il lettore, tutto contento d'indovinarle, pigli interesse al libro e gli paja di
averci messo mano egli stesso. Egli lo scrive, per così dire, leggendolo.
2174. Lo scrittore umorista deve mediocremente rendere interessante l'intreccio, affinchè per la smania di
divorare il libro il lettore non sorvoli a tutte quelle minute e acute osservazioni che costituiscono appunto l'humour.
2177. A Milano chi non ha più camicia, si finge ammalato, va all'ospedale, infila un letto e l'annessa camicia,
poi lascia il letto e l'ospedale - non la camicia.
2178. Le regole del giudizio vanno innanzi a quelle della gramatica.
2181. Sull'ammettere le Voci straniere V. Caro Apologia pag. 69 dell'Ediz. Barbera - Dante ha mietuto colla
falce del giudizio in ogni dialetto d'Italia. - Nam et quae vetera nunc sunt, fuerunt olim nova - Dice Dante “Opera
naturale è ch'uom favella - Ma così o così Natura lascia - Poi fare a voi secondo che v'abbella” - V. anche Montaigne,
dove dice, e vadi il guascone, dove il francese non può andare.
2182. Si ama uno scrittore che parli ne' suoi libri di sè, quando egli si limita a studiare il suo interno, perchè
allora studia insieme anche il nostro. Odioso invece è colui che non si occupa se non dell'esterno - il che non è noi. -
2183. Il Tommaseo della prima e della seconda maniera - Quanto diversi - Il Tommaseo giovane più pensieri
che parole, dal periodare armonico, sciolto - il vecchio dallo stile ipocrita, gonfio e vacuo come il lattemiele, dai
rimbombanti paroloni e dalla nullità dell'idea.
2184. A forza di copiar dalle copie delle copie, il modello si trasforma completamente. Chi direbbe che lo
stilaccio del “Pasquino” o del “Fanfulla” è lume di lume di quello di Sterne? chi direbbe che il goffo genietto della
morte, che stampano sott'ogni necrologia, deriva da una delle più belle statuette antiche del museo non so se di Vaticano
o di Pitti?
2186. Scrivere oggi in istile di jeri, è una vergogna. Bella soddisfazione pingere un quadro che sembri
antico!
2187. La figlia di un oste lavava i piatti. Entro io. E il padre: lu el ven a disturbà i tosann che toejen lezion de
cembol. -
2188. Mio gusto è di aprire a sorte i libri che ho già letti e mi sono piaciuti, e di leggermi quel qualunque
periodo che mi si presenta. Cogliendoli così alla sprovvista, io provo la tempra de' miei autori. E alcuni non han resistito
alla prova, altri sì. - Fra questi Manzoni - e specialmente Rovani.
2189. Quando Eugenio di Beauharnais si maritò con una arciduchessa di Baviera, i Milanesi alla vista di tanto
inutili luminarie (colle michette che intanto eran diventate più piccole dei botton de la Puff ) dicevano “quanta spesa, -
per on mezz-sovran e ona bavaresa”. -
2190. I fredduristi - Lo spirito a freddo è un'invenzione tutta moderna. - Non che i nostri vecchi non ne
possedessero uno sui generis. La nostra parlata (milanese) n'è piena - S'intende che quì non si parla degli epigrammi ecc.
che appartengono al solo genio. - Delle spiritosità tradizionali domestiche - alla ricorrenza di certe feste, a certi piatti
ecc. A S. Carlo per es. diceva mia nonna “S. Carlo l'era un gran Sant e pur l'è andaa a l'inferno”. - alla minestra, se
era di fave, diceva “minestra de basgiann, minestra de tosann”. - alle chiappe, si domandava con malizia se piacevano
più le dure o le molli ecc. Chè molta parte, nel vecchio spirito, era fornita dal culo. Ora questo spirito è giù di moda.
Non resta, che presso le monache e i preti, i quali stanno sempre qualche secolo indietro dell'epoca. - Oggidì chi regna è
la freddura. Descrizione di un freddurista - par un gatto mantenuto a lucerte. Sempre attento per insinuare il suo
calembourg preparato a casa. - Sminuzza ogni parola, quando ha vuotato il suo sacco in città, va in campagna a vender
per nuove le vecchie - C'è un freddurista che conta su una disgrazia, pare commosso e commove; la conclusione, è una
freddura. - Così per es. il barone Brentano, appena seppe morto il Bagatti-Valsecchi - girò per tutte le case di
conoscenza dove si giocava a tarocco per poter dire “come faremo stasera, che non c'è più Bagatto?” - Il freddurista non
ride mai. Altra volta chi diceva una buffoneria cominciava a godersela un po' lui, ridendo di gusto e in anticipazione: la
spiritosità prima che sulle labbra, balenavagli in viso: oggi ha un viso d'agguato e di premeditazione - Sulle antiche
freddure - i calembourgs di Plauto. - Petronio e Seneca (In ludo mortis Claudi) - il Vangelo col suo “tu es Petrus et
super hanc petram aedificabo ecclesiam meam” - Dante col Papè Satan… col credetti ch'ei credesse ecc. - La caricatura
- il poema eroicomico - La Fronda - lo spirito nel neo latino di Erasmo. - Differenza tra il frizzo (spirito a caldo, cioè
senza premeditazione) e la freddura (spirito a freddo). Il primo è lo scoppiettio del fuoco, l'altra del ghiaccio - il primo
allarga i polmoni, l'altra fa aggroppare il pranzo sullo stomaco, perchè quello riposa sul pensiero e questa sulla mera
parola - dicendo giustamente il Vangelo gar gràmma apokteìnei, pneùma zoopoieì - E oggidì la più parte dei
libri sono freddure. Lo stesso Victor Hugo pare che dica sublimità e non dice spesso se non calembourgs. - L'epigramma
s'è rifugiato all'osteria.
2191. Le monache si pongono tra loro i seguenti indovinelli - D. Sciscia, mira, mèttel in del cuu e poeu tira. R.
El fil de la guggia - D. Mi gh'hoo on tai - che no voeur ne pan ne formaj - ma solament on lavô dur - che va denter e de
ciar e de scur. - R. l'oggioeu del botton. - D. Mi voo a Bellan - con el mè rob in man - Incontri la morosa - gh'el casci in
la pelosa. R. el pettin. - D. Don don - giò per i garon - cont pu l'è gross - con pu el pias ai donn. - R. el fus. - D. Bus
contra bus - Carna viva stoppa el bus. - R. la botteglia alla boca. - D. Oh che spass - se Lee me la dass - se mi la ciapass -
e poeu la tirass - oh che spass! - R. la presa del tabacch. - D. Volle la bella un per suo diletto - far di copia a un
giovane da bene - Entrarono ambedue nel gabinetto - per far quel non so che che già v'ho detto - Il volto, il sen le rimirò
ben bene - Dicendo: adagiate un po' le rene - Chè darvi gusto or ora vi prometto - Quindi estrasse un cotal peloso
abbasso - che in bianco, in rosso, in verde fe' trapasso. Finita l'opra, asciugato il cotale - Lei restò doppia e niun di lor fe'
male - R. il ritratto - il pennello - i colori. - E simili indovinelli facevano parte della educazione dei nostri nonni!
2195. L'ones dei vocaboli consiste o nel suono o nel loro significato, conciosiacchè alcuni nomi vengano a
dire cose oneste e nondimeno si sente a risonare nella voce istessa alcuna disonestà, siccome in rinculare. V. frasi goffe
francesi il a reculé les frontières de son état Le flot qui l'apporta recule épouvanté
2199. Autori da augere, accrescere, perchè aumentano il patrimonio intellettuale dell'umanità - lettera da litura,
sgorbio, macchia - calamità da calamajo - Matrimonio e mariage, nel primo vocab. l'idea della madre, della
procreazione - nell'altro, la semplice idea del marito, del fottere. Ecco Italia; ecco Francia.
2200. Gli antichi etimologisti. - Varrone, Aulo Gellio, Festo - Menagio, Mureto, Salmaso Budeo, Screvelio,
Ottomanno - Ferrari, Scaligero, Ducange. - Le etimologie specialmente di quel bambinone in zimarra di un Menagio,
come da Verna, vernula, vernulacus, vernulaca, vernulacajus, lacajus, laquais - oppure da Remo - remus, remi, remicus,
remicatus, recatus, recata, frecata - fregata - numella, numellina… berlina - (V. Note al Morgante Maggiore, ed.
Lemonnier).
2201. Tutti i termini esprimenti in antico soldato, come ribaldo, satellite, brigante, ladrone - divennero col
tempo sinonimi di birbante - Ciò fa onore alla storia della soldateria - questa legale associazione di malfattori.
2205. Contradizioni fra la parola e la idea - p. es. le civette che si pavoneggiano - mostro, cosa degna di esser
mostrata, usata a indicare cosa indegna ecc. - Parroco, somministratore di vettura, da parécho - e òkos, nolo. - Difatti
somministra la vettura pel Paradiso.
2206. I dizionari vanno continuamente corretti come le carte geografiche.
2207. “Tra cane e lupo”, frase che serve ad indicare quella mezza oscurità in cui non si distingue il pelame tra
le due bestie. Il Dossi, nell'Altrieri, usò a indicare il crepuscolo “tra sale e pepe” -
2209. Non excludo autem, id quod est notum, irritandae ad discendum infantiae gratia eburneas etiam
litterarum formas in lusum offerre, vel si quid aliud, quo magis illa aetas gaudeat, inveniri potest, quod tractare, intueri,
nominare jucundum sit (Quintiliano, Inst. Orat.). - E da quì il sistema, ora alla moda, di Froebel.
2210. …licet omnia Italica pro Romanis habeam (id.). Così la pensava, in fatto di lingua Varrone (e così
Dante). E Fanfani e simile frugaglia, che non è neppure romana, ma solo fiorentinuzza, vorrebbe ora imporre a tutta
Italia il suo rachitico gergo? vorrebbe che tutta Italia toscasineggiasse?
2212. Molti fredduristi potrebbero ripetere (con Quintiliano) “potius amicum quam dictum perdidi”. - Vedi, pei
calembourgs Quintiliano (ediz. Teubner) Vol. I. pag. 271.
2216. Importa alla fama di uno scrittore scrivere bene e non molto. Chi non conosce il volume di Omero? chi
conosce le quattro migliaja di Didimo?
2217. Delle insegne delle botteghe V. Quintiliano Vol. I. pag. 269, 38-39. - Della fisionomia delle parole V. id.
Vol. I pag. 31.
2218. Assuescat (il bimbo) non reformidare homines neque solitaria et velut umbratica vita pallescere
(Quintiliano)Ma noi non ci educhiamo che da noi stessi, colla meditazione. Avere molti che insegnanci, non vuol già
dire imparare. -
2219. deì, oportet, dee - il gegen e il willen, posti dopo l'oggetto, corrispondono al gratia latino - esse eum
omnium horarum, CF. col mil. faccia de tutti i (cioè sempre nuova) - Sìtta, voce dei pastori quando vogliono
allontanare una pecora da qualche luogo. CF. mil. …che te sitta!
2220. l'urbanitas dei latini corrisponde in parte all'odierno umorismo.
2222. Per la parte che avea la musica nell'educazione degli antichi V. Quintiliano.
2223. l'erudizione spesso è una infelix supellex - …la molestia degli elementi… - Dell'importanza
nell'istruzione dei buoni costumi dei maestri. -
2225. Man möchte sagen (di Klopstock) er ziehe alles, was er behandelt dem Körper aus, um es zu Geist zu
machen: so wie andere Dichter alles Geistige mit einem Körper bekleiden… (Schiller) - Nell'Arte antica, dominava il
corpo, nell'odierna l'anima (ragione della superiorità della plastica antica). Ma è pur necessaria ad un'opera perfetta la
prudente mescolanza dei due elementi, il divino e il terreno. - Scopo, del resto, dell'arte plastica e musicale è di giungere
all'anima pel corpo - della letteraria di giungere al corpo per l'anima. -
2227. Voltaire kann uns als witziger Kopf belustigen, aber gewiss nicht als Dichter bewegenWir begegnen
immer nur seinem Verstande, nicht seinem Gefühl. Es zeigt sich kein Ideal (id.) - Prova di scetticismo è la strana
versatilità di Voltaire, nelle forme esteriori del suo intelletto. - Voltaire è più cangevole che ricco.
2230. Quale val meglio, una letteratura utile a questa vita, oppure una, che, trasportandoci fantasticamente in
altra, ci faccia dimenticare questa?
2231. Somma è la gioja di uno stolto quando in altri s'avviene ancor più stolto di lui - e però gli vien dato di
prendere usurariamente la rivincita sua.
2232. Il poeta oggidì non scrive più ciò che vede, ma ciò che veduto, ripensa. E il lettore non sente più ciò che
legge, ma ciò che letto, riflette. Così, la natura non ci arriva se non di terza mano. - La nostra non è più una letteratura di
sentimenti ma di idee -
2233. Il campo del verosimile è assai minore di quello del vero.
2234. Nella vita di una letteratura, la satira è sempre l'ultima a manifestarsi perchè il scetticismo è l'ultima
forma della filosofia.
2235. Dei Gerghi. Ogni classe ha il suo. - Diff. tra stile e gergo: lo stile, individuale; il gergo comune e
tradizionale a date comunità, come il dialetto alle provincie, e la lingua alle nazioni. - Il gergo tra i bimbi e la mamma
(scisci, totô ecc. V. diz. di Cherubini). - Il gergo degli scolari, degli avvocati, dei militari, degli artisti, dei framassoni,
dei ladri, il gergo schifafatica degli uffici - e più che altro, il gergo degli scienziati. L'avv. dirà infatti alla sua amorosa “i
tuoi occhi sono rei di turbato possesso”, “il mio cuore è tuo per usucapione”; parlerà del codice d'amore, farà
l'inventario de' suoi sentimenti, proporrà transazioni, e se l'amorosa lo ributterà, minaccerà di andare in appello e in
cassazione della sua crudele sentenza. - Così il cuoco parledel sapore dei nostri discorsi, il sarto del taglio dei nostri
occhi: mentre il musicista darà quaranta battute d'aspetto al suo creditore, e lo scultore s'insospettirà se gli parliamo in
bassorilievo - Ma il peggiore di tutti i gerghi è quello dei filosofi, che hanno la scienza nella sola memoria, che non
fanno mai libri ma sempre commenti - Oh al diavolo tutti i vostri sistemi, tutte le vostre convenzionali parole, che vi
conducono a spasso dove vogliono loro come fa il cagnolino colla sua stolta padrona. A che questo continuo stroppiare
di fatti nel cancan delle vostre teorie? a che negare l'onnipotentissimo Dio?… Sospiro i tempi in cui la storia era un po'
meno mestiere di scienza e un po' più inspirazione d'Arte…, quando c'erano ancora i Tucididi e non erano spuntati al
tedio delle scuole, i vostri frigidi Mommsen - Nella storia a me piace di sentire un po' l'uomo, e non il corso dei cicli -
La risposta di Fabrizio e la mano bruciata di Muzio, fossero anche fandonie, sono alimenti all'umana generosità ben più
che i vostri isterismi dell'Oriente e Occidente, del Sud e del Nord, dei cicli e ricicli, periodicità ecc. ecc. Oh
dimenticatevi, sciocchi, di essere stati a scuola! Ma tolto il gergo, che resta?
2236. Dante è sommo, è eterno - dove tutti lo comprendono e lo sentono. È già morto e sotterrato dove la fa da
teologo. Teologia è tutt'altro che poesia.
2237. Giuseppe Ferrari è un puro esageratore di Vico.
2238. Il mondo passa di gergo in gergo; scolastica ecc… La ciurmeria erudita.
2239. Ci fu data la lingua, sì, per parlare; ma anche i denti per tenerla assiepata.
2240. Il progetto del libro “Note umoristiche di Letteratura alta e bassa” - Antica e nuova filologia. Varrone,
Aulo Gellio, Menagio ecc. - La filologia comperata. Es. di etim. Traduz. etimol. di un brano letterario. - I Numeri e
l'Alfabeto. Fisionomia delle lettere - Metodi d'insegnar l'alfabeto (Merlino Coccaj, mio padre, Capurro ecc.). I nomi
proprii. - Delle lingue d'Italia, dette i dialetti. Della Toscana - Della Milanese in ispecie. Neologismi. Autorità
linguistiche. - Dei gerghi V. 2235 e Lombroso, “Uomo delinquente”, Biondelli, Cherubini in zergh ecc. Canz. pop.
politiche - Letteratura dei cessi e delle muraglie. Letteratura sui muri (1766) - Dell'epigramma, dei concetti
ingegnosi, della celia (Vedi Quintiliano de risu Lib. VI. III), delle imagini, delle bestemmie. Le ipocrisie nel parlare e
nello scrivere. Toscana gentilezza. Gentilezza Toscana: seder al cacatojo, per star a far nulla ecc. - Della
Calligrafia, rapp. tra il caratt. grafico e il morale. - Degli accenti. - Prosa e verso - e Poesia. Numero, ritmo, rima.
Danni e vantaggi della rima. Forma e sostanza. - Degli scrittori e degli autori. Genio e apparenza di genio - Plagi
innocenti e colpevoli; plagi fortunati. Conquistatori e ladri. - Come van letti i libri, e i loro scrittori - come van
criticati - Autori e lettori - Della critica odierna e antica fuori e in Italia - Riputazione e fama - Gloria - 10° Del
giornalismo, spec. in Italia. Suo stile. Suoi danni e vantaggi. Chiusa. Avvenire della Lett. Mondiale - Europea e Italiana.
L'umorismo (rimandare all'altro libro). - Appendice I
a
. Mie impressioni dalle letture. App. II
a
. Della salute fis. e intell.
negli uomini di lettere e di scienza. V. Tissot. V. Disraeli - Combattere il “genio e follia” di Lombroso.
2243. I tre termini posti da Manzoni al giudizio di un'opera sono “I° qual'era lo scopo dell'Autore - 2° se questo
scopo fu raggiunto - 3° se lo scopo era ragionevole”.
2248. Il modo di far gli svolazzi nei paneggiamenti dai pittori e scultori (dal 1830 al 1850) era questo.
Mettevano della carta velina in un mastello d'aqua, poi con uno stecco le davano dei colpettini - e copiavano le casuali
pieghette formatesi nella carta, ingrandendole in sesquipedali figure, prive di corpo. - Ben pochi angioli, nelle pitture,
volano. Insinuateci sotto un pavimento e li vedrete immobili - radicati nel suolo. Per contro, le figure di Domenico
Induno nel quadro la Mattina delle Nozze, - se ci togliete di sotto il pavimento - volano che è un piacere.
2249. A mostrare come s'intenda oggidì lo studio dal vero di alcuni artisti va ricordato il pittore Pagliano che a
riprodurre in un suo quadro (il Maramaldo) uno stipite marmoreo sel fece fare di legno verniciato di marmo e poi si
illuse di copiare dal vero.
2250. Il giurì pel premio Principe Umberto (di 4000 lire) al miglior quadro della esposizione, usa di accordare
il premio non al più bello, ma al più ampio. Disse tale, di un pittore premiato che avea a questo scopo fatto il suo quadro
inutilmente più grande che avea potuto “per no giuntagh el premi, el gh'ha giuntaa la tela” -
2254. Gli attici chiamano naso e urbanità la grazia e dolcezza nella comune favella. Lucilius qui primus
condidit styli nasum (Plinio praef. ad Hist.).
2255. chàra, gaudio = o cara! (in mil.) escl. di gioia - postquam res latior evagata est CF. mil. svaccada -
fashion, ingl. eleganza. CF. Mil. fescioni, fanulloni eleganti - daughter, ingl. figlia, quasi dote - sitim undis excutere
(Seneca). CF. mil. scoeud la sed - el fio (ven.) CF. yiòs - Luder (ted.) carogna = luder (ven.) briccone - Schoss (ted.)
grembo, CF. mil. scoss, id. - classis aerata, flotta corazzata? -
2256. La prima idea della Paradise Lost può essere stata suggerita a Milton dalla Gerusalemme del Tasso,
tanto più che sappiamo come Milton fosse dotto nella lingua italiana. Anche nel Tasso cielo ed inferno combattono ma
per mezzi umani: in Milton combattono senza procura. Nel Tasso poi troviamo certe imagini di angioli fiammeggianti,
certi concili semipagani di Dii e di Diavoli, simili assai a quelli del poeta inglese - forse perchè dissetati ambedue dalla
medesima fonte. Così, dell'invocaz. alla Vergine in barba alla Musa, così del viaggio dell'Arcangiolo S. Michele ecc.
ecc.
2257. Tasso è tutto reminiscenze classiche e nelle descrizioni, e nelle osservazioni e nelle similitudini, e in certi
particolari andamenti d'idea e di frasi - È una rifrittura di Virgilio, Lucano, Ovidio, Silio ecc. cambiati i nomi soli.
Difatti Armida è Medea, Clorinda è Camilla ecc. Le battaglie poi sono le solite dei classici latini, come lo sono anche
quelle di Ariosto - fuse tutte in quella medesima forma. - Tasso io non l'amo e l'ammiro che nel canto VII spec. sulla fine
- in tutto l'VIII - in tutto il XVI - e nella fine del XV.
2259. Il vezzo dei poeti è di starsi in arretrato un buon mezzo secolo dai loro tempi: parlo dei mediocri poeti
come Aleardi e Leopardi. Quest'ultimo specialmente ha scritto una Palinodia - che è tutto uno sproposito. Leopardi vi
deride ad es. le ferrovie; poi motteggia agli zigari e ai pasticcini (egli ghiottissimo dei gelati ecc.), come se ai beati tempi
e di Roma e di Grecia il mondo fosse affatto innocente di simili peccatuzzi veniali, e dico veniali anche in rispetto di
certi altri peccati, molto frequenti nell'aurea antichità. ci si dica che Leopardi fece dell'Ironia. L'Ironia è il sommo
dell'Arte - e Leopardi non era da tanto. Leopardi credette far dello spirito e ci riuscì svelto ed elegante come un elefante
che balli.
2260. chap - ingl., fesso, apertura. CF. Mil. ciapp, natiche, fesses - menial, ingl. domestico, CF. mil. menant, id. -
bully, ingl., bulo (ven.). - socket, ingl., anche buco delle corna, CF. mil. socchè in Porta, on Striozz, benchè ci voglia
veramente dire non so che - to drop, ingl., cadere = dropè (Val d'Andorno) id. - desgavignè (piem.) CF. Dante col suo
contrario, aggavignare - cranny, ingl., crènna mil., crepaccio (in lat. crena tacca della cocca, cruna dell'ago) - march,
ingl., pane CF. mil. marzapan. - das Geld (ted.), i ghei (mil.) - 't is trash, ingl., di strasc - râteler, franc., ratelà (mil.) - to
scrape, ingl., furare. CF. mil. grattà - garboils, ingl., great stir CF. garbouil, franc. - garbuj, mil. - lent, ingl. - quaresima. CF.
lenti, lenticchie, piatto di magro che si mangia in quaresima - to fig ingl., dar higas, spag. - far le fiche - Thou whoreson
zed, ingl. termini oltraggiosi. CF. mil. on bel zet - messanger, ingl. CF. messo, angelo - inviato - Stumm, muto. CF. stumia -
Strass, street, ingl. CF. stretta, contrada - Taccuino da tag - Krepp, CF. crepp, mil. velo. - Ross, destriere. CF. rozz, mil.,
bidet - mascalzone, CF. mezz calzon, mil. - stoup is a flagon of wine. CF. mil. stopp, per ubbriacature.
2261. I puristi cercano le idee, e lo spirito nei dizionari. E ci trovano uno stile da galera, che va prezioso di
simili piacevolezze “arruffar le matasse, per fare il ruffiano - mangiar spinaci per far la spia - andar a Carpi, per carpire -
o in Picardia, per esser appiccato, mandar a Calcinaja per dar calci - andar a Lodi o dar l'allodola per lodare - andar a
Volterra, per morire - a Piacenza per piacere - in levante per rubare - il perfido Bireno pei birri - il regno di Cornovaglia,
per un marito tradito” ecc. ecc. Tra le gentilezze del parlar Toscano non va dimenticato il sedere a cacatojo corr. al
desidere latino Altre gemme al loro stile sono poi gl'impacci del Rosso - il far il grasso legnajolo - l'avanzo del grosso
Cattani, di Cibacca, del Cazzetta che bruciava il pan di Spagna per far cenere morbida, i cavalli del Ciolle ecc. ecc. tutte
spiritosità di finissima Crusca.
2262. Quante ipocrisie, quante falsità nel parlare! Parlando de' piedi, si usa dire con licenza ma non delle
mani. Eppure i piedi non furono mai rei delle impudicizie, degli orrori di cui furon le mani. - Così, diconsi missioni
delicate quelle appunto che sono le indelicate - dicesi fatto come Dio vuole per dire di una cosa mal fatta - il non
andar a letto si chiama perder la notte - uno che si tratti con semidisprezzo lo si appella “galantuomo” ecc. Così,
veder le stelle indica forte dolore - il vado a vestirmi delle donne quando stanno per andare a ballo o a teatro,
significa appunto uno svestirsi. Che dire poi delle falsità nello scrivere? Tutte le figure rettoriche non sono che
ipocrisie, che menzogne… Uno scrive non dico già (e intanto lo dice), chi può narrare (e intanto lo narra) oltre i
per non dire”, “passo sotto silenzio” ecc. ecc.
2263. I classici latini fanno uno strano abuso di aggettivi stereotipati al relativo nome - e diventativi, per così
dire, sacri. Le loro scritture sono piene di nox humida - fulva arena - ad sidera tollens - di ante ora parentum, di
scopuli multorumque ossibus albi - di litora curva ecc. e tenues auras, e dulcis natus ecc. Non parliamo poi delle
descrizioni delle pugne, e degli inferi, tutte eguali fra loro negli Epici, come tegolo a tegolo.
2264. CF. il “be thou as lighting ecc. di Shakespeare (King John Atto I. S. 1ª) col “di quel securo il fulmine”
ecc. di Manzoni (5 maggio) o meglio colla frase corrispondente che si trova nella storia d'Italia del Botta, dove,
parlando di Napoleone, lo storico dice, a pressapoco, che i suoi fulmini anticipavano il baleno.
2265. La luna è indegna della sua poetica rinomanza. O è un faccione colla flussione - o è una cimatura
d'unghia.
2266. La favola del “Miles gloriosus” di Plauto si trova nelle Mille e una notte. Il Falstaff di Shakespeare co'
suoi satelliti corrisponde al Pirgopolinice co' suoi latrones - il suo oste ad Artotrogo. - CF. la Gräfin Terzky del
“Wallenstein” di Schiller con la Lady Macbeth di Shakespear.
2267. L'umorismo è la letteratura dello scetticismo. L'uomo andò sempre più allontanandosi dalla fede. Il
bimbo, nato oggi, è incredulo. Lo scetticismo nell'antichità era una posa, una ingegnosità, una classe academica: oggi è
un sentimento: è la sola spontaneità che ci sia rimasta. E Manzoni - come ogni grande umorista - è scettico. Non si
guardi all'esterna figura dei Promessi, ma all'interna. In un libro d'umorismo il protagonista è sempre l'autore, non lo si
può perdere mai di veduta, e ne fa il principale interesse. Di quì la nessuna importanza, anzi il nessun bisogno
dell'intreccio o intrigo nel romanzo umoristico. L'intreccio sta nel cuore solo dell'autore, poco importa ch'ei parli in
persona singolare o plurale od in terza. Si possono dare romanzi in cui personaggi appajano per scetticissimi, pur non
appartenendo il romanzo alla scuola scettica come l'Ortis di Foscolo. Si ponno dare, per contro, di tutta fede, benchè
appartenenti a tal scuola, perchè l'A. è scettico. Per noi l'insegna ce la dà sempre l'Autore.
2268. Traccie di umorismo, se ne trovano molte nella antichità (il che è prova della naturalezza di esso) ma
altro è una goccia, altro è pioggia. Le note son vecchie, il motivo è nuovo - Difatti anche nei libri di umorismo si
trovano traccie di antichi atteggiamenti senza che per questo debbano essi appartenere alla passata letteratura - o alle
venture, di cui presentano certissimamente segni, benchè celati al nostro occhio. Ogni epoca si addentella colle altre.
2269. L'umorismo in Italia ebbe assai pena a manifestarsi. Le tradizioni gloriose di una famiglia traggono
spesso la famiglia in rovina. L'Italia credette sempre e troppo in Grecia ed in Roma, e ne abbiamo le prove nelle opere
fin dei più illustri esprimitori del proprio tempo e dei più propensi alla moderna letteratura, come nel “Giulio” di
Giuseppe Rovani. - Per contro l'Umorismo, non inceppato da questa esagerata venerazione al passato procedette più
svelto negli altri paesi e specialmente in quelli che stavano fuori dalle tradizioni del genio greco-latino. - Per le stesse
ragioni, penò assai anche in Francia. Rabelais e Montaigne rimasero per lungo tempo senza figli. La notte di S.
Bartolomeo e la revoca dell'Editto di Nantes, soffocando il libero esame ecc., stroppiarono in fascie l'humour,
comprimendo l'inquietudine della ricerca. Fino a Voltaire non possiamo contare di lui che poche grida dì piazza (Fronda
ecc.), fiocamente echeggiate nelle mute pareti della Academia francese, la gelosa guardiana del classicismo di seconda
mano.
2270. Il “Giulio Cesare” di Rovani è un bel tramonto. Naque dagli scrupoli di coscienza del suo Autore di
essersi lasciato trasportare dallo spirito dei nuovi tempi. Rovani tentò di correggere il Fato, di far retrocedere la storia -
appunto come l'amato suo Foscolo. Ma contro il fiume dei tempi non c'è nuotatore che valga. I Borboni non risaliranno
più il loro trono, se non a patto di rinunciare a esser Borboni. Inutili tentativi! Nel “Giulio Cesare” stesso l'anima
contemporanea prorompe tra le premeditate combinazioni; e il Rovani dei Cento anni è ancora a suo marcio dispetto -
originale. A nessuno è dato di sottrarsi impunemente al proprio genio.
2271. Il noi di Manzoni vale io e il lettore - il noi di Rovani vale io e ancor io - chè ei vale per due - l'io del
Dossi vale per io sol'io. - In altre parole il primo s'industria a insinuare in altrui le proprie opinioni - il secondo le
impone - il terzo le tiene per sè.
2272. L'arte spontanea e nata dall'entusiasmo, era per eccellenza l'antica - l'odierna non può più esser spontanea
per il troppo sapere, e per il troppo sapere non può più essere entusiastica -. Chi molto sa, conosce quanto moltissimo
ignora: quindi dai culmini dell'entusiasmo, scende nelle valli dell'umiltà. - L'entusiasmo è superbia.
2273. la naïveté, l'ingenuità della lett. antichissima c'inspira quella riverenza che c'inspirano i bimbi: la naïveté
della nuova quel disprezzo che s'ha per un uomo che faccia bambinerie. - Per altro, Manzoni ritenne l'apparenza della
ingenuità, mentre Rovani se ne spogliò. - Quindi, Manzoni riuscì un malizioso doppio, non volendo parerne uno
semplice. -
2274. Rovani è il continuatore logico di Manzoni, com Dossi di Rovani. Rovani ha esagerato Manzoni;
mentre gli altri lo impicciolirono. - Carcano per es., nella cortezza della sua vista, non comprese che la maggiore
innovazione del Maestro, era lo stile nel suo midollo umoristico, e si limitò a copiarne la forma esteriore de' caratteri e
dell'intreccio.
2275. Il carattere generale dell'antica letteratura era la naïveté (fede, spontaneità), della moderna è l'umorismo
(scienza, riflessione).
2276. A parer mio, la dramatica teatrale non appartiene alla Letteratura pr. detta. - Dico della dramatica, che va
udita, non letta. Difatti, suo principal scopo è la naturalezza; addio dunque forma, addio Arte! E neppure appartiene
all'umorismo, non tenendoci l'autore (dopo l'abolizione del coro) nessuna parte a sè, ma dovendo sminuzzare la propria
anima tra i differenti personaggi.
2277. Necessità nell' Arte del Vero Contemporaneo. -
2278. Un autore umorista è spesso il nostro confessore: ci ajuta a conoscerci. Gli altri scrittori si possono
ammirare: i soli umoristi amare. Per es. amar Dante è impossibile; si venera, si teme troppo.
2279. Il riso in Manzoni è d'ironia, in Rovani, di Sarcasmo. - Il manzoniano umorismo spira la pace; il
rovaniano la battaglia.
2280. Gli antichi conoscevano piuttosto il comico che non l'umorismo - ed è certo che il comico è una
provincia all'umorismo vicina, appunto come il tragico. - L'umorismo è il riso temperato col pianto - pioggia col sole -
Eraclito fuso in Democrito. -
2281. Manzoni non crede ma il suo scetticismo è vestito di fede: ed ei s'introduce sotto spoglie mentite nel
campo avversario. - Rovani pure non crede ma ostenta la sua incredulità e piglia il vallo nemico d'assalto. -
2282. him. ingl. CF. im, lat. (acc. di is) - linea, lat. CF. ligne pecher), franc. - fartus, lat. CF. franc. farçi -
basella, lat. piccola base CF. mil. basell, gradino - coleus, lat. CF. coglione - callow, ingl. senza piume CF. calugine, prima
lanugine - kuw, ingl. gonfiare CF. mil. vegnì a coo - quadrille, franc. CF. to drill, far-far gli esercizi militari - colaphus, lat.
CF. schiaffo - alapa, lat. CF. mil. sleppa - faùlos CF. faul, ted. - strophus, lat. legame. CF. mil. stroppai - thýra CF. Thur -
theàomai CF. sehen - ptochòs CF. mil. pitocch - seges, lat. CF. ingl. sedges, giunco puntuto - Erchomai CF. kommen -
nìpto, lavare CF. nettare - stubble, ingl. CF. mil. stobbia - pù? CF. où? franc. - àrrostos, ammalato CF. rost mil. nella frase,
sont on poer rost - kakós, cattivo CF. cacca o meglio mil. caca, cosa cattiva per eccellenza - good, ingl. buono CF. God,
ingl. Dio, la cosa buona per eccellenza, le bon Dieu, dei francesi - lìmne, lago CF. Lemano, nome di lago - nepos, lat. (in
Marziale) scialaquatore CF. filosof. con nipote - tempori, lat., di buon'ora CF. mil. temporii - dokeì moi CF. daucht mir -
umquam vidi CF. unqua vidi - salve, lat. CF. saluo, veneto - Schatz, ted. tesoro CF. chasse, franc. reliquario - grobian, ted.
villano CF. mil. grubbian, id. - neùratona CF. mil. in ton - to balk, ingl. omettere, manquer CF. balcà, comasco, cessar
di piovere o dalla minaccia di pioggia - àsty CF. Stadt - oi apò skenés, attori CF. colla forma di dire milanese, quii della
birra, quii della carretta ecc. - màtaios, vano CF. matto - chòrtos, specie di corte CF. corte, orto - cur? interrogativo CF. il
positivo gàr e il car franc. - naì, sì CF. nein, no -
2283. And with desire languish without hope (Milton Paradise Lost) CF. Dante “senza speranza vivemo in
desio” - …Ermites and friars - White, black and grey (id.) - CF. Dante passo corrisp. nella dizione - Nam nunc omnes
nihil faciunt quod licet nisi quod lubet (Plauto?) CF. Che licito libito in sua legge (Dante). In Milton, molti sono i
versi semitradotti da Dante, per es. Thou art my father, thou my author; thou - my being gavest me. CF. Dante. Tu se' lo
mio maestro, lo mio autore…
2284. Un erudito potrebbe trovare l'origine della scolaz. Venerea, nell'umor puzzolente che colava da Anchise
“sovra candido bisso distillando” - cagionatogli da un fulmine di Giove per non aver egli saputo tacere i suoi Amori con
Venere.
2285. L'ordinario destino delle metafore quando vengono comuni e famigliari è di perdere la qualità di
metafora e di diventare propria espressione dell'oggetto che rappresentano (Beccaria, dello Stile a pag. 120 ediz.
Classici ital. Milano) - E sia detto a quelli che si spaventano delle troppo ardite metafore: state queti; perderanno il filo -
Chi oggi, ad es. udendo di un cavaliere “che divora la via” si sente accapponare la pelle da simile imagine di cui non
saprei la più temeraria?
2289. u uk eimì ikanòs tà ypodémata bastàsai (N.° Testamento) CF. mil. sont minga degn de portagh i sciavatt -
oìnos anthosmìas e CF. vino col bouquet, abboccato - sigma, lettera greca CF. col s, tedesco - delta con d - alfa coll'a ecc.
- uaì, male CF. guaj! - pàsa pòlis CF. toute ville, franc. E e pàsa pòlis CF. toute la ville - parádeisos, parco CF. Paradiso
(terrestre), e nota che nella parola greca c'è idea di legame - ei dè mè ghe CF. mil. se minga (lat. sin) - Beule, ted., CF. mil.
bôll -.
2290. eìdo in greco vale per io vedo e io so - können in tedesco per potere e sapere. Nota filosofia delle parole!
difatti, chi vede, sa, e chi sa può.
2291. Esempi di amfibologia.
Ass
As
- in praesenti seldom makes a wise man in
futuro (calembourg,
parmi contro il Wiseman) -
Gh'hoo sett
- Gossett
quattrin de spend- in la contrada de San
Clement (insolenza milanese contro i gozzuti) - In gyrum imus nocte et consumimur igni (delle farfalle) si può leggere
lettera per lettera anche al rovescio.
2292. Gli Aretini tengono una fila di vocaboli per esprimere l'addormentarsi, come appisolarsi, appalparsi,
appalparellarsi, appattocchiarsi, appaligginare ecc. - e se li tengono è segno che li adoprano spesso.
2293. Ex abrupto CF. mil. assa brutta - Bacchanalia CF. baccan - laudare, lat. ant. nominare, chiamare un
testimonio, nella frase laudo Jovem CF. tedesco laut! - Manducus (maschera da paura nel Teatro Osco) CF. il Mangia, il
babau - Ciccum, granello di melagrano, filo, nilum CF. Chico spagn. piccolo, e cica mil., môcc, mozzicone di sigaro -
Kommen pass. kam CF. cammino -Trifauce, tridente ecc. non vuol sempre dire di tre fauci, di tre denti ecc. ma piuttosto
corrisponde al très dei francesi, che esprime il molto. -
2294. Le sfacciate etimologie di Menagio e di Ferrari. - Per es. da Cyathus, sciatt - e da cyathus, ciata, ciana,
ciaina, zaina! - Alphana vient d'Equus sans doute - mais il faut convenir aussi - qu'en venant de jusqu'ici - il a bien
changé sur la route (De Cailly).
2295. Tra i sist. filos. cita il sofisma di Giovanni Buridan (L'asino tra i due mucchi di fieno egualmente distinti
e moventi) che imbarazzò per un secolo le scuole del libero arbitrio - la filosofia geografica di Cousin coi tre periodi,
dell'infinito, del finito e della transazione tra il finito e l'infinito, e colla civiltà che va dall'Oriente all'Occidente come il
Sole di una volta, ma che si arresta appunto in Francia, dove, secondo Cousin, stabilisce in perpetuo il suo domicilio -
2298. Grida dei venditori ambulanti - A Firenze: piangete, bimbi, ci ho le ciliege! - A Milano (chi vende i
ramolacci) Pavia! Pavia! - (chi vende le angurie) fuoco! fuoco! - (chi vende le ciliege) oh che bella carne ecc. C'è
un'opera, mi pare - con disegni di Annibal Caracci intitolata “Cries of the streets of Rome”.
2300. I puristi non ammettono se non le onomatopee già registrate nei loro ricettari detti dizionari. Sarà
permesso di usare il cricch, perché lo usò il gabellato Dante - ma un altro suono che stia solo in natura, no. Di
onomatopee, il dizionario milanese è ricchissimo. Citiamo - cri cri - chiocch chiocch - chiacch chiacc[h] - tricch tracch -
tin tin - tic toc - tuffete - tràccheta - tacch tacch - tecch tecch - tocch tocch - tarlacch e tarlacheta - ciuff o ciuffeta -
pataton - patatonfeta - tonfeta - paffeta - paff - sgigh sgiagh - slipp slapp - slinfeta - zonfeta - sparlàfeta ecc. ecc.
2301. La rima è talora suggeritrice d'idee. Data la rima, il pensiero aleggia intorno a tutte le idee che fanno del
caso, e spesso non può fermarsi alla prima che trova. Dal passarne molte in rassegna è possibil una scelta - e spesso
succede che il poeta, felice della trovata, benchè non s'accordi alla posta rima, cangi per non perder l'idea codesta rima,
per cui s'era dato a cercare. Ora, la meditazione e le cancellature fanno i capolavori. - E di quì, la ragione per cui la
massima parte delle prose è cattiva - che è la possibilità di scriverle celeremente - Serve poi anche la rima ad arricchire
una lingua di parecchi vocaboli. Difatti il poeta, obbligato e dalla rima e dal verso, alcuna volta, un po' per pigrizia, un
po' per amore delle linee già messe insieme - inventa nuove parole o modifica le già esistenti. E gli stessi puristi
permettono loro ciò, sotto la scusa della licenza poetica.
2302. Scopo principale della umani è di allungarsi la vita - al che ella giunge mercè la memoria. Chi più sa,
più vive. La cassaforte della memoria è la Storia. Un'opera d'arte che non ci mette il suo obolo, è nulla - è un eco senza
voce. - Nè vale che la Storia scritta contemporaneamente agli avvenimenti che narra; senonchè quel ramo di scienza che
si usurpò il nome di storia non può mai scrivere contemporaneamente -. La vera storia è sol registrata nell'architettura,
nelle leggi, nella lingua di una nazione. - Si trova in tutto fuorchè nella Storia.
2303. Il carattere generale dell'epoca - condizione essenziale alla durata di un'opera d'arte - è spesso nascosto ai
contemporanei non solo, ma all'artista stesso che lo manifesta nell'opera sua - spinto a ciò, non già da ragione, ma da una
artistica necessità.
2304. Nel Sec. XIX Giusti fu l'unico poeta italiano veramente moderno - e quindi il solo umorista - Rossini il
musicista dell'humour -
2305. Manzoni dice le cose sue, come il lettore vuole - Rovani, come il lettore non vuole - Dossi parla per suo
conto - M. dissimula il non credere, R. simula il credere, D. credendo, non crede - M. cambia le carte in mano al lettore
a sua insaputa, R. gliele strappa di mano, D. confonde il giuoco - M. vuole che il bene si faccia per paura di un male di
là della vita, R. dice che si fa per necessità, D. dice, per utilità - M. par creda nell'altra vita. R. non crede nè in questa nè
in quella, D. crede in questa (la quale credenza, se anche non vera, è quella che onora l'umani più di tutte) -
Satiricamente M. corr. ad Orazio, R. a Giovenale, D. ad Ovidio - Della nuova letteraria vendemmia fatta coll'uva
d'Alfieri, Parini, Foscolo, ecc. Manzoni è il vino - R. è il torchiatico, D. la grappa - Del letterario inverno d'Alfieri, e
compagni… M. è la primavera, R. l'estate, D. l'autunno. - M. R. D. non furono mai autori di moda, perchè non uscendi
di moda.
2306. Manzoni naque rivoluzionario. Andò sempre all'opposto della corrente di moda (benchè seguente la
corrente dei tempi). V. in proposito il magnifico studio su lui di Rovani - Manzoni mise al corrente la nostra letteratura
colle straniere che l'aveano divanzata; anzi la fece loro antecedere -
2307. Importanza di Dossi nella letteratura umoristica spec. italiana. Piantò nuovi fiori sul suolo d'Italia; colti
nelle campagne straniere, e prudentemente innestati nel vecchio ceppo greco-latino. - D. è la vera insegna del tempo -
tempo che trova ragione a tutte le passate credenze e scusa a tutte le venture: tempo, d'altra parte, ancora dubbioso di sè,
che muta continuamente di lato come l'infermo - che si cerca, che si analizza e quindi si distrugge. - D. è l'ultima
espressione dello scetticismo: tutto in lui è negazione, meno appunto l'affermazione del negare. Sistema filosof. del D. è
di non averne. - Quanto al modo, D. tende continui calappi al suo lettore. Con lui il lettore procede su di un infido
terreno. D. è come certe scale - meccaniche bizzarie - in cui par di scendere appunto quando si sale e viceversa. Il modo
di D. è di presentare un fatto, cui il lettore non può non annuire: e allora, trac, gli sommette la logicissima conclusione,
spesso l'opposta al pregiudizio del lettore, ma alla quale il lettore non può rifiutarsi, avendo già dato l'assenso al seco
indivisibile fatto. - Comunque, D. è più curioso che grande.
2308. Rovani portò in vita la pena della sua troppa sincerità. - Manzoni invece, dando sempre ragione al
lettore, finì a convincerlo del proprio torto. - E se Manzoni riuscì a farsi applaudire facendo diverso del comune perché
parve di fare lo stesso; Dossi si fece odiare non rado perchè, facendo come la folla, parea fare diversamente.
2309. Göthe fu l'ultimo eco di una letteratura che ricadeva in silenzio: Richter il primo di una che cominciava a
parlare.
2310. I libri di Dossi come quelli di Richter furono paragonati a specchi in cui ogni lettore si trova riflessa la
propria fisionomia. Cangia la fisionomia del libro a seconda di chi ci guarda, cangia l'espressione a seconda del
momento in cui ci si guarda.
2311. Foscolo e Leopardi non sono umoristi… Due creazioni incomplete perchè incapaci al riso. V. ad es. la
Palinodia dell'uno - e le lettere giocose di Foscolo al Giovio, oltre alla sua pessima traduzione di Sterne. -
2312. Iris croceis pennis (Virgilio) CF. Shakspeare, “with saphron wings” - Thy head is as full of quarrels as an
egg is full of meat. CF. Mil. pien come on oeuf -
2313. Et. burlesche - ostilità, derivato forse dagli ostiari, schiatta villana. - va a farti benedire per dire “va alla
malora” dalla fama di jettatore dell'odierno papa Pio IX. - vess sagg (mil.) essere saggio e sazio - deriva da ciò che
quando s'è pieni di cibo fino alla nausea, si fanno i più bei proponimenti del mondo di sobrietà ecc. - svojass (mil.)
vuotarsi e svogliarsi, dall'atto di amore in cui col vuotarsi degli orcioli ci svogliamo dell'adorato oggetto - avegh i man
sul consolaa (mil.) dalla carriera consolare che a molti pare grassa e beata - cerretano, dal vender cerrotti - ciarlatano
dal ciarlare - valletto, dal dirgli il pederasta signore va-a-letto - ciambellano, per la stessa ragione, ci-ha-un bell'ano -
bacchettone quasi va chetone (prop. dalla bacchetta, che tengono in mano i fratelli della dottrina nelle processioni) ecc. -
vioeul soppinn da viole supine. - La famiglia milanese dei Binda, è una famiglia di legatori di libri. Deriva forse il suo
nome dall'ingl. to bind? rilegare.
2314. Roma e toma (mil.) dal Roma et omnia nella frase prometter R. e t. - diede occasione a un bello spirito
milanese cioè al mio amico Perelli, quando il vecchio Manzoni fece una caduta di cui s'inquie tutta Italia, che avea
appena gioito della presa di Roma (1870), di dire allo stesso Manzoni, che i due più grandi avvenimenti del giorno
erano Roma e Toma. - Si noti che tòma in milanese vale, quanto il ptòma nel greco, caduta.
2315. I Brianzoli, per esprimere le 4 stagioni, dicono “frecc frecc - frecc e cold - cold cold - cold e frecc” - Si
noti il cold, caldo che in ingl. significa - come anche il Kalt - freddo.
2316. Frasi nuove e felici se ne coniano a ogni istante nel popolo. Confalonieri ne è p. es. una zecca. Passando
in carrozza presso di un carrettiere, esclamò: vè! tiret indree on gottin: magara on mezz litter - Così: “Dio che levada de
sol che sa de moccusc!”, diss'io leggendo la descrizione di un'alba, che sentiva la fatica del suo A. o come dicono i poeti
“la troppa lucerna” - ecc. ecc.
2317. Questi publici-ladroni che doganieri si chiamano (Ariosto Satire). CF. Béranger dove parla dei
contrabandieri dicendoli i soli ladri onesti.
2318. All'uomo di genio è dato lo stile: all'uomo comune il gergo. Il gergo si potrebbe definire - lo stile delle
classi. Tanti i gerghi quante le classi. La dama che parla colle sue amiche o colla modista di cappellini e vestiti ha un
gergo, come la meretrice sul lupanare, i ladri - i marinai, i framassoni ecc…. Volete sapere chi è uno? provocatene un
complimento od un frizzo. Il gergo lo tradirà. - Tra i gerghi, citare anche quello dei servitori da caffè - e p. es. - negaa e
ris, tremoll vecchione, levante in zima, con fondina che va via - che voleva dire (arrosto) annegato (con guarnizione di)
riso, tre pani molli - un bicchiere di vino vecchio - caffè levante con fiammenghina da portarsi via dal caffè. - Nei caffè
di Milano, per-mè significa mezza porzione, ecc. - Non dimenticare il gergo burocratico. V. 2360.
2319. Mia prima impressione di Roma. - 18 nov. 1871. Alba - La locomotiva fra le rovine. - Nelle campagne i
buoi dalle lunghe corna, le mandre di cavalli e i cavallari dai lunghi mantelli neri e dalla pertichetta. - Gli omnibus alla
stazione: uno ha il nome di Giove: l'altro di Venere - Il parrucch. Marcinelli (Marcius Aelius) - Il mio bottaro (vetturino)
che mi parla di Augusto, di Bruto, di Cicerone… tutti suoi amiconi, e mi dice “quì stava di casa Lugrezia, Muzio”
ecc. - Il lustrascarpe dalla faccia di antico stampo romano. Mi par d'averlo veduto sull'iconografia di Ennio Quirino
Visconti. Forse è il discendente di uno Scipione che lustra le scarpe al discendente di uno schiavo barbaro - S. Pietro;
impressione sgradita S. Pietro chiesa senza fede. Magna pompa - nulla religio. - Le file dei seminaristi di tutti i colori
- Tempio della Pace - Palazzo dei Cesari. L'occhio comincia ad abituarsi alla grandezza - Campidoglio. Marco Aurelio
di bronzo a cavallo - che stende ancora la mano a protegger la sua Roma. Mie considerazioni vedendo salva dalla
fonderia la imagine dell'unico imperatore che meritava di averla salva. - Ma Marco Aurelio tiene in mano una bandiera
dai tre colori. Chissà quante volte l'ha già cambiata! - Il Quirinale; contrasto fra le eleganti linee della sua facciata, e la
lunetta coi cannoni che ne francheggia la morte. Questi re hanno ben paura dell'amore dei loro popoli! Il Ghetto e i
Monumenti - Fasto e Miseria - Consid. su Roma pagana - Roma cristiana - e Roma papale. In Roma si sente ancora
dapertutto il papa. R. non potrà mai essere sinceramente costituzionale. Il dispotismo vi lasciò il suo nome su ogni
pietra. Ora, da capitale del mondo, scende a diventare capitaluccia d'Italia.
2320. Conto, fra i nomi degli omnibus a Roma (1872), Giove, Mezzo milione, va e viene -chi va piano va sano
- Marte - Il Vincitore - Vaporetto della Sibilla - Genio - La Lupa - La fuga - Il Volantino - Ninetto - Il Palombo -
L'economia - La Giardiniera - L'omnibus tra Barlassina e Milano si chiamava la nojosa.
2321. Nomi delle vie di Roma (1871). Via di Tata Giovanni - Via di S. Stefano del Cacco - Via di S. Maria in
Cacaribus - Via delle botteghe oscure - Vicolo anonimo - Via dietro la tribuna di Tor dei Specchi - Via Rua (rue, CF.
Rugabella, di Milano, rue belle).
2322. A Roma, c'era, in una via, un monastero. Le mura del suo giardino non erano tropp'alte. Per non far la
spesa di alzarle, il governo pontificio, imaginò di obbligare i vicini frontisti a tenere le finestre del secondo piano, verso
il monastero, chiuse a vetri… di latta. - Abbattendosi lo stemma papale di gesso al Collegio Romano, le donnicciuole
raccoglievano i pezzetti di calcinaccio caduto per serbarli come tante reliquie - I cuochi dei gran signori romani come il
Torlonia ecc. hanno il permesso dai loro padroni di servire ai privati, mandando attorno pranzi, colazioni, cene - all'ora
stessa in cui il proprio padrone mangia. Dio sa che rapine - Presso il Colosseo, udii due giovinetti romani dell'ultima
plebe disputar con calore di Ettore e Achille. E ciascuno vantava la generosità del suo eroe, finchè vennero ai pugni. -
2323. Scene della campagna Romana (di bocca della mia fante). Muore un cardinale, lasciando 200 scudi da
dividersi in tante doti da 20 scudi l'una, distribuibili a sorte. Nanna presenta la sua instanza raccomandata. Viene il
posto. Le ragazze si raccolgono in una chiesa. Gli ultimi venti nomi che sarebbero rimasti nell'urna dovevano essere
quelli delle vincenti. Le ragazze cominciano a fare la comunione, e fanno preghiere per l'anima della defunta eminenza -
presente un'altra eminenza, molti canonici e molti curati. - Poi si estraggono tutte le schede. Il nome di Nanna non è
comparso. - E Nanna si alza gettandosi il suo scialle in traverso - va fiera e difilata in mezzo la chiesa in presenza del
cardinale, - e si mette a ingiuriarlo con una fila de' più scelti improperi. “Tu, pezzo di merda… tu filjo de una
mignotta… tu porco fottuto… perchè non me ci hai messa? - Scandalo! tutti escono correndo dalla chiesa. Nanna non
lascia il mazzo. Si volge al curato, pigliandolo per la veste e lo copre d'ingiurie. - Si verificano le schede. Difatti, il
nome di Nanna mancava. Il curato va allora dall'Eminenza la quale gli dice ebbene, contentate quella fritella con
qualche cosa. Datele di che andare da un Giudeo a procurarse un abituccio de lana”. - Ma Nanna, fissa, vuol sapere il
perchè del non esser stata posta nell'urna. Le si risponde che fu una inavvertenza del servitore del cardinale, il quale,
credendo l'istanza una di un solito povero l'aveva gettata sul fuoco. In conclusione Nanna è chiamata a palazzo
dell'Eminenza. “Oh che fate?” le domanda il cardinale guardandola molto negli occhi, chè Nanna è belloccia. “Un po' di
tutto, Eminenza” - risponde costei facendosi rossa - Bene, dice il cardinale, provvederò io a la dote - e le con una
ganascina, la sua maliziosa benedizione.
2324. 17 marzo 1872 (domenica). Dimostrazione per la morte di Mazzini, a Roma. Simulacro de' suoi funerali:
poca gente spettatrice: assai nel corteo. Molte bandiere di società operaje, alcune delle quali ravvolte intorno all'asta in
modo che sventoli la sola lista del rosso -; ma i carabinieri obbligano chi le porta a svilupparle del tutto - Fischi - Il
carro, tirato da quattro cavalli bianchi con su una brutta Italia di gesso velata di nero, che stende la mano su un busto di
Mazzini. Molte bandiere abbrunate, alle finestre. Il corteo muove verso il Campidoglio. Tra le aste. che circondano il
carro, portanti dei cartelletti col nome di qualche martire per l'Italia, noto quella col nome di Barsanti, il fucilato per
rivolta - giovane infelice, che ha diritto alle lagrime ma non alla fama. - Al Campidoglio dicono parole, per fortuna
poche, Avezzana e Cairoli.
2325. 27 nov. 71. 1ª apertura del Parlamento a Roma. - Alle 11 antim. appare in cielo una splendidissima stella.
L'ho vista io - e l'hanno vista tutti i Romani - Il S.P.Q.R. è superstizioso come ai tempi latini. La stella ha giovato a
mantenere favorevoli gli animi al grande avvenimento, più di quanto parrebbe. - Gran porte - gran luminaria. Non
veggonsi che ufficiali tutti a nuovo e a decorazione. - Non un prete un frate per via. I palazzi dei principi Romani
chiusi ermeticamente.
2326. La boria romana dei guardaportoni. Considerazioni archit. e filosofiche sulla porticina fiorentina e il
portone romano. - La bellezza olimpica e sensuale delle romane. A Roma non si vedon ragazze. - La coquetterie nelle
imagini sacre, sui canti delle vie.
2328. Agli esami, i professori cercano più di far sapere allo scolare che loro sanno, che non di conoscere se lo
scolare sappia.
2329. Udii un Romano, maestosamente avvolto nel suo mantello - esclamare, con voce da basso profondo: Me
basta l'anemo de non far niente! - Altro Romano, cacciando inanzi il suo asino, gli gridava: Aè! papa Grigorio - Un altro
ancora, invitando a pranzo un amico, scrivevagli “venerdine ve invito a pranzo, e si venite, venite - ma si no venite…
accidenti! sinone”. - La parlata romana, usa sempre della lente che ingrossa, appunto all'opposto della fiorentina. I
Romani hanno trovato i superlativi dei superlativi, come “Gran depositone” ecc., i Fiorentini il diminutivo dei
diminutivi come in “piccinino” ecc. - Inoltre, la parlata Romana va ricca di bellissime frasi e parole, come argentina,
per pesca minuta, spaccio di vino - Arte bianca, per vendita di farine ecc. - Minuzieria, fabbrica di piccoli oggetti di
legno - i Vigili (pompieri) - galanteria (p. chincaglieria) - col cappello all'abbandona - volemo far tutta una tuttata (CF.
Milan. su per su) ecc. ecc.
2330. Il Ministero degli Esteri, sotto Visconti Venosta, era diventato un semplice ufficio di trasmissione ed è
ancora (1886). Vi si giocava da un capo all'altro dell'anno “al pizz tel doo, pizz tel mantegni” o “al Papagall colla coda
d'argent”, facendo passare ad altri uffici, copiate, le note che vi arrivavano. La gran politica consisteva nel non lasciarsi
bruciare in mano il pezzetto di carta del “Pizz tel doo”: in altre parole di scaricare adosso agli altri ogni eventuale
responsabilità. - Gli impiegati di detto M.° erano in generale di una inarrivabile ignoranza. Un giorno p. es. la legazione
d'Austria inviò una quitanza di spedalità che doveva esser rimessa al M.° dell'Intemo. Il signor Barilis (che fu poi
console al Giappone) deputato alla corispondenza d'Austria-Ungheria, benchè non conoscesse il tedesco, manda la
quitanza agli Interni chiedendo loro il pagamento della spedalità già pagata. Ma il M.° degli Interni rimanda la quitanza,
osservando che il Tale dei tali non si può trovare, per non esserci sufficientemente indicato il suo luogo di nascita.
Nessuno capiva il tedesco: sbagliato un bottone, sbagliavansi tutti. - Un'altra volta si scambiarono note a proposito di un
Cav. Pox - Indovinate chi era? era il vaccino, cow-pox, che per un errore di penna scritto cau-pox, diede origine a un
cavaliere. - Confusissime erano poi nel Ministero degli Esteri le idee sulla proprietà. Sparivano giornali, libri, quinterni
di carta, scatolette di penne, perfino i calamaj. Spesso un furto generava l'altro. A. toglieva la penna a B., B. toglievala a
C. ecc. - Quanto alla celerità della macchina ministeriale, si pensi che le note urgentissime restavano settimane sui
tavoli, e le urgenti mesi. Per una negligenza di un impiegato (S.
r
Barilis sudetto) un povero diavolo rimase due o tre mesi
all'estero carcerato, aspettando la già decretata scarcerazione - Quanto ai sentimenti religiosi - una festa si lavorava al
Ministero degli Esteri. Si era ancora a palazzo Valentini. Erano i tempi, in cui ai funerali del Magg. del Genio
Charbonneau si videro i granatieri colle torcie in mano (10 feb. 72). Arrivò una staffetta dalla Consulta, coll'ordine del
ministro di sospendere il lavoro… per non offendere il Vaticano! A Roma non era entrato con noi il nostro taccuino -
Un'altra volta un prete entrò a benedire il Ministero. Inenarrabile la felicità del Ministro e del Dir. Gen. Ordinò di
pagarlo in 15 lire in oro. - Quanto infine alla moralità - citerò un breve discorso. Chi discorre è il cavaliere Bazzoni col
cav. Castelli (un gobbo)… Castelli - In generale ai Francesi piace la donna infrollita… passata come i selvatici. In
Francia, la cortigiana è nel suo fiore dai 40 ai 50… Bazzoni. Hanno ragione… Ci si trova più carne da sprofondarsi. Poi
le donne passate si adattano, più facilmente delle giovinette, a quanto a noi uomini dà più gusto ecc. ecc. su questo tono.
2331. No - non annientiamo le passioni, ma il comando sia a noi. Che direste di un cocchiere che si
lasciasse guidar dai cavalli?
2332 a). Diceva Manzoni che “il governo italiano il quale offre conciliazione al Papa cui ha tolto lo Stato è
come quel ladro, che, dopo di avermi rubato l'orologio, mi dicesse, senza più restituirmelo "su via, facciamo… come se
nulla fosse avvenuto. Quà la mano da buoni amici…"”
2332 b). Certo Console, per non pagare scrivani, copiava lui stesso in bella i suoi dispacci (e fin quì nessun
male) ma li copiava in carattere inglese con una penna d'acciajo, facendovi poi sotto il suo scarabocchio di nome con
una penna d'oca doppiamente d'oca.
2333. 1870. Presa di Roma. Noi italiani, i vinti dei vinti dei vinti (peroccvinti a Custoza dagli Austriaci, che
erano stati battuti a Magenta dai Francesi, alla loro volta sconfitti a Worth ecc. dai Prussiani) siamo stati finalmente
vincitori. E di chi? Dei soldati del Papa.
2334. Io non scrivo mai il mio nome sui libri che compro se non dopo di averli letti, perchè allora soltanto
posso dirli miei.
2336. Una nobile famiglia di fanulloni, vedendosi crescer di giorno in giorno la spesa e diminuire l'entrata,
pensò di fare economia. Ma in che? Già, di carrozza non possiamo far senza: c'è la nonna che è inferma… Impossibile
restringere l'appartamento! dove mettere tanta bella mobiglia? e il decoro?… Non si parli neppure di licenziar qualche
servo. Meno di quattro, come si fa? via via, pensa e ripensa cerca e ricerca - trovò di fare economia… indovinate in che
cosa?… in di biscott d'anes. -
2337. Dei dialetti. - Nè etimolog[icamen]te razional[ment]e differiscono dalle lingue. - Manzoni che sapeva
quel che si faceva, in una sua lettera, parlando del milanese, dice lingua, non dialetto - Vi ha chi dice che “dialetto è la
lingua senza letteratura”. E allora perchè dite dialetti, il veneziano, il napoletano, il bolognese, il milanese ecc.? Pochi,
starei per dire nessuno dei dialetti, manca di letteratura - Altri dice “dialetto è la lingua parlata dalle infime classi” -
Nuovo errore. Il Senato di Venezia parlava veneto e l'alta società di Milano, parla Milanese - Altri ancora, “il dialetto è
la lingua parlata dai pochi”. Chi intendete per pochi e chi per molti? A rispetto di chi parla il francese in Europa, pochi
parlerebbero in italiano; e però l'italiano dovrebbe, secondo voi, chiamarsi dialetto. - Importanza di mantenere i cosidetti
dialetti: che sono uno strato mobile nella lingua di un paese, dove si generano e si educano le nuove parole, che poi
adattandosi a poco a poco all'orecchio dei parlatori, cadono inavvertitamente dalla penna degli scrittori, finchè,
acquistata autorità, vengono assunte all'onore dei dizionari. - Il dizionario sta alla lingua, come alla morale la legge. La
lingua rappresenta la immutabilità; il dialetto il suo contrario - questo è il sentimento, l'altra la legge.
2338. I verseggiatori detti poeti dovrebbero sempre avvertire al tempo in cui scrivono. - “il sole che sorge o che
scende, l'ultima Thule” ecc. dopo Copernico e Galileo, dopo i piroscafi e le ferrovie, sono frasi da mandare nei
spazzacasa. Ciò si dice del “lontano Brasile” citato dall'idillista Marenco, l'eterno copiatore di sè stesso.
2339. agiòla! (veneto) CF. eja, age (lat.), orsù - biott (mil., nudo) CF. bios, vita e biotòs, che ha la sola vita -
Fare per dire. Fanfani ne pose la ragione in ciò che il verbo fare può stare invece di ogni altro e ne cita esempi. Io,
invece, mi permetterei di derivarlo in linea retta dal latino fari, favellare. -
2340. Traccia dei Giorni di Festa volume nel quale vorrei racchiudere quanto possa trovare di curioso nella
minuta archeologia Milanese - costumanze che van scomparendo, nomi antichi di contrade, botteghe di una volta, cibi
vecchi, araldica borghese cioè insegne ecc. ecc. - Prefazione sulle feste in genere - le feste di una volta e le odierne -
protesta degli scolaretti e degli impiegati contro il nuovo taccuino officiale. Come per un bimbo, ogni è festa - Poi
seguono i capitoli, ciascuno col nome di una festa, in ordine di calendario - 1) Capo d'Anno e S. Silvestro - 2) Epifania
Epifania - la befana - 3) Carnevale - 4) Le Ceneri - 5) Domenica delle Palme - 6) Settimana Santa - 7) Pasqua - 8)
Corpus Domini - 9) Pentecoste - 10) 0gnissanti (Vedi poesia Bellati, Racc. Poeti Mil.) - 11) S. Ambrogio - 12) S. Carlo
- 13) Santo Stefano (apertura della Scala) - 14) S. Croce (3 maggio) - 15) S. Michele - 16) S. Biagio, S. Rocco, S.
Giuseppe (oh bei oh bei ecc.) - 17) Il compleanno e il giorno onomastico - 18) La Domenica, il Giovedì - e il giorno di
scuola - 19) Il giorno del Premio - 20) La prima cresima e la prima comunione - 21) Il carnevaletto dei morti (2
Novembre) - 22) Il Natale - 23) Le vacanze (la campagna di chi non ne ha ecc.) - 24) Feste ufficiali - Statuto - il del
Re - commemorazioni patriotiche - 25) Ferragosto - 26) Feste dissuete. - Ciascuna dovrebbe formare un bozzetto, in cui
domini l'humour - in cui sotto colore di descrizione di cose passate, si critichino ecc. le presenti. - (Per le cose da dirvi,
V. sparsim, nelle note, o sotto il titolo Feste, o sotto il tit. particolare di ciascuna festa). (Notizie di arch. minuta se ne
possono trarre dal Cherubini, dalla “Miscellanea della Rivoluzione” all'Ambrosiana, e dai cronisti milanesi). - Sulla
soglia di ogni bozzetto si potrebbe porre il “menu” tradizionale di quella festa.
2341. Il Carnevaletto dei Morti - 2 novembre - Come si festeggi questo giorno a Milano - a Roma e a Napoli. -
A Milano, i fopponatt che visitano i cimiteri poi vanno ad ubbriacarsi nelle vicine osterie e a mangiar ceci. - A Roma la
festa dura 8 giorni. Visita ai cimiteri. Gli amanti donano alle amanti e viceversa un ossetto de morto, che è un dolce,
incartato, e una fava. Si mangiano fave e tempia di majale - A S. Giovanni Laterano, Scala Santa, si vestono gli scheletri
da monache e frati colle torcie in mano ecc.
2342. Pasqua (festa mobile). Et. Capretto, insalata e uova sode - La Comunione. Il vescovo battezza 3 bimbi - I
“Pasqualitt”, colombi di pasta dolce e cattiva, con un uovo sodo nel mezzo - uovo col guscio e muffito - Le Chiappe,
originate dal grido dei Giudei, vedendo Gesù fuggir dal sepolcro “ciappel, ciappel!” - Gli auguri “buone chiappe” ecc.
che i birichini milanesi dopo lo scandalo del Padre Cerera fanno, a Pasqua, ai preti che incontrano per le strade… Le
grasse spiritosità in proposito. Diceva sempre mia nonna, sedendosi in questo giorno a tavola “incoeu se mangia tutt coi
man men l'insalatta”. “E perchè?” chiedevamo noi, benchè la nonna ce l'avesse già detto per una fila di Pasque (chè guai
se non lo chiedevamo: nonna ne sarebbe rimasta mortificata e avrebbe fatto cattiva Pasqua). E lei rispondeva, con un
sorrisetto di gusto - Perchè l'insalatta la se mangia coi ciapp. - “El beliett” cioè il polizzino della comunione, che i
professori del ginnasio a' miei tempi esigevano dagli scolari. Esempi di alcuni biglietti. C'era chi si comunicava per tre o
4 di noi. - Frasi “vess content come ona Pasqua” “Fior de Pasqua” - Pasquiroeu; chi si comunica nella sola Pasqua - ecc.
ecc. - Natale. Il dindo che passeggia tronfio e pettoruto per la casa… Becca il ritratto della Madonna… ecc.
2343. Capo d'anno. La Torta - La spiritosità tradiz. “chi rompe la torta?” Mio desiderio di possedere la carta
della torta. Zio la bucava nel mezzo e mettevamela al collo. Parevo il mio trisavolo-bimbo. La dolce fiocca = il
lattemiele. Il sentimento del nuovo; del cambiar vita. L'anno scorso par morto da lunghissimo tempo. La morte annuale
che segna un abisso tra il rimasto e il partito ecc. - Uno tra i piccoli regali che io preferisco di fare agli amici è il
taccuino di tasca; è un regalo che dura tutto l'anno: per esso io mi rammento ogni dì a loro. - S. Silvestro col rammarico
e i rimorsi: Capo d'anno colle speranze, e i buoni proponimenti ecc. - Giovedì e Domenica. La tombola, descrizione di
una tavolata di ragazzi e di giovanette. Mia passione per la tombola, che mi permetteva due volte alla settimana di
trovarmi ginocchio a ginocchio con una bella giovine freschissima. Il mio segreto amore per lei. Mia gelosia. Ella non
seppe mai nulla. L'ho rivista pochi fa, dopo di averla per lungo tempo dimenticata. Non s'è maritata: inzitellonisce -
sua faccia patita. Non mi riconobbe. - Caratteri tra le mamme che giocavano alla tombola. Una insegnava all'altra il
modo di fare il grasso ecc. e intanto scordava di notare i numeri. Spir. trad. ad ogni uscita di numero. - novanta, la
pecora la canta - settantasette, le gambe delle donnette - le risa al numero 16 - l'hai tu il sedici?… io no… e tu?… ecc. -
Alla domenica lo spettacolo della Messa (vedi Ms. il mio merlo) - Santo Stefano, apertura della Scala. Com'era una
volta e com'è oggi. Mio zio veniva a pranzo da noi in abito nero e cravatta bianca. - I pronostici del parrucchiere - Il
guardare frequente alla lancetta del pendolo. La signora che si allontana ogni istante di tavola: le scampanellate della
modista ecc. Il parrucchiere aquista in questo giorno una grande importanza. Il libretto della nuova opera - Parte lo zio
pel teatro. “El me magon”. Mi si conduce a Gerolamo. - Santa Croce. L'invasione del frustagno nella città. L'odore in
Duomo de “loff negaa in del fustagn”. Le croci di gesso, che fanno i birichini milanesi sul dorso dei villani. I villani e le
villanelle in Galleria Vecchia a guardarsi meravigliati nello specchio. Chi grida “vita, morte e miracoli del Santo
Chiodo”. La nuvola in Duomo ecc. - Sant'Antonio. Benedizione delle bestie. La piazza Castello. I buoi e le vacche colle
rose e le camelie fra le corna… ecc. - Due Agosto. Descrizione di un lupanare in baldoria brindisi al Re ecc. - S.
Biagio, benedizione della gola; il panettone stantio ecc. - Natalizio del Re. La gioia ufficiale. La guardia nazionale che
sa di pepe e di canfora. Imbandieramento di tutte le case di tolleranza. Le autorità in abito nero e cravatta bianca, che
vanno ad assistere al Te Deum. Imbarazzate in chiesa per non andarci mai tutto l'anno - Il re, obbligato tutto l'anno a
sentir sempre la stessa fanfara stonata - La festa del villaggio. Sparo di mortaletti che fa tremar i vetri della chiesa. Il
prete che sta avvicinandosi alle labbra il calice, sobbalza, e si morde la lingua. La carretta dei “diavolotti” e degli “zufoli
rossi” - I natalizi domestici. Celebravamo due volte quello della nonna Luigia. - Al S. Luigi Re, e al S. Luigi Gonzaga -
ed ella cadeva ogni anno volentieri in inganno! - Altri santi particolari. S. Cerino. Si faceva la festa a tutti i cerini di
casa etc.
2345. A Lodi, presso il ponte dell'Adda, trovasi un angiporto, nel quale si tenne il generale Bonaparte durante
la battaglia sul ponte, non arrischiandosi fuori se non a battaglia finita. E fin quì nessun male. Il male comincia in quegli
adulatori di artisti che ci rappresentano l'eroe, colla spada nel pugno, in mezzo al ponte, e alle schiere nemiche. Questo
si dica anche a proposito del passaggio del S. Bernardo che egli fece seduto su di un modesto asinello. Or chi non
conosce il disegno di [David] nel quale Napoleone ci si mostra in mezzo alle rupi e alle nevi su di un cavallo bianco
impennato? Altro che gli elefanti di Annibale sul Moncenisio, e le rupi spaccate a forza di aceto!
2346. Gli amici. - (pei R.U.) A. ha un palco. Gli amici la prima sera dello spettacolo vengono ad occuparne il
parapetto ed egli non ha altro rifugio che il camerino. - A. tiene carrozza: gli amici gliela tengono a spasso da un capo
all'altro del giorno. - A. tieni sigari: gli amici non gli lasciano che le paglie. - A. un pranzo: gli amici mangiano la
polpa e a lui non restan che le ossa. E gli amici adoprano lo schioppo e le polveri di A. - gli domandano in prestito
bottiglie piene e gliele restituiscono vuote, gli rompono i mobili, fanno mazzi co' suoi fiori ecc. ecc.
2347. Carnevale (pei G.F.). Et. Alcuni da “festa carnalia”, altri da “c h a r i v a r i u m”, gran rumore
(charivarium da karebarìa, stordimento di testa) - “Rabadan”, mil., punto massimo del carnevale. CF. Ramayana, festa
turca. Anticamente il nostro carnevale comprendeva anche tutta la prima domenica di quaresima, e di tal uso vediamo
reliquia nel corso di carrozze, sostituito alle maschere verso la fine del 1500. Nei primi anni di questo secolo, c'erano al
veglione maschere che inventavano versi, li scrivevano, li componevano e li stampavano sul momento. - Il Domino e la
Bautta veneta (mascher de disimpegn) corrispondono al mil. sossorì. - Maschere locali durate fino al 1810 sono “i
facchin, i sceppin, el Baltramm e el Meneghin” - La Sceppinada era una mascherata di gente travestita da spaccalegna.
Uomini, donne e fanciulli usavano l'abito dei montanari genovesi ringentilito con nastri a colori, pennacchi ecc. Percorse
alcune vie, fermavasi a cerchio in alcune piazze a cuocervi una gran polenta di farina di grano turco. Cessò verso l'anno
1810 (v. Cherubini, vol. 2°. pag. 83). Tra le maschere antiche mil. si contano “l'amalaa, caciador, diavol, dottor,
giardinee, Lapôff, Marinar, Maronee, matt, montagnee, paisan, peruccon, pescador, poporon, s'ciao, sossorì,
spazzacamin, stria, strolegh, tavoletta, teston, torotella, vecc, Zingher, zeura”. - V. Statut della gran Bedie antighe di
fechin dol Lagh Mejô ecc. an present 1715 - Mascarade doi fechin del lac Mejô ascricc in lla magnifiche Bedie, facc in
Milan ol 20 fevrecc 1764 - Poesie in lingua fachinesca. - La settimana grassa con la prima dominega de Quaresma.
Almanacco per l'anno 1797 ecc. - (Vedi nella Nota, libri da vedersi).
2348. 1ª traccia dell'opera “I Ritratti Umani” in 13 volumi - cioè 12 libri e una appendice.
Epigrafe - Pagina mea sapit hominem - (Martialis).
Libro I - Campioni della merce - I lettori in Italia - I dilettanti - La gente che mangia quando vuole e la gente
che mangia quando può - I seccatori - La calata dei matematici in Italia - 1) I fanulloni (32) - 2 I sojatori (48) - 3)
Tiranni domestici (29) - 4) I fracassosi (74) - 5) Gli artisti (21).
Libro II - Dal calamajo di un medico - già stampato. Agg. alcuni bozzetti.
Libro III - La desinenza in A - quasi scritta (1877).
Libro IV - Alla bassa - Il Processo Formaggia ossia la terribile notte di sangue alla cascina del Bosco - 6) I
fittabili (49) - 7) I contadini (56).
Libro V - Il bel mondo coll. Dossi e Fausto (?) - 8) I vani (27) - 9) I Miserabili (6) - 10) La gente fina - 11)
Gli amici (13) - (Per la gente fina V. vecchia e nuova stampa (58), mezzi vizi e mezze virtù (39), i delicati (57)) - Le
grandi colpe piccole.
Libro VI - 12) 1 bimbi - soliloqui di un bimbo (Vecchi 51 - framassoni 16 etc.) - bimbi majuscoli e minuscoli - I
giochi.
Libro VII - Parte ufficiale coll.
ne
Dossi e Mayor - 13) Re e principi - 14) Parlamento e Senato (sulle elezioni
ecc.) - 15) I soldati (20) - 16) I preti (66) - 17) I cavalieri di S. Bertoldo e Bertoldino (47) - 18) Gli impiegati (35) - 19) I
giornalisti (44) - 20) I servi nelle piccole e grandi famiglie (75).
Libro VIII - Le scuole - 21) Scolari e professori (28) - 22) Gli uomini grandi (ricetta di fabricarne; piccolezze
degli uomini grandi ecc.).
Libro IX - Il commercio - commento al codice di commercio, fatto da un commerciante ubbriaco - 23) I
commercianti (50).
Libro X - Cassa o Tara. coll. Dossi e Perelli - Nella Prefaz. Perelli dovrebbe fare il mio ritratto ed io quello di
Perelli - 24) Martiri popolari (7) - 25) Fisionomia dei Teatri di Milano (63) - 26) Il tombone di S. Marco (62) - 27) I
trovatori nostrani El Tirazza - El professor Mosca - i bosin - Regolamento municipale per gli organetti accordati (8) -
28) Arti e mestieri (73).
Libro XI - [lacuna] - 29) Gergonai (45) - 30) Avvocati (53) - 31) Cacciatori (36) - 32) Fiaccherai (5) - 33)
Portinaj (72) - 34) I Celibi (69).
Libro XII - [lacuna] - 35) Contrattempisti (10) - 36) Allarmisti (63) - 37) Spostati (42) (malcontenti 3) - 38)
Sofistici (71) - 39) Indifferenti (6™2) - 40) Bigotti (32) (ipocriti 65) - 41) Rostoni (59) - 42) “Andeghee” (70) - 43)
Leni pazzie (9) - 44) Sudicioni (40) - 45) Curiosi… ecc.
Appendice ai R.U.: Le bestie - Cani e gatti - Buoi e vacche ecc.
Detta distribuzione di materia è provvisoria, specialmente nei libri X. XI. XII. - e i titoli pure sono provvisori.
Si noti, che il secondo numero fra ( ) si riferisce alle note vecchie, riportate in parte sui presenti fascicoli. - I bozzetti,
quanto alla forma potranno alcuni presentare quella di dialogo (v. L. V. Il bel mondo, tra una dama del nuovo ed una
dell'antico stampo; tipo id. I miserabili - dialogo di Diogene e tre o 4 signori) - di racconto (v. L. IV. Alla bassa; Martiri
popolari ecc.) - di sogno (v. per es. Tombone di S. Marco) - di confessioni (nei Vani, L. V.) - di addio (L. VIII.
Impiegati) - di soliloqui (L. VI. I bimbi) etc. - Quanto ai motivi, e ai principi - v. sparsim, in questi fascicoli, titolo R.U:
in particolare - pei fanulloni (L. I. 1) “due sono le sorta di fanulloni: quelli che pajono e non sono (Rossini, Rovani,
ecc.) e quelli che sono e non pajono (linguisti etc.)” - per gli Impiegati (L. VII. 18) “Non v'ha fatica più infame di quella
di cavalcare un velocipede” diceva tale - E perchè allora lo monti? gli si chiedeva - Rispondeva “per provare il gusto
dello scendere” - per le leni pazzie (L. XII. 43) tutti hanno un ramicello di pazzia; anzi dice il filosofo che, “nullum
ingenium sine mixtura dementiae” ecc. - pei sojatori (L. I. 2) O Rabelais, o Rossini, o ecc., principi della soja ecc. - pei
giornalisti (L. VII. 19) la descrizione di un pranzo offerto dai giornalisti a un grand'uomo piccolo - nei portinaj (L. XI.
33) - farne l'elogio - osservando come molti atteggiano le loro azioni in vista di c che i portinaj ne potrebbero dire:
Variaz. poi sul tema di Marziale “o janitores vilicique felices” - nei preti (L. VII. 16) - cominciato con la frase “la và de
pret” mostrare, come tal frase esprime oggi il rovescio di ciò che esprimeva una volta. Oggi i canonici sono magri ecc.
Descrivere la infelicissima vita di un prete al dì d'oggi. Suscitare insomma compassione per l'uomo prete, e odio insieme
per la carriera sacerdotale - negli indifferenti (L. XII. 39) citare le parole di Cristo contro i tiepidi, la legge di Solone
contro gli astensionisti nei partiti di una città - La scelta, prova di carattere - i versi di Dante - la ode di Parini sulla
indifferenza, ecc. - nei fiaccheraj (L. XI. 32) non dimenticare gli altri mezzi di trasporto, gondole, palloni aerostatici
ecc. I bottai di Roma. Rapporti di somiglianza tra il brumista e il suo cavallo, come tra il padrone e il proprio cane
ecc. - nei contadini (L. IV. 7) oppugnare il suffragio universale. Confrontare il contadino dei romanzi, al contadino vero.
Causa delle illusioni dei romanzieri - dal non posseder fondi che in Parnaso - nei trovatori nostrani (L. X. 27) citare il
Tirazza, il professor Mosca (V. Miscellanea Rivoluzione), i bosin - i Savojardi colla tiorba - Gli organini. Elogio
dell'organino intonato e della musica a buon prezzo e a gratis, - negli amici (L. V. 11) porre per epigrafe “dagli amici mi
guardi Iddio, chè dai nemici mi guard'io” - negli avvocati (L. XI. 30) l'epigrafe “homo homini lupus” (Plauto). Descriz.
del lupomanaro - concludendo ch'esso è l'avvocato - nei soldati (L. VII. 15) che dovrebbe riuscire una confutazione ai
rosei bozzetti di De Amicis. “Una signora di mia conoscenza dicevami ch'ella amava 3 cose, il burro, il color verde, e
la cipria - e tre cose ella odiava, le candele di sego, i fazzoletti di colore, e gli uomini, eccettuati i soldati. Ella diceva 6
bestialità, chi non vede?… poche del resto per una donna: tuttavia in mezzo all'errore sormontava una goccia di verità:
la differenza ch'ella trovava tra l'uomo e il soldato. Difatti i soldati non sono uomini ecc.” - nei servi (L. VII. 70) - I
servi delle piccole e grandi famiglie, i servi dilettanti - i padroni fieri di servire (ciambellani ecc.) - nei cacciatori (L. XI.
31) le tre caccie, al marito, alla dote, agli impieghi - nei fiaccheraj (L. XI. 32) ricordare la grande faccenda che era una
volta il mandare a prendere il fiacre. Se ne parlava una settimana prima. Ci si andava fustibus et lanternis. Il fiaccherajo
Foglia in S. Francesco. Le piazze dove stabulavano i fiàccheri, parevano stallazzi - tutta paglia e piscia. I fiàccheri a due
cavalli stavano nella piazza del Filodramatico. Andavano lentamente, con molta precauzione. Dal loro nome, la fiacca -
nei Vani (L. v. 8) contro la nobiltà ereditaria - Nell'Appendice, miei dubbii di porre fra i ritratti umani, i bestiali -
Ragioni pel sì e pel no. Ragione capitale pel sì, l'averci già posto le donne. - (Vedi libro sulla Vita domestica delle bestie
edito credo dal Treves).
2349. R.U. Soldati - Il della Leva. La visita militare. Gli ubriachi. I genitori alla porta attendendo con ansia -
Gioje e dolori. È il solo momento in cui un padre si felicita del figlio malsano. Tale è fatto buono - ha 27 anni, moglie e
bimbi - L'amorosa che ode “scartato” l'amante pel gozzo - o l'orchite - La generazione presente, bacata - Il nobilino, che
deve svestirsi in mezzo a tanta plebe. Contrasto tra le sue carni fine, pallide, malaticcie, e l'aitanza e il sangue degli altri
- I carabinieri modello - Chi parte cantando, chi piangendo ecc. - Noi aboliamo le corporazioni religiose e lasciamo stare
i soldati! Eppure costoro sono eguali ai frati - sono ex lege, sono un'offesa al principio dell'eguaglianza civile
proclamato dallo statuto. Se il frate è soggetto alla regola dell'ordine, il soldato lo è alla legge militare. - I giudizi
militari sono poi una lesione all'altro principio che “nessuno può esser distolto dai propri giudici naturali” - Il
militarismo non è la difesa del paese ma il puntello del despota. Conquista è bella parola per dire furto - Finchè ci sarà il
re, ci sarà il soldato e viceversa. - Altro è soldato - altro è milite - La Prussia colla landwehr (milites qui lantuveri
dicuntur) ci mostra come a far il soldato, non occorra la vita marcita nelle caserme. Se lo straniero invaderà il territorio
paesano, tutti diventeranno, in un momento soldati - chè anche le milizie tumultuarie diedero buona prova di sè, quando
chi le comandava si chiamò “l'Amore di patria” (5 giornate) o Napoleone. Un buon generale vale un esercito. “I paroll
d'on lenguagg, me sur Manell ecc.” (vedi Son. di Carlo Porta) - Fortunatamente il militarismo va ogni perdendo
favore. S'è capito che in fondo abitua gli uomini al mestiere del far nulla, sottraendo il fiore delle braccia all'agricoltura
(squalent abductis arva colonis, Verg.). L'Arma cedunt togae di Cicerone si avvera oggidì - Confutare De Amicis ne'
suoi bozzetti militari, e confutare chi dice (parmi Boccardo) che il vero Ministro della Pubb. Istruzione in un paese
come l'Italia, è il Ministro della guerra. -
2350. R.U. I Contrattempisti - Non basta fare una cosa bene; bisogna farla a tempo: altrimenti è come offrire un
bastoncino mentre piove a dirotto, invitare a pranzo chi ha appena pranzato ecc. ecc. Delle critiche a contratempo. Tale
dipinge una bella faccia. Sopraviene Tizio e gli dice “Tò! somiglia al mio calzolajo”. - Eppure c'è gente che sembra
nata apposta a non far nulla a tempo, che ci fa correre quando si vorrebbe andar adagio - ecc. Esempi - Osservare come
le donne siano massime contrattempiste, spec. nel parlare - come le ci facciano il muso, quando si vorrebbe star allegri -
e viceversa, si mostrino di una strana allegria, inopportuna, offensiva, quando s'è tristi - Tra i contrattempi, citare quello
di un miope che voleva far gli occhietti dolci a una sua vicina di faccia e non lo poteva se non adoperando il canocchiale
e gli occhiali; come pure l'aneddoto di quella signora che innamoratasi di certo scrittore, gli diede per biglietto un
appuntamento - Ma lo scrittore, sospettando un agguato perchè avea molti nemici, mandò all'appuntamento un pajo di
carabinieri… assai disgustosa sorpresa per l'innamorata… E tu, massimo contrattempista, giovinetto X che quando
passavi da quel poggiolo ecc. e quì si accenni a quella bella ragazza che stava sempre al balcone, cacciando cogli occhi
ad un amoroso. Sotto di lei era un muricciuolo con su libri antichi - dinanzi al quale passava, ogni dì, un bellissimo
giovane. Ma che! giunto al muricciuolo, il giovane bassava lo sguardo ai libri - ed ella guardavalo sola, tutto amore per
lui, tutt'odio al muricciolo, ai libri, al rivenditore… -
2351. Nello staterello di Modena, il duca pettegolo si occupava dello stato d'animo d'ogni singolo suo suddito -
e similmente in Piemonte. - Oggidì poi, a Firenze i preti mandano nelle case tanti biglietti pasquali quante le persone
componenti la famiglia - ritirandoli quindi a comunione fatta, e così trovandosi fatta la statistica di quanti si
comunicarono parochia per parochia. - Colla confessione i preti hanno prostituita l'amicizia. - Vita dell'amicizia è la
confidenza - la quale dev'esser mutua. Ora, chi non ha un amico va a confidarsi dal prete, il quale è poi il confidente di
tutti: - precisamente come, chi non ha amante, batte alla porta della meretrice, che a tutti si apre.
2352. I matti fuori dell'ospedale. R.U. - Prof.
r
Rota. - si unge di sego. Tiene un abito adosso fin quando ce n'è
un pezzo. I denari che guadagna (talora mille lire al mese) li tiene sparsi ne' suoi cassetti aperti. Discorre di tutto. È una
biblioteca di libri scompagnati. Ha molta scienza… nella memoria. Le sue lezioni le fa in piedi delle scranne e dei
tavolini, col sigaro in mano, di cui scuote la cinigia ne' propri capelli. D'inverno tiene sempre aperte le finestre e se gli
scolari si lamentano del freddo - chiude la porta. - Prof. Scarenzio. Entusiasta di Seneca - s'incapa di diventare l'uomo
modello. Cerca diminuirsi i bisogni. Comincia dal limitare il suo cibo al latte, alle uova, alle castagne, al pane, e a poco
a poco si riduce al solo pane. - Il principio fondamentale della sua filosofia è che l'anima deve comandare al corpo e
però talvolta dice: andiamo a piedi a Milano - e obbliga il corpo a portarvi da Pavia la sua anima - Arrivato a Milano si
sente stanco. Ma no! il corpo non deve vincere - esclama e ritorna a Pavia. - E a Pavia, mezzo morto, si obbliga ancora a
far 1000 o 1500 giri del suo giardino, mettendoci in mezzo, se è notte, un lume. - Così, cerca di vestirsi meno che può -
mai mutande, mai camicia. - E tiene scarpe larghissime, perchè, egli dice, l'uomo dev'essere libero. - A volte gira dalle 7
del mattino alle 4 della sera sotto i portici dell'università - Quando vede mancato un libro alla sua libreria, misura il
posto vuoto. Se il posto è di dieci centimetri per 4 - va da un librajo, e gli chiede “avete un libro alto 10 centimetri, e
largo 4?” “ho questo” gli risponde il librajo mostrandogliene uno - “Sì, è bello…” fa il professore sfogliandolo - “ma è
alto solo 8, mentr'io l'ho bisogno da 10”. - Prof. Porta - Si fa portare tutto il pranzo in una volta sola sul tavolino, e
mangia un po' di un cibo un po' dell'altro, in piedi, or camminando, or zufolando. - Un ammalato gli mostra una mano.
Porta una fischiata e dice “la mano è andata” - Una giovine tisica va a lui per farsi visitare. Egli si volge a' suoi
scolari dicendo “prevedo un bel pezzo pel nostro museo” - Fa un'operazione a un prete, che ci soccombe a mezzo. Porta
lo squadra con ira e dice “ha avuto la viltà di morir prima” - La sua smania per operar gozzi è passata in proverbio -
Prof. Lombroso. - direttore del manicomio. Dice agli scolari, che la più parte dei matti, lo è diventata per ambizione. A
prova ne fa comparire uno nell'aula. “Non vedi tu forse milioni?” gli chiede - No, sgnour - risponde il povero diavolo. E
Lombroso adirato: È un buffone - costui - È un matto: che non gli credano! ecc. - Lombroso imagina che i pellagrosi
abbiano gli arti più lunghi del normale: e fa portare una panca per misurarci sopra i suoi matti. “Ma misuriamo prima
noi” propone il suo assistente. E si misurano infatti: si trovano di avere 4 centimetri oltre il comune. - Per mitigare poi la
pazzia, Lombroso si pensa di convertirla in pellagra, e pe ai matti ogni mattina un bicchiere di raccagna con un
grano di melica - Tiene anche una capponaja di pollastri pellagrosi e impazziti a forza di maiz guasto. - E Rota,
Scarenzio, Porta e Lombroso, son tutti e quattro professori nella R. Università di Pavia. - A Pavia ogni 1000 un pazzo.
2353. Due gazzettieri si svilaneggiano ortolanescamente nei loro fogli da tafanario - s'intromette un giurì
d'onore; e questo sentenzia che la lite non deve aver seguito, dichiarando i litiganti due perfetti gentiluomini.
2354. Tutti che le hanno godute, dicono che le gioje di questo mondo sono ingannatrici. Ma almeno le hanno
godute!
2356. I trattati politici restano inviolabili finchè una delle parti contraenti si trovi forza bastante da poterli
violare impunemente… Del resto i trattati, che si concludono ancora oggidì, sono, non dico violabili, chè non si viola
che il giusto diritto, ma annullabili, non avendo quasi mai il requisito dell'oggetto possibile. Sempre nazionalità
calpestate! sempre monopoli, privilegi…! Volere o non volere, s'è ancora ai tempi di Brenno. Sulla bilancia, che pesa, è
la spada.
2357. R.U. (pel L. VIII. Le scuole - professori, scienziati, sgobboni etc.) - Tale scienziato è orgogliosissimo per
avere scoperto che Protasius e Gervasius si scrivevano coll'i; tal'altro, è un gentleman - that loves - to hear himself talk
(Shakespeare) - Scopo della scienza, far parere difficile il facile. Sulla cattedra sta seduta l'impostura. Spiegata alla
buona, in manica di camicia, la filosofia anche metafisica è la più piana cosa del mondo: gergoneggiata, sfido gli
scolaretti… che dico?… sfido gli stessi filosofi a capirla. - Esempi di cose dette sulle proprie gambe e sui trampoli - Vi
ha gente che studia tanto da non aver più tempo di pensare. Knowing, dice Locke, is seeing and if it be so, it is madness
to persuade ourselves that we do so by another man's eye -
2358. Vi ha certe osservazioni subabsurdae, che dette da uno sciocco sono sciocchezze, dette da un uomo
d'ingegno, sono tratti di spirito. Per es. io domandava al mio servo s'egli sapesse quant'erano le opere della misericordia:
rispose: “a Des hin sett; a Miran soo minga” - Altra volta il medesimo servo mi avea adoperato un foglio di carta scritta,
per accendere la stufa. Imagina l'ira mia! Ma egli si scusò dicendo: l'era scritta!… E forse avea ragione: chè il più delle
volte la carta scritta val meno della bianca, secondo ne dice lo stesso Giustiniano al capo della Specificazione.
2359. R.U. (I miserabili. L. v.) La signora * di Pavia, avarissima. Vendeva i pollastri d'appendice ai servitori
delle case signorili della città, poi si recava dai padroni a farsi invitare a mangiare i propri polli. Si faceva portare in
casa dai pollaroli le oche, le spennava mezzo, poi le restituiva loro dicendo che non le convenivano, e così faceva
mucchio di penne che poi vendeva. Il suo denaro non lo prestava che a chi le promettesse il 20 per cento - ragione per
cui perdeva e capitale e interessi. -
2360. R.U. (Gli impiegati L. VII. 18) - In forma di “Addio” - Evviva! ho dato le dimissioni… Evviva! le hanno
accettate. Mi pare di riappartenere alla specie umana. Quadro retrospettivo - Non c'è impiegato che possa vedere di
buon occhio l'altro impiegato, salvochè questi gli sia di grado inferiore. Due impiegati si guardano tra loro con l'occhio
di affettuoso odio dei coeredi parenti. - Facendo l'impiegato, come il soldato, si perde il primo carattere umano che è il
raziocinio - Non s'è più uomini, s'è impiegati - Ogni impiegato è bifronte: una delle sue faccie la vedi volta umilmente
sorridente al superiore: l'altra superbamente arcigna all'inferiore. - Cenni sulla lingua burocratica. Es. “Dopo di aver
espletate tutte le ricerche…” “surnomato…” “Il morto sussiste ancora” per dire che la morte del tale è constatata - ecc.
(Vedi Unità della lingua - giornale di Fanfani di [lacuna]) Gli impiegati in aspettativa di una gratificazione. -
Fisionomia degli impiegati dei vari Ministeri.
2361. R.U. (Alla Bassa L. IV.) - L'abbondanza alla buona dei fittabili e la scarsità ambiziosa dei cittadini. - La
famiglia Magnani: 80 brente di vino all'anno, quattro quintali di patate ecc. - L'allegria rumorosa e schietta dei fittabili a
chi li va a trovare e l'accoglienza fredda e traditora dei cittadini - V. sparsim, per la vita fittavolesca, i famigli ecc. - Il
fittabile di Cislago, col suo eterno mozzicone di zigaro non acceso in bocca: parla a sottintesi, e mezza voce, a occhiate,
a smorfie. Bravo chi lo capisce! Ed egli dal canto suo, nulla capisce di quanto dicono gli altri. Chiede sempre: eh? -
Altro fittabile - vestito in eleganza, cioè con calzoni color persichino, panciotto a righe nere e verdi con bottoni d'oro -
cravatta rossa cappello bianco di feltro molle su un occhio col cordoncino celeste ed il fiocco - guanti rosso mattone -
soprabito celestino. - (Dal racconto del Ragioniere Gola)…sedeva (il fittabile) per traverso, accigliato con un gran piatto
da una parte, e diceva di tanto in tanto “on alter viagg, sur ragionatt” - Apparve un bacinone di minestra. Il fittabile vi
cacciò dentro il forchettone e ne estrasse… un'anitra - Fu il pranzo, una minestra tutta verze - due anitre in istufato, due
oche arroste - e un cappone allesso: poi il dolce, e finalmente l'insalata. Le donne del fittabile non erano a tavola col
ragioniere e il resgiou, ma si tenevano umilmente pranzando in un canto del cucinone. - I mungitori delle vacche, nelle
cascine della bassa con una terza gamba di legno su cui seggono, attaccata alle chiappe, e con un cappellone per
difendere il capo dal ventre della giovenca - Descrizione della fabbricazione di una formaggia - I casee per
superstizione ci sputano prima entro. - El fa la sort. - La volta della formaggia ecc.
2362. R.U. (L. XI. Il Commercio) - Descrivere, per bocca di un mercante ubbriaco, tutte le astuzie per le quali
il codice di commercio è giornalmente violato - legalissimamente. - Della cambiale, che deve portare una data di luogo
d'emissione diversa dalla data di luogo di pagamento: condizione ridicola e spesso derisa col falsificare la prima delle
due date -… Del facile sottrarsi alla vigilanza governativa sulle società anonime, coll'accomandita per azioni -…
Dell'inutilità dei libri di commercio. Chi fallisce dolosamente è colui che ha i libri più in ordine, tanto che esce dai
processi candido come un cigno. Dice la legge “voglio che indichiate le spese di famiglia per vedere se il fallo è colposo
o no”. E il commerciante scrive allora quanto vuole in queste spese di famiglia, che tengon bordone alle sue ladrerie - Si
noti che il nostro codice è ancora quello di Napoleone; pensando quanto le condizioni economiche siano d'allora a qui
mutate. Fortuna che l'unica legge in commercio, è il bisogno di mantenere il credito morale. - L'uso fa tutto. I
commercianti sono per necessità onesti. - Parlare della bancomania ecc.
2363. R.U. (Parte ufficiale L. VII. 17). I Cavalieri in Italia. In forma di lettera al M.° dell'Ist. Publica - lettera
nella quale l'Autore rifiuta una decorazione accordatagli; ne adduce le ragioni - del troppo onore per lui - e del troppo
poco - - Cav. Corniani - mercante di pepe, arricchitosi straordinariamente. Un signore va a casa sua, e domanda ai
domestici con deferenza del cavaliere Corniani - Entra costui, pettoruto, col nastro all'occhiello dopo aver fatto aspettare
assai tempo il visitatore. Il quale: È Lei il Cavaliere Corniani? - Per servirla - Favorisca darmi un soldo di pepe. - Cav.
Del , si arricchì dando patrioticamente aqua per vino all'esercito italo-francese nel 1859, e in premio fu creato
cavaliere. Allora trovò che il suo nome non respirava abbastanza nobiltà, e però si diede a firmare “Del Bue cavaliere
Giovanni” - Cav. Civelli - decorato di molti ordini austriaci li cangiò, cacciati i tedeschi, con gli italiani - Cav. ora
Comm. Rossi - detto il “professore di non si sa che cosa”, fatto cav. per aver sposato una ricchissima vecchia - Cav.
Massa, fatto id. per aver sciupato il patrimonio nei lupanari e le bische - Cav. *, id., per aver mangiato parte della
sostanza di Litta suo amministrato - Un maggiore della G. Nazionale di Pavia, è fatto id.; ma si noti che a Pavia la G. N.
non si raccolse pure una volta - D'Alliot, console d'Italia, nel ricevere la tanto bramata decorazione, è colto da paralisi e
muore di gioja! Altri si occupano a gratis e male per tre o 4 anni in qualche publica amministrazione: danno poi le
dimissioni e sono fatti cavalieri. - Altri ancora per essere giunti al tale al tal altro posto cui giunge chiunque abbia tanta
pazienza da seguitare in certe stolte carriere - Altri infine per sbaglio. Per es. il Boucheron, che avrebbe meritato l'onore
della crocetta pel suo Trattato sull'arte musicale, mentre invece lo ottenne per essere membro di una tal società… Lode
a lui! stracciò in due il brevetto. - Dire in genere, sulle decorazioni, la loro utilità e il loro danno: utili perché varebbero
a sostituire alla ingiusta ereditaria nobiltà, la personale -: dannose, perchè non si distribuiscono mai si potrebbero
distribuire equamente. - Ridicoli poi i gradi del merito ecc. - Rovani non cavaliere - Carcano commendatore ecc.
2364. R.U. Appendice - Un accalappiacani (sotto la dominaz[io]ne austriaca) ne pigliò uno senza muserola di
un ufficiale. L'ufficiale rivoleva prepotentemente il suo cane: l'altro, fedele ai regolamenti municipali glielo negava.
Dopo molte parole ed ingiurie l'uff. colla spada alla mano, ordinò gli si restituisse - “Ebbene!” gridò il chiappacani
“vadano allora tutti!” L'è andaa el can todesch; che vaghen tutti i can talian e aperto il carretto, li lasciò tutti fuggire.
Grande sparpagliamento di cani per le gambe degli spaventati cittadini - abbajamento - grida. - Un povero barbino
affamato, cercava di rosicchiare un osso, ma non poteva per la museruola. Vo a lui - gliela levo. Sua riconoscenza - Un
altro barbino, pure affamato, trova il mio amico Perelli che entrava in un'osteria e gli fa mille moine. Perelli, adulato, lo
chiama seco, e divide con lui il suo pranzo. Il barbino mangia ben bene: e poi, insalutato hospite - fugge via - Un altro
ancora portava colla bocca una sporta di gamberi vivi. Si ferma per pisciare e depone la sporta. Un gambero esce. Il
barbino ve lo rimette coi denti - ma intanto ne esce un altro - Il barbino fa come prima - Senonchè, ecco un terzo, ecco
un quarto; la sporta perde l'equilibrio - eccoli tutti fuori - allora il barbino, zac, tac - li accoppa uno dopo dell'altro - li
ricaccia nella sua sporta - si ripiglia la sporta - e continua il cammino - Questione, se gli animali coperti di pelo siano
nudi o vestiti - Il Tell del signore Bosisio che piange sentendo suonar le campane; la nostra Tea che abbaja alla minestra
che scotta ecc. ecc.
2365. (R.U. L. VI) Delle domande imbarazzanti dei bimbi. Lia di 5 anni alla mamma Maria: perchè il
temporale fa bumbum? - Maria: perchè di sì - Lia: il temporale ha le gambe? - Maria: sciocchina! - Lia: perchè? (e dopo
una pausa) e perchè piove? - Maria: perchè non fa bello - Lia: facendosi il segno di croce: nel nome del padre, del
figliolo e dello spirito… Ma e lo spirito non è quello del caffè? - Maria: sciocchina! è la terza parte di Dio. - Lia:
perchè?… e dove sta Dio? - Maria: in cielo. Lia: (guardando il soffitto) Lassù? ma come fa a starci attaccato? e come ci
va? - Maria (con impazienza): Saprai, quando grande. Dormi ora, che è meglio. - Credo io - almeno per la mammina.
2366. Paragonerei me e Perelli, il primo al cosidetto fino, l'altro alla lega: per cui, mentr'io darei l'intimo valore
alla nostra moneta, egli lo conserverebbe, rendendo più consistente l'impronta, più durevole nei giri del commercio il
tondino. Divisi invece, io mi distruggerei presto, forse inutilmente: egli, durando molto, varrebbe poco. - Perelli è
troppo eccellente conversazionista per diventare mai illustre scrittore - La prontezza delle sue risposte, de' suoi frizzi,
non avviene che a spese della loro profondità. - Dei nostri progetti - di me e Perelli, alcuni dei quali eseguiti, come la
Palestra Letteraria ecc. Altri progetti, erano il “Wermouth” opuscoletto che doveva uscire, verso l'ora del pranzo, e
doveva consistere in frizzi, ritratti umani ecc. - ed un “Teatrino della Parodia” i cui attori dovevano essere marionette
elegantissime. Vi si sarebbero date le caricature delle opere e dei balli dei principali Teatri (nelle parole e nella musica)
contemporaneamente, e così della comedia nuova: parodie scritte però da gente d'ingegno - coi scenari ecc. dipinti da
bravi artisti. Scopo del Teatrino, era la critica in azione agli autori ed agli attori, come pure ai scenografi, ai vestiaristi
ecc. Il cartellone doveva pure portare lo stesso formato dell'originale… Era un'impresa che avrebbe forse potuto giovare
all'arte - ma che, in ogni caso, avrebbe alla borsa. - Perelli colla Palestra Letteraria aveva messo su una specie di
agenzia dove si collocavano gli uomini grandi, come la gente di servizio.
2367. È uno stoltissimo pregiudizio, quello che i giovani non debbano stampare le loro idee, ma soltanto
scriverle. - Perchè un giovane riesca poi un bravo scrittore che faccia onore al suo paese, è bene ch'egli si assuefi per
tempo a tradurre in iscritto le sue idee. Fin quì nessuno si oppone. Chi può impedire ch'io pensi, e ch'io dia l'inchiostro
ai miei pensieri?… Ora, una volta scritto, è anche bene che il giovine si consigli ai provetti. “Ciò è giusto” dicono pure
gli avversari. Dunque, domando io, che differenza passa tra il fare leggere un manoscritto a 10 persone una dopo
dell'altra e a 10 contemporaneamente? e che differenza tra il farlo leggere a mille piuttosto che a 10? Chè se male quì
fosse, il male starebbe, non dico nemmeno nello scrivere, ma nel pensare. - Ancora. Non volete voi che uno scrittore
stampi da giovane perchè non si sappia poi che grande fiamma sia venuta da piccola favilla?… Coteste sono ipocrisie
vilissime. Anzi, il mostrare che dal pochissimo si può riescire al molto, incoraggia gli esordienti. Publicate dunque, miei
cari, senza paura. Stampate, stampate: almeno in omaggio agli occhi dei lettori vostri.
2368. La debolezza fisica di Dossi, causa e mantenitrice della sua forza morale. - Come il carattere del Dossi
appartiene meno alla fisiologia che alla patologia. - La vena della pazzia, che permea ne' suoi scritti e nelle sue azioni -
in parte ereditaria - in parte aquisita dagli strani studi e dall'ingegno eccezionale (Nullum ingenium sine mixtura
dementiae). Quanto all'ereditarismo, senza citare partitamente nonno Carlo (volubilità di carattere), zia Angioletta
(scrupoli romantici e religiosi) - nonna Luigia con la sorella Mojon ecc. e il cugino Carlo (ora all'ospedale dei pazzi di
Pavia) c'è la frase tradizionale in molte famiglie di Pavia “i Pisan j en pu matt che san” - Io pe osservo che un
ramicello di pazzia è sempre desiderabile, qual preservativo da una pazzia intera. Gli è come, direi, l'innesto del vajolo -
Sulla mia debolezza, osservo che fui battezzato un mese dopo la nascita, che son settimino, e nato da una madre in fuga,
senza levatrice, fra gli ultimi echi delle cannonate infauste della battaglia di Novara (1849). Anche Voltaire non
ricevette il battesimo che parecchi mesi dopo la sua nascita. Eppure campò fino agli 85. - Come pure fino agli 85 visse
Newton, di cui, bimbo, si dubitava potesse vivere. E Fontenelle e Walter Scott nascono pure debolissimi, e così J. J.
Rousseau, che lasciò scritto: je vins au monde infirme et malade - Inoltre, io doveva nascere donna. La particula di
divina aura che spirò nel grembo della mia mamma era bipartita. Ma il diavolo giocò a Dio o piuttosto a me un
malignissimo tiro. Abbiamo da attaccarcelo? chiese a stesso. E me lo attaccò. Ed io non ho di maschio che quello. I
miei sentimenti, i miei pensieri, i miei languori, i miei desideri, femmineggiano tutti.
2369. Nella mia vita veggo epoche in cui, stretto da una paura non di orso, ma di lepre - fuggiva la gente
correndo alla melanconia ed alla solitudine. Erano epoche in cui mi dicevo: e perchè frequentare gli uomini? Non ho io
forse in me stesso una popolazione di Ii, uno diverso dell'altro?: se vuoi vedere qualcuno, mettiti allo specchio; - erano
epoche in cui invocavo la tristezza, mia perpetua fedelissima amante, e mi smidollavo dagli occhi con l'assiduo coito
secolei. Allora tutti i dolori miei e d'altri, tutte le disgrazie passate e future mi si ricomponevano nella fantasia e
rimpiangevo la morte della povera Elvira e insieme il disamorato mio stato - E piangendo, cercavo di mescolare le
lagrime mie con quelle del giovinetto Allighieri e aprivo la “Vita nuova”. Est quaedam flere voluptas! oh la tristezza è
pur dolce. Ma leggendo quelle inclite pagine, a poco a poco dimenticavo Elvira, me stesso, dimenticavo la realtà della
vita, rapito in una nube di arte e di genio. - Così, alle volte, leggendo entusiasmato i grandi scrittori, piangevo a calde
lagrime, e sfiduciato di me, esclamavo “me lo portarono via tutto l'ingegno” - e imaginavo che il mio intellettuale limone
avesse spremuto le sue ultime goccie, e riflettevo “molta parte dei giovani hanno in anticipazione tanto usata la loro
facoltà generatrice del corpo, che giunto il tempo in cui dovrebbero generare figli trovansi impotenti. Del pari io, delle
facoltà intellettuali”. - Benedette, esclamavo - voi disillusioni, umiliazioni, sciagure, chè mi staccate sempre più dalla
vita e mi fate desiderare quanto io prima temeva, la morte.
2370. A scrivere io soffro. Ogni linea è per me un dolore. A chi è condannato a molto pensare, Dio avrebbe
dovuto concedere, per lo meno, un paio di cervelli indipendenti fra loro, come concesse un pajo di braccia, affinchè
l'uno potesse lavorare durante il riposo dell'altro. Così, invece, bisogna soggiacere agli stupori mentali prodotti dal
rilasciarsi dei nervi: così, bisogna aspettare il riflusso delle idee, come l'onda del mare. - La più parte degli scrittori
hanno le parole e non i pensieri: io con i pensieri non ho la parola.
2371. “Se ci fosse un rosario di coglioni, Lei sarebbe un paternostro” - “A lei non mancano che le penne per
essere un'oca”. (Frasi di Cr. Negri, dirette al S.
r
*, ora segretario alla legazione di Portogallo).
2372. Scopo de' miei bozzetti. Io cerco la moralità della immoralità - voglio dire: dopo le tante stacciate che si
fecero per partire il vizio dalla virtù, ne faccio io una ancora, forse l'ultima, sulla parte del dichiarato vizio affine di torvi
le ultime stille della virtù. La prima schiacciata, diede il vino: io schiaccio quanto rimane e dò l'aquavite - Modo de' miei
bozzetti. Chi insegna tecnicamente morale a nulla approda: massime oggidì in cui a ciascuno par di sapere abbastanza.
Spargiamo dunque di “soave licor gli orli del vaso” e per riuscire al nostro intento di riforma sociale, presentiamo le
idee in forma pittorica, in modo che la conclusione sia sottintesa, in modo quindi, che il lettore la trovi egli stesso, e
però, tenendoci come a una trovata sua, ci creda e ne diventi fautore. Infatti, non s'impara volentieri e bene se non
quanto noi apprendiamo a noi stessi - La mia maniera è dunque di porre prima l'esempio, poi la tesi. L'esempio deve
artisticamente preparare l'animo del lettore ad aderire alla tesi, la quale è quasi sempre contraria alle sue opinioni, e
detta crudamente gli avrebbe fatto gettar via il libro. È vero, che anche quì, all'apparire della morale, il lettore un
sobbalzo, ma essendo egli ancor sotto l'artistica influenza dell'esempio cui egli ha già tacitamente aderito, non può
rifiutare del tutto la idea, per quanto nuova, senza contradire a' suoi anticipati sentimenti.
2373. 6 luglio 1869 - faccio l'esame di diritto penale a Pavia e piglio 28 punti - 7. luglio. Scrivo una
gentilissima lettera di ringraziamento al Prof. Buccellati V. lett. 25 (Album dal 66 al 72) - 9. Il prof. Pellegrino incontra
il prof. Buccellati, inferocito contro di me pel grave insulto (?). Pellegrino scrive tosto a Papà, e papà va da Buccellati, il
quale gli mostra la mia lettera. Papà legge… Orrore! - 10. Alla mattina, dopo una lavata di capo da papà, vado da
Buccellati. Ho il piacere di trovare in lui la maggior bestia del mondo. Buccellati interpreta la mia gentilezza come
altrettanta villania. Alle mie obbiezioni, risponde che ha 36 anni, e che, quindi, una lettera può capirla. Egli se l'è
pigliata pel voi (il voi classico, dantesco), egli mi dice che la frase “28 pallottoline” per dire 28 punti è frase
dispregiativa - aggiunge ch'egli appartiene alla commissione pel Nuovo Codice (povero Codice!) e che le sue opere
furono tradotte in tedesco (fortunato Italiano): concludendo che i moscerini egli (bue) non li sente neppure. - Inutili le
mie osservazioni, inutile il leggergli la lettera mia col vero suo accento! - 31 dic. 1871. a Firenze. Vado a trovare
Cristoforo Negri consultore presso il M.° degli Aff. Esteri. Egli mi rimprovera perchè non sono andato a trovarlo di
presta mattina, o almeno non lo abbia fatto avvisato del mio passaggio per Firenze, nel qual caso mi avrebbe consegnate
molte lettere per Roma. Va a indovinarlo! Poi mi fa sedere a tavolino, e mi detta una lettera pel S.
r
Peiroleri sulla
spedizione polare. La carta non avendo righe, domando la falsariga - Negri va in furia e inveisce contro di essa. Dice
che l'ha proscritta dal Ministero - Si lamenta poi perchè non scrivo in fretta e lo fa in malo modo. Mi sento le orecchie in
fiamme, e mi prudono le mani di lasciargli andare uno schiaffo. Fortunatamente veggo sempre, nel vecchio mezzo
imbecillito, lo storico insigne, il grand'uomo. - 1 genn. 1872. Mi presento al S.
r
Peiroleri, direttore generale dei
Consolati. Mi domanda se ho buona volontà, dice che non bisogna farsi illusioni ecc. poi mi presenta al Cav. de Veillet
capodivisione. - 2 g[en.] 1872. De V. mi presenta al mio ufficio. Sono le 12½. Gli impiegati cominciano a comparire
tartarughescamente, ma nessuno si decide a far qualche cosa. M'accorgo che nei ministeri l'ozio è eretto ad impiego. A
me hanno affibbiata la peggiore delle occupazioni: quella di mettere a posto delle carte nelle cartelle. Mi tocca, come
Dante, scender e salire per le scale, e non solo di marmo, ma a piuoli. È ufficio da facchini. Ed io che ho studiato la
filosofia del diritto, la storia diplomatica, la sinuosità delle leggi ecc.!! Devo poi notare sopra un registro i dispacci,
mano mano che arrivano… Al diavolo il Ministero. Lascio l'ufficio in dubbio di ritornarci.
2374. (Roma 1872) Nel Museo Capitolino, ciò che maggiormente mi ha interessato fu la raccolta dei busti degli
uomini celebri di Roma e di Grecia. Come è vero il ghigno e il cranio cocciuto di Catone! Come ritrae la innata
lavativaggine il viso di Aristotile! E Cicerone, il professore pedante e sbajaffone? e l'intellettuale soave profilo del
giovinetto Marco Antonino? Ci si impara ben altro, che leggendone le biografie. Basta il viso e le opere. - Guardando
poi le antiche statue spesso male composte di membra diverse fantasiavo il giorno del giudizio, quando ciascun
“ripiglierà sua forma e sua figura”. Che confusione allora per i musei! Che spettacolo strano! - Alla biblioteca della
Minerva, i frati non concedono, senza uno speciale permesso, la lettura della Storia d'Italia del retrogrado Botta! - Il
Magno Tempio di Faustino nel foro Romano, nel cui mezzo si rannicchia una chiesuola cristiana, è la vera grafica
imagine del rapporto tra le due religioni - Gli Svizzeri del Papa, dalle onanistiche faccie -
2375. (1873) Ora mi lodano, in generale, i giovani, e gli uomini grandi (come Rovani e Gorini), che sono i
sempre-giovani: chi mi combatte sono i vecchi piccini. Ma, tra poco, questi morranno: i giovani saranno allora uomini, e
gli uomini grandi, avranno toccata la fama che meritano. E allora mi troverò anch'io, a mio posto.
2377. Il mio discorso è tutto a cancellature. - Mio stato d'innamoramento perpetuo, senza oggetto. A volte mi
sembra di diventar tutta mentula: e la voluttà insodisfatta stanca, sfibra, più che la compiuta. - La insobria astinenza.
2378. Da fanciullo, quando potevo procurarmi qualche nuovo libro, facevo come i cani allorchè hanno da
rosicchiare qualche osso - mi nascondevo, mi rannicchiavo nei canti a leggerlo. - Tutti i giorni usavo poi di fare come
fanno i casee colle forme di formaggio, ritoccavo cioè colla nocca della memoria tutto quanto aveo studiato, per sapere
in che stato si trovasse.
2379. Molta è la differenza tra i libri creati all'aria aperta, e quelli costruiti in uno studio. E come la si capisce!
I primi sanno di fresco; gli altri sentono il chiuso, la muffa. - Bisogna sempre alternare lo studiare al produrre.
Producendo senza studiare, cioè senza versarci in corpo materia prima, andiamo a rischio di esaurirci: studiando troppo,
senza produrre rischiamo invece di crepare d'indigestione e soffocamento. - Fin quì, il Dossi nello scrivere un libro, non
ha ancora smesso il pericolosissimo vizio di consigliarsi a chi ha già scritto in proposito. Eppure il Dossi si accorge di
avere testa bastante a scriverne uno da solo. Gli è come colui che s'appoggia a un bastone, malfidente di gambe che pur
sono salde. Getti dunque il bastone! Per esso le gambe buone potrebbero affievolirsi.
2380. Difficilissimo, anzi impossibile è fare un lavoro di lunga lena perfetto (parlo sempre di lavori d'arte e
spec. di letteratura). Ciò che suscita le opere somme è l'entusiasmo. L'entusiasmo dura un'ora, due, un giorno, non di più
- perchè l'entusiasmo è uno stato fuori del naturale. Ora, dimando io, come si fa a mantenersi in entusiasmo un anno o
due di fila? l'assenzio basta. Riuscirai sempre a un lavoro a tacconi, a macchie. Impossibile comprenderlo tutto in
una sola occhiata: qualche sua parte strapiomberà: e per quante correzioni, per quanta lima usi poi, avremo sempre un
lavoro aggiustato, non mai di un sol getto. Nei lunghi lavori bisogna adunque accontentarsi del quasi riuscito.
2381. Divise di A. Pisani Dossi - 1ª (senza corpo) in tristitia hilaris, in hilaritate tristis tolta in imprestito da G.
Bruno - una palla di gomma rimbalzante col motto “repulsa adsurgo” - un razzo acceso, coll'anima “brevis, sed
splendens” -
2382. Dossi è nato per essere un corruttore delle lettere italiane, e in ciò gli Italiani gli dovrebbero
riconoscenza, perchè così egli prepara loro un nuovo risorgimento. - I libri del D. sono, quanto al carattere, un misto di
scetticismo e di sentimentalismo. - Due, i periodi dello stile del D., il di avviluppamento, il di sviluppamento. -
L'“Altrieri” si compone di 3 parti che sono come le tre persone della S. Trinità. - Sono tre tentativi. In uno, il D. sta terra
terra (parte seconda), nell'altro sta a terra guardando il cielo (parte prima), nell'ultimo sta in cielo e guarda alla Terra.
Dei tre generi, D. è riuscito passabilmente nei due primi. Egli peraltro vorrebbe dedicarsi al solo primo il quale è a pari
distanza dalle due esagerazioni della odierna letteratura. Nel terzo genere, D. non è riuscito - un po' per le difficoltà di
esso genere un po' per la lingua e l'indole italiana che male si presta, in un cielo azzurro, alle nebbiosità. - D. avea
tentato in questa parte, non di far sentire le parole, ma i suoni; di avvicinarsi cioè, il più che gli fosse stato possibile,
alla musica; come avea tentato nella parte seconda di fare più che non letteratura, pittura. - Col “Regno dei Cieli” D. se
non ha fatto un bel libro, ha fatto una buona azione.
2383. A Roma si atterrarono antichi edifizi per formar nuovi musei. - Palazzo dei Cesari. Confronto tra le ruine
ancora selvatiche e sì pittoriche; e le incivilite, con le etichette di latta verniciata ecc.
2384. Gli Umoristi dicono, in generale, cose fuori dalla comune sentenza, ma in modo da colpire la intelligenza
con un lampo di persuasione, che spesso si perpetua in un duraturo chiarore. Gli Umoristi dicono cose savie vestite di
pazzia, e pazzie vestite di saviezza. - A un discorso fatto di ragioni, chiunque può opporre -: ad uno di cuore, nessuno.
2386. (R.U. L. VIII) La matematica in Italia rappresentata da una dozzina di zucconi, celebrità che non si
possono controllare e non si comprendono neppure fra loro. Bardelli, difatti, professore di mat. al politecnico, dice
“Casorati ha dato fuori un libro che non ho ancora capito… ma che è magnifico!” - I matematici sono la gente che ha
meno buon senso di tutti. - Il lor ragionare è a machina. Luigi Cremona, ad es., esaminatore, guardando i lavori degli
studenti dice “questi componimenti o sono belli, e allora sono copiati; o brutti e allora non possono istessamente
passare; dunque zero a tutti”. - Vedi gli “Immobili e i Semoventi” di Giusti. “Il fanciullo deve andare - deve ridere e
pensare - appoggiato al calcolo = d'ora innanzi, mi consolo! - questo bipede oriolo - anderà col pendolo!” - V. anche
Béranger “Les Sciences” - Gardons Lisette et la Fontaine; - Muses, restez: restez Amours. - Id. Le vin de Chypre. - Gli
scienziati che disfanno nel lambicco la Natura.
2387. Tale non avea d'ingegno se non quel tanto necessario a capire di non averne. Egli prega gli Iddii a
lasciargli gustare del calice del genio. Gli Iddii l'esaudiscono. S'apre l'infelicissima vita di un genio. Ed egli depreca il
funestissimo dono e implora di ridiventare uno dei tanti.
2388. Mezze bugie. Mi lamentavo del male di denti. “Eppure” altri disse “ella ha dei denti bellissimi”. “Eh”
faccio io “due son finti” - Finti, erano invece quattro. - O perchè non tacere, o almeno non mentire del tutto?
2389. (R.U. L. V. Il bel mondo) The fashion - i fescioni (mil.). - Nel bel mondo ci sono famiglie in malora che
pajono e si credono vicendevolmente ricche. - Tal damerino, dovendo recarsi a fare una visita nella stessa casa dov'era
stato il dì prima, si disperava per non avere un nuovo abito pronto. “Che farò?” si diceva - “ho da portare ancor quello di
jeri?” E la faccia? - chiese un amico.
2390. Il dire “grandi lepri” agli asini, frase di lingua italiana, può esser nato da questo. Cioè da qualche soldato
tedesco, sceso in Lombardia, che veduto un canarino da ghiande chiese che fosse, e udito ch'ei si chiamava “Asen”
intese Hasen, cioè “lepri” - Poi la parola, fatta metafora, passò da Germania in Italia. - merluccio, quasi “mar luccio” -
Allah, Dio. Conf. all, tutto - Cupido, desiderio, Dio d'amore - cerretano, perchè vende cerotti - ciarlatano, quasi ciarlone
- carabinieri, da quel re che diceva alla sua guardia composta di mori, i miei cari arabi neri - ciambellano, da quell'altro
principe sodomita che scegliendo il custode delle sue chiavi, diceva “ci-ha-un-bell'ano” - valletto, similmente, dalla frase
va-a-letto - vermouth, dalla risposta data a chi chiedeva “was für Liquor ist es?” - Vermuthe! cioè “conghiettura”.
2391. Ciao saluto di amicizia a Milano è saluto di rispetto all'oltrepò (ciao quasi schiavo). - In lingua italiana,
le frutta, al traslato, significano generalmente busse - come marroni, gli sbagli ecc.
2392. calcolo, da calculus, perchè anticamente si facevano i conti coi sassolini - L'imagine poetica dei canes
marini latranti, può esser venuta da un bisticcio sulla parola canae, agg. dato alle onde, perchè bianche. CF. nuces e
nuptiae, coll'uso antichissimo di mangiar noci il dì delle nozze (V. Marziale) - CF. i nomi di colore che si danno agli stati
di ubbriachezza, per es. “gris”, in francese, “la bionda” in milanese ecc. - Avegh i brugn al cuu (mil.), il brugn, vale non
prugne, ma pruni (spini) - mandorle spaccherelle, da spaccare, ma meglio saccherelle da saccharum “zucchero” -
Ripheus, justissimus unus. CF. nello stesso senso, l'ingl. “one” -
2393. (R.U. L. VIII. Le scuole) Componimenti esaminati dalla commissione centrale a Firenze (1868?). Tale
studente di Como presenta alla Comm. un componimento latino fattogli sottomano dallo stesso preside del Liceo, il
prof. *, valente latinista, e ne riporta punti 6 - Tal altro a Firenze, nel comp. italiano, non passa. Che fa? Va da
Tommaseo e gli a giudicare il suo componimento. E Tommaseo gli scrive una dichiarazione di lode, ch'esso giovane
presenta alla Comm[issio]ne. Notiamo che Tommaseo avea poco prima, qual membro di detta Comm., giudicato il
componimento indegno di passaggio. - Una seduta della Socie Pedagogica nel palazzo di Brera, dove si tratta de'
mezzi di rendere obbligatoria l'istruzione primaria. Parla **, preside del Liceo *** che già si distinse quale poliziotto in
un liceo napoletano, e dice che bisogna, in ogni paese, interessarne il pretore, intorno di cui il villano vede sempre i
pennacchi e le bajonette dei carabinieri. Aggiunge l'avv. Righini, che, giacchè ai parenti (per la negligenza dei figli!)
non si possono infliggere, multe, per la loro povertà, pene corporali, perchè g di moda, potrebbersi i parenti
condannare a lavori in prò del comune, vale a dire ai lavori forzati. - Altri osserva che il povero figlio del padre
condannato piglierà poi da costui botte da orbo. Comincia Rossi Guglielmo professore di non si sa che cosa, a parlare, e
dice “Considerate… considerate ecc.”. - Istruzione primaria. Ad Andorno ciascun ragazzo della scoletta è tenuto di
portare giornalmente nella stagione invernale un pezzo di legna alla maestra, la quale la immagazina e la vende al
minuto, lasciando gli scolaretti bubbolare dal freddo. Ed è la stessa maestra che agli scolaretti detta: l'aqua è un fluido
imponderabile - il mare è molto smisurato - ecc. - In every age and state of society, fathers and elder citizens have been
suspicious and jealous of all freedom of thought and all intellectual cultivation (not strictly professional) in their sons
and juniors, unless they can get it controlled and regulated by some civil or ecclesiastic authority in which they have
confidence (Ed. Review). They disapproved of any teaching, unless they could be certain that all their own opinions
would be taught (id.) - Il preside **** del Liceo *** a Milano faceva saltar classi, passar esami, ottener punti di lode,
per spille d'oro, catene ecc. - Il prof. Gerli non volea lasciar passar un tal Vertua: “faccia pure come vuole” gli disse
questi “per me ne ho già pieni i c… di studiare” - Vertua è ricco. I troppi rigori allontanano dallo studio più che non
invitano.
2394. Tra i bisticci politici - citare - il W. Verdi, del 1859 scritto sulle mura delle città d'Italia che voleva dire
W. Vittorio Emanuele Re d'Italia - notando in pari tempo come ciò giovasse anche alla fama dell'insigne maestro di
musica - citare il 610 (sei uno zero) scritto sul palazzo di Corte a Milano, in omaggio a Massimiliano d'Austria. - il Pio
No-no - il Quanta spesa per un mezz-sovran e ona bavaresa (a proposito di Beauharnais che sposava una principessa di
Baviera) ecc. - Sulla Gazzetta dei muri - (Pompei ecc.) - Prina Prina - il giorno s'avvicina -
2395. Curiosità gramaticali. Come “buon uomo”, voglia dire, nell'uso, minchione - come, “galantuomo”, si
adoperi, rivolgendo la parola a gente di poco conto - ed abbia significato di semi-disprezzo. - Delle frasi di doppio
senso, da evitarsi, come la classica “Incipiunt agitata tumescere” (Virgilio).
2396 a). Nella Letteratura comica, fanno specialmente messe le opere teologiche. Basterebbe citare il solo
titolo di molti dei libri che trattano di Dio e Compagni, per sentirsi la fede annegata fra le risa. Non parliamo poi del
contenuto. C'è p. es. un opuscolo “De trinitate” dove si pone sul serio la questione “Che cosa fanno le 3 persone della
Santissima Trinità in Cielo?”, e si conclude, dopo molti sottili ragionamenti “discorrono tra loro, lodandosi
vicendevolmente e continuamente”.
2396 b). (R.U. VII. Scuole) - I maestri vecchi, col sistema di una volta, sfogavano la loro bile sugli scolaretti -
di cui se ne tenevano sempre inginocchiati dinanzi una mezza dozzina, che tempestavano di bacchettate, di pugni e di
calci. - Il banco, e le orecchie dell'asino - il cesso - il “pignolo” - il far la croce in terra colla lingua ecc. ecc. - Tra i
maestri di campagna non va dimenticato il Taglioretti, d'Arcisate - detto il “Penaggia” perchè, facendo lezione, usava di
tenere fra le gambe una zangola (penaggia, in dialetto) e di sbattervi il latte. Questo maestro avea proposto ai Gramatici
di levare 5 lettere dall'alfabeto come superflue, cioè l'h, la z (cui scusava coll's), l'm (cui scusava coll'n), l'u (bastando,
secondo lui, il v) e l'j. - Fu lui, che alla venuta del nuovo Preposto a Brenno, affisse sulle case del paese il manifesto “O
popolo di Brenno - sparate alla gran puttana”; - fu lui che alla morte di Cavour pose sulla porta maggiore della Chiesa,
l'iscrizione “tripudio - di preci e lagrime - alla memoria di Cavour - conte Torinese - che per altezza di mente e agilità di
ministero - Il popolo di Brenno - Oggi - suffragano”.
2397. Manzoni imitò Cervantes, nel nascondersi il più che gli fosse possibile dietro le spalle del suo Anonimo
Lombardo, cui attribuì e l'invenzione della storia de' due sposi, e ogni sua più bella pensata - come, dal canto suo,
Cervantes avea ciò fatto, mettendo il suo famoso Chisciotte sul conto dell'imaginario Cid-Hamed-Benengeli - A
proposito di Cervantes e del Don Quixote, magnifico tutto il tratto che parla del governo di Sancho: che è finissima
satira ai governi. - Così, notabile, la descrizione di Clara Perlerina (Parte Cap. 47) - la partenza di Sancho dall'isola
Barataria (P. II. C. 53) - il discorso di Sancho col ventero, che promette mari e monti, mentre non tiene nulla nella venta
(P. II. C. 59) - Tutto il Cap. 60 della P. II - ecc. ecc. Di Umorismo, moltissimi esempi nel Chisciotte, p. es. “d'esta
manera se lamentaba Sancho Panza y su jumento le escuchaba sin responderle palabra alguna” - p. es. V. Cap. 61. P. II
(pag. 154) - Tra i difetti, quello di trovarci troppo spesso ripetuto l'espediente romantico delle donne vestite da uomo.
Nel Chisciotte, ce ne saranno una dozzina.
2400. la cara, sp., CF. kàra, gr. - no leer migaja, spag.. CF. mica, it. (briciola), miette, franc., brisa, bol.,
mìnga, mil. - francolines de Milan (D. Quix. C. 49. P. II, pag. 307) - capella (de flores) corona, CF. Dante “e di poeta
piglierò il ca[p]pello”. -
2401. V. 2402 Os Lusiadas - miserabile poema - una delle solite imitazioni da Virgilio - Annoja come il
Tasso - senza neanche il conforto di qualche felice riposo, come, se non altro, presenta qua e là, il poeta italiano. Nella
pappolata di Camoens regnano contemporaneamente gli Dei pagani e i Cristiani. Imaginate il pasticcio! così che,
quando Venere (nell'ultimo Canto ot. 82) mostra a Gama il mappamondo, dice parlando dell'Empireo “aquì
verdadeiros gloriosos - divos estão; porque eu, Saturno e Jano - Jupiter, [Juno] fomos fabulosos - fingidos de mortal e
cego engano” (e chi parla, è Venere!) - Nei Lusiadi c'è, oltre la solita favola, la solita ripetizione d'aggettivi stereotipati.
- Un bell'esempio di proprietà, lo si trova nel III Canto, quando Vasco di Gama (a imitazione di Enea che sballa la sua
storia a Didone) - conta al Re di Melinda la cronaca di Lusitania, e si vanta, con un Maomettano, delle botte picchiate
dagli antichi portoghesi agli antichi maomettani - nel qual racconto, appare anche il fiume Gange che dice al Rey
Manuel “a quantas gentes vês porás o freio”. - Altro esempio di epica dignità, lo abbiamo, dove Bacco scende da
Nettuno per incitarlo contro i Lusitani, ed è ricevuto dalle ninfe “que se estão maravilhando - de ver, que cometendo tal
caminho - Entre no reino d'agua o rey do vinho” - Pazienza ancora che il poema termina modestamente! Camoens,
parlando al re, dice “…fico, que em todo o mundo de vós cante, - de sorte que Alexandro em vós se veja, - sem à dita de
Achilles ter inveja”.
2402. (V. 2401) Il solo tratto mediocre nei Lusiadi, è, a parer mio, la minacciosa apparizione del Capo delle
Tempeste, a Vasco di Gama. Crivellato il poema nel mio staccio, non mi restano di lodevoli, che i seguenti versi “que
alegria não póde ser tamanha - que achar gente vizinha em terra estranha” - “Quem não quer commercio, busca guerra” -
“Encostase no chão que està cahindo - a cidreira co'os pesos amarellos; - os formosos limões, alì cheirando - estão,
virgineas tetas imitando” - “Huma (Nympha) de industria cahe, e releva - com mostras mais macias que indignadas, -
que sobre elle empecendo tambien caia - quem a seguia pela arenosa praia” - “(gli onori) melhor he merece-los sem os
ter - que possui los sem os merecer” -
2403. Tale prete, nel cominciare la predica, diè un colpo col piede nel lume che il chierichetto, accovacciato
dietro di lui, nell'oscurità del pulpito, si teneva presso per leggere il manoscritto da suggerire. E il chierichetto allora “l'è
mort”. “È morto” cominciò con enfasi il predicatore, ma accortosi tosto dello sbaglio, ebbe tanta presenza di spirito da
aggiungere “Morto è l'agnello immacolato… Or chi l'ha ucciso? chi osò porre le mani ecc… Ahi! sono quelli empi
giudei…” e così via, improvvisò una predica sulla crocifissione -.
2404. Nessun uomo è fine: tutti son mezzo - ma a che? Sarebbero forse altrettante lettere che tutte insieme
vanno formando una parola unica - Dio?
2405. Nell'Universo, tutto è centro… L'Universo è tutto infinito, perché non ha margine…; non è totalmente
infinito, perchè ciascuna parte di quello è finita… Dio è tutto e totalmente infinito perchè tutto lui è in tutto il mondo…
L'infinito è immobile. L'infinita quiete e l'infinito moto concorrono in una… - Se il mondo è finito, ed extra il mondo è
nulla, ov'è il mondo? Sarà qualche cosa che non si trova - (in parte, Bruno).
2406. V. 2407 Giordano Bruno sgomenta. Chiesto dal Tribunale dell'Inquisizione di chi fosse figlio, rispose
“del padre Sole e della Madre Terra” - Udita la propria sentenza di morte, disse “majori forsitan cum timore sententiam
in me dicitis, quam ego accipiam” - Magnifica, se non per la forma, per la sostanza è la sua satira sulla umana asinità.
“Oh santa asinità! santa ignoranza! - La santa asinità di ciò non cura - ma con man giunte in ginocchion suol starsi -
aspettando da Dio la sua ventura - Pregate, pregate Dio, se non siete ancora asini, che vi faccia diventar asini!…
Forzatevi, forzatevi ad esser asini voi che siete ancora uomini! E voi, che siete già asini, studiate, procurate, adattatevi a
procedere sempre di bene in meglio, afine che perveniate a quel termine, a quella dignità, la quale, non per scienza et
opre, quantunque grandi, ma per fede si aquista: non per ignoranza o misfatti, quantunque enormi, ma per l'incredulità,
come dicono secondo l'apostolo, si perde: se così vi disponete, se tali sarete e talmente vi governerete, vi troverete scritti
nel libro della vita, impetrerete la grazia in questa militante e otterrete la gloria in quella trionfante ecclesia, nella quale
vive e regna Dio per tutti i secoli dei secoli. Così sia” (Bruno). - Utile sarebbe un raffronto fra l'incredulità di Erasmo e
quella di Bruno - e tra le loro due opere su la favola dell'Asino Cillenico (Cabala del cavallo Pegaseo?), e l'elogio
della stultitia -
2416. Giordano Bruno, dedicò la sua satira contro la fede e il papa (l'asino ideale) dal titolo Cabala del cavallo
Pegaseo ad un vescovo - con queste parole “prendetelo, se volete, per uccello; perchè è alato e dei più gentili e gai che
si possano tenere in gabbia” - Il motto di Bruno era, “in tristitia hilaris, in hilaritate tristis” che potrebbe essere il motto
dell'Umorismo - Per la lingua da lui usata diceva “chi m'insegnò a parlare fu la balia”.
2420. Quanto spreco d'intelligenza per capir cose che non meritano d'esser capite! quanto studiare per giungere
a sapere quanto la nostra ignorante fantesca sa già prima di noi!… Don Chisciotte impazzì sui libri di cavalleria - ma
quanti mai impazzirono su quelli di filosofia! Nati scienziati, si muore ignoranti.
2421. Pret e pui hin mai sagui. (R.U. L. VII. 16 - Parte ufficiale).
2422. Tale alloggiava al piano per timore dell'umidità. Disse mio fratello “egli ha l'umidità delle tegole” -
Mia zia possedeva un cannocchiale da teatro, dei primi fabricati; di quelli cioè che si allungavano e accorciavano senza
ingranaggi di ruote. E mio fratello lo chiamava “il cannocchiale a pietra” (alludendo agli schioppi).
2423. Si vede un paesaggio dipinto. “Par vero” si dice - Si vede un paesaggio vero e si dice: pare dipinto. - Si
mangia manzo; si esclama “pare fagiano” - si mangia fagiano “par manzo” - Altre frasi valgono l'opposto di quanto
dovrebbero significare, p. es. l'articolo di fondo nelle gazzette, messo sempre in principio - Così ci sono metafore
ritornate donde sono partite - es. “ella alla luce il suo primo volume” (intendendo il partorire) che è metafora nella
sua prima parte già presa a prestito dal parto animale - e applicata ai libri - Altre poi, coll'uso hanno perduto ogni valore
di metafora -, p. es. svignarsela, in cui nessuno avverte più alla idea di vigna, per es. il divorare la via etc. etc. - E vi
sono anche diminutivi che indicano oggetti più grandi del loro positivo. - per es. bambino, diminutivo di bimbo - usato
in Toscana a indicare persone già adulte -; e accrescitivi che significano idee di cose più piccole dei relativi positivi,
come mattone e matto etc. Illustrissimo che vale meno di illustre - Non parliamo poi di certe frasi - per es. “crescere
come Dio vuole” per dire crescer male etc. - di cui V. sparsim.
2424. (Note umoristiche di L. A. e B. V. 2240 - 2. I Numeri) Del Numero 13. - Se le superstizioni relative a
questo numero siano anteriori o posteriori alle carte da tarocco, in cui il 13
mo
tarocco rappresenta la morte. - Il numero
13 è bandito dalle stanze negli stabilimenti idropatici, nei broughams di Pavia (non però di Milano etc.).
2425. Dal momento che l'innato amore alla menzogna negli uomini creò il romanzo… - Il romanzo, menzogna
lecita e onesta… - Gli uomini amano i romanzi per amore della bugia. Le figure rettoriche sono tutte bugie -.
2426. La morte è l'alleata dei buoni ingegni. Essa apre le porte alla fama e le rinchiude all'invidia (Bacone). È
la indeprecabile spegnitrice delle false glorie, è la ravvivatrice delle vere, benchè sconosciute.
2427. (V. 2240) Impressioni nel leggere. Il pianto che erompe alla contemplazione della bellezza artistica. Mi
fanno piangere le più comiche poesie dell'inarrivabile Porta, tanto son belle. -
2428. “E stetti come l'uom che teme” (Dante). CF. Virgilio “Illum indignanti similem, similemque minanti”. - La
descrizione della Casa del Sonno è tolta di peso da Ariosto ad Ovidio - Ma fin dove si può ritenere che un autore imiti
un altro? - Altra l'imitazione in scienza, altra in arte: nella prima l'idea è tutto; nell'altra la forma è quasi tutto.
2429. Il comico è riso, l'umorismo sorriso.
2430. Nei paesi dove le vocali cedono alle consonanti… (per indicar il Nord) - Errore che le lingue germaniche
siano più ricche delle latine… Esse non sono più meno - quantunque il costume di combinar nuove parole
coll'unione di due o tre altre vecchie, sia piuttosto un effetto della scarsità che non dell'abbondanza di una lingua.
2431. Segue il volgo ciò ch'egli ostenta di disprezzare. Il volgo, assiduo frequentatore di puttane, toglie ogni
sua frase di scherno appunto dai bordelli, ch'egli ama e frequenta, per es. “Va a puttane” etc.
2432. Nel dialetto Romano è frequente la desinenza a nel plurale, derivata dal neutro plurale latino (le mela, le
poma, le sua ecc.) - Tra le bizzarie gramaticali - citare le cervella che hanno senso meno nobile de i cervelli mentre le
ossa l'hanno più nobile degl'i ossi.
2433. Giuseppe Ferrari, l'esageratore di Vico, dice che la lingua d'Italia è reazionaria. Sfido io! non la sa
scrivere - Certo è che scrivendo in Italiano - lingua ricchissima a rispetto delle teutoni - si sente tuttavia la scarsità dei
tempi e de' modi de' verbi e s'invoca la greca abbondanza.
2434. Nella Satira si trova è vero una delle fonti dell'Umorismo odierno, ma l'Umorismo non è tutto satira: esso
trae anche le sue origini da quella parte di letteratura semi-conosciuta dagli antichi, benchè corrispondesse ad un affetto
che naturalmente dovevano anch'essi sentire, il pàthos -.
2435. L'arte, ogniqualvolta ci si presenta con opere degne di lei, anche vecchia, pare nuova - la scienza per
quanto freschissima, puzza sempre di vecchio.
2436. C'è chi scrive come se i lettori non conoscessero nulla intorno all'argomento, e tedia - c'è chi scrive come
se conoscessero tutto, e spazienta. - L'attenzione del lettore si deve esaurire - troppo acuire senza soddisfare. Il
lettore non ha nè da patire la fame nè l'indigestione -
2437. (V. 2240), Mie impressioni nelle letture - p.es. Orazio - odi -. Pare che Orazio abbia ad ogni periodo
messe tutte le parole che avrebbero dovuto formarlo in un sacchetto; le abbia poi scosse ed estrattele a sorte le abbia, in
quell'ordine che venivano su, scritte. Tanta l'involtura. - Shakspeare (V. Sparsim) e al Giulietta e Romeo - V atto. Scena
1ª. Questa scena è affatto fuor di luogo. Può darsi che Romeo, non pazzo - possa, dopo di aver udita la morte della sua
adorata, descrivere minutamente al colto publico una bottega da speziale? - Tasso (V. Sparsim). O miseria delle miserie!
A volte leggendo per la prima volta la Gerusalemme, ritorno al frontispizio affine di assicurarmi che il libro sia proprio
di quel decantatissimo autore, cui si erigono statue e si pingono le fattezze con Dante e Petrarca. È un poema più buffo,
e più sciocco e più benissimamente-male scritto della stessa Secchia Rapita.
2438. (R.U. L. I. Gli artisti). Scena 1ª. Il pittore X bisc de gamb - e lo scultore K, losc de spall - dinanzi
all'Apollo di Belvedere, trovandogli mille difetti - e quello della gamba più corta dell'altra ecc. - (R.U. L. XII. Leni
pazzie) S. 2ª. Galli pittore presenta al Ministro delle Belle Arti in Francia il suo album di schizzi. Ogni schizzo è un
indecifrabile scarabocchio. Domanda, stupito, il Ministro “ma che rappresentano?” - E Galli “la guerra dei bianchi e dei
neri”. - Questo Galli s'era dato anche, per la fame, ad inverniciare carrozze. Partì poi per l'Egitto dicendo agli amici, che
andava nel deserto per fare la “sfinge”.
2439. (R.U. L. V. Il bel mondo. 8. I vani) - Il S.
r
Carlo Cattaneo (non il grand'uomo) si fa chiamare prima
Carlo Cattaneo Torriani, poi Napo Torriani - e scrive una lettera alle gazzette dicendo loro di rettificare l'N. C. in nobile
cavaliere. - Altri ha la fatuità di credersi bello e d'innamorare tutte le donne, p. es. Filippo Filippi - Luigi Perelli - e un
nostro servitore (1869) il quale si metteva alla finestra della cucina, guardava in una casa di faccia, poi, volgendosi alla
cuoca, - vecchia cuoca - diceva “Ei lee, che la dis che l'è pussee bell el servitor di sur Cairati. Che le guarda on poo!… e
peu che la guarda mi” - Nel “bel mondo” (stesso L. R.U.). Diogene ad Olimpia, vedendo alcuni giovinetti rodiani
sfarzosamente vestiti disse “questa è superbia”. Abattutosi poi in alcuni Lacedemoni con tonache grossolane e sudice,
disse “anche questa è superbia” - (V. 2442)
2441. Il Prof.
re
Bardelli (del Politecnico di Milano) sul finire di una sua lezione, disse agli scolari “Signori, è
quì il dott.
r
Ascoli che assistette alle mie lezioni, il quale si propone di dar loro conferenze in proposito. Con lui
s'intenderanno pel prezzo” - E il dott. Ascoli, ascendendo subito in cattedra “Ecco, signori, io intendo di tener loro delle
conferenze a L. 10 il mese…” ecc. - Così, Buccellati (dell'Università di Pavia) vendeva i propri libri - tutte pappolate - a'
suoi scolari: e guai a chi non comprava! - Così il prof. Reale (della stessa Università) avea composto un libro di
matematica diviso in due parti, una delle quali stampata, zeppa di errori e inutile agli studenti; l'altra litografata, con
meno errori, e servibile. E però egli diceva “Signori miei - il libro stampato costa 8 lire, il litografato naturalmente 2 -
ma io non posso venderli separati” - obbligando con ciò chi voleva passare gli esami sotto di lui a comperarsi i due libri
uniti - colla tenue moneta di 10 lire. - Lo stesso Prof. Reale fece tre volte di seguito una facilissima operazione algebrica
sulla lavagna - e la sbagliò tre volte - Item - sostituendo il Prof. Cantoni, di cui era assistente, cominciò una lezione di
fisica, ma s'imbrogliò sifattamente che dovette arrestarsi tra il mormorio e lo scalpiccio degli studenti, esclamando
interdetto “Infine, si persuadano, signori, che tutto è moto!” (Notiamo che il moto non c'entrava nel tema). Giù gli
scolari a ridere. E il Reale, ancora più imbrogliato, tergendosi il sudore che gli grondava dalla fronte (era inverno!):
Scuseranno, signori, - aggiunse - la mia poca capacità… perchè sono padre di numerosa famiglia…
2442. (V. 2439). Felice chi possiede un pajo di brutti quadri antichi, o qualche scompisciato e tarmato volume -
o una mezza dozzina d'idoletti giapponesi - o dei frammenti di sasso ecc., che gli permettono di dire, “la mia
pinacoteca!” “la mia biblioteca!” “il mio museo!” -
2443. Sentinella (ad uno che vuol entrare nel quartiere con un involto sotto il braccio) Che avete sotto il
braccio? - R. Un fagotto - S. che fagotto è? - R. Un istrumento - S. Che istrumento? - R. Un fagotto - e così via.
2444. (V. N[ote] L. A e B. 2240. I°) Le etimologie Menagiane, ferrariane ecc. assai più divertenti della
etimologia comparata della nuova scuola. - Se leggendo, s'intendesse ogni parola nel suo giusto valore d'origine, non si
capirebbe più niente - I monosillabi = atomi delle lingue - Delle frasi e dei nomi, che hanno pel troppo uso perduto il
filo, p. es. domandare se il mondo è da vendere - Viola - Rosa - Giacinto ecc. - del modo di rinnovarle - p. es. scrivendo
invece di cieca rabbia (in cui l'agg. non fa più effetto) rabbia senz'occhi (Shakspeare, eyeless) - (Id. 5) Dare poi esempi
di cose dette pianamente e sui trampoli, per cui la descrizione del rame di una cucina, può a prima vista pigliarsi, per
quella dei bronzi di un campo di battaglia ecc. - (Id. 3) Bellezze della parlata milanese; da provarsi principalmente con
citazioni tolte dal Maggi (Lo splendor di Milano, il Savio Maggi - (Redi) per es. la vid del coll etc. -
2445. “Oh che bel libro!” diceva tale, mostrandomi un volume sul suo scrittojo. - E perchè bello? chies'io - Era
perchè il libro, quantunque vecchissimo teneva ancora un margine colla barba.
2446. Si propone in una conversazione di fare un sonetto a rime obbligate. Chi è domandato a dettare le rime,
comincia “Milazzo”. Ma una signorina da marito, si alza rossa dalla vergogna, dicendo “se vogliono dire cose
indecenti…” - e indignata, fugge di stanza. -
2447. (R.U. L. VII Parte ufficiale) - Sulla porta maestra del Senato a Roma è scolpita una pelle di lione, vera
imagine del senatore. L'accattonaggio del voto, nelle elezioni del deputato. -
2448. Una tra le precipue doti del Genio, è la precocità, l'altra la celerità: esempi: Cesare, Napoleone, Rossini.
2449. (V. Giorni festa - 2340. Carnevale). Nel Carnevale 1873 - si fabricò una gran luna, nella quale si entrava
per la bocca, e nel cui interno si vedevano dipinte le goccie dei liquidi vedute dal microscopio: ora, nella goccia del
vino, erano raffigurati Perelli, Rovani ed altri celebri bevitori - in quella dell'aqua i più insipidi de' milanesi - in quella
dell'aceto i più rabbiosi gazzettieri, come Bizzoni, Treves, Cavalotti ecc. - in quella dell'orina, il marchese Villani. - Nel
Carnevale 69, si vide uno, mascherato da cuoco, correre con un coltellaccio per le vie dietro un altro fuggente, travestito
da tacchino. - Gli spiritosoni in carrozze acconciate a letto, coi pitali ecc. gli straccioni abbigliati da donna - Chi gira
serio serio a spazzolare i soprabiti e le faccie impolverate dai coriandoli, della gente; chi si mette, incilindrato e col
giornale in mano sotto le finestre donde diluvia il gesso. - (V. id. 2340. Pref.) Lasciate pure che Apollonio Tianeo dica,
che i giorni di festa sono cagioni di malattia perchè i lavori cessano e ad altro non si tende se non a riempiere il ventre…
- Nel Natale, cit. i regali domestici, il panettone del fornajo, i rosoli e il vino di Malaga e l'uva passa zibibbo del
droghiere ecc.
2450. Progetto di un libro, dal titolo l'Osteria in cui dopo di avere - in una Prefazione - ineggiato a questo
punto franco dai dispiaceri, a questa terra della perfetta eguaglianza, a questa casa di chi non ne ha - si raccontano
alcune storie, per bocca di vari avventori, che vanno appunto all'osteria, per annegare nel vino i dolori - Nella Pref, cit.
Arianna che abbandonata in Nasso (in asso) da Teseo, passata alla delusione amorosa coll'aiuto di Bacco (cioè del
vino) ecc. Come il vino sia pacificatore - El vin ciôcch - coronar i bicchieri, biccer senza collarin - (V. in Vino) - I° racc.
di uno alticcio di vino - che racconta l'operazione del taglio cesareo fatto a sua moglie, per uccidere lei ch'egli adorava -
e salvare un bimbo che nessuno conosceva e niente sentiva. Il brutale Chirurgo lascia cadere il fascio de' suoi ferri, sul
canterano coperto di marmo - Spavento nell'ammalata - il grembiale da macellajo ecc. (combattere la legge che vuole
salvo il figlio a danno della madre) - 2° racc. di un genio sconosciuto ecc. -
2451. (R.U. L. VI. I bimbi, 2348 - oppure nei G. di Festa, 2340). La Marionetta. Due piccoli amici,
s'innamorano per via di una marionetta, appesa nella vetrina di un baloccajo - dai capelli di velluto rosso, dalle vesti
d'oro ecc. Ma non hanno denari. Uno dice “corro a casa a chiederli a babbo. Tu intanto sta quì a far la guardia, che non
ce la portino via. Non muoverti sai” - Credevano che tutta la città dovesse avere gli occhi sulla lor marionetta. Uno dei
bimbi entra dunque dal negoziante a dargli belle parole; l'altro corre a casa, ottiene i denari dal babbo e col batticuore
ritorna al negozio. La marionetta c'è ancora. La comprano e ritornano a casa gloriosi e trionfanti - Prima del 48, i nostri
bimbi giocavano all'altarino - dopo, al Teatro - ma dal 59 in qua, fanno al soldato. - Il Teatrino: chi dipingeva i scenari;
chi faceva le comedie - le voci grosse e le sottili. Nessun spettatore, fuorchè le donne d'accompagno - Un bimbo non
buono a nulla lo mettono a far girare il mare, ed egli s'addormenta, col manico del mare in mano - La Rana (R.U. L. VI.
I bimbi). Il figliolino del padrone e il figlio del portinajo attaccano lite - vanno in rotta - e non vogliono più vedersi:
l'uno gioca a tutto giocare sulla terrazza per far rabbia all'altro, e così questi in cortile. Il padroncino giocava sulla
terrazza con una rana viva, ma la rana cade in cortile, e resta, la pancia bianca in aria. Subita compassione nel bimbo
del portinajo che le si accoccola presso. Il padroncino scende anche lui e tutti e due stanno a mirare la povera uccisa,
colle testine appoggiate l'una all'altra - Intenerimento comune - Baci - Pace. - Dei giocatoli per i bimbi. Inutili, anzi
dannosi i troppo di lusso. La fantasia di un bimbo innalza il minimo pezzo di legno, di sughero, che so io! al grado del
più complicato e magnifico oggetto: ma s'arresta nojata ad uno in cui altri ha fantasiato per lui. Per le bimbe poi non c'è
danno maggiore del donar loro delle bambole troppo riccamente vestite. In breve, esse vogliono avere ciò che la loro
bambola ha - e se una bimba di 7 anni è abbigliata come una sposina di 25, domando io, quale borsa potrà accontentare
questa sposina? Le nostre ave invece (e parlo delle più ricche) erano abbigliate di tela in estate e di cotone all'inverno
fino alle nozze. Guai non lasciare un margine ai fisici desideri! - I soli morali sono infiniti. - Dei dispetti (L. VI. bimbi
R.U.) chi attacca gusci di noce ai quattro zampini di un micio, poi lo caccia sul tetto - chi adaqua la casa colla tolla
dell'olio, ecc. - chi fa l'organino col macinino del caffè, chi butta le castagne amare nelle padelle dei marronai; chi versa
nell'aquario dei pesciolini dorati l'aqua calda…
2452. Dicono che i vecchi ci vedono assai più lontano dei giovani. Ciò è vero: solo otticamente però.
2453. (R.U. L. VII. Parte Uff. od anche nei Cacciatori L. XI) Quanto corrotta la dignità umana! Anche oggidì,
si prega, si supplica per ottenere il beneplacito regio di commettere qualche viltà! (alludo a chi domanda posti di
ciambellano, o vorrebbe dedicare una sua opera ad un qualunque sovrano etc.).
2454. Una signora s'innamora di un artista. Gl'invia una letterina appassionata dandogli una posta. L'artista che
ha molti nemici, insospettisce di un brutto tiro, e manda al luogo fissato, due carabinieri. Dolce sorpresa - Altra
romantica, vede un giovane entrare in un bosco, con una faccia abbujata e con una lettera in mano. È senza dubbio, ella
pensa, un innamorato tradito, - forse… egli medita un suicidio; e, ansiosa, tiene dietro di lui… e va… finchè, giunto nel
cuor della selva, il giovane si slaccia i calzoni, si accoccola sui ginocchi, e si mette a farla. Altra dolce sorpresa. -
2455. L'Umanità procede sempre per errori. L'Internazionalismo è l'errore il più moderno, quindi la
contemporanea verità. In esso sono i semi dell'avvenire. I posteri ne raccoglieranno i benefici. L'idea della carità si va
sempre più allargando - e sviluppando: dalla famiglia passa alla città, dalla città alla nazione, e da questa alla umanità. -
Per ora, l'Internazionalismo è l'ombra, sproporzionata, del corpo che sta per apparire - un corpo forse armonicissimo.
Le Grandi idee, come questa, nate informi, si correggono, si completano strada facendo - Sono i versi di Ennio che
colla lima diventano virgiliani - sono i pezzi di carne che dalla lingua materna pigliano forma di orsi. - La sua face, che
ora abbrucia, finirà con illuminare tranquillamente la Umanità. E tutti vi anderanno ad accendere il loro lumino.
Ammetto anch'io che la più parte degli operai attuali dell'Internazionalismo appartengano alla colpa, ma che ha a fare
l'idea collo strumento? E quì l'idea, l'artefice è Dio. Non pochi sono del resto gli scellerati anche nel campo dei
conservatori del vecchio ordine, ma la legalità fa delle colpe loro altrettanti meriti. A chi ben guarda, le legali esecuzioni
di Satory sono pari alle illegali della Comune - Pochi fruiscono ancora dei diritti politici. I non censiti tentano ora quel
movimento che i borghesi già compirono trionfando, rispetto alla nobiltà. L'epoca internazionale è ineluttabile. Una idea
forte e nuova segue il progresso della valanga. Virescit vulnere virtus. Il faut la bajonette pour les empêcher, donc on a
tort de les empecher (Bastiat). archaìa parélthen. idù ghégone kainà pànta - Tout grand changement de l'esprit
humain commence par l'hostilité (J. Ferrari) Questi non sono che i vittoriosi indugi di Fabio - E voi, borghesi, ve la
pigliate coll'Internazionale? Pigliatevela colle stelle! -
2456. Il presente (1800-1900) è tempo di mediocre libertà. Noi vi troviamo confusi tutti i sistemi vecchi di
morale, di arte, di scienza ecc. in una sol volta. “Chaos rudis indigestaque moles”. Nelle politiche, il sistema
costituzionale è una prova di ciò. L'uomo che ha provato tutti i governi uno dopo dell'altro - ora se li gode tutti insieme
- Tuttavia, mercè lo sviluppo dell'economia politica, questa matematica della Morale, che concilia i calcoli e l'interesse
colle aspirazioni più sublimi del sentimento, noi vediamo il bene estendersi senza posa, e senza posa il male restringersi.
- Coll'abbandonare sempre più gli interessi a loro stessi, la miseria va scomparendo e colla miseria il male - Così, il
governo si fa sempre più limitato, e pare che accenni alla sola amministrazione della Giustizia. - Il presente, è l'epoca
del commercio, dove l'utile prepara il terreno al bene universale. Col commercio si diventa, per interesse, onesti.
2457. L'uomo di genio tiene il lume, ma la via è già tracciata dalla Natura. Nessuno è inutile, ma nessuno è
indispensabile. Se Volta non trovava la pila l'avrebbe trovata Gorini. Se Gorini non strappava il loro intimo segreto ai
vulcani e alle montagne, il genio nascituro l'avrebbe strappato.
2458. Rileggendo il mio “Regno dei Cieli” quale fitta di errori! quale folla di dubbii! La memoria vi ha corrotta
la mia imaginazione e il mio cuore. Fu un lavoro a tentoni. Eppure non me ne pento. Pàntes gàr èmarton - La strada
della verità è a sghembo. Non c'è errore senza parte di verità, anzi l'errore si potrebbe definire una verità incompleta,
come non c'è verità senza stigma di errore. Io spero tra breve di esser chiamato codino.
2459. Il Progresso tende a riemancipare l'individuo dalla società tutrice. E g si domanda che il Governo
ridiscenda dalla Nazione alla Città, come tra poco si domande ch'esso ritorni, frazionandosi, alla sua sede naturale, la
Famiglia e l'Individuo, donde avea preso le mosse. Si riviene in una parola al sistema dei tempi primitivi, muniti
dell'esperienza della Società. - (Passato) Prima, l'Individuo - solo - fuori della Società - (presente) poi la Società
confondente in stessa l'Individuo - (avvenire) - infine l'Individuo, tornato solo - nella Società; ossia prima - varietà
senza molteplicità - poi molteplicità senza varietà - infine varietà nella molteplicità.
2460. Chi volesse trovare un sistema per base al milionesimo trattato di filosofia storica, potrebbe cercarlo
nella triplice divisione della Fede, Speranza e Carità - dicendo Regno della Fede il passato in cui dominava l'Arte, sua
principale espressione - Regno della Speranza il presente in cui impera la Scienza - Regno della Carità l'avvenire -
temperata fusione della Scienza e dell'Arte. Cotesta triplice distinzione farebbe riscontro alla Cousiniana, dell'epoca
dell'Infinito (il passato) del Finito (il presente) e del Rapporto tra il Finito e l'Infinito (l'Avvenire) - colle tre loro sedi -
l'Asia - la Europa (e specialmente Parigi!) e l'America. Ma, come ho già detto, i sistemi filosofici non sono che vane
ingegnosità, che giuochetti da majuscoli bimbi. Tutto ciò che si vuole, in filosofia si trova. I sistemi in filosofia non sono
che conforti alla poltroneria. Per essi, i misteri si spiegano con misteri.
2461. Il sistema costituzionale, di moda oggidì, potrebbe considerarsi come l'ultimo tentativo di transazione fra
il governo e il non governo. L'uomo che ha già provato tutte le forme di governo una dopo dell'altra, ora vuole
provarsele tutte insieme: poi le lascerà tutte. - Per guarire alla Società non basta cangiare l'olio di ricino colla magnesia
- essa deve abbandonare tutti i rimedi. E questo in buon'ora, chè l'intervento governativo ha sempre colpito d'inerzia le
intelligenze. - E adesso l'Individuo ha tanto cervello da poter pensare da se stesso a' suoi casi senza più bisogno di
tutore. Der Provinz stehe nur unter Gott und unter der Sonne (Schiller). Non, con ciò, che i governi siano - come altri
vorrebbe - contro natura. Chi li fa? l'uomo - E chi fa l'uomo? Natura.
2462. C'è chi, osservando l'inquietudine del mondo presente, domanda se i tempi odierni son conclusione a
quelli che furono, o sono preludio a quei che verranno; c'è chi li dice tempi di transazione. - Ma e quale tempo non è mai
transazione tra il passato e il futuro?
2463. Cousin definisce la guerra “sanguinoso scambio d'idee” e la trova un male utile. Io non ho tanto coraggio
e la trovo inutile. “Si audire humanum genus voluerit, tam supervacuum sciet sibi coquum quam militem”, dice Seneca.
Il milite sì, il cuoco no. Inoltre, l'autorità militare è una pessima compagna di libertà; e gli eserciti non furono mai
tanto funesti agli altri quanto ai loro propri paesi. E c'è ancora, chi in rima osa celebrare i massacri di migliaja di
uomini!
2464. La libertà consiste nel poter fare quanto si deve volere, e nel non essere astretti a far quanto non si deve.
Perchè sentiamo i mali della libertà? Perchè non la possediamo intera - Dato il governo, tutte le forme si valgono.
Quod interest quot domini sint? Servitus una est. Dato un governo il migliore è il meglio amministrato. Dato un
governo, io griderò sempre con Napoleone I - “viva l'impero!” - e - col Senato di Roma - “viva la repubblica!” -
2465. La clemenza, si dice, dovrebbe essere esclusa da una perfetta legislazione. Ed io non vorrei neppure la
legislazione! Non poenae aut infamiae metu esse peccandum, sed justi honestique studio et officio - Più diminuiscono le
pene e più diminuiscono i delitti. Come nelle malattie fisiche, giova più la cura preventiva della repressiva, così nelle
morali. Cangiate le carceri in scuole! - Il lusso antico delle pene, quando la pena era un reddito del principe. V.
Beccaria… saepe committi quae saepe vindicantur…
2466. Anche la beneficenza non giova che preventiva. Gli 8450 stabilimenti italiani di carità posteriore non
sono che altrettanti semenzai di miseria -
2467. Data una religione, la migliore, secondo me, è quella, il cui altro mondo meglio giova alla felicità in
questo.
2468. L'individuo non può adoperare la forza che nel caso di legittima difesa. Al Governo è demandata
dall'Individuo tale difesa. Se il governo oltrepassa questi limiti entra in una via senza fine, e annienta la sua propria
missione. Al di della giustizia non vi ha che il suo contrario. Un governo non debb'essere che giudice e gendarme. -
Con lo Stato abbiamo l'ingiustizia sistematizzata. Finchè ci sarà un Governo, saranno rivoluzioni. - Dei governi trop-
pères.
2469. Scopo dell'Internazionalismo è torre le gelosie nazionali, sentimenti non solo perversi ma assurdi - come
del Nazionalismo fu scopo il distruggere gli odi Municipali. Nuocere agli altri - è nuocere a sè. - Patria mea hic mundus
totus est - Omne solum patria forti. - L'Int[ernazionalis]mo è l'ultima espressione del pensiero umano - ultima, s'intende,
in ragione di ciò che fu, non di quanto verrà.
2470. È ora che l'individuo esca dall'esagerata tutela dello Stato. Il tempo è passato, quando “the people were
not used - to be spoke of but by recorder” (Shakspeare). Ciascuno sia responsale di sè. Chacun pour soi, non chacun
pour tous - chè, bene interpretato, il vero interesse individuale, produce il comune benessere. - Ora facciamo senza degli
Dei; tra poco faremo senza dei governi.
2471. Il Presente è l'epoca del commercio. Più è commerciale un paese e più è civile. Drayton mentiva dicendo
“the gripple merchant born to be the curse - of this brave isle” intendendo l'Inghilterra, ma Drayton era un poeta, cioè
una persona eminentemente retrograda. Parlo s'intende dei poeti moderni, chè degli antichi era tutt'altro. Anticamente,
poesia equivaleva a profezia. V. anche Giusti e Leopardi, che canzonano gli Umanitari etc.
2472. Il comunismo e il socialismo vanno posti fra gli errori del tempo presente. Il primo, a fortuna, è
inattuabile. Esso esige una perfetta e continua eguaglianza. Or come ottenere quella dell'ingegno? - L'altro (troupeaux et
berger) purtroppo è in pieno vigore. I Governi ne sono la massima prova - i quali tendono sostituire alla spinta
dell'ìndividuale interesse, un interesse comune, cui nessuno partecipa - L'Internazionalismo è tutt'altra cosa dal
Socialismo. Governo, socialismo e dispotismo, nel mio dizionario, sono sinonimi.
2473. Alcuni filosofi, pur di non far torto ai loro sistemi, fanno torto alla Ragione. Cousin, posto una volta che
la civiltà segue la via del Sole (V. anche Dante, dove dice “e quando Costantin l'aquila volse - contro il corso del Sol
che la seguia”) - sagrifica bellamente ad una perpetua morte l'Asia, la Grecia e l'Italia (CF. “and the dead nations never
rise again”) tutto a favore della sua Francia, anzi del suo Parigi, anzi della sua cattedra.
2474. CF. l'“ab alio expectes alteri quod feceris” (di Plauto) col pànta ùn òsa an thélete ìna poiòsin ymìn oi
ànthropoi, ùto kaì ymeìs poieìte autoìs. Ambe le massime inculcano la benevolenza, ma la prima colla minaccia di una
pena, la seconda colla speranza di un premio.
2475. La loi aujourd'hui n'est que de la spoliation organisée (Bastiat) - Ogni privilegio è un furto. - Della
inonesta moneta (carta moneta a corso forzoso), del ladroneccio legale delle dogane - della burocrazia e del militarismo
che hanno raggiunto il loro più alto grado,… dei sistemi restrittivi che aumentano il lato penitenziario del lavoro, dei
punti franchi oltraggio alle libertà commerciali rimessi oggi in vigore - delle guerre infine, più sanguinose che mai, e
sempre sceleratissime, per quanto accompagnate dalle platoniche frasi di aspirazioni di popoli, di nazionalità, etc. etc. E
poi facciamo il bocchino di sprezzo all'udire della carta di Law e dei sistemi di Colbert, od ostentiamo l'orrore leggendo
degli autos-da-fé, “dove quelli eretici di cattolici abbruciavano i poveri cristiani” e della tortura, e della schiavitù etc.
etc. O uomini, tutto contradizioni!
2476. Il Medio Evo era l'epoca della Universale Mendicità (Correnti). - Della mendicità promossa dagli istituti
religiosi… della vita mendica e dell'ozio contemplativo dei monaci. - Nel voto di povertà, fatto dai monaci, era
naturalmente sottinteso anche quello di povertà dell'intelletto; quindi, odio a ogni studio.
2478. L'Italia, dalla Geografia è destinata alla forma federale. - Circa l'Italia presente, si p dire che i
suoi Ministri, tengono, non le redini ma le dande del Governo - Degli inutili Ministeri in Italia… dello svogliato
Parlamento, e del Senato che vota le leggi a fornate… della Livrea che si allarga ogni dì più…
2480. E come potete punire chi uccise un uomo, quando voi, principi, siete rei dell'assassinio di intere nazioni?
Ille crucem sceleris pretium tulit, vos diadema.
2481. Massimo segno della fine, è il principio. - La psicologia = il pensiero del pensiero.
2483. La ragione è a tutti comune, la volontà no. - Dal momento che il tuono ebbe creati gli Dei… -
2484. Non vi ha guerra che non lasci l'addentellato ad altre. “Pacem cum hominibus bellum cum vitiis habere”.
2486. Vi ha chi dice: la vita dell'uomo accorciò. Ammetto per la durata, nego per la intensità. Chi poteva, una
volta, vedere in sì breve tempo tanta parte di terra (e quindi tanto sapere), come oggi?
2487. Napoleone e Moltke - Il primo è un artista, l'altro uno scienziato… CF. la lirica campale di Napoleone
al genio artificiale di Moltke…
2488. Progetti di articoli letterari, o di capitoli che si potrebbero incorporare nelle Note di Lett. Alta e Bassa
(V. 2240). - Dei rapporti tra la politica e l'arte - Se meglio giovi all'Arte uno stato libero od uno tiranno - Influenza di
Paolo Gorini nell'Arte - Dell'Onestà Politica, e Artistica - Della Necessità Artistica - Cristoforo Negri - (Nella Necessità
Artistica, si può com[inciare]. Vi ha chi dice, perchè il tale artista ha abbandonato la tale maniera… oppure - perchè
voglia ritornarci etc. dimostrando come l'Arte guida l'Artista e non a viceversa). -
2489. Falsamente è dato il nome di “umoristico” allo stile di alcune gazzette burlesche, quali il Pasquino, il
Fanfulla ecc. - Non è che “comico” e di bassissima lega. Vi si adoprano rami strausati, che più non lasciano se non
stracchissime impronte.
2490. Poca parte dei romanzi odierni, specialmente i francesi, appartengono all'umorismo. L'umorismo fonda in
gran parte nella forma, la quale il sapore alle idee. Quelli invece sono scritti tutti a un sol modo - incoloro. Il loro
interesse sta puramente nella favola mentre negli umoristici sta nella stoffa della favola…
2491. Berni è in pochissimi tratti, umorista. Walter Scott, non lo è mai. Byron, lo è alquanto, nel suo Don Juan,
dove posa in non credere.
2492. L'Umorismo, essenzialmente odierno. La vecchia letteratura era quella delle passioni, quindi intreccii di
favola etc., la nuova è della ragione, quindi minute osservazioni, equanimità ecc. - Carlo Porta è umorista grandissimo,
come in generale lo sono i poeti popolari, perchè tutti i sentimenti cominciano appunto a muoversi nei bassi fondi
sempre mobili, finchè riescono ad ascendere all'onore di legge - e vengono registrati nei codici -. Due le letterature,
l'aulica o artificiale che sdegna la spontaneità, e si circonda di dizionari a frasi fatte, immutabili: l'altra la popolare o
naturale che erompe dal cuore e ne presenta tutti i cangianti colori - applicando le parole alle idee e non a viceversa -
Oggidì, tutto quanto è ufficiale vacilla e sta per cadere, travolto dall'onda rivoluzionaria della spontaneità. Cadon le
leggi, cadono i dizionari - L'uomo rivendica la sua individualità - e però la letteratura dell'Humour trionfa su quella degli
Affetti a catalogo - Chè l'Humour o umore - è il carattere individuale.
2493. Manzoni ostenta di aver fede - Rovani ostenta di non averne. - D. ne piglia, quando gli occorra di far
dell'effetto, e quanto gli accomoda. Ma nessuno ne ha. - Gli stessi frequenti intoppi nel periodare di D. giovano ad
arrestare il lettore, e a farlo pensare, e a fargli quindi scoprire bellezze che un'affrettata lettura gli celerebbe.
2494. Dei romanzi e delle storie (le quali fin quì furono anch'esse romanzi, in cui invece di persone o famiglie
agivano nazioni) alcuni ci presentano eroi che in cilindro e marsina non sono che cadaveri dell'antichità - altri eroi che in
abbigliamento fuori di moda, pensano modernamente. Ma lo sconcio è pari.
2495. L'Umorismo è la letteratura di chi pensa. Questa la causa, per cui la si sparse, prima che non in Italia, in
quei paesi dove la riforma avea proclamato libera l'investigazione e lo sperimento. Or, chi crede, non pensa. -
2496. Nell'umorismo, si possono amalgamare in un sol libro tutti i generi. L'Umorismo è la manifestazione
letteraria dell'ecelettismo dell'epoca - In esso voi potreste trovare letterariamente il rapporto tra il finito e l'infinito, il
connubio tra il sensualismo e l'idealismo, che Cousin predice allo spirito generale dei tempi che stan per venire. - La
filosofia geografica di Cousin… -
2497. “I Promessi sposi” sono la pietra di paragone d'ogni romanzo che leggo. - Certo, vi ha libri, che per un
istante seducono, sia eccitando le nostre passioni, sia mettendo in opra artifici che pajono, a fiore d'occhio, arte - ma se
riapri le eterne pagine manzoniane e ne leggi un periodo, la calma ritorna al tuo spirito, la serenità al tuo giudizio. -
2498. (R.U. L. VIII. Scuole) Il professore * (famoso nella storia delle matematiche e delle bancarotte) ostentava
di studiare 18 ore al giorno, come se i giorni per lui fossero di 36 ore. - Il prof. * non riceve Gorini, colla scusa di star
facendo colazione! Il socio di *, prof. **, terribile esaminatore. Durante gli esami, andava a dare un'occhiata al cesso
ogniqualvolta un esaminando ci era stato. Per lui bocciare un povero studentello era una voluttà. Ma avea per
coesaminatore il prof. Pellegrino, assai clemente. Ora, Pellegrino, approfittando di una uscita del **, lascia passare su 10
candidati 9. Rientra **. Ode il misfatto. “Come?” domanda con irosa sorpresa. E Pellegrino, franco - “Scusi ma non ho
proprio potuto lasciarlo passare il decimo… Se non crede, veda un po' Lei” - ** però, a dispetto della sua terribilità, era
dolce assai di cuore, e faceva servire le sale della Direzione dell'Istituto Politecnico, da lui spaventate il giorno, per le
sue tresche notturne amorose - Prof. Zuradelli (dell'Università di Pavia - poi deputato di Salò). Vendeva agli studenti il
fascicolo di un suo trattato - che costava 15 lire, dicendo loro “è un'opera in corso”. Per passare bisognava pagare
questo pedaggio - Ma in 16 anni, a' miei tempi, non era ancora uscito il fascicolo. Del resto Zuradelli in iscuola, si
contentava di leggere il primo. Giunto alla fine, lo ricominciava. - Prof. Esparson di d[iritt]o internaz. (di Pavia). Teneva
agli esami sul tavolo una noticina con su questioni intricatissime per interrogarne coloro ch'egli intendeva trucciare. Lo
stesso Esparson corteggiava una signorina amante di un suo scolare. Esparson regalava, ogni dì, dolci, torte ecc. che lo
scolare e la signorina godevano insieme, brindeggiando al professore - Prof. Cattaneo di fisica (Liceo Parini di Milano).
Si dilettava a fare esperimenti sui liceisti - dando loro le p forti scosse, che la macchina elettrica del Liceo potesse
sprigionare, inaffiandoli cogli apparecchi idraulici ecc. - Vismara (da Vergiate). Fu fatto professore di letteratura
italiana, dopo aver scritto romanzi, senza ragione nè cuore, senza sintassi nè ortografia. - Prof. Vollo - creato preside del
Liceo Parini. E scrisse la lettera che si trova stampata sul “Baretti” di Torino. Anno III. N.° 7. - Bonghi e Giuseppe
Ferrari professori negligentissimi alle loro lezioni, benchè assai diligenti a papparsi l'annuo stipendio di 5000 lire - Prof.
Nova (filosof. del d[iritt]o a Pavia). P. e. sale in cattedra e dice: signori! io non capisco perchè si metta il crinolino alle
donne, che cela le lor belle gambe…, e così via, tutta la lezione su questo tema - Detto Prof. Nova, dimanda in un esame
ad uno scolare “perchè la libertà è innata nell'uomo?” - Lo studente risponde “perchè - siccome Dio è libero - l'uomo sua
emanazione debb'essere pur libero”. - E Nova “lei è dunque un panteista della specie!” - È a notarsi che Nova è
inimicissimo di Rosmini, per avere Rosmini, a proposito di lui, detto “chi è quell'asino che raglia in riva al Ticino?” Ora
Nova, in un esame, chiede al candidato “e in proposito che ne pensa Rosmini?” - Il cand[idato] fa un gesto di sprezzo -
Nova: perchè quel gesto? - Cand.: Rosmini è una bestia. E Nova, senza più chieder altro all'esaminando 27 punti su
30 - Prof. Codazzi di matematica (Università di Pavia). È abbonato a tutti i giornali di mode femminili - Con tutta la sua
scienza non riesce a capire una semplicissima macchina da caffè. Fa l'astratto. Gli si domanda “che tempo fa in strada?”
Risponde “non so; non me ne sono occupato”: - oppure “c'era gente in teatro?” “non so veramente, non mi ricordo più,
non ho guardato nei palchi e neppure in platea”… “allora, ci saprà almeno dire com'era lo spettacolo?”… “Neanche;
non me ne sono occupato” - Prof. *** (Preside del Liceo **** a Milano) vera belva asinina - villanissimo - Morto, lo
hanno, su pei giornali, venduto per un Cherubino - pigliando forse le orecchie per ali -
2499. (R.U. L. VIII. Le scuole) Agli esami. Dei componimenti di matematica venuti dal Napolitano alla Comm.
Centrale degli Esaminatori, taluni erano lavoro di studentelli dai 30 ai 40 anni. In uno, dopo una filza di spropositi,
l'Autore avea disegnato cinque imagini di persone, cioè un padre, una madre e tre figli con tanto di lingua fuori, e sulla
lingua scritto “aggio fame, aggio fame” ecc. - Paragone tra la gramatica del Vescovo Ruterio del 950 intitolata
Paradorsum (il verbo - imbeccato a suon di nerbo) e la Gramatica Greca del prof.
re
Inama - spaventatrice di quella poca
[voglia] che tutti e massime i fanciulli hanno di studiare - All'esame di greco Ferrari copia da mio fratello Guido. Ferrari
passa; Guido, no -
2500. Era la prima farmacia della città: avea di che ucciderla tutta… -
2501. (V. 2240) Chi legge per sè ad alta voce, pare non abbia palato… - Dicono il non andare a letto, perder la
notte, mentre invece sarebbe un guadagnarla - Dicono che quanto distingue l'uomo dai bruti è la parola, mentre è la
parola appunto per cui, il più delle volte, ci mostriamo bestie.
2502. (V. 2240) 3. Dialetti. Come nei dizionari di una parlata si legga la storia del popolo che ne usò e ne usa.
Strettissimi rapporti fra la lingua e l'indole di una nazione. Es. tolti dal dialetto Milanese, Veneto e Napoletano. Come
perciò la lingua cosidetta Italiana, fuor dal colore dei dialetti, non rapportandosi a nessuna popolazione, non valga, non
serva a nulla. - 5. Bestemmie. Perchè maggiori bestemmie nei paesi di mare. Es. di bestemmie genovesi (frasi prov. e
tutte le bestemmie lombarde) - 9. Critica. Effetti della critica sul publico e sugli autori. La Critica alla Baretti e alla
Cletto Arrighi - La critica erudita e la sentimentale - App. Imp[ressioni di] Lett[ure]. Come i libri di molti degli odierni
scrittori italiani, pajano traduzione dal francese o dall'Inglese, Test. Barili, Farina, De Amicis etc. (il sommo dei
mediocri). Ma gli scrittori cattivi giovano sempre ai buoni. Imparando da essi quanto si deve sfuggire (cioè sfuggendo
tutto quanto hanno seguito loro) s'impara quanto si debba seguire noi. E anch'io se non gioverò come buono, gioverò
come cattivo.
2503. Il pensiero è Dio, perchè lo comprende. Dio pensa a noi, quando noi lo pensiamo -
2504. (V. Libro delle bizzarie - Ricetta per fabbricare gli uomini grandi) Nei Ministeri p. es. si usa di
rispondere alle lettere, ripetendo, quando non si tratti di sborsare quattrini, le lettere stesse. Così, p. es. se loro scrivete
“io credo di essere un genio” essi rispondono “Decisamente voi siete un genio, etc.” - Lettere, che chi le riceve, si fa
premura di far publicare su tutti i giornali.
2505. (V. 2240) 5. Gli antichi ebbero, anch'essi, molte raccolte, di motti felici, bisticci etc. p. es. il libro di
Cesare, il capitolo di Macrobio, i bon mots di Cicerone raccolti dal liberto Tirone, le spiritosità di Aristippo, le risposte
dei Lacedemoni etc. - Citare le Pasquinate (Pasquilles) le freddure (turlupinades e turlupins) la Fronda - e tra i
fredduristi il Benserade, il Piovano Arlotto etc. Il bon mot deve potersi tradurre in tutte le lingue - l'equivoco (quolibet)
di nessun valore non essendo la sua efficacia che temporanea - e la sua pretesa sottigliezza che casuale. - Il giuoco di
pensieri e il gioco di parole - l'apoftegma degli antichi, grave e nojoso - Tra le risposte felici, notabile quella di una
donna a un confessore che la domandava del nome “Padre, il mio nome, non è un peccato” etc. - Luigi XIV, Napoleone
I e Mademoiselle Turenne cui si affibbiano tutti gli annedoti etc. Le Arlecchinate - Ottavio domanda ad Arlecchino
quanti padri ebbe - A. risponde “uno”. Ottavio finge irritarsi. A. risponde “io sono un povero diavolo e non ho modo di
averne di più” - Spesso il bon mot a colui al quale rimprovera qualche cosa una specie d'imbarazzata sorpresa che gli
toglie di potere rispondere. - “Diseur de bon mots mauvais caractère”, diceva Pascal - errando.
2506. Il bon mot deve scoprire senza asprezza il lato ridicolo delle cose. Un libro umoristico è spesso un libro-
bon mot - Il sarcasmo dei Greci, per esser perfetto doveva contenere una soja (raillerie) fina, delicata, e giocosa. - Fu la
libertà di parola cagione nei Greci delle tante loro risposte spiritose - La brevità sentenziosa dei Lacedemoni - La Satira
trovata dai Romani. Cit. Lucilio, Orazio, Giovenale e Persio - Nella satira antica francese cit. Regnier, Despré[a]ux,
Voiture, Villon etc. V. anche les grotesques di Th. Gautier.
2507. Supplicavano molti Limogini un papa loro compatriota perchè loro accordasse la grazia di avere due
mesi di più all'anno - e il papa la accordò, aggiungendo, che per grazia speciale, l'anno dei Limogini fosse di 24 mesi,
anzichè di 12 com'era nelle altre contrade. - Alcune donne spagnole trovarono un buona la mattinale lor tazza di
cioccolata, che una di loro disse desiderare che vi fosse a pigliarne un po' di peccato, affine di trovarla ancor più
eccellente - D'altra donna l'unico studio era di ben accoppiare parole, colori, sapori - Così ella mangiava volentieri del
latte e dell'insalata, perchè questi due cibi le mettevano in corpo il bianco e il verde, due colori che concordavano bene;
così rifiutava ogni nera vivanda, perchè il nero le dava tristezza.
2509. Raff. tra l'esprit francese e l'Humour inglese. Il primo domina nelle frasi (libri di corta lena), l'altro nei
libri (frasi di lunga lena) - L'umorismo nato dalla scienza. Rabelais (n. 1500) segna il risorgimento. Rabelais era dotto
come eralo Richter - In Richter, più che il pensiero formato, troviamo l'intimo processo mentale. I suoi pensieri sono
tutti immaturi. Fanno, più che sollievo, maraviglia. Il cosidetto Classicismo - fonda nel paganesimo - manifesta la carne
e l'azione - Il cosidetto Romanticismo fonda nel Cristianesimo - manifesta lo spirito e il pensiero - Resta a vedere dove
fonda l'Umorismo, salvo di dirlo la fusione tra il Class. e il Rom. - Heine e Börne nell'Umorismo -… L'anima addolorata
di Rousseau… -
2510. Magnifico è lo studio di Emerson su “Shakspeare” (V. sua trad. in Biblioteca Nuova di Daelli).
Shakspeare ci volle un secolo per farlo sospettare - I secoli hanno formato Shakspeare, come formarono Omero e il
Nuovo Testamento. Io credo quel che dicono i secoli e gli anni contro le ore - Sh. tolse tutto dagli altri meno il genio - la
sua mente trasse l'oro dal fango: cambiò le sabbie dei deserti, in giardini d'Alcina. Nell'Enrico VI di Sh. di 6023 versi,
1771 furono scritti da qualche autore a lui anteriore, 2373 da lui su' fondamenti altrui - e solo 1879 sono completamente
suoi.
2511. Ogni grande autore è grande critico, ma non a viceversa - I grandi e veri bardi furono insigni pel loro
temperamento equanime e lieto. Omero tu lo vedi in una luce di Sole (Emerson).
2512. La statuaria faceva prima parte dell'Architettura, poi, a poco a poco se ne divise, prima coi bassorilievi,
poi con le statue, finchè la statua balzò sola in mezzo alla piazza - e l'Architettura da padrona le diventò serva erigendole
sotto il piedestallo. Così la letteratura-arte crebbe sulla letteratura-utilità, finchè, fatta adulta, se ne staccò.
2513. L'antica gazzetta era il Teatro - test. Aristofane.
2514. Una volta un governo si contentava di rovinare il suo solo presente: oggi, coi prestiti manda in malora
anche il suo avvenire. - Della Rendita publica, freno alle rivoluzioni… Della Plutocrazia… -
2516. Dei ricchi, che recandosi in villa sol quando tutti loro si recano, può dirsi “vanno in campagna per
ritrovarsi in città”.
2517. Tra tutte le bestie, la mia favorita - dopo la donna - è il cane. Concedo che il gatto possiede un
nobilissimo sentimento di cui il cane difetta, “l'amore alla indipendenza”, ma se si lodano le virtù si odiano i virtuosi,
massime in questo caso in cui si tratta di una virtù che offende noi altri padroni. Taccio i moltissimi fatti nei quali apparì
luminosa la intelligenza dei cani. Chi non ne vide o ne udì qualcheduno?… Fra tutti i cani del mondo, peraltro, ho una
preferenza pel tuo, o xxx, poichè fu attraverso di esso ch'io colsi il primo tuo bacio.
2520. 1870 - Questi in Italia son tempi di somma ignoranza, in cui si disconosce Rossini, disconoscendo
naturalmente anche Manzoni e Rovani. Prevedo tra un mezzo secolo la necessità che sorga, per questi 3 nostri grandi
contemporanei, uno scopritore e un rivendicatore, come più volte abbisognarono a Dante. Oggidì il rivoluzionario
Manzoni lo chiamano reazionario!
2521. Sulla smania dei subiti lucri, del molto guadagno con nessuna fatica, che ha invaso dopo il 66 l'Italia. La
Bancomania, l'affarismo, il tripotage - il patatrac - Chi gira la sera per le vie affollate di qualche grande centro d'affari,
come Roma o Milano, e raccoglie i frammenti delle conversazioni, ode: quanti ne ha?… mi ha dato 20 napoleoni -… ci
ho guadagnato 30 scudi… La prima emissione… Ventimila lire… L'aggio, due lire al pezzo… - è un'operazione
sicura… le azioni danno su… due milioni ecc. E intanto le povere arti piangono solitarie e sprezzate! e intanto
squalent arva! (P.O.)
2522. Italia 1870. Tempi di recrudescenza governativa. La tutela della P.S. affidata ai bricconi. Il mostruoso
connubio fra Chiesa e Stato. I regolamenti, perpetua offesa alle leggi, etc. etc., l'usura.
2523. Lo stile di Guerrazzi rimbomba come rimbombano tutte le cose vuote. - Qualunque ignorante, letto un
libro, dice “è scritto bene o male”. E il perché non sa. Che sia scrivere bene e male.
2524. Gli autori latini (parmi) parlando dei loro compatrioti usano dire figli di Romolo o figli di Remo, a
seconda che le azioni cui alludono sono gloriose o vergognose. Es. del primo caso, ce ne sono a mille - La Romulea
turba etc. Del secondo, tra i molti, cito i seguenti “Parthum - Reddat signa Remi” (Properzio) - Illa Lesbia, quam
Catullus unam - Plusquam se atque suos amavit omnes - nunc in quadriviis et angiportis - glubit magnanimos Remi
nepotes (?) - Turba Remi - sequitur fortunam ut semper et odit - damnatos (Giovenale) - non sanguine cretus - Turmali
trabeaque Remi (Stazio, Silvarum V. v. 17-18).
2525. La coscienza va educata. La coscienza, come la fanno i poeti, è uno spauracchio da passeri.
2526. Frammento dell'“Ave Maria” racconto distrutto (sc[ritto] nel 67). Dove, dipinta dal mestissimo lume, si
lasciò andare ad uno di quelli smarrimenti improduttivi di cerebro che smidollano anch'essi e fanno la strada alla pazzia
e alla tisi. Chè, meditando l'ingiuria dello spregiato amore, le ricomparve nella pupilla del sentimento la figura di Giulio
e lo schietto suo volgere d'occhi, schietto immeritatamente; e pensò che ella avrebbe amato quel Giulio, tanto, che ei
non avrebbe potuto perdonarsi di amarla, fosse pur stato l'amore di lui solo il riflesso del suo. come ella nessuna:
neppure colei che gliel'avea rapito. E quì Maria si pose a riandare le fattezze rivali, paragonandosele ansiosa. Ma
raggricciò. Ricordava lo specchio. Imaginò di non esser più degna se non dell'ultimo talamo, sul che le venne un
desiderio di morte acutissimo… E già si vedeva sul letto, candidamente vestita e inghirlandata di fiori, bianca come la
cera, ma suggellate in sempiterno le labbra dal bacio materno; poi si vedeva entrando nella casa di Dio, ma su quattro
spalle; e, seguendo con una cupa soddisfazione le particolarità del suo funere, leggeva sui limini sacri che “immacolata
dal mondano rumore” ella “era salita all'armonia dei cieli”; scorreva leggera la palma sui bianchi velluti aspri di aurei
segni e sulle trigemini file delle capocchie dorate; palmeggiava, contava i ponderosi fiocchi e le saltellanti ghianduzze;
vedevasi infine, uscendo, avvizzire con la cera ferale le rose di un convoglio di nozze che sulla soglia attendeva… E quì,
accesa, Maria risolvette morire. Balzò dalla sedia. Avea perduto anche l'amor di stessa, l'unico che le restasse… e
protendendosi dalla finestra… - Ma la rattenne una strappata di veste - Si volse con un sussulto: era Pelo d'Argento -
Pelo d'Argento che le diceva cogli arguti suoi occhi “c'è uno ancora che t'ama” - Quest'Ave Maria era la storia di una
muta, che riaveva poi la parola per salvare l'amato (storia consimile a quella del figlio di quel re asiatico (Mitridate?)
che ricupera la voce per dire al soldato che stava inscentemente per uccidergli il padre “non toccarlo; è il re”). Ave
Maria fu scritta, essendo io ancor fresco dalle letture latine, e però riusciva un musaico di frasi rubacchiate, di cui
nessuna attagliavasi al tema. Sempre scarpa grande a piè piccolo. - Altro frammento, è questo: “E venne un giorno, nel
quale Maria, accorrendo a Giulio che entrava, parve più bella che mai. L'inverno facevasi primavera - “O viva rosa!” -
esclamò il giovanotto, tendendole ambedue le mani - Maria udì il complimento con gli occhi, capì, sorrise. Ma
impallidita ad un tratto, sciolse le sue dalle mani di lui e andò a staccare una rosa da un bicchiere di aqua. Poi gliela offrì
- E Giulio, accettandola riconoscente, la odorò - Era carta - Maria, con un singulto indicossi; e ruppe in uno scoppio di
pianto” -.
2527. Progetto di un libro, dal titolo “Goccie d'inchiostro” in cui il Dossi raccoglierebbe tutte le sue briciole
letterarie, avanzategli dai grossi pasti delle opere. Molte di queste briciole si trovano già sparse e nelle sue lettere, e
nell'Alberto Pisani ecc. e nella Palestra Letteraria ecc. come p. es. i bozzetti, intitolati Istinto - balocchi - La casetta di
Gigio - Giudizi della giornata - La fede - Un cas de conscience - Charitas - La corba - Le caramelle - Una fanciulla
che muore - Una visita al papa etc. etc. - Tra i bozzetti potrebbe figurare anche uno dal titolo “I giochi”. “I Giochi”
potrebbero stare anche nel L. VI. R.U. Eccone la traccia. - “Sei già un ometto. Smetti di giocare che è ora- così certi
bravuomini di babbi dicono ai loro figlioli quando hanno infilato la prima volta le brache. Ma che dicono proprio, non
sanno. - Anzitutto, che intendono mai per giocare? Rispondono “giocare è un fare cosa non utile” - “E per utile? Chè, se
utile è ciò che soddisfa a un bisogno, anche il giocare è un bisogno, il massimo anzi ai bambini; ma se diciamo bisogno
soltanto il mangiare ed il bere, o quante inutili cose! O quante son giochi. - E in verità chi proprio gioca (che i nostri
figli non ci odano!) siamo noi - noi i majuscoli bimbi - Che fanno tutte quelle genti, vestite dentro e fuori a un sol
modo, ubbidienti a un tamburo; il cui mestiere è l'omicidio etc.? avec tutte quelle cose lucenti etc. etc.? Giocano - E
quegli altri che vanno a dormire su quelle belle poltrone celesti affine di completare il numero di que' etc. che credono
dirigere gli avvenimenti che camminano per proprio conto, attorno a un balocco che costa 17 milioni all'anno, che
fanno? giocano - E quegli altri ancora, abbigliati di carta d'oro che fanno il mestiere di adorare un Dio creato da loro a
loro imagine e somiglianza, che fanno con tutte quelle genuflessioni etc.? giocano - e quelli nelle academie che
discutono in lingua italiana, se la lingua italiana esista; oppure a pesar le parole etc. che fanno? giocano - E giochi noi
grandi uomini (grandi s'intende per la cresciuta) ne abbiamo a bizzeffe - titoli, decorazioni, mistico vaniloquio,
cerimoniali etc. etc. Lasciamo dunque che i nostri bambini si trastullino il più lungo tempo possibile coi loro pezzetti di
legno etc. Que' giochi non costano che pochi soldi - i nostri costano oro, sangue, lagrime - Tra i giochi, le reliquie, i
santi, le processioni, i sistemi filosofici (encicli e recicli), la framassoneria - Illi a puero magnitudine formaque
corporum tantum differunt, quia serio ludunt. - I vecchi = due volte bimbi. - I nostri orribili giochi.
2528. Tutto è relativo. I dispiaceri dei bimbi equivalgono ai nostri. A loro la rottura della gamba di un
cagnolino di legno, dà forse lo stesso dolore che darebbe a noi la morte di un figlio. - Così i mali imaginari, non sono nè
più nè meno dolorosi dei veri.
2529. (R.U. L. VII. Parte officiale). Desc. di un ballo a Corte. Le carrozze che vi arrivano. Livree fuori e
Livree dentro. -
2530. (R.U. L. VIII. Scuole). La gente erudita. V. la gente dotta Sat. d'Angiolo d'Elci, e il de ciarlataneria
eruditorum. - La gente che non sa mai abbastanza… - improba cupidigia di scienza… - di quel romanzo comico che è la
storia della filosofia - i cimiteri dei libri = biblioteche - Sul modo di ragionare, citare quel prete che diceva “la
concezione del feto di una donna senza intervento del maschio, è facilissima a spiegare. Verbigrazia, abbiamo la
Madonna”.
2531. (R U. L. IV. Alla bassa) L'Italia, paese agricolo, regala alla più meritevole classe del suo popolo, cioè ai
contadini i bei epiteti di picch - Liri - Pisis - sàgher - stobbiroeu - painard - gonzo - martore - gatto frugato - tanghero,
riservando il titolo di Svelton e dritton ai pancacciai delle anticamere dei grandi della città. V. anche sul villano, i versi
“Rogatus negat - pulsatus, rogat - pugnis concisus, adorat”. - etc.
2532. Bacone dice che, quattro sono i doveri d'ogni Uomo - cioè piantare un albero - fabricare una casa -
scrivere un libro - e generare un altr'uomo - Perelli ne aggiunge un quinto “far debiti” osservando però di non pagarli,
per non distruggere l'opera propria.
2533. (R.U. L. VIII. Scuole) Educazione in genere. Socrate osserva che il piantare le piante è uguale per tutte:
l'allevarle, diverso. Se per le piante, quanto più per gli uomini! - Per arrivare a comparire col mondo un uomo d'ingegno,
per arrivare al punto dove incomincia davvero la nostra vita, guarda quanto spreco di tempo! Cinque anni col bavaglino
sotto il mento, 4 a leggere l'alfabeto, e i numeri, 1½, per imparare a scrivere il proprio nome, 7 lunghissimi anni a
declinare in greco e in latino, 4 per conoscere il gergo delle tesi di filosofia - (Sterne?) - Chi dice “in Italia
l'insegnamento è libero”, senza aggiungere altro, erra. La legge dice “l'insegnamento è libero nei soli centri
universitari”. Per il che la libertà d'insegnamento, da noi, è una pura ipocrisia. Fuori dalla cappa magna delle Università
nessuno ha d[iritt]o d'imparare a suo modo. Nei soli centri universitari, che sono sempre in piccole città, si permettono i
professori privati. Domando io, chi se ne ha da servire? chi mai ha da pagare per avere una istruzione che può avere
parimenti, anzi meglio, a gratis? - Del modo di passare gli esami. Regola generale, ogni uomo vuol essere adulato. Un
professore non udrà mai nessuno più volontieri di medesimo: quindi guai a chi, in un esame, fa pompa delle proprie
teorie o di quelle che vengono da altre cattedre! Inoltre, giovano assai certe piccole attenzioni, fatte ai costumi, alle
velleità, ai pregiudizi dell'esaminatore. Per es. all'esame di Barinetti dell'Università di Pavia, lo studente che desiderava
avere bei punti, dovea recarsi, abbigliato di nero, coi guanti e l'aria severa; a quello invece di Lazzarini della stessa
Università, profess. republicano, bisognava presentarsi con mantellaccio, cappellaccio, cera spavalda, colle mani
sguantate e possibilmente sudicie. Così all'esame di Vidari di D[iritt]o Commerciale, serviva assai il tener fra le mani
quel fascicolo dell'Archivio Giuridico in cui Vidari avea stampato un articolo - all'Esame di Nova, il candidato dovea
mostrarsi entusiasta dell'olio di Merluzzo (di cui Nova si ungeva quotidianamente) - all'esame di Buccellati, entusiasta
dell'ordine giuridico etc. etc. - Come oggi, ci sono professori troppo severi agli esami, una volta c'erano troppo clementi.
P. es. domandava l'esaminatore “Di che colore è il tale metallo?” - e il candidato - concolore - “nero” - ma il P. “nero,
no veramente. Dica più giusto che lo sa” - C. “grigio” - P. “no, grigio, non direi. Si raccolga. Son certo che Ella lo sa.
Dica” - C. “bianco” - P. “Ah, bravissimo, bianco” - e così di seguito - finchè questo professore, il quale parlava mezzo
latino, diceva “Satis”. E il candidato, pigliando il satis per un altro minerale “metalloide, incoloro, inodoro etc. etc.” -
Agli esami di laurea, tutti copiano da schede già scritte. Uno studente peraltro fu tanto sbadato da copiare una scheda
non corrispondente al datogli tema. Accortosi di ciò - dopo che il suo lavoro era già stato suggellato - nell'intervallo di
tempo tra l'esame scritto e l'orale, studiò a memoria la giusta, e siccome chi legge a forte il proprio lavoro è il solo
candidato sostituì, leggendo, la scheda corrispondente - I culoni (sgobbon). Tale Frugoni, studente a Pavia, ebbe tanta
asinaggine da studiare a memoria i 150 grossi fascicoli del d[iritt]o Civile, dicendo il testo, l'anno e il giorno d'ogni
sentenza ecc. Frugoni diventerà un professore rompiscatole e stolido - che rovinerà una generazione di studenti. - La
vanità dei professori, li conduce a lasciare sempre in dimenticanza nelle loro spiegazioni la parte pratica, per battere le
vie ideali delle teorie, o della erudizione inutile. Noi studenti a Pavia conoscevamo perfettamente i comizi calati e simili
storie, quando non sapevamo ancora la differenza tra propriee possesso - Il Prof. Volpi di d[iritt]o Com[merciale] era
di una memoria feroce. Egli impiegava la prima settimana delle sue lezioni - due ore al giorno - alla bibliografia della
materia, citando, senza ajuto di nota, uno per uno i relativi scrittori, coll'anno della lor nascita e morte, col nome e il
numero delle lor opere, anzi col numero delle pagine, e delle edizioni, osservando che la prima edizione s'era fatta in 8°,
la seconda in 16° etc. -
2534. (R.U. L. VIII. Scuole) Amati legge all'Istituto una memoria critica sull'Insegnamento. Erano i tempi
unnici degli esami. La lettura dovea durare più sedute. Dopo la prima, Brioschi, Cremona, Ascoli e simili spaventa-
istruzione, pensano di far tacere l'Amati. Dicono a costui che la memoria è fuori di luogo e gli propongono di ritirarla,
ma siccome Amati si impuntiglia, gliela ritirano ex ufficio. Evviva la libertà del Pensiero! evvivano le academie, i
cosidetti campi della equanime discussione! - Il quarto d'ora academico nelle Università, che riduce a 3 quarti l'ora delle
lezioni. - Dei collegi Ghislieri e Borromeo, dove, per raccomandazione, entrano quasi tutti giovani che non ne hanno
bisogno. - Trascrivere un componimentuccio latino, di quelli che si fan nelle scuole (e fuori) tutto mosaico di frasi
spostate - e spropositate. -
2535. Qual'è il miglior Codice di Commercio? L'uso. - I Cod. di comm. andrebbero tutti abbruciati. La
necessità del credito (che è l'onor commerciale) basta a trattenere i mercanti nell'onestà. -
2536. In verità, non ci sono cause effetti. Ogni causa è effetto di stessa, perchè è effetto d'altra causa
causata da un effetto di lei. Basta a comprendere questo imaginare una sfera, ciascun punto esterno della quale, può
considerarsi come un centro della superficie. - È una idea già esposta da Kapila, Enesidemo e Hume. Io l'ho avuta da
Gorini.
2537. Nei sobborghi di Milano, sono casoni di operai, subaffittate. Il sublocatore va lui stesso ogni sabato a raccogliere i
fitti, quì due lire, cinquanta centesimi, là 60. Cento stanze, cento famiglie: ogni stanza contiene 5 o 6 persone. La più
parte delle donne le ho viste a lavorare in guanti, 1 lira e mezza per 14 ore di lavoro. Quando il lattaro viene in corte,
un grido, e tutte discendono. I bimbi sono bianchi rossi, ed allegri - molti, bellissimi. -
2538. A Lodi, di là dell'Adda, alla testa del vecchio ponte scomparso, era una Torre esagona, mezzo ruinata. Il
Municipio voleva abbatterla, per aprire una piazzetta. Si oppose la commissione archeologica. Ne avvenne una lite. Si
appellò al governo. E il governo nominò una sua propria commissione perchè vedesse e riferisse. - La quale comm. per
non essere influenzata da nessuno dei due partiti, arrivò un bel incognita a Lodi, e si recò di dell'Adda per visitare
da sola la torre in quistione. Girò dalla mattina alla sera - e arrivò... a non trovarla. Dal che risulta la importanza
dell'archeologico monumento!
2539. (R.U. Zuppatori) (Del Zio, deputato, parlando a me, dopo una gran tirata sulli encicli e recicli etc. etc.)...
e io ho letto in proposito centinaja di volumi... e io so gl'intimi interessi di Dante, del gran padre Allighieri, più che non
li sapesse lui stesso, e io so che alla calata di Arrigo sorsero quarantatre rivoluzioni... Questo lei non lo può sapere
perchè è troppo giovane... - Saranno state 44 - dico io - No, no - continua Del Zio, furono proprio 43, e quì una fila di
nomi. E in tutto ciò mai una idea luminosa e fresca cioè sua; sempre un'olla putrida di sistemi cusiniani, vichiani, so io!
sempre la scuola! sempre il chiuso, mai l'aria aperta!
2540. “Le piccolezze degli uomini grandi” sarebbe un curiosissimo tema. La preparazione dell'Epistolario.
Cicerone e Walpole... Un letterato ricopiava dalla bella le sue lettere (già a loro volta copiate dalla prima minuta) in una
brutta, che conservava nel suo cassettino. Nella bella poi facea artificiali cancellature per dar a intendere di averla scritta
currenti calamo - Altro letterato componeva i versi da improvvisare etc.
2541. A proposito dell'istinto del sesso, si osserva, che tra i fanciulli, i maschietti amano più la mammina e le
bimbe il papà - sempre, beninteso, a parità di circostanze nell'amore dei due parenti verso i figli. - Quand'io era bimbo e
mi si diceva che, a prendere gli uccellini, bastava di mettere loro un grano di sale sulla coda, andavo sempre attorno
colle tascuccie zeppe di sale - I bimbi hanno i loro propri misteri, più impenetrabili di quelli della Trinità: uno per es.
almeno per me consisteva nelle due lancette dell'orologio. Non fu che tardissimo che appresi a contare le ore - un altro i
rapporti di moto fra il sole e la terra ecc. - Hanno poi le loro peculiari superstizioni. La mia era che dei cibi animali, le
gambe p. es. erano destinate ad alimentare ed ingrassare le gambe, le ali le braccia ecc.; quindi, volendo procurarmi i
polpacci grossi, mangiavo sempre i tamborelli del pollo. E che non sapevo ancor nulla della filosofica pazzia
dell'omiomeria. -
2542. (R.U. L. VII. Parte officiale) Deputati ecc. I romani chiamano il palazzo di Monte Citorio che è il
parlamento (Cytorio in jugo - loquebat semper, di Catullo?) il palazzo dei Pupazzi -: il resto d'Italia, lo chiama, Monte
Ciborio - Per far riuscire alla deputazione candidati governativi a Lecce si spaventavano gli elettori, per es., facendo lor
dire dai presidi dei Licei “se non votate pel tale, fate conto che vostro figlio ripete l'anno ecc.” - Ordine giudiziario. I
malpagati pretori che per vivere debbono o prostituire la moglie e le figlie, o vendere la giustizia. I Cancellieri a 700 e
900 lire all'anno. Il Canc. Lo Presto, con moglie e figli, morto di fame - Indecorosità del cancelliere. È un botteghino. La
ciotola del rame. - Degli uscieri che strapazzano gli avvocati (V. L. XI. R.U. Portinai).
2543. Nel bozzetto sui preti, cit. la loro odierna timidezza, e il loro gusto nel sentirsi a trattare come l'altra
gente, mentre una volta esigevano di esser trattati diversamente.
2544. I Vani. Perchè il tal giovanotto tiene la mano sguantata o sbottonata la giubba, mentre fa freddo? Perchè
possiede un anello o una catena di pregio - Perchè il tal altro ha corte le maniche? Perchè si vedano i bottoni della
camicia con su la corona. - La vanità fa impegnare l'orologio per comperarsi la catena. - Nel bel mondo si usano fare
inviti nella speranza anzi nella certezza che altri non li accetti; inviti, i quali, chi non li accetta, deve accettarli, si
offenderebbe se non gli venissero fatti. -
2545. Il medico deve parere molto da più di quanto è: quindi il gergo. La pomposa frase virgiliana “lignos ferro
inspicat acuto” (?) non significa in fondo che far zolfanelli... Il mondo s'è sempre lasciato condurre pel naso dai nomi.
Tutti possono dire mal di capo: il medico dovrà dirlo emicrania. Una emicrania sembrerà sempre qualchecosa più grave
di un “mezzo dolore di capo”. -
2546. (Car[atteri] R.U.) G. B. Savon - visse sempre facendo lo stoccatore. Per un caffè e latte portava a casa in
ispalla i mecenati. Una notte ne portò 19. Improvvisava versi a rime obbligate ecc. Quando vedeva qualcuno sp. se
giovane sedersi a un tavolino del Martini, gli si sedeva presso, dicendo “no avreste qualche... cosetta per il vecchio
patriota Savon?” - Il suo patriotismo consisteva in ciò, che a Roma, durante l'assedio egli avea, secondo lui, spento la
più parte delle bombe francesi, pisciandovi sopra. Un gli avventori del caffè, fecero una colletta in suo favore e gli
comprarono un soprabito de' più lunghi: ma il dì dopo egli ricomparve col soprabito tagliato. Perchè? gli si chiese -
Rispose: jeri el s'ha tuto infangà e mi che so un omo pulito gh'ho tagià via el sporco - Altro scroccone di pranzi ecc. era
il conte Pompeo Belgiojoso, benchè molto ricco - Egli fu amico di Giulay, per amore del cuoco. A Merate, nella sua
casa, avea fatto acconciare una sala della Torre a sala da pranzo; e però la torre, siccome non vi si mangiava mai, era
chiamata dagli altri scrocconi “la torre del Conte Ugolino”. Il conte Pompeo concedeva peraltro liberalmente la sua casa
agli amici e ai parenti che vi volevano fare vacanza, ma non mancava di allogarvisi insieme, stoccando loro dei pranzi,
tanto, diceva, per tener loro compagnia.
2547. C. è un misto di vanità, e di pazzia non senza però una stilla d'ingegno. E questo per la sua continua
confessione di essere un asino, uno sciocco ecc. quantunque fatta più per scoscenza che coscienza. per certe sue
botte-risposte, tanto quanto saporite. P. es. diceva, mi piacerebbe di saper sonare il cembalo, per sedermi vicino a una
bella signora che suonasse con me, e schiacciarle i piedi. - Al che la S.
ra
T., gusto triviale! - E C.: triviale per chi tiene
calli - Così alla domanda “s'egli piacesse a sua madre” “Per forza - rispose - non ha altri che me: o mangiare sta minestra
o saltar sta finestra” - Parlando poi di Ponson du Terrail, osservava ch'egli ci tiene sempre in un bosco, donde, una volta
che ci si è, non si esce più - C. è anche assai fanfarone, e forse è vile. Non lascia occasione per far sapere ch'egli
possiede bei mobili, bei vestiti ecc. ecc. Dirà p. es., Domani voglio uccidermi, ho già in pronto la pistola... una bella
pistoletta di 70 lire, lavorata in avorio etc. etc. oppure, ho preso un cucchiajo d'argento della tal cosa, o una scodella di
porcellana della talaltra. È Conturbia, anzi fu, perché morì, giovanissimo, da valoroso, combattendo nel 1877 credo,
cogli insorti greci contro i Turchi.
2548. B. ha un cuoco, dilettante pittore. Egli ha dipinto un quadro che rappresenta la sua vecchia padrona
seduta in una poltrona con lui stesso che le porta il caffè: ha dipinto anche un S. Giovanni Battista, con scritto sotto
“Luigi Sala detto il Coghetto fece. Sua terza maniera”. B. dice, ch'egli dipinge male all'olio, ma cucina assai bene al
burro.
2549. P. Non cattivo, buono - per indolenza. Incommovibile. Non bada che alla sua pelle. C'è una
dimostrazione? resta in casa. - Se mi danno da mangiare - dice un povero affamato entrando nel caffè dove P. siedeva -
lascio quì i calzoni. - Bella! esclama P. e io credeva che i calzoni si lasciassero giù soltanto per cacare! - Si parlava di
sezioni cadaveriche “Dio! tasii - esclama P. - fee andà via la famm- e volgendosi con flemma al cameriere - “Togn,
damm, on altra michetta” - Crepasse suo figlio, è ben crepato, se gli dà modo d'incastrarci un calembourg. - P. non [dà]
mai nulla a nessuna sottoscrizione, dicendo sempre che ha dato e che la sua offerta si trova sotto qualcuna di quelle
modeste N. N. che non mancano in nessuna colletta.
2550. B. forzato dalla madre ad accettare un posto di notajo con obbligo di residenza a Lodi, scrisse sulla porta
della scelta casa un “Notajo Bertrand” con una mano indicatrice, verso un cortile, dove si ripeteva e il nome e
l'indicazione verso di un altro, finchè d'insegna in insegna gli avventori eran condotti fuori da un'altra porta in un'altra
via... e Amen.
2551. Un falegname a Lodi avea speso tutto il suo ingegno e i suoi risparmi a fabbricare una carrozza su un
nuovo sistema. Fabricatala, trovò che la carrozza non avrebbe potuto passare per nessuna porta. Tanto se ne accorò, che
morì (racc[ontata]mi da Gorini).
2552. (G.F. 2340) La scarpa dei re magi. - Spiritosità tradizionali; nell'ultimo dell'anno, la gente si saluta con
un arrivederci l'anno venturo - all'apparire di un piatto di lenti “eh io non venderei la primogenitura” ecc.
2553. (R.U. Bimbi) Mangia la minestra e ti farai grande. - Dei bimbi che dopo pranzo giravano a far il bacio
agli ospiti, domandando loro, se avevano pranzato bene. E spesso accadeva, dopo un cattivissimo pranzo, di doverne
fare gli elogi. -
2554. (L. x. R.U.) Degni di studio i diversi quartieri di Milano e le diverse classi - ciascuna delle quali rado
s'avventura nelle vie delle altre, e avventurandovisi vi si trova spaesata. Tra loro si riconoscono subito. Sono come le
tribù di cani a Costantinopoli, che stanno ciascuna dentro i confini, che s'hanno posti fra loro.
2555. L'organetto - la placca di mendicità - anzi è la mendicità unita all'ipocrisia. Pregiudica all'altrui libertà
come il grido di chi gira vendendo roba per le contrade. In una città bene ordinata si dovrebbe serbare alla gente
studiosa almeno la mattina... È lavoro forse il far girare il manico di un organetto? - Eppure, perchè i poveri hanno ad
esser privati dalle consolazioni dell'armonia? e se gli organetti sussistono non è ciò per voto del popolo che li mantiene
col necessario soldo?... Meglio dunque varrebbe, che non l'abolirli, accordarli. Un maestro di musica dovrebbe essere
deputato a ciò, col diritto insieme di escludere tutte le sonate artisticamente immorali.
2556. (R.U. pel Bel mondo - Paragone tra la nuova e l'antica stampa). La famiglia Ciani, robustissima. Il barone
stette 3 giorni e 3 notti a cavallo senza mangiare ecc. - Faceva nudo alla scherma. Traversava a nuoto il lago di Como,
dov'era più largo ecc. In morte, entrò un prete da lui. Il barone chiede: sei qui prete? per confessarmi forse?... ebbene fai
pure! (e agli astanti che volevano ritirarsi) state qui, non mi fate caldo freddo. Prete! io non tolsi mai dal mondo
nessuno ma cercai di mettercene più che ho potuto. Questa è la mia confessione. Fila! -
2557. I birichini di Milano - vanno scomparendo come le madamine. Loro influenza nei tumulti e nelle
rivoluzioni. Loro canzoni politiche (per il 2240), le terribili contro gli Austriaci, sp. cit. il “semper sempr' insemma ai
vacch - seller e carotol - fuga de scovin” - Ora, il birichino ha perduto il carattere politico: si accontenta, tutt'al più, di
studiare il fischio dei cocchieri delle varie case signorili, per farsi aprire il portone dagli ingannati portieri, e poi darla a
gambe - Birichini e Croati - Le birichinate fatte ai Croati - dinanzi ai quali allineati - sodi e duri - si mettevano dei
ragazzotti e sbadigliavano sbadigliavano finchè tutta la fila dei soldati dovea pur sbadigliare. Altri poi, quando il
battaglione pigliava le mosse, ci camminavano insieme di pari passo, e insistendo colla punta delle loro scarpe sui tacchi
dell'antecedente Croato, cercavano di cavargli le calzature. - Il vero birichino era essenzialmente onesto e fidegh san.
Oggi, è sostituito dal barabba, che puzza di correzionale - e di vigliaccheria.
2558. (V.2240) Degli Intercalari. Es. d'incanto e maraviglia - eccetera eccetera - o che so io - disi - tìppete,
tàppete, tùppete - l'è andada e l'è vegnuda -
2559. Temi. Una fanciulla, innamoratasi di un giovane, è sul morirne. I parenti di lei, vogliono sforzare il
giovane a sposarla - Il giovane, innamorato d'altra, rifiuta - Ma la sua amante, saputa la cosa, unisce i generosi suoi
sforzi a quelli dei parenti della fanciulla morente. La quale, per riconoscenza, diviene amicissima della generosa.
Conclusione. Il giovane vive con tutte e due - e vive in perfettissima armonia. - Tale s'innamora fieramente di una,
che non gli corrisponde. Disperato, egli cerca dimenticarla, e dopo indicibili sforzi, ci riesce, mercè un'altra. Ma allora,
quasi a vendicarsi, Amore scende in colei che negava, la quale, ricomponendo nella mente la figura del lontano giovane,
a poco a poco se ne innamora perdutamente. Ma è tardi. - È la sera. Una bellissima faccia di ragazza sta appoggiata
alla vetrina di una bottega, guardando verso la strada. Passa un giovane, pien di tristezza e d'amore. I loro occhi
s'incontrano: le loro labbra si aguzzano le une verso l'altre - e i due giovani si baciano attraverso il cristallo. Donde un
amore - 4° Due fidanzati vanno dal notajo per l'atto nuziale. Si trattava di un matrimonio fatto più tra i parenti che tra gli
sposi. Il notajo è un bellissimo giovane. La fidanzata se ne innamora. Rifiuta di sottoscrivere l'atto etc. - Racconto in
cui ci siano due figli di madre nobile e di padre plebeo, che trattano d'alto in basso il padre. Umiltà del padre in loro
riguardo etc.
2560. Temi. Tradizioni. Tale barone del 1200, morendo lascia una somma perchè la città fornisse alle
migliaja di palombi che abitavano sulle sue torri una certa quantità di miglio. La città accetta il legato per riverenza al
barone che ne era stato signore e benefattore. Passano i secoli. Il rispetto per i palombi diventa superstizioso. I palombi
minacciano quasi di cacciare dalla città i cittadini. Arriva tempo in cui un discendente del barone versa nella più
squallida miseria. Chiede alla città che si passi a lui la somma destinata a mantenere i piccioni. Consiglio municipale.
Vari oratori pro e contro. Si sentenzia infine che il legato non può annullarsi; tuttavia si il permesso al supplicante di
mangiarsi quanti piccioni gli piaccia. - 2° Racconti pe' miei nipotini. Nella Pref. conf[utare] le nuove teorie sulle cose da
contarsi ai bimbi, avendo principalmente riguardo ad una delle Pref. di Figuier, credo, alla Terre avant le déluge: dire
che la fantasia è la fiamma che accende e tien calda poi la ragione: osservare che fra le bugie della scienza che seccano e
le bugie del romanzo che non seccano, sono da preferirsi quest'ultime. Nei raccontini, mettere maghi, streghe ecc. a
biseffe. Uno dei racconti può intitolarsi “l'ometto del trifoglio” - e vi si conterà di quell'omino che ballava su'n quattrino,
batteva i ceci colle pertiche, andava a caccia delle pulci, grosse, per lui, come pernici: avea per uccellini, le mosche ecc.
ecc. - Altra storiella s'intitolerà “il re delle marionette” descrizione dei fantoccini che si rovesciano fuor da un sacco etc.
2561. (R.U. L. x. Martiri Popolari) - Cicca Barlicca... la forca t'impicca - Ehi, sur Lozza, ch'el se strozza! -
Sott'a quel cassinott - ghe stà ona veggia stria - che ballà i pigott - El ciall del Piatt - La Bombola - El Bazzer - La
mamma di Gatt, etc. Pigliarne informazioni.
2562. (G.F. V. 2340) L'incontro al d'anno. Il prete. Il fornajo. Il soldato. Il rospo. Le pagliucole in croce
etc. “Bon ann!” “Te l'auguri de con balia” - Festa della Madonna del Carmine. Tutte le botteghe del quartiere, in
lusso. La fontana, del poponajo, tra le roccie, con un pezzo di sughero che balla sul zampillo... Dal salumiere i pesciolini
dorati nei vasi di vetro - e il laghetto vero con entro oche di porcellana... - Dal pollajolo - i capponi col becco indorato,
le ali dipinte di rosso, e il ventre di verde - In altre botteghe, la gabbia tonda che gira, per opra del merlo che salta
continuamente di ballatojo in ballatojo mentre invece par fatta girare da due fantoccini - mori - che stanno attaccati ai
due laterali manubri - vestiti a righe bianche e rosse frangiate d'oro; in altre, i fiori di pezza, e gli aranci di lana gialla
con entro spilli ecc. ecc. - Spavento necessario alla pelle della galantina per accaponarsi.
2563. Il sistema costituzionale ad usum Italiae è tutto ipocrisie. I cittadini, si dice, fanno le leggi... ebbene! due
terzi delle disposizioni legali sono date dai regi decreti. Ma non son leggi - si dice - sono decreti. Giuoco di bussolotti.
2564. La facilità di trovare metafore nuove, è grande prova, nei bimbi, d'ingegno. P. es. A mio cugino Fausto
(cinquenne) era stata letta alla mattina una poesiuccia francese La ligne meurtrière” dove si parlava di pesci ecc.
coll'annessa morale; e siccome Fausto si trovava ad Andorno e ad Andorno egli si era sempre ammalato, disse “Andorno
è la mia ligne meurtrière”.
2565. Il gatto potrebbe chiamarsi lo scaldamani delle poverette.
2566. (R.U. L. v. Bel mondo) Le grandi colpe piccole. L'hanno col mio amico Perelli, gli tengono il broncio, lo
sfuggono... e perchè? forse per qualche disonestà? No, neanche per sogno. Son pochi i galantuomini, pari suoi. Ma
Perelli porta i capelli prolissi, e invece di paletot, mantello!
2567. Palizzi napoletano - dipinse un quadro che rappresenta il deserto. In mezzo due leoni. Il maschio è
disteso sulla sabbia, dopo il fiero pasto, di cui gli si veggono intorno gli ossei avanzi - ha gli occhi semichiusi - e par che
senta nel sangue formicolargli la libidine: la femmina, gli in giro le sue volte lussuriose e gli lecca le palpebre. Sotto
al quadro sta scritto: idillio. -
2568. La Teresa fioraja avea offerto un mazzolino a tale, che nel pagarla con un due lire, chiesele il resto. E la
Teresa gli pose in mano uno scudo.
2569. Nelle prigioni di Mantova, alla più sozza canaglia il governo Austriaco mescolava coloro dei nostri
fratelli rei di troppo amare la patria. Tutti erano astretti a dormire in comune su una lunghissima tavola, resupini, con un
anello alla cintura nel quale gli aguzzini facevan passare una catena di ferro, assicurata ai due capi. Se uno si moveva il
moto e lo squillo ferale si propagava per tutti i dormenti. Da uno stanzone all'altro si passava per una specie di
gattajuola. Intorno a ogni stanzone girava una ringhiera dalla quale gli aguzzini, in caso di tumulto, facevano fuoco
all'ingiù. - Lavoro in comune e silenzio. Il carcere durissimo consisteva poi in una stanzetta piccolissima, nella quale il
condannato stava, solo, legato al muro con una catena. Quando si apriva la porta per dare aria a quel bugigattolo, il
condannato poteva avvicinarsi alla soglia, fin dove la catena gli concedeva. La porticina dava in un cavedio altissimo.
S'avea cura, mentre una porta era aperta di tenere chiuse le altre. - La prigionia [era] inoltre accompagnata da molte
crudeltà: fra le altre, l'anniversario del delitto era festeggiato sulle spalle del reo condannato con un dato numero di colpi
di bastone. E con tutto ciò gli aguzzini si facevano fare la barba da alcuni dei forzati, già di professione barbieri.
2570. Il mondo ama di esser canzonato. La scala delle canzonature passa per tutte le note. Ci furono anche le
dotte - come quella delle leggi dei re di Roma falsificate - e dei canoni pure falsificati. Poco tempo fà, un astronomo
imbrogliò mezza Europa colle descrizioni ch'egli faceva del mondo della Luna, da lui studiato al capo di Bona Speranza
mercè l'ajuto di un potentissimo cannocchiale, etc.
2571. Temi. (G.I.) Un bimbo a un povero vecchio accattone un lucidissimo cinque quattrini statogli
regalato dal babbo. Il vecchio, ingannato dal suo luciore, lo piglia per un marengo, e corre dietro al bimbo per
restituirglielo, credendo di averlo avuto in sbaglio. Dispiacere profondo del bimbo, perchè la moneta è davvero un
cinque quattrini - Passo per una via. Un poveretto mi cava il cappello. Io credo ch'ei mi saluti a gratis e gli rendo
gentilmente il saluto. Mortificazione del poveretto - 3° Molte buone azioni ci vengono in mente, quando appunto non c'è
più tempo di farle. Un povero straccione cade sotto di un omnibus. Non si fa nulla di male. Vien rimbrottato dai
passanti, cacciato a spintoni, schernito. Io passo oltre. Strada facendo, penso quanto bene avrei fatto, a lui ed a me, a
pagargli un bicchiere di vino, bevendo seco. - Due s'incontrano: credono raffigurarsi e fanno per portarsi la mano al
cappello. Conosciuto l'errore, si pigliano, invece dell'ala del cappello, il naso.
2572. Manzoli off. di artiglieria tornava di notte a casa un po' alticcio - cantando a squarciagola. Un
carabiniere lo ferma e gli dice “È proibito cantare!” E Manzoli: l'ha bevuu lu? - Mì? - Sì, lu, ch'el disa; l'ha bevuu? -
Perchè? - Perchè, se l'avess bevuu, el cantaria come mì - 2° Un cacciatore compra strada facendo una lepre: poi si vanta,
ad un amico in cui dà, di averla appena uccisa egli stesso. E l'amico, odorandola “bravo! sei arrivato appena in tempo.
Un ancora, l'avresti trovata marcita”. - Un sindaco dava un pranzo di gala. C'erano tanti pasticcetti quanti i
commensali, fuorchè pel bimbo del sindaco. “E per me?” chiede il bimbo - Non ce n'è più - dice il sindaco - Ah fa nient
- risponde il bimbo (siamo a Modena) - li ho tutt lechè. -
2573. (R.U. Bel mondo. L. v. Vecchia e nuova stampa) (V. 2556). La Ciani-Camperio di 83 anni si alzava ogni
mattina all'alba, faceva un bagno freddo - poi una passeggiata in Piazza Castello, con in bocca la pipa.
2574. Il barone * detto Cimabue, è celebre in Milano, come eralo già il Gargantini e la signora Balsamo
Crivelli, pe' suoi spropositi. Gliene si affibbiano d'ogni sorta. P. es. - Giocando al bigliardo diceva “i coglioni stanno a
casa loro, ed io non mi muovo” - In quella stalla faceva un caldo d'inferno. Figuratevi, gli uomini, il letame, le bestie, e
di più, i gradi del termometro - Mi fai provare le pene di Dandolo (Tantalo) - Sei sicuro come in bocca al lupo (scur
come in bocca al lôff) - Dio fa gli uomini e poi li accoppa (accoppia) - Si discuteva sul modo di aumentare le entrate
della città, “subito fatto” egli disse “E come?” gli si chiese. “Oh bella! aprendo nuovi dazi” - Sua figlia, ammalata, si
doleva del frastuono delle campane della vicina chiesa. “Non ti confondere” egli disse “farò distendere dinanzi alla casa
la paglia” - Erano ammalatissimi i conjugi Soncino. Disse *: può darsi; ma stavolta restano vedovi tutti e due - etc. etc.
Malattia igienica, per indigena - giupponcino tra carne e pelle. - consanguineità per strage sanguinosa. - Quanti casi di
colera oggi? - Tre - Ah! meglio che niente! - candele isteriche, per steariche - condannato al quadrupede per quadruplo -
proposcide per pisside - genere illirico per lirico. - Una buona ménagerie fa la fortuna di una casa. Udita l'uccisione
dell'elefante al Jardin des Plantes a Parigi, durante l'assedio, disse: chissà quant'osso di balena ne avranno cavato! - Ha
delle calze di seta tanto belle che pajono di filo - È una bella casa; peccato che abbia la servitù degli orbi che vi
guardano dentro - pupille per palpebre - eburnei capelli per ebanini - Come? un pesce mangia l'altro? dunque, anche i
pesci sono antropofagi? -
2575. Salotto di campagna. Le pareti dipinte a paesaggi convenzionali... lago con cigno e tempietto... bosco
con eremita... fiume con salci piangenti ecc. La volta, a cielo con sei effigiati uccellini. Intorno alle porte, ai vani delle
finestre, e al camino, invece di stipiti, pitture di rovine e di roccie. Strana è la figura che fanno i quadri (quasi tutti,
litografiaccie colorate) appesi a quelle pareti a paesaggio. Sedie poche, all'empire. Tavolo rotondo in mezzo a tre
gambe, tre colonnine cioè coi capitelli di legno dorato: sopra, una tavola di verde-Varallo. Pende dalla volta un
lampadario di latta verniciato di rosso e di oro con sotto una lastra di vetro. Lo si direbbe un gioco di bossolotti -
Sala-empire. A lesene di stucco giallo, su fondo verdognolo. Gli zoccoli pure di stucco verde-cupo. Dapertutto, dipinti,
festoni, grifi, cetre, anfore. Sulle porte bassorilievi dipinti. Mobiglia bianca e oro con stoffa gialla. - Stanza da
fittabile. Pareti scrostate con macchie di umidità. Soffitto a travi affumicate da cui pendono, festoni di pomidoro -
grappoli d'uva incartati - una cesta piena di penne e una gabbia con uccelli. Sulle pareti trofeo d'armi di caccia, quadri
incorniciati di nero con entro fotografie e un orologio a cucolo. Pianoforte, sul quale, una confusione di roba; musica,
cavatappi, due lampade a lucilina, una caffettiera e molti gomitoli di spago. Qua e poltrone imbottite da sala, e sedie
di lisca. - 4° Cucina d'osteria. Affumicatissima, a grosse travi, con un caminone - Sul caminone un baldacchino di stoffa
e sotto una madonna coi lumi a olio accesi. Tutte le pareti, letteralmente coperte di rame lucidissimo, dal più grosso
caldajo al minimo padellino. - Casa Galbiati (Il Signor Galbiati è per metà scemo e per metà pazzo). Sul camino di
marmo della sala, lapide che ricorda il distacco del barone dal figlio che partiva pel campo - su'na parete, biglietto
d'invito ad una festa da ballo del Visconte di Modrone, incorniciato e sotto il vetro - In altra stanza altra lapide, con su
scritto “Quì nel 1859 furono medicati tre feriti francesi”. Dapertutto, sotto i portici del cortile, sulle scale, dipinti a
imitazione di terracotte, i ritratti di Cialdini, di Garibaldi, del Boggio etc. etc. -
2576. Il gen. cosacco Platoff, entrato in una casa patrizia milanese, trovò in un armadio un barattolo con entro
dello spirito di vino e un pezzo di roba. Lo credette una pesca allo spirito, e però da goloso, se lo mangiò tutto con la
sua bagna. Sopravenne in quella la vecchia balia di casa. “Madonna Santa!” si pose a gridare spaventata, correndo per
tutta la casa - “hanno mangiato il Signor Contino!”
2577. Caratteri umani. De Maestri, prima fabricatore e venditore di caramelle di cedro, poi sonatore di
flauto. E ha l'asma. Ama ammirabilmente i suoi genitori. Guadagna venti lire al mese e dice “una è per me (passandosi la
mano sul naso) le altre... a casa”. Suo padre fa il mestiere di sbucciare i semi di popone. De Maestri, vive nella sua
miseria allegramente. Tiene spiritosità adatte alla di lui professione, p. es. “ho potuto dare sessanta battute d'aspetto al
mio sarto” oppure “del tempo largo al mio fornajo”. Mangia dal trattore una minestra sola. Da vent'anni avea in cura una
quaglia malata. La quaglia sta ora per morirgli. Sua afflizione. Ne informa ogni giorno gli amici - La signora R.
settantenne, sanissima, perchè senza cuore, felicissima, perchè senza memoria. Legge sempre quella pagina. Sono dieci
anni che le è morto un amico consigliere; sono dieci anni, che domanda “perchè non viene stasera il consigliere?” -
2578. L'anima risiede nel sangue - aìma, quasi anima - sangue - porpurea anima (Virgilio).
2579. Il terzo racconto del volume dal titolo “l'Osteria” potrebbe consistere in ciò che narra un agente di
elezioni politiche, un po' alticcio. Si dica che il suo deputato ha speso dalle 5 alle 6 mila lire. Le marche per mangiare a
gratis nelle osterie del partito. Certi elettori, a Sanazzaro, ne aveano fin tre, avute dai tre candidati alla deputazione etc.
Impudenza del narratore.
2581. Tutti dormono nelle lor professioni.
2582. Desc[rizioni]. I° Dopo l'inondazione. I fondi presso Po. La malta sino a metà dei gelsi - I gelsi insabbiati,
con pezzi di legno, paglia, spighe ecc. tra i rami spogli di frasche. - I filari d'alberelle, curvati dalla corrente del fiume. -
Impigliato in un gelso, un morticino. - 2° Casa. Torino ha case da contenere un mondo di gente. Non chiedete ai portinai
chi ci stia: non lo san forse neanche i padroni. Di gente ce ne sta d'ogni specie. Il bottegaio a terreno e nei mezzanini: a
primo piano il riccone: a secondo il professionista, a terzo l'impiegato, e su su, per due altri fino ad arrivare alle soffitte
dove, qualvolta, c'è chi muore di fame. E tutti sono serviti da una scala sola. Brutto è poi di vedere certe lunghe terrazze
che girano a ciascun piano intorno al cortile, in fondo alle quali sta il cesso. L'è un andare e venire continuo di pitali. Dal
cortile si può vedere la Signora Contessa che apre la porticina del licet... -
2583. Soldati, birri, carnefici - equivalgono ad altrettanti legali... reati. Coi soldati si umilia la dignità umana.
Un uomo per essi diventa una macchina. Il giorno in cui i soldati scompariranno, comincerà la civiltà. Per ora, non
siamo che sullo scorcio del Medio Evo. Rientrate una volta le nazionalità nei loro letti, anzi diventate tutte una sola
nazione, dovranno cessare le dinastie e i soldati, etc. etc.
2584. Il giuramento è una solenne menzogna - venne inventato per meglio ingannarci fra noi. Dell'unica Verità,
egli ne fa due mezze, l'una officiale, l'altra di tutti i giorni. - Per gli impiegati poi è una infamia. O mangia sta minestra o
salta sta finestra. È un giuramento in cui non c'è libertà di elezione. La vita di un impiegato, che passa per diversi
governi, non è che un continuo giurare e spergiurare. Ci sono alcuni che si ricordano di avere giurato per la république,
per Napoleone, casa d'Austria, regno d'Italia etc.
2585. fare arma visconta (dell'andar barcollando degli ubriachi per strada) - pesci dal becco gentile (degli
agoni, trota etc. a paragone del luccio, dei pesci persici etc.) - pezzato come un bracco - solo come una pulce -
2587. Ove non arriva la pelle di leone, si rappezzi con quella di volpe. (?)
2589. Le leggi non possono essere immobili, in una società, per sua natura, mobilissima. Perchè volere che i
morti governino i vivi? perchè mummificare un popolo? Abbiamo dunque l'audacia... di vivere. Accogliamo con gioja,
anzi cerchiamo le idee nuove... Chi torrà mai alle vecchie l'originale peccato di essere state nuove?
2590. (R.U. L. II. Dal calamajo di un medico) Consulto medico. Descrizione dei tre dottori, il giovane, il
vecchio, e quello di mezza età. I tre dottori, rimasti soli, non dicono una parola dell'ammalato. Rientrati i parenti, danno
la sentenza, che è “va benissimo quanto il medico curante fa” - intascano il rispettivo marengo - e sen vanno - Cura
idropatica. Le delizie dell'ospedale. Si sceglie per villeggiatura... lo spedale.
2591. Sulla questione del merito e del demerito, come compensato il primo e punito il secondo - si può
sviluppare quanto si trova accennato nel racconto “Per me si va tra la perduta gente” a pag. 88. - Ai nostri, la
principessa Clotilde di Savoja cambiò solennemente la fodera alla S. Sindone che si conserva in una chiesa di Torino.
La principessa stette in ginocchio, su un bel cuscino, a cucirla e a scucirla. Il marchese Gualterio avea l'alto onore
d'infilarle l'ago. Altri cortigiani quello di accendere i lumini, e di tenere in mano le torcie. - È una cerimonia che avviene
ogni settant'anni.
2592. (R.U. L. v. Bel mondo. Stampa vecchia e nuova) La vecchia Visconti Alari robustissima avea una
fragilissima nuora. Si domandava “c'è la contessa?” - “Quale?” - ridomandavano i portinaj, “perchè se Lei cerca la
giovane, è in sala sdrajata su un canapè; ma se cerca la vecchia, è in giardino a correr dietro alle farfalle” -
2593. Il dovere di procreare è imposto soltanto agli esseri comuni. Scopo dell'umanità è di ascendere a Dio per
mezzo degli uomini che possono guidarla alla perfezione. Ora, costoro che sono i cosidetti grandi uomini, sono
dispensati dal comune obbligo del generare, essendo essi lo scopo e il frutto di quello, attraverso i secoli.
2594. Vidi nella galleria Pitti, certo Inglese, camminar gravemente, fermandosi ad ogni statua dotata della
foglia pudica, che sollevava, guatandoci sotto - sempre seriissimamente.
2595. “Si rovinò a forza di risparmio” si può dire di chi lascia cadersi la casa, per non volere sborsare un
quattrino a ripararla; o butta via la biancheria sporca, per non sprecare i denari della lavandaja ecc. ecc.
2596. L'osteria del Lumetta a Milano sull'angolo tra i Fiori oscuri e Brera - era chiamata così dal suo padrone
De Magri, il quale fu l'ultimo nella città a portare la lumm (mezza lumm col covin). E in verità il De Magri, avea ben
scelto l'insegna - chè i curiosi fioccavano alla di lui osteria. - Tal bevitore, quando, a forza di mezzi si trovava bene
bevuto, dicea “sono nella pienezza dei miei mezzi boccali” parodiando, i mezzi vocali dei cantanti - Tre, gli stadii
dell'ubbriachezza, “cirla” (allegrioccia) - “virla” (barcollina) - “patarlaca” (imbriacatura completa)... - quando i bevitori
cominciano a cercarsi le gambe... quando il soffitto cammina e si raddoppiano i lumi etc... -
2597. Perchè, in generale, si sfugge la solitudine? Perchè pochi si trovano in buona compagnia seco.
2598. (R.U. L. v. Bel mondo) Tra i miserabili, porre il carattere del Bue d'oro e di *.
2599. (R.U. L. v. Gli amici) I cosidetti amici sono i primi a sapere e perciò a propalare le nostre vergogne; i
primi a farci sapere che nostra moglie ci tradisce, o che il credito nostro è compromesso. Figuratevi se han da lasciarsi
sfuggire simili belle occasioni! - Sono gli amici che ci vuotan la borsa e ci empion la moglie: che sollevan contro di noi
la servitù nostra etc.
2601. (L. VI. Bimbi) Conf[ronto] fra le subite amicizie da tu dei bimbi, e degli studenti: le prime di cuore,
l'altre artificiali. Le terribili ingenuità dei bimbi e i più terribili perchè.
2602. Dimandato a un bimbo, il quale stava col temperino del babbo spellando una mela “che fai!” mi rispose
tempero un pomo” -
2603. Perchè non abbiamo in Italia un ministero per le Belle Arti come in Francia? Ogni paese deve aver cura
principalmente de' suoi principali prodotti... e i nostri a parer mio sono - grano, vino, e opere d'arte -
2604. (G.F.) - Giorno di un funerale, giorno di festa per le poverette della chiesa, e per quelle del cimitero.
Descrizione di un gruppo di accattone, che ricorda le streghe del Macbeth. Lite tra loro. Il becchino si frappone. Parlano
del padrone del morto... Una di esse possiede un fondo di 60.000 lire. Altra, guadagna, accattando, dalle 5 alle 7 lire per
giorno. - Muojono di fame col paglione imbottito di marenghini. - Desc[rizione] dell'Osteria del Biscionscell (1750-
1800) a Milano luogo di convegno di tutti gli accattoni. E lì si vedeva lo storpio riavere l'uso delle proprie gambe e
ballare la monfrina con chi poco prima facea la morta di fame sulla via. Le stampelle diventavano arme da offesa; le
mani rinascevano sui moncherini etc. etc.
2605. Due ragazzi attaccano lite. Uno dice all'altro “brutt macaco” e questi: mei macaco che lader! - e giù
botte. Purtroppo, la bruttezza morale ci fa meno orrore della fisica - E spesso l'ilarità precede la compassione. Quand'io
veggo il gobbo barbiere di Argegno, che pare un ragazzo settenne, mentre è già uomo, non posso rattenere un risolino...
Non è che poi, a forza di raziocinio, che la pietà mi ritorna.
2606. Ad un pievano era stata furata un'oca. Fece una predica sul tema “Teremotus venit per Loca” - Delle
spiritosità dei preti: stantie, come la classe loro, sudicie come i loro abiti. V. le rime di un Lombardo (credo, prete
Grossi).
2607. Tale, vedendo le magnifiche vetrine del giojelliere Bellezza nuovamente aperte sul corso di Roma,
esclamò con dolore “quanti peccati!”
2608. In ambitiosa paupertate vivimus omnes - (Tale diceva “io abito sopra il 3° piano”, per non dire “al 4°”) -
2609. Tale, narrando fatterelli scandalosi diceva sempre il cognome del protagonista, osservando che è proibito
di dire il nome del peccatore, ma non il cognome -
2610. Magnifici son gli argomenti di Seneca e compagnia sulla fortezza, temperanza, equanimità ecc. ecc.
Tutto sta a ricordarsene all'atto pratico - Dopo una mia lunga orazione sulla vita del vero filosofo, dicendo io “e quando
potrò giungere alla perfezione”... mamma interruppe “oh allora come sarai nojoso!” “Purtroppo” aggiunsi io “ci vuole
un lunghissimo tempo!” “Respiro!” fece mia mamma. - Tale scienziato, studiando indefessamente il modo di ben
ragionare visse e morì nel solitario suo studio -
2611. (R.U. L. VII. Parte uff.) Negli impiegati. “Sono prigionieri. Abbia pure una gabbia, le sbarre d'oro - è
sempre una gabbia”. - nei giornalisti, citare Bonghi che inorgoglisce perchè la sua Perseveranza si adopra perfino nei
cessi di Jokoama e Pekino. -
2613. Le adulazioni coi ricchi e le provocazioni all'adulazione da parte dei ricchi. Chi è il più ricco della
Camera? domanda lo stramilionario deputato Antona con un'aria d'ingenuità... “Eh eh un nostro amico!” comincia il
coro degli adulatori, per bocca p. es. del dep. Morelli, e così via, finchè un altro dep., per es. il Del Zio, intuona “Pochi
sono gli Antona... anzi, d'Antona ce n'è uno solo” ecc. (Per fortuna!)
2614. (L. II R.U.) A Napoli fui a trovare il Dott.
re
Cantani, che aveo conosciuto a Milano ma il Dott.
re
fece le
viste di non ravvisarmi, e volgendo la visita mia in una visita sua me la fece pagare. - Due scene a riscontro: una del
medico di campagna coi signori della città: l'altra del medico di città coi signori di campagna: quindi dialogo tra un
medico di città e uno di campagna, descrivendo il fare tra il riverente e il sospettoso di quest'ultimo; e il fare fanfarone e
sprezzante del primo.
2615. (R.U. L. XII. Indifferenti) Dei tiepidi, degli incolori - Legge di Solone contro coloro che, nelle fazioni
popolari, non parteggiavano. - ... Che Dio vi dia dell'entusiasmo! - (R U. L. XII) Nelle lievi pazzie cit. il Tito Livio
Cianchettini - Nei malcontenti (spostati ecc.) Tutti -
2616. (R.U. L. X. Martiri popolari) Nelle cattiverie a gratis cit. i trovatelli, cui s'impongono i più bizzarri e
ridicoli nomi - e i più obbrobiosi, come Colombo - Zanata (già nata), Esposito etc. etc.
2617. ...sobri, non per filosofia, ma per anemia... - (quell'uomo) smarrito una volta il buon senso, non lo trovò
più... - ...e russò tanto che dal suo stesso russare finì per destarsi...
2618. C. nuovo arricchito venti centesimi a un povero diavolo che gli serve da giardiniere, oltre una ciotola
di minestra, e per casa il casotto del cane bracco - a condizione però di cederlo ancora al cane, quando questo ritorna
dalla campagna.
2620. S'incontra volenterosi il male in vista di un bene maggiore. La gloria fa parer bella la morte, per cui la si
aquista.
2621. (G.F. V.340) Cit. nella Santa Croce, chi grida, vendendo libretti “vita morte e miracoli del Santo
Chiodo”. - Cit. nelle reliquie il latte della Madonna - il sudore di S. Michele quando combatteva il dragone - una Costa
del Verbum caro - un dito dello Spirito Santo - alcuni raggi della Stella Cometa dei tre Re magi - un'ampolletta col
suono delle campane del tempio di Salomone - Un aborto di M. V. (cioè un piccione nello spirito) etc.
2622. Saggio d'iscrizioni sulle muraglie dei santuari. A Oropa ho letto: “Alfine ti riveggo - o gran Santo e una
grazia ti chieggo - Già da gran tempo a te volsi mie preci - Che fai? sordo forse tu sei? - alla mia pace alli desiri miei? -
Non farmi il neci (forse il nesci) - Ma fa che un il mio penar cessa - E la grazia che da te desio mi sia concessa” -
Altra “Cerruti Quinto è passato colla sua morosa per quì e l'ha molto chiavata” - Altra “Severino Pozzo è stato al Santo
d'Oropa a contemplare il Rosario con compagnia, e conosce molto bene la lingua latina, ma resta un poco imbrogliato a
leggerla”.
2623. Es. di fastidi grassi. La S.
ra
I. arrivando tutta trafelata da mia mamma: “Ah povera me! non so più dove
buttare la testa!” - Mia mamma: “Che c'è?” S. I. Ah! se non la perdo è un miracolo - M. Ma che c'è? Notizie brutte di
Nicolino? - S. I. Ah no! - M. Di Emilia? - S. I. Sì. - M. è ammalata? - S. I.: no... È andata a Parigi - M. Brava lei: si
divertirà! Foss'io al suo posto! - S. I. Ma e sai che mi scrive? - M. Cosa? - S. I. Che ha paura d'ammalarsi -
2624. In cerca di moglie - A. dice a B.: vado dalla mamma della mia forse-futura. Vieni meco: e fammi il favore
di calcare la penna su quanto dico. - B. Sta certo. - A.: è questione, sai, di parere da più di quanto sono. - E i due amici
vanno dalla detta Signora. A. (entrando) Sont vegnuu chi in legnett. - L'amico B.: Legnett?... una carrozza de quella sort
a vott moll? - Madre della sposa: e l'ha ciappaa fredd? - A. No... s'era quattaa d'on paltorin de stoffa ligera... - L'amico
B.: e te ghe diset ligera? on stoffon de Londra come quell, el gha minga el pari in tutt Milan. Domà a vedell, el soffèga...
- A. gh'hoo però on poo de toss - L'amico B: comè toss? dì pur che te set marsc spedii... - Va e fidati dell'amicizia!
2625. (Dal Vero) L'oste Pallanza parla sempre in sussiego e in mezzo italiano. Un avventore: “oè Pallanza, val
poco questo risotto!” Pallanza “anch'io l'altro giorno ho comperato un libro, che m'è poco piaciuto. Eppure, non l'ho
rimandato al librajo...” - Avventore: Pallanza, una costoletta un franco! sei matto? - Pallanza: Se fosse per la vile
plebaglia, passi! ma quando s'ha da trattare con nobili cavalieri come loro... capiscono bene! il decoro!... -
2626. Love goes toward love, as school boys from their books (Shakspeare), frase a due tagli. CF. con quella
che può essere il suo contrario “Amor che a nullo amato amar perdona” (Dante).
2628. Fare all'amore colle villanelle sui monti è come bere il vinetto nei crotti del lago di Como. Guai le
villanelle senza monti, senza un duemila piedi sul livello del mare, guai quel vinetto in città! -
2629. Paradigma di discussione. A (con calma): è bianco - B. (id.): è nero - A. (rinforzando) io dico che è
bianco - B. (id.) e io dico che è nero - A. (forte) È bianco - B. (più forte) è nero - A. e B. (a squarciagola) È bianco/nero
E la discussione è finita.
2631. Sull'ozio, riguardo alla sanità V. Plutarco, Opuscoli T.p. 381 della Collana Storici Greci Volgarizzati,
Sonzogno 1825 - La Del Mayno, coltivatora di api, diceva che l'uccidere i fuchi era per lei il più grande divertimento
“perchè le pareva di uccidere i frequentatori del caffè Martini”. Sull'ozio in Italia (ma perchè solo in Italia?) V. art. del
S.
r
Tamborini, R[ivist]a Europea 1876.
2632. O tu, che fai il mestier del romantico, pensa che quella aerea fanciulla, dianzi alla quale tu t'inginocchi
come dianzi una dea, sta maturando anch'essa nel ventre il suo bravo stronzino. -
2633. Tale un giorno, meditando i suoi casi, trovossi perfettamente felice. Sgomentato di vedersi preclusa la via
a ogni speme, si uccise. - CF. l'Anello di Policrate di Schiller.
634. Quando, quei di Lugano partono di casa per far fortuna, le madri gridano dietro a loro “Porta a cà roba...”.
La barca si allontana dalla spiaggia e loro più non arriva se non l'ultima parola della raccomandazione “roba!” -
2635. Un cavallo sta fermo attaccato ad una carretta. Passa un garzone di bottega con una scodella d'aqua. Il
cavallo le volge una pietosa occhiata quasi dicendo: ho sete - E il garzone gliela mette e rimette sotto il muso, senza
lasciargliela pure lambire, poi si allontana ghignando - il birbone!
2636. Cerbero invidiava alla faccia di Proserpina. Di quì, la frase del “cane che abbaja alla luna” -
2637. Un generale usava dire a' suoi soldati “fermi come un fulmine! - Un professore declamando l'ode di
Manzoni Il 5 maggio - e insieme gestendo, avendo alla parola cadde alzata la mano, dovette abbassarla al risorse per
poi restare al giaque colla mano rialzata.
2638. (In un affitto di casa) Padrone: facciamo un tanto all'anno - Inquilino: cioè! Ecco... il tanto non ve lo
posso dare. Faremo un poco all'anno.
2639. Lo studio a chi non ne sa usare, è pericolosissimo. un coltello che taglia chi non l'adopra colla maggior
cautela. - Ogni artista e spec. un letterato prima di porsi a un'opera originale, dovrebbe intromettere, fra i suoi studi, un
anno di distudio.
2640. La sola Giunone avea il privilegio d'ispirar sonno a Giove.
2641. Questione, se davvero le opere d'Arte, come dicono gli Artisti, sono impagabili. Per me le ritengo capaci
di una tariffa commerciale come qualunque altro prodotto. Nella Storia Umana la quale ha per campo, non gli anni ma i
secoli, le messi dell'Arte sono regolarissime, come quelle delle granaglie e dell'uve... -
2642. (Es. di predica secentista) ...“Come il marronajo distingue le grosse dalle piccole castagne, chiamando le
prime marroni e le altre semplicemente castagne, così noi distingueremo i peccati mortali dai veniali, chiamando
pinfete questi - e quelli ponfete... Dunque, Davidde vidde Bersabea... pinfete! - le piaque... pinfete! - la desiderò...
pinfete! l'attirò a sè... pinfete! - Oh dovrò io, carissimi figli, arrivare al terribile ponfete?...” etc.
2643. Sulla porta del Pantheon, un povero prete tutto stracciato mi si avvicina chiedendomi la carità. “A
Roma?” gli faccio io, stupito. Egli mi dice, che la povertà del Vangelo è vera... In quella, passa un carozzone tutto a
cristalli e a dorature, tirato da quattro cavalli, con entro un cardinale. - Sul fondo dell'orinale di un prelato era dipinto un
occhio coll'iscrizione “ti vedo, furbetta!”
2644. Il verso non giova che ai pensieri grami, celandoli nel suo suono. E però cela, e quindi è dannoso ai
buoni. - Vittor Hugo, dove non è sublime, è ridicolo. - In lingua non trovi inutili doppi. Es. firlaforla e firlafô (pronuncia
ù) significano egualmente in milanese una specie di trapano. Ma io direi: Il firlaforla girava velocemente: mentre dico
“s'arrestò il firlafô”. -
2645. Una corte alta e stretta. A terreno l'unta cucina di una trattoria. I camerieri attraversano continuamente la
corte colle vivande fumanti, e senza posa echeggiano le grida di “taglierini al burro” “bove alla russa” “màccheri al
sugo” “stufato al marsala!” ecc. ecc. E intanto al 5° piano, sotto le tegole, sta a un finestrino la scarna e desiosa figura di
un affamato.
2646. A Piedicavallo, val d'Andorno, sulla buca delle lettere un ragno ha tessuta la sua tela. Fortunato paese!
2648. Tutti i grand'uomini spec. nell'Arte furono pieni di sè... - Anima e sangue di Dante fu un grand'amore di
medesimo, il quale cotanto lo empiè per tutto il corso della sua vita che altro non volle potè udire veder
volontieri se non quello che poteva farlo risplendere come unico a' tempi suoi (Gozzi).
2652. Il codice da noi è in continua contradizione collo Statuto; come i regolamenti lo sono colle leggi. Lo
statuto proclama la divisione dei tre poteri - ma col Pub. Ministero il potere esecutivo s'impone al giudiziario e lo
paralizza. Il Pub. Min. è una spia posta ai fianchi del giudice. - Poi lo St[atuto] proclama l'immobilità dei giudici.
Domando io a che serve l'imm. dal grado, quando il potere esecutivo può colpirli d'aspettative, trasferimenti da un capo
all'altro d'Italia ecc.? - Per le contrad. tra le leggi e i regolamenti V. ad es. la legge Casati sull'istruzione e gli annessi
regolamenti... - Del fiscalismo e della burocrazia in Italia.
2653. Il codice austriaco è filosofico mentre il nostro è sempl[icemente] casistico.
2655. Conf. tra il Soldato di una volta (il Napoleonico p. es.) e quel d'oggi. - Un sergente della grand'armata
portava in tasca in una scatoletta d'argento le ceneri di una bandiera, bruciata piuttosto che renderla. - Pei soldati vecchi,
V. Magg in Consei de Meneghin -
2656. Tale, alto come un granatiere, con due gran spalle e una barba nera e lunga, entra in una bottega da
carbonajo. Pareva un omone che dovesse avere un vocione come il campanone del Duomo... Ma dice con una vocina
sottile sottile “tre lire di carbonella...” -
2657. L'elisir di lunga vita è l'arte. La scienza non può vincere il tempo che per filiazione: l'arte lo vince per
individui. -
2658. Musica sorella di religione - Quanto sarebbe utile a tutti il procurare della buona musica al povero
popolo... Progetto di grandi teatri popolari di musica a 10 cent. - Per ora la plebe deve accontentarsi del Tirazza e degli
organetti... Eppure noi, sotto pretesto di conservare un ordine che nessuno turba, vogliamo torle anche quelli! - ...O
povere due vecchie portinaje che stentando a comperare il quotidiano pane, pure sapevate risparmiare il soldo per
l'organetto del martedì! Ogni musica è finita per voi. - V. sparsim, sulla necessità, non di abolire, ma di accordare gli
organetti. - I Druidi e il saggio di Samo cominciavano dalla Musica le loro istituzioni.
2659. Airoli avea uno zio ricchissimo - vecchio - ma che mai non moriva. Finalmente un giorno ode la tanto
aspettata notizia che lo zio è in agonia. Airoli piglia subito un legno a quattro cavalli, e a pancia terra, va in villa: sale
dallo zio; e gli chiede: e donca, com'el stà? - Eh... stoo on poo mej... E Airoli interdetto: el cojonna? -
2660. Mirmecide Milesio ebbe tanta pazienza da fabricare quadrighette le quali potevano esser coperte da una
mosca: Callicrate, da inscrivere in un granello di sesamo, a lettere d'oro, un distico elegiaco - Chi non ricorda la
pazienza fratesca che avvolgeva gomitoli di filo in palle di vetro dalla invisibile apertura, e scolpiva nei noccioli delle
frutta i più intricati disegni? chi non conosce la pazienza chinese che in una palla d'avorio ne sa far contenere, tutte
scolpite dal medesimo pezzo, cinque o sei altre?... Ma tutta questa pazienza è un nulla, a rispetto di quella di chi resiste
a udire (o a leggere) sino alla fine... (e quì, l'opera, contro la quale è diretto l'articolo critico).
2661. Ci sono ricerche morali, nelle quali guai a entrarci!... Alcuni per altro mettono tosto un buon paravento
sull'orlo della profondità senza fine: poi tranquillamente s'illudono, che al di ci sia nulla. È un mezzo, se non di
progredire in sapere, certo, d'ingrassare.
2662. ...freddo come la castità di Diana... - sudori dell'anima = lagrime, od anche, il sangue delle ferite
dell'anima - ...placar le fanciulle col canto... - esser mano e guanto... - bere una vendemmia -
2663. Temi. Fortunate disgrazie e disgraziate fortune. Storia di tale cui arriva una disgrazia, poi tosto una
fortuna causata da quella: poi ancora una disgrazia nata da essa fortuna etc. - 2° L'amore non si fabbrica. Tale alleva una
ragazzina per farsene poi un modello di amorosa: la circonda d'ogni gentilezza ecc. Essa, cresciuta, s'innamora di un
altro - del primo che capita.
2664. A Milano vedi becchini di una società di mutuo soccorso per gli onori funebri, in blouse nera filettata di
bianco e berretto di tela cerata con su scritto “la facilitazione è l'anima del commercio”.
2665. (App. ai R.U. Bestie). Racconti in cui non entrano per le parti principali che bestie e in cui l'uomo si veda
dal solo loro punto di vista - Zichett e Tea (cagnolini). Il primo innamorato dell'altra. Cacciato dalla casa della sua
amante, spira d'amore sui gradini di una chiesa, col chiaro di luna ecc. - Della moda che vuole tagliate le orecchie ai
cani. Pochi sono i mezzi che hanno le bestie di farci capire i lor sentimenti: i principali tra questi sono le orecchie e la
coda - e noi glieli tagliamo! - Mercè la coda - i cani parlano appunto come parlano gli uomini... cioè col... culo. -
2666. Car. Duca *. Affine di non guardare in faccia alle ragazze che s'incontrano per la strada, il duca ha
preso, dietro suggerimento del suo confessore, l'abitudine di non porre mai, nel camminare, il piede sulle giunture che
stanno tra pietra e pietra nel marciapiede. Poichè queste giunture si trovano a irregolari distanze tra loro, indicibile
l'attenzione d'occhi e di piede che esige detto modo di camminare…- Il duca poi, quando il confessore gli proibiva di
toccare la moglie, dormiva in un sacco chiuso: e pure in un sacco coitava con lei mediante un pertugio, affine di non
toccarla più del bisogno - Il duca infine proibiva ai suoi fittabili di assicurarsi contro ai danni della grandine e
dell'incendio, dicendo questo un'offesa alla providenza di Dio. Correvano per Milano questi quattro versi, descriventi il
duca a letto colla moglie:
Non lo fo per gusto mio
Ma per dare un servo a Dio
Che lo serva in vita e in morte
Mena il cul, cara consorte.
2667. Fra le contradd[izioni] nei polit. ordin[amenti] cit. quella della proibizione dei giochi d'azzardo fatta
dalla medesima autorità che incoraggia il lotto.
2668. La servitù in lusso. Le donne di servizio col cappello di paglia, il manicotto di pelliccia e dentro
manaccie senza guanti; la sottana di seta e il corpetto di lana. - Ho visto più di una volta, la stessa carrozza che avea
condotto i padroni al teatro, empirsi di gente di servizio di tutte le risme e andare a mett giò in qualche osteria. E i
padroni credono intanto, andando in carrozza, di schivare il contatto della porca plebe!
2669. Consigli di una madre massaja al figlio che va col papà ingegnere dai fittabili... “Ricordati, bimbo,
quando mangi del burro, di dire... ah questo sì, che è buono; l'è quello che la mammina cerca sempre e non trova”
oppure, al vedere un piatto di selvaggina “e dicono che quest'anno non c'è caccia. Almeno da noi non se ne vende un
becco... Se quì fosse la mamma!...” - od anche: al comparire del formaggio di grana “ve' la passione di mamma!” - etc.
2670. Temi minuti. Sotto agli esami e a due occhi furbi. Self-magnetismo (di uno che si mette allo
specchio e magnetizza stesso) - La punta del naso (Tormenti di uno, che postosi in mente di non potersela non
vedere, se la vede e notte) - La pitalata (Castello, abitato da uno spettro che aveva resistito a tutti gli scongiuri,
benedizioni, messe, pistolettate. Uno ci va coraggiosamente a passare la notte. Appare lo spettro - e l'ospite, non avendo
altra arma gli getta in viso il pitale - Lo spettro fugge più ritorna. Era l'ombra di una ragazza romantica. La vinse il
ridicolo). - Amore e prurito. Dialogo d'amore nel quale uno degl'interlocutori ha in dosso una pulce rabbiosa. -
Musica e amore. Tale non sapeva come esprimere il suo amore ad una fanciulla. La parola fallivagli sempre. Un dì siede
al cembalo in casa della sua amante, e vi sfoga sonando il suo amoroso dolore. Ella gli si avvicina lievemente alle spalle,
e lo bacia. -
2671. Quanto imprudenti certi signori mariti! Io, mio cugino C. e sua moglie parlavamo un della bellezza
feminile in Italia. Io citavo le Anconitane per belle - e C. le Calabresi: dicendo delle quali, ne descrisse le braccia e il
seno. E la moglie: come? - saltò su a dire, ci hai veduto ciò? - Ciò ed altro - rispose C. vanitoso. - E sua moglie gli
dev'esser fedele!
2672. Giudizio, sentenza, esecuzione capitale e funerale di una mosca - Il giuoco della gatta-leccarda,
consistente in tanti bigliettini che i bimbi estraggono a sorte fra loro. Su di uno sta scritto “bastone” e chi la sorte ha
incaricato di amministrare i doni che portano gli altri biglietti, su'n altro “olio” ed è una fregata - su gli altri ancora:
“cioccolata ben manteccata” “rosumata” etc. etc. V. pel resto in Cherubini, Diz. mil. it. “gatta” - Smania dei bimbi di
sapere se gli altri son ricchi - Un bimbo sejenne vede suo fratellino baciare una bimba. Corre tosto dalla mamma e le
dice “Gin la faa basin a Rosina... vist mi!” - Una bimba mangia un dolce proibito (di menta). La mamma la chiama. Ella
corre dalla bambinaja e fiatandole in bocca, le chiede: senti?
2673. Temi minuti. Due amici che non s'erano visti da un pezzo fan per baciarsi. Sono impediti dai loro
pancioni - Uno cade rinvolto nel suo mantello - Un giudice, mentre sta udendo le parti, si riempie di tabacco il
convesso della mano, e a poco a poco lo fiuta, tenendosi sotto le nari la mano - Due amici a tavola, per una cosa da
nulla bisticciansi asprissimamente - sragionano - s'immotriano. Alle frutta, un altro nulla li fa sorridere, e li riamica -
[lacuna].
2674. (R.U.) Un sudicione. C. andava a letto con gli stivali. Faceva il suo bisogno nella carta, poi gettava
l'odoroso pacchetto in un cassetto del canterano. Alla sua morte fattogli l'inventario, gli si trovò un solo bottone. I suoi
abiti stavano riuniti da pezzi di spago. - L'inquieto. Le sue mani non ponno mai stare ferme. Siede su'na poltrona: ne
strappa la imbottitura. Si avvicina a una tenda, a un cuscino: via i fiocchi. Disfa le corde attorcigliate: stacca i bottoni
dagli altrui soprabiti, dalle tasche delle carrozze ecc., sciupa le carte, anche di valore; sfila i fazzoletti ecc. ecc. - La
compagnia B. il cui unico scopo è il mangiare. Ogni lor spasso va a finire in letame. Cit. il Convito di Platone ecc. - 4° Il
S.
r
G. pare che non abbia appreso il disegno se non per mettere tutti, amici e nemici, in caricatura. Ciò esige un fondo di
cattiveria -
2675. (R.U. Scuole. L. VIII.) I maestri non dovrebbero mai maritarsi. Portano in casa, ribadita al sedere, la
cattedra - I prof. Salis, Barinetti e Cattaneo dell'Università di Pavia, leggono tutti gli anni quelli stessi fascicoli che
lessero nella loro prima lezione universitaria. Per loro, la scienza non cammina. - I finti esami ai nuovi venuti nel
collegio Ghislieri. I barboni dell'ultimo esame, si atteggiano in professori: altri fanno la parte di bidelli, assistenti ecc.
Confusione del nuovo venuto, dinanzi al tavolo dall'imponente tappeto. Le domande sdruciole degli esaminatori etc. -
2677. Aquistando la libertà abbiamo perduto molti dei godimenti della libertà. Io mi ricordo di quando si
passava il confine che stava tra la Lombardia austriaca e l'Oltrepò piemontese. Il momento del passaggio, era un
momento di ansia e silenzio. Ma appena la sbarra del ponte da giallo e nera diventava bianco-rosso e verde i nostri cuori
balzavano, e un grido ci erompeva dalle labbra. Ci pareva di essere usciti da una afa mortale. Ci pareva di respirare già
la più cristallina, la più pura delle arie. Il postiglione metteva alla bocca la sua trombetta etc. etc. La boetta di tabacco
della nonna. Quando si ritornava e in fondo dello stradone si vedeva la garitta austriaca, dicevamo “manca ancora un
quarto... mancano dieci minuti” e cercavamo in quel quarto e in que' dieci minuti di dirne contro i tedeschi il più che si
poteva. Il “passaggio del confine” sarà sempre una delle mie più care memorie!... Ahimè! oggidì sono spariti i confini.
- E come ci si voleva poi bene tra noi Italiani quando i Tedeschi ci facevan la guardia. Tutti fratelli. Uno solo il nemico.
- Era il bene del male.
2678. D'inverno, al Politeama, si dava spettacolo d'opera. Il visibile fiato dei cantanti, ricordava quelle listerelle
di carta uscenti dalla bocca dei santi nei quadri antichi. -
2679. Ghislanzoni letterato s'era messo a vendere i suoi libri per mezzo di un agente, in un apposito botteghino.
Ma il botteghino non prosperava. Insospettito, Ghislanzoni va lui stesso in bottega. Ci rimane tutto il giorno. Nessuno
entra. Finalmente sul far della sera, ci appare in fretta un ragazzo, chiedendo “on sesin de pasta!” -
2680. Educazione vecchia e nuova. Il babbo, una volta, per isnodare la lingua a' suoi bimbi faceva dir loro
“zampe di gallo e piè di papelgastro” - oppure “Sul campanin de Sant'Eustorg - ghe sta ona calcatrappola - con cento
mila calcatrapolitt - Var pussee la calcatrappola che i centomila calcatrappolitt” (la calcatrappola, altro fra i misteri dei
bimbi. V.) - od anche “Sotto la Panca, la capra la crepa...” -
2681. Ad una piccina poveretta una signora regala un dolce. Non usa a delicatezze, la piccina lo mangia
dubitosamente - donne di primo amore (de primm mett) - gambe che ricordano il cavallo (o l'orchite) - diteli
cavallerizzi e non cavalieri - gentiluomini solo di razza - a pronunciare il suo nome pare di starnutare (di nome tedesco
p. es. Schenk).
2682. Caratteri. Un conta-sogni - Un dotto, il quale non conosce se non storia antica, geografia antica,
lingue morte... domando io, che fa in questo mondo moderno? - 3° Famiglie in ruina che a vicenda pajono e si credono
ricche - Certi mariti, certi genitori, certi figli, in casa tossico, fuori zucchero - Tale ha le sue stanze tutte piene di
uccelli: non fa tutto il giorno che empire di miglio i lor cassettini e d'aqua i loro orcioletti, non fa che pulirli e pulirsi
dalla sporcizia. E tien gente destinata a farli covare etc. Ed egli stesso s'insogna di covare -
2683. Un gran bene deve aver fatto a Gesù la parrucca avuta coi dottori del Tempio, quando settenne si assise
prosuntuosamente in mezzo di loro. È d'allora ch'egli deve aver cominciato a studiare. E che studiasse davvero lo
mostrano gli anni ch'egli passava fuori dal mondo, nel cosidetto deserto. - Gesù, è il primo operatore della cataratta
oftalmica.
2684. Le tre persone della S. Trinità, naquero dalla transazione tra Monoteisti e Politeisti. È un Dio solo”
dissero ai primi “ma viceversa” - si disse ai secondi - “gli Dei sono tre” (E tre vuol dir mille) - L'altro dogma della
Immacolata Concezione (sine tabe) fu stabilito da Pio IX per finirla colla eterna disputa tra i Francescani e i
Domenicani. Resta peraltro l'assurdo della non tolta festa della Purificazione. Non si purifica se non cosa macchiata -
2685. (Nelle disillusioni) - cit. quel poeta, che sentendosi un gran calore alle mammelle, imaginò di avere il
fuoco sacro. Ma il dottore lo guarda, e dice: è rogna. -
2686. Abbondano in Lombardia gli annedoti sui soldati dell'Austria. In generale ci fanno le spese i Croati.
Notissimo è quello dell'ordinanza, cui essendo morto il canarino dell'assente Uff., lo sostituì per risparmio di spesa, con
un pulcino. Torna l'ufficiale: e il pulcino gli cresce a occhio in una bella gallina. - Altro anned. è quello del soldato ted.
che entrato in una osteria, usava di farsi portare una pinta, ne beveva un bicchiere e diceva “troppo colorito” e se la
faceva mutare. Mutata poi, ripeteva il giochetto, ora perchè troppo brusco, ora perchè troppo leggero, finchè, bevuto il
suo solito, partiva... senza pagare.
2687. Certe lettere colla clausola di stracciarle appena lette, dovrebbero essere, per maggior sicurezza,
stracciate prima che mandate.
2688. Puttino di non più di sei anni, seduto su d'una sedia alta ad un tavolo alto; mangia la zuppa in una
scodellona, con un cucchiajo grande tanto che a pena gliene entra in bocca la punta. Suoi storcimenti. Cappello pouf in
traverso: faccia furbetta: vestito celeste e grembiule. Scarpe e calze a cacajuola.
2689. (R.U. Scuole) Analisi. Ambrosia, umor melodioso - nèttare, pulire - croco, uncino - le sideree stelle... i
taciti silenzi... i segreti arcani etc. -
2690. Avevamo un servitore che a volte, a colazione, ci serviva in manica di camicia - in pantofole - ma coi
guanti bianchi. (Si noti che i guanti, di filo, parevano calzette, tanto erano ampi) - Detto servitore, quando lo
sgridavamo, si storceva le mani e si sbottonava. - Per rincollare sul muro un pezzo di tappezzeria staccatosi pose la colla
dal lato di fuori. - Mi portava la legna grossa perchè mi scaldasse di più - Dettogli di fare due Pee (Posa Piano) su'na
cassa di porcellane da spedire in campagna, vi dipinse sopra con dell'inchiostro il più che diligentemente potesse, due
scarpe (Pee, piedi).
2691. Temi. Fausto. Storia di un bambino abbigliato e educato da donna. La madre s'era ostinata a non
volere un ragazzo. Ma il bimbo cresce e con il bimbo il maschio. - 2° Una mamma ha due figli, uno bello, l'altro brutto.
Quando vengono visite, la mamma manda sempre a chiamare il bello, per mostrarlo a campione. Dolore dell'altro etc. -
Un giovane s'incontra con una giovane sul pianerottolo di una scala. Fanno per oltrepassarsi: non ci riescono. Il
giovane piglia la scorciatoja col domandarle un bacio. Ella dà indietro, indignata: e il giovane dice: Scusi, l'avea pigliata
per una ragazza onesta. - 4° Tale trova un libro di “Saggi” sul tavolo di una donna cui faceva la corte, aperto. Lo guarda.
Dai segni a lapis capisce con chi tratta... Dimmi che leggi e ti dirò che sei. - Tale, avuta in dono una lepre che
puzzava un tantino, s'affretta di regalarla ad altri. La lepre di dono in dono fa il giro della città, fino a tornare al
possessore di prima, che... la butta nel cesso -.
2692. Nei fanulloni, cit. quel seminarista che sapeva recitare un canto di Vergilio non solo dal principio alla
fine, ma dalla fine al principio. - Nei vani (R.U. Bel mondo) cit. coloro che si mettono le loro armi e le corone
dappertutto, sui bottoni, sulla carta da lettera, sul ciondolo dell'orologio. E vi soffiano dentro il naso, e vi mangiano
sopra, e vi pisciano dentro etc.
2693. Ammessa anche la guerra, qual modo di discussione fra i popoli, la si dovrebbe almeno regolare secondo
le norme del Galateo. Il bottino è cosa affatto da barbari. Due che si vogliono picchiare dei pugni, si levano prima le
giubbe: ma una volta ben bene picchiati, ciascuno ripiglia la sua - Il bottino è un gran furto.
2694. (R.U. Scuole) All'Univ[ersi]tà di Pavia, con un tal professore di matematica, l'impudenza degli scolari
andava tant'oltre da far rispondere, per i mancanti, un cane col cappello in testa, cui si tirava la coda. Agli esami poi
dello stesso, quei candidati che non sapevano nulla si ponevano al tavolo ammantellati, e di sotto al mantello uscivano le
mani di quelli altri studenti che ne sapevano qualche cosa, a risolvere sulla lavagna del tavolo le operazioni aritmetiche
poste ad esame -
2695. Necessarie le mediocrità. Uno stato ha bisogno di mille ruote minori. per una maggiore. Ora, un genio od
un uomo coltissimo non può adattarsi a diventare il dente di un secondario ingranaggio.
2696. Col sistema degli studi liberissimi si risparmierebbe tempo e denaro; perchè ciascuno, studiando a suo
modo, piglierebbe le accorciatoje. Ciò non vuol dire che siano da abolirsi tutte le lezioni publiche. Certe materie come
la medicina, la chimica ecc. richiedono esperimenti costosi, superiori alle forze della più parte delle borse... - In ogni
caso per altro, niente diplomi. Un ciabattino non ne ha di bisogno; e però non ne ha neanche un legale. Dite pure: io
sono avvocato; non vedrete clienti. Il credito e la rinomanza non li si aquistano che a poco a poco - e senza diplomi... -
2697. (G.F.) S. Michele. Festa dei portinai e dei curiosi. I curiosi, sotto pretesto di cercare casa, vanno a
mettere il naso nelle case altrui. A S. Michele, gran veglione di roba scocciata.
2698. (R.U. Scuole) Esami militari. È una soffocante giornata di Luglio. Nel cesso sta piantato un sergente a
impedire lo scambio delle idee. Il cesso puzza orrendamente. ore di fila! -
2699. Le vergini hanno vergogna a mostrare quelle nudità che le puttane ostentano: hanno dunque vergogna di
mostrare le prove della loro onestà - La donna dee adornare la veste e non la veste la donna - Molte signore si coprono
le mani pulite con guanti sudici - Vedendo costoro detti onesti, si vorrebbe esser chiamati bricconi. Le più belle virtù
diventano inamabili, in grazia di chi male le usò - Prima di maritarsi, si dovrebbe leggere la satira di Giovenale - Es.
di raziocinio femminile - Che giovane di talento!... - Perchè? - Perchè è bello - e perchè è bello? - perchè di sì -
2700. Il segreto del successo dei mediocri ritrattisti, che sono sempre i più apprezzati dai loro contemporanei,
sta nel copiare in caricatura l'originale. La caricatura è assai più facile della verità.
2701. “A Vares tutt cala de pes”. Entrate in un confettiere, vi daranno dolci stantii, paste rafferme: in un caffè,
birra brusca; in un droghiere, zucchero e caffè avariati. L'orologiajo troverà una ruota di più nel vostro orologio: lo
stagnajo per attaccare il manico della vostra padella vi bucherà il di lei fondo. Dapertutto sta scritto “Nouveautés de
Paris” ma il cartello è già tarmato e tutto cacature di mosche... -
2702. Necessitano leggi che limitino i generi di lavoro ai quali i parenti possano obbligare i lor bimbi - o
almeno le ore. Intere popolazioni son ruinate dalle Industrie. La valle di Andorno ne è un esempio. Va bene combattere
l'ozio; va male, la sanità. A questo proposito si può ripetere il milanese proverbio “El dottor Isacch, el taja camis per
giustà sacch” -
2703. (R.U. L. VIII. Bel mondo) I “parvenus” (novi homines). Stolti pregiudizi in proposito. Tutti, o un po'
prima o un po' dopo, sono parvenus -
2704. (R.U. Parte off.) Soldati. - I soldati sono mantenuti dal governo in uno stato di perpetua inimicizia coi
cittadini. - (R.U. L. x. Martiri popolari). La mamma di gatt - suoi fiori di bulgaro nel cappello - selleri e carote nella
borsa, un gattino in saccoccia, e lo scialle sul braccio -
2705. Ghislanzoni letterato si maritò in poverissima condizione. Tuttavia invitò i suoi amici al banchetto
nuziale. Faceva da tavolo il letto matrimoniale, intorno di cui erano disposte alcune sedie, mentre sul letto stavan due
grandi ceste, una di noci, l'altra di pane. E Ghislanzoni, accogliendo gli amici, osservò loro “Pan e nos mangià de spos”.
-
2706. Vi ha spropositi a proposito, spec. nei contadini. Cito fra gli altri il telegor, per dire il telegrafo, poichè
nel legor (lepre) s'include la idea della velocità - e la spelucazion per speculazione, felicissimo errore. -
2707. Alcibiade, il più grande degli adulatori - Pavia è la più progressista delle città. Odo gridarvi la sera “Si
vende il giornale di domani!” -
2708. Benefici semplici, canonicati, conventi, mani cosidette morte (e veramente morte) si aboliscono per
l'ozio che producono. Napoleone, che era la stessa attività, non poteva soffrire i benefici semplici, e però pel primo li
tolse colla legge 21 Aprile 1810. - La vita del Coro, dei Canonici. - Giuria. Niente di più facile per esserne esenti. P
[ubblico] M[inistero] - Giudici e Parti possono scartare quelli che loro disgradano dei giurati senza darne ragione. Al
peggio andare, basta pagare un cichett all'usciere. Tra i giurati, alcuni ignorantissimi, altri indegni. Si vide anche un
conduttore di postriboli. Altro giurato, sulla sua scheda, in luogo del sì o del no, scrisse W. l'amore! etc.
2710. La publica opinione, a proposito di Tranquillo Cremona, vien sempre coll'ultima corsa. Difatti quand'essa
ne vide “il Falconiere” si diede, nel biasimarlo, a lodare “il Marco Polo” un suo quadro anteriore, che essa avea già
biasimato. Così all'apparire dei “due cugini” lodò “il Falconiere” e lodò “i due cugini” dinanzi al “silenzio amoroso” -
2712. Noi siamo indirizzati verso la lingua universale, che sarà quella dei numeri. I numeri sono i soli segni che
giungano ad esprimere certe idee astratte... E l'astratto guadagna ogni dì più la mano.
2713. Chi più conosce, ha più vita. Per vivere molto, bisogna allungare la vita nostra con quella degli altri. Il
bimbo oggi nato è più vecchio, in età, è più ricco in sapere di tutti i passati. Del suo ingegno possederà soltanto un
quattrino, ma questo quattrino aggiunto al milione d'ingegno degli antecessori suoi, darà un milione e un quattrino -
2714. Fortunato ancora chi può perdere!
2715. (R.U. Alla bassa) Nei contadini cit. il “Rogatus tumet - pulsatus rogat - pugnis concisus adorat” - e il
“Nihil virtutis amore faciunt et vix quidquam formidine poenae” -
2717. Le secrétaire de la main, presso i Re di Francia era un loro intimo che scriveva le lettere loro imitando la
loro scrittura. In altre parole era un publico falsario, stipendiato dal re - Di quì anche la frase “avoir la plume” - Da noi,
nella diplomazia italiana (1870), abbiamo il Ressmann (?), segretario di legazione a Parigi che imita perfettamente la
calligrafia del suo principale, il Nigra.
2718. (R.U. L. II. Dal calamajo di un medico) Nel bozzetto da aggiungersi “Villeggiatura allo spedale”
descrivere i bagni di Montecatini, aque purganti, dove a ciascuno dei s[igno]ri avventori si la chiave di un cesso.
Certo, non dovrebbe essere un luogo in cui le mamme conducano le loro bimbe in cerca di un po' d'amore e di molto
marito.
2719. (R.U. L. XI.) I Portinai - Chi guida le nostre azioni? La ragione? il caso? Dio forse? - No, i portinai. E
quì mostrare come per amore di costoro, il padrone spregiudicato si marita in chiesa, chiama morendo il prete etc. etc.
sempre colla scusa: vedete non è per me... ma... i portinai potrebbero dire etc.
2720. Il pudore inventò il vestito per maggiormente godere la nudità.
2722. Roma - Alla Nanna, una fante, hanno imprigionato il fratello per una cagnara. Va per vedello. È
Domenica, e le dicono che li prigionieri non se vedono che al lunedì e al sabbato. Al povero fratello di Nanna hanno
tolto quelli pochi bajocchi, e non danno quasi nulla a magnà. Da ventidue dì non s'è mutato camiscia. “E - dice Nanna -
avessi avuto venti scudi da deposità, era fuori... - Dunque è un governo de ladri” - conclusione terribile ma logicissima. -
“Che se possano tutti sprofonnà - grida Nanna - che chi è sotto vada sopra! Pei povaretti non c'è giustizia” - Nanna sarà
una futura petroliera - (Nota bene, la cagnara de suo fratello era una cortellata) - S'illumina Roma a bengala. Ad ogni
principe che arriva - penso - Roma diventa di tutti i colori. -
2723. Italia 1870. - Un ex guardiano dei Francescani (un po' brillo) mi narra impudentemente l'espropriazione
del loro convento. (V. Osteria. Questo bozzetto vi potrebbe figurare per storia). Comincia con lodi della vita
monastica, vita da beatissimi porci. “Nihil habentes omnia possidentes”. Il convento era a Palazzolo. L'espropriazione
ne dovea essere fatta al sabato, ma il delegato pensa di anticiparla al martedì. Fortuna che una lettera anonima (del
Sindaco del paese!!) avverte in tempo il Guardiano! In fretta e in furia i frati saccheggiano la libreria e la chiesa -
sostituendo alle preziose opere antiche, vecchi libri incettati in paese; e ai bei paramenti, roba frusta trovata nelle
soffitte. Alla mattina, alle 7, arriva un drappello di carabinieri che circonda il convento e batte alla porta. Si apre
gentilissimamente. Entra il delegato e legge il decreto “cacciati i frati, far l'inventario!” - Il delegato, prima di tutto vuol
pigliar possesso della chiesa. La chiesa è a due passi, ma il padre guardiano, tanto per divertirsi, fa fare ai carabinieri
un lunghissimo giro. Il delegato invita i frati ad uscire, poi li lascia ritornare in convento. Egli vorrebbe fondarsi
sull'antico inventario ma il padre guardiano, interpretando la legge, lo persuade che è necessario di compilarne uno
nuovo. In questo nuovo, non appajon che stracci. Il meglio si trova già tutto nelle celle dei frati, dove, quanto vi sta è
dichiarato per legge di proprietà privata. I frati ubbriacano poi delegato e carabinieri con vino bianco medicato.
Fracassosa allegria. Si dividono tutti amicissimi - e, pochi dì dopo, il convento è ricomperato dai signori orecchioni, che
vi rimettono i frati nello statu quo ante.
2724. La vera fama non può formarsi se non attraverso i secoli. I secoli formarono Shakspeare, Dante e
Omero. Io sto con quello che dicono i secoli contro ciò che dicono gli anni e le ore (Emerson). Claritas est laus a bonis
bono reddita. Ora, i buoni (s'intende buoni d'ingegno) nascono a lunghi intervalli. Le fame contemporanee, diciamo
meglio riputazioni, salvo pochissimi casi, sono sempre fittizie. Non è difficile di ottenere l'applauso della moltitudine,
ma essendo la moltitudine il peggio, l'applauso non dura. Solo quando, una serie secolare di buoni ci loda e conferma la
lode, la nostra fama è sicura. Allora la moltitudine inneggia anch'essa al glorioso - senza pure conoscerlo - in ore
magistrorum. - Parlo sempre s'intende delle artistiche fame - e a test. dò Ornero e Virgilio, Shakspeare e Dante. - Oggidì
solo Manzoni comincia ad ottenere la dovutagli fama; chè la lode di Göthe venne lodata da Rovani, come questa da D. -
E basta la lode di un buono a sostener la coscienza del nostro valore. Due eccelsi non ponno giudicare diverso fra loro
sul merito d'altro eccelso... -
2725. (R.U. L. v. Scuole) Anche il cesso potrebbe servire egregiamente di scuola. Molti studenti che a scuola
non guardano un libro, leggono al cesso fin l'ultima riga dei brani di gazzetta o di lettera, che a caso ivi trovano. Se lì
dunque i S.
ri
maestri spargessero, scritte, le loro lezioni, le si studierebbero senza fatica, perchè senz'accorgersi... -
2726. Nella questione se è delitto (cioè atto degno di pena) uccidere altrui, si può dire: che un morto è come un
non-nato. Torre di vita equivale logicamente al non voler procreare. Se dunque al non dare la vita, non havvi pena non
vi dovrebbe pur essere al torla. - Questo, generalmente. La ragione perciò della punizione è da trovarsi altrove - cioè nel
danno recato ai viventi dalla morte di A. o di B.
2727. - E tu, perchè non ti mariti colla fanciulla che ami? - Perchè il matrimonio non ha a che fare con
l'amore... - Bravo. È appunto perciò che io mi son maritato... -
2728. Forza della imaginazione - Tale fu condannato a morte. Per essere egli di un carattere
impressionabilissimo, i medici lo domandarono al re, come ad oggetto di una loro esperienza. Accordato, si fece credere
al condannato, che, per grazia speciale, il re gli avea commutata la forca colla svenazione - lo si merse in un bagno
d'aqua calda, lo si coperse insino al collo con una coltre, poi, i medici, fingendo di lancettargli le vene, gli diedero, per
disotto la coltre, analoghi pizzicotti. Fu tanta la illusione del paziente che disse di sentirsi gocciar dalle vene il sangue...
“Come va?gli chiedevano di tanto in tanto i medici - “muoio... mi sento mancare! rispondeva colui - e di fatti il suo
polso indeboliva più e più, finchè, nella fisica credenza di essere stato svenato, dopo poche ore, con tutto il suo sangue
nel corpo - morì - Forza della Volontà. S. Agostino nel De civitate Dei (L. XIV. c. 24) dice che uno sapeva comandare
al suo deretano tante correggie quante voleva.
2729. Inapplicabile, secondo me, è la massima evangelica del “fate agli altri quanto vorreste che fosse fatto a
voi” per ciò che riguarda i beneficii, poichè un beneficio che si riceve, io lo stimo una offesa alla quale noi dobbiamo dir
grazie...
2730. Nessuno mai provò compassione schiacciando una formica: pochissimi senton ribrezzo vedendo uccidere
un pollo; pochi, vedendo un bue. Eppure s'inorridisce all'uccisione di un uomo. Perché?... Non è forse l'anima una, non
val la formica l'uomo? - Nobile arte la caccia, che è l'uccisione delle fiere; nobilissima la guerra, che è l'uccisione degli
uomini. Or perchè ignobile la beccheria che è quella degli animali domestici?
2731. Alla seconda tavola in casa del duca M.
x
, sedevano servitori e operai. Ciascuno avea dinanzi il suo
fiasco. A un tratto un garzone da muratore in uno scoppio di pianto. “Che hai?” - gli si chiede. - “Il fiasco...”
Piangeva per non poterlo ber tutto, tant'era grande per lui.
2732. (R.U. L. v. bel mondo, mezzi vizi e mezze virtù) Snobismo (da snob parola inventata da Thackeray per
indicare coloro che voglion parere da più di quello che sono). Es. un nostro domestico avea riunito un biglietto di 50
cent. stracciato, con la bagna dei capperi. - Mamma raccontando il fatto, diceva sempre: “biglietto da 5 lire” - Altri nelle
conversazioni, tira, per es. il discorso sulle carrozze, per dire “oggi è venuto da me il conte tale. Avea una carrozza così
e così...”, dove l'argomento della carrozza, a chi ben vede, è secondario, e quello della visita del conte X principale.
2733. L'idea della perfetta eguaglianza ripugna all'umana natura. Se, come dicono i preti, c'è, dopo questa,
un'altra piccola di vita, dove si viva in una eguaglianza perfetta... oh che noja! si fosse pur tutti dotati del genio più alto.
2734. Gli affari massimi nemici degli affetti... (Manzoni). Infelice colui che vede mutarsi gli stessi suoi amici in
creditori!
2735. Per essere degni alle volte del nome di razionali, devono gli uomini prendere esempio dagli esseri
irragionevoli - imitando la loro astensione dal cibo, quando ammalati etc. etc.
2736. Progetto di un librettino intitolato “Piccoli racconti a imitazione di quelli del canonico Schmidt” (e allo
stesso uso, cioè il cesso) - Questi racconti potrebbero anche incorporarsi nel “Libro delle Bizzarie” - Es. I° Le simpatie.
Tutti ammirano l'amicizia tra un vecchio e il pellicano dei giardini publici. Chi ne trova la causa nell'identico naso; chi
nelle carezze ecc. Vera causa; questa, è perchè il vecchio ciba la bestia sua amica di pesce. Morale - Gli affetti entrano
in cuor dalla bocca. - La Castità. Tale resiste alle più procaci seduzioni. Vedete cosa vuol dire aver studiato morale,
aver timore di Dio ecc. ecc. Morale - sospetta una peste - La Fama. Tal'altro passeggia tronfio pel Corso. Molti si
levano riverenti il cappello; altri gli si inchinano - altri ancora gli bacian la mano. E le gazzette parlano sempre del
celebre, dell'insigne, dell'inclito X e informano quotidianamente il publico della sua salute. Oh chissà cosa ha fatto? Quì,
certamente si tratta di qualchecosa, come la pila, l'America, la Divina Comedia, Austerlitz... - Morale. Ha fatto cento
milioni - Il Diritto. K. nuovo pesce, che viaggia per istruzione, studia il modo di vita sugli altri. Un dì, vede uno che
riaquista facilmente il suo posto in vagone, per averci sol messo provvisoriamente il cappello... Influenza - egli pensa -
del proprio diritto e dell'altrui cortesia! E, in una somigliante occasione tenta egli pure la prova, ottenendo, dal nuovo
occupante... uno schiaffo... Morale. K. nuovo pesce, avea, nella osservazione, dimenticato il principale argomento della
rivendicazione del d[iritt]o - dico il randello, che l'esemplare di lui avea in mano nel riaquistare il suo posto.
2737. Preparazione della salma di Mazzini (dal racconto di Gorini). Gorini è chiamato a Pisa da un telegramma
di Bertani. Trova una folla di Mazziniani, mezzi matti, ciascuno dei quali ordini e disordini, gridando “si faccia
questo, si faccia quest'altro, non si badi a spesa” e inviando poi, beninteso, i conti a pagare ai tre 3 o 4 ricchi di loro.
Lemmi ci spese di più di 6000 lire - e nota che i patrioti operai gli fecero pagare 800 lire una cassa di piombo che ne
valeva 200. - Si domandò a Gorini in che modo avrebbe imbalsamato Mazzini. Rispose avere due modi: uno spedito ma
che conservava per pochissimo tempo il cadavere; l'altro lunghissimo, ma che lo serbava indefinitivamente. Si passò ai
voti. Dei mazziniani, i Nathan volevano che si seppellisse Mazzini senz'altro. Ma prevalse Bertani. Gorini si pose
dunque al lavoro. Il corpo giaceva in istato di avanzatissima putrefazione. Era verde - era una vescica zeppa di marcia.
Bertani assisteva all'esperimento. Dopo tutta una notte di tentativi, Gorini avea già perduta ogni speranza di conservarlo.
Arrischiò un altro mezzo - e il verde scomparve e la marcia si coagulò. Allora si pose in cassa Mazzini per portarlo a
Genova. In viaggio la cassa si ruppe e ne uscì del liquido. A Genova Gorini riprese il lavoro. In due anni, ne spera un
mediocre successo -.
2738. Gorini, amicissimo dei gatti e dei passeri. Alla mattina colazione da un lattajo insieme ad un gatto, e
mangiano entrambi nella stessa scodella pane e latte. Ha poi per la città (Lodi) vari mici, cui porta ogni il
panettoncino -. Pei passeri, praticò un'apertura disotto alla finestra della sua stanza da letto. I passeri entrano ed escono a
loro piacere. Gorini, stando a letto, ci ha fatto su le sue più fine osservazioni che ha consegnato in un Ms. che
troveremo, alla morte di lui. Dei passeri la sola mamma dava a mangiare ai propri figlioli. Se un passerino apriva la
bocca ad una mamma non sua, questa gli pizzicava col becco la lingua. Molti pigliavano gusto ad attaccare i pieducci a
delle bacchette flessibili, e a dondolarsi, con il capo all'ingiù etc. etc. - Passione del nostro Gorini furono anche i topi. A
Pavia, studente, ne assuefò uno a venirgli sulla manica intanto ch'egli scriveva, ed a mangiargli la piuma della penna
d'oca. - Oggi, nutrisce poi nel suo Laboratorio a S. Nicolò (via Paolo Gorini) quattro topi tapponi colle annesse
famiglie, che gli girano fra le gambe, intanto ch'egli loro sfreguccia del pane e formaggio -.
2739. Nella biografia di Gorini, sarebbe degno di descrizione il suo laboratorio a S. Nicolò (Lodi) - Le quattro
porte - Sistema d'ingresso - La porta che conduce alla “brugna” dell'Ospedale - La stanza piena di fiaschi, e di fiale - la
stanza del carbone e del materiale vulcanico - La corte delle fornaci; la corte del crematojo - l'orto dall'eccellente frutta,
ingrassata dai morti - etc. Lo studietto, colle preparazioni. Cadaveri interi e cadaverini - covate di cagnolini - Teste
imbalsamate su busti di gesso: il cuore della fanciulla, della durezza dell'agata; il glande del giovinetto; la mano
aristocraticissima; il tavolino, dalla tavola intarsiata a marmi animali e dai piedi di veri piedi. - Esemplari delle
montagne e dei Vulcani; la minerbina. - Gli amori di Gorini tra i morti.
2740. Si può applicare al nome di Gorini, la baconiana frase “qui naturae imperat parendo” - Anche quando la
scienza di lui sarà invecchiata, vivranno i suoi libri per la sempre giovane poesia.
2741. Nella biog. di Gorini, citarne il padre, egregio professore di matematica all'Università di Pavia, morto per
essersi ribaltato alle porte della città. E la moglie di Gorini amantissima del marito gli fece erigere il più bel monumento
del cimitero pavese - dove portava ogni giorno (e ciò per quattr'anni) canestri di frutta e mazzi di fiori. Dicono i becchini
di non aver mangiato mai tante buone frutta come in quel tempo, e le loro amanti dicono di non avere mai ricevuti fiori
più belli... -
2742. Carlo Porta, trovandosi un giorno in cima del Duomo, fa le sue occorrenze. Si forbisce con una lettera,
che il vento porta poi via. Ma la raccoglie un sacrista, che leggendovi il nome di Porta (di cui era entusiasta), va a
portarla alla casa di questi. Nè la lettera era sudicia, per essere Porta, come il più de' letterati, stitico... Il sacrista trova il
Poeta a tavola: gli espone il perchè della visita. Porta ne lo ringrazia di cuore, e per dimostrargli in qualche modo la sua
riconoscenza, toglie da un piatto tre o quattro biscotti, li avvolge nella restituitagli lettera, e dona il tutto al sagrista. -
2743. Mia solitudine a Roma (1872). Non vi conoscevo nessuno. Per aver qualche visita mi toccava ricorrere a
un medico - mi toccava pagarla dieci lire alla volta - Unica mia compagnia era un orologio dal vibratissimo tic: a volte,
me lo imaginavo un cuore vivente, che battesse per me -
2744. L'umana vitalità ha bisogno di sfoghi morali e fisici. Questi li soddisfa un'amica, quelli un amico. E io
soffoco in ogni maniera! (1870-1876...)
2745. (1872) Ho smania di leggere. Per leggere voglionsi libri. Per aver libri son necessari denari. Per avere
denari è necessario un impiego. Ma un impiego occupa grande parte del giorno e guasta la rimanente. Per poter dunque
aver libri mi tolgo il tempo di leggerli. - Io, all'ufficio cerco di andare il più tardi che posso, e per compensarmi del
tardi, cerco di uscirne il più possibile presto. -
2746. Eccitazione necessaria al comporre e dei mezzi di procurarsela - Mezzo diretto è l'entusiasmo del proprio
tema - Indiretti, il contatto con una opera d'arte, somma - l'amore - la lode grande o il gran biasimo - il vino e i liquori. -
È per me pena acutissima, quando, sentendo che a qualche proposito, c'è una bellissima idea, non la posso ancora
vedere. Ridirò io gli sforzi per arrivarla, per istrappare quel velo che me la divide? - Quando passando dalla Galleria
Nuova (a Milano), la mi pare più brutta del solito, quel sono certo di scrivere una pagina artistica - Come più
facilmente e più artisticamente si scrive, fuori da ogni preoccupazione di lucro o di gloria! Oggi, che mi hanno cacciato
cento arlie nel capo, addio sincerità di pensieri, addio spontaneità d'espressioni! Fò, disfo, rifò... e peggioro -
2747. Dicevami tal letterato, che lo stile di lui, piano, e sincero, ei lo dovea ad un oste, amicissimo suo.
Quest'oste, di molto ingegno ma di poca dottrina si lamentava di non giungere mai a capire del tutto i suoi libri - dal
difficile stile. E il letterato, per amore dell'oste, tornò nella piana. O ch'io trovi il mio oste! o meglio la mia ostina!
2748. Così profonda la mia ingenuità negli affari, che mamma soleva dire “quel poco che ho, già sapete, è per
voi miei figlioli, metà per uno. Nel testamento io non disporrò che di una cosa sola..., a chi devo lasciare il mio
Alberto”.
2749. - È un amore indegno di te - mi diceva Perelli a proposito di Ester - Sarà benissimo, rispondevo - Sarà
fuoco di gelso, anzichè di legna di rovere; ma ciò non diminuisce il bruciore - La mia vita è tutta pazzie. “Ma muta” mi
si suggerisce - “Se muto” - rispondo - “sembrerò pazzo”. E così, per non lo parere, seguito ad esserlo. - Il mio discorso è
tutto cancellature.
2750. La prima idea della “Colonia Felice” mi venne leggendo il glossario (Alphabet de l'auteur francais)
aggiunto alle “Oeuvres de Rabelais” (ed. 1783, Jean François Bastien Londres et Paris vol.) dove alla parola
Poneropole (La Paneropoli delle lettere di Foscolo, sua umoristica lezione di Poneropoli) sta scritto “ville des
mauvais garnements. Philippe, roi de Macédoine, bâtit - en la Thrace une ville ainsi nommée, en laquelle il transporta
tous les méchants et scélérats qui se rencontrerent, liv. 4. chap. 66.” - Inoltre nel primo abbozzo avea messo la scena ai
tempi di Marco Antonino (al. Marco Aurelio 121-180 d. C.). Mi distolse la difficoltà di non cadere in anacronismi, fra i
quali, massimo, è il dir cose odierne per bocca di personaggi antichi... -
2751. Molte le questioni oziose in letteratura. La poltroneria erudita sarebbe tema assai vasto - C. Tolomei
occupa un tomo in intitolato “il Cesano” sulla disputa se la lingua volgare debba chiamarsi toscana, fiorentina o
lombarda. Gerolamo Muzio, sostenitore di quest'ultima appellazione, impugna a lungo “il Cesano”. Varchi compare
coll'“Ercolano” in favore del titolo di fiorentina. Celso Cittadini, Bulgarini e Bargagli, propongono invece il “sanese” -
(V. anche sulla lingua fiorentina le parole del Passavanti - e la frottola del Sacchetti 443. I°) - Salviato Salviati (lo stesso
che sotto il nome d'Infarinato fece, coll'Inferrigno, una sì vil guerra al Tasso dicendo che ogni suo verso era un errore di
lingua) spese un grosso volume intorno alla lettera E considerata come copula - etc. etc.
2752. Bembo, scrivendo in latino cose del suo tempo adopera ridicolmente modi di dire antichi, chiamando ad
es. “collegium augurum” il senato. Cesari invece, nella traduzione di Plauto, pone in bocca ai personaggi riboboli
fiorentini.
2753. Per tre secoli la lingua italiana stette senza gramatiche, e se ben stesse ne abbiamo una prova solenne
negli scrittori grandissimi di que' tempi. La prima gramatica fu publicata nel 500 - La gramatica è il gran campo dove
lavorano i fanulloni - colla loro eterna quistione del si può e non si può. Varchi, non vuole che si usi analogia in
gramatica, il che viene a dire che se uno dei cosidetti legislatori non ebbe occasione di adoprare per la mancanza
dell'oggetto un dato vocabolo - noi, che abbiamo l'oggetto - non lo potremo mai in saecula saeculorum nominare...
Evviva la tirannia gramaticale! si può dir buono, non buonissimo, ma bonissimo; si può dir la Ginevra, la Maria, la
Tancia; non il Cesare o il Togno. Vuol Castelvetro che si dica ben bene, ma benissimo, no... E il regno delle lettere per
una voce o una sillaba, è, a volte, tutto quanto in subbuglio. - E nessuno rammenta ciò che disse il gran padre Allighieri
“opera naturale è ch'uom favella - ma così o così, natura lascia - poi fare a voi, secondo che v'abbella”. -
2754. (Nei fanulloni R.U. L. I) - Poltroneria erudita. Alcuni vanno a disotterrare libri che non valgono un fico,
che nessuno potrebbe mandare giù - o copiano squarci di rogiti d'ignoranti notai dandoli per testi di lingua; o
insignificanti notizie (con ad es. liste di Canonici ignoti), dandole per scoperte di storia; altri pongono i punti e le virgole
ad antiche scritture, che meglio varrebbe lasciar finire dai topi, le postillano, aumentano il peso della loro stoltizia; o
illustrano sassi e padelle con l'intaglio in rame, o fabbricano genealogie, o disputano gravemente se il Macedone chinava
la testa a dritta o a sinistra, se Lucrezia era bionda o castagna, se Andromaca mangiava gli spinaci all'olio od al burro.
Altri vi ha poi che contano le gambe dei pidocchi e le ova dei gamberi etc. etc. Muratori e Salvini non hanno che
flemma e memoria. Magliabecchi si può davvero chiamare erudito fra i librai, e tra gli eruditi, librajo (in parte Baretti.
Frusta Lett.). Dei complimenti e delle adulazioni dei mezzi scienziati fra loro. - Inutilità anzi danno delle Academie,
fondate da Richelieu, per confiscare a prò del sovrano le intelligenze - Ora - almeno in Italia - sono diventate il refugium
peccatorum di tutte le mediocrità. Chi rinuncia alla Gloria entra nell'Academia. - I Greci e i latini non ne ebbero mai;
eppure le loro lettere furono fiorentissime.
2755. Pregiudizii di Baretti contro il verso sciolto. Ei lo chiamava una poltroneria. Parmi, poltroneria più assai,
il rimato - Suoi inventori, l'Alamanni e il Trissino - E vi ha chi cerca con ridicole innovazioni di ottenere fama: come ad
esempio Claudio Tolomei e L.B. Alberti ed oggi Carducci, che hanno tentato di ridurre il verso italiano alla misura
latina.
2756. Errore è il chiamare il 400 italiano epoca barbara. E il Poliziano? e il Medici? e il Bembo? È errore, che
ci rammenta que' geografi antichi che sopprimevano i paesi alle estremità delle lor carte, scrivendovi invece, secche
arene... mar agghiacciato etc., o que' legisti dell'evo medio, che mettevano in margine ai loro volumi “graecum est, non
potest legi”. (del Carducci?)
2758. Sii grand'uomo e sarai infelice.
2759. L'osso nella schiena, che hanno, dal più al meno, tutti gli Italiani, giova grandemente al loro primato
nell'Arte, perchè, se negli altri paesi si sgobba e si fanno di viva forza opere artistiche, opere quindi mai somme, noi,
non lavorando che tocchi dall'estro e nell'entusiasmo dell'ispirazione, quando cioè il lavoro ci si presenta facile, alziamo
capolavori. E per contra, le stesse ragioni valgono circa la superiorità che si ravvisa nello svolgimento scientifico (non
nelle trovate di Scienza) degli altri paesi.
2761. Osservavo ad un professore di letteratura quanto fosse deplorevole che per istudiare la buona lingua
toscana, bisognasse bevere a fonti, sozze di sterco, quali il Boccaccio etc. Mi rispose il prof[esso]re: “Ma, riveritissimo
padron mio, la dica ciò una fortuna. Le oscenità di cui va brutto il Boccaccio, sono la sua maggiore lusinga. Molti che
non lo piglierebbero mai in mano, così lo tolgono a leggere, e così, a loro insaputa, apprendono il bello stile e il bel
dire”. - ...Toscasineggiare... - far il grasso legnajolo (il nesci)... gl'impacci del Rosso (fastidi grassi)... L'avanzo del
grosso Cattani, del Cibacca, del Gazzetta, che bruciava il pan di Spagna per far cenere morbida, ...pascere di
ragionamenti come i cavalli del Ciolle... etc. etc. - Della stoltezza di adoperare vecchie similitudini a proposito di
argomenti nuovi. Ad es. “andare pel fil della sinopia” etc... - diarreìa erudita... - Pei giochi di parole classici V. Varchi
Ercolano T. II. pag. 60 Coll. Class. It. Milano. -
2762. Non un sorriso. Per quanto il tema sia cupo, la mente dell'autore deve dal disotto apparirci serena. Come
un altissimo monte egli dee dominar le tempeste... - Che ce ne siano dei peggiori (di questo libro) niun dubbio: ma ciò
non toglie ch'egli ci appaja ben brutto... - ...scienza leggiadra, a calembourgs... - Si può in una parola leggere, ma non
rileggere... -
2763. Vecchio, tu temi la morte, e sei già morto - Le parole degli antichi Romani sapevano d'aglio, tamen
optume animati erant -.
2765. (R.U. Parte Ufficiale - Preti) El mestee de Pret Fagott - l'è quell de toeuss fastidi per nagott... -
2766. Una donna accusò al Generale gran Giustiziere un soldato che le aveva rubato un po' di minestra. Prove
non ce n'erano. Il giustiziere fece sparare il soldato (dalla Storia di Messire Jehan Froissart). - E intanto i governi
rubavano le provincie.
2768. L'amore si può definire “il desiderio di farsi uno colla cosa amata” - La bellezza è quello che appaga;
questo è il principio assoluto della bellezza relativa.
2769. Caratt. Un coraggiosissimo capitano di bastimento. In mare sfida ogni burrasca, beve branda,
bestemmia. In terra si avvilisce: dice le orazioni, beve aqua [di] pomi etc. - Tale, baracchista in gioventù, diventa
invecchiando uomo grave. Dottrinario, parla a rilento, ad aforismi a citazioni latine. Tu gli dici “Oh che bel sole” e tosto
egli ti fa una lezione sul raggio solare, dividendolo in fisico, in chimico etc. Tu gli fai “Oh che buon vino!” - ed egli ti
parla del carbonato di potassa etc. - 3° L'elegante giovanottino B.
x
è tenuto corto a denari. Va attorno, tenendo sollevata
la falda del soprabito, e però mostra il didietro senza più ricordarsi di avere su i calzoni di un quadrettino grigio chiaro
un tassello di un grigio più oscuro, etc. - Tale, affetto dal mal della pietra, tenevasi sempre in tasca in un scatolino i
suoi calcoli, che mostrava a chiunque o per amore o per forza. - 5° Il duca di Galliera ha cento milioni. Suo figlio non ne
tocca un centesimo. Vive a Parigi, sul reddito di 3 o quattro mila lirette, che gli procura il mestiere di professore -
dicendo che ciascheduno dee vivere delle proprie fatiche. - il pittore Z.
x
è il pittore dei bottegai e dei contadini. Fa
ritratti da una o due lire, ed anche da 50 centesimi. È inoltre poeta, e musico. -
2770. Un bimbo un pezzetto di zucchero ad un cane; poi gli fà: grazie! - Da bimbo, io dicevo a mio
fratellino Guido, quando aspiravo a qualche sua cosa: “fá te'” (prendi). E Guido porgendomi ingenuamente la cosa
diceva “te'”. Anima d'avvocato, io legalizzavo con questo i miei furti.
2771. Napoli. Al caffè. Un servitore mi porta un'aqua d'arancio. C'è dentro una mosca. Il servitore la toglie
delicatamente col mignolo. - Al detto caffè, un unico cucchiarino serve per tutti. Il servitore se lo cava di tasca, rimugina
l'aqua o il caffè, poi lo ripone - A Napoli, vi ha principi che hanno duecento persone al loro servizio: dando 6 soldi e 6
peperoni a ciascun uomo - 3 soldi e 3 peperoni a ciascuna donna... -
2772. Il deputato Tenca si fa servire a tavola dalla sua madre portinaja.
2773. Iscrizione su'n orologio solare “Senza parlar da tutti sono inteso - senza fare rumor l'ore paleso” -
2774. È un ingegno che dà buone speranze quello che scrive libri in cui c'è più da torre che da aggiungere. -
2775. Tale sta moltissimo tempo fuori dal mondo - di cui non ode parlare che per echi di echi. La sua bontà gli
imaginare un mondo buonissimo. Ci rientra. Dio mio!... Descrivere cosa ci trova... Ed egli diventa malvagio - come
tutti gli altri. L'uomo non può essere buono se non in mezzo a un deserto.
2776. (R.U. L. I. Gli artisti - o i fracassosi) C. T. puntatore di scultore. - Scolpisce nudo con un cilindro bianco
in capo ed un giubboncino nero. - È un misto di generosità e di ribalderia. Un suo amico ha freddo. Egli gonfia un
sostrajo e gli procura un carro di legna. Suoi scopi “gonfiare e sojare”. Quando incontra in istrada dei nani, li salta via:
quando incontra dei gobbi, loro domanda i numeri del lotto. Un alzò la ribalta del carro dell'accalappiatore e lasciò
fuggir tutti i cani: un altro, empì la bussola del chierichetto che accompagnava il prevosto a benedire le case, d'aqua. - T.
capitò un giorno da un'osta sua conoscente, dicendo: ho fatto un'eredità di 30.000 lire. - Bravo lei! - sclama l'ostessa -
me ne impresti un migliajo - Quante ne vuole! fa T. - E va a pigliare un amico, che gli fa la parte di esecutore
testamentario. Mangiano, bevono, godono l'osta e le due sue figlie; poi fanno l'obbligazione in carta bollata, di doverle
due mila lire... quando erediteranno. - Altra volta T. si trova da un amico, che possiede un bel carrozzino - e lo prega di
lasciarglielo guidare un pochino, almeno in cortile. L'amico vedendo chiusa la porta gliel lascia. Ma in quella la porta si
apre, per dare passaggio a un carro di legna. T. che è già salito in carrozza sferza il cavallo e fuori - Stette via tre -
sempre a corsa - facendo arma visconta pei bettolai. Finalmente è raggiunto da un questurino. T. lo accoglie gentilmente
in carrozza, poi con un colpo di frusta, salta con cavallo e carrozza e questurino e stesso, nel Naviglio - Ma T. infine
s'ammala, e dietro raccomandazioni è ricevuto nello Spedale dei F[ate] Bene fratelli. Un medico si presenta al suo letto.
“Come stai?” gli domanda - Bene e tu? fa T. - Quando s'è allo spedale, dice il medico, non ci vuol tanta superbia. - E
quando s'è tanto villano - ribatte T. - non si fa il medico. - Il diverbio finì col pitale di T. lanciato nel mezzo della
crociera... Tutti i malati balzan di letto, spaventati -.
2777. Descriz. casa - ricchissima, freddissima. L'anticamera è immensa, colle sedie dipinte sulle pareti: la
sala è tutta a stucchi etc. Il figlio dei padroni, marina la casa più che può... - Il lago di notte illuminato dalla luna -
guizzano i pesci, e capriolano in su, con luminose stille -.
2778. la stagione bianca = l'inverno - la verde = la primavera - la rossa = l'estate - la gialla = l'autunno.
2779. L'uomo possiede tutte le virtù ed i vizi, che le signore Bestie possedono partitamente ogni razza.
2780. Un toscano chiedeva a un marronaro Romano un litro di brusciate. E il romano ghignando: volete forse
dire che le volete calde ed arroste? Per me, ve le faccio anche bruciare, ma, badate, non vi piaceranno. - Tra me e la mia
serva romana s'era combinata una lieve astuzia per deludere l'avarizia del mio padrone di casa. Combinato che si fu, la
mia fante, disse: la non mi smarroni, sa! - ...rimuginar la minestra per vedde se c'erano entro armi... - Empia magion! -
esclamava con poderosissima voce un romano venditore di pesce - l'aria di Roma è troppo occupata... - se non dico la
verità, accidenti a mia nonna!... - se spergiuro, Dio te cavi un occhio - Cortella, tace - Siete una donna ben nebbiosa,
voi!... - tenere il cappello all'abbandona... - Se vi occorre niente (per dire se vi occ[orre] qualche cosa), sonate... -
Argentina (pescheria minuta) - Poveretta! sospira e fiotta - Volemo fare tutta una tuttata (un su per su) - i mi volea
ammazzare: la lama non mi volle consentire - Lo stagnajo gridava: Iiìo stà-gnaa-raaro! - Minuzieria (fabbrica di piccoli
oggetti) - Friggitoria - Galanteria (chincaglieria) - Spaccio di vino - Arte bianca (farine etc.) - Rotellette (gorgerette,
bobêche) - er bugiardello (il lunaro) - fenestre fermate (chiuse) - sventoloni (schiaffi) - sciampagnare, sciampagnoni
(gozzovigliare etc.) - Quando uno starnuta, l'altro risponde “e cinque!”
2781. Il ne interrogativo dei latini e dei Romaneschi. Es. “Qualene?” “Chene?” (Quidne?) - er monno sano
(intero) CF. sane, certamente ecc. - L'accrescitivo one Romano CF. col diminutivo ino fiorentino. “Gran depositone” “Oe',
Clementone!” “questi vascelloni” - (in Fior. piccinino dim. di piccino, dim. di piccolo!). Il dar del tu facilissimo a Roma
- Conf. la des[inen]za Rom. aro - colla fior. ajo. Col romano, si ovvia al dubbio di scambiare il luogo dove sta la cosa
con chi è deputato a trattar della cosa - Es. orologiaro = chi fa orologi - orologiajo = luogo dove sono orologi.
2782. (1872) A Roma, la domenica grassa, non possono entrare a far parte del corso di gala sul Pincio le
carrozze a un cavallo solo. - Udii un Romano, che al nome di Rione Monti, voleva aggiungere “e Tognetti” -.
2783. CF. tra i proverbi antichi e gli odierni. Vannucci scrisse un libro in proposito. Es. Tunica proprior pallio
est = la camicia è più vicina del farsetto - pàlin è il bis, gridato in teatro dagli antichi - Trinummus. CF. Col milanese
due-e-cinquanta, uomo prezzolato a fare la spia. - bere come turchi... Nota filosofia del proverbio, perchè i Turchi, non
dovendo per religione bere, sono naturalmente quelli che cioncano col più gran gusto e di più - I pescatori di rana
portano un panierino di vimini con un breve pertugio al fianco. Questo paniere a Pavia si chiama la moral. Infatti è la
morale delle lusinghe dell'amo... Conf. peraltro all'almoral spagn. nello stesso significato.
2784. “lymphati”, alienati di mente, dalla lympha (aqua pura) colla quale Diana spruzzò gli arditi
occhieggiatori delle sue chiappe - i cimiteri di stato = archivi regi - Il pigio della folla - rauci causidici - de pace
triumphos (ladroneggi privati) - nullis pedibus sto - bestioni tutto stupore e ferocia - Militis in galea nidum fecere
columbae - ingenio pugnax -
2785. dar ripiego a un piatto, far repulisti, vess de bona dentadura, trass adree a mangià, trà in castel, parì on
lavandin, semper in orden con la famm, fa praa neet, sonà la barloca, voltà di bon boccon, on pito freid ecc. - in
cimbalis, toeu l'indulgenza plenaria, visità i sett ges, taccà lit coi uss, desigillà botteli, chiapar ona cota, chiarire, scoldà i
orecc, ecc. - “vuj fag minga fà conca” dicono i milanesi a tavola a chi trattiene troppo un piatto di portata dinanzi a sè. -
2787. (V. 2240 Note U. di Lett. A. e B.) - Vi ha parole che a forza di dire troppo hanno finito col non
significare più nulla, per es. Dio: vi ha altre che, a forza di esprimere nulla, riuscirono a significar qualche cosa; p. es.
ineffabile - Chi schiaccia ad altri un callo o lo urta, usa dirgli “pardon”. Questo pardon è affatto convenzionale -
perchè chi dice “pardon” spesso non vorrebbe chiedere scusa. È un pardon insomma che non vuole dire pardon - Quel
medesimo volgo, che sclama “oh! è un grande originale!” per dire di uno di cui non franca la spesa parlare, dice poi, al
proposito stesso “il tale o la tale cosa non ha niente di particolare...” - Spiegatemi ora voi questa contradizione! - Una
ragione dell'uso di dire “salute” a chi starnuta, si potrebbe trovare in ciò. Starnutando, la testa si china come se salutasse:
e chi ascolta ritorna scherzosamente il saluto. - Qualunque ignorante che ha letto una qualche scrittura, dice poi: è ben
scritta o è mal scritta. Ma e che ne sa?... etc. -
2788. (V. 2240) Etimologisti della Vecchia Scuola (il greco o il latino facevan le spese). - bidello da Pedullus,
che nelle academie portava un bastone - bisticcio da bis quaesitum - briaco da bria (latino basso = tazza) - ombrello da
òmbros (pioggia) - bucintoro CF. navis dugentorum hominum -
2789. (Lingua Milanese. Et. es.) blitter CF. franc. bélître, e lat. bliteus - bas-lott CF. vas luteum - biadeghin CF.
aviaticus, ex avo - biot CF. bìotos, vivente (che ha la sola vita) - cadrega CF. kàthedra - chignoeu CF. cuneulus -
corrobbia CF. colluvies - ciocchee (Piem.) CF. Glocker - crenna CF. kremnòs, e crena, lat. - non vorè nèper ipee, per el
cuu CF. nec prope nec procul - borin, ombelico CF. uberinum - V. El Varon milanes. Coll. Poeti Milan. Vol. I.
2792. (Libro delle Bizzarie) - Gran discorso del Culo. - Rivendica la sua nobiltà - Eva nata da lui - Si purifica
da tutte le ingiurie, i bon mots etc. che gli si dicono - combatte il pregiudizio “che il cul non porti pena” - Sua
importanza nella salute dell'uomo. Non c'è professore di medicina che abbia fatto i miracoli fatti da lui. El trionfador
del medico, lo chiamano i veneziani - Moralmente, egli è poi quello che spinge l'uomo al lavoro delle braccia e del
capo: per lui progrediscono le scienze etc. (V. 2795) (E Amore, la più nobile cosa del mondo, non ha per sede la più
ignobile parte del corpo?) V. per le frasi etc. in Cherubini Diz. Mil. in cuu etc. V. lingue furbesche.
2793. Le “marionette” sono le successore dei Neuròspasta agálmata, mobilia ligna nervis alienis (Orazio),
ligneolae hominum figurae (Apulejo), catenationes mobiles (Petronio) - La marionetta deriva il suo nome da Marion che
è la Colombina del vecchio Teatro francese. - Magatell, voce milan. corr. all'imaguncula latina. A Como le marionette
si chiamano: ciribitt - a Roma, anche pupazzi. E Palazzo dei pupazzi, è detto dai Romani il Parlamento. - La maschera
del Famiola biellese tra i burattini corrisp. al famulus latino.
2794. Per notizie d'arch. milanese minuta V. sparsim il Cherubini etc. La prigione pei debitori in Milano era
fino dal 1270 (curioso contrasto) in Via degli Orefici. Si chiamava la Malastalla o Mala mansion, corrisp. alle Stinche di
Firenze e al Longwood di Londra. - La via dei Borsinee (borsinari) pure in Milano venne così chiamata dall'uso dei
prigionieri (ivi di carcere), di calare giù dalle inferriate le borse, pregando i passanti a far loro la carità. V. in proposito
la magnifica scena di Meneghino carcerato nel Falso filosofo di Maggi - Nelle prigioni l'ultimo che arriva deve pagare
una buona entrata ai compagni o ricevere da essi tanti colpi di ciabatta sul sedere quanto ordina il più anziano dei
prigionieri, detto il podestà. -
2795. In lingua milanese “se ghe rescalda el cuu a on bagai” picchiandolo, in veneta “el ghe se rinfresca” - In
Inghilterra le ladies e le misses non vogliono che si dubiti nemmanco che possano recarsi “qua via cibi solent” tanto è
vero che quando si allonta[na]no un istante da una conversazione, vi ritornano con un fiore in mano, quasi venissero dal
giardino. Donde la frase inglese “to go to pluck a flowerper dire, andare al licet - e il nome di “giardino” dato al licet
stesso.
2796. Vin da pegni - A Venezia erano bettole dove si ricevevano effetti in pegno, sui quali ritraevansi due terzi
in denaro e un terzo in vino pessimo detto appunto vin da pegni.
2798. Nella minuta di una cena data dal Serenissimo Duca di Mantova, addì 21 Novembre 1537, dopo
l'enumerazione di un centinajo di sontuosi piatti, sta scritto “e stecchi secondo il bisogno” -.
2799. (R.U. L. XI Fision. Teatri Milanesi) La claque - claqueurs - in latino Laudicoeni, Bombi, Testae,
Imbrices - in mil. risott - in Ven. Magnarisi.
2801. El mal di prestinee = sonno - vess giò del felipp = aver passato i 60 anni dopo i quali non si paga più
testatico - aver sempre la ginocchiaja = studiar molto (la ginocchiaja è quel gonfio che si forma nella stoffa, del calzone
sul ginocchio pel troppo sedere) - è andarino. Corrisponderebbe alla frase “ghe pias a girà” ma meglio sarebbe di usarne
nel significato di “latino” (ladin) - rinfuso per troppo mangiare (Brunetto Latini) = impirottaa, mil. - stagno per sodo,
usato da Leonardo da Vinci - barbino = il pezzo di pannolino in cui si va nettando il rasojo nel fare la barba - rubbolare,
rumore che fa la marea quando si vuol sollevare tempesta - stagnini (Caro) = giochetti di stagno - un passerajo di donne
- allentare un peto... - uovo lallero (Aret. Cinzia) tenero, che balla - poste, luoghi da cavalli nelle scuderie.
2802. Foscolo chiamò Milano “la sonnolenta Paneropoli” - piombone, uomo tardo e lento - pausone, pausarsi
= che fa o fare con pause le proprie faccende - pasciona, comodità, pastura - Eppure che vi fanno? si scuotono forse? si
affannano? si affaticano per poterne uscire prestamente? Pensate voi! vi dormono spesso (Segneri).
2803. Il cesso lo chiamano il comodo. Ed è il luogo quasi sempre il più incomodo della casa! - Noto che gli
architetti nei loro progetti di casa, pajono sempre le persone più poetiche del mondo. Si dimenticano che l'uomo ha un
culo... e non trovano posto pel cesso. Fatta la fabrica poi, lo allogano in fondo a qualche baltresca o sconciamente lo
attaccano in sul di fuori (El sur dottor Isacch taja camis per giustà sacch). E che la sala da pranzo, senza il cesso, è
incompleta...
2804. (R.U.) Nei martiri popolari - Desc[rive]re la sura Cecca di Berlinghitt. V. fascicolo “La Bibbia della
balia” - e desc. il Bigia o Migia (Remigio) Capellee. - La bibbia della balia può figurare in parte anche nei R.U. L. VI I
Bimbi, o L. VIII le scuole - come un es. della prima scuola, dell'anticamera della scuola.
2805. In pulicis morsu deum invocat - I cortigiani hanno solate le scarpe di buccia di cocomero - coloro, che
per pisciare se lo toccano col guanto (gli ipocriti) - non bisogna, o scrittori, bagnare tanto la penna nel calamajo quanto
nella testa -
2806. (V. 2240 Note Um. di L. alta e bassa) Si parli anche dei rebus, delle sciarade, degli enigma, degli
indovinelli etc... citarne esempi. - “Son cavalier, ma senza croce al petto - I mori spoglio e in Africa non vò (baco da
seta)” - Aut. Malatesti. - “Insidia il primo ai lucidi - abitator dei flutti - il mio secondo agli uomini - ed il mio tutto a
tutti” (Amo-re. Aut. V. Alfieri). - 3° Napoléon (Napoleon dans le plus grand des astres (désastre)) - etc. etc.
2807. E, poichè i Fiorentini non sanno fare il panettone, e noi chiameremo cotesta nostra milanese gloria coi
loro nomacci di pan balestrone, pan Pepato, Panforte etc.? ...e così, il loro lungarno dovrà servire a nominare le
nostre gettate, interriate, fondamenta, terraggi, terrapieni, alzaje, lungo il Po nostro e il Ticino?
2809. V. sparsim. Contadini, Villani. V. anche Cherubini, Diz. mil.-it. in vilan - Pregiudizi dei cittadini su
questa importantissima parte di popolo “a fa ben al vilan, se troeuva cagaa in man” “chi villan serve n'ha questo tributo”
“Rustica progenies semper vilana fuit” etc. Nei contadini, parlar anche di molte delle loro costumanze. - Essi usano ad
ogni fuoco fatuo od a stella cadente, dire “Va che Dio te loggia!” - Costumi brianzoli. “Bruciar gennajo” V. Cherubini
Vol. IV pag. 207.
2810. (V. 2240 N.L.) Capitolo sulla letteratura disonesta. Quale sia veramente tale. Questione se le parole
disoneste corrompano i buoni costumi. - Se il pensiero ha lingua. Quanto giovi a noi milanesi il dovere tradurre il
nostro pensiero in una lingua che non è tutta nostra. La meditazione crea le grandi opere. Noi pensando alle parole
troviamo i pensieri.
2811. Lorenzo de' Medici attribuiva il difetto di mangiarsi le unghie ai beoni.
2812. Tale (dicono il poeta Maffei Andrea) avea tolto una piccolissima moglie: e dicea: della moglie, quanto
meno sen prende, tanto meglio.
2813. Intercalari - Es. E dai tira campann martela, a le quarte le vostre, intrighete ti, e destrigheme mi, e fa
cussì fin che te vivi, che mai pu te destrighi - si noti che l'intercalare è uno solo.
2814. I principii nella scuola di disegno, si chiamano dai nostri pittori e scultori in erba - I. campanin. 2.
Treball. 3. seggionell. 4. seggionell intajaa. 5. lovetta sempia. 6. lovetta doppia. 7. ... 8. gerlett. 9. foeuja storta... 11.
vasett, etc. (Vedi Cherubini in ornaa). - L'è mei on asen viv che on dottor mort. -
2815. Alla corte pontificia non c'è officio che non abbia qualche impiegato col titolo di segreto... Cameriere
segreto, uscere segreto etc. etc. Non solo. C'è anche il cuoco. E fu dallo Scappi stampato un libro dal titolo “Cuoco
segreto di Pio V”.
2816. A proposito dei Milanesi e dei Fiorentini, si potrebbe rifare “la Storia dei Grassi e dei Magri” che fu uno
dei libri più in voga tra i padri nostri. Basta dare un'occhiata ai dizionari delle rispettive lingue. Quì tutta macellaria,
abbondanza, prodigalità: tutto orto, carestia, sparagno... - Cit. il “Lupi Lombardi” (Tedeschi lurchi) e il Fiorentin
mangia fagioli - lecca piatti e tovaglioli. -
2817. Nelle spiritosità tradizionali “Ris e fasoeu, minestra de fioeu - Ris e basgiann, minestra de tosann” -
2818. Seren d'inverna - nivol d'estaa - amor de donna, de pret, de fraa... guaja! - Oppure - usei in man de fioeui,
donna in man de soldaa, bagai in man, de fraa... guaja!
2819. Avanzi balordi. - avanzare i piè fuori del letto, tegnì a man i guggiad per buttà via i remisei, disfar i muri
per vendere i calcinacci, dar a mangiare le ciliege per vendere i noccioli, saltare dalla finestra per risparmiare le scale...
etc.
2820. Nei R.F. (parte antica) descrivere la domenica nel 1700 - Le dame scendono dai carrozzoni col servente,
e col servitore che porta la caldanilla ecc. - Le erbuccie (mezz calzett) vengono a piedi col Domenichino (Meneghin,
servo preso a nolo per la Domenica) che porta il loro libro di messa... Gli amorosi alla porta porgono alle amanti l'aqua
lustrale etc.
2821. Nei martiri popolari (R.U. L. x) citare Cuneo e Bergamo, cui si affibbiano tutti gli spropositi di Piemonte
e di Lombardia. - Cuneo, mette ai suoi lampioni i vetri di latta per ripararli dalla grandine... - Bergamo, se viveva
quell'“omm du capelì” (petit chapeau avec redingote grise) sarebbe diventata un porto di mare... etc. etc.
2822. Descr.I° Un magnano. Contrasto de' suoi panni e della sua faccia nerissima, colle casserole di
lucentissimo rame, appena stagnato - Un fittabile. Faccione che è una Brianza. A vederlo si pensa “la ghe va su
onscia” - Un po' di pancia, le mani, una nell'altra, dietro la schiena - indizio di molti soldi. -
2823. Monteverde (secondo Grandi) non è un artista ma un intagliatore in marmo. - Il genio di Franklin di
Monteverde che è un angelo accavalcioni di un fumajolo potrebbe chiamarsi il genio degli Spazzacamini. Si disse anche
“un genio allo spiedo”, o “lo spiedo di un genio”. Monteverde vi ha effigiato “il fulmine” la meno plastica cosa che si
potesse, sotto la forma di una sanguetta. Limiti dell'Arte - Il goffo e farraginoso monumento a Cavour di Torino pagato
al Duprè 700.000 lire. Cavour, vestito alla Romana! - Il busto di Manzoni dello Strazza, tutto naso. La faccia par
destinata ad essere solo la radice del Naso. Lo si disse: Manzoni rimasto con tanto di naso nel trovarsi brutto - La
Commissione pel Monumento a Beccaria, volle che Grandi effigiasse il grand'uomo in età vecchia, a dispetto della
ragione, che suggeriva di farlo giovane, perocchè l'opera che gli diede la gloria fu scritta a 27 anni. - Pel “Beccaria”
s'erano poi raccolte 30.000 lire di cui 15 furono pagate allo scultore, per l'opra e il marmo - e le altre 15 nelle spese della
Commissione - Il “silenzio amoroso” di Cremona venne pagato 500 lire! - Del soggetto nella Plastica - e della forma del
soggetto, che quivi sono in importanza pari. La forma è lo stile. Scopo d'ogni arte: far storia. Ora, l'artista sceglie
eccellentemente il soggetto, quando sceglie quel punto del patrimonio della memoria, da cui, per la sua speciale arte,
può sperare di ottenerne una trattazione superiore in virtù a quella, che nel medesimo soggetto, otterrebbero le altre due
arti sorelle. - Come soggetto di plastica (benchè lasci assai a desiderare quanto a scalpello), il Socrate di Magni è
completo: incompleto “l'Amore degli Angioli” del Bergonzoli - In ogni caso, Scoltura e Pittura appartengono, forse, più
al mestiere che all'arte - o almeno ne sono l'anello di unione... -
2824. La Critica della Critica - La critica del giorno, abbandonata dagli artisti e dai letterati ai giornalisti.
Emulazione negli spropositi fra i critici. Il Sig. F.
xx
della Perseveranza (talis pagatio, talis cantatio) colle sue “mummie
imputridite”, la sua “apoteosi della divinità”, le “eburnee chiome”, le “stravaganze assurde”, il “ragazzo d'ambo i sessi”
etc. etc. - I ricatti - Botteghino di celebrità presso ogni gazzetta teatrale. La camorra letteraria napoletana, * etc.
distributore di diplomi e di medaglie d'oro etc. Si firmava il Comm. * comm. del Nishan Iftikar de Tunis, cavaliere
salvatore d'Italia etc. e traduttore della Comedia di Dante in dialetto napoletano.
2825. Magnifica epigrafe, è la seguente scritta sulla porta della cattedrale di Palermo (24 7bre 1876) quando le
ossa di Bellini ritornarono da Parigi a Palermo - “Questa Basilica - In cui dormono dimenticate - Le ossa di tanti re -
Diviene oggi famosa - per la tomba - di - Vincenzo Bellini - Vicino al catafalco erano poi due altre egregie iscrizioni.
Diceva la prima - “Strappò una nota eterna - All'Universo - L'amore - E vinse i Secoli” - l'altra “L'arte non ha patria -
Egli è cittadino del mondo - Non potendo la madre - Contenere il suo nome - Costudisce gelosamente - Le ossa” -
Certo Longo da Catania cap.
no
medico mi dice oggi (15 ag. 80) che queste epigrafi sono di Mario Rapisardi.
2826. Progetto di un libro dal titolo - Dell'Onestà politica - e della onestà artistica. - Scopo - tentativo di
trovarne i criteri - Circa l'onestà politica. Prog. Vi ha chi usa di reputare birbanti i suoi avversari politici: vi ha chi dice
che si può essere in casa amicissimi - e nemici alla Camera. Pro e contro - di queste due opinioni. - Moventi dell'uomo,
I°) interesse proprio (suo o di famiglia) - 2°) interesse patriotico (della città o del paese) - 3°) interesse umanitario. Dove
non giuoca uno di questi tre interessi l'uomo savio nulla fa. Dati i tre moventi in lotta fra loro, quale deve l'uomo
seguire? I più seguono il primo: pochi il secondo (Q. Curzio etc.) pochissimi il terzo. Tuttavia - bene interpretati, tutti e
tre si equivalgono. - Che sia l'onestà politica? Essere di unica e non mutabile fede, rispondono alcuni. Ma il mutar
bandiera è invece, spesse volte, prova di senno, e di vero patriotismo. Mutano i saggi col mutar dei tempi. Chi non fu
repubblicano nel 1792, chi non fu realista nel 1859? Una sola fede io ritengo giusta - l'amore di patria. Garibaldi per
l'amore di patria, fu rep.; ora è realista (1875) Di chi sbaglia in buona e di chi in mala fede - Sui governi. Tutti si
equivalgono. Il migliore, qualunque ne sia la forma, sarà sempre il meglio amministrato. For forms of government let
fools contest What'ever is best administered is best (Pope) Con Napoleone I chi non avrebbe gridato W. l'impero? e chi
non griderebbe, coll'antico senato di Rorna W. la Repubblica?... Per me il miglior governo, è il non governo (Taccio
quella innocente parola che fa tanto paura “anarchia”) - Dell'opportunità politica (vedi s.) - dell'errore di combattere gli
uomini per combattere le idee. - La morale ideale e la pratica - Se ci possa essere una morale politica. Chi rovina una
famiglia, chi uccide un uomo dovrà cadere in pene, mentre chi rovina centinaja di famiglie e uccide migliaja d'uomini, si
vedrà non solo impunito ma premiato? (Ille crucem sceleris pretium tulit, hic diadema) - Fin dove l'onestà politica
cammini colla morale - Conclusione: Unità della morale... Queste sono alla rinfusa le principali idee del libro. Vi si
tratterà in special modo la questione del giuramento dei deputati e degli impiegati, dell'antiche e nuove teorie in
diplomazia, scuola machiavellica (i mezzi giustificano il fine), scuola di Fox (?) (la migliore delle politiche è l'onestà
etc.), politica sentimentale etc. Della minoranza partigiana e della maggioranza indifferente etc. (Il tema ha peraltro
bisogno di esser molto covato) -. Quanto all'onestà artistica, il concetto è il seguente. Non falsificare il proprio tempo.
L'artista è destinato a scrivere la storia degli uomini e delle nazioni e la narrazione egli la deve trovare sincera e
spontanea nel proprio cuore, inspirato dalla contemporaneità. - Ora, falsifica, il letterato che narra la guerra
dell'indipendenza italiana, coi modi di Giovanni Boccaccio, falsifica chi la pingesse nella maniera di Leonardo, etc. etc.
V. sparsim nelle note, sulle incongruenze artistiche del giorno che fanno sorgere in Baviera un Walhalla, nello stile di
Grecia, e sotto il cielo di Napoli fabbricano un chalet svizzero, od una casa olandese ecc. - Dov'è mai quel benedetto
stile 1870? - Se l'eccletismo odierno dell'Arte sia filosofico o no, dato che l'epoca presente sia per eccellenza eccletica...
- (Vi si tratterà partitamente delle 3 arti, dei sintomi del nuovo stile etc.)... - (Anche questo tema dell'onestà artistica va
tenuto il suo tempo in fusione di studio e meditazione).
2827. Età dell'oro, dicevasi quella in cui oro non era.
2828. Il sorriso è alla bellezza, quello che il sale è alle vivande.
2838. Il direttorio comandò a Buonaparte facesse una subita correria contro la casa di Loreto, onde, rapite le
ricchezze... - (Botta). CF. el resentin di Gies - nel poeta mil., mi pare, Zanoja. - l'estetico latrocinio di Bonaparte (Negri,
Storia Antica).
2845. A mostrare il convenzionalismo dell'opinione sul vizio e la virtù - descrivere lo stato di guerra, in cui
tutto ciò che in pace si reputava vizio, pare virtù. Il furto passa scusato col nome di bottino bellico, l'assassinio è
glorificato dal nome di valor militare, i tradimenti, le insidie etc. si chiamano strategia etc.
2849. Noi scriviamo al presente in lingua italiana tradotta dalla francese. -
2853. Importantissimi allo studio della Riv. francese '89, e specialmente a' suoi effetti in Italia e nella Rep.
Cisalpina, sono gli opuscoli di Melchiorre Gioja - In proposito vale anche la pena di dare un'occhiata all'estratto
manoscritto in zibaldone della Gazzetta di Milano dal 1778 al 1780 (Biblioteca Ambrosiana S.C.V. II. 7.) e al
Gazzettino di Milano 1799 (stessa Biblioteca) - M. Gioja appartiene ai letterati-giornalisti o pamphletistes,
feuilletonistes.
2862. A prop. di Souvarow, esiste un suo comico testamento, che comincia “trovandoci, giusta il volere del
Cielo, secondo il corso delle umane vicende, attaccati da una dissenteria insanabile infelicemente guadagnata in
compagnia del nostro amico Kortchakow etc. etc...” e poi dice: item lasciamo i nostri lunghi e ben pettinati mostacci per
servire di coda ai finti patrioti del 1798, che essendosi scodinati sotto il governo provvisorio del Piemonte
s'incodinarono all'approssimarsi della nostra armata ed hanno ora di nuovo perduta la coda all'entrare dei francesi nelle
pianure d'Italia, etc. etc.
2863. Melchiorre Gioja conchiude le sue “osservazioni al Ministro della Guerra” (29 nevoso A. VII) così:
“checchè però ne sia, sappiatemi grado, cittadino ministro, di non aver io, in questa risposta, usato del diritto comune,
cioè di non avervi detto delle ingiurie benchè credo che abbiate torto” - In altro suo opuscolo poi finisce dicendo “Salute
ed economia di parole” -
2866. Nei R.F. (parte vecchia) per la descriz. dell'Inquisitore, pigliar conoscenza degli - “Elogi della Santissima
Inquisizione de Padre fra Pietro Martire Anno VI. rep. Si vendono in Milano e in Barlassina” - e della “Lucerna
Inquisitorum hereticae pravitatis P. Bernardi Comensis 1526”. -
2867. Progetto di un libro intitolato Ritratti di famiglia” - divisi in due libri: Parte vecchia, e parte nuova. Suo
scopo, illustrare, più che la vita, l'ambiente di vita nel quale furono alcuni dal cognome Pisani, che appartengono
genericamente o specificamente alla mia famiglia. Sarà il pretesto di mettere insieme in forma pittorica tutte quelle
cognizioni di archeologia domestica o curiosa che ho raggranellato fin quì nelle letture - Nella Parte vecchia si
comprenderanno descrizioni di interiori di case dei sec. XII, XIII, XIV, XV, XVI, XVII fino alla Riv. Francese dell'89:
vi si parlerà dei rami della Famiglia Pisani, che uscita da Pisa (Pisani e Pisis) si diffuse a Napoli, Venezia e Bologna
(Bologna, Parigi - Alessandria - Pavia). Saranno i capitoli: una Prefazione, in cui si dica il Percdell'illustrare persone
che non appartengono alla specif. famiglia dell'A. - sulla parentela universale, etc. Del resto, parenti davvero, io non
posso considerare che quelli che ho veduto co' miei occhi, o cogli occhi de' miei genitori. Gli altri sono nebbia per me...
Caddero nel patrimonio comune, di gloria e di vergogna - poi (beninteso che i presenti titoli sono provvisori): Lo
studio di Giovanni da Pisa - Pietro, lo studente medievale a Bologna (parlarvi dello zio Emanuele Prof.
re
- tesi
sottilissime - guerre di parole - Una lezione antica - gli esami -) - L'Alchimista (Ottavio Pisani - Demonologia -
Palingenesi della Rosa etc.) - La Galera di Vettore (Vita marinaresca nel sec. XIV) - La sage et preude dame Christine
de Pisan (Pisani di Bologna. Parlarvi di suo padre Tomaso, astrologo; dei libri di Cristina “Vie de Boucicaut” et “livres
des dames”; in contrasto col Roman de la Rose di Jehan de Meung etc.) - Il capitano di giustizia (1400) (Contardo - es.
di proced. penale dell'epoca) - Martino, il decurione di Alessandria (vita domestica nel 1500 - un matrimonio: descriz.
del corredo etc.) - Il cardinale di Venezia e di Aquileja (Pisani di Venezia - descr. di un ingresso trionfale - (1550) ) - Il
pulpito di Frate Sisto (1600 - predica barocca) - Un funerale nel 1770 (L'araldico - disquisizione in materia; la fiaba dei
Pisoni romani etc.). - Equipaggiamento di un colonello austro-spagnuolo (vita militare, XVIII sec. av. Riv. Francese) -
Nella Parte nuova, si parlerà di quella parte della famiglia Pisani di Pavia, della quale, per così dire, aleggia ancora lo
spirito intorno a me. Sarà intitolata a mio padre “A chi mi diede la vita - e cui la ridò” - coll'epigrafe “Humani generis
mores tibi nosse volenti - sufficit una domus” (Juvenalis). Il racconto anderà dalla Riv. Francese dell'89 alla morte di
papà mio (1872). - Sarà forse diviso in parti - una pref., una conclusione e un'appendice - cioè: Prefazione. Montecalvo
in fiore. È babbo che mi racconta la festa di S. Luigia al Monte. Io seggo sui suoi ginocchi... Desc. del castello e della
tavolata. Il parroco, gli amici, i figli ecc. - La mamma Milesi e la fam. Milesi - La Tissot, l'istitutrice, Biancardi - Il
tempietto, degli amori di Elena con zio Emilio - il Prev. di M. C. D[on] Giovanni Ricci, giocava agli scacchi lungi dal
tavoliere stando col dorso al camino - a memoria. - Il Pretore fa la corte alla Giovannina Magenta e le invia tartufi etc. -
Donna Elena Milesi Viscontini portata su in lettiga. - Scherzi a M. C. - Il frate dalla testa di vescica - Il brigante a
cavallo. L'Avv. Bixio che legge il sonetto “Calvo il monte non è etc...”. Desc. in isp. di papà, coi capelli sciolti per le
spalle etc... - Mia interruzione. - Ritratto I. Don Carlo - Desc. del ritrattone - Chi fosse, secondo sua moglie. Parenti del
nonno. Sua vita avventurosa etc. etc. che risulta da' suoi 4 biglietti di visita etc... - Ritratto II. D.
na
Luigia. Descriz. di un
matrimonio sotto l'impero... etc. - Ritratto III. I figli (compresovi anche Antonio Massa etc.) - Conclusione. Mio padre
che sfascia. Montecalvo in rovina. Le camere da lungo inabitate. La legna per il fuoco, tarlata. - Appendice. Descriz.
di carte curiose e oggetti vecchi di casa, libri etc. raccolti in una sola stanza (Vedi per tutto ciò, sparsim). Il libro
potrebbe essere accompagnato da 4 aque forti, la prima in capo del libro, rappresentante Montecalvo (Pitt. Fasanotti) la
2ª al I° ritratto rapp. D. Carlo a cavallo (Grandi) - la 3ª al 2° rit. rapp. D.
na
Luigia (Bianchi Mosè) - la 4ª al 3° ritr. rapp. I
figli (Cremona Tranquillo) -
2868. App. ai R.F. (parte nuova) - Archeologia domestica. Descr. su un fondo di filosofia, quanto mi trovo di
oggetti o carte vecchie nei miei cassettoni ed armadi. Com'io ami tutte queste minuzie. Mi par di sentirci attaccato
qualche po' dell'anima de' miei poveri morti. - I.° Un contratto di matrimonio con su penneggiato in testa dal galante
amanuense notarile un pajo di cuori passati da una medesima freccia. I cuori grondano goccioloni di sangue: hanno
ciascuno la sua brava fiammella: la freccia pare una penna d'oca. Dietro i cuori, in prospettiva le case, e i fondi portati in
dote con bestie bovine cornute grandi come le case - Nel contratto, indicazione di capi di vestiario, e di giojelli del
tempo (1806) gioielli vecchi, a smalto - fibbie etc. bindelloni - Pizzi antichi - 2.° Un testamento 1778 -: enumerazione
degli uffici funebri; tanto per la confraternita tale, tanto per la corporazione tal'altra; tanto in messe, in elemosine etc.
etc., - e altro testamento 1790, di un republicano che vuol piantato sulla sua tomba l'albero della libertà etc. Test. anche
di Biancardi - 3.° Conti. I libri mastri di casa, di possessioni che non sono più Nomi di fondi: la Maladiana, le
Chiappe del Curato, la coda della Volpe, Corano, Balsamo, la Bastida de' Dossi, Villalunga, la Malaspina, la Ca dei
Dossi, Morsenga, Pieve Albignola, Cervesina, Pancarana, Valle del Muto etc. etc.; le ceste di documenti che si
vendettero sulla stadera. Nei conti, quelli di un funerale “tanto al falegname per aver fatto i ricci di legno alle virtù
teologali etc., statue di cartapesta etc.” - in tutto, una spesa enorme. - Altro conto, dal quale appajono curiosi oggetti
domestici. I fasci di conti dell'oste. - 4.° Libri - Libri dai fogli ingialliti coi nomi degli antichi proprietari, con dentro
foglie e fiori secchi - Varietà delle legature. - Quasi tutti volumi scompagnati. S'è divisa la casa e si divisero alla rinfusa
i tomi. Io ho i primi due di un'opera, un mio cugino ha il terzo, l'altro cugino il quarto. - Titoli dei libri del tempo. Es.
Vingt quatre heures d'une femme sensible ou une grande leçon, par Madame la Princesse Constance de S.
xx
à Paris 1824
- Libro di Corte, ossia Lista delle persone che hanno il d[iritto] di accesso alla I.R. Corte Austr. Nel 1780 - tra le quali
si notano Pisani maggiore Don Carlo - Pisani sargente maggiore Don Gelasio. Almanacco Reale per l'anno 1808.
Milano Stamperia reale - Des droits et des devoirs du citoyen, par Monsieur l'abbé de Mably à Kell 1790 - Defendente
Sacchi, La pianta dei sospiri (Chi può resistere oggi a leggerne una pagina sola?) - Storia del memorabile triennale
governo francese e sedicente Cisalpino nella Lombardia. Lettere piacevoli ed istruttive. Milano 1799. - L'anno duemila
quattrocento quaranta - sogno di cui non vi fu l'uguale - seguito dall'uomo di ferro - opera del cittadino Mercier. - In
Genova 1798 a. della Rep. Ligure. - Il Ritorno dalla Russia, romanzo di Davide Bertolotti (citarne altri della
medesima cotta) (Nomi degli eroi di romanzo d'allora: Lucindo, Damete, Aristo, Clorindo ecc.). Segni in penna e a
matita sui libri; postille della nonna: cioè un misto di sentimentalismo e di prosa, p. es. una frase alla Rousseau e poi
1799 Spese per far coare le polle; primo covo comprato ovi n. 50 L. 6 - secondo altri 60 L. 3.15 - Ricavato L. 8 (Cit. le
migliori delle note della nonna, sparse nelle mie cartelle) - Gli album dei nostri vecchi - che notavano giorno per giorno
il buono e il cattivo tempo, per poter poi, l'anno seguente, dire, “il giorno dello scorso anno faceva un tempo così o
così...” il che giovava mirabilmente a tenerli alti nella stima cittadina. - Notare per altro come scriv[evano]
invariabilrnente “Mai non fu anno che come questo etc. A memoria d'uomo non si vide mai etc. - 5.° Gazzette vecchie.
La gazzetta privilegiata di Milano; es. di notizie d'allora paragonate a quelle d'adesso paragone pure della carta e dei
tipi, prezzo d'abbon. etc.. Cercare la critica di Pezzi contro Manzoni ecc. ecc. Il Corriere delle Dame del Lattanzi - il
suo mutar di bandiera a seconda che si avvicinavano a Milano gli Austriaci o i Francesi... - 6.° Lettere - Lettere amorose
del 1800; tutte a spropositi di ortografia: poesie d'occasione; biglietti d'invito etc. etc... La prima lettera di babbo, che
chiede in isposa mia mamma. - 7.° Ritratti a miniatura sulle tabacchiere etc. I ritratti di Napoleone I a bizeffe. In casa
nostra ne ho contati 378. - 8.° Varia - orologi e tabacchiere di tutte le dimensioni, a segreti, a smalti ecc. orologio con
su dipinto il tempo - e con poesia. Un panciotto del 600 con su una carica di cavalleria. I bastoni col peso, e i bastoni,
la sagoma del cui manico l'ombra di Napoleone I. Tra le scatole di tabacco, alcune piccolissime, altre immense.
Dentro il ritratto dell'amante o come al solito di Nap. - Una spadina e qualche testa delle marionette del Teatrino di
Montecalvo... - Ventagli. Descrizioni. Ventagli allegorici - quadri a margheritine - Non c'è pl'immenso lavativo di
peltro, di cui è rimasta la scatola, che la nonna non mancava mai di attaccare ne' suoi viaggi dietro la propria berlina. Il
lavativo andò a finire in una sorbettiera. Che affare una volta l'introdurre il lavativo etc. Par. col clesopompe - La
bandiera con su scritto W. Francesco I (bianca con intorno una corona di quercia). - Capelli (i biondi della mia nonna
bimba etc.) - Un dentino di latte, in uno scatolino, del mio papà, pur morto ed ora è già strappato - dente cariato - dalla
terra il suo posseditore. Chissà che dolori chissà quale coraggio a lasciarselo cavare! - Attestati scolastici etc. etc. (Vedi
nelle cartelle). - Lavori di pazienza di Biancardi - I bossolotti di Papà. - Cit. tra i mobili, anche i vecchi servitori,
paragonandoli ai nuovi - “La carte du tendre” - biglietti di visita - la carta del belletto - il grattatojo - Il pitale con
scritto in fondo intorno ad un occhio: ti vedo, furbetta. Lettere di amore in carta grossa, e chiuse coll'obbiadino. Vedi es.
nelle carte. - Poesie per lauree e matrimoni - Minute di pranzi di gala. I lavori di frate certosino - di Biancardi.
2869. (Pei R.F. e pei G.F. arch. milan. si possono consultare): Sommaruga. Il Meneghino Critico, continuato
dal 1773 al 1789 (Ambrosiana S. B. U. I. 65.) - Il Borgo degli Ortolani, Almanacco per l'anno 1794 (id. S. C. S. II. 10) -
El verzee de Milan. Alm. per l'anno 1796 (id. S. C. S. VI. 7) - La settimana grassa con la prima dominega de
quaresma. Alm. per l'anno 1797 (id. S. C. S. VI. 5) - La piazza di Mercant cont on poo de coin per conseguenza di duu
mur, San Raffaell e Porta Renza. Alm. per l'anno 1799 (id. S. C. S. v. 6) - L'ombra del Balestreri in cerca della Veritaa.
Alm. per l'anno 1800 (id. S. C. S. VI. 6) - El servitor de la bonn'anema del Pover Poetta Balestreri. Almanacco per
l'anno 1804 - El caf de la Reson. Alm. per l'anno 1805. - Meneghin Peccenna, Alm. per l'anno 1809 - Meneghin
Peccenna, impresari de teater. Alm. per l'anno 1815. Poi, tutte le bosinad di cui se ne trovava una raccolta in 8 vol.
nella libreria Bellati, e se ne trova ora una all'Ambrosiana nella “Miscellanea della Rivoluzione” - La gran torr de
Babilonia, Almanacco per l'Anno 1795 - El diavol coi pee dedree ch'han faa in Milan in di trii ann i republican ossia
Meneghin storegh, leped, critech e moral da l'intrada di Franzes in Milan el di 14 mag 1796 alla soa partenza del 20
april 1779 - Milan - Quader bernesch e natural de la guardia nazional Milano 1799 (Bosinada - Ambrosiana S. C. V.
11). - I romani in Grecia (intendesi i Francesi in Italia) opera di Giunio Bazzoni.
2870. (R.F.) I tavolini del Maggiolino. - La majolica goffa e pesante - una zuccheriera foggiata a cavolo
(verza), delle bottiglie foggiate a ramolacci. Par. tra la tavola e il pranzo di una volta e quel d'oggi. Il trionfo di
porcellana in mezzo alla tavola. - La zuppiera con su i gamberi cotti scolpiti ecc. Oggi niente nel mezzo, e poco in
disparte. Così le quattro portate da tre piatti ciascuna furono sostituite dai due piatti scarsi. La dicono la nostra
“semplicità dell'eleganza” mentr'è quella della carestia. - Tra i mobili vecchi il carozzone rosso e oro, il letto idem - i
mori negri che sostengono a cariatide delle étagères barocche d'oro - La spinetta verde e oro con su un delfino in cima,
etc. - Il lusso d'una volta e quel d'oggi. Una volta, molta argenteria, oggidì molto christophle: una volta i saloni, i capi
d'arte, oggidì le stanzuccie, le chinoiserie - I nostri nonni avevano i pavimenti di mattone, e le volte dipinte da Appiani...
- Dell'incomodo lusso Napoleonico. - Il falso greco-latino.
2871. (R.F.) Nonno Carlo (n. il 7. maggio 1780 m. il 28 genn. 1852) figlio del nobile Gelasio-Vincenzo, e della
baronessa Rosalia di Hölly di Niedermensdorff. “Quel polpettone” come trovo scritto da D.
n
Giacinto Pisani, fratello di
D.
n
Gelasio - Alla lor volta, il primo figlio del nobile Carlo e della nobildonna Matilde Oleario di Bellagente, l'altra del
Colonello Federico di Hölly barone di Niedermensdorff, e della nobildonna Maria dei marchesi Beccaria etc. (V. pel
ritratto fis. il quadro nostro in cui nonno è a cavallo, vestito da G. N. A.) - la miniatura di una tabacchiera, e la miniatura
che possiede D.
na
Carolina Del Mayno, nipote del nonno - La sua storia può compendiarsi in questi suoi biglietti di
visita: I.° (1798) Il cittadino Pisani (e intorno W. la libertà - W. l'eguaglianza - W. la fraternità) quand se portava in
coo el barettin ross come i galantommen de galera - 2.° (1805) Charles Pisani colonel-commandant en chef de la Garde
d'honneur de Pavie. È un biglietto con in cima due Vittorie - e intorno e sotto trofei d'armi e bandiere, berretti di
granatiere, tamburi, palle di cannone etc. etc.. -3.° (1816) Don Carlo Pisani Dossi Guardia Nobile di S. M. I. R. A. e
cavaliere della S. Religione dei Santi Maurizio e Lazzaro - 4.° (1825) Le chev. Pisani. - Ingegno rozzo, arrogante,
prodigo. Bevitore d'intere vendemmie... Fu tra i primi a ballare intorno all'albero della libertà a Pavia; tra i primi a
caracollare incontro a Napoleone Imperatore, e poi a Francesco I. Fu savio municipale; fu carbonaro; condannato a
morte in contumacia, fuggì in Isvizzera dove congiurò con Napoleone III, e col principe della Cisterna: graziato, tornò
in Italia mezzo tedesco: nel 48 ridiventò italiano - poi si spense. - A Balsamo nel 48, vestiti quaranta villanelli da
soldatini, con aste di latta a banderuole tricolori, si spassava a far lor fare l'esercizio - stando egli seduto sotto un gran
padiglione a colonne d'oro e tende rosse, coi leoni pur d'oro. Sostenne all'estero molti emigrati. Napoleone non ancor
gli donò un anello d'oro con su scritto honneur, fidelité, patrie (vacue promesse) dicendogli, che quando avrebbe
rivendicato il suo trono, avrebbe ricompensato lui o qualunque della sua famiglia che gli si fosse presentato con detto
anello. Beauharnais gli avea donato il suo sigillo di acciaio - Diven cittadino del Cantone di Berna - etc. - Era
destrissimo negli affari. Dopo aver mezzo disfatto il patrimonio lasciatogli da suo padre, non solo seppe ricomporlo ma
raddoppiarlo. Avea case e fondi per pdi 2 milioni. Trovatosi un in casa della zia Traversi tra due porte, car un
affare all'avvocato; e presa la posta, arrivò a rotta di collo a Parigi, e lo fece lui invece dell'avvocato... Anche Gaisruck
gli avea moltissima amicizia - Vinse cause che parevano disperate, p. es. quella del canale abbandonato di Albignola,
che finì con un pranzo dato sul Po ai senatori venuti ad informar della causa, un pranzo in cui si gettarono nel fiume
tutte le stoviglie e i cristalli, e p. es. quella di rivendicazione del suo patrimonio, caduto in mano di sua moglie Donna
Luigia Milesi. - Con la Milesi fu in lite perpetua. - Ebbe una sola moglie ma molte amorose - tra le altre, in Svizzera a
Carouge M
lle
. Gabrielle De Gallais de Saint Germain, e a Milano la Margherita Scazzosi alberg. della Gran Brettagna.
Sua moglie scrisse questo ritratto di lui: Snaturato figlio - cattivo marito - pessimo padre - turbulento cittadino -
oppure: Don Rodrigo. - Il nostro liberalone del 21, era in famiglia dispoticissimo. La ricevuta del modico sussidio
mensile da lui accordato a' suoi figli dovea esser redatta così: Dichiaro io sottoscritto di aver ricevuto dall'Ill.
mo
Mio S.
r
padre Cav. D.
n
Carlo la somma di milanesi lire tante (dico L...) da lui accordatami per atto di sua spontanea generosità e
di cui mi professo e mi professerò eternamente riconoscente. - Obb.
mo
Um.
mo
figlio Tal dei tali - E guai se uno dei figli,
parlando di qualche oggetto di casa dicesse mio! - Un dì, Zio Gaetano, uscì a dire “mia moglie...” - “come tua?” - fece
con ira Don Carlo, ma poi, ravvedendosi “Ah! questa te la lassi!” - E così, il nostro democraticone dell'albero della
libertà, era aristocraticissimo. Bisogna vedere le sue suppliche alle Cesaree Maestà, per ottenere o un posto di educanda
alle sue figlie nel Collegio Reale delle fanciulle, o una carica a Corte per lui, nelle quali ei si vanta e patrizio e di
famiglia antica, figlio del nobile tale e della baronessa tal'altra, nipote del tal generale austriaco e del maresciallo
tal'altro!... Mio babbo mi raccontava sempre di un pranzo in cui era intervenuto col fratello Gaetano e col padre Carlo in
casa del Maresciallo Re, suo cugino. Dopo pranzo, si cominciò a parlare di Araldica, e Re cavò fuori una filza di
documenti, diplomi, genealogie etc. ove mostrando l'albero gentilizio Pisani, quando si fu a “Luigia Milesi” moglie del
Cav.
re
Carlo, disse con un sospiro “e quì zòppica!”: poi si diede a vantare la propria nobiltà. Nonno Carlo, lo lasciò
sfogarsi, ma poi, uscendo coi figli disse loro “Ha bel vantare Re la sua casa, ma non è da tanto da allacciare le scarpe
alla nostra”. Vera lez.: ma la nostra incula la sua. - Tra gli anned. cit. il pranzo da lui dato a molti amici, dopo una
discussione sul gatto e la lepre, in cui Nonno Carlo avea detto loro “È questione di salsa. Scommetto che vi faccio
mangiare e piacere anche un gatto” - Gli amici avevano risposto di no. Venne il pranzo, venne un piatto che pareva di
lepre. Era eccellente. “Guardate” dicea ridendo D.
n
Carlo, mentre gli amici mangiavano e lodavano - “che è gatto!” -
Impossibile! rispondevano costoro. - Nonno ammiccò a un servitore e il servitore portò e depose in mezzo alla tavola su
di un gran piatto d'argento la testa insanguinata dell'infelice Soriano... Orrore! Non ci fu commensale che non rivedesse
il mangiato. Ric. Filomela e Procne che danno cotto il figlio Iti a Tereo (Ovidio Fasti) - Altro annedoto. Mio babbo
riceve una sera un gran rabuffo dal suo S.
r
padre sullo studiare, il serio contegno etc. etc. Per farselo passare va al
veglione, e c'incontra... lo stesso suo S.
r
genitore, mezzo ubbriaco, mascherato da turco, cioè con indosso una vecchia
veste da camera ed in capo un fez - e seguito da una folla di birichini cui offriva a dritta e sinistra tabacco. - Nonno
Carlo era per altro a tratti assai spiritoso, e assai generoso. Entrando D.
n
Carlo in una cena tutta di Donne (tenuta a
Stradella) disse “S' romp la regola?” (Reg[ola] in stradellino significa menstruo). Mio cugino Camillo si ricorda,
che essendo il nonno venuto a fare visita alla sua mamma e piangendo egli (Camillo) in sua presenza, perchè non gli si
voleva regalare uno schioppetto, nonno partì senza dire parola: ma il giorno dopo comparve a lui un servitore a recargli
il tanto desiderato schioppetto. - E una sera a Stradella, sulla porta del Teatro, l'impresario si lamentava con lui dello
scarso concorso. Che fa Don Carlo?... Si pone a gridare “denter chi voeur' che paghi mi” - In un momento il teatro fu
pieno - Un'altra sera invece, a chi usciva dal teatro gridò “chi voeur zenà, paghi mi”. - Gli tennero dietro una trentina di
baldracche. Si ebbe un'orgia. - D.
n
Carlo diceva di aver maritate le sue due sorelle Maria e Teresa a un Portarut
(pattumiera) perchè una s'era sposata a un nobile Della Porta di Milano, e l'altra a un nobile Rutta d'Oltrepò. - D.
n
Carlo,
dopo 25 anni di esiglio in Inghilterra Svizzera e Francia, tornò in Italia col più puro accento... pavese. La prima cosa che
disse: “steet bèn? coma vala?” - Morì pel troppo vino bevuto. L'ultima cosa che potè trangugiare fu il Bordeaux.
Morente, disse a sua moglie che comparve a rappacificarsi al letto di lui: “voo a mett su el ris...” - Nel ritratto, i suoi
eterni stivali, il suo scudiscio etc. - Regalò un busto modellato dallo scultore Abbondio Sangiorgio all'avv. Carlo
Marocco, per cui riebbe la sua sostanza contro la moglie, coll'iscrizione “Karolo Marocco - Forti egregie cordato viro -
Injuris ac Legum scientia - Domi Forisque Principi - Karolus Pisani Dossius - Patricius Ticinensis - Suarum Fortunarum
Vindici - Anno M.D.CCC.XXXX.IIII. -
2872. Nonna Luigia (n. il 14 maggio 1786 m. il [lacuna] 1867) figlia del Dottore G. Battista Milesi di Milano
(pàlai pot'ésan àlkimoi Milésioi) e della nobildonna Elena Viscontini, sposatasi il [lacuna] 1806 a Don Carlo Pisani
Dossi di Pavia. Era un misto d'incredulità e di superstizione. Studiava filosofia etc. e poi avea il coraggio di far
convertire Cecilia Tissot protestante, aja de' suoi figli, al cattolicismo. “La funzione, ella dice in una sua nota, avvenne a
Montecalvo fra il giubilo della popolazione”. (Sorr. della Tissot, vestita di bianco, fra lo scampanio etc. regali etc.)...
Tutti i libri appartenenti a lei riboccan di note, ma presso a un pensiero dei p sentimentali (stile Ildegonda, Pianto
Sospiri etc.) sta per esempio “spese per far coare le polle”... Fra gli annedoti che essa mi raccontava della sua vita è
quello della mano tagliata piena di anelli (Episodio della Rivoluzione dell'89) di cui ho usato nell'Alberto Pisani
(Isolina), è quello della sua fuga dal collegio francese in una corba di vimini, attaccata a un asinello - come pure
l'annedoto di un salame rubato da lei bambina e sua sorella Francesca (la Traversi) e da loro mangiato in un cesso a
mezza scala, affettandolo sul carello - Mi raccontava poi anche di un certo studente di Milano (Ottavio Guy) che le
faceva la corte, il quale, essendola un giorno venuta a visitare, le offerse, per ingraziarsela, “un salsiciotto” che si cavò
dal soprabito. - Nonna Luigia posava a volte in sentimentale, a volte in pedante. Diceva che la sua c... non puzzava.
Dicea che ella non avea mai fame, ma soltanto voglia di mangiare. Dicea che ogni buon Italiano dovea ogni anno
leggere almeno due volte la gramatica del Soave - Era ricca, e però non mancò mai d'adulatori. - A 60 anni, assistevano
spesso al suo coucher tre persone, cioè la cameriera, la S.
ra
Scotti già aja dei figli o la Signora Tacchini vecchia amica, e
Biancardi suo ragioniere. E mentr'ella si spogliava, Biancardi faceva “Che corpo, donna Luigia!” - sul che la Tacchini
“Ma te se conservet puranca ben, la mia Luisa!” - e la cameriera “la ghe da punt a ona giovina!” etc. etc. - App. alla
nonna, il Gaetano Biancardi amministr. di casa, segretario etc. Biancardi faceva anche da lettore. Nonna, mentr'egli
leggeva chiudeva gli occhi. Biancardi smorzava a poco a poco la voce fino a tacere. E la nonna allora, riaprendoli ad un
tratto: perchè ti fermi? va avanti! -
2874. a ufo da ex ufficio cioè per niente - intassata - essendo che tale espressione veniva messa sulle lettere
d'ufficio fra le varie magistrature - a bis effe dal doppio f. (F. F., fiat fiat) che i magistrati delle republiche italiane
scrivevano sotto le istanze, quando accordavano di gran cuore checchessia - letame, perchè fa lieti i campi - Madiesì, me
adiuvat Deus - Majale, porco castrato, detto così, perchè sagrificato a Maja, madre di Mercurio -
2875. Spropositi classici - O Cesare o Nicola dall'aut Caesar aut Nihil - per i pee per el cuu - dal nec
prope nec procul - Prete Giovanni, dal Prester Kan. - Porta delle Miserie (a Firenze) dall'iscrizione “oportet misereri” -
Così, tra gli errori di lezione dantesca cit. il “Che succedette a Nino e fu sua sposa” corrigendo in “che sugger dette a
Nino e fu sua sposa” - “Che al re Giovanni diede i ma' conforti” in “che al re giovane diede i ma' conforti” etc.
2876. Se alcune volte la necessità di rime fece trovare nuove e belle parole, o magnifiche frasi, spesso non fu
cagione che di stroppiar le parole es. ogna per ogni - ognore per ognora - leea per leena - commanno per comando -
crudero per crudele - minace per minaccioso - spene per speme etc. - i quali stroppiatamente, perchè antichi, furono
accuratamente registrati e illustrati dai compilatori dei dizionari classici, come bellezze di lingua.
2877. La novella 2ª, la 1 etc. del Novellino, come pure molte del Boccaccio tengono legami di assai stretta
parentela con le novelle Arabe delle Mille e una notti etc. etc.
2878. Tennyson, benchè non originalissimo e quindi non sommo, è pregevole, dove dimenticando la letteraria
scienza, parla col cuore. Il suo Enoch Arden, e la Dora fanno piangere. - Tennyson risente di Longfellow. - Noto fra le
sue belle frasi... “and lived a life of silent melancholy” - “The lawless science of our law” (parla della legislazione
inglese) - etc.
2884. Hominem pagina nostra sapit - (Martialis) - Intestazione ai R.U.
2889. Archimede - nudus opum, sed cui coelum terraeque paterent. (?) E ciò potrebbe dirsi di Gorini.
2904. Nessun grande miglioramento politico, nessuna grande riforma, vuoi legislativa, vuoi esecutiva non fu
mai iniziata in una contrada da' suoi reggitori (Buckle). Tutela dell'ordine - ecco il limite dei poteri governativi. Noi oggi
lavoriamo alle riforme, che saranno accettate di quì a secoli. Noi prepariamo i futuri ministri. Oggi si pensa il romanzo
che sarà scritto domani.
2909. Qualunque governo, se anche non retrogrado, è necessariamente stazionario nel progresso
contemporaneo. Gli statisti e i legislatori per la continuità delle loro occupazioni politiche, non avendo campo di
esaminare ogni nuova scoperta sono per necessità sempre indietro del loro secolo.
2911. I nostri vecchi artisti facevano spontaneamente dell'arte, non ne falsificavano. Essi la traevano dal cuore,
dove si accumulava a loro stessa insaputa. Noi invece la disarmadiamo dal magazzino del capo, dove ci sta accatastata.
Per cui, nella scettica Europa, vediamo i credenti edifizi dell'India, e nel golfo di Napoli sorge la casa olandese, e in
Germania il tempio greco. Lo studio ci ha rovinato il cuore.
2912. L'erudizione, spesso alimento all'ignoranza. Più si legge, meno si sa.
2913. Anticamente migliaja di Dei parevano pochi; oggidì uno è di troppo.
2914. Car. epoca presente. Alla venerazione verso il passato si sostituisce la speranza nell'avvenire. Antic
[amente] si ricordava di una età dell'oro, oggi la si predice.
2915. In ogni scienza, il miglior libro è quello che s'ha a fare: in arte, sono i già fatti da un pezzo.
2921. Nelli studi generali, che formano atrio ai particolari, ci si dovrebbero insegnare soltanto le ultime verità,
la scienza dei nostri padri non dei nonni, perchè quest'ultima appartiene all'archeologia, scienza a sè.
2927. Mamma incinta di me, preparò una folla di cuffiettine. Naqui. Non una riuscì sufficentemente larga al
mio testone - Io naqui, fuggendo con mamma gli Austriaci pochi dopo la rotta di Novara; naqui di 7 mesi, giallo per
l'itterizia. Il medico vedendo il mio testone mi sentenz malato e presto morto di idrocefalo. - Essendo poi cresciutello
(anni 5), e desiderando sempre di avere la roba altrui, anzi qualchevolta prendendomela, mamma mi diceva che la roba
degli altri non poteva diventar mia se non me l'avessero regalata. Ed io al fratellino Guido “fa te'” - dicevo. E Guido te' -
Sì ch'io, con tutta legalità ladro, pigliavomi allora la roba sua.
2928. Sant'Agostino, il santo dei bisticci, il secentista dei latini. I suoi libri sono una serie non interrotta di
sforzate antitesi. - Es. l'insaziabile sazietà, copiosa egestà, inimica amicizia, morte vitale etc. Nelle Confessioni egli
scimioteggia lo stile biblico. Noto, fra le metafore forzate, il “psalterium decem chordarum, decalogum tuum” - Ha però
molti bei pensieri.
2933. S. Agostino chiama il coito “agere negotium procurandi fructus mortis”.
2934. Sed ex amante alio accenditur alius (S. Ag.) CF. Dante Amor che a nullo amato amar perdona.
2936. (V. 2928) S. Agostino è tutto dubbi e spavento. È lo scienziato che cerca di rigettarsi nell'ignoranza per
riaquistare la pace.
2940. (V. 2929) Dio ha presenti i tre tempi - li legge tutti insieme. Dio è l'unione di essi tre tempi. Delle tre
lettere che formano il suo nome il D segnerebbe il passato, l'i il presente - l'o il futuro.
2941. Chi dice “ho obliato” dice “ricordo” (cioè ricordo di aver obliato) - come chi nega afferma, cioè afferma
di negare. - La Memoria rende il passato presente; la speranza rende presente il futuro.
2942. Tempi di transazione, è frase, per me, senza significato. Tutti i tempi sono di transazione, cioè di
passaggio da uno antecedente ad un altro susseguente, o, sono, in altre parole, tutti gradini di un'unica scala. - Ogni cosa
è principio e fine in una sol volta, ogni cosa è causa ed effetto a sè stessa.
2943. S. Agostino parla dei bimbi nelle Confessioni a pag. 4, 5, 6, 7-19, ediz. mia di Lipsia -Tratti d'um
[orismo] pag. 17.
2950. La stolidità ha nome ingenuità - la curiosità, desiderio di scienza etc. - E lo dicono dotto! la cui geografia
ha studiata in Strabone, la cui S[toria] Nat[urale] in Plinio, la cui St[oria] Pol[itica] in Cantù! -
2951. Fra molecola e molecola passa la distanza che passa fra stella e stella.
2952. Ogni parola che noi diciamo, giudicata secondo etimologia - è uno sproposito.
2953. Dell'occulta famigliarità tra l'armonia musicale e la bontà.
2955. Tra i grand'uomini da rivendicarsi, si presenta in prima linea Gerolamo Cardano milanese - medico e
filosofo illustre - e letterato (1509-1576) - Qui vixit annos LXXVI, dice il suo epitafio, sibi diu, aliis numquam satis; -
che scrisse più che non lesse e insegnò più che non apprese. - Di lui medico fu scritto anche che giovò alla futura e alla
sua età. “Felix qui semper venturo profuit aevo - Aetati at numquam defuit ipse suae”. - Curiosissima, anche dal lato
letterario, è la sua autobiografia - come pure assai interessanti i voluminosi suoi scritti. Utile sarebbe anche un raffr
[onto] tra lui ed Erasmo. Notare tra le curiosità che Cardano, essendo dotto davvero, pure alleava sempre la sua
dottrina alla ciarlataneria. - V. dove dice che un odore di molti cerei, gli pronosticava sempre la morte del malato etc.
2956. Nelle opere di Cardano, si trovano molte frasi efficaci. Es. Et desii pauper esse, nam nil mihi relictum
est. - qua diligo solitudinem, numquam enim magis sum cum his quos vehementer diligo quam cum solus sum -
Replentur bibliothecae libris, animae eruditione spoliantur. Transcribunt, non scribunt - Inventiones enim debentur
tranquillitati et quieti ac stabili cogitationi necnon experientiae, quae omnia sunt solitudinis - Scire tuum nihil est, nisi te
scire hoc sciat alter.
2963. Molti rinunciano alla virtù per mantenersi la riputazione della virtù - Tutti ne parlano bene: brutto segno:
tra i tutti sono i molti bricconi. -
2973. Alla vita di alcuni, solo alimento è l'altrui. Distruggi il tizzone, distruggerai Meleagro.
2976. Il piacere e il dolore risiedono nell'incostanza, ossia nel continuo cangiare delle cause di esso. - Hai un
esempio del secondo nella cosidetta “quaresima di Galeazzo”, quaranta giorni di quaranta diversi tormenti. - L'abitudine
tutto uccide.
2985. Apulei metamorphoseon favola milesia - (epoca di Antonino Pio). Apulejo è un mezzo umorista - Nato
in epoca di decadenza di lingua - come dicono i pedanti - inventa anche lui parole etc., ma l'apparente trascurataggine
del suo sermone è frutto invece di lunghi studi. - Il suo stile somiglia a quello di Petronio. Come la gravità del sermone
latino mal s'attagliasse alla elasticità umoristica. Per quanto Apulejo e Petronio cerchino di galanteggiare colla lor lingua
- questa lor non accorda che una mezza confidenza. Fra gli episodi umoristici - cit. quello di Lucio che arriva ad Ipazia
(in Tessalia) va al mercato e compera un cestello di pesci cui gli si domandò 100 aurei (?) e pagò 20 denari. Ma trova un
amico che è l'edile di quel mercato, il quale sentito il prezzo del cestello, va sulle furie, lo trae in vicolo dimandandogli
qual'era il pescatore e dicendo di voler dare un esempio. Sul che fa rovesciare il cestello in mezzo alla piazza e
calpestare i pesci da un officiale di giustizia, aggiungendo che questo esempio basta. Così il povero Lucio rimane
nummis simul privatus et coena (Lib. I) - Comicissimo nel libro il racconto di Telefron che cura il morto - bello il
terzo libro in cui Lucio è cangiato in asino - bellissima la favola di Psiche (IV e V libro) ma niente um[oristic]a. - “Erant
in quadam civitate res et regina” etc. è il solito principio dei racconti pei bimbi. - Molte fiabe e contes des fées furono
tolte da Apul[ejo] e spec. dal libro di Psiche - Dove poi Lucio riaquista forma umana, preferisco il racconto greco
attribuito a Luciano specialmente nella filosofica chiusa. Quì Apulejo si perde invece in decrizioni di sagrifici etc. Si
direbbe che Lucio comincia a diventar asino quando ne perde le forme. - Il libro XI val nulla. - Notisi, circa l'edizione
Parisis apud Leonard 1688, ad usum Delphini, in cui sono tolte le obscaena (per essere però messe in fine del libro tutte
insieme) che vi si sono lasciati di passi tali ac per hoc rarissime Venerem meam recolentem sustineo” colla nota
nell'Interpretatio “proptereaque (parlasi di un morto di morbo articolare) rarissime arantem meum fundum” (St. di
Psiche Lib. V. pag. 149).
2986. Es. di Umor[ismo] in Apulejo - Nostine Milonem quemdam e primoribus? Arrisit. Et vere, inquit, istic
primus perhibetur Milo, qui extra urbem et pomoerium colit. -
2987. Legenda eius esse nunc ossa, mox carmina - potius letum abire quam lectum - potius implere Fata quam
fanda - calembourgs di pessimo gusto che si trovano nella Florida di Apulejo (XVI).
2990. Antichi sistemi di educazione e di istruzione. I moduli del sillogismo quos memoriae juvandae causa
fictitiis vocibus experiunt in scholis. - La prima formola del sillogismo ne avea 9. - Barbara, Celarent, Darii, Ferio,
Baralipton - Celantes, Dubitis, Fapesmo, Frixomorum - La 2ª ne avea 4 - Cesare, Camestres, Festino, Baroco - La 3ª, 6.
Felapton, Darapti, Disamis, Datisi, Bocardo, Ferison -
3006. In Achille Tazio (Amori di Ctesifonte e Leucippi, Lògos B) - si parla di un vaso di vetro jalino (tra il
verde e il giallo, yalos;) scolpito a grappoli, i quali, essendo il vaso vuoto, sembravano acerbi; e pieno il vaso di vino,
parevano maturi.
3007. ber baci - sign. bere nel bicchiere dell'amata al posto dove l'amata bevette - È frase da porre nel mio
progettato dizionario per uso d'amore - o manuale d'amore, dove vorrei apprendere artisticamente agli amanti le tacite e
gentili dichiarazioni etc.
3008. La stagione bianca (l'inverno) - la verde (la primavera) - la rossa (l'estate) - la gialla (l'autunno).
3009. L'unica maniera di vincere al lotto è di... non metterci.
3010. Vi ha molta somiglianza tra la critica anedottica di Th. Gautier (p. es. nei Grotesques) e quella del
Camerini - a differenza della critica a grandi segni di Rovani e di Schiller.
3011. Boileau, il pedante pedagogo di Parnaso.
3014. Imp[ortanza] di Callot nell'Umorismo - Le aque forti scandalose di Rembrandt - L'umorismo è la fusione
della tragedia colla comedia -
3015. Le condizioni della cosidetta immortalità in letteratura sono - aver pregi comprensibili a tutti, e quindi
un'apparenza di mediocrità, affine di ottenere la fama presente spesso portinaja alla futura, perchè provocatrice
dell'attenzione dei venturi: avere però, per conservarsela, anche pregi intimi - comprensibili a pochi.
3025. Tale a 70 anni fabbricò in luogo appartatissimo una casetta a due sole stanze, una terrena, l'altra sup
[eriore], colla iscrizione “Morituro satis”.
3027. Le favole milesie (romanzi dell'antichità) sono tutte fuse in un sol stampo. In tutte due amanti - una fuga -
un viaggio o per mare con pirati o per terra con ladroni - un forzato distacco - un amante di quì, l'altro di - ...e una
riunione finale - quando le comedie e i romanzi erano zeppi di pirati... -
3030. In Tazio si trovano ingegnosi pensieri in fatto di amore. La favola però, tutta insieme, è scucita. È un
pretesto alle descrizioni, che Tazio v'incastra, talvolta a viva forza.
3031. La “Vita nuova” di Dante fu evidentemente figliata dal libro “della consolazione” di Boezio. - Es.
l'alternarsi della prosa col verso di cui l'uno dichiara l'altro, certi modi di dire come “sospitatis auctor” “l'autore della
pietà” etc.... nam in omni adversitate fortunae, infelicissimum est genus infortuni etc. CFR. non c'è maggior dolore che
ricordarsi etc. di Dante.
3033. La felicità, la beatitudine (che fanno il summum bonum) sta nel saper contentarsi dello stato in cui ci
troviamo - e però le bestie debbono essere felicissime che non cercano mai di uscire dal loro. - Altri dice che la felicità
stia nel desiderio e che chi l'uccide, sia la soddisfazione di esso desiderio.
3038. El Massariol, spirito domestico veneto che fa i dispetti, è simile al Puck diavoletto inglese (Vedi Sh
[akespeare], Sogno di una notte di estate) - ed è l'italiano “dispettino”.
3039. Meno si pensa e più si scrive. Uno che lesse moltissimo deve avere pochissimo pensato.
3040. Es. di versi per nozze - Ti sia ognor propizio il dolce Imene - col tuo sposo felice e senza pene.
3041.“Io sono io”- fu l'ultima frase pronunciata da Swift, pazzo, e sul letto di morte. - Ed è il vero motto
all'impresa dell'originalità.
3046. Th. Gauthier nei Grotesques dice che i poeti di second'ordine sono più originali di quelli di primo - La
sua asserzione parmi confutabilissima.
3047. Goethe e Schiller aveano ripugnanza per Richter. Difatti i primi erano i rappresentanti di letterature che
si chiudevano, e Richter quello di una che si apriva. “Ich kam - scrive Richter a Otto - mit Scheu zu Göthe. Jeder malte
ihn ganz kalt fur alle Menschen und Sachen auf der Erde. Die Kalb (l'ispiratrice di Schiller) sagte: er bewundert nichts
mehr, nicht einmal sich; jedes Wort sei Eis” ecc. Vedi v. 34 op. di Jean Paul mia ediz. pag. 166. - Così sull'Um[orismo].
V. Richter T. 34 Pag. 118 nella sua lettera a Vogel, Maggio 1783. -
3048. Et[imologie] Dio CF. Diòs; , giorno. - Dio, l'eterno oggi - ars, artis, quasi areté virtus - ptòma, caduta
CF. milanese toma. - Giove e Danae, Danae quasi danajo, danati, danee -
3049. dupl. Bacone di Verulamio dice che ciascuno deve a questo mondo far cose cioè “piantare un albero,
fabricare una casa, generare un uomo e scrivere un libro” - al che il mio amico aggiunge una quinta far debiti”
avvertendo però di non pagarli, affine di non disfare l'opera propria.
3050. Dite sempre di sì a ciò che vogliono gli altri, affine di poter sempre fare a modo vostro.
3052. Descriz. di una donna avara (Maggi C. M. comedie in mil.) La numera alla serva a vuna a vuna - fina i
grann di ughett e fina i capper - (e ai servi) el formai che ghe vanza di trappol. - Del pess che s'mangia la fà guarnà i
resch - de fa stecch e fa oeuli de brusà - Coi penn, scendra e carisna che se fà - la tra insemma el salari della serva - Del
cervellaa la rostì el buell - per regalà el tinell - e al servitor l'ingrassa el pignattin - cont el sev che se sgria di tollin. -
La fa poeu bev un vin che malanaggia - ch'el colorissa el stopporon del fiasch - e la soa fortuna l'è che nol smaggia - La
leva su innanz di - e per consciass el coo - l'è ona sponga o una scheja de savon - denanz on ciapp de spegg. - Il suo
maggior dolore è quello di andar del corpo e per l'avarizia e la stitichezza - E col dì sorge a meditar penuria -
3063. Epigrafe su una cassettina che conteneva dadi d'avorio “Haec est humanae semper mutatio sortis - Fit
moriens ludus qui fuit ante pavor” - (Anth. lat.) Si può usare per epigrafe alla bizz[aria] int. la morte del diavolo. Vedi
Libro delle bizz. del Dossi.
3068. Aretino amava non riamato una Pierina Riccia - da lui tolta alla miseria. Essa ammala, ed egli a forza di
cure, la fa guarire. - Ma guarita, Pierina fugge con un altro amante. Ritorna dall'Aretino dopo tre anni - egli non solo la
perdona, ma ricomincia ad amarla. Pierina si riammala e gli spira fra le braccia. - Un anno dopo egli la deplora ancora; e
presso a morte, dice “l'ho amata, l'amo, e l'amerò finchè la sentenza del dì novissimo giudicherà la vanità nostra”.
3069. Enrico III di Francia - paurosissimo, durante i temporali si facea dare clisteri di aqua benedetta per
aquietar la coscienza -
3071 - Chi ricoreggie un frutto della propria imaginazione spesso lo guasta. V. ad es. Tommaseo nelle sue
poesie e spec. in quella “per giovane sposa che va al Brasile” dove muta gli “odi cortesi” in “odi freddi”.
3075. Redi insegnò agli uomini di temere più le medicine che i mali.
3077. La menzogna non può esser contenuta se non in un vaso di verità - La stessa menzogna è un omaggio alla
verità, perchè tanto è migliore quanto più è verosimile. - CF. Per tener su la volta della menzogna ci vuol pure qua e
qualche colonna di verità (Richter).
3079. Parny - stile-empire. Rappresenta la perfetta mediocrità. Buono è però nelle elegie. - Nella Guerre des
Dieux rovinò il bellissimo tema, più che non gli abbia giovato. -
3080. Enea trojano fu detto per eccellenza il Pio, e tradì Didone!
3083. L'ideale amante delle fanciulle è spesso tolto da qualche brutta litografia di “Spirito Folletto”.
3086. Il rispetto pei becchi è schifo dissimulato - ...è schifo simulato di rispetto.
3087. Tutto si perdona, fuorchè il non aver cuore. Chi non l'ha, se lo inventi. - Dicea la Maria mia cugina.
Cuore io? Te se sbaliet. ghe n'hoo propri no, de sti robb. A me importa de nissun, foeura de mì. Se foo ona quai
azion che par bonna, l'è perchè gh'avaroo i mè riveriti perchè... o i me fin.
3089. Quella vecchia, dopo 70 anni, leggeva ancora quel libro di preghiere e non lo sapeva ancora a
memoria!... Del resto, che v'ha di più assurdo di una preghiera che si legge? -
3091. Res auferre sacras et consecrare rapinas - Testantia furtum dona (Anth. lat.) - Descriz. del cortile
dell'Ospedale Maggiore al tempo dell'esposizione dei ritratti dei benefattori. È un ergastolo di faccie. L'avarizia e
l'arsura, il delitto e il rimorso si alternano per quei ritratti - Scelus undique densum est. - Sono tanti appicati in effigie.
3094. Foscolo non umorista. - Il suo “Gazzettino del bel mondo” scritto senza pre-meditazione, tolto dal
calamajo man mano; è anch'esso tutto impedantito da citazioni etc. - è il galanteggiare di un elefante. - La splendida bile
di Foscolo, già preannunciata dal suo nome, fòs, luce e chòlos, bile. -
3095. Il cavaliere servente a scelta della madre o della suocera, si trovano spesso compresi nei patti nuziali del
1780 etc. -
3097. St. d. Um. I poeti comici primi insegnarono a ridere anche delle cose serie. La satira la dicono ignota ai
Greci? ma e Aristofane? La satira non essenziale all'um. - Il poeta comico è il deputato del popolo. Si trova um. nel
servo delle comedie antiche, benchè sia un um. che spesso cade nel comico - L'um. è il trait-d'union tra il comico del
servo e il tragico del padrone nelle comedie. - L'umorismo è la borghesia - è la lett. democratica. - Dell'Um. in Ispagna
“dejando los disparates - y los de vano humor” (L. de Vega). Perchè in Ispagna l'um. non potè prosperare etc. “El
gracioso” della comedia spagn. - il buffone.
3099. Lo que no puede amor - no puede hacer el dinero (L. de Vega). Eppure conosco il caso di una fanciulla
che non amava tale, e poi cominciò ad amare sapendolo ricco, e questo amore, per l'abitudine, passò presto dal cervello
al cuore, e continuò anzi si fece più forte, quando l'amato per un subitaneo rovescio di fortuna impoverì. - No hay señal -
de amor mayor que negarlo (L. de Vega).
3102. El mal que mas presto se sabe - mas presto llega a ser mal (L. de Vega). E ciò può dirsi delle notizie
telegrafiche.
3105. Rana coaxat - tigrides raccant - clangunt aquilae - il gufo bubula - l'innito del cavallo etc.
3106. Mommsen (St. Rom. Cap. sull'Arte) nega agli italiani la passione del cuore, nega le aspirazioni a un
ideale sopraumano e nega l'imaginazione che dà alle cose senza vita gli attributi dell'umanità - in una parola, nega loro il
fuoco sacro della Poesia. Mommsen dice che gli Italiani in nessuna epoca della loro letteratura produssero una vera
epopea, un dramma serio e completo, dice che la comedia Dantesca, i capi d'opera storici di Macchiavelli sono opere
più di retorica che di ingenua passione etc. etc. Questo capitolo dell'Arte è una solenne stoltaggine. - Mommsen
l'antiartistico voler parlare di arte!
3107. Chi accusa Manzoni di non aver congiurato anche politicamente in favore del proprio paese, si dia la
pena (o dirò meglio il piacere) di leggere il suo “Discorso storico sui Longobardi” - dove prova che una lunga
dominazione non può fare un sol popolo di uno oppressore e uno oppresso. - È la condanna dell'Italia austriaca sognata
dai politici dominatori. - Ricchissimo è poi il discorso di preziose osservazioni sul modo di scrivere la storia ed è pur
ricco dal lato oss[ervazione] um[ana] - ...“Tale non è lo stile della persuasione che viene dopo una curiosità sincera,
dopo un dubbio ponderatore, dopo un esame accurato. Questo fa trovare nelle cose un carattere particolare che
s'imprime naturalmente nelle parole: la verità storica non va a collocarsi in quelle generalità tanto meno significanti
quanto più ampie, che sono così spesso il mezzo di comunicazione tra il poco bisogno di spiegarsi e il poco bisogno
d'intendere”. (Manz. discorso stor.).
3112. Lope de Vega (1562-1635), fu autore fecondissimo. Scrisse 1500 comedie e 400 actes sacramentales. -
Nelle sue com. molti tratti d'umore - In una sua com. (che credo sia Los milagros del desprecio) sulla fine, quando i se
sposa, Leonor (la serva) dice: Tuya soy, Hernando mio - e Hern. (valletto di D. Pedro) Advierte que no hay braguero. -
Altro finale di comedia, nel premio de bien hablar è questo. Dice Martino - A mis bodas, caballeros - convido para
mañana - Si no es que antes me arrepiento.
3115. Las bizarrías de Belisa e Las flores de Don Juan sono due fra le comedie di Vega ch'io preferisco alle
altre. Nella prima, notabile è la scena 3ª del I° atto, tra Don Juan de Cardona e Tello, dove si parla di donne e d'amore. -
Que donde zelos no soplan - nunca amor alza la llama - (Lo que ha de ser com. di Vega).
3116. I gerghi sono importantissimi nella filologia comparata - e spec. fra i gerghi la lingua furfantina - come
pure sono importanti nella psicologia - I gerghi ci offrono poi metafore pittoriche, aned. storici etc. etc. Es.: la dannosa
(lingua) - la muta (coscienza) - la salsa (anima) - la larga a leah whore (Sh. Tempest) (meretrice) - creapopoli (pene)
o mundus (qui ducit mundum) - mercante di fiato (spia) - collegio (prigione) - Barbetta (cappuccino) - Ala (braccio) -
smontar il colore (uccidere) - far sudare il collo (strangolare) - guarito dalla prigione (uscito) - Apostoli (dita) -
mattina brusca (la mattina dell'impiccatura) - boulet à guerre (popone) - bouffarde (pipa) - bavarde (bocca) - monili
(manette) - Mademoiselle (sodomita) - fauché (ghigliottinato) - faire flotter (annegare) - crucifix à ressort (pistola) -
allungare il muso (fuggire) - allungare la vita (esser appiccato) - il luminoso (giorno) - la fangosa (anguilla) - la
serpentina (lingua) - i raspanti (polli) - chiodo (coltello) - fio de quaranta ongie (ven., bastardo, briccone) - la bruna
(notte) - a mezza bruna (a mezza notte) - occhio al scalin (parla cautamente) - Langohr (asino) - leben (pane) - arton
(pane, dal greco) - Steinhaufen (città) - i devoti (ginocchi) - Plattfuss (oca) - Schlangen (catena) - Pillen trägerin (donna
gravida) - Nacht (nero) - pesare (dar la corda), - etc. etc. etc. V. gli incompletissimi Studi sulle lingue furbesche di
Biondelli, colle mie note ms.
3117. Il denaro in gergo è chiamato - tollitt - manteca - pessitt - el quint element - ciovitt - formaggio - giallo -
i miei - parenti - mitraglia (monete di rame) - balsamo - balsem de medegà i piagh etc. etc. V. ut sup.
3118. Nelle Note Umorist. di letteratura alta e bassa (V. 2240) aggiungere un capitolo sui titoli dei libri, in
rapporto alla moda, e al contenuto dei libri stessi.
3119. Fortunato quello scrittor di romanzi, che, come Manzoni, ha lì sottomano sulla fine del suo libro, una
buona peste che lo sbarazza de' suoi personaggi! La solita fine d'ogni romanzo e d'ogni vita è la morte, o quanto torna lo
stesso, il matrimonio -
3120. Di molte nostre abitudini ci pare impossibile far senza, e però non tentiamo neppur di lasciarle...
Lasciamole - e ne faremo senza benissimo. -
3121. E questa buja musica la chiami serenata? Dilla almeno senza stelle; dilla piuttosto nuvolata.
3124. installatio, in un publico impiego. CF. con stalla, mangiatoia etc. - diàbolos, calunniatore, accusatore.
Dall'accusa si ha la luce, donde Luci-fer -
3125. Prima di Cristo, non incontro nella letteratura della antichità un carattere che segni la domestica umile
bontà. Non dico che bontà non si trovi - ma è tutta bontà superbissima.
3131. Il verso può spesso dire in tempi di tirannia, quanto alla prosa è inibito.
3132. R.U. La Marchesa Guerrieri Gonzaga è una vecchia dell'antico stampo. Si offende di chi le usa troppi
riguardi, quasi volesse trattarla da nonna e gli dice “non son decrepita, ve'” - Chiama il dottore per fargli vedere le sue
tolette che le vengono mensilmente da Parigi. Sta delle ore ad acconciarsi la cuffia allo specchio, e vuole che il cuoco le
tenga intanto disteso dietro le spalle uno scialle bianco e nero per far spiccare meglio la cuffia... Poichè il cuoco è la sua
confidente e la sua cameriera. È lui che le scalda il letto, che la spoglia e la veste, che le dà i serviziali etc.
3133. Di un morto, messo in bara - dice a p[ress'] a p[oco] Richter, “s'imbozzolò, aspettando di diventare
farfalla” (CF. l'angelica farfalla di Platone e di Dante).
3134. Della vita, metà è di desiderio, e metà d'insoddisfazione. La vita è una atroce burletta.
3135. Um[orismo]. Vedi sparsim in Apulejo - per es. dove il banditore, vendendo Lucio con altri asini,
spiritoseggia (L. VIII). Cui il vecchio che vuol comprarne uno per imporre sul dorso di lui la Dea Syria, dice: At te,
cadaver surdum et mutum, omnipotens et omniparens Dea Syria et Sanctus Sabatius et Bellona et mater Idaea cum suo
Adone Venus domina caecum reddant; qui scurrilibus iam dudum contra me velitaris jocis. An me putas, inepte, jumento
fero posse deam committere, ut turbatum repente divinum deijciat simulacrum, egoque miser cogar crinibus dissolutis
discurrere et Deae meae humi jacenti aliquem medicum quaerere? - A Lucio asino s'impongono poi, insieme alla Dea,
sacchi pieni di doni-comestibili fatti alla Dea “ut horreum simul et templum incederem”. - Nota anche negli scritt. umor.
in generale l'irreligiosità. - Sed Apollus, quamquam Graecus et Jonius, sic latina voce respondit. -
3136. Nelle umane contradizioni, nota di molti spregiudicatissimi in fatto di religione etc. eppure pieni di
meschini pregiudizi in fatto di superstizioni che farebbero arrossire una donniciuola - ...era pieno di pregiudizi e
d'incredulità: rideva della divinità di Cristo; impallidiva al sale rovesciato. - Avrebbe ucciso senza rimorso un uomo;
sveniva alla vista di un topo.
3137. Ippia sofista, a quanto pare ignorante dei vantaggi della divisione del lavoro, s'era posto in capo di
fabricarsi tutti lui gli oggetti necessari alla sua vita - come vesti - mobili etc. etc.
3138. Cui videbor verisimilia dicere proferens vera? (Apulejo) - Così dice Lucio, che sta per dire bugie. Nota
che è dei bugiardi la continua dichiarazione anzi il giuramento di dir verità - Vedere Es. nella vera istoria, di Luciano
etc.
3139. L'Ospedale. Il medico ordina medicine su medicine al povero ammalato per arricchire l'alleato speziale.
Il tempo manca a pigliarne tante. Le polveri seguon le pillole, i beveraggi le polveri. Fortuna che il cesso ajuta il malato.
Eppure, con molta minor spesa si potrebbe giovare assai p agli infelici - cangiando in cucina la spezieria, e in buon
brodo e buon vino le nauseanti bevande. Aggiungi la villania di modi nei medici per carità, che, in loro, è on obblegh
meneman come l'uffizi etc. e poi vedi quanto i nostri ospedali o case di malattia siano lontane dall'esssere case di salute.
3140. I dottori in carta comune e i dottori in carta pecorina.
3145. Una ragazza in una festina da ballo, indossa per gioco le vesti di un giovane. Tornata a casa le si
manifesta nelle parti cosidette vergognose, una malattia, che ella, per pudore, cela alla madre. Ma il male aumenta ed
ella deve scoprirsi - Sgraziatamente, non è più tempo ai rimedi. La ragazza muore, vergine - di peste venerea. Chè il
giovane di cui ella avea indossato le vesti, era affetto dal male che disonora l'amore.
3146. Un legger cambiamento nell'angolo faciale può fare di un Voltaire un Cretino.
3148. Solo a cento leghe d'Italia, un italiano può simpatizzare con un altro italiano.
3149. hacer de los ojos lengua - snuffing the air as a pig - afrodisiaco tumulto di sangue - l'estate del focolare
(inverno) - la luna, il luogo d'appuntamento tra gli amanti lontani - teglie e padelle appiccate per un orecchio - il
formaggio, il salame e simili sproni al bere - morire longitudinalmente (appiccato) invece che orizontalmente - can
terrigno (terrier, terrarius) - le remipedi anitre - vale bene, ut valeam -
3150. L'uomo è felice quando non pensa - felice quindi nel sonno - e felicissimo in morte. La donna pensando
meno dell'uomo dovrebbe essere meno infelice.
3151. Non credo possibile un'amicizia od un amore fra persone di troppo differente statura. Amicizia spec.
nasce spesso e si nutre dalla conversazione, la quale ama il passeggio (che la filosofia peripatetica raccomanda dicendo
che [il] moto dei piedi, muove anche il cervello) v'ha buona e simpatica conversazione se non se tra chi può ben
guardarsi negli occhi. Il che riesce quasi impossibile fra un nano e un gigante - come riescirebbe, d'altra parte, l'amicizia
impossibile fra un nano di animo e un gigante. -
3152. Si vedono mamme insegnare l'educazione ai figli a forza di schiaffi e piedate - affinchè, dicono loro,
questo lor ricordi l'insegnamento.
3154. Io mi sento troppo debole per lottare contro l'avversa corrente del mondo e troppo forte per
abbandonarmivisi. - Su questa terra, io non son più che un dente guasto: è necessario strapparmi - Amo i miti affetti; il
calmo amore dell'amicizia e dei genitori. Tutto il resto è tormento. - Me in amore uccide tanto il desiderio, quanto
ucciderebbe la soddisfazione.
3158. Gorgueran, spag. chi porta gorgera CF. il nostro mil. gorgoran, per sciocco - minna, spicco - minne,
amor, ardor furor - bella vista, miene etc. - follicare, lat., soffiettare, sbuffar come un soffietto.
3159. Molti cominciano a fare l'amore per scherzo, e finiscono a innamorarsi davvero - E così è dell'amor per
le Muse.
3160. Non si può studiare e scrivere bene nello stesso tempo, come non si può mangiare e andar di corpo
contemporaneamente. Si mangia male e si caca peggio.
3161. Continuamente nascono i fatti a confusione delle teorie.
3162. Non c'è bagno per quanto a vita che basti a lavare la sudicia umanità.
3163. Aleardi e Leopardi sono due serbatoi di perpetua infelicità - Carducci crede di esser poeta e non è che un
gramatico.
3164. gh'è toccaa fà el volontari. - Ingannata, non piango, pianto.
3165. La casa è la conchiglia dove si agglutina la perla dell'onestà.
3166. Nessuno mi ama? Ebbene, io mi vendico amando tutti.
3167. Nel congresso degli asini, il leone non è la bestia la meglio accetta.
3168. Era ammalatissimo. Si temeva della sua vita. - Ma e che temere? Non è un povero padre con mezza
dozzina di figli da mantenere, nè il reggitore di un paese, il segreto benefattore di migliaja di miseri. - È una persona
inutile - e temete che muoja? -
3169. Cascami dell'imaginaz. del Dossi - ...La principessa era vecchia; ella avea già rinunziato ai rosei peccati
o a meglio dire i peccati aveano rinunziato a lei; e però non si poteva neppur sospettare che tutta sta gente, giovine per la
più parte, e rompicolla, si riunisse ogni sera da lei all'unico scopo di starsi intorno ad uno spento camino... - Maledetta
magia del nome di giocatore, massime se di perdente! Uno che abbia perduto in una sera al tavolo scellerato un migliajo
di lire, è guardato con maggiore interesse di chi ne abbia spese in un una ventina utilmente. Con mille in tasca di
meno ci si trova con mille di più nella stima dei nostri sori compagni. (Dai R.U. Desinenza in A. P. 3ª).
3170. Ipocrisie linguistiche. Debito d'onore (o di gioco) dove onore non c'è -
3172. Nella nobiltà, le senescenti famiglie muojono spesso per isdegnare l'innesto colle nuove.
3173. Uxor, nomen dignitatis est, non voluptatis. - Teneva la moglie come certi bibliofili tengono i libri - senza
toccarli.
3174. Tiene un culo sì bello, che non gli manca se non la parola. -
3175. La mediocrità nelle fortune impedisce spesso di migliorarle. Io per es., fortunatamente ne ho tanto da
potere non lavorare, ma sgraziatamente anche da non dovere. Io, per diventar ricco, avrei bisogno di esserne astretto
dalla miseria. - O mediocrità, quanto poco sei aurea!
3176. Era una casa in cui si andava molto di corpo - a me basta pane e allegria - Non era di quelle che
mangiano pane e toelette -
3178. Erano in marsina e cravatta bianca - Si sarebbero presi per camerieri se avessero avuto un po' più del
signore. - gli “estratt de tutta ciolla” (mil.).
3179. (V. 2348. R.U. L. X) La Matta Biraga.
3180. ...idee trovate nella filosofia, abbellite dalla poesia. - La gloria è spesso mangiata dalle tarme. - Le freccie
avvelenate di Cupido. - Dall'oriente il Sole e la peste.
3181. In molti luoghi, l'infima plebe, usava adoperare il boja qual medico. Noi, dell'alta plebe, facciamo
appunto il rovescio.
3184. Piace di mirare la luna, imaginando l'amante che vi guarda nel medesimo tempo, come piace a guardare
lo specchio che riflette col nostro un amato sembiante.
3185. Epit[afio] di una fanciulla - bottone di rosa, tolto alla terra perchè fiorisca nel cielo.
3188. Il baciamano - uso nauseante italiano e spagnolo. La candida mano della dama baciata dalle tabaccose
labbra del pedagogo di casa etc. etc.
3189. Ma e il tuo Carlo? - Ecchè! non posso forse amare anche lui? Cil cuore, e c'è il ventre. A ciascuno il
suo amante. Carlo poi è servitore: è abituato alle vesti ed ai cibi di seconda mano... (Dalla Des. in A. P. II).
3191. Differiscono le bestie dagli uomini anche nel modo di mangiare, cominciando quelle, tra molti cibi, dal
cibo che loro più piace, mentre gli uomini si tengono questo appunto per l'ultimo. Or non sono le bestie, colla loro non
ragione, assai più di noi ragionevoli?
3192. Gli Snobismi. - Oh quante, che in famiglia sono le più simpatiche, le più disinvolte donnine, ti diventano
in società odiosissime colle loro arie imprestate, la loro moue, il loro gergo, i loro sentimenti imparati a memoria!
3195. Uno stato per sostenersi temporaneamente lavora spesso alla propria futura distruzione. Es. l'Inghilterra,
ultimo asilo della feudalità, che per guarentirsi dalla Russia, vi suscita a sue spese quel movimento internazionalista, che
dovrà poi inghiottirla.
3196. Nella vita di Gorini fare il raffronto con Redi - a proposito della Scienza scritta con Arte.
3197. I denari non gli escono di mano se non sbiaditi - Crede di tenermi sempre soddisfatto col darmi mai nulla
-
3198. Fòloe - Eble - Silvia - Odda - Norina - Balduccia - Aura - Amora - Irma - Imma - Beroe - Griselda -
Leonetta - Tamiri - Càrite - Tilla - Nanna - Enrica - Follia - Zambra - Lidia - Luce - Tacita - Iblea - Giuliotta - Mea -
Paggetta - Flavia - Fulvia - Bigetta - Adriana - Flàmen -
3199 - (dupl.) Della vendemmia Manzoniana, schiacciata dall'uva di Foscolo, Alfieri, Monti, Parini etc. il
primo vino è fatto (Manzoni) - e così anche il torchiatico (Rovani). Non resta più che a stillarne i graspi e farne la
grappa (Dossi).
3200. V. di Richter sparsim. In Richter trovo i pensieri dei pensieri. Il suo è uno spirito, che come la gallina
vede l'aquila in cielo e il verme nel suolo. - Tuttavia, benchè profondissimo per filosofia - è poco artista, cioè poco
grafico, poco pittorico - tutto al contrario di Rovani, il quale, special[mente] nel Giulio Cesare, sagrifica a volte il
filosofico al grafico. Ma Rovani è anima italiana - e Richter germanica. - Nelle prime cose di Jean Paul, spec. nel
Grölandische Processe, vi ha un accumulamento tale di imagini e di idee, da dare, almeno ai nostri stomacucci, nausea.
Certa e buona promessa è però sempre quel giovane autore in cui si trova più da tòrre che da aggiungere - Richter
insegnò agli amanti come amare si debba, ed agli scrittori come pensare. Chi leggendo Jean Paul, non trovasi ingegno -
non se ne troverà più mai. -
3201. Le critiche di Rovani uccidevano, ma imbalsamavano anche - per sempre.
3203. “Difficile est satiram non scribere”. Io scrivo satire, dicea Jean Paul per migliorare, non gli altri, ma me
stesso - almeno nello stile. - Sulla satira di Pope e di Swift V. Richter, Vol. 9, pag. 129-130.
3210. Si può dire di Richter e di molti umoristici: in Menschen seiner Art haben Kummer, Satire und
Philosophie neben einander Platz (id). Un umorista descrive piuttosto lui stesso che i suoi eroi. - Richter ne è un
esempio benché dicesse parlando dei poeti del suo tempo “unsere Dichter malen nie ihre Helden, sondern nur sich”.
3211. Nessuno, neppure Balzac, conobbe le donne meglio di Richter. - Die Weiber sich nach dem 30
sten
Jahr
wie Reliquen, für älter ausgeben als sie sind. (J. P.) - Die Männer bereiten sich auf ihre Zukunft durch lauter
Abhärtungen vor, und nur wir uns (Weiber) durch lauter Erweichungen - Genialische Weiber unglaubig sind wie
genialische Männer glaubig (J. P.).
3231. Richter spesso dipinge stesso - er sah unsere Thorheiten mit einem vergebenden Auge, mit
humoristischen Phantasien und mit dem ewigen Gedanken an die allgemeine Menschennarrheit (id.).
3232. Eine allgemeine Verstellung keine ist (id.) - Che dove tucc ingannen no ghè ingann (C. M. Maggi).
3234. Das Mann-Weib (J. P. Titan 19 Jobelperiode vol. 2 pag. 110). Conf. l'homme-femme di Dumas.
3246. Richter è frammentario,come lo sono spesso gli Umoristi. L'Espero p. es. non è che una raccolta di
massim filosofiche e di capricci, incorniciata in un romanzo. Del resto, il troppo interesse della favola nuocerebbe alla
stoffa umoristica del libro: esso farebbe sorvolare senza attenzione a tanti utili insegnamenti, a tante imagini ingegnose
etc. - In certe descrizioni di notti stellate etc. (Es[pero] Vol. I° pag. 121) Richter abusa della intonazione Klopstochiana.
3247. Il tempo è il più scienziato e il più pratico di tutti i medici.
3250. Chi non s'addormenta volontieri? E però, chi non dovrebbe morir volontieri?
3251. Il mio silenzio è più eloquente del tuo parlare.
3252. Nel 1790 si usavano aquerellare ritratti sui guanti - Si usavano anche orologi da tasca per signore in
foggia di cuori.
3253. Per rettamente giudicare della vita intellettuale o morale di un uomo è necessario che costui sia morto, o
almeno abbia c detto come Rossini, allontanandosi completamente dal campo in cui lavorava; in quella maniera che
non si può far la somma finchè non siano messe giù tutte le diverse partite.
3254. La perla, preziosa malattia.
3256. Nelle descrizioni di sagre, di balli sull'erba, di vita campagnola, i romanzieri parlano come in un sogno.
Vorrei che venissero un po' in campagna, vorrei che avessero a che fare un po' coi villani! Altro che poesia! Ebrietà,
sassate, turpiloquio, scompisciate e cacate... ecco le sagre, i balli sull'erba etc.!
3258. Non si può scrivere con fedeltà del presente, ma solo del passato o del futuro. - S'imaginano le grandi
opere letterarie o in momenti di somma gioia o di sommo dolore: si scrivono nella calma.
3259. G.F. La sera di Ognissanti si mangiano le castagne allesso; poi si dice il rosario.
3260. In letteratura, gli antichi mostravano, per così dire, le ore dei sentimenti, mentre noi mostriamo i minuti e
i secondi - il che - nell'infinità del grande e del piccolo - si equivale perfettamente.
3261. Le arti perfezionandosi si dividono e suddividono. Anticamente Musica e poesia erano una cosa sola - e
così appressapoco Poesia e pittura. Ora però la poesia tende da grafica a diventar filosofica. Il pittore Omero deve
cedere al pensatore Richter.
3262. Il carattere dell'Umorismo italiano è d'essere più sensuale, e direi più carnale del germanico e
dell'inglese.
3263. Quanto sa, gl'impedisce di sapere quanto dovrebbe.
3264. E vuoi che lavori? fa già fin troppa fatica a far nulla. - quell'ozio che è peggior d'ogni fatica.
3265. ha bimbi? - No - salvo il marito.
3266. Per ben riuscire al Dossi manca l'ingegno di mostrarne meno.
3267. uscito vivo dalle mani della febbre e del medico.
3268. Le cose di questo mondo, anzi dell'universo sono così concatenate fra loro, che, chi ha buoni occhi, può a
qualunque proposito trarre similitudini da qualunque di esse.
3269. Chiedete un favore, sempre al dopopranzo - non fatene se non prima di pranzo.
3270. Ferse, ted. Conf. berze, calcagno in Dante -
3271. Disgraziatamente per l'Italia, l'artistica, la letteraria Italia, essa possiede una dinastia reale, che per
tradizioni gentilizie, nè per ingegno de' suoi membri ama l'arte e la letteratura.
3272. Novelle pei generosi. V. sparsim. Una fanciulla s'innamora di un uomo maritato il quale non vuole tradire
la moglie donde tormento di entrambi. Ma la moglie entra in mezzo, e per salvar la ragazza, persuade, anzi costringe
il proprio marito a ricambiarle l'amore. La fanciulla, commossa a tanto sagrificio, non vuole esserne indegna, e si uccide
- Altro tema. Una ragazza s'innamora di uno scrittore, morto da moltissimo tempo, e deperisce per lui.
3275. Il merito individuale consiste nel far ciascuno il meglio che può.
3276. Chi comincia le opere sue troppo grandiosamente, spesso deve finirle miserabilmente, come si vede in
certe iscrizioni bottegaje, che incominciate con lettere capitali, terminano per mancanza di spazio in minuscole e
abbreviazioni. - Beethoven p. es. esauriva tutta l'opera nella sinfonia.
3277. Il chierico è come l'ombra del prete - s'abbassa quando l'altro si abbassa, etc.
3278. R.U. Carattere del gonfiatore. Piglia il motivo dal Critic di Sheridan Act. I nell'articolista Puff.
3282. Vedi per Plinio, sparsim - Notevole contradizione è il giudizio di Plinio, che alle volte sottilissimo,
prudentissimo, accoglieva altre volte senza esame le più grosse assurdità: l'ibis, inventore dei serviziali - l'ippopotamo
che quando si sente in corpo pienezza di sangue preme una vena contro qualche oggetto acuto e si fa un salasso - cavalli
pegasi etc. - Plinio nel libro x (49) pare peraltro che non creda più alle baje romane lanciate nel libro VIII. - Plinio va
ricco di bellissimi passi anche letterariamente o almeno curiosi - V. Più sotto 3287, 3288, 3289, 3290, 3291, 3292,
3293, 3294. La frase teatrale di Plinio.
3284. L'origine dell'uso di tagliar la coda ai cani può trovarsi in ciò che dice Columella (V. Plinio) ...si XL die
quam sit natus castretur morsu cauda summusque eius articulus auferatur, sequi nervum; exempto nec caudam crescere
nec canes rabidos fieri (Pl. L. VIII. p. 93) Da questi pregiudizi derivò forse la frase - in cauda venenum. -
3288. (Di colei che inventò le vesti bombicine, vesti coe) - Pamphile, Plateae filia, non fraudanda gloria
excogitatae rationis ut denudet feminas vestis... nec puduit has vestes usurpare etiam viros levitatem propter aestivam -
in tantum a lorica gerenda discessere mores ut oneri sit etiam vestis (Plinius) - Vedi frase lat. ventum textilem, woven
air. Le vesti vennero inventate per tenere in credito il nudo.
3295. Plinio (L. XVI. C. I) descritta la miserabile vita di un popolo settentrionale, detto dei Cauci, termina
dicendo “et hae gentes, si vincantur hodie a populo Romano, servire se dicunt! ita est profecto; multis fortuna parcit in
poenam” - Ma e la libertà, Plinio mio? non la conti per nulla?
3305. la carnosa foglia de' tamarici - le mordaci ortiche - le pungenti foglie del pino - lampiride, lucciola. -
3315. Regola capitale nell'arte - half is better than the whole - pléon émisy pantòs (Esiodo).
3317. (V. 3306. 3307) Nel Leviathan, Hobbes, dipinge l'umanità per vile, scellerata etc. - e schiude la setta
degli egoisti e dei brutisti. Eppure la vita di Hobbes fu proba, netta di scandolo. Chi agiva in lui era l'inclinaz. del tempo
ad ogni sorta di paradossi. - Le opere degli autori sono spesso in contrasto cogli autori stessi: non rade volte uomini
melanconici aquistarono fama come comici scrittori (p. es. il Porta) e viceversa altre volte. - Nella comicità del Porta c'è
però un fondo serissimo.
3318. Utili nelle note di letteratura alta e bassa - e per la St. dell'Um. - sono i seguenti cap. di Disraeli (Ediz.
Baudry) - Sul ridicolo, pag. 99 (Miscellanee di lett., Vol. I°) - Miscellanisti pag. 353 (id. v[ol.] 2°) come Erasmo,
Montaigne etc. - Dello stile pag. 364, Vol. 2° (id.) - Lettura, pag. 368 Vol. 2° (id.) - Imitazione e novità pag. 374 Vol. 2°
(id.).
3336. Per la St. Um. pigliare cognizione delle seg. opere - Senecae Ludus in morte Claudi - Piero Valeriano,
eulogium sulle barbe - Holstein eulogium del vento Nord - Heinsius L'asino - Menagio la trasmigrazione del pedante
parasita in un papagallo, e la petizione dei dizionari. - Erasmo dedicò l'elogio della Stultitia (Moria) a Sir Thomas More,
per amore del giuoco di parole - Sallengros, panegirico dell'ebbrezza - Synesius, elog. della Calvizie etc. V. 3338.
3338. (V. 3336) Nota pure la batracomiomachia di Omero, la farfalla di Spenser, la Zanzara di Virgilio etc.
come i nostri capitoli sulle Poste, sull'orinale etc. - tutti es. di lett. grottesca.
3344. Utili alle Note lett. e alla St. Um. - i passi nel Disraeli (Curiosities of Literature) p. es. a p. 40 dove si
parla dei romanzi della Scudéry 1700 etc. romanzi la cui lettura durava 6 mesi - Nomi in voga, Clelie, Ciri Partenissa
- Celebre la carta del royaume du Tendre nella Clelia di M.lle Scudéry etc. - a pag. 50 dove si parla di letterarie
imposture - a p. 46, storie rabbiniche, imp. per la St. Um. -
3345. Utili al Libro delle Bizz. i passi di Disraeli (Curiosities of Literature) - a pag. 60 per la bizz. “Asta di
roba fuor d'uso” tra la quale i giudizi di Dio - a pag. 17 distruzione dei libri per la bizz. “Giudizio Univ. delle idee” - etc.
3347. Il Pensiero è anch'esso un'azione - Scribere est agere. - Chi pensa la sua parte di sangue alla patria e
all'umanità, nè più nè meno del soldato che cade trafitto sui campi di battaglia. Il pensiero è sangue.
3348. È più facile trovare scrittori di poemi epici che non lettori. - Florem putares nare per liquidum aethera
(parlasi di farfalla. CF. frase di Richter 3221) - A due belle donne si può dire “che non cedono alle Grazie se non nel
numero” - (Di stile conciso) quam multa! quam paucis! - I due luoghi dello scrittore di genio, sono il suo studio (o
meglio, la sua coscienza) ed il mondo -saltò sul cavallo e la terra de' Filistei corse a lui (met[afora] orient. che indica la
velocità della corsa).
3354. Al fuoco della verità le obbiezioni non sono che mantici.
3356. Paolo Mamezio frequentemente spendeva un mese a scrivere una sola lettera. Conf. i fabb[ricati]
epistolari di Cicerone e di Plinio - e di Giusti - e lo spontaneo di Foscolo.
3360. Il cervello dei nostri bimbi nasce già imbibito di Montesquieu, Locke, Montaigne, Beccaria etc. prima
ancora che ne sappiano i nomi.
3371. Villon poeta secondario francese, e pur pieno di originalità. Vedi anche studio di Gautier. Scrisse il
Grand et petit testament. On ne saurait dire si fut la poésie qui l'avait prédisposé à la débauche ou bien si la débauche
éveilla en lui l'inspiration poétique. - Descrive maravigliosamente tutta l'oscena canaglia parigina: conosce di apparte
[ne]rvi, e dice “ordure sommes et ordure nous suyt” - Condannato a morte si raccomanda a tutte le puttane etc. e scrive
“sçaura mon col que mon cul poise” - Egli dormiva su un uscio posto su due cavalletti “dans un lieu de mauvais renom -
jamais femme n'a dit non - ...Publique scole - l'écolier le meistre enseigne” - Dice ai giovani “craignez les trous
car ils sont dangereux” - e alle giovani “estimez vos amants selon le revenu”. - Vedi poi sparsim nelle sue bosinate. “On
s'en va tout? or, écoutez - tout aux tavernes et aux filles” - “Elles rient lorsque bourse pleure” - “Il n'est bon bec qu'à
Paris” etc.
3382. Quando leggo le infamie, le scelleraggini degli imperatori e dei re, non mi meraviglio tanto di esse - chè
la umana natura è ordinariamente perversa - quanto dei popoli che le hanno potuto soffrire - Cesare, fu chiamato regina,
prostituta bitinica, lupanare di Nicomede, la moglie di tutti i mariti e il marito di tutte le mogli - Augusto in tarda efu
viziatore di vergini come di matrone lo era stato in giovine - Di Tiberio il Caprineo cunnilingue si disse “hirci vetuli
capreis naturam ligurire” - Eliogabalo non va contato che fra le femmine etc. -
3383. Secondo Origene, non risusciteranno che i maschi. Altri Padri opinano invece che i soli eletti non
avranno più sesso: i reprobi, al contrario, lo conserveranno con tutte le loro passioni.
3384. Come ora a Parigi, fu di moda a Roma tingersi i capelli in giallo o in rosso. E si tingevano collo
zafferano o col sugo di barbabietola. - Usavano anche le romane spolverizzarsi d'oro i capelli e annerirsi il giro degli
occhi coll'antimonio etc. - volubile la moda poi nelle pettinature, che gli scultori, effigiando qualche Augusta,
mettevano alle loro statue la parucca posticcia, affine di cangiarla loro col cangiar della moda. - V. Sat[ira] di Marziale:
“Mentre sei in casa, i tuoi capelli sono assenti e stanno facendosi arricciare da un parrucchiere... nec facies tua tecum
dormit”. - ...Le sue guancie erano una bottega di speziale... -
3386. Grattarsi la testa con un dito, significava, secondo Seneca, domanda o risposta in un invito di oscenità.
Da noi, ciò si usa toccandosi il naso. - Il dito impiegato a questi nobili segni, è il cosidetto infame, detto dai Greci
katapýgon, che è il dito che i villani impiegano per skimalìzein ossia per toccare se nel culo di una gallina c'è l'uovo.
3388. La puttana è composta cogli elementi del porco, della volpe, del cane, della scimia, della giumenta, del
gatto e dell'asino (Simonide, in Dufour) - Per quanto onesta una donna, un po' puttana l'è sempre. - Le cortigiane ateniesi
chiamavano un vecchio “babbino” e un giovane “fratellino” - fors'anche per irritar maggiormente le veneri loro colla
idea dell'incesto -
3389. La passione erotica si accende spesso da quegli stessi rimedi dati ad estinguerla, come [il] silenzio,
l'isolamento, il digiuno. - C'erano in lei tutte le diaboliche tentazioni dei S. Padri nel deserto -
3391. L'imagine di Priapo era così comune fra gli antichi, era tanto riprodotta nei loro utensili domestici etc.
che non offendeva più nessun pudore non risvegl. alcuna idea oscena appunto come succede ora della esclam. di
“cazzo!”. - I baston e i naviselitt (milanesi dolci) traggono l'origine della lor forma da quelle ciambelle di fior di farina,
in forma di falli o di conni, che gli antichi offrivano a Iside, a Venere, a Priapo - Il che si potrebbe dire delle moderne
maschere di cartapesta, quasi tutte abbondantissime di naso - derivate dalle maschere falliche dei romani.
3392. Adone morto e Adone risuscitato - donde le due feste di dolore e di gioja che commovevano tutta la
Grecia [...]
3394. Ricchissima fu sempre la priapografia in qualunque età. - Tutta la poesia potrebbe considerarsi come
tale. - Cit. i libri di Elefantide, il romanzo comico e sotadico di Petronio (lo stile di lui in manica di camicia), l'Arte di
Amare di Ovidio, che è il codice della prostituz. elegante etc. etc. fino alla libreria della Barry. I libri erot. di Arn. di
Villanova “ut mulier habeat dulcedinem in coitu” - ed il trattatello “ad virgam erigendam” - Le 36 maniere dell'Aretino
(chi dice venti) coi disegni di Giulio Romano - Il Batacchi, il Baffo, il Porta, il Brofferio etc. - I latini chiam[avano]
questi libri “pagina nocturna”.
3397. A' tempi passati, le meretrici aveano l'obbligo di portare sui vestiti certi distintivi che le distinguessero
dalle non puttane. - Erano, ora, nastri gialli, or rossi etc. Curioso, sopratutti è il costume della meretrice Veneziana come
si trova nel libro dei vestiti del Vecellio - Oggi invece non c'è più differenza tra gli abiti delle prostitute e gli abiti delle
oneste - e ciò per la grande ragione che sparve anche la differenza morale [rasura]. - Bel tema di quadro, sarebbe: scena
Venezia 1500 e una calle infame. Sulla porta del lupanare stanno varie puttane, nel lor variopinto e bizzarro costume,
coi ventagli in mano etc. - sfrontatissime. Passa un giovinetto studente, vestito di nero, con un fiore in mano, dono forse
della sua vergine amante. Contr[asto] fra la sfacciataggine delle donne che cercano di adescarselo, e il pudore impaurito
del giovinetto. -
3398. il mezzo-matrimonio, il matrimonio colla mano sinistra o in carta semplice - erotiche insonnie - vergini
libate - impura Venus - asiatica lussuria - occhi venerei, bagnati di voluttà - injuria corporis - boutiques au péché - ami
par amour - moglie d'amore - fille de joie - contava i giorni dagli amanti (Contavano gli anni, non dai consoli, ma dai
mariti. Cic.) - l'intend'io - amore all'ora, alla carta etc. - divoratrice di amanti.
3399. Ciascun popolo diede al mal venereo il nome del popolo che gli era podioso. Gli Italiani, tedeschi od
inglesi lo chiamano Francese - I Francesi, napolitano - I Persiani, turco; e i turchi, persiano etc. - Abbracci di miele che
lasciano in corpo l'assenzio - il souvenir - lues Syriaca - i non ti scordar di me delle puttane - ragàdia, fessure infami
nell'ano -
3400. V. per le streghe etc. la Demonologia di Giacomo I Stuardo - Pierias de strigimagarum demoniumque
mirandis - le opere del demonologo Bodin etc. Furono tempi di demonomania. Il diavolo lo si descriveva in tutte le sue
particolarità “capelli irti, viso pallido e turbato, occhi rotondi, apertissimi, infiammati, barbetta di capro, piè e mani
come quelli di un uomo ma eguali ed acuti, cioè armatissimi d'unghie, mani alle volte ritorte in forma d'ix, coda lunga,
voce senza tuono, contegno di una persona melancolica e nojata, odor di caprone”. - Cit. quella fanciulla che scrisse
una lettera piena di oscenità a Satana perchè venisse la notte a giacere con lei - Descriz. di tregende se ne trovano di
curiose nei processi. Le streghe ossia le infeudate al diavolo, che lo strioportius conduceva sul luogo, intingevano penne
di gallo nell'orina del diavolo e ne aspergevano l'assemblea. In gen[erale] la tregenda consisteva in una parodia delle
funzioni religiose. San Bernardo e S. Tomaso d'Aquino credevano agli incubi e succubi coi demoni e le demoniesse. -
Il dem[onio], servendosi anche della coda, chiavava in pari tempo la natura e l'ano della strega. -
3401. stria (mil.) nel lat. barbaro per strega - Per indicare il denaro in genere i Francesi dicono l'argent, e noi
l'oro - sollazzo, da souler, soddisfare. CF. solass mil. salasso, e dif[atti] il coito per l'uomo è un salasso.
3406. La nostra bosinata sulle puttane, che si trova nella Miscellanea della Rivoluzione (Bibl. Ambr. Milano)
pare ispirata da quella di Coquillart “C'est assavoir Margot la gent - Jaqueline de Carpentras” etc.
3407. Un anello a pietra constellata a attirava l'amore di Carlomagno - tanto che morta l'amante di lui che
possedea l'anello, C. M. non volea staccarsi dall'amato cadavere. Ma l'arcivescovo di Colonia indovinando la potenza
del detto anello lo toglie di dito alla morta. Cessa allora l'amore di C. M. per lei e ricomincia furiosamente per il prelato.
L'arcivescovo, tenendosi una mano sul ghicc, corre a gettarlo in un lago. E allora C. M. s'innamora del lago, e vi fissa la
sua residenza (V. Petrarca e Dufour).
3409. Tu troverai la virtù - dice Seneca - nel tempio, nel foro, sulle mura della città: il vizio lo troverai nascosto
nelle tenebre, intorno ai bagni “ad loca aedilem metuentia” - Eppure la virtù tu puoi trovarla, alcune volte, anche quì.
3410. Secondo me, hanno rapporti tra loro strettissimi, Seneca, Erasmo, Montaigne, Rabelais etc. - François
Rabelais si qualifica abstracteur de quinte essence.
3411. Diana contessa di Guiche (1580), quando si recava alla messa, in giorno di festa, soleva farsi
accompagnare da un buffone nano, da un mastino, e da una scimmia (in Dufour). Il segreto di ciò stava nel contrasto di
lei, bella, colla circostante bruttezza - che la rendeva più bella. - Ed è anche per questa ragione, se molte donne
bellissime e libidinose, si accompagnano a brutti uomini.
3418. Lo scoglio in cui urtano i più distinti ingegni letterari dell'epoca nostra, è, strano a dirsi, formato dalle
due classiche letterature, greca e latina, meravigliose. Nei lavori del giorno manca spesso quell'ispirazione odierna che li
farebbe grandissimi - Giovani che promettono coi loro primi saggi cieli nuovi, invecchiando si lasciano sedurre da
quelle due perpetue sirene, e ritornano a dormir nell'antico. Es. famosi ne sono gli ultimi lavori di Goethe e Rovani. Da
questo punto di vista, Hobbes non ha forse torto di sconsigliare l'istruz. classica nelle scuole. Eppure io non l'oserei.
si trovan bellezze, a nostro paragone, perfette. La lettura di Omero generò forse Virgilio, come Virgilio, Dante. Tutto sta
nell'usarli con precauzione - nel cibarsene in quella quantità che riesca a medicina, e non a veleno. - Shakspeare e
Richter sono, secondo me, i due soli nuovissimi autori. La loro influenza nella letteratura avvenire sarà pari a quella
d'Omero nella passata.
3419. Una volta nelle opere d'arte, che aveano per oggetto epoche anteriori a chi le concepiva, non c'era mai
studio di costumi etc. tutto si piegava al tempo corrente, alla ispirazione momentanea, il che serviva mirabilmente alla
storia. Ora invece, dall'architettura alla letteratura, si fabbrica dello stile: si vogliono far rivivere i costumi vecchi
perfettamente, il che non riesce mai: per cui, male giovandosi all'archeologia, si giova anche male alla storia. Dico cioè,
che una volta si aveano storici contemporanei, oggi non si hanno che retrospettivi, quindi anacronici. E questa è artistica
disonestà.
3420. L'uso di mettere in berlina le donne di malavita non riusciva che a metterle maggiormente in luce e così
procurar loro maggiori avventori. - Il che succede appunto col teatro - che è il più esperto dei ruffiani per una femina.
3421 - il furore amoroso di Cesare - cani reverentia cunni - nati al ventre - occhi ad amandola - sa di mare (di
uno che vende pesci, o di una descrizione del mare) -
3422. Il protestantismo ridiede qualche dignità alla vita privata - Il mondo cangia faccia e non vizio - Ma quel
suo, non critico, adulatore, nell'incensarlo con troppo entusiasmo, gli lasciò andare qualche turibolata in viso - Voler
riformare il mondo a decreti, è impossibile. Si può bensì comandare che si raccolgano tutte le pere mature, ma che le
acerbe maturino, no. E quì il genio ti mostra che sa capire il suo tempo -
3423. La sfacciataggine menagiana o il candore dell'etimologia - Nella S.U. non dimenticare le bosinate mil. -
Raff[rontare] anche l'Um[orismo] ital. del Settentrione col meridionale. - Porta - Belli - Giusti etc. - L'Um[orismo] lomb.
e il veneto. - Les goguenards, i motteggiatori -
3425. Nei R.F. o nei R.U. (medici) desc. il medico con intorno una folla di discepoli che tastano un dopo l'altro
il povero malato che ha bisogno di riposo.
3429. cociones (lat.), coyons (fr.) vilissimi ruffiani - exquisitis poenis, le pene più squisite - l'amiculum,
amicuccio, era un mantelletto doppio, senza maniche, appeso con due borchie alle spalle.
3430. Mi ti do tuttor per niente, disse una meretrice a un filosofo; e questi: costi troppo. - ta langue ne nuit à
personne plus qu'à toi - la spessezza delle piante usurpava le funzioni della notte - Oppressi dal numero e dallo
svantaggio delle posizioni, cedono alla morte, e non alla paura - coi denari aquistati in gioventù vendendo l'amore,
comincia in vecchiaja a comprarlo -
3431. R.U. Il Commercio - comedia in cui si tratta delle botteghe d'amore femminile d'ogni classe. Efippio
poeta greco ne scrisse una, con un simile titolo. - Nel P.O. trattare anche “della vendita dei bimbi” come spazzacamini,
saltimbanchi etc.
3434. L'ogre dei contes des Féés, ripete le sue origini dalle infamie del maresciallo Gilles de Retz (1440)
stupratore e sgozzatore di bimbi e bambine.
3435. Bruscambille, personaggio abbastanza spiritoso dell'antica comedia francese.
3436. Uscendo da Parigi mi guardai attorno con quell'aria di sospetto di chi esce da un lupanare... - Vedi la
magnifica satira III di Giovenale che descrive la Babilonia latina.
3438. Descriz. - Notte. L'estremità dell'Esquilino, presso la porta Mezia - circondato da forche e da croci donde
pendono i suppliziati e dove il carnefice ha la sua casa isolata, quasi a sorvegliarli. Ivi è una statua mostruosa di Priapo,
e ivi riparano i ladri e le sagae. (V. Orazio spec. Sat. VIII del libro I. Olim truncus eram ficulnus, inutile lignum, etc.) -
3440. girandolare - culattar le panche - pigreggiare - ozioseggiare - musare - dirindone - lasagnone - panperduto
- dormalfuoco - volgiarrosto - L'esercito è un semenzaio di poltronaggine. Quand'uno è buono a nulla lo si manda a
soldato o a giornalista. Finito il suo ozioso servizio, torna a casa con quel tal osso nella schiena e appicca la sua malattia
a tutto il paese.
3444. Ep[igrafe] alle novelle dei generosi nel P.O. “mi sia concesso - ...un cuore aprirvi - un cor che agogna sol
d'esser ben noto” (Manzoni).
3446. ribaltar la polenta sul tagliere - fiori nati per dispetto - occhi piccoli e lucidissimi, come se ne veggono
talora apparire nei buchi delle tane topine - s'cioppon de foeugh - la valigia del ventre.
3448. Del sen dovizie chi ostentò scoperte - scrupoli adotta per magrezza e il velo (D'Elci) - Empio finch'è
robusto, infermo è pio; - saprò dal polso quando crede in Dio (id.). Rovani migliorò il I° verso, dicendo: Empio se sano,
se malato è pio etc.
3466. la brevità felice nell'espressione - Le satire d'Elci, sminuzzate, danno briciole alle volte sublimi - Tutto
insieme valgono poco. In esse l'ispirazione non è unica: è un mosaico di frasi - spesso furate. Non c'è che dire, le
pietruzze son belle, anzi talora son gemme: ma sono non rado riunite fra loro a danno del generale disegno. Ed è
destino di alcuni poeti, che non avranno mai come il D'Elci generale fama, di giovare alla produzione del pensiero
meglio di altri che hanno fama fin troppa. -
3467. il troppo toscano accusa spesso il non toscano.
3482. Quando calcò reina - Gli scettri eoi la povertà latina (d'Elci). - CF. Giusti “la ricca povertà dell'Evangelo”.
3496. Progetti lett. del Dossi. Se la vita non lo tradirà a mezza strada egli ha da scrivere ancora - (oggi è il 9
d'aprile 1877) - I° Il libro delle bizzarie (Biz.) dove si dramatizzeranno temi di filosofia e di econ. sociale - 2° Il Premio
dell'Onestà (P.O.) come cioè la virtù, al pari della lett[eratu]ra, sia premio a stessa. E nel P.O. saranno incastonate le
novelle dei generosi (N.G.) - Prime pagine di una Storia dell'Umorismo in Italia (S.U.) - Note umoristiche di
letteratura alta e bassa (V. 2240). (N.L.) - Ritratti umani (V. 2348) divisi in 12 libri e un'appendice, di cui una
piccola parte è già imprigionata sulla carta (R.U.) - Giorni di festa (V. 2340) che conterranno quanto potrò
raccogliere della domestica arch[eologia] del mio Milano (G.F.) - Ritratti di famiglia (R.F.) divisi in due parti, nel
quale parlerò de' miei vecchi, e sceneggerò insieme la vita intima degli italiani pel corso di parecchi secoli -
Garibaldi, dramma-poema (G.) e Colombo, id. - tanto per mettere in regola i miei titoli anche colla celebrità aulica
(C.) - 10° Goccie d'inchiostro (G I.) cioè tutte quelle scenette, que' piccoli romanzetti etc. che non esigono troppo
inchiostro alla lor trattazione, possono fondersi in un unico tema. - 1 La Rovaniana (Rov.) e 12° La mente di
Giuseppe Rovani - nella prima dei quali sarà trattato dell'uomo, e nella seconda dello scrittore; il che è un dovere ch'io
sento verso di lui e verso l'Italia - 13° Dell'onestà politica e dell'onestà artistica (O.P. - O.A.) opuscoli due, necessari
per esser ricevuto a paro a paro dagli scienziati, i quali vogliono almeno l'apparenza della noja - 14° I grandi
sconosciuti (G.S.) - 15° Il libro delle prefazioni (L.P.), ciascuna delle quali abbia il valore di un libro - 16° L'Osteria
(Ost.) raccolta di vari racconti - 17° Altri racconti, come Le tre bellezze, i Casi di coscienza - gli Amori imperfetti, il
Vangelo delle Balie, e Le nuove preghiere le Ore di melancolia - In cerca di un amante (V. 3 bellezze) - L'ora
suprema (V. 3581) - Manualetto d'amore (V. 3596) dove vorrei trasfondere tutto l'amore ch'io sento, non corrisposto,
per i simili miei - 1 Favole e raccontini alla Schmidt, in cui sarà sminuzzato in tanti esempi la cattiva opinione che
tengo dell'animo umano - 19° Le note alle Lettere (N.L.), che in certo modo, completando le lettere stesse, narreranno la
vita del Dossi - 20° infine i Cascami dell'imaginazione del Dossi, tutti cioè gli avanzi e ritagli dei precedenti lavori. - E
ciò, quanto alle opere di creazione. Per quelle di compilazione, ne avrei due in progetto - la prima, dovrebbe essere un
Manuale (esattissimo) per i nomi e le date nella storia delle tre arti - disposto ad esempio così: Manzoni, nato... morto...
- Inni sacri, anno... - Promessi Sposi, anno... etc. donde i critici risparmierebbero fatica a sè, e a noi strafalcioni; l'altra
una Guida classica di Roma, contenente oltre le piante antiche, medioevali e moderne della città - la semplice
indicazione dei luoghi, accompagnate da tutti que' passi classici - contemporanei al monumento - che vi si riferiscono. -
Sarà come un mettere le parole alla architettonica musica di Roma. 3 vol. - I°. La Ghiaja di Roma (parte antica) - I
buchi di Roma (medioevo ed ep[oca] pontif.) - 3° [lacuna] (parte odierna) - Appendice In Ciociaria.
3497. duplic. Se si tornassero ad usare le imprese, io me ne troverei quattro adatte - La prima, senza corpo,
col motto “hilaris in tristitia, in hilaritate tristis” (che era quella di Giordano Bruno, e può esprimere la piega lett. del
mio cervello) - la seconda, pur senza corpo, col motto “Literature, as virtue, is its own reward” massima che ogni
scrittore, spec. se ital., dovrebbe sempre tenersi dinanzi - la terza, una racchetta artificiale ardente in campo azzurro, col
motto brevis sed splendens - allusione alla più desiderevole vita - la quarta infine, un campo azzurro, tutto tempestato di
occhi, col motto “vigila semper” - avvertimento d'oro, per un peccatore, sia in arte sia in morale, come il fragile Dossi.
3498. Ci sono certe buone azioni che, strada facendo, diventano cattive, come il fondare spedali, dotare
fanciulle etc.
3499. La vanità, che fa impegnare il nascosto orologio per prendere a nolo l'ostentazione di una catena...
3500. una ciôcca de - cotelett col manegh (coll'osso) - tabarell de pescia o vestii de quatter altezz (la cassa
mortuaria) - La frase imbriacatura di sole, si potrebbe usare anche a proposito di un lavoro letterario, in cui le troppo
fitte bellezze tolgono la necessaria lena (il necessario ripiano), per poterle ammirare. Il sole è pur bello se goduto
dall'ombra. - Tanto il tutto-bujo quanto la tutta luce precludono la facoltà visiva.
3501. [La nota, di poco più che una riga, è accuratamente abrasa dal ms.].
3502. I libri del D[ossi] si possono dividere in due classi - in una, la satirica descrizione della società umana e
spec. ital. qual'era a' suoi tempi (Ritratti Umani), e questi libri appartengono alla storia - nell'altro la preparazione
dell'avvenire, cioè, le poetiche fantasie desiose di epoche nuove e più oneste, e questi libri appartengono alla filosofia
(Regno dei Cieli - Colonia Felice). - Pure i due generi si fondono in uno nel Premio dell'Onestà - Altra divisione
dell'opera del Dossi, è quella dei libri del Dossi cattivo (R.U.) e del Dossi buono (C.F. - R. C., etc.). - Circa il D[ossi]
buono, è suo scopo pigliar l'uomo odierno, ateo, indifferente al vizio e alla virtù e condurlo al bene con quell'unica mano
ch'egli possa seguire - la mano dell'interesse.
3504. L'arte mediterranea (greco-latina-italiana-spagn. e francese) è più carnale delle altre: rappresenta la
virilità. Più ideali, più schwärmerinnen sono l'arte Orientale (indiana, araba, etc.) e l'arte occidentale (germanica) che
rappresentano l'infanzia e la vecchiezza. Difatti il bimbo e il vecchio sono assai più sognatori dell'uomo, il primo per
ignoranza, il secondo per scienza - (il primo per non ben distinguere ancora gli oggetti del mondo in cui entra, l'altro per
la disperazione di non vederli più netti).
3505. Ogni giorno è un piccolo anno. Ci trovi la primavera nella mattina - l'estate nel mezzodì - l'autunno al
dopopranzo -e l'inverno di notte. E così ogni anno è un gran giorno.
3506. La vera critica è un vento che se spegne le candele, ingagliardisce i falò. E il mio ingegno è un falò.
3507. La scienza non vale che diventata coscienza.
3508. Le fate, fées (franc.), ebbero forse origine dalle Nýmphai, anch'esse mezze deità, tutrici, come le fate,
delle fonti.
3509. Non so pensar che di notte. La luce torna il bujo al mio animo. Di giorno non mi sta desto che il sonno.
3517. La poesia a imagini e la poesia a sentenze. La prima è la più antica. Oggi prevale la seconda - ma già si
cerca di maritarle - formando una poesia dalle imaginose sentenze, o sentenziose imagini. - L'arte magnanima di
Michelangiolo. - Le cruschevoli melensaggini.
3519. Una volta si scrivevano libri, oggi frammenti di libri. Mangiata la pagnotta non restano che le briciole.
3520. cominciavano gli scarabei ad aliare per il giardino (frase indicante l'ora di sera e il tempo d'Estate).
3521. Secondo me, tra la pazzia ed il sogno è uno strettissimo nesso. Nello sviluppo di un sogno, un particolare
insignificante della idea precedente genera l'altra idea e covia. Tal quale della pazzia. Nella sanità invece la sola idea
massima serpeggia unicamente per tutto il discorso e fa da padrona. - V. la maravigliosa imitazione di pazzia, nello
Shakspeare, Re Lear. - La pazzia si potrebbe chiamare il sogno di chi è sveglio - Tutte le donne discorrono un po' da
pazze.
3522. Iscriz. su'n'arca di pietra a S. Ambrogio. Hic jacet Paganus Petrasancta miles et capitaneus
Florentinorum qui obiit anno Dom... et ad cujus funus et fuerunt quatuor cardinales. - Su'n'altra tomba lessi poi “alla
tale dei tali morta a 70 anni di subito malore”. - Eh via! subito malore dopo 70 anni di malattia?
3523. Degli uomini grandi (del pensiero) è come dei grandi edifici. Non se ne può comprendere la grandezza e
l'armonia di proporzioni se non da lontano. È necessario cioè che tra loro e noi si ponga qualche secolo di distanza.
3524. Grandi Giuseppe, l'autore della statua “Beccaria” la migliore di tutta Milano, chiama sagacissimamente il
mannequin “manutengolo” (quasi manutengolo della pigrizia) - Parlando poi di certi pittori che fanno gli occhi alle
pulci dice “se vun de sti pitor el sta in contrada di Fior Scur, el se spaventa tutt, quand el sent che vola ona mosca in
Borg-noeuv” (Fiori Scuri e Borgonuovo sono due vie vicine). - E dice degli scultori che tirano le loro statue a lucido
“ghè i donnett che passa per Brera, e ghe domanden la polver de marmo a 5 centesim el scartozell”. Difatti, Grandi,
scolpì una bellissima Santa Cecilia da porsi altissima in una nicchia dei capitelli del Duomo. La Commissione per il
collaudo della statua, venuta nel suo studio, si pose a guardare se lo scultore avea lisciato le unghie alla Santa. -
3525. Nel magnifico funerale di Manzoni, si disse che Manzoni era un Santo perchè dopo morto faceva
miracoli, risuscitando nientemeno che i morti, cioè la guardia nazionale. - La guardia Naz[ionale] ai funebri di Manzoni
sentiva di canfora e pepe: avea i cappotti bucati dalle tarme. Parea che il fucile portasse il milite e non il milite il fucile. -
Il popolo chiedeva “chi è questo Manzoni?” - E i preti gli rispondevano che era stato quello che avea posta la tassa del
macinato. Va e suda per la gloria!
3526. Elezione pol[itica] a *. I galoppin e i scarpon (partito dem. e partito arist.) - In generale i fittabili stanno
colla sinistra (democ.) e l'hanno col governo. - Due i candidati. Il Duca di ** (scarponi) e *** (galoppini) - Esce un
programma, sottoscritto da un mercante di buoi, in cui si dice che il duca non crede necessario d'intendersela cogli
elettori: basta la stirpe, la nobiltà, il casato etc. etc. Ma tanto il Duca che lo *** comprano i voti. *** dà 3,50 ciascuno. Il
duca, perfino 20 lire. - Quindi pranzi elettorali etc. etc.
3527. In certo qual modo il genio sarebbe il perfetto ordine. Le idee sono di tutti: chi le sa più logicamente
ordinare, quello ha maggiore ingegno degli altri. Chi le ordina in modo sia per la parola, sia per la frase, da non potersi
meglio - quello ha genio.
3528. P.O. - L'affarismo; le banche, avviate a fallimenti lucrosi - che non appena sorte, sono tosto sparite. -
Un tappezziere dà a nolo il mobiglio compresi gli impiegati, per le banche “nate al fallir”. La bancomania invase l'Italia
dal 70 al 75 - arrichendo tanti birbanti, e mettendo sul lastrico tanti sciocchi. Le imprese in ficio (cotonificio, setificio
etc.)
3529. I critici della giornata ci parlano sempre del realismo come di una moderna trovata. Errore. Se realismo è
la copia fedele del vero (intendi il vero scelto) - ne abbiamo innumerevoli esempi fin dai tempi di Omero. E così anche
ne abbiamo, se per realismo intendono il carnalismo o brutismo che sarebbe quell'atteggiamento lett. di occuparsi dei
soli sentimenti viziosi della umanità, o dei soli eccitatori ad virgam erigendam. - Ma secondo me, Realisti e idealisti
combattonsi ora, come già i Classici e i Romantici, senza sapere di che. - Chi più realista d'Omero? chi più romantico di
Virgilio?
3530. Gli amori di Dafni e Cloe di Longo Sofista (V. Erot. Script.) è una favola milesia arcadicamente
convenzionalissima sul fare di un paesaggio mit[ologi]co del Poussin. - La sua artificiale ingenuità rasenta a volte la
stoltezza. Tiene però alcune pregevoli scene, come quella della cicala che si nasconde nel seno della dormente Cloe (V.
Lògos A p. 257, v. I Erot. Script. Teubner). - Nell'altra favola milesia “amori di Abrocome e Antea”, di Senofonte
Efesio, Fiorina (Anthéa) che piglia il falso veleno, ricorda la Giulietta di Shakespeare. -
3531. In fondo, s'impara a leggere per leggere il “Pungolo” e il “Secolo”. Chi è alfabeta, falsifica - L'analfabeta
assassina.
3533. Fu una grande impresa in mia vita quella di pormi tabula rasa a lunghissimi studi, e d'ingozzare voglia o
non voglia tanta nausea di scienza; ma ancor più grande fu quella... di sbarazzarmene per ritornare alla smarrita
spontaneità. - La scienza inquilina cacciò quasi fuori dal capo il suo naturale padrone, l'Io. È ora che mi riconquisti.
3534. Il miglior modo di goder molta libertà è di concederne agli altri, molta.
3535. R.U. C'era un medico condotto che si fermava, nel suo quotidiano giro, dinanzi alle case, e chiamando p.
es. verso la lobbia di un piano, dimandava notizie del misero ammalato, e dal cortile prescriveva le medicine. Ce
n'era poi un altro, che girando in timonella, toccava il polso ai villani suoi clienti colla frusta.
3536. Agli altri è d'impedimento all'esprimersi la scarsità delle idee, a me la foltezza.
3537. I doganieri - sarebbero un bel tema di bosinata mil. -: Motivo: mentre il contrabbandiere fa sì e - e quì
si enumera a ogni strofa ciò che fa il contrabbandiere - la regia dogana, la pesca a tirlindana - oppure - e i doganer
peschen coi lanzetter - o i guardi doganaa, peschen col linaa - o la regia doganna, la pesca colla canna - o lor del
governa metten giò la spaderna - i regg dogann, ciaven i tosann, e simili ritornelli. - Dire nei dog[anieri] di quei due
che addormentati in barca, se la lasciarono tagliare in mezzo dal piroscafo - degli altri che alla dogana di Chiasso fanno
la visita con un sigaro frodato in bocca etc. -
3538. Le libere aure della Svizzera, impregnate dall'odor di tabacco - Entravamo in Isvizzera (a Ligornetto). Mi
venne voglia di pisciare. Dove la fo? Eh, disse Perelli, dove vuoi. La Svizzera è tutta a cantoni -
3539. Ad una più facile interpretazione dei periodi, si richiederebbe anche una posa minore del punto e virgola
e maggiore della semplice virgola - la quale potrebbe essere indicata con un pajo di virgole ,
,
- Vedi es. nella Col. Felice
pag. [lacuna] - In ogni caso peraltro, per quanti punti e per quanti accenti si trovino e si usino, resterà sempre
inindicabile il più importante di tutti - l'accento della passione.
3540. R.U. (V.2348) Chi sono i parasiti? Il naturalista vi parlerà dei pidocchi etc. il ricco dei mangiatori erranti
etc. - Ci sono i parasiti della carità etc. e ci sono i parasiti della celebrità come la Duchessa di Albany per l'Alfieri, gli
imitatori, i Cantù , i Rosini pei Manzoni etc. Etc. -R.U. La gente fina (tutta roba grossolana).
3541. A Ferney sulla fronte della chiesa sta scritto “Voltaire Deo erexit”. E non è soja bella e buona?
3542. P.O. Inumano è l'accusare i nostri simili di ciò che si reputa delitto e di volerneli puniti. Chi mai, offeso
delittuosamente da un fratello o da altro parente, ne invocherebbe dalle leggi la punizione? E non son forse gli uomini, a
chi ben guarda, tutti fratelli?
3543. Si cita sempre l'Inghilterra, quale la terra della libertà, del progresso etc. Eppure le ultime ombre del M
[edio] E[vo] ivi si stendono ancora. È in Inghilterra che regna il feudalismo - è l'Inghilterra la patria del mare clausum.
È di dove si ajutava sottomano la schiavitù, e si vendeva l'oppio ai Chinesi, e si schiacciava l'indiana libertà, e si
congiurava contro l'americana. - In Inghilterra il vero re è la ghinea - ivi s'impicca allegramente - e si bastona; la sua
terra è pasta badese per le arti etc.
3544. Celso, Seneca, Campanella dicono che la flagellazione guarisce dall'ostruzione di visceri, dalla
quarantena, isteria etc. e può applicarsi ad impinguare.
3546. Sono due sorta di caratteri: l'una per così dire a vapore; l'altra, a vela. I primi, qualunque tempo faccia,
vanno dritti al lor segno - fosse il carico loro di sola sabbia: gli altri, se il vento non soffia nelle lor poppe, rimangono
immoti, e si consumano - quantunque carichi delle più preziose merci - in un ozio infecondo -
3547. La ragione perchè gli autori non-toscani siano oggidì più ricchi d'idee dei toscani, sta in ciò che noi ci
troviamo obbligati a fare uno sforzo per trovar la parola al pensiero, e pe la nostra mente, meditando più della loro,
completa maggiormente l'idea, e spesso, partendo da un'idea mediocre, arriva ad una sublime. Questa ragione vale anche
per la superiorità, in generale, del verso sulla prosa - esigendo il verso maggiore considerazione. - Anzi, la rima è spesso
suggeritrice d'idee - nei sommi, s'intende - benchè stroppiatrice negli infimi.
3548. La desinenza in A (Libro III dei R.U.) è una bricconeria, fatta da un galantuomo.
3549. La tricipite arte fra noi - in Francia, e in Germania, è completa. Non così in Ispagna dove manca la
Musica - non così in Inghilterra dove manca la Pittura.
3550. dupl. Debiti d'onore - si dicono quelli in cui non c'è niente d'onore - p. es. i debiti di gioco. Una
persona che si rispetta tralascierà di soddisfare ai vecchi conti del calzolajo e del sarto, per pagare, entro 24 ore, una
perdita su una infame carta da gioco. - Azioni (affari) delicate - in cui la delicatezza entra per vetro rotto. - Tempi di
transazione si dicono certe epoche come la nostra. Ma io desidererei di sapere come si possa chiamare così una
qualunque epoca. Tutte sono epoche di transazione cioè di passaggio da quanto fu a quel che sarà, tutte sono il fine di
una e il principio di un'altra - come i gradini di una scala infinita - Tenebre del Medio Evo. Siamo noi che non ci
vediamo, e però diciamo tenebroso l'oggetto. Le tenebre del Medio evo le ha inventate la poltronaggine. - Del resto gli è
dalla notte che naque il dì - ed è dalla notte che si generano i figli. E quì il figlio si chiama - la civiltà del dì d'oggi. - Va
e fidati delle parole! (V. 3567)
3551. Vi ha molti che cercano e credono di compensare la intima e vera onestà (ossia carità verso gli uomini)
che lor manca, con quella esterna e fittizia che ha nome “pietà religiosa” (ossia carità verso Dio) -
3552. Certi inchiostri rossi invecchiando diventano neri. Tal'è dell'animo di alcuni nostri politici.
3553. Coscienza artistica e coscienza morale. Chi ha molto sviluppata la prima, manca talora dell'altra. La
prima assorbe spesso la seconda. Io, ad esempio, provo assai più rimorso di una frase mal scritta che di una azione mal
fatta.
3554. A - Giuseppina - per nascita Branduardi, per amore Righetti - cessata a 44 anni il 13 di novembre 1876. -
Diede in vita sorrisi, lagrime in morte - Usò troppo del cuore - e il cuore la uccise (morì infatti d'aneurisma al cuore) -
(L'epigrafe fu rifiutata).
3555. Temi di due quadri a riscontro - In uno, il cortile dell'osteria della Noce a Milano. Rovani a una tavola,
circondato da una eletta schiera di letterati e artisti. Beve e loro una lezione di estetica. Questo quadro darebbe
occasione di conservare le sembianze di molti egregi, onor di Milano, quali il Cremona, il Grandi, il Ranzoni, il Magni,
l'Uberti... (e anche il Dossi, in un canto). E il quadro potrebbe intitolarsi “una cattedra all'aria aperta” - Nell'altro i
giardini pubblici vecchi i cosidetti boschetti. Manzoni passeggia, solo, un po' curvo colle mani dietro le reni e vedi
a rispettosa distanza la sua ombra, cioè l'abate Cerioli. Dalla faccia pensosa del Grande, si scorge com'egli già viva nel
mondo degli spiriti - come ei si senta nel mezzo di quelle gloriose memorie che Italia chiama - Giuseppe Giusti - Porta -
Grossi - Torti etc. etc. - Il quadro potrebbe dirsi “l'ultimo degli Immortali”.
3556. A concepire e maturare un uomo che vive, tutt'al più, cento anni, ci vogliono 9 mesi. - Ce ne vorrà
dunque meno ad un libro che dee vivere parecchi secoli?
3557. Un critico, riesca o non riesca ad annientare un autore, è destinato all'oblio. Poichè, se non ci riesce, cade
sotto le ruote del carro trionfale del genio, e buona notte! non se ne parla più (Es. il Pezzi) - e se al contrario riesce, -
condizione essenziale alla di lui riuscita è di morire vincitore col vinto; altrimenti l'autore abbattuto, dovrebbe, per lui,
ancor vivere. - Cioè a dire, egli avrebbelo morto, ma nel medesimo tempo, imbalsamato.
3558. Di certi che a forza di leggere gli altrui pensieri non hanno più agio di pensare i propri, può dirsi “che si
mobigliano sì fattamente la casa da non potervisi muovere più”. -
3559. La musica di Rossini non è fatta pei gottosi. È musica d'assalto - fatta a s'ceppa-cazzuu - “Dei motivi
rossiniani al rimbombo militar” (Buratti) - Influenza del genio di Napoleone sul genio di Rossini.
3560. Amo il mio Gigi, perchè l'animo suo, da certi alti principi di onestà all'infuori - mi è totalmente...
opposto. Le parti a coda di rondine di un lavoro da falegname si commettono fra loro più facilmente e più fortemente,
appunto perchè si completano a vicenda. - Altrimenti tanto varrebbe ch'io mi mettessi dinanzi a uno specchio, che a me
ritornasse il mio viso, o sotto una volta che mi riecheggiasse la voce. Con un amico invece io voglio essere in due -
voglio discorrere, sentirmi a contradire... - Con Primo Levi ad es. - anima gentilissima - non mi sarebbe possibile una
perfetta amicizia, perchè troppo mi è simile. -
3561. Quante mine d'oro e di gemme giaciono sconosciute! quante anime elette muojono inavvertite!... And
talent weeps and sinks unknown (Goldsmith).
3562. Jean Paul Richter, più che un appartamento, è un magazzino di pensieri; come del rimanente lo sono altri
insigni autori quali il Montaigne, Seneca etc. Le loro opere sono l'effetto e insieme la causa di migliaja di opere.
3563. Un romanzo perchè sia perfetto - dev'essere, per così dire, un palazzo completo - ci dev'essere la sala, la
cucina, la chiesa, la cantina, il solajo, il giardino... - E tali sono i due divini romanzi dei Cento Anni e dei Promessi
Sposi. -
3564. Nello scrivere un libro sono due stadi - il primo di porre, l'altro di torre. La giudiziosa amputazione delle
idee, val spesso più del suo contrario. - Il non pensiero od il mezzo sono non rado i migliori - L'imaginazione fresca, e
l'imaginazione riscaldata. Quella, all'apparire di un tema, ne vede tosto lo sviluppo, la forma, e lo foggia a ferro caldo. -
Questa, abbozza lo sviluppo, poi, dopo un prudente intervallo, ne cerca la forma. La prima imag[inazione] può usarsi nei
lavori di piccolissima mole, all'altra bisogna ubbidire in quelli di lunga in cui occorre di aver sott'occhi tutto il lavoro
innanzi foggiarlo nelle varie sue parti. Dalla imag[inazione] fresca abbiamo però le impressioni forti; dalla riscaldata le
fini.
3565. L'uomo è tenero del passato, inquantochè, più la memoria di lui va indietro e più gli avanza la vita.
Questo amore dell'uomo, si manifesta nell'individuo colle autobiografie - nelle famiglie colle genealogie - nelle nazioni
colla storia - e nella umanità colla geologia.
3566. Frasi felici del D[ossi] - Tenea un piccolissimo pie de. Tale gli chiese chi fossene il calzolajo. Rispose:
mia madre - Domandato perchè non andasse al bagno di Diana, disse: mi preme troppo la nettezza - Mentre una sposa
mostravagli i maritali giojelli, sospirò: ecco le gioje del matrimonio! - Dicendogli con protezione un editore “eh qualche
giorno, faremo insieme un affare, signor Dossi” - rispose: io faccio libri, e non affari. - Mostrandogli tale una nuova
farmacia, messa a bronzi di color verde cupo, e dicendogli “fa paura” rispose con un sospiro “non abbastanza” - E il D.
non scriveva il proprio nome sui libri che comprava se non dopo di averli letti e meditati, dicendo che solo allora poteva
chiamarli suoi - Parlando poi degli autori antichi e degli odierni, osservava che i primi erano bei morti e i secondi brutti
vivi - Due soli, ch'io mi ricorda, sono i suoi calembourgs - il primo agricolo-letterario “Il miglior riso è quello di
Lombardia” - l'altro, in risposta a chi gli contava di un ammutinamento di donne, “Ammutinamento?” fece
“impossibile!” - V. sparsim.
3567. (v. 3550) Dormire in piuma, nel ricettario del linguaggio convenzionale sarebbe il più squisito dormire.
Eppure non c'è letto più infame di uno di piuma. Meglio assai una pietra. - E così del giacersi o del vivere in rosa, in uso
fra i Sibariti, che a quanto pare non pativano di male di capo.
3568. Il Premio dell'onestà (titolo provv. - o della Virtù) dovrebbe essere il complemento della Colonia Felice.
In questa trattai dell'uomo necessitato dal proprio egoismo a fare il bene altrui pel proprio interesse. Nel P.O. vorrei
rispondere all'obbiezione, che nell'umana società, prosperando il più delle volte il malvagio e andando il buono al fondo,
il proprio interesse consiglierebbe invece ad esser malvagi. - E vi risponderei, dramatizzando la sentenza che la virtù è
premio a stessa, e che quindi a dispetto d'ogni altro interesse, gli è di tutto il maggiore - col presentare un uomo
incoreggibilmente buono in mezzo ad una Società di malvagi, un uomo cioè, che nato nelle migliori condizioni di
famiglia, di censo, e d'intelligenza - a forza di fare il bene e ostinandosi in quello, nonostante una infinita sequela di
delusioni, finisce a rovinarsi completamente - nelle sostanze, nella salute e perfin nella fama - eppure - mai non si pente
- e all'ospedale, solo e tradito - muore con un sorriso di felicità. Evitare però lo scoglio che il mio eroe sembri, più che
un buono, un minchione. Egli dev'essere scientemente buono - accorgersi e dolersi degli inganni, ma vendicarsene di
proposito con nuove e maggiori bontà. Diff[icol]tà a vincere - Il mio eroe dee apparire generosissimo sempre e
minchione mai. - In questo romanzo potrei sfogare tutto il mio cuore - un cor... “che agogna sol d'esser ben noto”
nell'eroe, ascrivendo a lui ogni mia fantasia o pazzia di generosità - e potrei insieme sfogare nel mondo che lo circonda
quanta perfidia mia, o d'altrui mi si cova in cervello. - Attraversando poi il mio eroe moltissime classi di gente - affine di
trovarsene tinto da tutte - avrei agio di toccare col mio frustino satirico ogni parte della moderna società - e quindi di
poter offrire all'Italia il suo terzo romanzo completo. - Ma oh quanti mi si vogliono ancora entusiasmi ed esperienze!
3569. Nel P.O. o quale sua aggiunta - le Novelle dei generosi - ossia esempi di non sospettata domestica
magnanimità - E guerra alla morale ufficiale! - E metterò l'uomo in conflitto, non tra i vizi e le virtù - di cui la scelta è
assai piana - ma fra le virtù e le virtù. - Vedi per le N.G. sparsim.
3572. Una volta i novellieri contavano le novelle, oggi contano sè stessi.
3573. Secondo me, la miglior lode su un epitafio sarebbe “nato cattivo e lungamente vissuto, pur morì buono”.
3574. Si parlava una sera, in casa mia, della lucilina e dell'olio, e dicendo mia madre che la prima affatica
troppo la vista e la spegne presto, a differenza dell'olio..., tanto è vero che i nostri vecchi conservavano tardi i loro
occhi, appunto per grazia di lui - saltò su a dire Gorini “il miglior modo per conservarsi la vista è di non leggere. E i
nostri vecchi non sapevano leggere”. -
3575. L'amore sessuale, potente eccitatore dei nervi, scuote anche la fantasia. Produce non solo gli uomini ma
anche le idee; non solo i corpi ma anche le anime. - Il cazzo crea tutto. SATOR MUNDI (come nell'iscrizione del Museo
segreto di Napoli).
3576. Le Finanze e la pub. beneficenza che domandano sempre nuovi sussidi, mi ricordano quella bussoletta di
chiesa sulla quale un burlone avea scritto “fate elemosina pei ladri della parrocchia” -
3577. Stronomia, scienza amena - che ci fai guardare in su - Finestre chiuse aritmeticamente (per ermetic.)
dicea un mio servo. -
3578. Mi trovo ora (1875) nello stato di fortuna il più propizio a dare letterariamente bei frutti, avendone tanto
da poter studiare come il mio ingegno vuole, ma non abbastanza da far altra cosa che non sia studio.
3579. La vita di molti grandi, come Tasso, Camoens, Rovani può riassumersi in queste tre parole - genio,
ospedale, gloria -
3580. (R.U. v. 2348) I cretini - Non crediate ch'io vi parli di quella semplice specie celebre nelle valli di Sion
e d'Aosta che sta sulla sedia forata, senza sua colpa etc. I miei cretini seggono invece in gran pompa negli stalli
academici, nelle sedie presidenziali, sui troni. Per diventar tali non basta la natura; è necessaria una ferrea volontà - 18
ore al giorno per lo meno di studio. E sono coloro che rifiutano di pensare col proprio capo, che si uccidono il proprio
cervello col cervello altrui etc.
3581. Adele Lutzen, giovinetta di 17 anni, in agonia per tisi, salutò babbo, mamma, fratellini, poi cadde in
deliquio. Ma rinvenuta, ed essendole chiesto da mamma se ancora la conoscesse - “no - rispose - non vi voglio
conoscere più, per non perdervi un'altra volta”. Due ore dopo era morta. - Altro giovine che morì tisico, negli ultimi
giorni, avea perduto il palato. Volendo però mostrarsi grato a un amico che mai non si partiva da lui, col lodargli i cibi
ch'esso gli cucinava di sua propria mano, invece di dire mangiando “oh buono” diceva “oh bello!” - Utile e curioso
sarebbe un libriccino che contenesse la descrizione degli ultimi istanti di molti. Poichè è allora che, spesso, la fiamma
dell'ingegno, inanzi di spegnersi, dà l'ultimo sprazzo di luce - vividissimo -
3582. Alcuni sono capaci all'ingrosso di atti generosissimi, che poi al minuto, li fanno iniquamente scontare,
goccia per goccia, a quelli stessi che hanno beneficato. Es. me.
3583. Il ricatto scientifico e letterario è in gran fiore in Italia, massime nel Napoletano. Auto-presidenti effett.
di società che non hanno locali, archivi, nè scopi, nominano da tutte le parti altri presidenti onorari con diplomi e
medaglia d'oro, solleticando in tal modo la piccola vanità. - I merlotti cascano a nuvole nella rete - pagando tasse
d'ingresso, indoratura di medaglia etc. V. ad es. il conte Cavagna e le sue due pagine di titoli academici cilappeschi sulla
guida di Milano del 74. - C'è poi a Napoli un Commendatore *, che si sottoscrive “fondatore della società dei Salvatori
in Italia e traduttore della Divina comedia in dialetto napoletano”, il quale riuscì a imbrogliare il re stesso. Aggiungi, il
circolo filologico Giambattista Vico e i suoi medagliati, aggiungi, i circoli per le bibl. circolanti che si fanno donare i
libri per venderli etc. - Altra truffa insigne è il Dizionario biografico di Ginevra o di **. Il suo compilatore scrive al
tale o tal'altro scienziato o letterato europeo chiedendogli notizie biografiche sul di lui conto. Allora il merlo (che ad es.
può essere il prof. Cantoni di matematica) grattato nella vanità, scrive, e manda un fascicolo. Risponde il compilatore
che stampar costa e che però egli deve L. 400. Il merlo per non perdere la propria fatica manda il chiesto denaro.
Risponde ancora il compilatore, che sarebbe ben fatto abbonarsi. Così egli ha collaborazione non solo gratuita ma
pagata a lui - e di più, un abbonamento. - Altre truffe - chi cerca la fotografia al tale o talaltro scienziato o lett[erato] per
una Società e la firma - chi distribuisce commende e cavalierati di ordini cavallereschi, spacciandosi per un Paleologo
od un Gonzaga - etc. etc. - Cit. poi l'usuale ricatto dei giornalisti, che ritengono abbonati chi non respinge il loro
giornale; cit. la signorina Atenaide Zaira Pieromaldi, fondatrice e direttrice della Società cosmico umanitaria contro la
guerra, il duello, il suicidio, la pena di morte e il matrimonio. - Cit. anche le dotte canzonature delle leggi regie, delle
vite di un santo padre trecentista di Leopardi etc.
3584. Truffe non letterarie - Truffa 1
a
. Tale avea promesso d'indicare ai molti papà un certo suo mezzo perchè i
loro figli potessero sottrarsi alla leva in piena legalità - a patto che gli dessero un tanto. Il tanto fu dato; e allora egli
disse: mandateli a volontari. - Fu processato. Se la cavò. - Truffa 2
a
. I promettitori di terni sulla base infallibile della
matematica. Il prof. 4. 75. 86. di Vienna non richiede se non i francobolli per la risposta. Ma attendetela, se avete
pazienza! - Truffa 3
a
. Società per le scommesse dello Sport. Tasse di tre categorie. Fioccano i merli. A chi paga la tassa
di 1
a
cat. lire 100 si risponde che questa è tutta coperta, e che non c'è che qualche biglietto per le tasse della 3
a
di L.
500... - Truffa 4
a
. I prestiti della città tale o tal'altra di Germania, pagabili a rate... - Ma e chi potrebbe enumerare le
truffe? È più facile dire - il mondo è un'unica truffa.
3585. Truffe non lett. - L'indicazione del domicilio di certe società imbroglione, conduce in anditi senza
riuscita e senza porta, e una volta condusse in un cesso. Mi contava Gorini, che una volta, a Parigi, incaricato di cercare
la sede di una società per il gaz, alla quale un municipio d'Italia avea già anticipato parte del prezzo per lavori a farsi,
riuscì, dopo molte ricerche, a scoprire un bugigattolo con entro un vecchio. E Gorini gli chiese del direttore. Il vecchio
rispose che il direttore era assente per grandi affari, e aggiunse “torni fra 8 giorni”. Tornò Gorini, e più non trovò
vecchio nè bugigattolo.
3586. Fiaba raccontatami da un alpigiano (Val Ganna). Pipetta domanda tre grazie al divin Maestro: la prima di
un sacco in cui entri qualunque cosa a lui piaccia - la seconda di un violino, sonando il quale ballino tutti, la terza, di
uno schioppo che colga tutto ciò ch'ei miri. Il divin Maestro accorda le tre grazie al Pipetta. Il Pipetta passa da un
salumiere, ha fame, vede un salame e gli dice “va dentro” e il salame è nel sacco. Incontra poi un curato cacciatore che,
abbattuta una lepre, fa per pigliarla. Egli suona il violino e il curato si mette a ballare stracciandosi i panni in mezzo alle
siepi. E il Pipetta raccoglie la lepre. - Un amico che soprariva con un asino carico di pentolini di Biella lo prega di una
sonata. Pipetta suona. Balla il padrone, balla l'asino e tutte le bielle vanno in frantumi. - Ma il Pipetta è condannato a
morte. Chiede la grazia di fare prima una sonatina. Ballano i giudici, balla il boja, ballano gli spettatori ed egli fugge. -
Muore infine, in età avanzata. Il Paradiso non lo vuole, e l'Inferno gli chiude le porte. Torna di sù, e chiede per solo
favore a S. Pietro di deporre in Paradiso il suo sacco. Accordato. E allora dice: ch'io vada nel sacco - ed ecco il Pipetta
in Paradiso. -
3587. Conf. il Pervigilium Veneris, col Carme de rosis nascentibus (Anth. latin. fas. 2 pag. 98. Teubner) i quali
mi pajono fattura di una stessa mano. - Oh come in entrambi spira la matinale primaverile freschezza!
3588. i mangiatori di riso (gli Indiani) - i mangiatori di datteri (gli Africani).
3593. Certo Scopini proponeva a Carlo Porta di far parte con lui di una società. Non ho nulla in contrario, disse
Porta, ma giacchè hai fatto due, fa anche tre, e cerca d'introdurre nella società anche il cardinale Ruff. Così la ditta sarà
completa “Porta-Ruff e Scovin” (pattumiera e scopa) -
3594. La predica di Bordaloue (?) in presenza del cadavere di Luigi XIV e di tutta la corte - splendidissima. La
Francia era allora al suo apogeo, per lettere, scienze, armi. Il silenzio è generale. Tutti fissano l'autore. Egli si raccoglie
un istante e comincia “Dieu seul est grand!”... -
3595. I Missionari Cattolici, a differenza dei protestanti, invece di tentare la conversione dei selvaggi
coll'insegnar loro le umane universali regole del Vangelo, s'intende, col contrafforto della pagnotta, ancor prima di
parlar loro di Dio, parlano dell'Immacolata e del Purgatorio. E credono poi di averne convertite migliaja quando
possono arrivarli con una secchiata di aqua benedetta.
3596. Manualetto d'amore, sarebbe il titolo di un dizionarietto in cui vorrei mostrare artisticamente agli amanti
molti mezzi gentili di esprimere il proprio affetto, avvalorandoli, dove si possa, di classici esempi. - Per es. il ber baci -
cioè il bere nel bicchiere dell'amato al posto dov'egli pose le labbra.
3597. Legna tarlata arde più della verde - può dirsi dell'amore in tarda età.
3598. Dicitur, che un conte Sola, a' tempi del giallo e nero, chiese al Tribunale araldico e ottenne, pagando un
centinajo di fiorini, la concessione di alzare la coda del cane che figurava nel suo stemma e che la teneva prima fra le
gambe.
3599. Usare antiche similitudini per esprimere fatti o pensieri odierni è ridicolo. Il “tra Scilla e Cariddi” non ha
più senso. Se ne potrebbe però godere ancora lo stampo, dicendo invece “tra un ladro e una guardia di questura”. Tutto
in un libro dee concorrere a far storia.
3600. (dal vero) Stab. di educaz. femm. della signora Virginia * a **. La S.
ra
Virginia è una donna isterica in
sui 40 anni: cangia tutti i toeletta: chiama in sua stanza le scolare per farsi arricciare i capelli e aggiustar le polpette;
attraversa le aule in veste di cachemire ondeggiante; assiste al pranzo delle convittrici in soprabito di velluto, trine e
veletta. Ha un amante, Pio ***. Le ragazze lo sanno, e passando presso la direttrice sussurrano... pio... pio - Quando poi
la direttrice è più cattiva del solito e amministra rabbiosa alle scolare pizzicotti e ceffate, le poverette invocano sotto
voce il Pio “oh vieni pio pio... e falla contenta” - Il dormitorio delle grandi è a terreno presso la sala. Scendono dal letto,
si avvicinano alla porta e spiando vedono e sentono cosa dicono e fanno il Pio e la S.
ra
Virginia. - In anticamera c'è
sempre appeso qualche soprabito d'uomo - Appressandosi poi il suo giorno onomastico, se la direttrice desidera una
toilette (e l'ha già scelta) una delle maestre suggerisce alle scolare di comprarle e donarle la detta toilette “un vestito per
es. e sì”, dice la maestra, e mostra loro un campione della veste che la S.
ra
Virginia s'è già comandato. E allora le
ragazze sottoscrivono tutte. Guai chi sottoscrive poco! ramanzine, pensi etc... - Ma intanto che la S.
ra
Virginia spende e
spande, sua madre - una madrazza sciammanata e taccagna, che attraversa zoppicando le scuole - vende alle scolare le
penne, gli aghi etc. al minuto, facendoli loro pagare due o tre quattrini ciascuno. Come poi le aule son vuote, va a
raccogliere sotto i panchi gli aghi, e i ditali perduti e li rivende alle loro proprietarie... Quando qualche zuffetto di
scolara, castigata dalla direttrice, minaccia di lasciarla, è la mamma che s'intromette dicendo: via piccina... non dare
ascolto alla mia Virginia... sai ch'è un po' pazza etc. etc. -
3601. P.O. - Il colore del nostro giornale sarà quello dell'onestà - se l'onestà può avere un colore. - L'inonestà è
sempre tale, sia essa vestita di rosso, d'azzurro o di nero.
3602. Musica è sorella di religione. Molti tra i primi (intendi primi in ragione di tempo) maestri di musica,
furono ecclesiastici. E furono grandi perchè hanno avuto grandi scolari. - Così molti ecclesiastici furono anche eccellenti
astronomi - Cit. la frase, per me stolta, di colui che domandato cosa avesse veduto di strano nel suo viaggio in Ispagna,
rispose “un astronomo ateo”.
3603. Nei giardini lungo il Naviglio milanese si coltivano fiori e flussioni.
3604. Domandandosi al nipotino di un ricco signore, che cosa intendesse di fare, quando sarebbe grande, e
avendo egli risposto più volte di no alle domande vorresti fare il cocchiere? il calzolajo? etc. rispose infine “vorrei fare
lo zio”. -
3605. (V. Prog. lett. del Dossi 3496. n. 17) Le tre bellezze sarebbe un racconto in cui tale, in cerca di moglie,
s'innamora prima di una che ha la bellezza della forma - poi d'altra che l'ha dell'ingegno - poi di una terza che l'ha del
cuore. Mostrare dramm.
te
come quest'ultima bellezza faccia parere fin brutte le altre due.
3606. Anche i pochi codini si credono progressisti illusi dal generale progresso. Chè di loro succede come di
chi stando nel vagone di un immoto convoglio, e vedendosi a paro un altro convoglio che progredisce - crede pur lui di
progredire col proprio. -
3607. giovinastri - quasi giovini-astri - limo, fango, quasi l'imo, il fondo, che è la parte dove siede la feccia, il
fango etc. - Chichina! escl. mil. di gioja - già el Domm l'è faa, già el dazi l'è pagaa, - si dice di chi è giallo di colorito -
Etimol. sguardi supplichevoli vogliono dire sguardi a ginocchi -.
3608. Lo stile del giornalismo odierno è “forbice e colla” -
3609. Ero di una incorreggibile ignoranza negli affari domestici che mia madre soleva dire “quel poco che
ho, già sapete che è per voi, figli miei, metà per uno. Io non farò testamento che per una sol cosa - cioè per lasciare a
qualcuno mio figlio Alberto”.
3610. C'è un prof. di matem. a Pavia, certo Angelo Vecchio, che non fa altro da mattina a sera che indovinare
sciarade, logògrifi e rebus, passando così con assai poca fatica, fra suoi amici da caffè, per un grande scienziato. - Altro
prof. di matem., pur di Pavia, il Codazzi, è abbonato a tutti i giornali di moda. Beve ogni sera parecchi litri di vino, ma a
un quintino per volta e gode di vederseli tutti innanzi vuotati. E a ciascuno che smorza, dice “un altro quintino”. Raso
poi, chiama il garzone dicendo: un mezzo qualunque per trasportarmi a casa. -
3611. C'è chi si compra i suoi antenati alle aste amichevoli e giudiziarie. CF. canvass of family.
3612. Tale, prese un purgante eroico, che, sedutosi alla latrina con un cappellone in testa, cacò tutto
stesso, meno il cappello, che restò sul buco del cesso, coprendolo -
3613. Pel dramma-poema Colombo, pigliar cognizione del poema di Lorenzo Costa - dell'Oceano di Tassoni -
di Humbold[t], che ne trattò più in riguardo alla scienza che alla fantasia - di Washington Irwing etc.
3614. Una volta l'ingegno valeva qualchecosa di più che non ora. Una bell'ode ci dava un governo. Ma oggi, in
cui tutto è irregimentato, protocollato, bollato, l'uomo d'ingegno e lo stolto si trovano a pari condizione. Ci è necessario
far coda per procedere d'un passo. Se lo stolto innanzi non va, non sperar di avanzare, o tu, uomo d'ingegno.
3615. La misura dell'ingegno degli altri, io la trovo nel vario grado che assume il mio, nei differenti contatti col
loro -
3616. La previdenza insegna all'uomo di seminar sempre e coltivare affetti nuovi, i quali possano compensarlo
dei vecchi di cui purtroppo ne muor qualcuno ogni dì. -
3617. Non c'è bestia p bestia del villano ignorante. Qua romanzieri che vi compiacete a descrivere arcadici
paesaggi! Il villano non ha religione, ma superstizioni. È vendicativo, dà il fuoco alle cascine del padrone, ne avvelena i
cani, invidioso del pane che loro si dà. - Rogatus, negat - pulsatus pregat - pugnis concisus adorat - E voi, preti bricconi,
parlate loro dal pulpito della immacolatezza di Maria e di simili sottilità teologiche! Loro insegnate invece a non rubare
- o meglio - leggete loro gli articoli del codice!... E noi, stolti umanitari, dimandiamo il suffragio universale! - Sferza!
ecco l'unica educazione per un villano; carabinieri! - ecco i soli possibili educatori.
3618. Ad un ragazzo (d'Induno) che il padre batteva quotidianamente fu suggerito da un prete di farsi scrivere
sulle chiappe i nomi di S. Francesco e di S. Antonio, chè così le avrebbe scampate dalla battitura. Detto fatto, quando il
padre gli cava i calzoni per sculacciarlo, vedendo i santi nomi “al miracolo” grida, s'inginocchia, e devotamente bacia al
bimbo le natiche, divenute reliquie. E tutto il villaggio lo imita. Si noti che questo aneddoto mi fu raccontato dal curato
del villaggio - bigottissimo!
3619. Scrivo troppo male per scrivere a te - dicevami la mia A. Ed io: t'amo troppo, per ricordarmi, leggendo le
lettere tue, che c'è una sintassi e una ortografia.
3620. Gli amori delle monache finiscono spesso nel cesso (allusione agli infanticidi).
3621. Il Signor Giovanni de Castro imitò il Dossi, in un suo racconto dal titolo Felicità inedita (n. 16, 17 aprile
1874, giornale La Varietà di Milano) tolto dall'Amore perduto (R.U. Calamajo di un medico) - Ambrogio Bazzero imitò
lo stesso col suo Riflesso Azzurro, preso dall'Altrieri - Benedetto Giussani id. col suo Titano, attinto, per le frasi etc.
dall'Alberto Pisani.
3622. Nell'O.P. discutere sulla convenienza e sulla onestà della disciplina di partito - Id. sull'assassinio politico,
fissandone i limiti - cioè quando gli si debba la galera e quando la Statua.
3623. Il genio è una torcia. Per illuminare altrui deve consumare stesso (V. Bizz. 3627. 6). Il genio è un
incendio. Perchè duri, bisogna aggiungergli sempre materia nuova.
3624. I voli dei moderni poeti sono voli di pollo e non di aquila.
3625. Non ti fidar delle bionde! Ama le nere. Le bionde possono essere amate. Le nere amano.
3626. (Bizz. V. 3627. 30) Alla verità non si era mai creduto ma oggidì si comincia a non credere neppure alla
bugia. -
3627. (V. 3496. Bizz. e sparsim, bizz.) - Progetto di libro intitolato Il libro delle bizzarie del Dossi, dove in
forma stramba e paradossale si dramatizzeranno pagine dell'odierna economia sociale, storia, filosofia etc. facendosene
nello stesso tempo la satira. Ep[igrafe] non est ingenium sine mixtura dementiae - Il libro sarà diviso a press'a poco
come segue. Bizz. lett. Prefazione. - Il giudizio universale delle Idee - Saggi di critica nuova - Asta della
libreria del D. - La mia famiglia - Theòn ménima - La Satira della Satira - Ricetta per fabricare gli uomini
illustri - La caccia alle idee - 10° Filosofia gramaticale (V. 679 e N.L.) - 11° Il filosofo e la sua serva - 12° I sogni
classici del prof. Pallanza - 13° Lettera alla posterità (V. quella di Petrarca) - 14° Prolusione di un corso di storia del
secolo XIX nel secolo L. - 15° Lezione di Letteratura (C. D. e il suo tempo) - (bizz. fil. econ. stor.) - 16° Il regno delle
macchine - 17° L'abolizione della fame - 18° Il mercato universale - 19° W. l'eguaglianza! - 20° La utilità della inutilità -
21° L'Esiglio del Dolore - 22° La morte della morte - 23° Le idee all'ingrosso e le idee al minuto - 24° Il bene del male
(2677) (l'amicizia dei nemici 2948) - 25° La giustizia della giustizia (Cit. ing[iustizie] legali) - 26° Rivolta in paradiso
(contro la perfetta felicità e la conseguente noja) - 27° La gloria (165) - 28° Panegirico del nulla - 29° La lode della
Malattia - 30° La lode della menzogna - 31° Inno alla Paura - 32° La morte del Diavolo (a. È morto. b. lode. c. chi è
morto? Il diavolo) - 33° Transazione fra Dio e il diavolo in cui si riconoscono stretti parenti, anzi gemelli. Il Diavolo è
il complemento di Dio. (in forma d'atto notarile - oggi il vizio si confonde colla virtù etc.) - 34° Asta giudiziale delle
idee fuor d'uso - 35° L'inaugurazione del Palazzo della Civiltà (enum. tra le statue i benef. dell'Um.) - 35
b
(54)
L'Anticristo (lucromania) - 35
c
(55) 15 giorni di dispotismo - (bizz. varie) - 36° Il Messia dei cani - 37° Filosofia dei
cenci - 38° La poesia della merda (Oraz. fatta col culo) - 39° La uccisione del sonno (cominc. colla frase di Lady
Macbeth. - disc. se il sonno è tempo perduto, se è morte o vita) - 40° Vettura, ferrovia e pallone (rel.
te
alle idee) - 41° Il
Vampiro (zia Marianna) - 42° Catalogo di una galleria di quadri e di statue - 43° Collezione di cervelli (cerebro
universale - pensiero e azione, cosa unica - tutto si vale) - 44° Homunculus - 45° L'Uomo-spirito - (bizz. sent.) - 46°
Lettere alla mia ignota amante - 47° Ciò che vedo nel fuoco e nelle nubi e ciò che mi dice il rombo del campanone del
Duomo - 48° Manualetto d'amore - 49° Il capitolo dei baci - 50° Le voluttà (coito, meditazione, svenimento,
impiccagione etc.) - 51° I miei progetti - 52° Il glande impietrito - 53° Il tombone di S. Marco - 54° (V. 35
b
) L'anticristo
- 55° (V. 35
c
) 15 giorni di dispotismo - 56° Viaggio di un microscopico intorno al pianeta Uomo - 57° Dall'album di un
lunatico, nel suo viaggio in Terra - 58° Guerra alla guerra - 59° L'altro mondo - 60° Sezione del cerv. del D. - 61°
Pensiero e azione (V. 45) - 62° La morte della sensibilità - 63° Dei vantaggi dell'ineducazione - dedica a Mgr. Della
Casa e a M. Gioja. - 64° Dei vantaggi della pazzia - confutaz. da giuoco all'ultimo capit. di Mausdley (responsabilità
nelle malattie mentali) - 65° Le possessioni di chi non ne ha - 66° La miglior forma di governo (il non-governo) - 67° Il
libero arbitrio - 68° La Guerra delle Parole - 69° La lamentazione di un cadavere pietrificato (V. 4744) - 70° Kòpros -
71° Progetto per un perfetto principe costituzionale - 72° Vita economica artificiale - 73° Diagnosi medica e critica
letteraria - 74° Storia di avvenimenti non accaduti; prolusione universitaria (n. 5029) - 75° Letteratura internazionale -
76° Gli ultimi inquilini della Terra - In particolare V. l'indice al titolo Bizz.
3628. A me, che cerco l'amore, consigliano il matrimonio. Rispondo: sono un cavallo da corsa io, e non da tiro.
3629. D.M. il cui unico atto di coraggio in vita sua fu lo scappare. - D.M. teme l'aria, teme l'aqua - Per lui una
passeggiata su'na montagna è una impresa eroica; per lui è pericoloso traversare un lago lievemente increspato. Nella
notte non vede che ladri etc.
3630. O geloso, vuoi bella la tua amante, e poi vuoi che non piaccia ad alcuno!
3631 a). R.U. I sudicioni. Silvia C. teneva i suoi vestiti di velluto in uno stanzone appesi a una corda, tutti
infangati, finchè venisse il tempo di metterli in casse e mandarli in campagna dove, una volta all'anno, la fattora
s'incaricava di pulirli. - Il Sig. C. dormiva con su gli stivali - Due insigni sudicioni furono l'* e il Savon - Era chiamato
Savon e non l'adoprava mai. - Gli scienziati in generale lo sono, forse per lo stretto rapporto tra la scienza e il sapere.
3631 b). (Bizz. V. 3627) Viaggio di un lunatico 57. La tanto invocata pace universale regnava sulla terra. Non
si parlava più di re di stranieri. Le nazioni non rappresentavano che grandi municipalità. Si stabiliscono colla
geometria comunicazioni colla luna. Guerra colla luna etc. - opp. il lunatico fa una gita tra noi, e descrive le nostre
abitudini, le nostre figure etc. con termini e circonlocuzioni sì strane da farle parere tutt'altro - Abolizione della fame 17.
Decreto del Padre Eterno che abolisce la fame per cui tutti si lamentavano. Effetti. Non c'è più ricco: 100.000 lire un
pajo di scarpe, spopolati gli uffici, le arti abbandonate. Finchè dura l'antica scorta di abiti e attrezzi nessuno si muove -
indi tumulto. - Dopo vari anni si ristabilisce l'equilibrio. Quello in cui il cibo non produce altro che vita pare il più
odioso lavoro etc. etc. (Esprim. meglio) - La morte della morte 22. L'uomo riesce a ridurre in un canto la morte
necessaria e ad ucciderla (il genio l'avea già spesso addormentata). Pei primi anni, tutto va bene. Dopo un secolo,
raddoppiano i suicidi - dopo due triplicano. La varietà ha limiti. Gli uomini cominciano ad accorgersi di tutto l'orrore
che in ha l'idea dell'eternità; non c'è alcuno ci possa resistere - e fuggono tutti - Rivolta in Paradiso 26. Dopo
centomila anni di forzata felicità - il Paradiso è un solo sbadiglio. La compagnia degli stolti ignoranti forma il Paradiso
- monache e frati dalle ascelle puzzolenti - La gente d'ingegno - è tutta all'inferno. S'invidia ai dannati. S. Agostino
comincia a trovare che il volto del Padre Eterno è un po' troppo quell'uno. Consiglio - Rivolta - Le porte sono abbattute,
e scappano tutti. Il P[adre] Et[erno] resta solo a nojarsi - V. sotto. V. anche Parny, Guerre des Dieux.
3632. Bizz. (V. 3627 e 3631) - Il giudizio universale delle idee 2 - sogno - Ciascun riprenderà sua forma e sua
figura. I pensieri volano di libro in libro, i membri di una statua si attaccano a quelli di un'altra etc... La testa di un
Antonino fugge da un corpo di Ercole etc. Es. di plagi etc. Non rimangono che le lettere dell'alfabeto, e neanche tutte -
Collezione di cervelli 43 coroll. al giudizio univ. Pur l'intelligenza è una sola: togliendo altrui, adopro del mio. È il
lavoro diviso. Ciascuno adempie alla parte assegnatagli dalla natura, la quale, unita al resto, sommerà in un'opera ch'egli
non sa - o che appena intravede. - In altre parole la somma dei lavori darà l'opera completa - darà Dio. - Il cerebro
universale, formato dagli individuali d'ogni tempo. L'ind. stoltezza, è ingrediente essenziale alla savia totalità - V.
sparsim. in bizz., cervello, idee etc. e 3634.
3633. Etimologisti dello stampo vecchio: Egidio Menagio Et. della lingua italiana - Ferrari Ottavio, Origini
della lingua italiana - Et. fogn (mil.) cosa fatta di nascosto, quasi fogna che è nascosta e insieme cosa sudicia -
3634. Bizz. (V. 3627. 3631. 3632) Coll. cervelli 43 o meglio La mia famiglia 5. Pensiero e azione sono una
cosa sola. Il pensiero è sangue. Chi scrive un libro, ne sagrifica alcune oncie all'umanità. Un autore sparge sangue per il
proprio paese più meno di un soldato. V. rapp. tra le due generazioni, la spirituale e la fisica - Filosofia dei cenci
37- Passa un carro pieno di cenci che si avvia ad una cartiera. Dalla bottega elegante, al rigattiere e al cenciajolo, sono
passati inzuppandosi di ogni sorta di vizi. Quante hanno corrotte castità quelli stracci, o quante virtù trionfate! - Ora,
diventeranno carta. Ma può darsi che nella camicia di una vergine, un romanziere scriva la pagina più puttana del libro
suo, mentre sulle filaccie, umide ancora di siriaca lue, o che fecero parte di un osceno fascinum, forse si stamperanno
consigli di onestà e libri di devozione etc. Altri scrive una lettera d'amore su'n panno del cesso -
3635. Bizz. (V. 3627 etc.) - Catalogo di una galleria di quadri e di statue 43. Chi troppo si avanza negli studi,
trovasi spesso in coda a chi lo segue - come succede in un circo dove l'auriga che precede gli altri, spesso li raggiunge
alle spalle. - Homunculus 44. La fabbrica di un uomo. Teorie Gorin[iane]. L'uovo etc. Ma Amore ne morebbe di
malinconia - Povero mondo! - La mia famiglia 5. Le opere di un letterato etc. sono i veri suoi figli, e per la voluttà e la
fatica del concepirli, e per l'affanno di vederli posti in onore. I libri poi, come i figli, nutrono spesso in vecchiaja i lor
genitori.
3636. Bizz. (V. 3627) Lettere alla mia ignota amorosa 46. Rispondere in esse all'eco di chi desidera senza
speranza un'amante. È aprile, tutto ama, io solo trovomi senza possibilità di amori e senza memorie. Ma è necessario
vedersi per amarsi? Se nessuna mi ama, dovrò per questo non amare nessuna? E mi divido spiritualmente in due. Serie
di lettere. Chi sa se tra le mie leggitrici, non sia la mia desideratissima... - Asta della libreria del D. 4. M'accorgo che a
forza di studio divento ignorante. La Scienza caccia fuori di casa il mio Io (Vedi in studio, scienza etc.). M'arresto a
tempo. Risolvo di barattare i miei libri con qualche brentina di vino. Donde un'asta, in cui dico quattro parole seriofacete
su ogni scrittore che vendo. -
3637. Tra gli emissari mazziniani c'era un prete Foglia, il quale girava a vendere i biglietti del prestito di
Mazzini e sempre sfuggiva alla Polizia. Una volta fu incaricato di andare a Parigi per ritirare certe carte importantissime
e la Principessa Belgiojoso gli diede, qual segno d'intesa, un mezzo nastro di cui l'altra metà era posseduta da colui che
gli dovea consegnare le carte. Prete Foglia mette il nastro qual segnafogli nel breviario, e parte per Parigi. Al confine la
diligenza è arrestata. Si perquisiscono i viaggiatori e in ispecial modo si fanno i galitt al prete Foglia che viene trattenuto
in officio. Ma nulla essendosi trovato, Foglia alza il ciuffo e comincia a strepitare, dicendo che gli avevano fatto perdere
la coincidenza col treno di delle Alpi, che nella diligenza, già partita, si trovava una sua sciarpa etc., tanto che il
commissario di polizia, per aquetarlo, lo manda a pigliare da un mercante un'altra sciarpa (che naturalmente il Foglia si
scelse magnifica) poi gli fece attaccare una carrozza a quattro cavalli, perchè potesse raggiungere la diligenza. E la
carrozza partì a gran carriera, e alle stazioni di polizia doman[dan]dosi “chi va là” il prete cacciava fuori il capo dallo
sportello dicendo: conte Foglia.
3638. Il pittore Gignous stava copiando un paesaggio. Molti contadinelli gli si erano affollati intorno fino a
levargli il fiato. E Gignous “cosa vegnì a faa chì? savii forsi diping?” - Mi che soo, rispose un bimbo - Ben, diping -
gli disse Gignous offrendogli il pennello. E il bimbo “ping” - Cosa la dis la nev al sol? La dis-lengua - Et. milanese di
castitas - cazz-tì-taas - Qual'è l'autor pussee nemis all'umanitaa? Ball-zac -.
3639. Bizz. (V. 3627) 56. Viaggio di un microscopico intorno al pianeta Uomo. Il micros. parla di boschi (peli)
di fonti e di fiumi (sudori, lagrime etc.) - parla di caccia a delle bestie immense feroci (pulci, pidocchi) di monti, di valli,
di caverne, di terremoti, di tempeste etc. (protuberanze, cavità, tremiti, starnuti etc.) - L'uomo-spirito 45. Più l'intelletto
si perfeziona, più l'uomo si stacca dalla materia finita. L'uomo fu originariamente pietra. Sentì, e fu pianta - Pensò, e
divenne animale. L'uomo-corpo tende a diventare uomo-spirito - La fusione degli spiriti nell'amore universo (V.) -
3640. Cantù Cesare è già sulla lista dei grandi che hanno da diventare piccini - Parea un antico uomo di studio,
benchè non ne fosse che un giovane -
3641. Bizz. (V. 3627) 23. Le idee all'ingrosso e le idee al minuto. Sminuzza molte idee che in complesso ti
pajono sublimi e vedrai che ti resta. La idea di una battaglia ti entusiasma, ti inorgoglisce: eppure essa non è che il
composto di mille piccole idee di agonie, di miserie, di famiglie in rovina, le quali ti fanno e schifo e raccapriccio e
pietà. La stessa uccisione di una mosca, a chi la vedesse con occhi da mosca farebbe spavento (V. 3582) Un villaggio
irlandese o napoletano, in lontananza - quanto è pittorico!... Entratevi. Orrore! - W. l'eguaglianza. 19. L'Umanità
proclama la perfetta eguaglianza dei beni - Cosa succede un'ora dopo la proclamaz. - All'indomani, tutti diseguali. - Not.
come il monachismo tentò l'eguaglianza anche dell'ingegno - L'Anticristo 35. Savia parodia a quella stoltaggine di una
Apocalissi (vedi anche l'Ipercalissi di Foscolo). L'Antic. figuri la lucromania - nata d'uomo etc. - Prolusione di un corso
di storia del sec. XIX letta nel secolo L. 14. Parodia delle confusioni che noi facciamo trattando delli antichissimi tempi.
I fatti diventati simboli. Il giudizio dei casi anteriori in forza di posteriori criteri. Si parla dell'Italiano qual lingua morta
e classica, la quale pare contenesse molte radici delle altre due spente lingue latina e greca etc. -
3642. Una moglie per rieccitare, mediante la gelosia, l'amore addormentato del marito di lei, finge fuggire con
un amico di entrambi. Difatti l'amore si risveglia nel marito che li insegue. Ma con Amore non si scherza. E la moglie
s'innamora davvero dell'amico.
3643. Bizz. (V. 3627). Ricetta per fabricare un uomo illustre 8. Si cominci a dar fuori programmi d'opere di
capitale importanza che non saranno mai scritte - o ci si crei Presidenti di società non ancor concepite - si facciano
critiche adulatorie e pesanti a scienziati o letterati alla moda, i quali ci scrivono tosto lodando noi - e noi ne stampiamo
le lettere. Nelle critiche non si manchi mai di dire “appunto come opina il mio illustre amico A.” - “questo è l'avviso del
chiarissimo B., secondo me ne scriveva etc.” - Si mandino di tanto in tanto lettere ai giornali per fatti personali, che se
non avvengono, s'inventano. - Si abbia sopratutto un bel studio, pieno di libri (leggerli non importa) dove si riceva,
facendo qualche volta fare, non troppa ma un po' d'anticamera. - Nelle opinioni sempre riguardosissimi, e tanto quanto
codini - l'abito e la fisionomia, severa e un tantino sudici - aqua di pomi, al caffè etc. etc. (V. anche in gloria, fama etc.)
-
3644. Croati e birichini. I bir. si mettevano dinanzi le file dei croati, piantati in piazza del Duomo - e
sbadigliavano a sganasciarsi. Lo sbadiglio è contagioso e ben presto tutta la fila dei soldati sbadigliava. Nelle
processioni poi, i birichini lor camminavano dietro e cercavano di cavare le scarpe, premendo sui tacchi croati colle
punte delle loro. -
3645. Bizz. V. 3627. Il messia dei cani 36. Ragionamento di un cane barbino (o di un gatto). V. raccolta di
poesie in lode dei cani stampata a Venezia. - Il Regno delle macchine 16. L'uomo lascia far tutto alle macchine. Le
macchine fabricatrici di macchine - I rubinetti di musica. Le macchine che scrivono libri (all. agli odierni scritt. di
forbice e colla etc. che pensano con un prontuario dei sentimenti).
3646. Bianca * amava un tal Redaelli. Le si presenta un conte ** di Ferrara d'anni 79, milionario, il quale, per
buggerare i suoi nipoti, vorrebbe sposarla. La * si consiglia con Redaelli, che le fa cuore a dire di sì, pensando che il
vecchio non può scampar molto. Il è detto - e due anni dopo ** crepa lasciando erede la moglie - Gioja di Redaelli -
Ma la * ammala improvvisamente e gravissimamente. Sopracolta da una crisi, par morta. Entra il Redaellì nella sua
camera, e ne apre gli armadi impadronendosi delle gioje. Ella riapre gli occhi, vede ogni cosa - Redaelli è cacciato
ignominiosamente - e la * si sposa poi al ***, povero a censo ma ricco negli inguini che se l'assicura impregnandola in
anticipazione. - E ora la * è bigotta. -
3647. Bizz. (V. 3627). L'esiglio del dolore 21. e V. Voluttà 50. Cit. i tre primi dolori fisici. Il dolore della fame,
quando lo stomaco ha bisogno di cibo, - il dolore del sonno quando ha bisogno di riposo, e il terzo dolore, il venereo. -
È il dolore che incita a propagare la specie. - La vera e tenera amicizia non può rinvenirsi che fra gli infelici -Voluptas
consistit in dolore praecedenti sedato (Cardano) -There is nothing truly valuable which cannot be purchased without
pain - Un organo è incitato da morbosa cagione? il dolore vi si reca tosto ed ivi chiama un afflusso d'umori, ne infiamma
la parte e rendendo più rapidi i periodi del male, gli ridona una pronta salute: se ciò non avviene, il morbo si fa cronico
ed una lunga infermità tiene luogo di un passeggiero dolore (Moyon?) - V. l'ode di Giusti al medico Ghinozzi contro
l'abuso del cloroformio.
3648. Ingegnere da ingegnarsi. Ecco come faceva l'Ing.
re
* per ottenere commissioni. Per es. trovava in una
casa la duchessa Scotti e con arte tirava il discorso a parlare di edifici etc. poi “sa, duchessa, le colonne dell'atrio del suo
palazzo strapiombano”. La duchessa torna a casa spaventata. Il duca, per aquetarla chiama il *, pregandolo di bene
esaminare lo stato delle dette colonne e di farne una relazione. * fà la relazione, nella quale lascia entrare la frase che la
dignità del palazzo Scotti richiederebbe un atrio maggiore. Il duca acconsente a mezza bocca, e zac! il * gli presenta un
progetto. La spesa par minima. Come sfuggirci? Si mette mano al martello. Chi può saper mai dove s'arresta il martello
di un ingegnere?
3649. Confaloneriana - Si provava il nuovo organo del conservatorio a sala vuota e si diceva che quando si
sarebbero messe nella sala le sedie, quando cioè ci sarebbe stato molto legno, l'organo farebbe un effetto più
soddisfacente. - Certo - disse Conf. - e ne farà uno soddisfacentissimo se calcoliamo anche tutte le teste di legno che si
metteranno sulle sedie. - Di Mazzucato dice che non fa altro che prendere ed esser preso in giro da tutti, cominciando da
medesimo - “el par ch'el se daga semper la balla” - Dice poi di chi scrive storia, filosofia etc. della musica (come il
Ronchetti, il Mazzucato etc.) che stanno sempre intorno alla musica ma non mai nella musica. Rossini invece, oh quello,
sì, che è nel suo massimo centro. - Parlando di fughe musicali che si dicevano ben interpretate da Faccio, osservò che la
miglior fuga che Faccio potesse fare era quella dal posto di capo-orchestra. - E ad un certo che gli suonava gottosamente
un pezzo di passione “quanta calma in quella furia!” -
3650. Cantù publicò per lettere di Lodovico il Moro, lettere di Galeazzo Vìsconti. Mommsen parlando a
Vignati di Cantù, chiamavalo “quel ciarlatano”.
3651. Io: Come sei in piazza, o Perelli! addio amore - P. Anzi! meglio. Farò all'amore come vuole Natura. - Io:
perchè? - P. E i cani non fanno sempre l'amore in piazza? -
3652. R.U. (V. 2348. Parte uff.). I soldati. Fa pena il vedere tanta gioventù condannata a sudare per far niente -
a vederla camminare su e giù senza perchè in una piazza d'armi - alle 4 della mattina (È marzo, e sono in teletta); fa riso
il vedere una cinquantina di forti collo schioppo tiraneggiati da un sottotenentello insolente collo spadino in mano.
Quelli stolti mi ricordano i buoi, che con una cornata potrebbero mandare all'aria i loro padroni, e invece ignari della
propria forza soffrono pazientemente le pungolate di un ragazzetto. E non è che temano i loro minuscoli capi; ma
temonsi fra di loro. - (V. il discorso sulla servitù volont. del La Boëtie). Oh quando si farà il vero pronunciamento, non
per il tale o tal altro governo (chè si equivalgono tutti) ma per non averne più alcuno!... Intanto - abductis squalent arva
colonis. -
3653. R.U. Una fra le prime prodezze di un bimbo, è l'attraversare da solo la via. A me parve di avere
sorpassato uno dei più grandi pericoli -.
3654. Rovani diceva di Perelli: colui che s'incarica di volermi bene. - Rov. chiamava l'assenzio “il suo giovane
di studio” - Parlandosi di Verdi e lodandosi alcune delle sue migliori melodie “eppure, disse, se ghe sent semper dent la
vanga” (e l'atto col piede, di vangare) - Sull'arco di Porta Ticinese, eretto a gloria della gran bricconata del 1815, sta
scritto “Paci populorum sospitae” che Rovani satiricamente traduceva “alla pace dei popoli - sospetta” - Trovi di
Rovani, una biografia del Pompeo Marchesi sull'“Uomo di Pietra” del 1858 An. n. 8. - e ne trovi due articoli, uno
sull'opera di Selvatico (Storia dell'Architettura) l'altro su un'opera di Jacini riguardante l'econ. sociale, sul Giornale
dell'Ing[egne]re Architetto di Milano Anno I. - Dicea Rov. che quando avrebbe voluto per la bolletta uccidersi, non si
trovava mai denari necessari per comperarsi un revolver, e quando se il trovava, allora naturalmente non si sentiva più
voglia d'uccidersi - Allorchè Perelli recò giubilando a Rov., domic.
to
all'osteria dei Promessi Sposi fuori di Porta
Venezia le 500 lire frutto della ristampa della Mente di Alessandro Manzoni, fatta in occasione della morte dello stesso
Manzoni, Rovani esclamò, con aria maliziosamente ingenua: bisogna che sto Manzon l'è propri bon - Pietro Magni,
scultore, stava modellando, chi dice un Caronte, chi un apostolo. Entra nello studio Rovani, guarda alla statua, e dice
allo scultore “potresti farne un Socrate” - In che maniera? dimanda il Magni. Risponde Rovani: schiscegh el nas -.
3655. Adolescente sentii l'anima mia sollevarsi da terra, e a tratti volare. Credetti di mettere ali aquiline...
ahimè! sono ali di pollo.
3656. Bizz. (V. 3627) Il messia dei Cani 36. Si dice che l'universo venne creato apposta per l'uomo. Ma chi lo
dice? L'uomo. - 15 giorni di assolutismo in Italia (55) basterebbero a far saltare al progresso tanti inutili passi - e a torci
da ogni timor di regresso. Non si tratterebbe infatti che di distruggere. Il pallone - la nave procedon più svelte per la
zavorra che gettano: e similmente la civiltà. - Prima cosa, il liberarci dai preti; dalla cosidetta questione romana. Dicono
molti “morto Pio IX non si fa più papa”. Cheh! se ne farà un altro e poi altri cento. Perchè finisca la razza, bisogna
distruggerne il covo. - Vana la legge sull'abol. dei conventi e dei frati se loro lasciate il radunarsi e il vestito. - 200 barili
di polvere sotto il Vaticano, una miccia, e la quistione Romana è sciolta. Per le altre rif[orme] V. sparsim.
3657- Il gen. Cerale ha una fama burlesca nell'eserc. ital. - Di lui si narrano a centinaia gli ann[edoti]. - Es.
Sente che nella sua brigata si fa una colletta per un monumento a Giordano Bruno - Chi l'è? domanda - “Un
republicano”, gli si risponde - Ed egli: s'arresti - Dice a un off.: fatemi il piano di quel sito - Off.: in che scala? -
Cer. che scala! che scala! cossa voeulo dì? - Off. glie la spiega rispettosamente. - Cerale (che non ha capito niente): ah
l'è sta sciochezza sì? ben ch'al fassa el pian; la scala la butaro po mi. - Off. La vuol forse da 1 a 10.000 - Cer.: oh troppo!
diavolo - basterà a mille. - Cerale non voleva che si scaldassero gli uffici oltre un certo numero di gradi e quando
vedeva che il termometro li oltrepassava faceva aprire le finestre e non le rinchiudeva se non allora che il mercurio fosse
ridisceso al grado voluto. - Un off. che pativa di freddo, pensò di sostituire il mercurio del term. con un filo di carta
d'argento che arrivasse soltanto al detto grado, poi scaldò a tutta stufa la sala. Cerale entra - sbuffa - va al termometro,
guarda - e vedendo che il 10 non è oltrepassato, si contenta, e va via. Così si seguitò per tutto l'inverno. E il bello è che
in un giorno d'estate facendo un diabolico caldo, Cerale guardò di nuovo il termometro e rimase stupito - e non s'accorse
ancora della burletta.
3658. Marina italiana. Un nostro dep[utato] interpellò il Ministro della Marina perchè non s'era risposto dal
porto al saluto di uso di un bastimento inglese, provocando così una dimanda di soddisfazione da parte del capitano del
bastimento. E il Ministro rispose: perchè non c'era polvere, in quel forte, per i cannoni. - Vada ciò per Messina dove un
altro brick inglese venne da noi salutato, in isbaglio, con due cannonate a palla - A Genova poi, volendosi affondare una
nave incendiata, su 10 colpi di cannone, otto colpirono un muro. - Così, l'ambasciatore italiano che si recava in Egitto
investì in un banco di sabbia etc.
3659. Differiscono i libri imag. di una volta dagli odierni, in ciò, che una volta c'era poco curato l'interesse
generale, derivante dall'intreccio, ma molto i particolari, mentr'ora non si bada che all'idea generale. Una volta cioè ogni
libro conteneva migliaja di idee; erano per così dire migliaja di libri riunitisi in uno: oggi, al contrario, è un'idea dilavata
in migliaja di pagine.
3660. Bizz. (V. 3627) Sogni e progetti 51 - Il teatro a fisarmonica - che impicciolisce o ingrandisce a seconda
del numero degli spettatori, evitando così i mezzo-teatri - che smontano moralmente gli attori - L'affitto della forza -
forza trasmessa dall'aria compressa mercè una caduta d'aqua e distribuita in tubi a tutte le piccole officine della città. - Il
ravvivamento dopo cento o mille anni. Cit. peraltro il caso di chi per sfuggire ad una moglie nojosa, si prepara per un
rinascimento, di a cento anni. Ma la moglie, saputa la cosa, si prepara anche lei. Passati i cento anni - rivivono e il
marito si trova, in un mondo affatto sconosciuto - faccia a faccia colla fuggita consorte.
3661. Nel Museo di famiglia si trova un articolo di Tommaseo su i “Cento anni” di G. Rovani - Treves
nell'Illustrazione Popolare (1875) riprodusse un articolo di Rovani su Melchiorre Gioja.
3662. Bizz. (V. 3627) L'uomo spirito 43. o Lett. alla mia ignota amorosa 46. - L'amore soddisfatto è il lui che
diventa io - L'Amore Universale. Ciascuno di noi desidera un altro essere in cui fondere, in cui perdere la propria
individualità. Quando il lui diventa io, il primo desio si aqueta ma allora i due esseri che non ne fanno più se non uno,
aspirano a riunirsi ad altra coppia, pure riunita. E così via, finiscono tutti a mischiarsi in una sola unità - Dio.
3663. Bizz. (V. 3627) Le voluttà 50 - In generale il perdere vita è voluttà. - Es. negli svenimenti, nei
dissanguamenti, nel coito e nell'impiccatura (nei quali entrambi si perde seme) - e nella suprema voluttà dell'agonia. -
Theòn ménima 6. Tale offende gli Dei. È punito col genio. - Torture del genio - Oppure tale offende gli Dei. Gli Dei lo
perseguitano, imaginando a suo danno i più squisiti tormenti. Ma il turcasso della divina vendetta è già esausto, e
l'empio sta ancora ritto, sfidando l'Olimpo. Nel turcasso non resta più che una freccia, tanto piccola da esser spregiata -
quella d'amore. - Gli Dei, benchè con poca fiducia, la lanciano. Colpisce l'empio méson épar. L'Empio s'innamora.
L'Empio è abbattuto.
3664. Bizz. (V. 3627). Collezione di cervelli 45. È lo stesso cervello che ha trovato la Pila e la divina Comedia,
che ha imaginato il Mosè e ha divinato l'America - Tutto è una sola opera divisa in molti volumi, un sol legno in molti
lavori - una illuminazione di mille fiammelle di gaz che vengono da un unico serbatojo. - E tu povera gente, tutt'occhi e
orecchi nel leggere, nell'udir e nel vedere opere d'arte, la quale esclami in trionfo “il tale ha rubato dal tale” ricorda che
l'ingegno è un solo. Chiamisi esso col nome di Tizio o Sempronio gli è infine sempre quell'uno dell'Uomo. Se non fosse
concesso di adoperare i cosidetti pensieri altrui, non dovrebbe esser pure concesso di adoperar le parole che sono anche
loro pensieri benchè alquanto più semplici (atomi del pensiero) - L'uomo è uno solo diviso in esseri mille -
3665. Bizz. (V. 3627). La mia famiglia 5. Il miglior processo nella concezione delle opere d'arte è quello che
più si avvicina alla natura. Ci sono rapporti strettissimi fra il concepimento, la gestazione e l'educazione di un uomo e
quelli di una idea. Un uomo non lo si fa di sana pianta, come non si scrive un libro mettendosi senza meditazione a
tavolino - con carta bianca dinanzi e didentro. Il seme del pensiero deve invece cadere nell'animo nostro e germogliarvi.
La prolungata meditazione fa di un chicco una quercia.
3666. Bizz. (V:3627). Lettere alla mia ignota amorosa - 46. Ciò che vedo nel fuoco etc. 47 - La mia amante, la
malinconia, amante fedele, eterna, che scende a trovarmi ogni sera, colla quale mi riunisco con gli occhi, che spargono
lagrime - L'intenso desiderio di una amante non soddisfatto mai. Finalmente una mi appare. Descriz. È quella; è la
desiderata dal mio cuore. La dimando del nome; mi risponde “sono la morte” - Pref. alle bizz. 1. V. saviezza e pazzia
La saviezza non venne mai ben accolta se non in abito di follia. Cit. il fou o buffone dei re vecchi etc. - Sia il motivo,
oggi in cui tutti i pazzi la fanno da savio - io savio la farò da pazzo... I grandi pazzi indovinano quanto gli altri trovano.
Es. Cardano e Newton (vedi i fous di Béranger etc.). Oggidì la scienza scrive “storie complete” “Idea generale” etc. La
storia d'Europa par già cosa da ridere. Ci vogliono le storie universali del Cantù etc.
3667. Amore di cavalleria arriva prima di Amore di fanteria per la natural ragione che bestia con quattro
gambe, per non dire con sei, fa più svelto cammino di bestia con solo due.
3668. Bizz. La gloria 27. Molti scrittori sono ora celebri per opere che non diedero loro celebrità in vita.
Petrarca rinomato a' suoi tempi per quel suo mosaico dell'Africa vive pel canzoniere di Laura. Milton conosciutissimo
pe' suoi libelli politici, ha fama dal Paradiso Perduto, che non si cominciò ad apprezzare se non 50 anni dopo la morte
di lui. - Rabelais ebbe onori per le sue opere dotte, e ora vive mercè di Gargantua e di Pantagruel. -
3669. Regola lett. - Sulla terra il piede - gli occhi al cielo.
3670. G.F. confr. le leggende e le tradiz. Milanesi colle Venete (raccolte dal Bernoni) e colle Piemontesi.
3671. Bizz. (V. 3627) La giustizia della giustizia 25. - Il bene del male 24 - Il mondo non può sostenersi senza
ingiustizia. Fiat justitia et pereat mundus - La lode della Menzogna 30 - il contrafforto della verità. Vedi in menzogna e
in verità. Ueberhaupt ist jede Lüge ein glückliches Zeichen dass es noch Wahrheit in der Welt gibt; denn ohne diese
würde keine geglaubt also keine versucht (Richter) - Il bene del male 24. (V. 2667.- e l'amicizia dei nemici 2948). È
providenziale che le antiche discipline e le antiche idee vadano di mano in mano scomparendo dinanzi alle nuove.
Altrimenti la mente umana non reggerebbe alla gravezza del patrimonio intellettuale, e la fantasia creatrice resterebbe
uccisa dalla memoria.
3672. Aveo 4 anni. Mamma e babbo facevano a chi più soddisfaceva alle mie bizzarie. Una notte, destandomi
di soprassalto, cominciai a piangere, dicendo, che voleva veder lumi. Babbo scese dal letto e accese i candelieri della
stanza. “Ancora” diss'io - Babbo andò a pigliare quelli della sala. E “ancora, ancora” fatto sta che babbo e mamma
accesero tutti i lumi di casa, dalla lucerna al globo al lumino della cantina. Fin d'allora, non mi pareva mai abbastanza la
luce.
3673. La via del pensatore, nelle sue più tese meditazioni cammina sempre sull'orlo di un precipizio. Un piede
in fallo ed ei precipita... nella pazzia.
3674. Bizz. (V. 3627) Il bene del male 24. Spesso un imminente generale disastro, come una guerra o un
contagio, riunì popoli di una stessa nazione divisi da odi intestini. Contro il tiranno dalle due teste aquiline, Italia si levò
tutta come un solo uomo... Or non potrebbe accadere un simile caso anche per tutto il mondo? imaginiamo, il cozzo
imminente di una cometa?... - La poesia della merda 38. Partire dal motivo, che stavo meditando sull'universo uno del
Bruno, e imaginavo un romanzo delle nazioni anzi dei mondi. - Ciò che vedo nel fuoco etc. 47 op. Ore di malinconia
(ved. 3496). I ricordi sfilati. Mi sovvengo di una notte, di un mio viaggio, di una carrozza rotta, e di una casa in un
villaggio che diedemi ospitalità. Nella casa c'era una festina di ballo. Io danzo con una giovinetta bellissima. Ella mi
guarda con occhi innamorati e io mi innamoro di lei. Ma la carrozza è aggiustata ed io parto. La imagine di lei mi
perseguita. Gli affari mi contrastan gli affetti. Finalmente, dopo due anni, ritorno dove m'ero incontrato con quella
bellissima. Il villaggio c'è ancora, c'è ancora la casa - ma nessuno sa dirmi nulla di lei. E io l'ho perduta per sempre.
3675. (V. sparsim) In campagna. La schiatta villana. L'alfabeto del villano (V. distici it. rimati). Par che Dio
abbia loro imposto in luogo del capo una zucca. I villani son pieni di incredulità e di superstizione. Due i loro scopi,
gonfiare la moglie e buggerare il padrone. Essi rubano piante, rubano grano, ruberebbero Cristo. E ti piangono sempre
miseria. Inutilmente perdoni loro gli affitti, inutilmente, nelle lor malattie, stappi per loro bottiglie e fai cuocere polli. Tu
non raccogli che ingratitudine - Guai poi se il villano arricchisce! etc.
3676. Un teologo distillatore di quintessenze del M.E. disputa se sarebbe peccato mortale vendere l'anima al
diavolo per ottenere ricchezze da impiegarsi in opere pie a maggior lustro della Santissima Chiesa - Discorso dei mezzi
e del fine, conclude che “certamente Dio avrebbe misericordia di noi - poichè noi avremmo buggerato il diavolo - cosa
non solo lecita ma meritevole di gloria eterna”.
3677. Bizz. (V. 3627) La gloria 27. Che cos'è la gloria? Il cantante, lo scrittorello etc. dicono “un articolo di
giornale” - Altri “una statua” etc. Disc. sulla vera gloria, sull'apparente sua perpetuità etc. - La poesia della merda 38.
Raff. tra lo studio e il cibo (cit. l'im[agine] del banchetto, del convito della scienza) e tra lo scrivere e il cacare
“necessario a chi mangia”. La merda sana di chi mangia poco e semplice (all. allo studio), la guasta di chi si abbandona
a troppa varietà o quantità di cibi - Non c'è discorso in cui oggidì si possa andare d'accordo. In politica hai i partiti, in
arte le scuole. Uno solo per altro è l'argomento in cui tutti si accordano, e dimora nel cesso. L'uomo, a parlare di merda,
di piscia e connessi, ci piglia uno strano piacere, e così pure le donne. Il cesso è la vera comune. - Cit. quella bottega di
offellaro a Milano, presso l'Albergo della Gran Bretagna nelle cui vetrine si vide esposta una raccolta di stronzi in
cioccolata di tutte le qualità. E per un istante Milano fu invasa dalla copromania. - Il gran Mecenate dei Letterati, il
grande incoraggiatore degli studi è... il Cesso.
3679. Moltke sa tacere in 7 lingue. - Rovani chiamava i fotografi suonatori di organetto.
3680. Mezzi amori di A.P. - Una bimba che si chiamava, mi pare, Restelli. Aveo 9 anni. Le scrissi una
lettera. - Dora Fontana, di 16 anni, che andò poi sposa nel 77 ad Em. Odazio. Fu un tacito amore. Aveo 12 anni. -
Carolina Venino di 27 anni circa. Altro tacito amore. Scrissi per lei, sonetti, odi etc. ma per fortuna distrussi tutto. -
Ritratto a Pitti di una giovinetta. Mi pare che fosse nel 69. - Elvira Ferrari morta a 17 anni. Cominciai a innamorarmi
di lei il giorno stesso della sua morte (1 giugno 1870). Le tributai molte lagrime - e un'infelice elegia. Sentivo troppo per
scriver con arte. - Ester Cagnoli. È il primo mio amore reale (non ho detto carnale). La avea 17 anni - e 23 io -. Le
dichiarai il mio affetto il dì 16 aprile 1873. L'avrei voluta mia sposa. Mi tradì, sposando un basso profondo il dì febb.
del 1874 “Et Minos a bove victus erat” - Amelia Pisani, mia prima cugina. Teneo simpatia per lei fin dall'agosto
1870. Il mio amore per lei raggiunse il suo colmo nel settembre del 1875. Però taqui tanto che quando, all'agosto del
1876 il 13, me le dichiarai, Amelia era già innamorata di un altro - (certo Giuseppe Biffi). Si sposò poi nel 1878 ad
Alfonso Possenti, fratello di mia cognata Gina - Erminia, una serva, dal maggio del 1876 al genn. del 1877... Mi
contentai di baciarla,più meno dell'Ester. - Emma *, sedicente sartina - La conobbi due sole volte (sett. 1876),
e non carnalmente. Voleva farne un'amante: era stoffa di meretrice. - 10° Elisa Cagnoli, sorella dell'Ester. Me ne
invischiai nel gennajo del 1877... corrente - e l'amore per lei dura ancora - Oggi è il 12 aprile. - Avvertenza. Fin quì ho
amato sempre da solo: nessuna mi riamò - fin quì non sono Uomo.
3681. Bizz. (V. 3627) Lezione di Letteratura (sul Dossi nel 1977) 15. Il Prof.
re
parla indirettamente di scrittori i
cui nomi non pervennero fino a noi, del valore del D. etc. e si maraviglia dell'accusa di stramberia e di oscurità che gli
mossero i suoi contemporanei. Ne legge alcuni pianissimi passi. - Conchiude con un rimprovero all'Italia, nemica
sempre degli innovatori - Corollario; il prof.
re
fa una ramanzina ad uno degli scolari che ardisce in un componimento di
avere uno stile nuovo.
3682. Bizz. (V. 3627) Asta giudiziale della roba fuor d'uso 34. cioè istituzioni scadute, frasi fatte, religioni e
affetti passati di moda. La collezione dei sacchi - cioè il tale filosofo messo in un sacco dal filosofo tal'altro etc. E sono
sacchi in cui se ne trovano due e anche tre. Rendere la bizzaria il più possibile grafica mediante un banditore che mano
mano descriva i pregi dell'oggetto da vendersi. I compratori fra il publico. I rigattieri dell'Antiquaria etc. Allorchè il
banditore vende la lega della falsa moneta medioevale, un ministro it. la compra, per usufruirla nella carta moneta etc. -
Catalogo di una galleria di statue etc. 42. Sarà la cornice o il rosario per incastrarvi que' soggettini pittorici in
apparenza, filosofici in sostanza, che non si possono riunire altrimenti. Vi si troverà, fra le altre, la statua abbozzata
della Civiltà. L'abbozzarono i tali e i tali. I gran tocchi glieli diedero Omero etc. Gesù. Ora non resta che a lavorarci di
fino. Di tanto in tanto qualche guastamestieri un colpo falso. La statua in parte è finita, in parte è appena abbozzata
etc. - La caccia alle idee 9. sotto le coltri, tra il sonno e la veglia - senza tema preconcetto. Piglio tutto - pesci ed uccelli
- elefanti e vermi etc. - Panegirico del nulla 28. Chi ha nulla da scrivere, fa i plunghi libri e le più lunghe lettere. Il
nulla nutrisce le arringhe degli avvocati e il credito delle finanze etc. Il nulla è assai.
3683. dove arriva il pensiero, segue tosto la mano (nella Storia della Civiltà).
3684. Il De-Amicis non vede che la somma pelle delle cose; benchè ciò veda abbastanza bene. Sempre
descrizione, mai osservazione. E il mondo che si vede è tenuissima parte rispetto all'invisibile. Il De Amicis descrive la
bottiglia: ma il suo occhio non sa giungere al liquido.
3685. Volere imaginare e plasmare una concezione artistica senz'entusiasmo, è come volere fare all'amore
senz'erezione. - In quella maniera che per la fisica generazione è necessario un eretismo muscolare, così per la
intellettuale se ne richiede uno nervoso - ...il porpureo pensiero. -
3686. Penso, scrivo, lavoro e notte senza riposo, perchè c'è la pazzia alla porta che attende ad entrare, e a
farmi pagare il mio conto, non appena mi fermi - Vigila semper!
3687. Corre assai relazione fra il carattere della mano e quello dell'animo, es. la ineguaglianza de' miei. E
difatti le donne tengono quasi tutte una eguale calligrafia, simbolo della pochissima varietà fra i loro intelletti.
3688. Il progresso delle idee politiche e il progresso delle morali non vanno spesso del pari. La parte
Meridionale, che è la più indietro d'Italia, quanto a istruzione ed educazione, è la più innanzi quanto al pensiero politico.
3689. Alcuni ingegni letterari si possono paragonare per la continuità delle loro manifestazioni a fiumi che
volgono sempre il calmo e maestoso volume delle loro aque al mare: altri invece a torrenti, ora asciutti, anzi polverosi,
or ridondanti di aque furiose. Dei primi ingegni erano Göthe, Erasmo, Voltaire - Degli altri Foscolo, e Lenau. -
3690. Mia smania di rinomanza: mie ritrosie nel procurarmela. A volte io mi credo ignotissimo - e forse ho
torto. Sono come colui che non vedendo nessuno perchè ha gli occhi serrati, crede che nessuno lo veda.
3691. Il convoglio non partiva mai. Tale si mette a imprecare contro la Società dell'Alta Italia, contro il
Governo, il Cielo, i Santi, la Madonna. Finalmente il convoglio si muove. Egli tace. Un prete che gli sedeva di faccia,
gli dice allora con aria melata “ma sa, che ha detto bestemmie abbastanza da andare all'Inferno...” - E il viaggiatore,
soprapensiero “Ho il biglietto d'andata e ritorno” -.
3692. Bizz. (V. 3627) Asta giudiziale delle idee 34. o 15 giorni [di] disp[otismo] 55. Siamo ancora in pieno
M.E. Cangiarono i nomi, rimasero le istituzioni. L'inviolabilità locale, il d[iritt]o d'asilo, che facevano complici gli altari
de' rei, ora si chiama l'inviolabilità personale concessa ai senatori e ai deputati vero d[iritt]o d'asilo. Epperchè mai questa
flagrante offesa al principio che la legge è uguale per tutti? Deputati e Senatori potranno con tutta comodità barare,
ingiuriare, assassinare, poi pigliar pacificamente la via dell'esiglio e degli agi. - Altra medioevalità è la personalità
giuridica concessa ai Vescovi, parroci etc.
3693. “Tel brille au premier rang qui s'éclipse au second” (Voltaire migliorato da Foscolo).
3694. La storia della mia fantasia ha i suoi interatti come un dramma. Quando il sipario è giù, io mi rimango
come uno spettatore che non sa cosa si stia preparando sulla scena e cerca d'indovinarlo dalle voci e dai rumori; e allora
attendo coi miei amici lettori con impazienza e curioso il suo risollevarsi.
3695. Bizz. (V. 3627) Il filosofo e la sua serva 11. La serva si lamentava di una scottatura. Il padrone filosofo
vuol persuaderla che il dolore non esiste perchè non esiste il soggetto di esso cioè il corpo. E qui la più sottile delle
dimostrazioni, in istile santagostiniano - Conclude, dimandando la sua colazione, e arrabbiandosi perchè la colazione
ritarda. Risponde la serva: credevo che chi non ha corpo, non potesse aver fame -.
3696. - Chi non può pagare il fitto, diceva un padrone al suo inquilino mal pagatore - si fabbrica la sua casa - O
paghi il fitto o vadi subito via, dicea un altro padrone ad un altro inquilino - E costui: Piuttosto, la mi cresca l'affitto -
3697. Bizz. (V. 3627) Catalogo etc. 42. Due che tirino di fioretto, si direbbe che facciano una cortese
discussione a frasette, imagini, sillogismi: due che tirano di sciabola, pajono invece litigare. -
3698. Mia bisnonna Milesi in morte, volgendosi ai figli, disse “vô a mett su el ris” - Monsig. Giovanni
Bignami era in fama di liberale e perciò odiato dalla Curia. Venuto a morte, i suoi nemici tentavano ogni modo di
fraudarlo dei sagramenti, per poter poi dire: ecco i vostri liberaloni; son gli empi. Ma il Bignami che avea buon naso,
mandò tosto a chiamare da un amico fidato il Signore e perchè questo indugiava “coss'el tardadiceva “sto Signor... el
gh'ha i pè dolz?” -
3699. Cherubina era una capraja diciottenne delle montagne del Lago di Como - bellissima e selvaticissima. e
celebre fra i caprai per le sue botte-risposte. - (Viveva nelle baite. Alla sera i montagnoli si raccoglievano in qualche
stalla, si ballava, sonava etc.) - Una volta ci capitò un impiegato di ferrovia; parlò a lungo col curato, e dichiarandogli
per figlia sua la Cherubina, gliela richiese. Cherubina seguì il padre in città. Ma, passati i tre giorni, rieccola colle sue
capre in montagna, dicendo che chi l'avea abbandonata da bimba, non l'amava, l'avrebbe amata mai, e che del resto
fra i parenti e la libertà sceglieva la libertà. Cherubina vive ancora pei monti.
3700. Il massimo argomento in ogni bella conversazione è il far la stima di quanto il tale o il tal'altro possiede.
Par d'essere fra publici stimatori. E ben si intende che i beni dell'intelletto non son degnati di stima.
3701. Tale, ufficiale nell'esercito italiano, incontrando dopo molti anni il suo professore di lingua francese M.
r
Algier, lo salutò in cattivo francese, aggiungendo “Ah monsieur, les ânes (ans) passent!” - Cert'uomo, volendo suicidarsi
senza pericolo di rimanere a suo dispetto in vita, bevette prima un veleno, poi si allacciò al collo una corda, attaccandola
a un ramo che sporgeva nel mare, quindi si diede una pistolettata. Ma il colpo fallì. La palla tagliò la corda - ed egli
cadde nel mare che gli ammollì la caduta. Non solo; l'aqua salata, entrandogli in corpo gli fece vomitare il veleno, e
l'onda lo ricacciò sulla spiaggia. - Un improvvisatore dava academia della sua sciocca abilità al vecchio teatro Re di
Milano, e chiedeva agli spettatori il tema. Si alzò il pittore Elena e disse - mi... de... scriva (l'Elena balbettava) la...
soor... presa di Oloferne... nee... llo svegliarsi... senza testa. -
3702. Quando s'introdussero i fascini, perfezionati inglesi, che tentavano di sostituire i mariti (fascini costruiti
sì a modo da ejaculare a un dato punto del tiepido latte), ci fu una ragazza in un collegio di Lodi che si stuprava con essi
dieci o dodici volte al giorno - tanto che, dopo alcun tempo incominciò a intumidire, e ingrossa e ingrossa - in capo a
nove mesi - indovinate mo' che cosa la partorì?... Una formaggia. - Tale pittore va a trovare altro amico pittore che abita
naturalmente al piano. Gli artisti tengono sempre gli amici a simili altezze - ed è forse per ciò, che si dice che l'Arte
sta più vicino di noi alle cose celesti. Dunque va a trovare l'amico, ma innanzi fare le scale, domanda alla portinaia (caso
strano, l'amico avea portinaja) se l'amico è in casa. La portinaja, s'intende bene, non sa, ma si offre di andare lei stessa a
vedere (altra stranezza, una portinaja gentile) pregando però l'artista di tener d'occhio intanto a una di lei creatura di
pochi mesi la quale stava sul seggiolino del buco. Il pittore dunque aspetta, ma aspettando gli viene voglia di andare del
corpo. Or che fare? Toglie delicatamente il bimbo dal seggiolino, ci si mette lui, e lo empie, poi torna a metterci il
bimbo che vi s'impasta. La portinaja ritorna. L'amico è fuori di casa per cui il pittore va via. - Odore - Vista - Stupore -
Grida la portinaja “El me Togn el s'è tutt cagaa”. -
3703. 25 Nov. 1875. a Lodi a trovare Gorini ammalatissimo. Serenità della sua mente. Divorato dalla
febbre, pur si alzava da letto a compiere un certo elenco de' suoi Ms., perchè dice lui, vuol dar meno che possa fastidi a
chi lo continuerà ne' suoi studi. - Il medico gli diceva: tu migliori. - E Gorini: sì, miglioro, miglioro, finchè starò bene
del tutto, cioè sarò morto - Poi a me che partivo: a non più rivederci nè in cielo nè in terra. - Gorini avea già consegnato
il suo testamento scientifico a Bertani. A me dettò quanto segue: “Il professore Gorini ringrazia con tutta l'anima quelle
gentili persone che s'interessano di lui e gli domandano premurosamente notizie della sua salute; ma egli non tiene
segretario cui affidare l'incarico della risposta, e, quanto a lui, lo stato di sua salute, gli impedisce assolutamente
qualunque tentativo di scrivere (poi, mi fece cancellare dal “quanto a lui” a “scrivere” sostituendo:) ed egli stesso non
può rispondere per la gravità della sua malattia - inoltre il professore Gorini desidererebbe che qualche altro giornale,
specialmente di Firenze, dove tiene numerosi amici volesse riprodurre detta dichiarazione” - E questi tutti, sono dettagli
che avrebbero aquistato gran pregio dalla morte del sommo mio amico. Ma allora, per nostra buona fortuna, Gorini non
morì.
3704. Gorini discorrendo con una signora sul posto dove le donne pongono prima gli occhi, guardando un
uomo, e dicendo la signora “la fronte” e Gorini altro luogo, fu fatta una scommessa. Il dopo Gorini capitò dalla
signora. La quale, arrossendo “ma che cosa l'ha lì, signor Paolo”; e accennava alla brachetta di lui donde pendeva un
peperone verde. E Gorini ridendo: Mo perchè non ha guardato quì - e toccossi il cappello, dove stava impiantato un
peperone rosso. - Gli amori di Gorini sono innumerevoli. Tra i molti, quello per le due bellissime sorelle del psicologo
*, ch'egli avea attirato a Lodi. - E siccome il fratello dormiva nella stanza che precedeva la loro, Gorini vi si arrampicava
dalla finestra ogni notte. - Altro amore, la Carlotta Ferrari, poetessa e musicante. Durò un pajo d'anni. La Carlotta gli
faceva scene ad ogni pasto - minacciava di avvelenarsi etc. - si metteva spicchi d'aglio sui polsi, per torre a presto la
febbre. Gorini se ne liberò inviandola in Inghilterra. - Una volta, faceva la corte con poco successo ad una signora.
Costei, con altra sua amica, venne a trovarlo al suo laboratorio, e passata pell'orto vi ammi una magnifica pianta di
amarene grave di frutti maturi, dicendo “oh che gusto coglierle e mangiarle”. Gorini lasciò cadere il discorso. Ma la
mattina seguente, entrando la signora nella propria anticamera vi trovava la pianta tagliata e carica di amarene. Gorini
avea soddisfatto il suo desiderio che era non solo di mangiar quei frutti ma di coglierli - lei stessa. Bastò questo a
innamorarla di lui. - L'amore peraltro non tolse mai a Gorini di adempiere scrupolosamente ai doveri che avea contratti e
con gli altri e con sè. Si trovava una notte in un villaggio lontano da Lodi - in casa di una delle tante sue fiamme. La
mattina appresso egli dovea inaugurare a Lodi le sue lezioni di fisica: eppure lasciava trascorrere il tempo, e le vetture
eran tutte partite. Che fare? Gorini, dice all'amante di aver trovato per caso una timonella e parte. Tutto sta, che il
viaggio lo ha fatto su un carro, in mezzo a un diluvio di aqua. Arrivò a Lodi a già alta mattina - e senza pure mutarsi,
tutto molle di aqua si presentò nella scuola e disse la sua lezione, che fu splen[di]dissima. - Gorini, ad ogni nuovo
amore, parea perder la testa; dimenticava i libri, e gli amici. Ma era un lampo; ed ei tornava scienziato; e sospirava il
momento di esser tradito. - Paolo Gorini in quella sua fierissima polmonite del 1876 che lo ridusse al tu per tu colla
morte, si levò una notte a grandi stenti dal letto, per abbruciare un piccolo pacco di avanzi d'antichi amori (voglio dire,
goldoni condom).
3705. quando in Italia c'erano sovrani che non conoscevano la lingua del popolo loro... - Mi si attaccano i
sottanini, diceva un mio zio, quando sudava - E questo stesso mio zio, accennando a un amico un moretto a cassetta del
nominato Basevi (nuovo arricchito nel traffico degli schiavi in Egitto) disse “quell l'è on fond de negozi”. - Bizz. (V.
3627) Il bene del male 27. o Catalogo etc. 42. A un pollo che non si uccide perchè mezzo malato, può dirsi: se non vuoi
morire, bada di non guarire. La guarigione ti ammazzerebbe. -
3706. Dice la balia di Desio dell'Idina a mia cognata Gina: Sciura - quand la compra on olter fioeu me le darà,
vera, de laccià? - Quì “comprà” deriva dal comparare, latino, procacciarsi, ottenere (non comperare) - c'est un maître
gonin. CF. gognin (milanese) - formaggio creapopoli, fortissimo.
3707. Bizz. V. 3627. Collez. cervelli 43. sez. cervello 58. giustizia della giustizia 25. Il cerebro universale -
composto delle miriadi dei cervelli attrav. i secoli - suoi progressi anche fisici (teor. darwiniana) suoi momenti etc. -
tutto si vale. Chi ara la terra vale chi ara il mare - il fabbricatore di carta vale lo scrittore - il virtuoso il briccone ecc. -
Poichè nel tutto uno che uccide o ruba altrui, non è più manco di un membro che offenda una parte del corpo cui
appartiene. Ora nessuno ingiuria sè stesso. - Il genio, ipertrofia cerebrale.
3708. Il governo proibisce i giuochi d'azzardo e il meretricio privato. Perchè? in omaggio forse alla morale?
Tutt'altro. È semplice gelosia di mestiere. Il governo ha il suo giuoco del lotto e i postriboli suoi.
3709. Il publico veduto dagli impiegati. Il publico, massime quando ha torto, si lamenta della scortesia degli
impiegati. Le arroganze e la ign[oranza] del pubblico. Domandatene, per es. a un vendi-biglietti di ferrovia. “1,65” -
dice il bigliettista porgendo il biglietto. Viag. 1,55? - Bigl. 1,65. - Viag. Aah! 1,75 - Il bigl.
ta
comincia a impazientarsi, e
così istessamente altri viag. che fanno coda e aspettano per il biglietto. Finalmente il Viag. paga con tutta sua pace, e il
bigl. contando il denaro trova 1,45. - Altri, pagando una bolletta di merce “Non si potrebbe fare a meno?” - Imp. È la
tariffa; non sono io che fa il prezzo - Pub. O che!... venga, sia buono, e vi aggiungo un altro dieci centesimi etc. etc. - Ci
fu poi un villano, così mi contava un imp. di ferrovia, che si presentò al mio ufficio dicendo: gh'hoo minga pressa, che
me manden pur a piccola velocitaa. Gli incollai il cartelletto sulle spalle dicendo che aspettasse - e lo lasciai passeggiare
su e giù tutto il dì pel magazzino in attesa di esser spedito -.
3710. Un vecchio vedendo passare vicino una bella sartina esclamò: oh che bel rattino! - e la tosa: oh che brutta
trappola!
3711. I villani. Nella stalla in mezzo al fimo, suocera e nuora s'insolentiscono. Anche nelle società meno
sporche ci si odia, ma l'odio è almen vestito d'amore. Quì tutto è natura. La suocera dice alla nuora “putana de voeuna,
nissun v'ha volsuu, fin quand avii trovaa on asnon come fioeu”. - Nuora: s'cioppee, brutta porca d'ona veggiassa! -
Suocera: sont stava quindes amalava e s'hii mai vegnuu a trovamm - Nuora: crepavev minga l'istess! - e così via (dal
vero). - Bizz. V. 3627 Catalogo etc. 42. I contadini rifiutano il medico intelligente e si danno anima e corpo a certi loro
ciarlatani che si vantano di possedere la grazia miracolosa. Costoro entrano nelle capanne a segnare il malato, (e se
questo è una donna anche a palpeggiarla) e gli borbottano su certe turchine preghiere da un libro fratesco in cui si
trovano scongiuri per ogni sorta di male o impedimento maligno. - Bozzetto - Io e Mons.
re
Bignami in una casipola, un
dì, confondiamo e fughiamo uno di tali strion stobbiaroeu, tirando fuori i soliti argomenti relat. alla buonafede, alla
ignoranza, al ciarlatanismo. - Poi usciamo. Strada facendo, il discorso passa allo spiritismo e il Bignami mi parla con
riverenza dei mediums etc. Concl. È una ignoranza la nostra un po' più alta di quella dei contadini, ma è sempre
ignoranza.
3712. I villani, quando i loro preti mettono in mostra il cosidetto Santissimo, dicono “han miss giò i quarant'or”
-. Così, dicono sempre “el dottor el m'ha ordinaa de mett ses sanguett all'anes” (per ano).
3713. Tutti sfuggono, perfino gli intimi amici, da colui che è colpito da un morbo contagioso. E massimo, fra
questa sorta di morbi, è la bolletta. -
3714. R.U. Il conte Porro, è bugiardo più di un cacciatore. Sua storia di caccia in Africa dove non è mai stato. -
Fece i suoi studi al reggimento dove apparteneva a una compagnia di giovani uff. i quali aveano posto il patto che
dovesse pagare un pranzo quello tra loro che non credesse a qualunque storiella sballata da uno degli altri - Ha sempre
in bocca il nome di un tal Gamberoli, cui attribuisce ogni bugia che dice. “Ha sentito la notizia?” “che notizia?” “Povero
diavolo! gli hanno messo all'asta tutti i fondi... “Ma i fondi di chi?...” “Oh bella... del cavalier Gamberoli”. - Tale viene
a trovarlo: era la prima volta che lo vedeva. “Tenga su un momento il braccio!” gli dice Porro. Quello ubbidisce. Poi il
Porro entra a discorrere di molte e molte cose; e l'altro, sempre su il braccio - Racconta poi a Varese che Monsignore
Bignami s'è rotta una gamba. Piovono condoglianze da tutte le parti al Bignami che ne stupisce etc... Insomma il Porro è
un perpetuo pesce d'aprile. - Fra i dilettanti-bugiardi e i sojatori cit. anche chi fa grandi preparativi colle carte da gioco,
fa scegliere, mescola il mazzo, dispone e ridispone le carte, finchè, mostrandone una all'attento spettatore, chiedegli con
gravità: è questa? - No, dice lo spettatore - No?... allora sarà un'altra.
3715. A Napoli per la festa del plebiscito - non so se nel 1869 o nel 1870, s'erano disposti in via Toledo 300
statue di gesso, cavate da una sola di marmo, e però tutte rappresentanti un soggetto - l'Italia una. Erano trecento Italie
une.
3716. Bizz. (V. 3627) Il bene del male 24 o Catalogo etc. 42. Anche se tutto vadi a seconda dei desideri
dell'uomo, l'uomo piangerà sempre della sorte. Nel 1875, in molte parti d'Italia, ci fu una straordinaria vendemmia. Non
bastavan le tine, non bastavan le botti: si dovettero impiegar fino le pentole. Ebbene, credete che que' piagnoni di
vendemmiatori ne sian rimasti contenti? Tutt'altro. Bisognava sentirli. Era un lamento solo - perchè il prezzo del vino,
naturalmente, si ribassava. Piangere nell'abbondanza, chiama dal Cielo la carestia. - Vedi Sonetto del Porta “Cos'evela la
manna del Signor?” etc.
3717. Il salone *, tutto a velluti e dorature. - Tappeti turchi, porcellane di Sèvres. - È il dopopranzo.
L'Avvocato * e suo fratello, il Rettore, siedono al camino facendo asciugare al fuoco i loro moccichini di colore pieni di
tabacco, grattando via questo coi loro coltelletti di cui usano insieme per tagliare le fette di pane (del tè) che mettono ad
abbrustolire sugli alari. Grida l'Avvocatessa dal tavolo dove giuoca, “quand l'è che avrii fenii, o porconi!” - e suona il
campanello e chiama il domestico perchè porti lor via i moccichini. Poi l'avv. si alza ed esce lentamente. “L'è pien, el
vacchee” diceva l'avvocatessa. E difatti il * usava di farsi tutto sotto. E riempiva il dorato salone di un odor di cloaca.
3718. Bizz. (V. 3617) Il bene del male 24. Sulla benefica necessità del delitto... - Catalogo etc. 42. Società per
l'exploitation dei morti (ingrassar campi col solf. di calce, farne gas etc.) - Nei Progetti 51. Tassa sulle lagrime, perchè
c'è dentro il sale, e, per la stessa ragione, sui libri di spirito. V. anche Asta bibl. Dossi, parl. di Richter, che dovrebbe
andare sogg. alle due sudette tasse. -
3719. Bizz. (V. 3627) Mia famiglia 5. - Nei rapp. tra le due concez. È utile alla procreazione di bimbi robusti,
di maritarsi senza troppo amore (il troppo desiderio nel coito impedisce l'attuazione del desiderio) - Nei due concep. i
necessari lunghi riposi per ristorare le forze.
3720. come il toro in una bottega di porcellane - la domestica luna (lucerna a olio col globo) - fa marenda, si
dice in mil. del filo messo sull'arcolajo quando s'imbroglia, nel dipanarlo, intorno alla gamba dell'arcolajo.
3721. Bizz. (V. 3627) Il molto minore del poco. Nelle Idee all'ingrosso e al minuto 23. I ladri in grande onorati
come conquistatori e i ladri in piccolo puniti come ladri. Allargandosi gli odii si nobilitano - Cit. l'odio ad una persona -
l'odio ad una nazione (che si manifesta nel suo contrario dell'Amor patrio) e l'odio all'Umanità (Satira Letteraria etc.).
3722. Anche nei truffatori è l'aristocrazia e la plebe. E.Q. appartiene alla prima: suo fratello O.Q. alla seconda.
- Infame tratto usato dal primo a mia madre etc. - *, nobile di Lodi, va all'Estero facendosi chiamare duca, e alloggia ai
primi alberghi. È fornito di lettere di raccomandazione e però i principali signori della città gli vengono a far visita.
Fugge insalutato hospite, e allora i signori cui venne raccomandato, per vergogna di sè, si cotizzano e pagano. Il * gittò
le sue reti anche da Lord Palmerston, il quale, per liberarsene, lo raccomandò all'agente diplom. di Costantinopoli -
donde un altro [periodo] scialoso, a Costantinopoli, della sua vita. - Oggidì fa l'amante delle vecchie ricche. -
3723. (dal vero) Fontana degli Ammalati, presso Induno. - È di mattina. Vi trovo una sola persona, un uomo in
età, dall'aria spiritata, con in mano alcuni vimini da far gabbia. Entro in discorso con lui e gli domando se è di Varese.
Risponde “no, sont minga de Vares. Cos'el voeur che vaga a a Vares?... Ghe sont mai staa mi... Diroo! tre o quatter
volt de passagg... anzi gh'hoo servii in casa de una famiglia per un para de mes o a di mej un ses ann... Vares el cognossi
mei che ne mi. Tutti i mè in de Vares... Gh'hoo una cà... Cioè una cà! quatter o cinqu stanz... o trè o do... Ona stanza
sola, disi, ma granda... anzi piccola... - La me basta però per el lavor de fa gabi. Ma ch'el creda minga (con forza) che
gh'hoo bisogn de lavorà per viv. - Foo gabi per divertiment... Cert', se en troeuvi de vend ona quai voeuna, la vendi... El
pan el costa…, e se no fasess gabi quand sont a spass, sfidi a viv!... (etc. etc. di questo tuono).
3724. La vita di certuni è un continuo prolungato fallimento. Es. il * ed il **, insigni per i pouffs e le truffe.
Hanno tolto denari a presto da tutti. “Il P...” domanda un certo numero d'azioni per vivere. Vengono i merlotti,
ambiziosi che hanno bisogno della réclame, bricconi che hanno bisogno del silenzio. Dopo pochi mesi il giornale
fallisce, e gli azionisti rinunziano alle loro azioni. Allora il giornale riaquista ancor vita, e il suo direttore lo vende ad
un'altra società, e così di seguito. - Al “P...” è necessaria una persona (che è il S.
r
***) la quale sappia i nomi di tutti i
creditori del direttore, per impedire che vengano talvolta offesi casualmente negli anned. del gazzettino. Di tanto in tanto
con qualche centinajo di lire ** tacita le migliaja; e rivende a l'uno o all'altro ministro gli avanzi della sua sporca
coscienza. ** deve al Litta 12.000 lire ed è perciò che la duchessa Eugenia primeggia ancora in ogni festa da ballo sul
“P...”.
3725. Nella Svizzera ticinese un briccone di appaltatore faceva abbattere un bosco comperato ad una vendita di
beni ecclesiastici, impiegando individui pregiudicati e sospetti, rifugiatisi nel cantone. E pattuiva ad es. con loro, la
giornaliera mercede di un pajo di lire. Ma, venuto il momento del pagamento, negava loro una lira, dicendo “e se
rognee, ve consegni”. - Si domanda chi fosse il più briccone, gli operai o il padrone?
3726. I nostri vecchi, quando si recavano in campagna a Besana, si fermavano a passar la notte a Monza. Coll.
l'idea fisica alla morale - negli usi - aspirazioni - lettere etc. Raffr. l'antica lentezza alla moderna celerità. Napoleone I il
precursore della ferrovia.
3727. C'era a Firenze il cosidetto carretto dell'Angiolino - che girava, di mattina, la via, colla carne pei gatti
abbonati. Ciascuno dei quali scendeva in istrada ad abboccare il suo pezzo, mentre i non abbonati restavano sulle porte a
guardare - Pilade e Oreste, i due gatti di Gorini - amicissimi. Uno lava il muso all'altro colla lingua - e come Pilade ha
mangiato la parte sua sul tondo, non tocca mai l'altra parte dell'assente Oreste - Le gelosie dei cani e dei gatti, verso i
bimbi dei loro padroni - ...Il cavallo attaccato ad un brougham, che balla, al passar della banda - Per capir bene gli
uomini, bisogna studiarli nelle bestie, dove soltanto noi li troviamo liberi da ogni artificio. E comprendiamo quali
siano le nostre innate e le nostre aquisite passioni. Per capire la macchina complicata, bisogna studiarla prima nella sua
espressione più semplice.
3728. Giano Trifronte o il Dio trino, sono all. al passato - presente e futuro. -
3729. Nei casi di coscienza - scenetta, sul primo peto (fra due sposi novelli, poeticissimi).
3730. Il neo-barone Galbiati, a Genova, vedendo un mucchio di cannoni senz'affusto pronti per essere
imbarcati, chiese: hin quii i tonellad? - Lo stesso, udito dal portinajo di casa Soncino, che il marchese e la marchesa
giacessero entrambi gravemente ammalati, esclamò: gh'hoo paura, ma stavolta resten vedov tutti e duu. - Quest'ultima
stoltezza se fosse una subabsurditas (cioè una stoltezza voluta) mostrerebbe nel suo autore un non comune ingegno.
3731. I ricchi, questi nuovi feudatari - diffidentissimi, vedono dappertutto latrocinio. Es. il C.M. per cui povero
equivale a briccone. Egli vorrebbe abolita la popolare istruzione e la giuria; vorrebbe rimessa in pieno fiore la pena di
morte e con un po' di tortura. Egli chiama birbante e insieme republicano qualunque più razionale oppositore alla benchè
minima parte del sistema che ci regge etc. Vuoi tu sapere se un atto è generoso? È tale, se ei lo condanna.
3732. Non c'è avvilimento maggiore per un uomo d'ingegno di quel di trovarsi in una compagnia di sciocchi,
che intimamente o lo sprezza o lo compatisce. L'ingegno non sfolgoreggia che in mezzo l'ingegno. - In mezzo agli stolti
par la più grande stoltezza. - L'uomo d'ingegno tra i sciocchi ha sempre fatto la peggiore figura. Ei non sospira
ingiustamente la compagnia delle vacche e de' buoi.
3734. Lo freddò col fuoco (lo fulminò) - (Certuni, spec. i giornalisti) fanno professione di bugia e di
sfacciataggine - Mia madre avea inviato il suo biglietto di visita a certo banchiere per condolersi della morte della
moglie di lui. Il banchiere le fece tener il proprio la mattina dopo. Disse mia madre: che dolor simetrich! - Dei prolissi e
insipidi libri del Buccellati può dirsi “sono cacate di un mangiapolenta”. - Un Milanese per esprimere popolarmente ad
altro milanese la fecondità dell'Italia nel dare all'Umanità grandissimi figli gli disse: l'Italia, fa cunt, l'è la contrada di
Omenon. -
3735. Qual'è il metodo per difendersi dall'aqua che penetri da un buco nelle nostre scarpe? Far nelle scarpe un
altro buco perchè n'esca - Quali sono le cose che più sono vecchie e più sono giovani? i ritratti. - C'era tale, il quale
diceva che per mantenersi lungamente i capelli bisognava tenerseli sempre tagliati alla cute. E così per non perderli -
non ne ebbe mai per tutta la vita.
3736. “Il suicidio” di Paolo Ferrari, venne chiamato dai Milanesi il suinicidio” per le strida emesse dai
personaggi.
3737. Manzoni, a volte, balbettava leggermente, e però diceva: l'è stada ona fortuna ch'el Signor el m'abbia faa
on poo bettegoi; se de no, sariss staa vun de quii cicciaroni! de quii cicciaroni! -
3738. Chiese il S.
r
Spagliardi a Rovani perchè bevesse tanto. E Rovani: cosa voeut! quand mi bevi, me par
che i debit me diventen credit. - Rovani recitava alle volte certi versi di un sonetto, credo del Nosetti, in cui si parlava di
un uomo dedito all'onanismo e rimproverato per ciò dal confessore che gli domandava minacciosamente se non si
sentisse a tremare la terra sotto i piedi; il qual sonetto, finiva colla risposta del peccatore, appress'a poco così: mi no - el
respond sto ciall - mi no me senti a tremá sott che i ball - Il Nosetti avea scritto parecchie poesie in dialetto d'argomento
osceno, ma non prive di pregi, le quali erano poi recitate da certo Arioli per sue. Non so se sussistano ancora. - Oh
quanti s'arricchirono della miseria di Giuseppe Rovani e di Tranquillo Cremona! (P. es. le copie in oleografia dei quadri
di quest'ultimo fecero ricco il Borzino) - Pietro Magni, scultore, era tenero assai degli asparagi. Invitato a mangiarne ne
prese più che poteva dal piatto di portata, mangiandone in fretta la sola ultima punta e deponendoli tosto sul tondo,
affine di potersene far servire degli altri... Gli si chiese: e perchè ne mangi solo la punta? - Rispose: stee quiett, che i
ritoccaroo - Rovani ebbe di Manzoni il genio; non la fortuna: ne avrà la gloria. - Rovani fu dato all'Italia a suo onore e
disonore - Rovani raccolse la penna di Manzoni per trasmetterla al Dossi. -
3739. Un maestro di musica adattò l'aria di Figaro “Figaro qua, Figaro là” al canto ecclesiastico
“Sacramentum” etc. per cui i preti dovevano cantare “sacramento di qua, sacramento di là” etc. - Certa bigotta cattolica,
trovatosi sul tavolino un libretto del Vangelo di S. Giovanni, distribuito dalla società biblica protestante, lo lesse senza
accorgersi della sua eterodossia. Come lo seppe, scandolezzata volle disleggerlo e credendo di disfar la calzetta,
ricominciò a leggerlo dall'ultima linea alla prima. - Diceva un vecchio soldato di Napoleone parlando ad un giovane
garibaldino: poveri cannoni della giornata! Quelli di una volta oh sì! eran cannoni, e facevan boo... uum. Ma i vostri non
sono capaci che di far pluff. Nè s'accorgeva di esser diventato sordo. -
3740. La S.
ra
Berra moribonda, volle, fino agli ultimi istanti, aprir le sue sale alla solita conversazione. E dicea
al servitore, dal letto: Porta di le tazze delle aque, senza conserva, scusandoti col dire che l'hai dimenticata etc. Al
Cecchino poi suo figliolo ricordava di dare il tale oggetto al tale o tal'altro, dicendogli: “gli darai un coso... così... tra
gnacch e petacch...”. Quando negli ultimi giorni le si annunziava il dottore: già, è inutile, rispondeva - Crescono le visite
inutilmente - e quando la si avvertì che il S.
r
prevosto chiedeva vederla... - Bene - disse - fagli, o Cecchino, un mondo di
complimenti e mandalo via.
3741. Bizz. (3627) I sogni classici del Prof. Pallanza 12. È abate e professore. - Legge - spumante labello -
tutte le lubricità greche e romane, per imparare il bel dire. - Le lettere di Filostrato etc. La sua testa è frequentata
continuamente da rosei Batilli dalle chiome d'oro ondeggianti, da Gitoni, odoranti la fòrnice etc. Ed a lui è affidata
l'educazione dei giovinetti. - Il Vampiro 41. Storia di una orribile vecchia - vergine e cattivissima - sul gusto della mia
zia Marianna, che passa di famiglia in famiglia, sinistro legato, e non entra in una nuova casa, se non dopo di aver
sotterata tutta la vecchia. - Vi si senta il gelo di sepoltura, e lo sbattere d'ali del vipistrello. - Lettera alla posterità 13.
Vettura etc. 40. Vi ha alcuni che dal continuo ritorno delle antiche istituzioni sotto nuovo nome, pensano che la umana
società sia come una ruota che giri continuamente, più o meno veloce, ma senza mai avanzare. Il che non è. Essa è ruota
che gira sopra se stessa, ma insieme avanza. Tornano, è vero, le antiche istituzioni ma progredite. Ruota è non solo che
gira ma che cammina, va avanti. -
3742. Studiare la storia nei soli uomini e non nella circostante natura è un volere giocare agli scacchi senza
scacchiera.
3743. A Induno (Varesotto) i villani dicono sempre dodicicento, tredici-cento, etc. per 1200, 1300 etc.
3744. Chiedo un impiego. Se mi domandate: che sa fare? la mia coscienza risponde: “nulla”. Il che, per i tempi
che corrono è la migliore delle raccomandazioni.
3745. La razza dei filantropi-pedagoghi - sotto l'invocazione dei santoni Thouar, Lambruschini etc. - È una
razza che comprende gli Ignazi Cantù, i Giuseppe Sacchi, i Sailer, i Somasca etc. tutta gente che cammina senza tacchi
per paura di levar rumore, che è nudrita a pappine, a lattovari, a semate. I loro cervelli starebbero tutti assieme in un
guscio di noce. Sono i collitorti dell'istruzione. - Il loro filantropico scopo è di strappare i fiorellini intellettuali per vedè
se cascen radis -
3746. Una sera diedi - per sorpresa - e in presenza di tutti - un bacio ad una fanciulla. Ella se ne mostrò offesa.
Io le dissi “se il bacio non lo vuoi - restituirlo puoi” - E la fanciulla me lo ridiè di nascosto.
3748. Nel digiuno religioso si comprende anche quello dell'intelligenza... - l'ozio contemplativo dei monaci... -
3749. Le metafore letterarie si vanno continuamente impicciolendo. Ant[icamente] esse erano di maggior mole
del soggetto - dato a soggetto l'uomo. Erano in Omero, fiumi torrenti etc. Poi si pareggiarono - cavalli, tori etc. Oggidì
siamo alle formiche, alle zanzare, e così via. Tuttavia, all'occhio della filosofia che nel microscopio vede il grandissimo
- le une valgono l'altre.
3750. Che giova scolpire la legna che dev'esser data alle fiamme?
3751. Non aquista fama se non quell'autore che abbia una dose di mediocrità; non la mantiene se non colui che
ne possiede due altre di vera virtù.
3752. Nelle mie solitarie passeggiate, fra i monti - colgo fiori e pensieri.
3753. R.U. La gente utile. - Nicoly, - Sforni - Rescalli - * - ** - Macchetta - A nominarli tutti non c'è carta
bastante. - Sforni perde centinaja di mille lire al gioco - casineggia e notte - dona alle prostitute carretti di toelette e
giojelli. Quando morì certo Borghi (celebre lenone) gli si domandò perchè non ne portasse il lutto. * è spadaccino di
professione. È della famiglia napoletana dei cosidetti principi di *** - una famiglia di straccioni che si danno
vicendevolmente dell'Eccellenza, e crepano di fame, pur di starsi in panciolle. Il Principe vecchio dice ogni mattina alla
moglie: Comandate qualche cosa, principessa? - E s'ella dice di no - “allora piscio”. Si noti che questa principessa è una
mantenuta qualunque. * - debiti, e poi sfida i creditori. Non trovando però più nessuno che l'onori di un colpo di
spada - se la piglia, tanto per stare sull'esercizio, con **, altro spadaccino di professione - messo al bando da tutti gli
onesti. - Poi, c'è il Macchetta e il Passalaqua, moglie e marito a perfetta vicenda. - Ma [a] volere ridire le infamie, e le
oscenità di tutti costoro ne arrossirebbe l'inchiostro.
3754. Taluni, quando discorron con altri, han la nojosa abitudine di slacciargli il soprabito, il panciotto, la
cravatta e perfino le brache. Talaltri si contentano di levarci i bottoni. - Di chi corto di vista - per guardar qualchecosa -
ci va sopra col naso - Le cose bisogna farle adacio - diceva un tedesco - allaccia un pottone, poi, spetta poco - allaccia
l'altro pottone, poi, spetta poco... -
3755. Il blitterismo e il ciribirismo di molti artisti del giorno - pittori, letterati e scultori. Essi credono che l'arte
li liberi dalla morale - e pur di far bricconate - le fanno anche a lor danno. Per loro, il ricatto è la più alta manifestazione
del saper vivere. Molti che potrebbero guadagnare virtuosamente il lor pane, lo bricconeggiano. Condito di birberia
sembra ad essi migliore.
3756. Un certo predicatore, in una sua predica sulle anime del Purgatorio, s'indirizzava a quest'ultime,
gridando: che volete, o anime purganti? Poi si rannicchiava dietro la sponda del pulpito e con una voce come in cantina,
rispondeva a stesso “messe!” - La pompa grottesca nelle grandi cerimonie della chiesa... i flabelli, le varie paja di
guanti e di scarpe che cangian sull'altare i reverendissimi monsignori, le mitrie etc. -
3757. A volte i signori parenti - per es. a tavola - nel dare sgridate educative ai loro bambini non badano se
qualcheduno degli astanti è pur colpevole delle infrazioni di Galateo rimproverate ai bambini. E così ottengono questi
due effetti - l'uno di mortificare il povero astante - l'altro di perdere il fiato, chè il bimbo, se ha orecchi per i parenti,
tiene pure occhi per l'adulto correo. - Si biasimi il falso galateo insegnato ai fanciulli: si distingua fra la gentilezza dei
modi, e quella dell'animo.
3758. Nuovi sistemi di istruzione - Il sistema Capurro per i soldati, inspirato forse dall'alfabeto di Prete
jacopino nel Merlino Coccajo - Oggi non si sillaba più Bi-a-ba - ma si dice b-a, ba etc.
3759. - Temo di aver de' pidocchi - dicevo. E mio fratello: Tutte imaginazioni - “Sì, imaginazioni - risposi -
cogli zampini”.
3760. Redi scrive a Filicaja che da fra Guittone a lui non ha letto più belle poesie delle sue!... E Dante? e
Petrarca?.
3761. Dov'è la fama del Filicaja? dov'è la fama del etc. Inspir. - pel tema della gloria al magnifico lamento di
Manrique -
3763. Donde la salute delle bestie? dal pensare ancor meno di chi lor da mangiare. Donde quella dei
selvaggi? dal vivere in uno stato di mezza-innocenza ossia di perfetta ignoranza. Donde quella dei monaci? Dal non
legger cosa più grave dei loro messali.
3764. Bizz. (3627) Il bene del male 24. Tutto si vale, perchè tutto si compensa. Qualunque cosa tu pensi o tu
faccia è complemento di altra: è addentellato, se buona, ad una cattiva, o viceversa. Whatever is, is right (Pope). Il male
è condizione essenziale del bene - tanto che si può dire che il male sia un bene. - Giudizio universale delle idee 2. V.
Sketches of Criticism (nelle Curiosities of Literature of Disraeli p. 9). - Le voluttà 50. Ogni perdita di sangue produce
voluttà. Le battiture fratesche per mortificare la carne etc. Le voluttà della imaginazione sono peraltro le maggiori di
tutte. Ivi, il vero coito. Nota che coto antic. significava cogitazione, pensiero. Eppure, chi si trova in uno stato mediocre
di fantasia non sogna nemmeno che ci possano essere altri stati superiori al suo - come chi, abituato a una plaga poco
favorita dal sorriso del cielo, e dalla quale non si allontanò mai, scuote con diffidenza il capo alla descrizione che il
viaggiatore gli fa di altre migliori d'assai. -
3765. Dicitur, che il re Luigi di Baviera, ammiratore di Wagner e della musica senza idee, abbia disposto nel
suo palazzo un appartamento in modo che col gioco di specchi e di vetri colorati, piova il chiaro-di-luna anche in pieno
meriggio. S'intende che l'appartamento è tutto in istile medioevale.
3766. G.F. Tra i bimbi. È il giorno di S. Giovanni. E il sacchettino della semenza di bachi? che ne è? Si a
vederlo. Effervono i bachi. Corriamo subito a comperar della foglia. La verduraja la pesa contando i grammi e i mezzi
grammi. In un atimo le prime foglie sono completamente coperte, e bucate - La foglia non è più che un ricamo - E i
bachi a poco a poco s'ingrossano e si allargano pigliando posto del tavolo, del coumod, delle sedie, e invadono tutta la
casa. Per mantenerli, andiamo a rubare la foglia in un campo del municipio, dove la sta inoperosa; e la laviamo frasca
per frasca. Niente più studi. I bachi biancheggiano anche sui libri e i quaderni. Infine cominciano ad abbozzolarsi.
Nostra emozione. Si veglia due notti. La galetta è magnifica - giallissima. Illumina per così dire la casa. - Ci frutta - Lire
31 e 50. Ed era semenza raccolta in un letamajo.
3767. G.F. 1ª domenica di quaresima. Descriz. della prima messa - cui assistono, ancor mascherate e ubbriache
le coppie che vengono dai veglioni.
3768. Il punto d'esclamazione è quel puntelletto senza il quale uno squilibrato periodo cadrebbe.
3769. Bizz. (3627) Viaggio di un lunatico in terra 56. Fatto ebbro da una goccia di vino per lui sconosciuto
liquore (poiché non essendoci aqua nella luna, non c'è per conseguenza vino) vedesi tutto passeggiare all'intorno etc. E
descrive nel suo album una città che dondola - tutti ubbriachi - che lo voglion far bere per forza e si offendono s'egli non
beve. È un toccheggio senza riposo di bicchieri. Tutti ti offrono il loro. Vi ha chi da sei mesi è in ebbrezza. La capacità
fisica dà la misura della morale.
3770. Bizz. (3627) Catalogo etc. 42. Ricetta per coltivare i dogma. Modo impercettibile per cui entrano in
circolazione. Prima per semplice imagine poetica, poi per ipotesi, poi per opinione individuale, poi per ferma credenza -
di molti, poi per il consenso universale. Es. dell'Imm. Concezione dell'Infallibilità pontificia etc.
3771.Bizz. (3627) I progetti 51. 15 giorni di disp. 55. I nostri debiti si potrebbero pagare vendendo una parte
delle nostre collezioni artistiche - Sparse pel mondo, insegnerebbero agli altri. Per noi; niente paura. C'è la fabbrica in
casa.
3772. Bizz. (3627) Theòn ménima 6 o sp[arsim]. Da quando Dio punì la più crudele delle belve che si aggirasse
per la terra, dandole l'intelligenza... - Mercato universale 18 o Catalogo 42. Filosofia delle carte da gioco dette tarocchi.
Ivi tu vedi tutto quanto c'è al Mondo - e tutto ivi sta in gioco. Chi più ne ha, più ne aquista etc. -
3773. La Mitologia può dirsi il primo libro di econ. politica. E poi dicono che gli antichi la ignoravano affatto!
Vedi solo la Storia di Mida - che muor di fame nell'oro - e considera bene le sue orecchie di ciuco -
3774. Bizz. (3627) Le idee all'ingrosso etc. 23. Tutti bei sistemi, i filosofici - tutti ingegnosissimi, come quello
del rapporto tra il finito e l'infinito di Cousin - del trionfo delle leggi mentali sulle fisiche del Buckle etc. ma mettili alla
stregua de' fatti, e impallidiscono. Simili teorie, prese isolat. offrono tutte un'apparenza di verità, e difatti ne hanno tutte
una parte. - passa giorno che si presenti uno scienziato o un fil. o uno st. con qualche nuovo sistema, rovesciatore
d'ogni altro. - Catalogo 42. L'altro mondo 60. America e Europa. Il ritorno etc. Andò a fare il briccone in America per
poter poi tornare a fare il galantuomo in Europa etc.
3775. Bizz. (3627) La gloria 27. è spesso mangiata dalle tarme (roditrici di libri). Si mostri come la gloria sia
non una astratta idea ma un reale interesse - consistendo il vero godimento non tanto nella soddisfaz. del desiderio
quanto nel desiderio.
3776. Lo spirito umano, del pari che la coscienza degli individui, patisce anch'esso di rimorsi. La natura ha
infuso in esso una segreta tendenza al vero, che lo agita tanto o quanto sempre, anche in mezzo a' suoi traviamenti. Per
rispetto alla poesia, lo spirito umano in Italia trovavasi allora in quello stato d'indeterminata incontentabilità che è il
primo passo del colpevole verso il ravvedimento. E perciò un uomo, come il Filicaja, il quale in questa sfera universale
di noja e di desiderio nascente del vero, emergeva con una suppellettile d'idee più corrette e di sentimenti più veraci e
più generosi etc. etc. (Art. sul Filicaja di Foscolo tr. dall'ingl.) - La stomachevole ostentazione di antitesi, le iperboli
spiritate, l'ampollosa barbarie del seicento etc. Difesa del 600, arte del 600 - Sua sincerità - Per trovare un'altr'Arte che
egualmente in Italia rispondesse al suo tempo, ci è necessario andare fino al 300 - dalla fratesca semplicità. - È nel 600
che noi abbiamo i pittorici sonetti del Cassiani etc. [id.]. Dei quali però uno solo è pregevole “Diè un alto strido, gettò i
fiori, e volta” etc.
3777. Bizz. (V. 3627) Le idee all'ingrosso etc. 23. - S'ha vergogna di un debito di poche lire, si ha quasi
orgoglio di uno di molte. Solletica la propria vanità il poter dire “sono pieno di debiti” e si rialza superbamente la testa,
invidiati perfino dai nostri creditori - Altra curiosità psicologica è l'offesa che sentono alcuni da chi li paga (che li paghi
poco, s'intende) per un servigio onestamente prestato. Ma fate di pagarli assai e l'offesa è tolta, ed essi vi saranno
riconoscenti. In altre parole bisogna raddoppiare la causa dell'offesa per torne l'effetto.
3778. Bizz. (3627) Inaugurazione del Palazzo della Civiltà 35. Non è ancor finito. Alcune sue parti mancano
ancora di fondamento - ad altre si stanno levando i ponti di fabrica etc. Molte nicchie con scritto sotto etc. mancan di
statua etc. Si descriva graf. la storia del progresso dello Spirito umano, ricordandone i principali benefattori. - Collez.
cervelli 43. I cervelli isolati pensanti - Della immortalità del pensiero attraverso i secoli - La circolazione eterna del
pensiero etc. V. 3510. Cinque teste di giustiziati contano la loro storia (testimoniandola dalla forma e dai segni dei loro
crani). Tutti e cinque furono condannati ingiustamente. La 1ª era affatto innocente - la 2ª, pazza - la 3ª peccò per forza di
passione morale - la per scopo generoso di politica - la 5ª per necessità fisica (cibo etc.) - Ciò che vedo nel fuoco ecc.
47 le buone azioni perdute per sempre. Es. - nelle nubi, i desideri - le innominate malinconie etc. - Catalogo etc. 42.
Descriz. del quadro dei cavicchi. Un cannone ne spara fuori una nuvola - sul fondo del quadro centinaja di persone col
culo nudato e in aria a riceverli. - Nessuno per altro ne è favorito - I cavicchi si sperdono per l'aria - fuorchè uno solo
che giunge al suo scopo; giunge cioè a un canonico grasso e assonnato - e siccome il canonico sta seduto, il cavicchio si
piglia l'incomodo di entrargli per disotto la poltrona, bucando i cuscini etc.
3779. Il diavolo è lo spirito della contraddizione.
3780. 12 agosto 1876. Vado a Torno sul lago di Como per parlare a mia cugina Amelia circa la nomina del
preposto di Montecalvo, vecchia signoria di casa Pisani. Amelia mi sembra men bella dell'anno prima - pure, mi sforzo e
riesco a rinnamorarmene. Con molta diplomazia persuado la zia a lasciarla venir meco ad Induno dalla mia mamma per
una quindicina di giorni. - 13 agosto. Viaggio. Contrarietà del perder la corsa del piroscafo. Si noleggia un battello a
quattro remi. Mia gioja di trovarmi finalmente solo con Amelia. Passa un barcone di gente: ci vede: grida: viva gli sposi!
- Arrossiamo - A Como; poi in timonella a Chiasso, indi per ferrovia a Melide. Siamo in vagone soli. Il discorso
s'intreccia. Io cerco di scavare il suo amoroso segreto che credo sia il mio. Suoi sotterfugi per non rispondermi. Io le
dico come vorrei, che ella mi procurasse una sposa. Dimanda “come la vuoi?” descrivo lei senza nome e concludo: più
t'assomiglia, meglio è. - Amelia allora mi dice come vorrebbe il suo sposo e nella descrizione di lei io mi specchio. (Tra
parentesi mi corre però un brividuccio di tema. Vedo imminente un matrimonio). A Melide si piglia il vapore di lago:
poi a Porto, la carrozza - nel tragitto in carrozza la incalzo ancor più: il discorso si anima: i nostri occhi sfavillano - le
nostre guancie scottano. - A botta calda, le chiedo, se è innamorata? Risponde con un filo di voce “sì”. Insisto. Ella mi
pinge un amante che mi assomiglia. Insisto ancora dimandandole il nome. Dice “sta vicinissimo a te” - Mio balzo di
gioja. Le stringo con passione la mano: ma ella s'accorge dell'errore e continua: sta vicino, dicevo, a casa tua... in Monte
Napoleone... E lì, mi confida, com'essa ami da un anno, riamata, un giovine studente a Pavia, certo Biffi - della sua età.
(Io cado mezzo in deliquio). Il giovine è pieno d'ingegno, è pieno di cuore, ha tre case in Milano, farà una bella carriera
etc.... Con uno sforzo di ragione mi vinco - fo il generoso - me le offro alleato etc. Sua riconoscenza, mio dolore
acutissimo. - E si arriva ad Induno -.
3781. Molti per potere poi fare il galantuomo in Europa, bisogna che vadano a fare per qualche anno il
briccone in America. - America è veramente un altro mondo. Chi fattosi ricco torna di in Europa, eredita, per così
dire, di sè stesso.
3782. Musica odierna. Arpeggi, accordi, che cercano sempre e non trovano mai il pensiero. È la musica che
parer buoni i cattivi - È il trionfo di chi non ha idee, e siccome i più non ne hanno, così è la musica preferita dalla più
parte dei signori maestri. “Non vi sono è vero, dicono i critici, molti pensieri, ma in compenso, quale fattura!” - quasi
che si trattasse di un lavoro da sarto o da calzolajo. Eppoi, dite buona una musica che dice nulla?... “Ma c'è scienza!” -
voi rispondete. La Scienza, opinava Rossini, dev'esserci nella musica, ma, come il culo in una bella donna -
dev'esserci e non esser veduta. In altre parole la musica odierna è tutta bagniffa (salsa) e mai solida carne. E però
Confalonieri voleva invitar Catalani (autore di un'opera dotta insipidamente) a pranzo, non dandogli altro che salse; e se
l'invitato se ne fosse lagnato, voleva dirgli: ti tratto come tu mi trattasti. - Si noti che questo S.
r
Catalani autore di una
“Caccia lontana” (ma per disgrazia non lontana abbastanza da non potere essere udita) dicea a Confalonieri “l'ho scritta
alla Wagner... ma mi ci cadde qua e là, in isbaglio, un po' del Bellini” - Rossini diceva: melodia semplice, ritmo chiaro.
3783. Mangio, dicea Confalonieri, non dirò per quattro, ma per 2,50.
3784. Nel 1870 in Italia si manifestò una recrudescenza di tirannia. - Non c'era regolamento che non offendesse
la legge. Le garanzie pontificie aveano rinfrescato il medioev[a]le diritto d'asilo. La guardia nazionale - ombra se si
vuole per la difesa dei cittadini diritti ma almeno ombra ossia protesta s'era disciolta, dinanzi il ridicolo... -Volevansi
abolire i giurati - fu impedita la stampa dei processi criminali offendendo così alla pubblicità dei giudizi proclamata
dallo Statuto - si punì la bestemmia - sbalzaronsi da un capo all'altro della lunga penisola i poveri pretori rei di onestà,
ledendo così il principio dell'inamovibilità che per essere pieno deve riflettere non il solo grado, ma la dimora - si
accordarono poteri discrezionali ai prefetti e ai questori etc. etc. E pretesto era sempre l'ordine publico! Povero ordine,
come ti si disordinava!
3785. Bizz. (V. 3627) La giustizia della giustizia 25. La Giustizia umana è insufficente: essa non reprime che i
piccoli scellerati. La Giustizia divina entra in scena. Essa decide di farla finita colle grandi Belve della Umanità, e
consacra 20 pugnali - invitando le Nazioni a richiederli. Si presenta prima l'Italia, ne chiede uno “pel Papa” (Motivi
della domanda): poi si presentano altre nazioni etc. etc. E ciò dia campo di far la rassegna di tutti gli odierni
scelleratissimi -.
3786. I romanzieri del giorno pajono tutti figli di sarti, tappezzieri, merciajoli etc. Es. “Il cavaliere, ritto in
piedi, commosso e tremante, gli occhi pregni di lagrime pure e sante, rimase immobile dove le due donne avevano preso
commiato, ed asciugando quelle lagrime preziose, con un finissimo fazzoletto di battista dalla coronata cifra, disse
come colui che trovandosi solo etc. etc.” - “E si pose la mano sul cuore coperto di una camicia d'Olanda bianchissima...”
-
3787. “Gh'hoo paura che qui du puvion faghen no razza. Han de vess masc (due maschie) - In mil. il due etc.
hanno il masch. e femminile. Il maschile è duu - In Ital. invece, si sarebbe detto due maschie.
3788. Dall'ingenuo Togn fratello diciottenne della S.
ra
Confalonieri. - Te fee mai el dover! - Togn. Com'è,
no? Guarda el diari... legge poco bene, male, malissimo, malissimo... Gh'hoo domà un bene sol - Tog[n]. Mi a Monza
senza un quaranta franch per lo men, no ghe voo. - C. Ben, cunta un pô su come ti spenderisset. - T. Ecco. Punto primm:
levi su ben bonora e ciappi a el dazi... Una passeggiada la fa semper ben, e poeu la me farà vegni famm. Arrivaa a
Monz[a] - naturalment sont stracch... e me butti giò in del parch a on bel sogn sora l'erba. el sogn mangi... una
piccola de stuaa... magari dò - e el me mezz litter de vin... - Poeu riposi un pô anmò, o voo a vedè la cittaa - e quand l'è
giò el soo, dasiadasi, torni a Milan... bevend tra la strada on alter para de quint - C. E i quaranta lir? - T. (cascando dalle
nuvole) Ah! che l'è vera - C. Te ghe cald? va giò a bagnatt in del Navili. - T. Gh'hoo sudizion. - C. Ma se gh'è
nissun? - T. L'è appunto perchè gh'è nissun, che gh'hoo sudizion - El Togn incontra un giorno il prof. Corbellini a
braccio delle sue due brutte ragazze, e per fargli un complimento, gli dice: Tal qual el sciocch ven foeura i tapp. -
Agli esami per un impiego municipale gli era stato dettato il seg. tema: due corrieri, che partono alle tre del mattino da
due opposti punti, distanti e - camminando il primo tante miglia all'ora, e l'altro tant'altre, a che ora s'incontreranno?
E Tonio, dopo di avere empito il suo foglio di conti, rispose: Il corriere A. s'incontrerà alla tal'ora - e il corriere B. alla
tal'altra - Nel suo lavoro poi di composiz. italiana, si notavano i seguenti pensieri - Il conte Ugolino vecchio dalla
barba lunga e bianca è seduto su'n sasso con teppa... - Le pareti parevano, a tre passi dalla prigione, distaccarsi dal muro
- etc.
3789. Non c'è che dire, utili sono le odierne ordinanze di polizia: ci rendon sicura la vita, ma ce la rendono
anche nojosa. A protezione della nostra libertà, ce ne tolgono troppa. È notte. Hai bevuto un bicchiere di più; il cuore ti
si allarga - così pure la voce: ed ecco che tu cadi in multa per schiamazzi notturni - È giorno: insoffribile è il caldo: vedi
dell'aqua, ti getti dentro. Scandalo publico! - etc. etc.
3790. Bizz. (3627) I progetti 51. Tra le scoperte che si desiderano, sarebbe da porsi anche quella di un naso
posticcio pei cacciatori - in sostituzione del cane - naso da lepre, naso da starna, da anitra etc. - Asta della libreria 4 o il
Filosofo e la serva 11 - Leggo Bruno, Spinoza etc. poi mi rimango pensoso: e li invidio. Ma penso al Rota, professore
instoltito dal troppo sapere, - e butto i libri sul fuoco - Pensieri metafisici sottilissimi e avviluppatissimi. Sento che perdo
la testa. Allora dico: andiamo tosto in cucina a parlar colla serva e a ritrovare il buon senso.
3791. A chi desidera di ben imparare la lingua nostra, serbando intatta la propria originalità di pensiero, si
consiglia lo studio degli autori dei primi secoli della italiana letteratura - dove le idee essendo nulle, lasciano
inadulterate le nostre. Resta peraltro a vedere, se una tale scipita lettura, non dia la piega di scriver parole senza pensiero
-comodissima piega. - Poichè spesso rampolla da pensiero, pensiero.
3792. Car. um. Cressoni di Como è un uomo pieno di debiti e d'allegria. È felicissimo di avere gonfiato il tale o
tal'altro - canta sempre con voce baritonale qualche canzonetta - sa mille pettegolezzi - tutti conosce ed ha per tutti il suo
frizzo. Suo stile, allorchè spiritoseggia, è per es.: Seducetevi, per sedete - Partoriamo per partiamo - Pederestiamo, per
passeggiamo etc. Ne ha anche però del migliore; per es. accennando a due suoi amici e a stesso che avevano il pizzo
(mosca) bianco “Eppoi si dice, raro come le mosche bianche!” - Inoltre, il Cressoni è sojatore, e rugattista per la pelle.
Un giorno incontrò nel Verziere di Milano una mezza dozzina di cantanti sue conoscenze, che guardavano con desiderio
la bottega di un polentajo. Cressoni comperò una vasta polenta e molto merluzzo, poi li invitò a sparecchiarla sul luogo -
dando loro, a ogni fetta, del celebre, dell'immortale etc. etc.
3793. - Ci metto su un franco - diceva un ingegnere giocando al sette e mezzo - nella scala di 1 a 10
(intendendo di dire 10 cent.) oppure “nella scala di 1 a 100” - (intend. di dire uno).
3794. Bizz. in vettura, ferrovia etc. 40. “Chi va piano, va sano e... perde la corsa” -
3795. Qual'è quella cosa che, sola, è ben fatta quando fatta coi piedi? Il vino.
3796. Molti hanno il talento di farsi odiare per poco -.
3797. Opinano alcuni che i figli degli uomini di eccelso e attivissimo ingegno, sono generalmente stolti, come
se i genitori avessero speso in lor danno tutto il patrimonio intellettuale della famiglia. Noi crediamo invece che questa
apparenza di stoltezza derivi più dal vicino confronto coll'ingegno eccezionale del padre che non dalla vera imbecillità
del figlio. Confrontate perciò il figlio di un grande uomo non con costui, ma col resto del popolo, e il vostro giudizio
sarà modificato.
3798. Milano chiede panettone a Pavia, Napoli carrozzelle a Milano, Cantù ignoranza ai giornalisti, i giornalisti
bugie ai diplomatici etc.
3799. Il 3 Marzo 1869 mamma mi strappò il primo capello grigio.
3800. La banda musicale di Induno, quando accompagna i suoi morti al cimitero suona le più lugubri melodie:
ma nel ritorno, strombetta e tamburoneggia i più veglioneschi galoppes. - Tale, trovandosi perfettamente felice, tanto si
spaventò, che s'uccise. -
3801. (dal vero) Certo prete italiano è invitato a pranzo (all'albergo) da un vescovo inglese con moglie. A
tavola si mangia poco e a freddo - e anche quel poco nojato da un pretenzioso Galateo e da un vino dolciastro che
nausea. Nessuno parla. All'Italiano il cibo fa groppo. Dopo, si passa in camera. La S.
ra
si lava le mani, e così il Vescovo
- e così dee fare l'italiano, che certo non le ha troppo insudiciate di cibo. - Poi, siedono al caminetto: e il Vescovo,
aprendo finalmente la bocca, dimanda con gravità all'italiano: come interpreta lei il primo passo di S. Giovanni?... -
L'Itali[ano] non sa nè di S. Giov[anni] nè di Matteo. E lì una disquisizione teologica, sostenuta tutta dal Vescovo e dalla
sua moglie - nella quale, parlando anche della Cena di Leonardo si osserva che è tutta errata, avendo il pittore dipinti gli
apostoli seduti mentre doveano essere in piedi etc. etc.
3802. Fanno un gran bene certi caratteri fermi, inflessibili, che giganteggiano qua e nella storia, come
colonne a sostenerne la volta Napoleone, o come altari ospitali, cui corrono milioni di deboli e li abbracciano,
reputandosi in salvo Gesù. - È peraltro sfortuna che, spesso, tali caratteri - franti dalla inelasticità conseguenza della
lor stessa saldezza - precipitino a un tratto, trascinando con sè i milioni di deboli.
3803. M'è nata l'idea, che Goldoni nella sua “Locandiera” volesse raffigurare l'Italia, che, vagheggiata dalle
varie Nazioni - si dà infine sposa a un italiano. Il dubbio vuol essere però confermato da un nuova lettura.
3804. La virtù, in amore, è spesso causa della rovina del corpo. Il vizio dunque è il prediletto dalla fortuna. - La
continenza non si ottiene che a forza d'incontinenza. Il casino difende la casa.
3805. Tra le umane vergogne, è la copromania. Come la gola, più si fa vecchia, più ama le sudicerie, così la
lussuria. Il giovinetto ama il latte - il giovane i miti formaggi - il vecchio i merdosi. I selvatici marci e le frolle puttane,
tengono per i golosi e i lussuriosi le maggiori attrattive... - Es. di cop. m. il Marchese * ed il **, che usavano farsi
cacare in bocca dalle lor meretrici.
3806. I bimbi si leccano con le lor lingue le canne del naso per la dolce corizza - in quella casa, si vedevano su
tutti i mobili i cerchiolini dei bicchieri - si tenea forse adosso quel tanfo, perché il cane non lo perdesse di pista - ...e
volle porre sulla memoria di lui il pesante pressepapier di un monumento, per la paura, forse, che il testatore rialzasse la
testa -
3807. In un collegio di Monza, colui che fumava era castigato così. Per cinque giorni una pietanza di meno, e
in vece sua, un piatto con su uno sigaro e dei zolfanelli. Intanto leggevasi il Galateo. Il povero castigato (che quella
volta era un cugino mio) dopo tre giorni di penitenza, irritato dal sorriso beffardo de' suoi condiscepoli - piglia
freddamente lo sigaro e lo accende... - E ciò gli procurò un tremendo scapezzone dal Rettore - Il punire, levando un
piatto di cibo a qualche scolare, è una delle tante malizie di economia, che la Pedagogia a salario, insegna ai maestri.
3808. C'è chi studia ogni modo per render difficile il facile. Che si mai di più semplice dello sbattere un
uovo? basta un frullino, un bacchetto, vi pare? Eppure, fu chi inventava a tal scopo una macchina - a ruote - a molle -
pressapoco così - e poi pretendeva ricompense ed onori.
3809. Giuochi antichi (Vedi Anth. lat.). Il duce Candidus e il duce Niger comandano 15 soldati ciascuno. E 15
son le vigilie che si domandano per quella notte. Tra i due capitani si pone di trarli a sorte, cioè di metterli tutti e 30 in
fila, contandoli nove a nove e scegliendo, a fare la guardia, ogni nono... Candidus vorrebbe esimere i suoi, e stare
insieme alla legge... Il quesito è dunque disporre i gettoni bianchi ed i neri in modo da esentuar tutti i bianchi - La
risoluzione è questa:
3810. Mi ricordo che da bimbo mi si parlava di Pompei, come di una città che si stava disotterrando, con tutti i
suoi abitanti, morti s'intende bene, ma tutti negli atteggiamenti che aveano al momento del seppellimento. E mi si
narrava, ricordo, di case, attraverso i vetri delle quali i diseppelitori vedevano famiglie sedute a cena etc. etc. Ma i vetri
eran tocchi, cadevano - e tutto il quadretto cadeva in polvere. Il vero Pompei fu una disillusione per me -.
3811. A tale piaceva d'invitare a pranzo della povera gente vecchia, senza denti - per dar loro a mangiare roba
durissima -.
3812. (dal vero). Il povero Paolo, lavapiatti della contessa Gambarana - È mezzo morto dalla febbre e dalla
miseria. L'ospedale si rifiuta a riceverlo perchè non è di Milano - e vuole che si procuri una fede di miserabilità dal
proprio comune. La Cong. di Carità gli offre 10 cent. al giorno. La sua padrona nega di pagargli il salario perchè le
mancò qualche giorno “eh krepì - dice - meglio! non gli dovrò più nulla” - La cucitrice ammala, va all'ospedale. Torna a
casa: ha bisogno più che mai di lavoro; le committenti sono tutte perdute.
3813. Ricette di crudeltà domestica. Es. “Per sbarazzarti dei topi - pigliane uno, cacciagli in culo, pepe, senape,
ortiche et similia, quattro punti al pertugio, poi lascialo andare. E il topo non tarderà a diventare arrabbiato - e
morderà i suoi compagni - e creperanno tutti - e la tua casa sarà rinnettata”.
3814. - Verdi viene a Milano. - S.
r
Belinzaghi - dice un assessore - diamogli la cittadinanza - “Eh eh! - risponde
il conte spazza-baslotti - gliela daremo quando scriverà un'opera per Milano”.
3815. (dal vero). T. Cremona, a braccio di mio cugino Francesco, incontra un giorno il mio babbo. Babbo
costringe Francesco ad accettare una piccola somma. Via babbo, Tranquillo tira Francesco in un brougham e a galoppo
e in baldoria, finchè dura il denaro. - Poi si va a casa Cremona, una sol stanza, senza letto, ma con tre sedie e moltissimi
stronzi. Tranq[uillo] si cava dalle scarpe un mezzo “Secolo”, e fa in mezzo alla stanza le sue occorrenze. Narra intanto a
F. come il giornale gli serva per tre usi - di libro - di calza - di nettaculo. - Franc[esco] si lagna del freddo:
Tranquillo sparge sul pavimento una boccetta di spirito e l'accende - etc. etc.
3816. Fra gli avvilimenti di un giovane d'ingegno, massimo è quello di andare a scuola e di subire gli esami.
3817. Tale, richiesto del pagamento del fitto, rispose picchiando il padrone di casa e insieme dicendo che
quello era un acconto. Il padrone lo citò dal pretore. Il percotitore non solo ammise il fatto, ma sostenne di avere avuta
ragione nel picchiarlo, anzi di aver d[iritt]o a un compenso, per la fatica durata “asca el pericol de ciappai su, o de
slogam ona man” - Il Marchese *, celebre porco, noleggiò per qualche giorno il “Mondo Nuovo”, che era allora una
novità per Milano, e vi fece dentro una colossale cacata, dicendo “l'è tanto temp che la foo in del vecc, che l'era vora de
provà a falla in del noeuv”. -
3818. Discorso di un grand'uomo dell'antichità composto cent'anni dopo la sua morte. (Bizz. V. 3627).
3819. Pompeo Castelfranco - sedicente maestro di francese - è nominato di sbalzo dal Ministro Bonghi
sopraintendente degli scavi a Milano (mentre c'è già una consulta Archeologica).
3820. St. Um. - I Sonnettisti - i mattacini (magattei?).
3821. Una generazione semina, l'altra raccoglie. Vuoi tu appartenere a quella dei seminatori o dei mietitori?
3822. S'impara spesso dai ricchi a fare il pitocco.
3823. Bizz. (V. 3627) Asta di roba fuor d'uso 34. la flebotomia - la superstizione contro il sezion[amen]to dei
cadaveri, contro la vaccinaz. etc. che ora si manif. contro la cremazione. - Coll. cervelli 42. Lectures upon heads di
Stevens, - che le faceva a prop. delle teste dei papaveri. - Il sonnambulismo del M[edio] E[vo] - Catalogo etc. 42
Descriz. di una città mangiata dai topi (V. in Plinio degli ab[itanti] di Gyara isola delle Cicladi). -
3824. Locke l'anatomista del pensiero.
3825. La S.
ra
Gramatica, il S.
r
Chiarissimi - Chìli, abb[reviativo] di Achille. - Cogn[omi] nel villaggio di
Argegno: Truppa, Mella, Posca e Ciac -
3827. Dabo tibi dorsum et non faciem! - dicono le monache parlando al diavolo e al frate confessore.
3828. A prop. dell'insigne monumento del Bambaja a Gastone di Foix esisteva un Ms. in-4. dell'epoca (che lo
descriveva) nel Monastero di S. Marta in Milano, cucito insieme alle Vite di alcune monache etc.
3829. Per la Rov. vedi sparsim 1479, 1480, 1481, 1483, 1489 etc. - Agg. Il pranzo di Perelli e Rovani, fatto al
rovescio, cioè cominciando dalla mancia al servo, e dal caffè e terminando colla minestra - e l'altro pranzo degli stessi -
in un giardino d'osteria in mezzo alla neve - Cit. anche le malinconie del cane di R.
3830. Filosof. delle minime usanze. - Il salute verso chi starnuta, serve se non altro a incomincire una
conversazione tra gente sconosciuta - Così molte convenzionalità e molte ipocrisie del Galateo, giovano a scongiurare
assai più grossi fastidi - come liti etc.
3831. Mi contava un sojatore che a Napoli, in certi alberghi, usava il servitore entrare nella camera del
forastiero, la bella mattina del suo arrivo, con una guantiera sparsa di piccoli e grossi stronzi, ciascuno dei quali avea
appeso un cartellino e scritto su un prezzo. I grossi costavano molto più dei piccini, ed alcuni tenevano in capo un
cappellino di prete. Erano questi i prodotti degli abatini. E il forastiero sceglieva. E detto fatto si apriva la porta, e
compariva ai comodi del forastiero la parte corrispondente - autrice dell'esemplare.
3832. R.F. (V. 2867 e seg.). Giuseppe Maria Gelasio - figlio del Cav. Carlo Pisani Dossi e di Luigia Milesi -
nato il 25 luglio 1819, maritatosi alla nobile donna Ida Quinterio (fam. d'origine lodigiana) il 1848 e morto di colpo
apopletico il 7 9bre 1873 - padre di Alberto Carlo Felice e di Guido Carlo Felice mio fratello. Ritratto a matita del
Garavaglia colla poesiuccia
Del più vezzoso e vivido,
Del pargolo più eletto,
Al più soave e trepido
Santo materno affetto
L'amabile sembianza
Industre mano offrì.
Altro ritratto a olio di T. Cremona - e car[icatura] a lapis sul mio albo. - Babbo mio, il beniamino di D.
na
Luigia. Da
bimbo papagallava le poesie di Vittorelli e Savioli. Non avea ancor l'erre; e dicea con voce tragica “Non t'accoltale
all'ulna - che il cenel mio rinsella” etc. oppure “e nella selva antica - schelzando ci peldè” (si perdè) - o nel Passeggio di
Savioli “Già scotendo all'aula...” o “Deh non vollei che in mano - delle Napee giungesse” (modo poetico di dire gli
ammazzacani). - Avea per pedagogo un vecchio prete, che gli dava a succiare, quando savio, un vecchio pezzo di
regolizia che teneva nel taschino del suo gilet. - Studente di Liceo e di Università, raccolse a casa sua (il vecchio palazzo
Corti di Pavia) molti tra suoi amici formando un'orchestra. L'orchestra girava poi per la città a dar serenate. Accorrevano
talvolta i poliziotti e ne accadeva un salva-salva. Chi avea il tamburone, lo faceva rotolare per le vie, ma il tamburone
era sempre sequestrato. Babbo sonava talvolta il clarinetto anche nell'orchestra del Condominio di Pavia, e si ricorda di
avere una volta guastata l'aria di una cantante con un colpo di tamburone dato a contrattempo. - Altra fra le sue memorie
è la ramanzina datagli da Torresani in polizia perchè avea osato di fischiare una canterina sostenuta dagli Austriaci, e
del suo imbroglio a rispondere... per il pavimento che sdrucciolava. - Babbo amava poi giocare ai bossolotti (il suo
Gneo -Taddeo e Bartolomeo), ne avea una cassa, rubatagli poi da un prete di casa - e un giorno con un amico, andò, in
piena domenica, a darne academia ai villani di Groppello. - A Montecalvo, sua madre gli avea comprato un cavallo. Un
dì, essendo lontano assai dal castello, scese, per le sue occorrenze. E il cavallo via. E babbo dietro. E così andarono fino
al Monte, notando che il cavallino si fermava ogni tratto a mangiar l'erba sui bordi della via e a guardare il padrone con
aria compassionevole. - Ebbe, la sua parte di amori - Per una fece i versi seguenti: O Maddalena - fin nella schiena -
l'amor diffondesi - di tua beltà - T'amo, lo sai - t'amo, lo vedi - se non lo credi - io morirò - Fatto nel 59 tenente della
guardia Naz. di Milano portò un dì a casa una ventina di scatole di soldatini di piombo. Gioja mia e di Guido credendoli
nostri. Ma, no. Babbo se li schierò gravemente sul tavolo, e col libro de' militari esercizi dinanzi, e una riga in mano - si
diede a comandarli e a mandarli su e giù - E allora contava di avere una volta imberciato il primo colpo che mai tirasse
nel bianco del bersaglio federale di Lugano, con grande meraviglia di suo padre. Ma il male è, aggiungeva, che volli
tirare il secondo. Cit. le sue allegre canzoncine “oh i bei oggitt che gha la formiga! oh i brutt oggion che gha el
formigon! etc. - “Madam se permettesse, ghe vorria basà el sciampin!” - “Mon petit François...” - “La bella Marta la va
al mercà” etc. - “Pianta la fava la bella villana” etc. - Cit. il suo perpetuo zigaro - Cit. le 11 fondine di minestra che
babbo mangiava alla mattina, e le 9 michette coi 4 cereghini. Cit. il suo gusto nel venire ad annunciarci: la pappa è in
tavola. Come mangiava con appetito! E amava tanto la cazzuola che sempre dicea: quando mi crederete morto,
provatemi a metter sotto il naso una buona posciandra. Se non riviv allora, sarò morto davvero. - Per noi non si
mangerà più di cazzuola. - Cit. inoltre, la sua passione pei solitaire, giuochi di carte (Il Napoleone e el Cilapp) - i necci
che faceva a stesso - l'ira che gli veniva pel modo con cui mamma disponeva le carte, non rivolgendo sul loro diritto
le povere figure etc. Raff. tra le rovine di Montecalvo e quelle di papà mio - (chiusa del libro R.F.).
3833. R.F. (V. 2867. Parte 2). Rit. I° Domando: chi era il papà di D.
n
Carlo - Don Gelasio - Cosa faceva? -
Nulla (risponde papà in tuono glorioso) - E il papà di Don Gelasio? - Don Carlo - Un altro Don Carlo? - Sì - E che cosa
faceva? - Nulla - Nulla anche lui? - Vorresti forse che un nobile facesse qualche cosa a que' tempi? - E babbo dicendo
ciò parea se ne gloriasse, e parea che insieme si riputasse decaduto dal dovere mercanteggiare l'opera propria. Eppure
non sono forse, anche i signori, mercanti? Loro vendono il vino, vendono il grano, come l'oste il vino e il prestinajo il
pane. È nobile forse il commercio della prima materia e plebeo quello della seconda? - Sulla nobiltà - che è la ditta di
una famiglia. Sull'eredità dei vizi e delle virtù etc. Una famiglia che ha vecchie tradizioni di onore e di onestà (il che
torna lo stesso) ha più probabilità di un'altra di mantenersele. - L'amor della ditta tien spesso il mezzo briccone nel
galantomismo. E così l'amore dell'arme. - Degli antenati nulla m'importa. Che ho a che fare io con essi? I nonni io li amo
perché me ne resta in capo una tal quale memoria che s'assomiglia ad un sogno: e poi i genitori me ne hanno sempre
parlato - ma i nonni dei nonni, di cui non conosco che de' brutti ritratti - al diavolo! se ne avessi le ceneri, le cederei
senza rammarico in servigio dell'agricoltura. - Come di chi adulto rivede i luoghi d'infanzia, e si meraviglia della lor
picciolezza - così, più io divento grande mi vedo impicciolire i miei avi.
3834. (R.F.) (V.S.) Descriz. di un appartamento. Un app. è tutto un romanzo. La cucina, il tinello, il cesso
rappresentano le parti burlesche, le sale le ufficiali, le camere, le tragiche, le affettuose etc. Varie scenette - Macchietta
del maestro di ballo col violino. - Famiglie di vecchi servitori, mobili anzi immobili di casa - che seguivano fino alla
fine la buona e la ria fortuna dei loro padroni. Conf. tra i vecchi servitori ed i nuovi. - Il far fuoco causa della quotidiana
lite fra i due fratelli Pisani, uno frate, l'altro prete, D.
n
Sisto e D.
n
Enrico. I due sistemi di disporre la legna etc. - Una
porta aperta e il prov[erbio] Can, paisan e Pisan - Saren mai su i port. - In giardino, babbo e zio Gaetano seminano i
cinque centesimi etc.
3835. R.F. Angioletta Pisani Dossi n. il 12 apr. 1810 andata sposa all'Avv. Antonio Massa di Genova dep. al I°
parl. ital. il [lacuna] - m. il 16 luglio 1844 - Testa bizzarra. Teneva da ragazza un falcetto sotto il cuscino per difendersi
dai ladri (si parlava in que' tempi della Gran Bestia, del Tirelin e del Torototella, tre audacissimi) - correva a cavallo
vestita da uomo a traverso i campi, e cadde un in Po. Udendo come Dio tutto concede, a chi tutto confida in lui,
digiunò e pianse per quaranta giorni e quaranta notti, chiedendo la grazia di esser cangiata in uomo. Recitava
stupendamente la tragedia (a M[onte] C[alvo] fa da Antigone colla zuccheriera in mano). - Morendo Angioletta, volle
che si spegnessero i lumi per torre alla madre la vista del suo patire - Morì, tormentata dagli scrupoli religiosi.
3836. R.F. Donna Elena Milesi Viscontini madre di nonna Luigia - assai istrutta pel suo tempo, amica di
Manzoni e amata dal Porta - una delle prime ad avere ed ammirare i Promessi Sposi - nella cui casa a Milano conveniva
il fiore della scienza e della letteratura - (V. di Porta i versi alla Sura Lenin Milesi, e il sonetto “De già che sevem sett a
on tavolin” scritto per un puntiglio amoroso. - V. per le persone che si raccoglievano in casa sua, nota ms.). Donna
Elena si faceva portare in lettiga a M[onte] C[alvo]. - Prima di morire, domandò l'ora e volle che si montasse la pendola.
- Quando sentì il campanello del Viatico disse: vengono ad ungermi gli stivali - Bianca Milesi Mojon, figlia della
precedente, libera pensatrice pittrice e scrittrice di libri educativi - dava il latte a' suoi bimbi, in piena conversazione,
discorrendo intanto di estetica, di teologia etc. Assisteva alle sezioni cadaveriche, e ne portava a casa de' pezzi. - Un dì
si cavò una mano di morto di tasca e la gettò sulla tavola etc. I figli non volle inscriverli in nessuna forma di culto. “È
affar loro” dicea. - Suo marito era medico egregio. Scrisse vari opuscoli, di cui solo conosco quello sull'utilità del
dolore. Morirono entrambi di colera, a Parigi a poche ore di intervallo - Francesca Milesi Traversi sorella della
precedente e moglie all'Avv.
to
Giovanni Traversi. Rovani l'ha in parte descritta nella sua avvocatessa Falchi, ma in parte
la calunniò. Avea modi da pescivendola, non era nobile, ma non di famiglia plebea - fu adultera ma non assassina. - Ora
a noi. Vera donna dell'impero, la S.
ra
Francesca, disabbigliavasi in piena conversazione, e se si sentiva addosso una
pulce alzavasi le sottane e se la acchiappava senza riguardi. Facea freddo e lei si scaldava con su i sottanini le chiappe -
al camino. Avarissima, appunto perché ricchissima, comperava pel suo serale tarocco le carte già usate e se ne mancava
qualcuna, sostituivala con altra di altro mazzo scrivendoci sopra il suo nuovo valore, cioè ad es. facea di un dieci di
coppe un “re d'oro”. Di tempo in tempo, mandavale a soppressare. Chi giocava da lei partiva sempre colle mani sudicie.
- La sua camera da letto era tutta piena di gabbie d'uccelli. - A' suoi cugini Gabrini lasciò un patrimonio, a mia nonna,
che odiava, il suo busto di marmo e il suo ritratto a olio. Fu poi tanto cattiva, sul momento del crepo, che tentò di metter
zizzania fra il babbo mio e suo fratello Gaetano lasciando a quest'ultimo un credito di L. 9000 che essa teneva verso il
padre di lui, e di cui babbo mio avrebbe dovuto pagarle naturalmente la metà - del quale credito peraltro avea donato
l'originale ricevuta a sua sorella, mia nonna - invitando così il babbo mio a rifiutarne il pagamento al fratello. -
Sgraziatamente per le di lei buone intenzioni mio babbo amava, più che il denaro, la pace. - I vecchi Traversi fittabili
dividevano in fin d'anno i loro zecchini collo stajo - metodo assai semplice di contabilità. L'Avv. Giovanni fu loro
sucessore - nelle ricchezze e nell'avarizia. A Parigi, faceva miglia e miglia a piedi per comperarsi a minor prezzo le
scarpe - e così ne consumava un pajo per comperarsene un altro. - Il lettore Traversi rubava poi i limoni nel giardino del
fratello e li metteva nel cappello. Un dì, passando dalla portinaja il cappello gli cadde e giù tutti i limoni.
3837. Vedi pei R.F. “Carte segrete della Polizia Austriaca in Italia dal 4 giugno 1814 al 22 marzo 1848”.
Capolago Tip. Elvetica 1851. - Vol. a pag. 262, dove si parla della famiglia Traversi che organizzò la rivoluz. del 20
aprile 1814 - a pag. 425 sentenza di morte contro Confalonieri, Arconati Visconti, Pisani Dossi etc. - a pag. 429, dove si
parla di pubblicaz. rimpressa a Milano coi tipi Andreola.
3838. R.F. I nostri vecchi a date epoche dell'anno cambiavano invariabilmente di abiti - si mettevano da estate
o da inverno, qualunque si fosse lo stato della stagione; memori forse del proverbio: Dio manda il freddo a seconda dei
panni. - Quando le donne portavano que' cappelloni sul fare di un imbuto o di un cartoccio, disse tale: “incoeu hoo
incontraa un corridor cont in fond un camer” alludendo al brutto viso, che vi appariva di sotto. - Importanza del nodo
della cravatta nel 1826. C'è un libro sul modo di farlo - L'uso dei tabacchi profumati nel 1750. Non c'era ragazza che
non avesse il suo scatolino, e che non se ne zeppasse le nari. Si faceva all'amore colla tabacchiera in mano (V. per le
qual[ità] dei tab[acchi] Cherubini Diz. Mil-it. in tabacch). - Il cavallante di casa. Tipo classico. Beretto a uso notte col
fiocco - orecchini d'oro - e due ricci inanellati alle tempia. -
3839. R.F. - quando le nobili milanesi andavano al loro casino a vede ballà i omen... - (La nobiltà dava cioè
ogni anno una festa da ballo a' suoi ingegneri, ragionieri etc., ma guai che una nobile ballasse con uno di loro: stavano
tutte le dame sedute intorno alla sala, guardando attraverso l'occhialetto e con un fare beffardo, la plebe danzante). - Il
Conte Settala diceva poi dei nobili, ammessi al casino benchè non in perfetta regola coi quarti, “Sti pess de foss...” -
3840. - Wer da? - chiedevano le sentinelle austriache. “Coppet!” rispondevano i birichini. E fu un tempo in cui
una mano di audacissimi popolani faceva volare ogni notte qualche piantone nel Naviglio entro la sua garetta - Gli
ufficiali giravano sempre accompagnati da soldati coll'armi... Si ordinava a volte di mettere fuori dalle finestre a scacco i
lumi - e però in certe contrade i lumi erano vicinissimi, in altre l'occhio non arrivava dal primo al secondo. -
3841. R.F. I frati che si sfratavano e facevano da republicano - il Signor Paolo Emilio Guarnieri, gazzettiere e
prete - nel bosco Parnasio, Clorisio Dardanio etc. - La resa dei Tartari coi Moscoviti, ballo di carattere eroico-tragico da
rappresentarsi all'arciducale Teatro di Monza per la fiera di S. Giovanni, l'anno 1799 composto da Giovanni Cosalari.
3842. R.F. - Scene - Il passaggio del confine. Tornando la boetta nel cappello del postiglione - andando il largo
respiro di soddisfazione - Le ragazze di casa Pisani: Elena, Angioletta e Carlotta, che si misurano le poppe colle mestole
di legno... Elena, mortificata di averne poche, benchè la più bella. Carlotta trionfante etc. - La Scritta tra la S.
ra
Luigia
Milesi e don Carlo Pisani, in casa Milesi. - Il Notajo Castillia (noto per lo Spielberg). L'educaz. a Parigi della Luigina
(da cui era fuggita in un cesto). Luigina scriveva le sue lettere con pochi errori di ortografia etc. - Don Carlo, fiutando
l'avvenire avea già dato una scorsa ai vecchi diplomi e ristudiava araldica etc. - I testimoni - i doni - Monte C[alvo]. Mi
racconta il prevosto di Soriasco che D.
na
Luigia, quando dovette abbandonare il castello al marito, fece nascondervi e
murare in un sotteraneo 2000 bottiglie di Malvasia eccellente. - Casa di mio zio Gaetano. Come una famiglia si rovini
per 4 o 5 figli ancor bimbi che fumano e tirano di tabacco. Sulla tavola un monte di vesti tutte stracciate. La massaja, d.
na
Carolina, sta discutendo di letteratura nell'allattare un bambino, cui insieme, dal suo bicchiere, del vino. La casa non
ha usci. “Meo et amicorum commodo”. Tutti padroni dal tetto alla cantina. Le bottiglie si vuotano a dozzine per volta, e
i vetri rimangono sparsi per le stanze. Lenzuola e camicie, mancano a volte in un tratto, e allora, si va in furia a
comprarne tutta una guardaroba etc. etc.
3843. Si parlava della riconoscenza dei posteri, spesso compenso alle anime grandi e misconosciute dai loro
contemporanei. Saltò su a dire Galbiati “sti posteri! sti posteri! e cosa m'han faa a mi sti posteri?” -
3844. In Engadina su un camino sta scritto: “Cammino sempre e non mi muovo mai” - L'Ambasciatore
marrochino, vedendo la Galleria V. E. di Milano illuminata, meravigliò, e per fare un complimento all'Arch. Mengoni
che lo accompagnava si dice che gli dicesse “tutta Marocca! tutta Marocca” - (in ital. marame).
3845. Lessi su un cartello funebre a Tortona “Preci e lagrime - pel decesso della morte di Maddalena Cordini” -
3846. Giulia Pisana, moglie a Sebastiano Calvi fisico egregio morto nel 1674 figlio di Matteo, e seppelliti
entrambi nella Chiesa del Giardino a Milano. - Ven. Cler. Don Enrico Pisano, figlio del nobile Ottavio N. C. e J. C. di
Pavia 1711 -
3847. Zio Cecco (Pessina - zio cioè di mia nonna Quinterio), sua eterna cravatta bianca. Non volea creder nel
gas - nel vapore - nell'ecclissi, neppure vedendoli. Sua spiritosità giornaliera delle tre frasi all[udenti] alla bocca, al naso
ed al culo - inzigatagli da suo nipote Alberto Quinterio. Era un fegato sano. Nel 48 stava alla finestra a veder le fucilate,
dicendo: bene! bel colpo! etc. tanto partisse il colpo dai milanesi che dagli austriaci - Una notte (era solo, in campagna)
ode rumore. Scende dal letto, apre la finestra - e al chiaro di luna - vede in cima del muro del giardino una cosa nera,
quasi una persona, che cerca di scavalcarlo. Detto fatto piglia lo schioppo, mira - e... fuoco! L'apparente ladro cade. Zio
Cecco torna a letto tranquillo e alla mattina, svegliandosi, dice al massajo: Stanotte devo avere ammazzato un uomo -
Oh diavolo! fa il massajo. E vanno entrambi sul luogo. Zio Cecco avea ucciso... un tacchino. -
3848. R.F. (Note storiche spigolate dall'album di un contemporaneo) 1796. 14 maggio - Entrata dei francesi in
Milano - 1799. 18 aprile. Occupazione dei tedeschi di Milano. - 1800. 2 giugno. Rioccupazione di Milano, dai francesi
con Buonaparte. - 1811 20 marzo. Maria Luigia si sgrava del re di Roma - 1814 28 aprile. occupaz. di Milano dagli
Austriaci, dopo 15 giorni che lo avevano abbandonato. - 1815 26 marzo. Bonaparte fugge dall'Elba. 1815 7 [lacuna] -
esposti gli Angioli a Santa Maria Segreta per 3 giorni; ma sembra che siansi fatto gioco di noi miseri mortali. - 1815 1
luglio. Giunge la notizia dell'abdicazione di Nap. - a favore di suo figlio Nap. 2°. Tumulti in Porta Ticinese, nella
bottega del prestinajo Martinelli, che fu saccheggiato stante il caro e la scarsezza del pane. Lo stesso in Contrada delle
Tanaglie (E chissà che non abbia questa scena inspirato a Manzoni il brano corrisp. nei Promessi!) - 1815 31 Xbre.
Ingresso di Francesco I e sua moglie in Milano dove dimorarono fino al 7 marzo 1816 -1815 13 febb. S. Carlo di Napoli
bruciato - 1816 23 nov. Mad.
me
Catalani diede un concerto vocale al Conservatorio dove si pagava L. 13 di Milano a
testa - L'inverno 1816-17 fu tale che da 38 anni, cioè dal 1779 in qua non s'è trovato l'eguale, essendo stato
costantemente bello - 1818 24 maggio. Solenne ingresso di S. A. I. il principe Rainieri Vice-re del Regno Lombardo
Veneto. - 1818 26 luglio. Ingresso in M. del conte Carlo Gaetano di Gaisruck, vescovo di Passau. - 1821 8 febb. Moti a
Napoli e in Piemonte - 1825 10 (?) maggio. Entrata di Francesco I° sua moglie e suo figlio - 1825 fabricato il Ponte di
S. Damiano (nel 24 s'era fabricato quello di Porta Orientale) - 1821 Il giorno 15 di Luglio giunse a Milano la nuova che
il giorno 5 maggio morì a S.
ta
Elena, Napoleone - 1821 10 agosto. Morte di Salvatore Viganò, coreografo, in Casa
Castiglioni - Porta Orientale - 1822 15 maggio. Giocata al lotto nella bottega dell'Amministrazione situata in contrada
del Giardino, alle 2 pom., di 6 numeri cioè 10, 50, 60, 63, 70 e 78 e fu sborsata la somma di L. 450. L'Estraz. è fatta a
Bergamo. Si guadagna la cinquina cioè 50, 60, 63, 70, 78 che portava Ital. Lire 996 mila. - Dopo tre giorni si presenta
certo Francesco Azimonti per l'esigenza, ma venne arrestato unitamente a 3 individui, fra i quali un Ingegnere Pironi-
Giorda e Prina, che furono rilasciati dopo 20 giorni d'arresto come innocenti. L'avv. politico Marocco Carlo fu arrestato,
e il giorno 7 giugno 1822, dopo un congresso di consiglieri fu deciso che la causa era criminale per certo Perotti (?) e
altri 3 complici, uno dei quali (Pozzi) arrestato e gli altri due latitanti. Col mezzo di cannocchiale sulla cupola di S.
Fedele avean potuto rilevare i numeri sortiti a Bergamo, con una stazione sul campanile della Chiesa di Omate. Fu poi
rilasciato Marocco e Azimonti a pluralità di voti. Marocco non fece che consigliare Perotti sul contegno che doveva
tenere. Azimonti non era che il rilevatario del biglietto. Fatto sta che ad oggi 15 ag. 1822 le 996 mila lire non sono
pagate a nessuno, lo saranno in seguito - 1830. 28, 29, 30 lugl. 1830. Riv. a Parigi. Ascende il trono Luigi Filippo. -
1829 19 luglio. Corse di bighe nell'anfiteatro. 12 cavalli fuggirono dalla porta trionfale e si posero a correre per le vie
della città dove uccisero un ragazzo e una donna e ferirono oltre 30 persone. Una folla immensa ingombrava la corsia,
per la festa annuale che si celebra alla Madonna del Carmine per la B.V. dell'abito - 1829 31 luglio. La Pasta, al teatro
Carcano. Fu costretta a mostrarsi al balcone - 1830 3 maggio. Morte del conte di Strassoldo che da 12 anni presiedeva al
governo della Lombardia. - 1830 1 luglio. Lo rimpiazza il conte Hartig. - 1831... luglio. Tumulto all'Arena. Il popolo
milanese malcontento di una rappresentazione, getta nel circo le sedie e pietre della balaustrata. Gli Austriaci fecero
fuoco, uccidendo 2 persone e ferendone 11, senza che di questa azione si facesse mai giustizia. 1832 Gran festa di ballo
dalla Pahlen Samoiloff, dalle ore 9 della sera alle 5 della mattina. 1000 invitati. Il giorno appresso gli appartamenti
furono accessibili ad ogni ceto di persone. Viva una così gentile liberale e cara e giovine signora! - 1832 22 luglio.
Napoleone duca di Reichstadt muore consunto a Vienna, di 21 anni. - 1835 2 marzo. Morte di Francesco I°. - 1835
28 luglio. Congiura di Fieschi contro L. Filippo. Fieschi decapitato. - In giugno 25 (?) altro attentato contro lo stesso da
Alibeaud (?) - 1836 27 Xbre 3° attentato contro lo stesso da Meunier (?) - 1836 30 8bre. Tentativo di Luigi Bonaparte a
Strasburgo per farsi proclamare imperatore dei francesi. - 1838 1 settembre. Ingresso da Porta Orientale dell'Imp.
Ferdinando I°. - Cerimonia in Duomo, adobbato da Sanquirico per 300.000 lire - 1838 6 sett. Decreto di amnistia a
favore dei precettati e delinquenti di alto tradimento. - 1839 a memoria di uomini non si ebbe mai un mese di ottobre più
fatale. Piogge dirotte ecc. - 1840 25 ag. fiera tempesta in Milano. Tutti i vetri e grandi e piccoli si ruppero. Grossezza di
un uovo. Rovinato il finestrone dell'Assunta in Duomo. - 1844 dal 12 al 27 sett. VI congresso degli Scienziati.
Naumachia all'Arena. - 1845 Fanatismo per Maria Taglioni e Fanny Cerrito. Il 20 marzo u. fatti 1600 biglietti alla Scala
e 600 pel loggione. Rimandate più di 1000 persone. - Poesie, ghirlande ecc. fino alle 2 dopo mezzanotte. - Alle 5 pom.
la calca era tale, che si forzò l'ingresso. Si atterrarono 3 granatieri. Le danzatrici vennero evocate al proscenio più di 20
volte. - 1845 Salita in pallone di M. Arban. 1846 Carn. spettacolo infelice alla Scala. - 1846 15 feb. Inaug. strada
ferrata Ferdinandea fino a Treviglio (Conte Spaur, 400 pers. Prezzi: 1
i
posti L. 4 austr. - 2
i
, 3 - 3
i
, 1,75). - 1846 Caldo
d'estate insopportabile. - 1846 giugno. Gio. Maria Mastai Ferretti - eletto dopo due soli giorni di conclave. Anagr
[amma] Grati nomi, amnistia e strada ferrata - E difatti accordò l'amn. a 2000 rei politici. 1846 19 novembre. Morte di
Gaisruck - 10 dic. id. Suoi grandi funerali - 1847 L'orizonte politico si oscura, massime per le Romagne. -1847 4 7bre.
Ingresso per porta Orientale di Romilli - quindi, il 5 grande entrata per porta Ticinese. - Strade parate a festa -
illuminazione a sera - 5 7bre alle 8¼ a S. Eustorgio messa, poi in Duomo alle 12. Tutta Bergamo era in Milano. - A sera
obbligato a mostrarsi. Disordini in piazza Fontana - 8 7bre, replica della Luminaria in Piazza Fontana. Si grida: viva Pio
IX, altri disordini. I tavolini del caffè Reale vanno sossopra - i militari sfoderano le sciabole. Alcuni feriti. Uno
soffocato nella folla, certo Abati mercante di mobili, d'anni 45. - 1847 9
no
congresso degli Scienziati a Venezia. Questi
congressi, nascostamente politici, cominciarono nel 39 a Pisa. Il ebbe luogo a Torino, il 3° a Firenze, il a Padova,
il ed il a Milano, il a Napoli, l'8° a Genova - e il a Venezia. 1847 9 8bre - bellissimo ecclissi di sole - (Qui
nel ms. si trovano alcune pagine tagliate via. Certamente vi si parlava della gloria del 48). 1848 6 agosto. Dopo 134
giorni le truppe di S.M.I.R. ricuperano Milano. - In 8bre fucilati i milanesi Rossi, Vigo e Bordoni, per aver sedotto un
soldato a disertare, “così diceva l'iniqua sentenza” (la parola iniqua è cancellata, poi rimessa.) - 1848 15 9bre. Fuga di
Pio IX da Roma sopra il piroscafo francese “Telemaco” - dopo la uccis. di Pellegrino Rossi. - 1848-49 Un inverno come
quello di quest'anno è molto tempo che non si vidde. - 1849 26 febb. fu chiuso il caffè alla Scala. Mio nipote Tito fu
arrestato da Galimberti, per aver detto che un soldato avea rubato un ombrello ed è tuttora (14 marzo) in Rocchetta. -
1849 26 febb. Alessandro Sanquirico di 73 anni si avvelena fuori di Porta Vercellina, lasciando una sostanza di 500.000
lire. - 1849 L'Avv. Giunio Bazzoni, autore del libro i Romani in Grecia, fuggendo da Milano per le circostanze dei
tempi, sui monti della Svizzera, cade spossato in un precipizio e vi trova la morte. 1849. 18 marzo. Anniv. Il 17 gli
Austriaci si erano ritirati in Castello. 18 oggi è passata tranquilla la giornata. 19 simile. 20 simile. 21, 22, 23 simile. 24
torbida. 25 Angoscia pel tradimento di Carlo Alberto. 26 Ingresso dei Tedeschi. - 1849 7 agosto. 101 colpi di cannone
annunziano la pace vergognosa del Piemonte con l'Austria. Patti - pagamento 75 milioni di franchi - Alleanza offensiva
e difensiva - Nessun deputato lombardo - Aboliz. della coccarda a 3 colori - Rinuncia alla fusione - Trattato
commerciale rovinoso pel Piemonte. - 1851 25 giugno. Oggi alle pom. sul Durino, fu ucciso proditoriamente il
Medico della delegazione Prov. * da tutti esecrato per essere stato il delatore del dottor Ciceri suo amico (La scrittura
del Cronista si fa sempre più tremolante, ma avv[icinandosi] alla morte gli cresce il coraggio di emettere le sue opinioni)
- 1851 2 Xbre. Luigi Napoleone scioglie l'Assemblea francese. - 1852 2 dic. Napoleone III proclamato imperatore dei
francesi - 1854 Xbre. Rigido. Nevischia - La temperatura è discesa a gradi 5 sotto lo zero. Carestia. Tre anni in casa
sempre seduto sulla poltrona - pane 50 cent. - riso cent. 72 - 1854 feb. sempre sereno (il carattere del ms. è quasi
indecifrabile) - 1854 27. Carlo duca di Parma pugnalato. Madame Goudard sale in pallone a Milano - (Ed anche il
Cronista vi sale il 8 febb. 1855. Era nato nel 1780). - (Altra mano) 2 marzo 1855 a mezzo giorno Nicolò di Russia,
muore, dicono di veleno - 1855 Colera, dai 60 agli 80 casi per giorno.
3849. Nelle note sudette trovo anche le seguenti: 1846 Dopo 30 anni di non interrotta amicizia l'A. delle
presenti memorie va in rotta col d.
r
Chiesa. Perchè? Chiesa ha pigliato moglie - Il pittore Migliara, di larga fama, dipinge
quadri a olio sul gusto di quelli del Canaletto - e ci riesce a meraviglia e tanto imita gli originali che le sue copie, dipinte
su tela vecchia, sono vendute per originali - Uomini dotti e artisti miei contemporanei (è il Cronista che scrive nel
1849): Oriani, astronomo - Parini, poeta - Verri Pietro, storico - Beccaria Cesare, filosofo - Appiani, pittore - Paletta,
chirurgo - Marocco, avvocato - Pacetti, scultore - Cagnola, architetto - Custodi, istoriografo - Monti, poeta - Volta,
fisico - Scarpa, medico - Frank id. - Brunacci, ecc. (Illustri ecc. viventi. Manzoni, poeta - Grossi, poeta - Castiglioni,
antiquario - Bordoni, matematico ecc.) - Anagramma di Giovanni Maria Mastai Ferretti -: grati nomi, amnistia e strade
ferrate. -
3850. Rovaniana (V. 3496. Prog. lett. 11 e sparsim in Rov., critica etc.). Disposizione e intitolazione
provvisoria del volumetto.
Avanguardia del
libro
I Cop. e Pag. 3
a
. - Rovaniana - Milano - Luigi Perelli Editore - 187...
- II 1
a
pag. Ritratto all'aqua forte di Rovani con l'ep[igrafe] “me dai
tempi infelici, e dal nessuno - asse paterno, e dall'inutil arte...” - III
Breve prefazione (già scritta. V. nelle carte) -
corpo del libro
IV Rovani e l'Arte. a) in Biblioteca di Brera - b) sui gradini alla
Scala - c) all'Esposizione - annedoti relativi, preceduti e seguiti da
appr[opriate] cornici critiche. - V Rovani e Manzoni - descriz.
grafica dei loro colloqui. Raff. tra il genio di entrambi. Anne[doti]
rel[ativi] a Manzoni, Porta, Rossini ecc. - Come Rov. conobbe
Perelli. Dove Rov. vide la prima volta M. VI Rovani e Lieo.
Ricordi di gioventù - Parenti - avventure - ann[edoti] vari - suoi e
d'amici ecc. (Lieo da lýo, sciolgo). - VII Rovani e la Morte. Segni di
decadimento. Ultimi istanti, Funerali ecc. -
retrog[uardia]
VIII Appendice prima (di Rovani) cioè raccolta dei passi
autobiografici, cavati dalla Gazzetta e dai libri suoi - Sermone sul
Matrimonio - Sonetto a Papa Alessandro. Madrigale al Maffei -
Epigrammi in versi - Epigrafi - Epitafi (Silvio, Ferrari ecc.) -
Medaglia di Manzoni - Fac-simile di una lettera - VIIII Appendice
seconda (dell'editore). Atto di nascita - Atto di matrim. - Atto di
morte. Descriz. funerali, ostacoli insorti ecc. sottoscriz. pel
monumento ecc. - Elenco completo delle opere di Rovani e delle
loro edizioni - Chiave dei “cento anni” - Elenco delle principali
pubblicaz. critiche su Rovani, ed estratti. - Indici dei nomi propri. -
Vedi in part. sotto ai numeri seguenti:
3851. Rov. Apparenza fisica di R. Egli dicea parlando della sua corporatura - quadrata et compacta, ma se larga
di spalle e di torace, altrettanto esile di gambe: sono un contrabasso capovolto (Nemo risum praebet qui ex se cepit).
Rov. misurava d'altezza dal tallone alla sommidella testa m. 1,66. Era insigne per la picciolezza del piede, pel naso a
quattro e per gli occhi della più bella aqua e pei polmoni - Avea la vista acutissima e fortissima. Non ostante le sue non
interrotte letture, poteva in età matura leggere, al chiaro di luna, due certi tometti di autori latini, di stampa minima e
fittissima. - Rovani si presentò nudo a una assemblea di artisti e si fece dare patente di perfetta costituzione fisica.
Tuttavia, andato a vedere con Ambrosoli altro coll. della Gazzetta certi affreschi a Varallo, i villani del luogo,
ingannati dall'aria imponente d'Ambrosoli, presero questo pel celebre Rovani, e di quì scappellate ed inchini. Quando
s'accorsero poi che il Rovani era invece il più giovane, dal fare trascurato ecc. gli avrebbero - dicea Rov. - dato dei
scapezzoni - Rov. non avea pancia, e se ne vantava, dicendo Gli animali generosi non hanno pancia. Il leone non ha
pancia. Il leone è un animale generoso. Se dis generos (aggiungeva) inscì per . Per mi no me fidariss tropp a sta soa
generositaa - Di Rovani oltre le fotografie e l'aqua forte di Grandi conosco due ritratti. Uno a matita di Focosi, che
lo rappresenta giovane; l'altro in età matura - a olio - di Ranzoni - ritratto che gli fu abbozzato in due sedute nel giardino
di Tranquillo Cremona a Porta Nuova - Quanto al vestito sono celebri in Milano i suoi cilindroni, di cui il Ponzoni tenea
una forma apposta, e i suoi cappellini, come pure i suoi mantelli, e il suo soprabito chiaro. Ultimamente
portava sempre una giannettina, tolta da una siepe.
3852. (V. 3906) Carattere morale. Rov. era un cuor d'oro. Non gli noque che la troppa sincerità. Gli uomini
a Diis recentes dovevano esser stati come lui. Un misto d'ingenuità e di sapienza. Ppronto a dare che non a ritirare la
mano. L'artisticità de' suoi insulti, toglieva l'offesa. Il suo cuore era aperto come la casa sua, e purtroppo gli amici
abusarono di tutti e due (V. più sotto per la spensierataggine nella vita fisica). Dicea però se alcuno lo lodava per la
grande onestà “El vin bon el dev avegh on fond e on fond cattiv. On vero galantomm el gha semper on fond cattivissim
- Quanto a opinioni religiose, diceaPer me un ateo è un bigotto”. Incredulo, era per altro superstizioso, e temeva il
13 ed il Venerdì almeno quando ciò gli poteva servire di mezza scusa per non far cosa che gli annojava. Ma in
complesso, teneva, come molti grandissimi, assai del fanciullo... Maturo di età mai non mancava di piantare il presepio:
e possedeva anche in sua casa un organetto con entro l'inno prussiano, che gli piaceva moltissimo. Quando vedeva
qualcuno con una bella cravatta od una bella giannetta gliela chiedeva ingenuamente.
3853. (V. 3906) Rov. Debiti di Rovani. Per quanto grandi sono nulla a rispetto dei crediti suoi verso
l'irriconoscentissima Italia. - Dicea: io naqui indebitato - Se la bolletta fosse un violino, mi sariss on Paganini - e dicea
del Marchese Rescalli Costui ha speso un milione per volermi imitare, oppure, gli mancano due milioni per aver
nulla - Dicea poi che la sua divisa era vivere ricchi e morire in perfetta bolletta - Vieni a Milano, gli consigliava
Perelli quando fu a Sesto a trovarlo - A Milano? la patria de' miei creditori? - Dicevagli un tale “col tuo talento si può
far tutto”. Rispose: va in verzee e comprem se te se bon on sciroeu de verz (Conf. Ariosto: O Rodomonte! o Argante,
datemi delle camicie!) - E spesso a Perelli: tu vedi un uomo assai visitato dalla bolletta - Tale, si vantava a lui de' suoi
debiti: Rispose con sprezzo: Ah in questo mi fai pietà! - Due annedoti a prop. de' suoi debiti. - L'albergatore di
Capolago che avea assai crediti verso di lui, venne a Milano, e gliene richiese con mala maniera. Rov. non sapendo
come liberarsene, si consigliò coll'avv. P.A. Curti, il quale riuscì a rinfrescare un decreto, non ancora abrogato, per cui
gli Svizzeri non poteano soggiornare a Milano senza date condizioni - cosichè il povero albergatore fu obbligato, in 24
ore, a sfrattare - ann. Dovea mille lire a certo *, ricchissimo e birbantissimo. * con quel suo parlar da forlina, dicea
di non voler esser tornito. Il * gli mandò il Trombetto della città per mettergli all'asta la sua poca mobiglia. Rov. fa la
più bella accoglienza al banditore, gli fa portare da bere, e chiamata la serva le consegna la giudiziale trombetta perchè
gliela lustri col tripoli. - In verità, dello stato in cui si era ridotto un po' di colpa l'avea lui stesso. In casa sua, sempre
corte bandita - Avea un debole per le carrozze ecc. La letteratura non gli avea dato che debiti, il giornalismo glieli avea
a esuberanza pagati. Eppure, oltre le sue grandezzate e le sue spensierataggini, guardate mo come coltivava la Gazzetta
- quel praa de marscida! Avea due comproprietari il ** e il ***, e li insultava ogni - dicendo al primo ad es. un
uomo gobbo, losco e oscenissimo, che lo voleva migliorar con un pugno, e al secondo il ***molti migliori di te hanno
salito la forca”, oppure - Tu disonoreresti la forca. (V. in spensierataggine ecc.).
3854. Rov. Discorso di Rovani. Il suo discorso era una continua lezione senza la noja. Si apprendeva di più
stando una mezz'ora ad udirlo quand'egli tuonava dai rostri o rosti di una taberna, che non acculattando per un anno le
panche di estetica di qualche più o meno Regia Academia. - Innanzi tutto avea una voce armoniosamente profonda, che
ricordava quella di Garibaldi, ed egli stesso che ben lo sapea, diceaa mettem chi on scagnell (e accennava colla mano
al bellico) e tre cord (e coll'altra mano faceva l'atto dell'arco) sont on vioron - I suoi stentorei tu, quando si batteva lo
stomaco, sono celebri. Le sue significative pause. - Declamava stupendamente (bisognava vederlo in veste da camera
sbottonata, e sotto era nudo) per es. il - Tu cui l'universo era mancipio Or salmeggi... e una mitria è il tuo cimiero - la
concione di Clitemnestra sul corpo di Agamennone (Vedi Nicolini trad.), dove parla delle tavole navali lisate
dall'adulterio - brani dalla trad. dell'Iliade di Foscolo: E sì andremo in Argo - e sì andremo a riveder le belle donne. - ...E
muto il greco esercito e il trojano Tremavano, sì orrendo urlava Marte. Dì un po' tu un orrendo come lo dico io... Chéh!
ci vuol altro! E le poche volte che era in vena grottesca, recitava una certa predica di un cappellano tedesco che doveva
farsi capire a press'a poco da un regg. composto di viennesi, croati, ungheresi, italiani ecc. - Quanto poi alla stoffa del
dire, il suo l'era on parlà stampaa - non luciole ma luci - (Vedi in frecciate, in frasi pittoriche ecc.). Nessuno meglio di
lui sapeva leggere ad alta voce. Leggeva volontieri Manzoni, Foscolo (la traduz. d'Omero sp.), Porta e stesso. Il suo
leggere era un commento. Interpreting by tones the wondrous pages, - O happy poet! by no critic vext! - How must thy
listening spirit now rejoice - To be interpreted by such a voice. - Rov. solo sapeva porre, a quanto leggeva,
quell'accento, che sfugge ai segni e alle scuole, l'accento dell'affetto. - Mirabile è come leggea il brano nel suo studio su
Manzoni dalla frase “Il genio e la coscienza della storia” (pag. 14 ed. Treves) alla frase “e scoprendo agli sguardi le sue
ventitrè ferite”.
3855. Rov. Discorso di Rovani. Rov. come Foscolo, ogni qualvolta citava il suo autore, lo migliorava. Ne
abbiamo un esempio in que' versi del D'Elci ch'egli chiamava precursore del Giusti - “empio finch'è robusto, infermo è
pio - saprò dal polso quando crede in Dio” - il primo di cui era corretto così “Empio se sano, se malato è pio...” - Altre
volte condensava il concetto dell'autore, come fece del sonetto di Manzoni a Lomonaco, riducendolo a queste sole
cinque linee “O Italia di gentili alme matrigna - dove il buon spesso nasce e rado alligna - Tu dai barbari oppressa,
opprimi i tuoi - e ognor tue colpe e tuoi danni secondi - pentita sempre e non cangiata mai” -; e della scipita tiritera di
Raiberti In risposta a on articol necrologich stampaa in del Glissons n. 45, che gira manoscritta, e conta 14
sestine... migliorandola così: On certo scior Giovan cont el Battista - Fabbricator de articol de Vivee - El n'ha faa vun
l'oltrer che a prima vista - El m'è pars faa coi pee. - Ma avendel on poo dopo rileggiuu - Ho concluduu - Che l'era faa col
cuu - O car sur Giovan, per de sti articol - Ghe voeur minga di test ma di testicol. - E se pur commentava con
spiegazioni, due sole parole bastavano. Es. recitato in greco quel verso d'Omero che dipinge il cavallo che corre vv.
510-11 o d'aglaìephi pepoithòs, rìmpha e gùna férei metà t'éthea kaì nomòn ìppon (Omero L. VI) - passaggio che R.
lesse in un art. critico di Foscolo (art. ingl.) - e trad. dallo stesso Foscolo “esulta Delle bellezze sue - va come il porta Il
vol del piè fra le cavalle e i paschi” dicea: qui si sente il destriero sorvolar sulla sabbia, ben altro che non, Virgilio,
col suo quadrupedante putrem sonitu quatit ungula campum”. Quest' chi l'è on cavall de biree -
3856. Rov. Discorso di Rovani. Rov. avea una memoria di ferro. Non s'aiutò mai colle note, abitudine che culla
spesso nella pigrizia la nostra intellettuale elasticità. D'altra parte, avea troppo spontanea e continua abbondanza di
propri pensieri, per far sacchetto di quelli degli altri - o economia de' suoi. Il prodigo ingegno di R. - E sapeva cose
anche fuor di commercio, delle quali purtroppo alcune sono morte con lui. Per es. sapea dei versi inediti di Aless.
Manzoni sul Monti, che sono appress'a poco “Un vate di gran lode - Sul principio di un'ode - Rimpiange il fior gentile -
del suo membro virile - e mentre ognun s'aspetta - ch'egli invochi Paletta - o qualchedun dell'Arte - invoca Bonaparte” -
e degli altri versi del Nosetti (rip. dall'Arioli per propri), sulla casa di salute, cioè “Casa di salute - vid'io scritto al
sommo di una porta - da cui usciva una persona morta - Allor chies'io a un tale - È di salute eterna o temporale?”
3857. V. 3906) Rov. Era un'inesauribile zecca di epigrammi, pittoriche frasi, pause significative, non
sospettati modi di dire - insulti da far impallidire i biblici ed i Shaksperiani - ed era una miniera senza fine di annedoti
sconosciutissimi quanto interessantissimi per la storia dell'Arte e la cronaca milanese - Era dei pochi che pensano ciò
che dicono - Parea con lui di trovarci in un vespaio; tanti gli sfrizzi. Il prodigo, lo spumeggiante ingegno di Rov. Due
segni e una persona era dipinta. Le sue frasi giravano la città: e molti se le appropriavano. Colla morte di lui, oh quanti
hanno perduto lo spirito! - (V. per esempi sparsim in Rov. - e in T.Sp.). In part. poi chiamava il Vanzo abus. pittore
Garibaldi mojaa in la carbonella - Diceva del Sacchi bibliotecario (il quale camminava con un fare da bigattone, il
muso per l'aria, mezzo assonato e movendo le labbra, come biascicasse castagne) che parea un baco nato a far la
galletta ma che la ghe reussiva mai - Dell'Arioli pieno di merda eterna”. - Della moglie di Cletto Arrighi, che,
poverina, non si sgravava se non di cadaverini ona mojascia ambulanta - Della Gazzetta di Milano el so praa de
marscida - Del S.
r
Picchiottini, il quale nella infame colletta per le Guardie di Questura (che allora spoliticavano) non
avea dato nulla per pura taccagneria e se ne vantava, disse: salvato dall'avarizia! - di Perelli colui che s'incarica di
volermi bene”. - Di tale che vedovo, si era rimaritato: indegno di aver perduto la prima op. E non c'era il Duomo? e
non c'era il Naviglio? e quì citare Giovenale: Dic qua Tisiphon[e], quibus exagitare colubris? Ferre potes dominam,
salvis tot restibus, ullam? Quum pateant altae caligantesque fenestrae? Quum tibi vicinum se praebeat Aemilius pons? -
Chiamava il culoil trionfo della linea curva - Chiamava una cantante, bella, ma smisuratamente grassa: il naufragio
dell'estetica. - E quanto agli insulti - al Filippi, sedicente critico, che gli dicea: io basto a me stesso - “Bene applicato,
quel basto, o asino” - al * comproprietario nella Gazzetta, oscenissimo gobbo, che lo avrebbe migliorato con un pugno -
al ** altro dei comproprietari molti migliori di te hanno salita la forca - e tu disonoreresti la forca - E ancora al
Filippi, che gli chiedeva: stai bene? - sto bene, quando non ti vedo - Al Faccio, caporchestra rovinatore degli spartiti
faccia di cazzo tirato, non per estro venereo ma per orchite - Del naso di Faccio “quel naso fatto di biglia” chi lo
dice detto al Dall'Argine. Al Briccialdi - sostitutore di Raboni (e che R. disprezzava), tutto gonfio di vanità: io so
sonare il flauto meglio di lei ma non mi degno di sonarlo in publico - Una sua lettera al Marchese Filippo Villani,
marito della donna ch'egli adorava, finiva: prepara le guancie (agli schiaffi) - A tale, antico falsario, che gli osservava
“me par che te vegnet bianch. L'è ora de tenges” - rispondeva: Abborro le tinture, abborro i falsari! V. nota al 3859 su
Maffei. Ma se eccedeva talvolta negli insulti, non lesinava mai nelle lodi. Entrando un dì nella sala, dove banchettava
una dozzina di persone, esclamò: dodici? e tutti galantuomini; mi fa senso! - Nella Rov. cit. soltanto alcune delle
sudette esclamazioni. Si noti però che Rovani, così intemperante nelle espressioni, sia di lode che d'insulto mentre
parlava, nello scrivere era cautissimo - e allora vestiva i più acuti biasimi di cortesia. - Scusavasi poi dei troppi sinceri
suoi sfoghi, dicendo: cosa vorii! l'omm d'ingegn l'è ona botteglia de vin generos - el mouscia. E se spesso, nella
biblica foga della esecrazione, andava di dei confini del vero, se ne ravvedeva anche tosto, e cangiando tuono,
stendeva con un fare nobilmente pentito la mano all'offeso, dicendogli ingenuamente - perdoni! Signore.
3858. Rov. Rovani conosceva una quantità di ane[ddo]ti letterari e curiosissimi, e li narrava meravigliosamente.
Gli annedoti i più insignificanti in bocca sua diventavano gustosissimi. Bisognava p. es. sentirlo a narrare del Gilio
caffettiere e cioccolatiere, dove alla mattina convenivano i preti dopo la messa a bere la cioccolata, o il caffè e latte - il
quale Gilio avea una mezza dozzina di bimbi, che guaivano e litigavano mentre egli distribuiva loro il pane per la scuola
compesaa a scappellotti - e poi dicea loro burberamente - faa i part? content tutti?... Avanti! e li cacciava a scuola. -
Narrava di Felice Romani, circuito da una spia austriaca, la quale, cercando di appiccare discorso con lui, lo abbordò un
giorno in istrada per chiedergli l'ora. Cui Romani risponde: hin i quatter... ma, per carità, ch'el me comprometta minga. -
E narrava di Carlo Porta, che, salito sul Duomo e avendo ivi fatte le sue occorrenze, si forbì con una lettera, che avea in
tasca a lui indirizzata. La lettera venne poi trasportata dal vento in altra parte del tetto e trovata dal custode. Porta era
stitico e la carta non sembrava sudicia. Il custode, leggendovi il nome dell'illustre poeta, s'affrettò a recargliela. Porta era
a pranzo. Ringraziò molto il custode, dicendogli peraltro che quella lettera non avea importanza, e in prova di ciò e
insieme della di lui riconoscenza, prese da un piatto un pajo di biscottoni di anice, l'involse nella lettera stessa, e li
presentò al riverente custode. - Raccontava poi del Nosetti - che appisolandosi alla monotona voce di un seccantissimo
chiaccherone, e dicendogli questi “se te sechi, fissem on'ora doman” rispose il Nosetti riaprendo a mezzo gli occhi “va
innanz, se de no, me dessedi”. - Di Gioachino Rossini contava che un - egli, Rovani, giovanissimo, entusiasta di lui,
l'avea seguito in Milano per molto tratto di strada pensando alle sue paradisiache melodie ecc. finchè l'uomo divino
svoltò... in un postribolo. E Rovani ribalzò sulla terra. - Di Meyerbeer, che quando si recava a trovare Rossini
incensandolo coi titoli di sublime maestro - di celebre - di immortale etc. - Rossini rispondevagli solo con una voos de
veggia bacucca: ciao Giacom - - E dicea dell'Arioli (colui che spacciava i versi di Nosetti per suoi) che essendo stata
a costui annunziata la subita e gravissima malattia di uno zio milionario, Arioli avea fatto attaccare le poste a quattro
cavalli ed era corso in campagna a vederlo... E l'Arioli entra nella camera dello zio e con un fare compunto “com'el stà
sur zio?” “Stoo on poo mei” - risponde lo zio. L'Arioli dà un passo indietro e con una voce di spavento: “El cojonna?” -
Del pittore Elena, che, domandando l'improvvisatore Biadoni al Teatro Re un te ma si alzò e balbettando... Mi metta in
versi... la... la sorpresa di O... olo... ferne nello svegliarsi senza testa. - E dello stesso Elena, che parlando di Pompeo
Marchesi dicea “era grande anche Prassitele - ma non era cavalier” - e ancora dello stesso che quando udiva l'“abbellita
dal tuo riso - fia la terra un paradiso” con quel che segue, “Te par no, dicea, ch'el disa tira ti che tiri anch mi? - Di
annedoti, ne sapea un mondo: chi non crede, legga i suoi Cento Anni - Contava dei pizzicotti che la Malibran dava alla
Schoberlechen[er] (?), per farla stonare, quando cantava con lei, gelosia d'arte e d'amore; - dell'Ettore Fieramosca di
Azeglio, che quando fu pubblicato, eccitò tosto la frase - a chi richiedeva di che genere fosse - che l'era del gener del
Manzon ecc. - Agg. anche l'ann. del gigot. - Una ragazza sviene in una festina da ballo. Tutti gli si affollano intorno. Che
sarà mai? forse un patema d'amore?... - No no - fa il babbo della ragazza - l'è el gigot.
3859. (V. 3906) Rov. Discorso di Rov. - Era una continua critica artistica e un continuo insegnamento. Le
frasi felici sparse a migliaja negli articoli suoi, non sono che echi del suo epigrammatico dire. In una pittorica frase
compendiava un libro di critica. - Es. -
Critica d'arte I. Chiamava il Leonardo da Vinci co' suoi quattro scolari del Magni, triste ingombro di piazza
della Scala, “on litter in quatter” - Vedendo il Bacio dei due bimbi di Cremona “questa bambina diverrà presto donna e
si farà molto chiavare - (E del telone di G. Bertini alla Scala): Rov. a Bertini: guarda che l'è un deserto - Bertini: l'hoo
faa insci apposta - Rov. Anche i delitti si fanno apposta - E della Galleria V. E. del Mengoni - una bella operazione
chirurgica - Di Hayez quando pinse il “Bacio” - costui può far figli a 90 anni - Al Magni pel suo “Rossini” Non ti
faccio i miei complimenti”. Della statua di Beccaria sullo scalone di Brera, che avea intorno tanti panneggiamenti de
parà ona giesa - Di Rinaldi, pittore: l'è on bon gioven (e dopo una pausa) peccaa ch'el sia domà bon - Di Tiziano,
“morì a 90 anni di peste, e se questa non lo sorprendeva egli sarebbe di sicuro ancora al mondo. - Rov. diceva plagas
del Neronino del Cossa. De Albertis, pittore, saltò su a dire - ti però, con tutt quest, te se mai staa bon de fà ona tragedia.
- E Rovani: anca mi per quanto abbia semper trovaa orrendi i quader, son mai staa bon de fai - Rov. quando fu a
visitare Grandi che lavorava intorno al Beccaria, e non l'ebbe trovato, lasciò scritto col carboneal già inclito Giuseppe
Grandi, qui in molti seduti - bevendo - ammirammo - (I giudizi di Rov. sull'arte e gli artisti debbono essere completati
dalle sue critiche). -
Crit[ica] letteraria 2. Es. di critica sulla lett. e i letterati. - Di Giulio Carcano “in tanto temp che l'è a sto mond e
con tanta inclinazion ch'el gh'ha in quella gamba, l'è staa mai nanca capace de diventà nan. [- E a Carcano, che in
una discussione dicevagli: ma io credevo... - Rov. interruppe: Ma chi ghe ne impô se l'è on asen! - Chiamava il
medesimo Carcano quell'asinello neppure bardato - Del Sacchi bibliotecario V. 3857. - A Maffei, che metteva in
dubbio il valore degli Inni Sacri del Manzoni dicendo che erano piaciuti ma allora: queste cose piaquero allora -
piaciono adesso - e piaceranno sempre, finchè non ci saranno asini come lei - A Paolo Ferrari, che gli diceva di aver
letto molti libri, innanzi di creare il suo Parini Com[media] La Satira e Parini: ch'el guarda che l'han mal informaa -
Di Dall'Ongaro dicea solo: quel gianfottero - Di Cesare Cantù: Avevo 8 anni e Cantù era già un asino e poi raccontava
le piraterie di Cantù su Manzoni] - A Mussi giornalista e deputato che gli domandava se avea letto il suo articolo
sulla Gazzetta: io leggo Omero - Di Giusti: quell'uomo di formidabile imaginazione. Infine però cominciava a
rigirare su sè stesso.
Crit[ica] musicale 3. Es. di critica sulla musica e sui musicisti. La Scala era il suo regno. La Scala, dal
palcoscenico già testimonio dei suoi amori colla Carmine ecc. V. inanzi. Il suo trono era composto degli scalini che
mettono ai palchi. Intorno a lui si affollavano gli artisti e i letterati (Marenco ecc. lo stesso Filippi di cui V. in 3857),
per sgraffignarli qualche frase per il giudizio del momento, e per la critica dell'indomani. Il giudizio di Rovani girava in
un istante la sala. Il suo Dio, Rossini. “È sensazione fisica, non violenza d'intelletto che mi fa entusiasta di quella
musica”. Pe' suoi giudizi su Rossini V. biografia di questi nelle Tre Arti - Per altro la petite messe solennelle non gli
era piaciuta. Vedi il burlone maestro! - Lodando o biasimando, anche quì si valeva di citazioni, che in bocca sua,
erano un formidabile mezzo di difesa ed offesa. Citando, spesso migliorava. Non c'è cantante adesso che abbia
interpretato mai come lui il Vedi tu quell'arco immenso - del Mosè. - In musica, come in tutto, Rovani era
italianissimo. Odiava la nuova scuola musicale che cerca di compensare la mancanza delle idee col fracasso de' suoni e
dicea di Faccio, di Boito e compagnia, spregiatori della Euterpe italiana “chi disprezza Omero non sarà mai Virgilio (V.
di Faccio 3857) - Quando poi gli si vantavano i progressi della scienza musicale moderna, la quale ha per es. abolito la
cabaletta, certamente - diceva - l'è pussee facil a falla no, che a falla. Verdi lo ammirava, ma lo avrebbe voluto talora
un po' meno villano. Ne cantava a mezza voce qualche brano dei migliori come per persuadere stesso di avere torto,
ma poi diceva: se ghe sent denter la vanga (e faceva insieme col piede l'atto di vangare). - Di Meyerbeer: il solo
possibile de' dilettanti - Ha bei momenti ma pessimi quarti d'ora - quel birrajo prussiano - (poi sentendone qualche
altro passo) questo è bello... bellezza di primo ordine... Peccato che è prussiano! - (Dandosi poi la Dinorah alla Scala e
chiedendogli il Sala: Come ti piace, Rovani? - Rov. tace - Sala ripete la domanda - Rov. dice: dimm ti puttost dove gh'è
del bon vin... - Sala: quì nel caffè della Scala. - Rov. No no... No el poo ves che vin guast. L'è tropp visin alla musica de
Meyerbeer) - Dicea della musica di Petrella: Vin de vott colla venna del matt - Di quella di Cagnoni: hin recamm su on
fregon - Di Ponchielli (Promessi Sposi): non è un Don Rodrigo quello... È un Florindo... Tutt'aqua del navili. -
Eppure, gli osservava Perelli - questo, non è rubato. Rispose: Anche il cavar dal naviglio una secchia d'aqua nessuno lo
chiamerebbe rubare. - E a Confalonieri, parlando dello stesso Ponchielli: sì; la musica l'è soa; la tira su l'aqua lu col
sidellin, ma l'aqua l'è del Navili. - Di Beethoven, il quale non avea mai fatto un'opera veramente completa ma molte
perfette sinfonie... gh'è andaa tutt in sinfonia, tant che ghe mai vanzaa assee de fà l'opera - della Lalla Rook V. in seg. -
Rov. usciva una sera dal Teatro Milanese, infuriato, dicendo: ci sono nella dramatica leggi che non si possono violare.
Chi è l'autore? - Risp. Perelli: Sbodio - Parlerò io domani a Sbodio - Parlando poi degli esecutori trovava per tutti il
suo tratto - Di Bottero, p. e. quando si disse che Ghislanzoni stava scrivendo per lui un libretto intitolato El Marchionn
di gamb avert, Guarda come l'è fortunaa! Insci el god anca i gamb”. - (V. pei giud. nelle critiche stampate e nelle
varie pubbl. fatte su Rovani d[opo] m[orto] - sempre s'intende col beneficio dell'inventario).
3860. Rov. Benchè Rov., colpito talvolta da ipocondria e misantropia, esclamasse con desiderio un quinto
piano e neanche stornelli”, - tuttavia egli era nato fatto per gli uomini, per giovare e a' suoi contemporanei ed alla
posterità. Regale era l'animo suo: e però abbisognava o di una perfetta solitudine, o di una corte affollata. In generosità i
più ricchi si sentivano a petto suo miserabili - e quand'egli non potea competer con loro a denari, li vinceva a parole. Era
del resto una superiorità, che tutti gli acconsentivano volontieri: gloriosi anzi di stargli al disotto. - Rovani era nato alla
piazza, e non alla casa. -
3861. Rov. Ebbe sempre una grande propensione per l'osteria - la casa di chi non ne ha. L'osteria per lui si
nobilitava in un'aula di università. Il Dio portava seco il suo Tempio. - Il paese gli avrebbe dovuto una cattedra, ma tutte
le cattedre erano già occupate dai Nannarelli, De Sanctis ecc. e simiglianti asinelli neppure bardati. - Rovani se ne
creò una lui - dapprima all'Osteria del Gallo e degli Angioli, poi nelle suburbane dei Promessi Sposi e della Noce. Al
“Cappello” cominciò il Giulio Cesare - Preferiva sedersi al braciere (V. descriz. delle Brasere nei Cento anni) e tener la
paletta - oppure al camino, con su un fuoco d'inferno, perchè Rovani pativa moltissimo il freddo. Non ritraeva i piedi
dagli alari finchè non si fosse abbruciate le scarpe. Dove andava Rovani, concorrevano i suoi ammiratori ecc., tutta la
scapigliatura artistica della città. Quelli osti che si lamentano ora di qualche centinaja di lire impagate da lui,
dimenticano le migliaja che Rovani ha loro portate. Rovani non soffriva che si leggesser giornali, o si giuocasse alle
carte in sua presenza - e mandava a monte le carte. - “E poi li dicono d'ingegno!” esclamava al tavolo di alcuni artisti di
vaglia che si ostinavano nella briscola. - Le sue replicate strette di mano, discorrendo con chi gli piaceva. Era
all'osteria che il Sovrano Rovani riceveva gli omaggi. - Un dì, alla Noce, tale vestito di frustagno gli si appressò col
cappello in mano ed in aria di soggezione, chiedendo: l'è lu el sur Rovani? - Per servirla - rispose Rovani con un gesto
cortese - El pregaria allora de famm un piasè - disse peritoso l'uomo - Comandi? - esclamò Rovani - Ch'el guarda,...
ch'el me scusa, vedel... mi me pias tant i so liber e piasen tant anca alla mia tosa... No soo in che manera fagh vedè come
ghe vui ben... Ch'el scusa, ne' (e si cavava di tasca una beccaccia) ch'el me faga el favor de accettalla. L'hoo mazzada mi.
Rovani arrossì dalla gioja - e con una stretta di mano caldissima, compensò e riempì l'onesto uomo d'orgoglio. Rovani
gioiva - lui, l'indifferentissimo ad ogni lode stampata. E questa è vera gloria. -
3862. (V. 3906) Certamente Rov. beveva all'osteria - ma il bere non era lo scopo per lui - era il mezzo - al
bel dire. La stanca sua fantasia avea bisogno di eccitatori. Chi consu Rovani non furono tanto il vino e l'assenzio
quanto das fort brennende Feuer der Phantasie (V. la discolpa di sè nell'Articolo sul Don Giovanni di Mozart nelle app
[endici] della Gazzetta). In Rovani l'anima uccise il corpo a differenza della comune parte degli uomini. Altra scusa al
bere: il sottrarsi alla coscienza delle proprie sciagure (Vedi mio bozzetto, scartato dai R.U.) - Nun bevem e lor
s'inciocchissen! dicea a Perelli - e a tale che gli rimproverava l'ebriosità: è ti che te set nassuu ciôcch? - Chiamava
l'absinth il suo giovane di studio - negli ultimi tempi lo beveva a bottiglie. Un caffettiere (Gnocchi) glielo negò,
aggiungendo “è per suo bene”. E Rovani: preferisco l'odio che mi rispetta all'amore che m'insulta. - E dal Campari
liquorista, ad un giovine che parlando di lui diceva: l'è semper imbesuii, - Ebro sono capace di far cose che lei sobrio
non è capace nemmeno di pensare. A scrivere il Giulio Cesare più non bastava il vino con cui Rov. avea scritto i
“Cent'anni” o l'aqua limone de' primi libri. La stanca fantasia esigeva più forti eccitatori. - Dicendo Rov. più volontieri
Vinegia che non Venezia, Tranquillo Cremona ne trovò la ragione in ciò che le cose ghe pareven mei attravers del vin -
- Dicendo poi all'Hagy mentre beveva: la porca patria non da mangiare - De bev - ribattè Perelli. - “Bevi e fa
bere” scriveva spesso nelle lettere alla moglie. E quando offriva il bicchiere: bevi - il liquor t'è noto - strenuo è il
ribrezzo in te. Naturalmente Rov. era buon conoscitore di vini e birre, e - come sempre - esprimeva generosamente i
suoi giudizi. Di un vino fabric. col sistema Petiot, fattogli assaggiare da Perelli, disse el podrà piasè... forsi in del
desert senza dromedari, anca forse coi moster verd e i botton d'or...” - poi - El vin bon adess nol se pò trovà che da on
quai villan gnucch e che va contra al progress - di un altro che sapeva il catrame come i vini francesi “par de vess su on
brick. - Di un altro ancora, che era censurato per troppo forte Putanna! S'el vin l'ha ben de vess fort. Se l'è minga fort,
ch'el vaga a on alter mestee. Ch'el faga l'aqua. - Del fondo del vino V. 3852 - Della birra, bibita iniqua, a chi gli
osservava “Però la scoeud la sed...!” Alter che scoeud! la spaventa. - E a proposito di un vino buonissimo che bevette un
giorno col Maddalena della Scala, sentendo che costava anche pochissimo, esclamò: ah siamo tutti avvelenati! - Alle
volte le colazioni di R. costavano 15 lire. Eppure non avea mangiato che un po' di polenta e del vino. Ma il vino veniva
da due bottiglie di Bordeaux a 7 lire l'una. Quando Rovani raccontava la sua visita a Rossini, dicea che a Passy
innanzi di entrare in casa di quel Grande s'era fermato in una trattoria e vi avea bevuto do botteli de Bordeaux per
precauzion. - Ma se Rovani beveva assai, dava da bere ancor più... Non di meno, agli Angioli, bevendo spesso il
Bordeaux (gran tipo) e non volendo spiantarsi nel pagarlo agli amici - usava di farselo servire nei consueti boccali, e
chiedea: el boccaa de vott (cioè di otto svanziche). Una sera Giuseppe Ferrari siede al suo tavolo - si pone a parlare e
riscaldandosi nel discorso prende inavvertitamente il bicchiere dell'altro Giuseppe e se lo reca alle labbra. “Vui l'è bon”
- dice - “Te par?” fa Rovani, - “l'è on vinettin de Brianza” - Portemen on boccaa anch a mi, ordina il filosofo;
Eccellente! - e così, boccale su boccale Ferrari ne vuotò quattro bottiglie. Ma imaginate voi la sorpresa quando fu per
pagarlo! - Altro anned. bacchico rovaniano (ch'io vorrei però messo in quarantena) è il seguente: Rov. usciva dal
Campari, rivedendo il suo vino. Due Guardie di Questura gli s'avvicinano e gli chiedono: el se sent mal, sur Rovani? -
Risponde: El Municipi el tra giò; mi troo su. - El vin l'è bon - era frase comune a Rovani per voltare ad altro discorso,
accennando che quello che gli si chiedeva o di cui si parlava, non gli andava ai versi.
3863. Rov. - Quanto al cibo, Rovani era parchissimo. La sua fame andava tutta in sete. Gli piaceva il risotto,
spec. un certo risotto cucinato dal padre Ottavio Ferrari tant bon, dicea, che gettato nel Naviglio el ghe avriss daa a tutt
quant el color della cocciniglia. - Gli piacevano le polpettine color moghen della S.
ra
Matilde Curti, ma più che tutto la
minestra che gli faceva la S.
ra
Confalonieri. Ed è in casa Confalonieri che alle volte andava a mangiare la sua quotidiana
micchetta inaffiata da un certo vin bianch pell e oss (magro).
3864. Rov. - Per la qualità dell'ingegno di Rov. e per il posto ch'egli occupa nella letteratura contemporanea,
vedi sparsim in Rov. e St. Um. Si aggiunga, che l'avere, dopo tutto quel che fece Manzoni, fatto ancora e bene, è già un
elogio. Anzi, Rov. è in certo qual modo il complemento di Manzoni, e - it is great, to do that thing that ends all other
deads. - Certo, che se Manzoni non fosse stato, non lo sarebbe Rovani: egli ciò ben sapeva; eppure a diff[eren]za d'ogni
imitatorello invidioso non si lasciò mai fuggire occasione di lodare il suo prototipo. Ma - qui coluere coluntur - ed egli
può già dire Utque ego majores sic me coluere minores - Il lavoro intellettuale del suo cervello passò per diversissimi
stadi. Era un torrente, alle volte, asciutissimo, alle volte gonfio di aque furiose. Pochi sospetterebbero ne' suoi giovanili
romanzi a uso Guerrazzi (prima del M. Pallavicino) il Rovani dei Cento Anni e delle Tre Arti. La intensità di
applicazione, l'incendio della fantasia, la gravità della memoria, parea alle volte esaurirlo o lo obbligava a ricorrere al
suo giovine di studio, l'assenzio. S'intende che i suoi sonni erano come quelli del leone, o di Foscolo. Ogni suo lavoro,
gli ultimi spec. - gli dev'essere costato, come costavano i loro a Giusti e a Béranger, uno sforzo. Noi abbiamo, nelle
avvertenze intermezzate al Giulio Cesare sulle appendici della Gazzetta, un fedele diario della sua ipertrofia cerebrale
che già toccava al suo massimo. - Il mio calamajo è diventato una strada postale, diceva talvolta. - Gran cattivo segno -
diceva 15 giorni prima di morire - gh'hoo ona gran voeuja de lavorà - Durante l'opera di Beer, Rovani avea tenuto
chiusi gli occhi, come addormentato. Finita l'opera, Confalonieri gli si avvicina, dicendogli: hai dormito? - e Rov. Io
non dormo, penso. - Conf. E l'articolo, lo fai? - Rov. . - Conf. E dirai? - Rov. Quand'se gh'ha in fresch on
quantunquel'articol l'è bell e faa. E infatti l'articolo del giorno dopo incominciava “quantunque...”
3865. Rov. Ci sono fanulloni che accusano Rovani, come accusano Rossini, di poltronaggine. Ci limitiamo a
dire che costoro non hanno letto nemmeno i frontespizi delle opere dei nostri due sommi. Mettiamo pegno, che avuto
riguardo al semplice peso della carta, le loro spalle, per quanto grosse non sarebber capaci di trasportare le opere solo di
uno dei due. - Si desidera un elenco completo e dettagliato dei libri e degli articoli rovaniani, e delle loro edizioni. - Fin
quì sappiamo che scrisse a ventun anni due drammi storici - Bianca Capello (G. Crespi ed. Brambilla tip. 1839) e
Simone Rigoni (publ. dopo i romanzi) - Don Garcia libretto di opera - Tre romanzi sul far guerrazziano,
Lamberto Malatesta Cap. XXIV (ed. Ferrario. st. Guglielmini1843) Valenzia Candiano (id id. 1844) e Manfredo
Pallavicino (1845) - uno studio politico Di Daniele Manin presidente e ditt[atore] della repubblica di Venezia
(Capolago 1850) - Appendici della Gazzetta di Milano (1852 e seg.) - Articoli nell'Italia Musicale del Lucca (id.) -
Articoli in un giornale di Trieste - una Storia della Grecia negli ultimi trent'anni (cioè 1824-1854) continuazione a
quella del Pouqueville (1854 ed. Ferrario tip. Redaelli) - La cupola e i pennacoli del Santuario di Caravaggio dipinti
a buon fresco da Giovanni Moriggia. Nota descrittiva (Bernardoni 1855) - Storia delle lettere e delle arti in Italia dal
secolo XIII ai nostri giorni - in parte compilazione (Borroni e Scotti 1855) - una cronaca del viaggio dell'imperatore
d'Austria (1857) - Cento anni (cominciato prima del 1859) in cui si valse di una grande Collez. miscellanea di cose
milanesi raccolte da un frate di S. Ambrogio ad Nemus, e di un voluminosissimo Ms., prestatogli dall'avv. Fogliazzi (?),
che conteneva giorno per giorno i fatti e i nomi delle persone che aveano figurato in Milano dall'entrata dei Francesi al
1814.- 1862 Elogio storico di M. Gioja letto da lui nella seduta publica del 1 giugno all'acad. fisico-medico-statistica
(publ. da Boniotti) - La Libia d'oro, scene storico politiche (1868). - La mente di Rossini (Ricordi 1871) ripubl. del
ritratto che si trovava nella Storia delle lettere ecc. - La mente di Manzoni, altra ripub. - La giovinezza di Giulio
Cesare (1873. Legros) - Il Giulio Cesare venne cominciato all'Osteria del Cappello, benchè Rov. ci patisse assai
freddo, e malvedesse l'ostessa - poi fu continuato a Sesto di Monza. - Le tre arti (pubbl. postuma, rifacitura della Storia
delle lettere (Treves 1874) - Dei Cento Anni esistono tre ediz., la prima in 5 vol. - l'altra in 1 grossa, illustrata che fa
riscontro ai “Promessi Sposi” ill. - la 3
a
in due vol. (zeppa d'errori di stampa) - Del Giulio Cesare, pure 3 ed. - la prima
in 2 vol. (Legros) splendida - la 2
a
in 1 volumetto, bricconeria di chi V. più sotto, la 3
a
econ[omica] pure in 1 volume. -
Rov. collaborò anche nel Giornale dell'inge[gnere] architetto di Milano, anno I°. - publicò un Sermone sul matrimonio
in sciolti, sulla Strenna italiana del Ripamonti, scrisse epitafi (p. Ventura, Elvira Ferrari, Silvio Rovani etc.) ed
epigrammi (in una medaglia da coniarsi a Manzoni etc.) - Sonetto a rime obb[ligate] “Papa Alessandro” scritto in un
caffè a Venezia - Giudizi sulla Palestra - etc. Informarsi meglio sulle op. rov. e loro date.
3866. Rov. Ann[edoti] rel[ativi] alle sue opere. - Lamberto Malatesta. Quando Rov. lo presentò alla Censura
aust., l'incaricato fece chiamare l'aut. Rov. gli si presentò temendo. Il censore lo sopracaricò di lodi e lo incoraggiò a
continuare. Il padre di Rovani vedeva di malissimo occhio che il figlio stampasse. Ben sapendo che la letteratura in
Italia è la Cenerentola delle Arti. “Ma quand gh'ho portaa a cà i 7 pacch de svanzech, l'ha cambiaa de parer”. Que' sette
pacchi di svanziche Rovani li ricordò tutta la vita. - Simone Rigoni - Un giorno, nel 72, Rov. pigliò in mano il “Simone
Rigoni” uno fra i suoi primi lavori dicendo “c'è del buono” e si pose a sfogliarlo. Ma sfogliandolo, taceva, e parea
mortificato... Arrivato pe all'ultima mezza pagina, si rosso, e battendo la mano sul libro, esclamò “ah! eccolo il
buono!”. Infatti di tutto il lavoro, le sole linee degne di lui erano quelle ultime. - Giovinezza di G. Cesare - Come fu
publicata - alcuni mostravangli desiderio che la continuasse. Il libro si chiama la Giovinezza di Cesare”, rispondeva
Rovani - Puttanna! hoo de mandall all'ospizi Trivulz? - Il Cesare gli costò ineffabili spasimi. Nelle tre notti che
precedettero il suo tentativo di suicidio, creò la scena fra Terenzia e Cicerone inspirata a Rovani dalle gelosie della
moglie - Come i Cento anni gli erano stati causa dei primi dissesti finanziarii, il Cesare gli fu dei secondi, ancora più
fieri. Con l'editore Legros si era stabilita un'epoca per la consegna del lavoro. La fantasia di Rovani in allora, servivalo
bene, ma lentamente. Il lavoro non potè esser compiuto per l'epoca posta. Legros negò parte del promesso denaro -
donde liti, e debiti. - Inoltre, Legros, per assicurarsi la proprietà del Cesare, ne fece in tutta fretta di quanto avea già in
mano stampare alcune copie in piccolo formato stampa e carta orribili per depositarle alla Prefettura. Ebbe anche la
sfacciataggine di farne tenere 6 all'Autore. Ma Rov., senza neppure guardarle gettò l'intero pacco ancor legato, sul
caminetto. - Quando lo colse la morte, stava imaginando “il Tiberio che dovea riuscire in certo qual modo una difesa
del tiranno - ed un Carme all'Italia, di cui diceva all'Arrighi: attenditi a grandi cose. - Il S.
r
Tallacchini, amico di Rov.,
abitante nel Varesotto, dice di sapere di questo Carme all'Italia alcuni versi - Promise anche di farli conoscere ma finora
ha taciuto (1879 genn.). - Nei profili Artistici, sull'Italia Musicale del Lucca trovi una biografia di Rovani fatta da lui
stesso. - È desiderato l'epitafio ch'egli compose per il poeta Giovanni Ventura, e il resto di una sua (?) poesia in
milanese per donna che avea partoriti dodici figli e che terminava “basta a dì, che a malapenna - manca el vun per la
donzenna” e di un'altra in cui c'era la frase “in riva del naviglio”. - Sublime è l'epitafio pel figlio Silvio - A Silvio
Rovani - settenne - rapito ai parenti - dalla consueta crudeltà - (Vedi nel fasc. di lav. di Rov.) - Per la mente immortale
di Rov. si richiede un lavoro a sè. - Quì basta tratteggiare il letterato-giornalista, e l'uomo. Rovani rialzò il giornalismo
alla letteratura. Dotò il suo paese del secondo romanzo che possa non solo star paro a paro ma divanzare di un passo i
migliori d'Europa (Cento Anni) - e quando il paese gli si dimostrò ingratissimo, egli se ne vendicò coprendolo di nuova
gloria (Giovinezza di G. Cesare).
3867. Rov. Per il raffr. tra Manzoni e Rovani vedi sparsim - Un dì, Rovani si faceva la barba - come il solito,
sei passi distante dallo specchio. Perelli leggevagli intanto dai Promessi sposi la scena di Renzo che ritornando in paese
incontra D.
n
Abbondio... Gli occhi di Rovani sfavillano di entusiasmo: ma dice: ah tu leggi male! - gli toglie dalle mani
il libro, e legge lui. L'entusiasmo cresce. Bisogna che Rovani vada da Manzoni ad esprimerglielo, e ci va con Perelli.
Manzoni, come al solito, si pavoneggia di modestia. Rovani, parlando, gli cita alcuni suoi versi “ahi sfortunata casa di
Desiderio - dove d'invidia è degno chi d'affanno morì!” e poi “cui fu prodezza il numero, cui fu ragion l'offesa...”. I
quali versi piaciono assai a Manzoni, che domanda “di chi sono?”. Suoi, D.
n
Alessandro” - risponde Rovani. Manzoni
resta un istante impacciato, poi dice: ditt de lu piasen anca a mi. - Rov. adorava M. Vedi sparsim pe' suoi giudizi e
difese in prop. “Ma lu el me imbroja!” gli diceva talora Manzoni, stralodato da lui. È un gran peccato che Manzoni, il
quale avea scritto “O Italia di gentili alme matrigna ecc.” non abbia fatto, rispetto a Rovani, ciò che Göthe fece per lui, e
si sia invece mostrato italianissimo. Manzoni non giovò a Rov. che dopo morto, facendogli guadagnare 500 lire colla
sua Mente di A. M. - Ma anche Manzoni non era più quando naque Rovani (e quì intendi il naque nel senso Volterriano,
cioè cominciò il grand'uomo) - fra i vivi. Alla compagnia dei Grossi - Porta - Giusti - d'Azeglio - Verri, era subentrata la
camarilla dei Bonghi, Carcano e simili - Gli è forse, perchè Manzoni, in certo qual modo era morto, che la gloria si era
seduta sulla sua casa o a meglio dire tomba. - Si lodava Manzoni perchè esso non era più nostro contemporaneo, a
differenza di Rovani. - La morte - dice Bacone - chiude le porte dell'invidia e apre quelle della fama. Sulla fama che
tarda segue i migliori V. Seneca Vol. 3 pag. 203 (ed. Teubner) - A prop. di Manzoni si potrebbe citare il Cesare Cantù,
che pirateggiava ne' suoi Ms. e venne poi messo alla porta - e il Rosmini, il cosidetto cattolico progressista, che avendo
una speciale devozione per una cert'aqua miracolosa della Madonna, si fece promettere, in morte, da Manzoni, di
spruzzarnelo.
3868. Rov. - V. sparsim nelle sue op. accenni alla sua vita mat. e mor. - Egli naque il 12 genn. 1818 a Milano,
fu battezzato nella Chiesa di S. Maria Segreta coi nomi di Vittorio, Giovanni, Giuseppe - figlio dei conjugi Gaetano
Rovani e Felicita Eberle. - Suo padre era orefice: bravo orefice ma pigro assai Ann. delle scatole d'argento: sua
madre, una tirolese “tra le altre disgrazie, dicea R., me capitaa fina ona mader tirolesa”. Il padre si chiamava Roano,
nome cangiato poi in Rovani per decreto delegatizio. E Rovani, solo Rovani, non Giuseppino, Peppino,
Rovanella, volea esser chiamato il figlio. Se no - guai! dava in escandescenze. Ad Arcore fu dato a balia il Giuseppino.
Rov. si ricordava ancora o ne faceva le mostre di questa sua balia, spaziosa e freschissima - e narrava di quando
appeso al collo di lei, si allontanava un istante dalla mammella, “e la ammirava. La balia volea un gran bene al
Peppino, e dicea “ol sarà on ragionatt”. Si mostrò svegliatissimo e studiosissimo fin dall'infanzia. I parenti, dicevano
loro, lo amavano, ma il padre lo puniva colla stanga, e perchè l'amore della mammina tirolese desse in fuori ci voleva
almeno un tifo (tra parentesi Rov. fece tre tifi) - Tra loro, i parenti, sempre in lite. La madre scagliava i ferri di
soppresso contro il marito. Un lo gettò giù dalle scale e gli rompere un braccio. - Da ragazzino, Rovani scappava
spesso a Brusuglio e metteva la sua bionda testolina al cancello di casa Manzoni, per ammirarvi il grande Alessandro
che passeggiava in giardino “solo e pensoso”. - Certo Bertone, amico assai di suo padre, tenea molti figlioli, ma
preferiva loro il Peppino Rovani, e quando lo invitava a pranzo, gli dava sempre il suo cibo diletto che era la frittura
dolce - Bimbo baciò un dì una bambina, sua condiscepola a scuola. Il maestro lo colse; il padre lo battè colla stanga; e
per quell'anno gli fu impedito di fare l'esame: morbo impeditus examen non subivit. - Studiò al Liceo Longone (?)
avendo per prof.
re
di gramatica il Dogna, e per prof.
re
di letteratura, il Pozzone. Studiava tanto che suo padre, uomo
rozzo ma pieno d'ingegno, dicevagli spesso: te studiaa tropp: te capisset pu nient - E narrava della sua modesta
taciturnità d'allora, e quando vedea qualche giovinetto in silenzio se ne compiaceva e dicea: alla soa età sera anca mi
come lu - Il padre gli morì poi dopo molti anni a quella stessa casa di salute dove avea da morire anche il figlio. Ivi era
stato messo dal figlio, perchè malato di una cancrena prodottagli dall'esser caduto giù da una scala, spintovi dalla
moglie. A dirgli che il suo male era cancrena - si peritava: quando lo seppe, senza scomporsi: fa nient - disse - l'è ona
cancrena de coltivà. - Il padre di R. avea moltissimo ingegno... Era un egregio novelliere (s'intende, a voce). La
descrizione della morte del Prina, Rovani la tolse da lui. La diceva sì bene, che alle volte, quando pregato in un qualche
caffè si metteva a narrarla, la gente si affollava intorno a lui, saliva sui tavolini ecc. - Il padre di R. un giorno comperò
del formaggio - e si trovò gabbato. Il dopo, ripassato dalla bottega, e messovi il capo, mentr'era affollata di avventori,
chiese al formaggiajo “Gh'avaravel anmò del formagg de jer? - - rispose il bottegaro con premura - “Ben” - fece il
padre di Rovani salutando con la mano - “gh'hoo tant piasè de riveril”.
3869. Rov. Nel 1845 ottenne un impiego provvisorio d'amanuense a Brera, col salario di 1 lira austriaca al
giorno, cioè di 84 cent. italiani. In quell'epoca a Brera si facea l'inventario dei libri e dei Ms. Non è a dirsi quanto ciò
abbia giovato al futuro Rovani. Chè è in quell'inventario ch'egli potè aver cognizione della grande collezione
miscellanea del frate di S. Ambrogio ad Nemus. Quanto al salario, dicea lui, gli bastava a morire dignitosamente di
fame. Pare però che non attendesse troppo al suo impiego, se vogliamo credere ad una sua frase - che, non arrivava
mai in tempo a mettersi in coda agli impiegati che partivano - Ma si sa che Rovani, talvolta, pur di non perdere una
bella frase, perdeva una verità o un amico. - Nel 1846 andò precettore a Venezia in casa *. - Arrivando a Venezia, tutto
compreso del nuovo artistico ambiente, dimenticò i * e sè, e si fermò, per 8 giorni, in una osteria, dove venne poi
scoperto dal conte. Dicea che, in casa *: eren tutti cobbiaa e lu el se cobbiaa alla padrona. Il suo scolare era di una
ignoranza ostinatissima. Ben presto se ne stancò - A Venezia abitò anche una camera di un antico palazzo, dove
pendevano arazzi stracciati, e ragnateli, con 10.000 zolfanelli spenti sull'ammattonato - semb. le arene del mare -
Volle e potè una notte dormire in una camicia di Lord Byron. - Come Venezia gli sia rimasta impressa nella memoria, ne
abbiamo un es. nei Cento Anni - A Venezia rimase durante l'assedio ed allora andava a pranzare dove cadevano le
bombe. - Caduta Venezia, ripa prima a Roma poi in Isvizzera. Da Como a Chiasso fece il viaggio disteso nella
branda sotto di un carro. A Capolago, si legò in amicizia con Carlo Cattaneo e altri illustri fuorusciti, e stampò il suo
opuscolo intorno a Manin. - Rimpatriato nel 1851, fu riaccettato a Brera come diurnista stabile a 100 lire il mese. - Nel
1852 entrò collaboratore nella I. R. Gazzetta di Milano e nella Italia artistica del Lucca. Nel 1857 fu obbligato dal
Burger a seguire qual reporter l'Imperatore d'Austria nel suo viaggio pel Lombardo-Veneto ma avendo dalle belle
prime appendici mostrato di non corrispondere alle I. R. istruzioni ne fu subito dispensato - Nel 1859 da collaboratore
divenne comproprietario della Gazzetta - ed uscì di miseria - È pure nel 1859, credo, che si maritò con Luigia Stabilini
colla quale avea già vissuto - in carta semplice - parecchi anni. - Conservò per altro fino al 1864 l'umile impiego della
Biblioteca - nel 1873 a Natale fu trasportato alla casa di Salute - dove morì il 26 gennajo del 1874. - Tutte queste date
vanno riconfermate e completate. - Cerc. l'epoca giusta della sua gita a Firenze, dove conobbe Giusti, a Roma - e a
Parigi - (a Vienna?).
3870. Rov. Rov. amò molte volte, e molte fu amato - La zia di lui era ispettrice nel Conservatorio di musica,
e in casa sua trovavansi spesso delle belle ragazze. Due di esse s'innamorarono, una di Rovani, l'altra dell'amico Varese -
A Venezia, in casa * tutti eren cobbiaa - dicea - e mi me sont cobbiaa colla padrona (V. 3869) - Ivi pure, Rov. faceva
indarno la corte ad una bellissima e civettissima dama. Stanco, finse di non curarsene più. Allora la dama venne a lui “si
voles nolunt, si noles cupiunt ultro”. Ma Rovani, niente. Esasperata d'amore, giunse infine una notte, in cui ella gli si
gettò in braccio. Rovani si alzò freddamente e le disse: non mi degno - Non è però a dirsi, che dopo non se ne sia
molto degnato. - Così, è a Venezia che R. in una festa da ballo toccò leggermente il velo di una sedicente signora ma
nota puttana. Costei si rivoltò inviperita, e gli scaricò una tempesta d’ingiurie, esclamando a ogni tratto “el m'ha sbregà
el velo” - Rovani si tolse di tasca un marengo, e glielo diede con una mano, mentre coll'altra lasciavale andare uno
schiaffo - Dopo Venezia, vennero gli amori colla ballerina Carmine. Rov., mercè il barone Burger, avea l'accesso libero
al Palcoscenico della Scala, e facea all'amore in mezzo ai sassi di legno e alle nubi di cartone. - La Carmine l'aspettava
alle volte a casa su un sacco di riso. - In carrozza un dì colla Carmine, non potevo dir nulla: aveo il volto tutto bagnato
di lagrime - Tanto sentiva l'amore! - La Carmine gli scriveva talora delle lettere, di cui una finiva “e se non puoi
intendermi, indovinami” - Rov. seguì la Carmine a Genova; egli era geloso di un falegname: in una notte cambiò tutte le
stanze dell'Hôtel Feder - Ma la Carmine gli preferì il falegname “et Minos a bove victus erat”. - Allora fece una malattia.
In essa fu assistito da un'altra ex ballerina, la Sai, per sua disgrazia, com'egli dicea, marchesa Villani - e Rov. guarì d'un
amore, per ammalarsi in un altro - Altri dice che conobbe la Sai in palco alla Scala, presentato dal marito Marchese.
Rovani entrava peritoso nel palchetto tutto conti e marchesi. Ma la Villani, gli si volse con un sorriso incantevole
dicendogli: venga quì S.
r
Rovani: e segga presso me... nun podemm ciamass parent, semm tutti e duu fioeu d'oreves -
(Tra gli amori cit. quello per la Luigia Stabilini, che poi divenne sua moglie. (V. 3871. matrim. e famiglia di Rov.)) -
Durante un banchetto in casa del marchese Marito, Rov. entrò nella camera della Sai, che era rimasta a letto, perchè
mezzo ammalata, e la supplicò di mostrarsigli nuda. Ella acconsentì, e Rovani rientrò nella sala da pranzo trasfigurato -
Parea, dicea, che io lanciassi scintille. - Si noti che il marito della Villani, era, e disgraz. è ancora, uno dei più schifosi
tipi di codardia e di osceni che disonorino Milano. Quando sposò la Sai, avea già seppellito una prima moglie: e,
raccontava alla nuova, come la passeggiata al Cimitero per visitare la tomba della fu consorte, gli avea sviluppato un
formidabile appetito. Sul che la marchesa, gli scrisse un'ode, nella quale si notano questi versi “quando saranno due -
arrosto almeno un bue - ti converrà mangiar...” - “Si creperà dal ridere - fino nel cimiter” - Il carattere del Villani
suggerì al Rovani quello del conte Alberico dei Cento Anni. Anche il Villani, come l'Alberico, avea voluto studiar
medicina, per irritare cogli orrori della anatomia la turpe sua venere. - L'amore per la Villani fu disastroso tanto pel
cuore che per la borsa di Rovani. - Siamo nella contrada dove abitava la Villani. È inverno. Rovani ha fatto fermare il
suo brougham e passeggia su e giù aspettando che la donna adorata compaja alla finestra e gli volga uno sguardo. Per
uno sguardo stava lì due ore. E giù e su passeggiando incontrava il brumista che passeggiava lui pure e gli dicea: mi foo
ona gran vita, ma anca lù! - Un'altra sera Rovani s'era recato al vecchio teatro Re, alla Lalla Rook per un appuntamento
colla marchesa. La Lalla Rook, opera corta, era finita presto e però la marchesa non c'era più. Rov. diede in
escandescenze e disse: hin nanca bonn sti oper frances de vess lungh assee per servì a on appuntament. E avendo
Perelli difeso vivacemente il lavoro di David, Rov. irritatissimo gli gridò: virgolet - Rovani s'addormentava a volte nel
palco della Villani alla Scala, poggiando la testa sulla spalla di lei. E il marchese marito che gli sedeva di faccia, dava
del gomito agli amici dicendo: tutte così le mie mogli. Tutti i grand'uomini se ne innamorano. Donizetti andava matto
per l’altra. Rov. schiaffeggiò più volte il marchese - e allora il marchese faceva ritrattazioni, e schifosissime scuse.
Il Villani spendeva 2000 lire in un quadro e poi stringeva il vitto alla moglie ed ai figli. Rovani e la marchesa -
racconta la ostessa del Morivione (ma è ann. da accogliere col beneficio dell'inventario) - si recavano alla sua osteria, in
un brougham, con molte bottiglie di liquori - si chiudevano in una stanza e finivano sfiniti, sul letto o sotto il tavolo,
dall'amore e dal rum - Quando poi il marchese marito inaugurò, nella sua villa “Marsala” di Desio, la copia del
monumento di Quarto, detto da alcuni maligni “il quarto di un monumento” Rov., al banchetto, recitò in quella maniera
che egli solo sapea, il suo sermone sul matrimonio... Il Marchese uscì a pigliar aria. Poi, ricomparve, mentre suonava la
banda e disse con una lagrima agli occhi: mi sento commosso - E tosto il padre della Marchesa: ma lu el piang a son de
banda? - Mi racconta il pittore Rinaldi che, vivente ancora Rovani, essendo stato chiamato dalla marchesa per colorirle
un ritratto in fotografia, e avendole egli detto: “è ammalato Rovani” la rispondesse: ma el crepa mai, sto Rovani? -
Carità vuole che questo annedoto sia posto in quarantena: certo è, che la Marchesa assisteva ai funerali del nostro
grande, da una finestra in Porta Garibaldi, in gran toilette. - (Si desiderano le date a tutti [i] cit. fatti). - In generale, circa
i giudizi di lui sull'amore e le donne, si numerano i seguenti - Alla tua età, diceva al ventenne Perelli - avrei fottuto
mezzo Milano - Vedendo poi qualche ragazza sciocchissimamente bella “spero che finirà sù un casino”. E ad un vedovo
che si riammogliavaindegno di aver perduta la prima”.
3871. Rov. Rovani andava a dar lezioni di letteratura in un collegio femminile. Era severissimo e tutte le
ragazze aveano di lui, più rispetto che amore. Una sola, quand'egli sonava il campanello veniva ad aprirgli la porta e gli
sorrideva con aria di confidenza. In breve tempo il professore s'innamorò della bella scolare, e ne fu riamato. La scolare
si chiamava Luigia Stabilini, figlia di un caffettiere... L'amore scoppiò, e i due amanti vissero insieme un dieci anni in
carta semplice. In prop. il padre della Rovani diceva “l'è minga vera che l'è Rovani ch'el scriva i liber: l'è [la] mia
tosa. Lu nol che dettai”. - Ma un la fanciulla perde un dente. S'accora, imaginando che l'amato non la possa più
amare. Rov. si accorge del suo sospetto, e detto e fatto, la piglia sotto-braccio e la conduce in chiesa per le
pubblicazioni - Chi li maritò fu il prevosto Marc[h]ionni. E il prevosto dopo di averli inannellati disse loro: voj!
regordev de mettev in regola con noster Signor. - Rispose con compunzione Rovani: sarà significaa! - Disgraziatamente,
con la Luigia, Rovani sposò una fila di guai. La Luigia era gelosissima e lo codiava per le strade e lo spiava agli usci,
donde liti su liti - e le scene della Terenzia e di Cicerone nel “Cesare” - Naque il Silvio - Silvio, avea ereditato tutto
l'ingegno paterno, e se ciò faceva gioire gli amanti dei ragazzi fenomeni, impensieriva coloro che ricordavano il verso
latino “immodicis brevis aetas et rara senectus”. Silvio di soli sei anni palpeggiava già le bambine e pigliava la sbornia.
Ma i sette non li potè oltrepassare - La madre Rovani facea soffrire alla Luigia la fame e sospirava a ogni tratto “Ah la
mia minestra!”, tanto che Rov. pigliò un giorno la moglie e la condusse agli Angioli, poi fece casa da sè. - Si dice che la
madre tirolese morisse all'Ospitale Grande. Quando se ne annunciò la morte a Rovani, egli continuò a bere in silenzio.
La madre s'era portata scelleratamente con lui. Avea, per es. venduta due volte la casa che Rov. si era comprata. A
compl. della casa di Rov. - pel poco tempo che ne ebbe una - va ricordato il suo pinch (Milly) che pativa di
melancolia e piangeva e alle volte gli stava assente per giorni, e che Rovani prendevasi in braccio dicendo: cara
bestiola stupidissima”, - e va ricordata una serva, che per mostrarsi interessata alla casa, faceva l'affaccendata più del
dovere, e di cui R. diceva: La par on can che abbia perduu el padron - Ma la casa, come già si disse (3861) non era
fatta per R. - La casa dell'uomo di genio è la Umanità, i suoi figli sono l'opere sue. -
3872. Rov. Ma se Rovani fu vario negli amori, fu tenacissimo nelle amicizie. La morte sola gliele poteva
troncare. - Di amici ne ebbe molti - e non tutti da tavola. Basterebbe citare Cesare Confalonieri e Luigi Perelli. - Dicea
di Confalonieri: de bon compagn ghe ne sarà, ma de mei, no opp. quand el vedi, me par de andà in Brianza - (Per
Confalonieri, vedi sparsim) - Chiamava Perelli me fioeu e donandogli un libro, v'inscrisse: “a Luigi Perelli, in segno
di una amicizia che non si trova in commercio - e difatti Perelli, ebbe per lui quell'amore che i figli dovrebbero ai
genitori. Rovani, negli ultimi anni fece vita comune con lui: si chiamavano per le strade colla frase rossiniana del
Barbiere: come dunque in Sivi... che l'altro compiva, accordandovi il ...glia - Perelli s'indebitò molto per l'amico vivo, e
tenne viva la fama del morto. - Strano a dirsi! la prima volta che Perelli conobbe Rovani (e questo fu nell'andargli a
cercare il suo nome per la Comm. della Palestra) Rovani, dal tavolo di osteria dove stava bevendo, esclamò, porgendo il
proprio bicchiere all'amico ancora sconosciuto: vieni ed intuona il cantico dell'ultimo mio dì. - E difatti Perelli fu colui
che gli chiuse gli occhi. Un poeta è sempre un poco profeta. Altro es. dello spirito divinatorio di Rovani, lo abbiamo in
ciò che rispose al bidello Calzini della Bibl. Ambrosiana, che lo rimproverava spesso con un far di burbanza del suo
venir tardi: Io non verrò più - gli rispose - finchè ci sarà lei, e verrò presto. Una settimana dopo il Calzini era morto. Gli
eredi di lui, pagarono a Rovani un gran desinare.
3873. Rov. Il n'appartient qu'aux grands hommes d'avoir de grands defauts (Rochefoucauld). Quell'istessa
intemperanza che diede a Rovani il primato nell'ingegno fra i suoi contemporanei, lo rovinò nel benessere fisico. Diceva
spesso: colui è pieno d'ingegno, che l'ha trovaa la manera de sciscià la vita come on busechin... sigura... - ma per lui,
non sapeva trovarla. In lui tutto andava a furori. Quindi le susseguenti spossatezze, le non curanze, e talvolta il cinismo.
Non c'è persona che meno di lui abbia conspirato a favorire alla propria celebrità. Rovani trasandò tutti quei viottoli e
quelle scorciatoje che posson condurre alla fama, e che ben seppe Manzoni. Forsechè egli volea arrivarci per la sola
strada maestra! A noi, l'edificio di una celebrità presentasi tutto intero: e non pensiamo ai mattoni che, uno per uno,
hanno concorso a formarlo. Tra questi mattoni c'è p. es. il rispondere alle lettere de' nostri fautori, così cangiando il loro
favore in ammirazione. Ma Rovani non leggeva mai le lettere che gli si scrivevano anzi le stracciava e le gettava nel
fuoco. E a Perelli che gliene faceva rimprovero, dicea: Riscriveranno - Bravo, rispondeva Perelli, ma se tu non
rispondi, saremo ancora da capo - E allora - facea tranquillamente Rovani - verranno in persona. - Ah Rovani! in
persona gli ammiratori non vengono se non dopo la morte. “Cineri gloria sera venit”. - Ora la gloria è già spuntata sulla
tomba di lui. Lodar Rovani è già un appender corone di alloro su una pianta d'alloro. - Cit. fra gli es. di scapigliatura
Rovaniana i seguenti - A volte, quando c'erano ancora le due stazioni di ferrovia e montava in brougham, dicendo: alla
stazione, alla domanda che gli faceva il brumista: quale? - rispondea: quella che te voeutt ti. - Una notte, poi, si
addormentò su una panchetta in piazza alla Scala. Due guardie di Questura, gli si appressarono, destandolo, e
domandandogli le carte. - Non ne tengo, rispose Rovani. - Che professione fate? gli richieser le guardie - Nessuna - E il
nome? - Non mi ricordo. - Avete mezzi di sussistenza? - Non credo. Le guardie lo invitarono allora a seguirlo e passò la
notte in Santa Margherita, con grande sorpresa del suo amico Cossa, il questore, che lo trovò sulla lista degli arrestati, il
dì dopo.
3874. Rov. In Rovani anche il silenzio era talora loquela. E a prop. del silenzio - trovandosi una sera con un suo
conoscente ciarliero e col silenzioso e a lui sconosciuto Dossi, e dicendo a questi il ciarliero “ma lu el tas semper?” -
Rovani rispose: Lascialo stare, che se parlasse sarebbe capace di parlar meglio di te e di me; de ti certament... -
Quanto all'allegria ed alla tristezza poteva dirsi di lui ciò che di molti umoristi: in hilaritate tristis, in tristitia hilaris.
Così che a uno che gli dicea: su allegher! - Che allegher! - rispose - che io l'allegria la invento. - Difatti, quando volea,
parea allegrissimo. Ma spesso, dopo un fuoco artificiale di risa, aggiungeva i versi di Ventura Mi sont come el cap
negher - Forsi el piang; el par allegher.
3875. Rov. Ultimi tempi - Fra le debolezze, Rovani avea quella di nascondersi alcuni anni di età. Nel 1872,
avendogli chiesto Confalonieri quanti anni avesse, rispose 49 (mentre dovea rispondere 54), e vedendo che
Confalonieri lo guardava senza parlare, soggiunse non ne hai forse abbastanza? - Ma se di anni non era ancor
vecchio, lo era di vita. Il letterario e l'erotico estro lo aveano esaurito. Hearts are not flints, yet flints are rent
(Moore). Dicea negli ultimi tempi che già, per lu, vedè ona donna e vedè on sciatt l'era l'istess e, sentendosi a un
tratto riaccendere l'antica fiamma dell'esecuzione, esclamò: gran brutt segn! gh'hoo voeuja de lavorà - La Musa verde
non gli dava più idee ma sonno - l'ipertrofia cerebrale avea raggiunto il suo massimo - la lenta meningite diventava
acuta. - Il suo corpo affiev. non poteva più sostenere il peso dell'anima. - Vivere militare est, ma le troppe battaglie
aveano esausto il soldato: e il soldato avea bisogno di congedo. La sua forte compagine era già stata scossa anche da
tre violenti tifi che lo aveano tre volte ridotto in filo di vita. In uno di questi tifi, egli s'era fatto accendere da un amico
molte candele all'intorno e s'era fatto cantare il Miserere. Allora la morte schernita fuggì: ma molto non stette a tornare;
e lo trovò sprovveduto di burle. Gl'interessi materiali di Rov. erano negli ultimi mesi andati a soqquadro. La voragine
dell'Usura, da lui descritta merav. nel Giulio Cesare, l'avea inghiottito. Rovani pensò di recarsi dal ricchissimo Vela,
che egli avea già moralmente beneficato, per chiedergli qualche somma, ma poi si fermò, spensierato, a Monza (donde
venne a Milano la falsa notizia della sua morte) e ritornò a morire fra noi. Sognò, pochi mesi prima del suo trapasso, di
esser condannato a morte e di guardar l'orologio. Il quadrante avea perduto le freccie. Non c'era più tempo per lui -
Ammalatosi gravemente fu trasportato il di Natale del 1873 alla casa di Salute, a Porta Nuova, dov'era morto suo
padre, e gli fu data la stanza n. 26 triste presagio del giorno del suo finire, al I° piano verso giardino sull'angolo destro
della facciata. - Ebbe luogo un consulto tra i medici Sacchetti, Mascazzini e Todeschini, che riconobbero tutti con gran
dolore, la gravi del male. Mentre gli si picchiava il petto con le nocche delle dita, per ascoltargli i polmoni disse:
m'hanno pigliato per una scatola di tabacco; quindi, nojato, esclamò: ne ho pieni i coglioni di tutte queste celebrità! -
Todeschini gli raccontò della morte di Bixio, un generale italiano. Rispose: ne ho veramente piacere. Bixio trattava
malissimo co' suoi inferiori... E se tel vedet, aggiunse, saludemel tant - Domandato da Cesare Confalonieri “che cosa gli
desse fastidio”, rispose: l'esistenza. Lo baciò poi, dicendo: regordet de voremm ben. - A Perelli che lo vegliava e
notte, dicea spesso: gentile, e: mi fai un gran favore - Volea dettare a Primo Levi, una parte del suo Carme all'Italia che
ancora manebat alta mente repostum, ma il male glielo impedì - L'ultimo libro che lesse furono i R.U. di Carlo Dossi, di
cui dicea: cotesto giovane è un altissimo ingegno, e strano a dirsi, s'arrestò a pag. 75, ai versi Orbitas omni fugienda
nisu ecc.di Stazio. Ed è forse per ciò che richiese a Perelli le opere di questo poeta, come pure, le lettere di Torquato
Tasso, un altro grandissimo e infelicissimo, qual lui. Negli ultimi giorni non poteva ingollare se non sabaglioni ed a
stento. Infine, dopo 24 ore dall'avere perduti i sentimenti e l'uso della parola, spirò. Erano le 11 antimeridiane del lunedì
26 gennajo 1874.
3876. Rov. Rovani morì in quell'età sui cinquanta, in cui tanti geni morirono - come ad es. Shakspeare e Dante.
Tasso m[orì a] 51 anni. - S'attribuisce il rovinoso tracollo della sua salute dal che venne trasportato alla casa
cosidetta di Salute, alla sottrazione non graduata delle bibite alcooliche, che, sole, valevano a tenerlo, o bene o male, in
piedi - L'ultimo teatro, ch'egli onorò fu il Milanese - L'ultima osteria, il Gallo - l'ultimo caffè: il Biffi - l'ultima bevanda,
il cognac - l'ultimo pranzo, da Confalonieri - l'ultimo bacio a una donna, alla S.
ra
Giuseppina moglie del detto
Confalonieri. Rovani ne avea chiesto prima il permesso al marito. E questi: “Figuret!” Rovani la baciò lievemente, poi
disse: gliel'ho fatto a fiore di labbra. -
3877. Rov. Funerali - (note prese dal vero) - 26 genn. 1874. Perelli telegrafa a Gorini perchè assuma la
conservazione della salma di Rovani - Il sindaco Belinzaghi, dietro istanza di Perelli, promette di dare del suo quanto
occorre ai funerali ma pone difficoltà sull'intervenirvi in maniera officiale. - Giuseppe Grandi cava la maschera dal
cadavere alle ore 4 pom. - Io lo visito alla stess'ora. L'aspetto è verdastro, alquanto sformato. - Perelli si reca alla
Questura per domandarle il permesso di annunciare publicamente la morte di Rovani. Il sub-briccone * glielo nega.
Perelli insiste dal capobriccone ** e costui glielo accorda - L'avviso è così concepito: Concittadini - La più alta
intelligenza che potesse oggidì vantare l'Italia si è spenta questa mattina in - Giuseppe Rovani - Luigi Perelli - Gorini
telegrafa da Genova che sarà a Milano il appresso alla una - 27 genn. 1874 Il Teatro Milanese sospende le
rappresentazioni. Alla una arriva Gorini, si reca tosto alla casa di Salute e comincia a provvedere alla conservazione
della salma - La sottoscrizione per un monumento a Rovani si presenta dífficile nelle classi alte (s'intende per le
ricchezze). Non si vuol dare denaro, dicono, per la statua di on cioccatee - Gorini, Perelli, e il deputato Mussi vanno dal
Sindaco per perorare la causa dell'onor nazionale. - Oltre l'avviso del giorno prima, se ne espone un secondo, così
concepito: Onori funebri - a Giuseppe Rovani... - La “Perseveranza” publica in prop. un articolo degno del Bonghi, suo
direttore, l'ignorantissimo dotto - Era però naturale, che alla morte del Leone, ci fosse gran festa in casa degli Asini. -
Tranquillo Cremona disegna il ritratto del Sommo, per la Illustrazione di Treves: Calzolari fotografo, ne riproduce
l'aspetto in migliaja di copie. - 28 genn. 1874. Mia gita a Pavia. Interesso la società universitaria a intervenire colla
bandiera ai funebri. - 29 genn. - Sento che gli avvisi del mio Perelli hanno offeso i vigliacchi. Li hanno pigliati per
altrettanta réclame. Domandano se Perelli “è il mercante di vino che forniva il Barbera a Rovani”, e vanno dicendo che
“il monumento al defunto si dovrebbe innalzare in piazza delle Galline”. - Sul Corriere di Milano appare un'altra
schifosa scrittura, sorella della bonghiana. Gli ingenerosi non credono alla generosità. - Perelli risponde, il stesso al
Corriere, con una sua lettera, dignitosamente modesta. - Insorgono molti ostacoli per ottenere rappresentanze di società.
Contagiosa è la vigliaccheria. Le società degli impiegati e degli avvocati rifiutano il loro intervento. Invece le
corporazioni operaje lo promettono. Gli operai fiutano l’avvenire. - 30 genn. La famiglia artistica invita i soci ad
intervenire ai funerali. Cajo Tantardini puntatore-scultore offre 150 lire di lavoro a gratis per la statua di Rovani. La
Marchesa Villani promette fiori - 31 genn. Osculati fornirà a gratis il carro e i cavalli di 1
a
classe per il trasporto. - Il
preposto di S. Marco fa dire a Perelli com'esso sia disposto a fare i funerali religiosi a Rovani gratis et amore Dei,
purchè lo si porti in chiesa. Naturalmente, la proposizione non è accettata; ma ci volea Rovani per far cantare i preti per
niente! - 1 febbrajo. Costantino Steverazzi proprietario dell'Hagy offre la bara con lastra di cristallo. - Si forma il
comitato pel monumento composto da Hayez presidente, Paolo Ferrari, deputato Mussi, Cletto Arrighi e Domenico
Induno - e L. Perelli segretario. - 2 e 3 febbr. Il sindaco non vuole che i funerali si protraggano a domenica come si
desiderava. Curioso! Non ammettono in Rovani celebrità; oppure, temono il troppo concorso a' suoi funerali. Solita
scusa, la publica igiene. Di più, Belinzaghi non vuole che il feretro faccia il giro del Corso. Si noti che il giorno prima lo
avea fatto la salma del Cav. Alberto Keller. Ma costui lasciava 8 milioni ai parenti; mentre Rovani non lascia che gloria
alla città sua e all'Italia. In via eccezionale si permette di andare fino al Naviglio ai Fatebenefratelli, di volgere poi per S.
Marco fino al Corso Garibaldi, e quindi al Cimitero. Parlando dei funerali di Rovani il Belinzaghi si lascia scappare la
nobile frase “l'è troppo lunga sta menada di funerai”. Menada? senti el spazabaslott! - Si va a visitare Rovani. La
preparazione goriniana è riuscita perfettamente. - Labus assessore si aggiunge al comitato pel monumento. - 4 febbrajo
mercoledì. Belinzaghi parte per Firenze, per sottrarsi all'obbligo morale d'intervenire ai funerali di un tanto uomo. - Si
pubblica il seguente Manifesto: “Onori funebri - a - Giuseppe Rovani - Gli estremi onori alla salma di Giuseppe Rovani
avranno luogo domani alle ore due pomeridiane, movendo il corteo dalla casa di Salute a Portanuova, per le vie de'
Fatebenefratelli, Pontaccio e Corso Garibaldi. - S'invitano i concittadini, prendendovi parte, a fare onore a colui che
tanto ne fece all'Italia - (quindi, in nota) La deliberazione (municipale) che i funebri debbano aver luogo domani giovedì
invece di domenica come si era annunziato, non lasciò il tempo di diramare inviti speciali alle persone cospicue, alla
magistratura e ai corpi morali che intendessero di mandare rappresentanze. Valga quindi per tutti il presente manifesto”
- Si noti che la questura diventata censura preventiva, cancellò il municipale. Ed era un fatto. I codardi temono anche
di sottoscrivere alle loro opere. - L'Academia di Belle Arti invita i suoi membri a concorrere ai funebri - 5 febbrajo
giovedi 1874. Folla straordinaria fin dalla mattina per vedere la salma di Rovani stupendamente conservata. - Si
rinchiude la salma, in camicia e mutande di lino, nella bara di piombo che ha un disco in cristallo corrispondente alla
testa, e la si pone in altra cassa di legno. - La moglie di Rovani, ammalata, invia una corona di fiori, con un velo nero
trapunto a viole del pensiero. La marchesa Villani, altra corona di fiori. Molti amici, molte corone d'alloro. - I Signori
Gavazzi, ricchissimi, i cui oziosi appartamenti rigurgitano di fiori - li hanno negati - Due bande musicali: il consolato
delle società operaje con tutte le bandiere. Gli allievi dell'istituto tipografico Pagnoni. Moltissime signore. Tutti i più
simpatici campioni della scienza e delle lettere milanesi. - Intorno a lui, non croci, non livree, non la veste della virtù,
ma la virtù. - Intorno al carro si mettono il pittore Hayez, lo scultore Magni, il poeta Uberti, l'avvocato Rosmini e
l'assessore Labus. - Seguono maestri di musica (Ed. Perelli ecc.), e prof.
ri
della Scala come Corbellini e Confalonieri -
Vincenzo Vela, Tranquillo Cremona, Giuseppe Grandi, Carlo Dossi, Mosè Bianchi, Paolo Gorini, Amilcare Ponchielli,
Cletto Arrighi, Emilio Praga, Arrigo Boito ecc. ecc. Non un prete. Tutte le strade affollate: tutti i balconi e le finestre
gremite di gente - La Marchesa Villani, in gran toilette, a un balcone! Gente perfino sui tetti. Si arriva al cimitero. Gli
spaldi sono già tutti occupati. Molti equipaggi che attendono - Si leggono vari discorsi; uno del Curti e un altro del
Cavaleri. Perelli a voce altotonante dice poche ma buone parole - Alla sera si suona per i caffè, e al teatro milanese
un'elegia del maestro Pettenghi. - 6 febbrajo. E tutta la stampa è concorde nella sorpresa della immensa moltitudine
che ha accompagnato Rovani, salvo la schifosissima “Perseveranza” che ne parla in un fatto vario, come di un concorso
abbastanza numeroso. Si calcola a 20.000 persone il numero degli intervenuti. E notiamo, era dì di lavoro. - 7 febbrajo.
Belinzaghi paga 400 lire per le spese della conservazione di Rovani a Gorini - L'orchestra della Scala paga una delle due
bande. - Le tasse pel funerale - quelle di 3
a
classe, benchè il fun. fosse di 1
a
. - Il colombario, è dato dal Municipio, a
gratis. - Nota. Oggi 14 gennaio 1875 alle ore 11½ si scoperse il cadavere di Rovani conservato secondo il sistema di
Gorini, alla presenza dello stesso prof. Gorini, Assessore Labus, Dottore Bono, Luigi Perelli, Primo Levi e di me
Alberto Pisani Dossi. La conservazione fu trovata perfetta. Pareva appena spirato. Si cangiò lo strato di calce, posto
disotto al cadavere e da esso diviso da un asse, poi si rinchiuse la bara ridisponendola nel colombario che porta
“Giuseppe Rovani, morto il 26 genn. 1874 - quì - Il municipio milanese interinalmente deponeva”.
3878. Rov. Nell'appendice 2
a
alla Rov. - cit gli articoli di Tommaseo e di Dall'Ongaro su lui - l'Autobiografia,
scritta da Ghislanzoni - l'opera dell'Abate Anelli, dove se ne parla - la necrologia del Cameroni, lo studio del Prof.
Sangiorgio - le varie biografie sui giornali, come quella del Maineri sull'Illustrazione it. di Roma, quella di Giarelli sulla
Gazzetta di Torino 29 genn.74 ecc. ecc. V. anche “Meditazione dotta di Caridio” (Ghislanzoni) sul Capriccio - Lecco
1877. V. per ribatterlo, il bozzetto dello stolto Molmenti. Cit. lo studio critico di Perelli ecc. Circa l'aneddotica
rovaniana chiederne notizie a Lucio Talachini (Como - S. Vittore di Maccio) - alla madre della Carmine, ancora vivente
(1877) - al semipittore Lazari - all'A[g]liati (Via Principe Umberto) - alla Marchesa Villani etc. - Dare anche
un'occhiata, alla Bibl. di Brera, alla Miscellanea del frate di S. Ambrogio ad Nemus. - Si desidera di ricordare ciò che
diceva del cioccolatajo Gilio... - e a che prop. il verso del trote e storioni al conte di Gaeta ecc. - e del sigaro avana,
fumato ¹/
³
dal re di Portogallo, ¹/
³
dal Rovani e l'altro terzo messo in vetrina da Confalonieri. Ripescare i versi di
Nosetti - e di Carlo Porta (che si trovano presso suo figlio a Monza).
3879. Rov. Aned. cui porre la data dopo di averli tenuti prudent. in quarantena - Quando Rovani fu (prima
del 50) la prima volta a Firenze fece molte lungarnate con Giusti. Giusti non gli chiese mai il suo nome Rovani
s'incomodò mai di dirglielo. Entrambi erano entusiasti l'uno dell'altro - Il padre andò a trovare di nascosto Rov. in
Isvizzera. Era d'uopo passare per boschi, e monti senza sentiero, e però abbisognava una guida. La guida era sempre on
spallon, al quale si davano due marenghi, l'uno nell'andata, l'altro nel ritorno. La guida, volendo spillare dal padre di
Rov. qualche cosa di più del pattuito, gli cominciò, nel ritorno, a dire che il bosco era pieno di ladri, che sarebbe
abbisognata un'altra guida, che si poteva esser puniti ecc. Ma il padre Rovani, indifferentemente: Me rincress per ti -
rispose battendogli la spalla - che te set gioven, per mi me ne importa un cazzo. El spallon non fiatò più - Un fatto che
ebbe una letale influenza sull'animo di Rov. fu questo. Rov. era stato obbligato, quale collaboratore nella Gazzetta, a
descrivere il viaggio dell'Imp. d'Austria (vedi biog. Maineri). Lo scrisse in parte, di malavoglia, e però fu richiamato a
Milano. A Milano, uno dei fratelli pittori Induno, il più sciocco dei due, avea esposto un suo cerotto rappresentante,
credo, la Battaglia della Cernaja, cerotto che ebbe fama di quadro non per ragioni artistiche ma politiche. Rov. si recò a
vederlo. Ma il Gerolamo Induno gli venne incontro inibendogli l'entrata, e dicendogli: cossa el fa lu chi? ch'el vaga di so
Tedesch ecc. - Rovani, invece di lasciargli andare uno schiaffo, come dovea, taque e si ritirò. E, d'allora in poi, la
tetraggine cominciò in lui le sue visite - e l'assenzio gli si vide più spesso sullo scrittojo. L'opinione è quella che
tormenta il saggio e il volgare, che ha messo in credito l'apparenza della virtù al disopra della virtù stessa, che fa
diventar missionario anche lo scellerato (Verri?) - Dixit et ardentes bibit ore favillas - I nunc, et ferrum, turba molesta,
nega.
3880. Rov. (V. 3858, frasi felici, epigrammi ecc.) - Diceva di Garibaldi: grand'uomo e avrebbe potuto essere
un altro Cesare o un altro Napoleone... ma gh'è mancaa la venna del luder. - Tradusse sarcasticamente la iscrizione
sull'Arco di Porta Ticinese (eretto a fama degli eventi del 1815) Paci populorum sospitae: alla pace dei popoli...
sospetta - e questo anned. fa degno riscontro all'altro di Manzoni, che leggendo sull'Arco di Porta Garibaldi dedicato a
Ferdinando (?) d'Austria, i mercanti di Milano eressero, aggiunse, per quanta poca volontà ne avessero. - Vanzo pittore
(V. 3858) era uno fra i più assidui scrocconi de' suoi pranzi e del suo spirito. Un si discorreva del Nerone del Cossa.
“Varda ch'el Neron - disse il Vanzo - l'è bon” - E Rovani: Varda che i minestroni de cà mia eren mei. - Rovani avea poi
particolari modi di dire e usava particolari aggettivi. Oltre la frase mil. che rischiarava l'it. e viceversa. Es.: tu vedi un
uomo assai visitato dalla bolletta - il tal giorno io sarò molto a pranzo da voi. - El vin l'è bon! frase per mutare un
discorso che non gli andava ai versi. (V. 3862 in fine) - Tra gli agg. usava spessissimo l'insospettato e il gentile (come
Foscolo). - Il mai poderoso infine della proposizione -
3881. Rov. (V. 3858) - Rov. raccontava molti aneddoti del suo soggiorno a Roma. - Tra gli altri di un invito a
pranzo fatto a lui martedine invito a pranzo e si venite, venite - e si no venite... Accidenti! sinone - E di un caffè
popolano, dove tutti sedevano tacendo e bevendo. Entrava poi qualcuno ammantellato, e con una voce profonda facea
“ombra... ombra” - Parea un congiurato. E il caffettiere recavagli l'“ombra” che consisteva in un caffè e latte - Quindi
entrava un secondo - anch'esso con aria di cospiratore - dicendo, “aura, aura”. E l'aura era cioccolatte con moltissimo
latte (barbagliata). -
3882. Rov. All'osteria. - Un Rov. fece un pranzo con Perelli, al rovescio; cominciando cioè dalla mancia al
cameriere, il caffè e le frutta, e terminando colla minestra. - “Te vedet, se te ghe det prima la mancia, el serv con
passion”. Un altro dì, pranzò in mezzo a un giardino nevato. E la neve sulla pietra del tavolo gli serviva di tovaglia -
3883. Rov. È dovere di un governo di favorire i principali prodotti del paese. In Italia, fra questi prodotti, son
l'arti. Nell'Arti ital. la Letteratura può dirsi la Cenerentola, e però dev'essere più che le altre ajutata, tanto più che un
paese vive nell'eternità solamente in sua grazia. - Per favorire le Arti: due i modi. Omaggio - ai morti - ed ai vivi. - Il
secondo eccita l'emulazione: l'altro non la sconsiglia. Meglio che aprire scuole è mostrare come gli studi giovino. Oggidì
lo stato è il paese. Lo stato pensioni a chi lo ha fedelmente servito - Or chi illustra il paese, serve al governo - Un
artista è un impiegato publico - perchè non avrà egli d[iritt]o ad un premio? Ma l'Italia è ammalata di codardia. Dei due
omaggi non adopra che il primo (e non sempre). Essa scava la fossa ai suoi grandi figli, per chiuderla poi con un
monumento fastoso. L'Italia non volle mai risparmiarsi un rimorso. Vedendo Rovani trarre la miseria di lui per le vie, si
dicea: vergogna! e non ci accorgevamo che la vergogna era nostra, non sua. - Si osserva: ma Rovani non chiese mai. Ciò
lo onora. A noi conveniva dare, e a Rovani ricevere non chiedendo. - Ma anche allora non si seppe fare per lui quanto ci
lamentavamo di non aver fatto per altri.
3884. Rov. Ci limiteremo a dirlo una gloria milanese - ma Milano è in Italia - A noi duole di dover scriv[ere] la
biografia di tale che tutti dovrebbero conoscere - Prova l'onestà di Rov. la stessa negligenza de' suoi materiali interessi -
Della sua povertà era attestato l'ingegno - L'hanno udita... non l'hanno ancora sentita quella sua musica - L'Italia non è
libera che in piccolissima parte: la maggior parte è serva dell'ignoranza. - Chi legge libri in Italia? i soli letterati. Ma i
letterati invidiano ai letterati. L'invidioso silenzio. - Chi avesse assistito ai funerali di Manzoni, dovea pensare “gran
paese l'Italia. Mente chi la taccia d'ingrata a' suoi grandissimi figli!” Eppure, io avrei voluto che ritornando dal cimitero,
costui si fosse soffermato, fuori di Porta Venezia, ad una piccola osteria, dove il più ricco uomo nel pensiero italiano,
Rovani, sedeva nella più squallida materiale bolletta; e avrei voluto vedere s'egli avea tanto coraggio di ripetere la sua
lode. Cit. quindi l'ann. di Perelli che gli reca le 500 lire della Mente di A. Manzoni - e la sorpresa tra l'ingenuo ed il
furbo di Rov. che dice: bisogna donca che sto Manzoni el sia propri bon? - La grandezza dell'animo suo non fu
adeguata che dalla grandezza della vigliaccheria de' suoi contemporanei - Rovani si diede in lett[eratu]ra ai generi più
disparati, o com'egli dicea ridendo - disperati.
3885. Rov. Non piegò mai il collo al favore - non mentì mai stesso per adulare gli altri. Egli pensava, per
così dire, a voce alta: e se temeva qualcosa era la lode. Rammentava spesso Focione, quando sentendosi applaudire si
volse a un amico e gli chiese: ho forse detto qualche sciocchezza? - Vitate quaecumque vulgo placent (Cic.) - Invece
gli era gratissimo un biasimo che gli venisse da un cuore d'amico. “Those best can bear reproof who merit praise” - Ei
perdonava alla crudeltà quando fatta d'Amore.
3886. Rov. (da agg. al 3873 in fine, prigione) Rov. fu in prigione un'altra volta per la Guardia nazionale. Vi
andò con due ciabatte sotto le ascelle. In prigione trovò uno staderajo (attore del S. Simone) che declamava
“l'Aristodemo” del Monti. Lo lasciò dire per un poco, poi: donca come la giustem? - Cit. in seguito l'anned. di Vanzo
che si presentò al Consiglio di Disciplina a nome di Rov. per difenderlo. L'avv. Pompeo Castelli gli disse: Non faccia
smorfie - Parli pure in meneghino - Vanzo se ne offese, donde una lite. Cit. anche il modo con cui Vanzo si vendicò, in
prima via, del Castelli. -
3887. Rov. La vita di Rov. ci mostra come e dove egli abbia trovato nel vero i sentimenti e le frasi delle sue
artistiche creazioni. Rov. visse a Milano, fu a Venezia, a Roma, a Parigi, e però ne' suoi libri coteste città vivono.
Attraverso i Cento Anni e il Giulio Cesare noi possiamo seguire passo a passo i suoi amori, le gelosie, gli entusiasmi, le
spossatezze - e conoscere i suoi amici e nemici - i suoi studi ecc. - La vita vissuta e la vita scritta di Rovani si rischiarano
e si completano a vicenda. - Il che avviene anche in Foscolo ed anche in Manzoni (V. per quest'ult. 3898 - in principio -
dove si parla del saccheggio della bottega del fornajo Martinelli). - La Stefania Gentili e la Sai son gemelle: così il conte
Alberico e il marchese Villani ecc. -
3888. Manzoni, a chi gli chiedeva come mai facendo libri buoni, avesse fatto figli birbi, rispose: I libri li
ho fatti col capo, e i figli col cazzo. -
3889. Quando Manzoni si lasciava sfuggire qualche frecciata sulle cose del giorno, avea spesso la prudenza di
aggiungere: Però podria vess come quella veggetta del Mont Cenis che in del 59 la trovava che i Frances che vegneven
giò allora in Italia, no eren pu qui frances inscì gentil d'una volta - ai temp de Napoleon. - Forsi me par ch'el mond el
peggiora, perchè peggiori mi. -
3890. Quando lo Strazza faceva le mostre di copiare Manzoni (donde ne uscì quel busto su cui la faccia par la
radice solo del naso) Manzoni trovandosi un nello studio dello scultore, chiese ad un garzoncino del formatore “vuj,
coss'el te dà, al dì, el to padron?” - E il ragazzo “El me dà on franc al dì... quand l'è sabet”. - Manzoni gli mise allora in
mano un cinque-lire, sul che il ragazzo osservò: disi nagott, vera? -
3891. Nello Spirito milanese, uno dei primi posti va dato a Cesare Confalonieri, un oboe della Scala - tanto
tondo di corpo quanto acuto d'ingegno. I suoi epigrammi sono talora degni di Rovani - e certamente se avesse imparato
a scrivere la propria anima, invece che di soffiarla in un tubo di legno, la nostra letteratura conterebbe un insigne
Umorista - Una sera suonava in casa del conte Porro Schiaffinati, che suonava lui pure, parmi, il flauto. E il conte
dimanda: che tempo ho a pigliare? - ch'el toeuga pur su - risponde Confalonieri - un tempo signorile - Al medesimo
Porro, scriveva da Londra lettere non affrancate, osservando: così vi riusciranno doppiamente care - Tale irritato con
lui, gli diceva: me disen tutti ben de lu, ma poss propri no credegh. E a botta risposta, Confalonieri - e mi me parlen de
lu, tutti mal, e ghe credi semper - Quando sua moglie, si trovò, per la prima volta, incinta, egli le disse: manda a toeu la
toa solita levatris - Tale, lo avea invitato a pranzo, dicendogli: guarda, che ti tratto proprio da amico, senza
complimenti. Conf. accetta, siedono molto a tavola ma poco a pranzo. Allora Conf. gli fa: te podrisset minga mettet on
poo in sudizion? opp. fa pur di compliment, nè! - Fagh cera al Faccio - gli consigliava un amico - E C. : cont ona
torcia - E dicea dello stesso Faccio che egli conosceva un sol tempo: l'allegro feroce - E poi canticchiava quel passo di
Rossini nel “Barbiere” Oh che bestia oh che bestia - il maestro faccio... a lei - Confalonieri, avendo fatto rivoltare un
soprabito, già rivoltato, dicea l'è tornaa de bon umor - il che fa riscontro al detto del pittore Ranzoni che dopo di
avere voltato e rivoltato il suo, osservava: e ora lo farò mettere in costa - Una sera si discuteva in teatro sul valore
dell'Africana di Mayerbeer, tra un ammiratore di essa e Confalonieri. Il quale “Ch'el guarda - dicea - in di sedii - quand
dan l'Africana, quanti che dormen... vun, duu... tri... El vedrà invece doman alla Norma - Ma l'indomani, anche alla
Norma, due dormono. Il fautore dell'Africana si avvicina a Confalonieri, e mostrandogli i due, gli dice in trionfo: incoeu
ghè la Norma... eppur si dorme! - Bravo - risponde senza scomporsi Confalonieri - ma quii duu dormen anmò de jer
sera. - Conf. volea pigliarsi una moglie grande e grossa, perchè ce ne fosse per lui e gli amici. E ti, dicea a Perelli, te
gavaree semper sedia chiusa in del lett de mia miee - A lui nasceva una bimba. Il parto era infelice. Occorreva il
forcipe. Ed egli, fra il pianto ed il riso... la sa anca lee in che mond la voeuren mett... la voeur no... la voeur no”. - La
bimba la mise poi a Crescenzago a balia. Dicea la cresserà ona gran lazzarona; l'è a cress-senz'ago - E, guardando
entro il caldajo di un brodo tutt'occhi - “vuj! te me tegnet d'oeucc?” - E così, nel guidare la Pina (la rozza della sua
timonella) e accennando a una carriola da fruttaiolo di tirarsi in disparte: tiret in on quintin... anzi on mezz liter - ecc.
ecc. ecc. Si passeggiava fuori di Lecco in una lunga stradetta chiusa tra muriccioli. C'era una serva piccolina (detta la
servitù) la cui testa non oltrepassava il murello. E Conf. sojava per tutta la strada, esclamando: oh che bellissima vista
ecc. ecc.
3892. Un altro fra i belli spiriti della città, è il pittore Cremona. - Cremona dicea di Rovani, che ad ogni frase
ch'el dis el ghe mett su la sabbia. - Di un quadro di G. Bertini “Bimbo nobile con cane”: el can l'è faa de bagai, e el
bagai de can - Dell'avv[oca]to e maestro di musica Besozzi: i avvocatt el ciamen semper maester e i maester, avvocatt.
Di una cantante ex puttana: la cerca adess in de l'arte, quell che no dagh la natura - Di Conconi, giovine
dall'aspetto soave e che si piantava sempre in terza te paret el fant de coeur - Annunciando il suo matrimonio hoo
tolt, con licenza parlando, miee - e presentando agli amici questa sua moglie: prima la studiava el canto, e adess el
suono - Quando gli si pagava qualche dipinto, ed egli portava a casa la sua saccocciata di marenghini, se la vuotava sul
tavolo, vi cacciava dentro la faccia, poi la sparpagliava per tutto lo studio, e si occupava il resto della giornata a cercare
le auree piastrelle. Ne nascondeva alcune nei buchi dei topi, altre nelle calzette. Un dì si trovò senza un soldo, e volea
recarsi al veglione, ma non potea che recarsi a letto - Era mortificatissimo, allorc rifrugando qua e nello studio e
nelle sue robe, scoprì con sua immensa gioja in una calza sudicia un ultimo mezzo marengo... -
3893. Giuseppe Grandi scultore, a Torino, saltava via i nani in cui s'avveniva, come le colonnette stradali - con
grande e grottesca loro ira - e usava poi di accendere il sigaro ai fanali delle contrade - Cajo Tantardini suo puntatore,
lavorava in istudio, nudo, con in capo un cilindro. I vicini, scandolezzati, ne mossero lamento. Cajo, per salvare la lor
pudicizia, s'indossò un giubbettino di lana che gli arrivava all'ombellico. -
3894. Un passeggiando, incontro un povero storpio che mi stende la mano. - Ma se t'hoo già daa jer - gli
osservo - Risponde: ma mi gh'hoo famm anca incoeu -
3895. Il marchese Gerolamo d'Adda desiderava di conoscere il Dossi. Questi, finchè potette, se ne schivò.
Quando non potè più, e cortesia volle che gli si presentasse, rimproverandogli gentilmente il d'Adda la sua eccessiva
ritrosia, Dossi rispose: di volt, conossuu el coeugh, pias pù el pastiss. -
3896. [La nota, di 5 righe, è abrasa.]
3897. Gorini, nella sua gita nel Napoletano, per incarico del ministro Natoli, allo scopo di studiarvi i locali
fenomeni vulcanici, si fece indennizzare dal governo per spese di vitto... 50... centesimi al giorno.
3898. Il barone Ciani avea un suo ritratto abbigliato da ciambellano napoleonico, dipinto da Pelagio Palagi, e
natur. il ritratto era di un uomo sbarbato. Ma quando il barone si lasciò crescere i baffi, li fece mettere, da un
inverniciatore, anche nell'effigie di lui.
3899. Bizz. (V. 3627) La mia famiglia 5. Le mie aeree creazioni. Passeggio con a mano il mio Guido
(dell'Altrieri), e la mia Gìa. M'incontro nella coppia felice di Enrico ed Aurora ecc. - Lettere alla mia ignota amante
46. L'atrio della stazione. Io, seduto in un canto, melancolico. Vedo a partire felici sposi. Torno a casa, sempre solo -
3900. G.F. I diavolotti di menta incartati nei biglietti del lotto - L'attaccamento che certe pulzellone taroccatrici
hanno per il bagatto - Tutto si perde pur di salvarlo... - Da bimbo, mi ricordo, che un birbo di servitore mi metteva fuori
della finestra tenendomi per le ascelle. Quando ci penso, ne rabbrividisco ancora. Quel vuoto sotto ai piedi ecc. ecc. -
Descriz[io]ne della Posta.
3903. Tra gli agg. stereotip. l'incerto piede - Per l'Adozione V. 1605. P.O.
3904. Bizz. V. sparsim in Bizz. e partic. ai N. 641, 654, 662, 672, 1431, 1512, 1590, 1609, 1652, 1654, 1700,
1743 (progetti), 1744, 1766 (lett. sui muri), 1777, 1809, 1825 (cervello mio), 1866, 1868 (segnitempi), 1869, 1882,
1963, 2006 (inno alla Paura), 2007, 2034, 2055, 2057, 2069, 2100, 2128, 2134, 2141, 2143, 2146, 2150, 2160, 2161,
2162, 2164, 2220, 2295, 2331, 2336, 2338, 2387, 2404, 2405, 2407, 2410, 2411, 2415, 2426, 2455, 2456, 2457, 2504,
2510, 2511, 2521, 2532, 2533, 2536, 2571 (cerebro universale), 2621, 2647, 2649, 2670, 2712, 2713, 2714, 2721,
2724, 2725, 2735, 2736, 2739, 2754, 2758, 2759, 2791 (diavolo), 2792, 2795, 2803, 2845, 2851, 2879, 2882, 2903,
2926, 2939, 2940, 2941, 2942, 2945, 2946, 2947, 2950, 2951, 2998, 3009, 3032, 3033, 3124, 3181, 3183, 3195, 3291,
3294, 3306, 3307, 3312, 3316, 3325, 3326, 3327, 3338, 3340, 3342, 3346, 3400, 3416, 3422, 3426, 3512, 3824 - Bizz.
Crisi filantropica.
3905. Lavori del D. stampati o da stamparsi (a tutt'oggi 18 aprile 1877). I Il globo ne' suoi primordi 1866.
(Album della S. del Pensiero) -Educazione pretina (nei due racconti) 1866 - Per me si va tra [la] perduta gente,
racconto (1867) - II L'Altrieri, nero su bianco (1868). III Vita di Alberto Pisani (1870) - IV Elvira, elegia (1872). V Il
regno dei cieli (1873). VI Dal calamajo di un medico (Vol. dei R.U.) (1873) - VII La Colonia Felice (1874) - VIII
Valichi di montagna - Viaggio di nozze - La casetta di Gigio (G. I.) - Balocchi (G. I.) - Tesoretta (G. I.) - Istinto (G. I.)
(Palestra Letteraria) - I nomi (N. L.) - Il Natale (G.F.) (giornale delle dame) - Il vecchio bussolotajo (G. I.) - Giudizi
della giornata (G. I.) - Un po' di musica (G. I.) - Un cas de conscience (G. I.) - Una visita al Papa (G. I.) - Charitas (G.
I.) - Dieci bicchierini di assenzio (G. I.) - La fede (G. I.) - Zolfanelli alla prova (G. I.) - I lettori in Italia (R.U.) - La
calata dei Matematici (R.U.) - I dilettanti (R.U.) - I seccatori (R.U.) - La gente che mangia quando vuole e la gente che
mangia quando può (R.U.) - Profumo di poesia (G. I.) - Il merlo (da rifare) - S. Carlo (id.) (G.F.) - Lavori non da
stamparsi. I primi aborti (La caduta di Milano - poesie varie ecc.) - Erano giunti sul ripiano dello scalone...” (brano di
romanzo) - Lodovico Ariosto, commediola per fanciulli - Ave Maria - I bigottoni, comedia in mil. in 3 atti.
3906. Rov. I seguenti anned. su Rov. mi sono stati forniti dal Marchese Villani, provenienza assai sospetta.
Qualcuno per altro, tra essi, ha tutti i caratteri della verità. Segno i sospetti con una stella (*), e trascrivo i brani di lettera
del Marchese, ben inteso potandoli: - Nel sett. del 67 (chi scrive è il Villani) mi giunse a Desio stralunato, declamando
contro i perversi amici dell'Arte, cui consacrò ogni pensiero, la vita stessa. Avea veduto il disegno in rilievo della Piazza
del Duomo, e capiva quanto ne scapiterebbe quell'augusta mole, contornata da alti fabricati. Non poteva darsene pace;
non mangiò che un pezzetto di formaggio col pane; e partì trangosciatissimo. L'indomani cercai di consolarlo coi
seguenti versi (e quì un sonetto ridicolo) - Quando gli morì l'amico Raiberti per tre giorni non ebbe parola, e rispondeva
agli amici: piango, non scrivo. Poi prese la penna e nella sua Gazzetta di Milano tessè una biografia all'illustre Medico
Poeta, che è un triplice trionfo d'amicizia, di cuore e d'ingegno - Appena la lessi gli gridai in vernacolo “Cristo! che pesa
grega in su l'archett - dopo st'arci-stupenda sinfonia - Raibert l'è viv anmò, ghè de scomett”. - Raiberti gli appariva
spesso in sogno - Notissima in Milano e fuori, la sua ira biblica contro i profanatori dell'arte in genere, e in particolare
della musica, ch'egli chiamava la sua unica amica. Detestò i piegati e i venduti al culto della scuola franco-germanica,
che violava la nostra; chiamava filibustieri musicali i Wagneristi; epperò perdette l'amicizia e il favore del Lucca che ne'
suoi primi anni e quando penuriava, eragli stato assai benevolo di ajuti. - Franco fino all'offesa, indipendente fino allo
sprezzo con chi opponeva frivole ragioni a' suoi severi e sani propositi in fatto d'arte, perdette il favore di molti. Io
gliene facea rimprovero, pregandolo a temprarsi, tanto più ne' luoghi publici. Non posso - rispondeva - prima mi
ucciderei. A me preme assai più essere amico di me che degli altri. - Nè ambì mai nè accettò onori officiali e croci, che
più di tanti egli meritava; e l'udii rispondere netto a chi gliene offrì: Se le tenga: per me, è cavaliere chi non lo è (*) - -
Nol trovai mai cupido, interessato, meno poi cortigiano; e infatti più di una volta a me che ne lo lodavo, disse: sai, la
cupidigia è spada, ma il disinteresse è scudo (*) - Viaggiai sovente con lui - sempre sobrio, faceto in brigata; e se
l'assenzio e i liquori, ai quali fatalmente si diede nel 62 per iscordarsi, diceva lui, non gli avessero ottenebrato la mente
e fiaccato il corpo, dopo i Cento Anni e il Giulio Cesare, avremmo altri frutti del suo nobile ingegno (Caro Marchese: e
non ti pajono bastante il Cesare e i Cento anni? C'è da dar fama a 10 e non a un solo scrittore) - Troppo liberale con
nuovi e vecchi amici, troppo credulo con chi gli raccontasse miseria, profuse tanto denaro che avrebbe potuto
congregare a suo prò: forse come il Pergolese e l'Harold presentiva di morir giovane: epperò, dissipò, ajutando,
beneficando, anche coloro che nol meritavano. - Vera ricchezza le buone opere mi diceva spesso (*) - e largheggiava
col ventilabro. Cuor di diamante, mente spesso di vetro - Mite, piacevole, gradito, per varia ed arguta dottrina e per
pugnacissimo ingegno, si facea nell'ebbrezza cupo e ringhioso (*). Ma sempre lo vidi rispettato - e guardato con
riverente pietà (*).
3907. Il gusto moderno è più verecondo dell'antico.
3908. La prima Ediz. dell'Orlando Furioso apparve nel 1516, un'altra fu pubblicata nel 1532. In questo mezzo
egli attese a ritoccare il poema e quasi può dirsi che ciò fosse sua unica occupazione. Se si confrontino le due ediz.
apparirà incomprensibile come uno scrittore che incominciò dal peccare grossamente contro le regole e del buon
gusto e della diz. poetica potesse in seguito espungere tali colpe e mettere in luogo un gran numero di trascendenti
bellezze (U. Foscolo art. crit. ingl.) CF. colle due ediz. Manzoniane.
3909. Milton dapprima pensò di celebrare Arturo e la tavola Rotonda. “Si quando indigenos revocabo in
carmina reges - Arturumque etiam sub terris bella moventem” (Mansus) - (Foscolo). E Tennyson ai nostri giorni eseguì
il progetto di Milton.
3913. Il Bojardo facea uso delle proverbiali maniere di Lombardia che non hanno significato grazia
(Foscolo) (!) Asino lui, il Bojardo che non sapeva adoprarle. Vedi invece Dante, come le usò! - sarebbe disutile alla
gloria dell'Alta Italia mostrare qual vasto contingente di parole e di modi, essa abbia versato nell'oceano della Comedia
divina.
3915. I geografi... che girano il mondo senza mai pagar l'oste -
3916. Le passioni nelle anime calde insieme e vigorosissime d'intelletto e di fantasia si concatenano in
ragionamenti, si condensano in massime, e si impadroniscono della mente con impeto poco diverso della mania. Di che
il Tasso ha pur fatto esperienza in troppo ecc. (Foscolo disc. su Dante) - E ciò potea dirsi anche di lui, come pure di
Rovani.
3917. Il pensiero non è altro che un più rapido moto di molecole - il genio è una varietà della pazzia -
3921. Rov. non guardò mai indarno in un libro.
3922. Amico Gigi - Tu puoi ben dirmi, per la monotona imbronciatura delle mie lettere: ma muta suono: io ti
posso sempre rispondere: mutami tu l'istrumento. Epperò giudica, se ti pajo ora in istato di riflettere l'iride umana in un
libro! Chiamava il libro, S. Agostino, “coscienza scritta” e a ragione. Per quanto un autore falsifichi sè, accattando dagli
altri, il suo cuore gliel leggerai sempre attraverso. Così: più le passioni dell'uomo saranno vive e variate, e più lo stile
dello scrittore terrà quella vita, quella diversità di motivi, e perfino que' difetti, che irritano soli la sensazione del gusto.
Di ciò, mirabile esempio, i Cento anni. Ma in me siede invece unicamente la grigia noja, la quale non può non trovare
l'eco del suo sbadiglio - primamente in chi scrive, poi in chi legge. Come lo fabbrico ora, il mio stile appartiene non
tanto alla letteratura che alla farmacopea; Vedi classe degli oppi - Or chi me lo sveglia? Io mi desidero a volte un
cambiamento totale di vita; di uscire cioè da questo asilo d'infanzia e gittarmi nella giovanil mischia. E vorrei
viaggiare, ma mi sconsiglia la borsa; e vorrei fare all'amore ma mi sconsiglia lo specchio - Oppure, penso che chi mi
opprime la fantasia è la stessa sua madre - Memoria. Io forse ho ingojato più che non potessi concoquere. Le sincere
emozioni, che mi si mostran nell'animo, invece di servirle ancor calde, le lascio affreddare, le staccio per i sette crivelli,
le imbroglio di spezierie, e le tormento finchè le servo ammuffite. Non dico di non raggiungere, taluna volta, il bello, ma
dal bello al sublime, eh c che ire! Si va, al primo, per vele; al secondo per ali: l'uno ascende da terra, discende l'altro
dal cielo. Sta dunque in ciò la ragione della mia artistica incompletezza, che io non mi sono fidato mai di esprimere me
da me solo ma ho sempre cercato al mio cuore le labbra altrui, o l'altrui cuore alle mie - mentrechè la dottrina (che è il
non nostro sapere) dovrebbe semplicemente servire agli artisti per aquistare la scienza (che è il saper nostro) ossia,
dovrebbe servire come le dande ai bambini - [ad] apprendere a farne senza. Ma oh quanto pochi osano esser stessi.
(21 aprile 1877. Induno).
3923. Bizz. Bene del male 24. Dall'esiglio la grandezza di Dante - dall'amore (che io conto fra i mali) la
grandezza di Petrarca. - Se Troja non fosse stata infelice, chi mai la ricorderebbe? - ecc.
3926. Et. baucalìs, specie di vaso da bere (V. in Ateneo) CF. boccale. - bombyliòs, altra specie di vaso da bere.
CF. bombola - otobéo CF. toben (ted.) - [s]cholé, CF. scuola, otium - lìs, glatt (ted.) CF. lis (mil.) - praesagium, profezia CF.
via il prae, sagen (ted.) dire - perucca CF. ptérygas, ale, avvertendo alle forme delle parrucche.
3927. Di Jean Paul Richter può dirsi che le parole sono altrettanti pensieri, i pensieri altrettanti libri - e ogni
libro una biblioteca. -
3928. xéstes, misura per liquidi o solidi, Krug, CF. cesta - pýtho, stinken CF. puzzo - kràta, accus. omer. di kàra,
testa CF. mil. crappa -
3930. Kallimédonti gar therapeýo tas kòras = éde tetàrten eméran. - B. ésan kòrai = thygatéres autò; - A.
Tas men oùn ton ommàton, = as ud'o Melàmpus, os mònos tas Proitìdas = épause mainoménas, katastéseien an -
(Alesside in Ateneo). Giuoco di parole, tra occhi e fanciulle, traducibile perf. in spagnolo - col niñas - e semitraduc. in
ital. col “pupille” -
3931. Cnidius Ctesius dice che i vulcani si estinguono col fieno - CF. colla tradizione riportata da Gorini nel suo
libro sui vulcani, e interpretata al rovescio -
3932... Chè non è impresa da pigliare a gabbo ecc. Dante per l'um[orismo]. - E per l'orgoglio Dantesco v. Lo
collo poi con le braccia mi cinse = baciommi in volto e disse: alma sdegnosa = benedetta colei che in te s'incinse - e v.: e
forse è nato chi l'uno e l'altro caccierà di nido ecc. - e v.: il poema sacro = al qual ha posto mano e cielo e terra ecc.
3934. L'alloro in Campidoglio fu ottenuto dal Petrarca pel libro del poema latino “Africa” che nessuno p
legge.
3935. Addison nella colonna infame di Milano non vede che la bella latinità dell'iscrizione.
3936. Una lingua non parlata ma semplicemente scritta (come, secondo Foscolo, sarebbe l'italiana) dura più
immodificata di una parlata; chè le lingue si mutano coll’insensibile alterarsi della pronuncia... - Donde la importanza di
tener in fiore i cosidetti dialetti, che sarebbero le lingue semplicemente parlate.
3938. Tutte le lingue, e la italiana più ch'altre, s'arrendono ad ogni trasformazione a chiunque può e sa far
obbedire la lingua al genio (id. [Foscolo], id. [art. ingl.]) - E ciò può contrapporsi alla frase di Giuseppe Ferrari, “la
lingua italiana è lingua reazionaria” forse perchè non la sapeva adoprare.
3943. Gallia Ateniese compose una tragedia intitolata “Gramatica”, tutta a frigidezze gramaticali - in cui p. es. i
cori cantavano béta àlpha ba, béta ei be, béta éta be ecc.” - Descrizioni di lettere assomiglianti ad oggetti si hanno,
oltrechè nei frammenti di questa tragedia, in Euripide (nome di Teseo THESEYS), in Agatone, in Teodete Faselita ecc.
CF. l'alfabeto di prete jacopino nel Merlino Coccaj - e il metodo Capurro adottato a nostri nelle scuole di caserma -
Ric. l'epitafio di Trasimaco composto da Neoptolemo. tùnoma théta ro alpha san u àlpha chì ou san = patrìs
Kalchedòn· e dè téchne sophìe -
3944. Brano di lettera di Rovani a Mongini riportato nella “Lombardia” 2 maggio 1877 N. 120 “ho letto le due
brillantissime strofe improvvisate in risposta a quelle dell'esimio Negri. Tu sei nato a tutto. Ma non è di ciò che si tratta
veramente, si tratta che tutta Milano ti desidera, e vuole sentirti nell'Otello, e vuole che il soldato diventato il più illustre
dei tenori mandi il refrigerio della sua voce e della sua arte evangelica, a vantaggio dei feriti prussiani e francesi...” -
3947. Origene scrisse 6000 volumi, 20.000 Didimo gramatico. - Gli scrittori vecchi spregiavano i libri di poco
volume. La scienza non la si stimava che in folio-foliissimo. - Eppure furono spesso i piccoli libri che segnarono le
rivoluzioni intellettuali. - Vedi ad es. il Beccaria dei delitti e delle pene ecc. - Grandi autori di piccoli libri.
3952. - I miei versi mi costano poco - diceva con orgoglio un poeta - Gli si rispose - Costano quanto valgono. -
3953. La Madonna, è l'amorosa di chi non ne ha.
3957. In Italia il far nulla appartiene alle occupazioni.
3961. La moglie di Alb. Durer, e di Berghem, facevano lavorare i propri mariti come schiavi. Così la moglie di
T. Cremona ecc.
3962. Conf. tra i pamphlets e gli antichi libelli.
3963. Nei R.F. (2
a
p.) Ricetta per la lampada perpetua di Liceto.
3966. Sul monumento sepolcrale di Dario o toús mágous anelòn - era scritto “edynàmen kaì oìnon pìnein polýn
kaì toùton phérein kalòs”. - Alessandro e Filippo il Macedone erano ubbriaconi - Dionigi di Sicilia durava ubbriaco 90
giorni - Gli uomini d'ingegno che si perdono nel vino o nel cibo, possono sempre rispondere a chi ne li rimprovera
“ecchè! troveremo anche noi il nostro Ateneo” - Ateneo difatti nel suo Deipnosofista (10) registra diligentemente i
maggiori ubbriaconi o ghiottoni. -
3968. (di un guercio) ...e guardando il mio amico, così mi parlò...
3969. Influenza della tradizione nei giudizi lett. - sia in lode che in biasimo. Si cominciò a lodare il Boccaccio,
e si seguita ancora - Si cominciò a biasimare l'Aretino, e si biasima ancora. E nessuno più legge l'Aretino, che è
degno in parte di lode, nè il Boccaccio, che quasi tutto ne è indegno.
3974. A volte le troppe correzioni in un'opera d'arte, fanno alla vista l'effetto delle mende in un abito. Meglio
uno strappo naturale che non un pottiniccio (carpogn).
3975. La farina delle tue parole non ha mai fatto pane per me.
3976. Di Rovani, si trovano due art. sul giornale dell'Ingegnere, architetto ed agronomo, stampato a Milano -
cioè -Vol. un artic. sull'opera di P. Selvatico corso d'Estetica, parte antica (pag. 451) - Vol. 2°, altro art. sugli Studi
economici di Jacini (pag. 197) - Vol. id. v. anche lettera sull'art. di Rovani a proposito dell'opera di Selvatico (pag. 206).
3977. Bizz. Morte del diavolo. “Adesso c'è il Papa che fa per me (Inutile ch'io stia al mondo ecc.)” e da quel
punto non venne più in terra.
3978. L'intreccio in un libro genioso deve servire ad adescare dolcemente il lettore fino alla fine, non già a
trarvelo tumultuariamente a corsa: - dee lasciargli cioè l'agio di osservare il paesaggio per cui passa... L'intreccio ha da
essere una carrozza, non un vagone. - Nei libri invece cattivi è indispensabile che l'intreccio usurpi tutta l'attenzione del
lettore e lo tragga a rotta di collo. Guai se il lettore ha tempo di meditar ciò che legge - Quanto allo stile non dev'essere
d'impaccio al cammino del lettore, ma non deve neanche essere una sdrucciolina che lo conduca in un atimo e senza
scosse alla fine - In un libro l'intreccio è il veicolo, lo stile è la via.
3979. Quando Settembrini cercò di demolire Manzoni, richiesto quest'ultimo che mai pensasse del libro del
professore napoletano, rispose: “Vun che l'è staa ai pè de la forca, el gha diritto de dì tutt quel ch'el voeur” - Perelli andò
a trovare Manzoni a Brusuglio V. n. 5023, Manzoni era seduto in giardino sotto alcune belle piante. E Perelli: che
belle piante, Don Alessandro! - Rispose il gran Milanese: I hoo piantaa mì. Ma lor seguiten a vegnì mei, e vecc e
secch etc. - CFR. col passo magnifico di Seneca (Epist. mor.) che, andato in villa, trova una casa da lui fabricata in
rovina.
3980. I Fratelli Fumagalli, egregi violinisti, pianisti, erano detti in conservatorio “i quatter villan d'Inzagh” - Il
conte Porro Schiaffinati dilettante musicista, li chiamava a volte nella sua villa di S. Albino per sonare loro insieme. - Il
conte andava sempre fuori di tempo. Adolf. Fumagalli non potè a meno di osservargli ciò. Ma l'amico Confalonieri
(altro dei suonatori) Va a temp, tì - che te set on villan d'Inzagh... Lù (accennando al Porro) l'è cont.
3981. Gli onori che si rendono solitamente in Italia ai grandi uomini morti (che si spregiarono vivi) si
riferiscono in certo qual modo agli ancora viventi. Tra gli uomini “degni di statua e duomo” passò quasi per tacito
consenso il patto, che ciascuno abbia a gustare la gloria del suo predecessore, come gloria sua. - Nei funerali di
Manzoni, Rovani godeva i propri - in quelli di Rovani, fors'altri. Finchè non si onoreranno direttamente i vivi, gli onori
ai grand'uomini morti, saranno loro un certo quale compenso...
3985. Tra gli anned. racc. da Rovani quello di Giraud - gran beone di liquori, che picchiava leggermente, colla
sua giannettina d'oliva, sulle gamboccie celesti e sode dei Croati, dicendo agli amici: te vedet? vegnen gra... (e quì un
singhiozzo effetto dell'alcoolismo) vegnen gra... ass. -
3991. il verde sangue delle piante.
3993. CF. il The boy and the mantle, nelle “Percy's reliques of ancient english poetry” col Manteau mal taillé
nel “Livre d'amour”.
3994. more smooth than pearl - to rang[e], ingl., vagare - CF. andar randagio.
3999. Leggendo Richter parmi di legger... me stesso -
4001. Guida d'amore (V. 3007) 48. Il libretto può essere diviso ne' seguenti capitoli. Invocazione all'Amore
sessuale, che può servire da prefazione - Gli sguardi - I sorrisi - I contatti. Le strette di mano e le premutine di
piedi - 5° Le parole (comprese anche le pinte, cioè le lettere) - 6° I baci - 7° Il tutto (che servirà da chiusa).
4002. La gioia del possedere una casa propria - dice Mantegazza - è una delle maggiori - il dire: è mia. Tua?
fino a quando? Tutti, o amico, quaggiù s'è in affitto. Tutti paghiamo la nostra quota in lagrime di dolori al destino,
raccogliendone qualche scarso sorriso.
4003. Della vita intellettuale e della fisica. Sono al balcone - mi sento squilibratissimo. (!) Vedo in giardino il
Porro, aitante della persona, tutto salute ecc. Invidio alla sua vita. Penso e confronto la vita infelice dei nervi e quella
felice dei muscoli. Entro, seguendo il mio destino, nello studio, sconfortato e piangendo. Mi metto a leggere, poi a
scrivere. A poco a poco mi si compone la cerebrale congestione del genio, e l'entusiasmo conflagra. Capisco allora
quanto le gioje intellettuali vincano le altre, e dico, pensando al P.: egli non avrà mai questa divina voluttà.
4004. Bizz. (V. 3627). 46 Lettere alla mia ignota amante. Tema. Ella non spunta mai. Mia lunga insodisfatta
attesa. Che tutto questo tesoro di affetti che mi palpita in cuore debba inutilmente sciuparsi? - no - Se l'amante reale non
viene, ne creerò una fittizia... A te... dirigo dunque queste lettere ecc. o mia desiderata. Forse ti giungeranno attraverso i
secoli, quando chi ti dice ora d'amarti sarà polvere e fumo. - ...Io voglio essere l'amante di chi non ne ha. Mia
dichiarazione d'amore - quindi, seguito, di lettere. - Bizz. Per legare annedoti e descrizioni disparati in un libro,
immaginare una tavola di amici che gioca al racconto, un gioco in cui uno comincia una novella e la interrompe ad un
tratto, lasciando che altri la continui, e così di seguito. La trovata fu già usata da Richter nel suo Erzählungspiel (V. 17
aggiunto al “Titano”) ma ciò non vuol dire che non possa riusarsi, e con migliore successo.
4005. R.U. Parte officiale. Il bozzetto degli impiegati si potrebbe dividere in due parti, l'una cioè “Gli impiegati
visti dal pubblico” l'altra “Il pubblico visto dagli impiegati”.
4006. Un tale Da Cessole scrisse un trattato sul gioco degli scacchi. CF. chess (ingl.) scacco. -
4007. Notare l'assurdità di molte divisioni p. es. - natura e società - forma e materia - anima e corpo - e
l'assurdità di chi per es. dice: ottimo è il libro, ma male scritto. -
4010. Note lett. (V. 2240) Nei nomi - trattare di quelli degli uomini celebri - Come un nome antipatico più
difficilmente arriva alla celebrità di uno simpatico. Degli illustri che passarono ai posteri, gli uni col solo nome proprio,
gli altri col solo cognome. Raff. tra i grandi uomini e gli uomini grandi che sono nominati pel solo nome per es. Cesare,
e Dante - Dei pseudonimi - Voltaire, Erasmo (Gerard) etc. - Vedi anche Influence of names, D'Israeli Curiosities of
lit. pag. 200.
4013. St. Um. (V. 2068) - Del romanzo - Il Lucio Asino di Luciano, l'Asino d'oro d'Apulejo - il romanzo di
Petronio Arbitro - Teagene e Cariclea di Eliodoro (4° secolo, il greco Fenelon) - Dafne e Cloe di Longo Sofista ecc. (V.
Erotici scriptores graeci). - Romanzi cavallereschi ecc. (V. D'Israeli Curiosities of literature pag. 165) - Richardson's
Clarissa - Pamela ecc. - (V. id. pag. 199).
4019. Nei misteri dei bambini (V. bimbi) cit. anche il telegrafo e le spiegazioni che i bimbi ne danno a sè stessi.
Io p. es. sejenne, stavo attento per vedere i colpetti che - judiciolo meo - gli impiegati di un offizio dovevano dare al filo
a seconda della lettera alfabetica da spedirsi all'altro ufficio -
4020. I libri nelle biblioteche antiche erano incatenati ai leggii e ai plutei; e così, ai libri le idee.
4021. Distrib. provv. delle materie che formeranno il “Premio dell'Onestà” (V. 3568) - Cap. Nascita
splendida (medici, cerimonie ecc.) - Infanzia in casa (pedagoghi, maestri d'ogni sorta, educaz. artificiale - carattere
dell'eroe) - collegio e università (professori - studenti - soc. rivoluzionarie ecc.) - a soldato volontario (esercito
ecc.) - Amore e matrimonio. Tradimento - Impieghi. Morte dei genitori. Eredità. - Protegge le arti e le scienze
(artisti ecc.) - id. (Giornalisti, truffe academiche, suo romanzo novelle pei generosi” ecc.) - Uomo politico
(Parlamento, Senato ecc.) Tradito dall'amico rovinato nella fama - 10° Affarismo (banche ecc.) È rovinato nelle
fortune - 11° In campagna (i villani, i preti ecc. ultimi tradimenti) - 12° All'ospedale. Muore felice. “Coscienza
l'assecura - la buona compagnia che l'uom francheggia - sotto l'usbergo del sentirsi pura”.
4022. lo stridere del pavone = il lamento della vanità.
4023. Un servo che ha condotto la sua padrona, dama letterata, ad una conversazione le chiede se e come debba
venire a riprenderla. La dama, la quale si trova nel quarto d'ora dell'improvvisazione poetica, gli risponde “Se Cinzia
non risplende co' suoi rai...” - ma quì non trovando la rima s'intoppa, e aggiunge prosaicamente “Vegnimm a toeu,
Giovann, cont el lampion”.
4026. ...Che lo scettro temprando ai regnatori, gli allor ne sfronda - ed alle genti svela ecc. (Foscolo) CF.
Warton “The daring artist - explored the pangs that rend the royal breast, those wounds that lurk beneath the tissued
veste” (Warton, on Shakespeare).
4029. One hair of a woman can draw more than an hundred pair of oxen (Howell's letters) CF. prov. mil. tira
pussee on pel d'ona vacca che cent para de boeu.
4030. breve pertugio dentro della muda... (Dante). Nei commenti, muda è detto il luogo dove gli uccelli
allettajoli si mettono a mutare le penne. Ma muda in gergo vuol dire muta, ossia silenziosa, e serve appunto a significare
la carcere.
4031. Meno si sa scrivere e più si scrive. Chi non sa, ad es., d'ortografia mette in ogni parola che scrive più
lettere che può; e così chi non sa di letteratura impiega, ad ogni pensiero, più che può parole. -
4032. Bizz. (V. 3627) nei “progetti” o nella “abolizione della fame” se si potesse vendere e comprare la fame. -
Le botteghe d'appetito. - Il ricco che va a comprare dal povero la fame, e il povero che, per mangiare, gliela vende ben
volentieri etc.
4036. Bizz. (V. 3627). Inno alla paura - O Paura, armata da capo a piedi, che temi le stesse tue armi e sussulti
al loro tintinno. (?)
4037. Motivi pel “Rabadan” - Un ragazzo cade in una cisterna. Un pietoso scende ad estrarlo e ci resta lui
pure. Accorre un altro pietoso e fa la fine del primo. Sopragiungono altri, id. Vengono i carabinieri, viene il pretore,
viene il prevosto - ci rimangono tutti. In una parola, tutto il villaggio emigra nella cisterna e la colma. - Leggo di R
[e] M[itridate] e sogno. Menù del Re Mitridate (che, come è noto, si abituava ai veleni). - Seduti su pietre infernali -
bracieri ardenti di carbone in piatti di verderame - e vetro solubile - Pasta badese - zuppa di arsenico in bava di rospo
- Viperette in umido - Cane arrabbiato allo spiedo con scorpioncini e cantaridi - manzo al carbonchio, con funghi
venefici - vini di tossico - ecc. ecc. Insalata di cicuta con olio di vitriolo - e sal di zinco - noci vomiche e uva di
tossico - tartaro emetico - liqueurs - acido prussico - Aque: aqua ragia e aqua forte. Dopo pranzo si passa in un gabinetto
dal vuoto pneumatico. Mitr. non può tener giù la roba che a forza di emetici. Mitridate per avvelenarsi, deve ricorrere
all'aqua pura.
4038. Succede nel progresso politico quanto succede nel progresso linguistico, che cioè chi rifugge dagli ordini
nuovi diventa ben presto un ferro vecchio, come colui che rifiuta le nuove parole finisce a più non capire ciò che dicono
gli altri nè ad esser capito.
4039. P.O. A proposito dell'epoca della bancomania in Italia, *, barone di negoziante, stava per fallire. Gli
venne per salvarsi l'idea del cotonificio - ** suo creditore principale gli prestò un pajo di milioni. * getta le reti del ...
ficio e fioccano i pesciolini. Fatta la retata, egli si mette al sicuro con un mucchietto di 6 o 7 milioni. Il cotonificio
fallisce e chi ne ha avuto ne ha avuto. Si noti che * per indorare il suo inganno faceva aquisto di casoni che rinzaffava
alla meglio di bianco e popolava di macchine fruste rimesse a nuovo a forza di vernice e con su scritto nomi di fabbriche
recentissime - nomi inglesi, tedeschi ecc. ecc. - E i sottoscrittori ne uscivano ammirati.
4040. Ridono alcuni di chi scrive le lettere sue colla preoccupazione di un futuro stampato epistolario. Per me
invece vorrei che tutti le scrivessero con una simile preoccupazione. Punto primo: riuscirebbero per forma un po' meglio
del solito. Punto secondo: non vi si direbbero cose da doverne arrossire, se publicate, e correrebbe per tutte una unità di
pensiero, giovevole a fare del loro autore un carattere. L'idea che gli occhi del mondo, e specialmente del mondo della
posterità, saranno su noi, mantiene sul retto sentiero chi per propria natura ne devierebbe talvolta.
4041. Del “Costantinopoli” di De Amicis. È un bel inventario. Delle tre cose che nel lettore dovrebbe sempre
contentare l'autore - cioè occhi - cuore, e cervello De Amicis non soddisfa che la prima. E certamente ei non vede se non
la somma pelle di tutto. Tu non ci trovi descritta che l'esterna natura; non mai la sua intima essenza, che è l'animo. È una
continua sfilata di paesaggi privi di cielo e di abiti. In mezzo alle descrizioni le più farraginose, senti sempre una
mancanza - l'uomo. - Avuto poi riguardo agli splendidi ambienti in cui si trovava la fantasia di Edmondo, la povertà del
lavoro ti diventa miseria. Cambia il genio un deserto in un giardino di fiori; fa di questo, la mediocrità, un mondezzajo.
E. De Amicis desolò un Paradiso. - Chè se qua e udiamo il principio di qualche motivo un po' artistico, bisogna dire
che sia nato a insaputa dello stesso scrittore, per non saperlo costui sviluppare. La scena del funerale della greca
fanciulla è una prova. Es. la scena della folla sul ponte, che manca di misura. È folla cucita insieme - non fusa. - Così la
scena del passaggio dell'esercito - Si direbbe che Edmondo abbia paura di mostrar dell'ingegno - Quello infine che
secca orribilmente, è la continua sinonimia delle frasi e dei pensieri. Ci sembra spesso che lo scrittore senta più col
cuore di libri in proposito letti affettatamente che non col suo. L'assoluta mancanza di sottintesi - e di concisione - le
grandi due doti dei sommi - sparge su tutto il lavoro una tinta di nojosissima monotonia. - È libro insomma, questo
nuovo Baedeker, che si può leggere - ma, rileggere, no.
4042. a). Rov. Felice Romani scrisse un libretto d'opera in titolato “La Gioventù di Cesare” melodramma
eroicomico in due atti da rappresentarsi nell'I. R. Teatro alla Scala la primavera dell'anno 1817 (Milano dalla stamperia
di Giacomo Pirola in 12° grande, pag. 64). Rovani conosceva moltissimo Romani come autore. Sarebbe proprio
impossibile che la prima scintilla della sua “giovinezza di Giulio Cesare” fosse scattata dal libretto di Romani? -
Assicurarsene però, leggendo il libretto.
4042 b). Francesco di Quevedo (1580-1645) è per me uno de' migliori scrittori che fanno la storia della
letteratura spagnola. Originalissimo per conto suo, egli è fedele pittore della sua nazione. Le sue jacaras (specie di
bosinate - accompagnate dal suono della jacara) sono l'una più bella dell'altra - e umoristicissime. Nella 1
a
è un
prigioniero che parla. Vi dominano naturalmente i termini di gergo. Il prigioniero dopo un rosario di lai si consola
pensando che tutto quaggiù è prigionia - la 2
a
è la descrizione di una lite fra bettolanti - la 3
a
dipinge una vecchia che
fruga nei cenci. Stupenda la trovata di ciò che que' cenci faranno, diventati carta - la 4
a
è il lamento di uno
sfortunatissimo. L'umorismo qui si esagera nel comico - la 5
a
è un discorso consolatorio al gran padre Adamo,
dicendogli che in mezzo alle sue disgrazie, almeno non avea suocera - la 6
a
è la pittura di un morto contento. - La 7
a
trova attenuanti alle crudeltà di D. Pedro e di Nerone paragonate a quelle de' medici - l'8
a
è la lettera di un padre
putativo il quale rifiuta il figlio neonato che gli vuol giulebbare l'amante. (V. pei dettagli più sotto).
4053. Luis de Gongora (1561-1627) poeta spagnolo, che corrisponderebbe al nostro Marini - detto “angel de
tinieblas” - da cui il gongorismo, come tra noi il marinismo - Es. tan asaeteado estoy - que me pueden defender - las
(flechas) que me tiraste ayer - de las que me tiras hoy (e V. 4056) - Di Gongora mi piace il “Labrando estaba Artemisia -
a quel famoso sepulcro” ecc. (pag. 346-47 Ediz. Baudry Tesoro del Parnaso español”) - L'“¿Arroyo en que ha de
parar?” dello stesso può confrontarsi col “Ruscelletto orgoglioso” di Fulvio Testi.
4059. La canzone del Balandran di Larghi (Poeti milanesi) trova riscontro nelle canzoni dei cerconi in Ateneo
(V. bosinate del corvo, e della rondine).
4060. Fu un antiquario che trovò come Arlecchino fosse Mercurio decaduto, ravvisando nel suo batacio
l'harpe harpastumdi Perseo - e così trovò che Colombina ricordava Psiche ecc. - Il Zanni, ha riscontro nel buffone
Sannio, citato da Cicerone - Punch è Pulcinella - D'Israeli attribuisce a Milano il Brighella e lo chiama a pimp.
4062. Il carattere minuto nella stampa di un libro è più favorevole alla comprensione intellettiva di esso libro,
che non il carattere unciale. Ubi irritatio, ibi fluxus. La maggiore irritazione che la stampa minuta produce nelle pupille,
vi chiama una maggior copia di sangue, e però la chiama anche al cervello. Col sangue aumenta la vita e colla vita
l'intellettività. - E così per me, più un pensiero è fatto oscuro dalla forma, più arrivo a bene capirlo. Io non comprendo le
cose troppo capibili. Gli avvisi a lettere cubitali, le ditte ecc. li vedo - non li leggo.
4063. C'è una poesia inedita di C. Porta, presso suo figlio, di cui non ricordo che questa prima strofa: O Maria,
che in del venter - in virtù del puvion - per noeuv mes gh'avii avuu denter - Gesu Crist come in preson - E poeu dop l'è
vegnuu foeura - senza rompev la parpoeura... etc. - Ed è una parafrasi di una canzone spirituale di fra Guittone. -
4065. Opere esistenti a Brera, il cui autore ha il cognome di Pisani. - Pisani Antonio (mio zio) De Ptyalismo,
dissertatio. Pavia. Bizzoni 1835 (segnatura ZDD. 4. 74 26) - Pisani Francesco. Processo a carico di lui (E. 8. 82) -
Pisani Baldassare. Poesie liriche 1676. Venezia (V. U. 1. 4) - Pisani Ottavio. Legge per la quale si fa vera e presta
giustizia senza spesa e travaglio dei litiganti. Milano 1624 (8° Z. K. 1. 33) -
4067. Mausdley. Della responsabilità nelle malattie mentali (trad. ediz. Dumolard - Milano) Passi notevoli a
pag. 50, 59, 62, 86, 110, 187, 209, 273, 286, 297, 307, 308, 309, 311, 317, 318, 319. - Invece di fondar scuole ecc.
cercate di far buoni accoppiamenti. Il senno e l'ingegno, come la pazzia sono ereditari. Che ai bricconi e ai pazzi sia
inibito il coito. Da lupo non nasce agnello. Peccato, osservo io, che bisognerebbe impedire l'accoppiamento sessuale a
due terzi del mondo; e perc la proposta è inattuabile - Il delitto è quasi sempre scusabile o dalla demenza o dal
bisogno, e si risolve in quest'ultimo caso nel diritto di legittima difesa che ciascuno ha. - Per il carattere di un pazzo
morale dissoluto V. pag. 180 e segg. - La psicosi criminale è parte della nevrosi - Il rimorso ideale - I lirici sono pazzi
ragionanti - L'alcool, consigliere dei delitti - Il capit. IX. Dei mezzi di prevenire la pazzia, è un capitolo d'oro. Il libro di
Mausdley dovrebbe essere rilegato con quello di Bastiat. Sono libri che formano, per l'unica via possibile oggi, quella
cioè del proprio interesse - i galantuomini. - Per la Rov. V. pag. 297.
4068. Fra le prove alle ragioni di Mausdley, si potrebbe aggiungere la storia della mia famiglia la quale si
intitolerebbe benissimo [rasura nel ms.]. A Pavia correva il proverbio “I Pisan, hin pu matt che san”. A quanto so io
[rasura nel ms.] D'altra parte Don Giuseppe (figlio dello stesso Don Carlo) che morì paralitico, ebbe a figlio un Alberto
nel quale si manifestò la pazzia dell'ingegno, ed è già colto, a quanto egli sospetta, da paralisi cerebrale - [rasura nel
ms.].
4069. L'utopia di un secolo spesso diviene l'idea volgare del secolo seguente.
4070. I Romani così saggi e forti nella politica e nella guerra, erano per le superstizioni altrettante donnette.
V. Plinio Hist. Nat. principalmente nel L. 28.
4073. Il germe dell'omiopatia si trova anche in Plinio molti rimedi essendo da lui tolti allo stesso male, come
per es. la cenere del cane arrabbiato per guarire la idrofobia, la lucertola che “in vino pota morsus suos sanat” etc.
4077. Plinio sciupa gran parte del libro 24 (160 e sg.) 25 e 26 in un monte di balle romane sulla virtù delle erbe
magiche, sui magici modi di renderle potenti ecc. - Vedi bugie sulla verbenaca (L. 25 (59)) - sull'erigeron (id.) ecc. -
Circa Ariminum nota est herba quam resedam vocant; discutit collectiones infiammationesque omnes: qui curant ea
addunt haec verba “reseda, morbis reseda, scisne, scisne quis hic pullus egerit radices? nec caput nec pedes habeat”.
Haec ter dicunt et totiens adspuunt. - E dopo un brano che fa onore al cuore e al sapere dell'autore (L. 28 (2)) Plinio pare
come incerto, “polleantque aliquid verba et incantamenta carminum” - Vedi poi pei rimedi sciocchi e curiosi (oltre il
libro 30), lo stesso libro 28 (14): - Cum quid oculo inciderit alterum comprimi prodest, cum aqua dextrae auriculae,
sinistro pede exsultari, capite in dextrum umerum devexo; invicem e diversa crure - Rimedio comodo assai! - (V. 4078).
4078. (V. 4077) - In Plinio si trovano varie dozzine di rimedi contro quel male che per la sua rarità non
dovrebbe essere quasi neppure considerato per male, l'idrofobia - E Plinio in proposito i più bizzarri rimedi. - Nella
medicina antica hanno gran parte le bestie feroci. La terapeutica s'assomiglia a un serraglio. Cuor di leone, adipe di jena,
cervella di camello, denti di cocodrillo, occhi di camaleonte, pelle d'ippopotamo, unghie di lince etc. etc. La jena poi ci
appare spessissimo - notando che Plinio osserva com'essa cambi annualmente di sesso... - E anche il fimo, lo sterco,
l'orina, sono accarezzati particolarmente dai farmacisti romani. P. es. Melancholicis fimum vituli in vino decoctum
rimedio est. - (V. 4079) - Osthanes contra mala medicamenta omnia auxiliari promisit matutinis horis suam (urinam)
cuique instillatam in pedem (Pl. L. 28.6).
4079. Capilli (mulierum) si cremantur, odore serpentes fugari; eodem nidore volvae morbo strangulatas
respirare... - Mulieris quoque salivam jejunae potentem dijudicant cruentatis oculis - Vedi poi sui terribili effetti del
menstruo L. 28 (23) “jam primum abigi grandines turbinesque contra fulgura ipsa mense nudato” (!) - E Plinio insegna
anche il modo perché una donna abbia a rispondere, a chi la interroga, il vero. Subito fatto. Si strappa la lingua a una
rana e la si mette sul cuore della dormente. -
4080. Tra le altre bugie Pliniane è notabile anche questa “quin et annosas jam et quae sternantur arbores
difficilius caedi, celerius inarescere, si prius manu quam ferro attingantur, pomorum onera a jumentis statim sentiri ac,
nisi prius ostendantur his, quamvis pauca portant, sudare ilico... -
4089. Ci sono componimenti in lode di cani e di gatti. La morte del gatto del Balestrieri piangere mezza la
poesia di Lombardia - Nella raccolta miscellanea di fra Benvenuto, esistente a Brera sotto la segn. Z. CC. V. 16, si trova
un opuscolo intitolato “Azioni memorabili - del famoso cane chiamato - Taccone - celebrate in versi e in prosa - a
soddisfazione dei - curiosi col suo curioso testamento - Historia vera e dilettevole, dedicata al valoroso cane Toffolo -
cane dell'Illustr. ed Eccell. Sig. Gio. Lando K
r
Procurator di S. Marco - in Venetia 1648. Appresso Gerolamo Albrizzi” -
Altro opuscolo, sono “Le lacrime di vari illustri poeti viventi in morte di Pippo cane vicentino ecc. Milano 1749” -
Anche gli uccelli ecc. ebbero i loro poeti. Test. il celebro passero di Lesbia, che qualche critico - di quelli che cercano il
pelo nell'uovo, e ai quali la classica letteratura non pare mai abbastanza oscena - vorrebbe far passare per una giovinetta
di cui Lesbia usava safficamente. Non c'è bestia che non abbia avuto il suo cantore.
4090. Bizz. (V. 3627) 65. - Le possessioni di chi non ne ha. Mostrare come il piacere può cavarsi da tutto,
quando l'animo è abile a riceverlo. Il fanciullo sano si diletta giuocando con un ciottolino, l'infermo s'annoja di una
bottega di baloccajo. I divertim. gratuiti. - I razzi e i palloni, che altri paga a vedere - il giardino pubblico - La carrozza
de' propri piedi - ecc. ecc. La lettura de' cataloghi, che servono di libreria a chi non ne ha, e dai quali s'impara spesso
assai più che non a leggere le corrispondenti opere - La lett. dei cartelli di spettacoli che tengono luogo de' spettacoli. Il
piacere sta più nel desiderio che nella soddisfazione, quantunque Biot lo metta nel trapasso a questa da quello ecc.
Questa bizz. dovrebbe riuscire una specie di consolatoria per poveri diavoli - compreso me.
4091. Nella questione se la novità artistica col progredire dell'arte e coll'aumentare delle produzioni di questa
divenga di giorno in giorno di più facile o di più difficile trovata, si può rispondere in modo favorevole, pigliando
esempio dal progredire delle lingue - (le cui parole non sono infine se non molecole di pensiero) - le quali lingue, uguali
tra loro in sul nascere e poverissime, si sono fatte e vanno facendosi a vista d'occhio sempre più ricche e dissimili. -
4092. Credono molti che l'amore, essendo cosa naturalissima, vada trattato colle norme istintive della ingenua
natura. Ahimè, no. Che tale fosse un giorno l'amore, ma un giorno molto lontano, non nego. Oggi per altro, benchè si
possa, per sola natura, amare, chi vuol essere amato ha d'uopo di consumatissima arte. Bisogna profondamente
conoscere il cuore umano, anzi, che è più difficile ancora, il cuor della donna; bisogna esser passati per molte
meditazioni [rasura nel ms.].
4093. Per la Bizz. Filosofia dei cenci (V. 3627. 37) ricorda la jacara di Quevedo, dove è detto: Buscaba en los
muladares - los abuelos del papel (i cenci) - poi: Lo que ayer era estropajo - que desechò la sarten - hoy pliego manda
dos mundos - y està amenazando tres - Està vestida de tinta - muy prepotente una ley - quitando haciendas y vidas - y
arremitiendose à rey... - Buen andrajo, cuando seas - puesque todo puede ser - o provision ù decreto - o letra de
Ginoves; - acuerdate què en tu busca - con este palo soez - Te saquè de la basura - para tornarte à nacer -
4095. La jacara dove Quevedo parla ad Adamo, dimandandogli perchè pianga, e confortandolo, è
ingegnosamente umoristica. Va citata nella St. dell'Um. - anche perchè - ai tempi dell'Inquisizione ed in Spagna - è un
tratto di coraggio (pag. 367. 1
a
colonna. Quintana, Parnaso Español, Baudry) - Umoristica e satirica è pure la
descrizione, in altra jacara, di marito comodo - di quelli tra il cieco e il sordo. Ho bella figura - dic'egli - perchè ho la
figura di tutto: in casa non occupo posto - tengo en queriendo dormir - sueno de pluma y de plomo - Con
prometimientos velo - y con las dadivas ronco. -
4098. toioùtos ghìgnou perì toùs goneìs, oìous an eùxaio perì seautòn ghenésthai toùs sautoù paìdas (Isocratis
sermo ad Demonium) CF. colla frase celebre evangelica -
4099. kòsmos, mondo e ordine - pulga (portogh.) pulce CF. pulga (piemont.) - rola (port.) tortora CF. roucouler -
rever (portogh.) rivedere CF. francese rêver, sognare. E difatti nei sogni - imagini del dì guaste e corrotte, si rivede -
apos (portogh.) dopo CF. apos (mil.) dietro - tufão (portogh.), wirbelwind, tifone CF. týphos, gonfiezza - lenda (port.)
legenda CF. lienda (mil.) - preto (portogh.) nero CF. prete.
4100. Gonçalves Dias - poeta brasiliano di poco pregio. Il suo meglio si trova, secondo me, nelle “Sextilhas de
frei Antão” dove è un frate che conta ingenuamente, e in istile antiquato la sua storia. Può confrontarsi con quell'altre
antichità fabricate di fresco che sono i poemi di Tennyson. Es. Luzião os olhos dellas - como pedras muito finas - devião
ser finas bruxas, - inda qu'erão bem meninas, - que estas moiras da mourama - nascem ja bruxas cadimas - Sono
passabili anche le composizioni “Rosa no mar” e “Seos olhos”.
4102. O que doe, mas de dor que não tem cura - o que aflige, o que mata - mas de affliçao cruel, de morte
amara - è morermos em vita - no peito da mulher que idolatramos - no coração do amigo (Gonçalves Dias) CF. Aleardi. È
un dolore che passa ogni dolore, portare il lutto di persona viva - Capella (portogh.) corona di fiori - cappello (it. in
Dante) corona di lauro - Sul sacro fonte piglierò il cappello (Dante) -
4104. Del vero amore non sono interpreti se non le lagrime.
4113. Raff. tra Jean Jacques (Rousseau) e Jean Paul (Richter). Richter bevette il sentimentalismo dai libri di
Rousseau. Molte scene progettate da Jean Jacques furono eseguite da Jean Paul. Nelle sue confessioni Rousseau voleva,
dice, porre la scena della “Nouvelle Héloise” alle isole Borromee - e Richter nel suo “Titano” la pone ecc.
4114. A convergere, per quanto si può, verso il men male l'ereditaria pazzia che serpeggia nella nostra famiglia
(Pisani-Dossi) io non potrei suggerire ai miei futuri nepoti un mezzo migliore di quello di suscitare monomanie nei loro
figliuoli - monomanie, s'intende, artistiche, o letterarie o scientifiche.
4115. Bizz. (3627) 67. Il libero arbitrio. Descriz. della giornata di uno che regola timidamente le proprie azioni
secondo gli occhi altrui. P. es. È all'albergo: ha una brutta stanza, ma non cerca di cambiarla, perchè l'oste gli ha detto
che è bella. Non ha fame. Il cameriere gli chiede se vuol pranzare. Risponde di sì per non contradirlo, etc. etc.
4116. I poeti non solo - il che sarebbe scusabile per quella ignoranza d'ogni legge scientifica che il volgo
richiede ai poeti - ma anche gli antichi fisici sono abbondanti di passi in cui se la pigliano stoltissimamente coll'oro, così
confondendolo coll'oziosa ricchezza. Sia ad es. Plinio. - “Quanto feliciore aevo cum res ipsae permutabantur inter sese,
sicut Trojanis temporibus factitatum Homero credi convenit!” (!) -
4117. viri, viriolae, cerchi, anelli brachiali, CF. viera (tosc.) e vera (mil.) anello - Vieri de' Cerchi -
4118. Due es. del buongusto artistico degli imperatori Claudio e Nerone. Claudio (secondo Plinio L. [XXXV])
fece cancellare da due tavole dipinte da Apelle il volto di Alessandro Magno per sostituirlo con quello del divo Augusto
- e Nero princeps (Alexandri Magni) statuam Lysippi inaurari jussit delectatus admodum illa... dein cum pretio perisset
gratia artis detractum est aurum ecc. E poi c'è chi vuole rivendicare l'artista Nerone! Nerone avea la monomania delle
cose lucenti - es. la sua casa aurea, le vesti d'oro - le indorature alle statue - lo sparger il circo di polvere d'oro ecc. ecc.
4122. Fra le bugie pliniane sono da mettere “le lamine di piombo le quali legate ai lombi preservano da sogni di
Venere” - E circa le stesse lamine di piombo “Nero, quoniam diis placuit, princeps, lamna pectori imposita sub ea
cantica exclamans alendis vocibus demonstravit rationem...” -
4125. Due sono le maniere con cui i libri di scienza comunemente si fanno. Una, sprezzatrice de' fatti s'innalza
in un pallone di sogni da lei chiamati teorie e naviga per le nubi credendosi emancipata dalla terra mentre le gira insieme
tuttora; l'altra, non arrischiando che timide occhiate al libero firmamento, bracca a zigzag sull'usta di temporanei e
contradicentesi casi. - E le due maniere si equivalgono - nel valer nulla.
4126. Abbozzo di un bozzetto che tratti del “Lavoro fisico e del lavoro intellettuale”. Sono in campagna,
seduto all'ombra di un albero e leggo. Passa un villano, reggendo sotto la sferza del sole una soma di fieno. Porchi
signori! esclama. Io ne tremo. Ha egli ragione? Ma, meditandoci intorno, ricordo le fatiche dell'intelletto, le notti prive
di sonno, affannose, dietro pensieri che si travedono sempre e non si raggiungono mai, le difficoltà dell'eseguire, gli
ostacoli al buon successo e l'odio che ne è conseguenza, il continuo lamento della coscienza e l'autosfiducia di poterla
mai contentare... e tutto ciò... per raccogliere?... E mi appare Tasso fra i pazzi, e Colombo in catene, e Dante in esilio
e mille e mille altri in cui la sventura gareggiò coll'ingegno... Sorrido allora pensando alle corporali fatiche. Che è mai
la sferza del sole paragonata a quella della fantasia? Che è il pan di tritello paragonato al pane dell'ingratitudine?... La
fisica pena a petto dell'intellettuale, è un gioco.
4127. Casi d'amore (nelle “Novelle pei generosi”). Tale fa all'amore con una poverissima ragazza che gli si
concede, apparentemente innamorata. Una ricca fanciulla s'innamora, invece, davvero di lui, e l'amore insoddisfatto la
trae alla soglia del sepolcro. Alcuni pietosi indovinando il suo segreto - si adoprano per procurarle il rimedio; e palesano
l'amore di lei al giovane. Il giovane, che mai non fu amato, balza di gioja; difatti colei era già stata un suo tacito
desiderio, da lui soffocato perchè creduto irrealizzabile... Tuttavia l'imagine della poverissima, di cui forse è il solo
conforto, lo rattiene e gli pone sul labbro un omicida “no”. La ricca fanciulla muore, la povera l'abbandona. - Agì egli
generosamente?
4128. Nel P[remio] dell'Onestà - quando l'eroe perde ogni suo bene, volendo tuttavia sfogare la sua bontà, si
mette a scrivere un libro tutto a generosissime azioni. Ma, se negli individui egli non aveva trovato che degli ingrati, nel
publico trova un ingratissimo. Non lo si può chiamare briccone - lo chiamano matto.
4129. Chi dubita, pensa.
4130. Trovi il valore letterario di Ro[u]sseau (come d'altri illustri scrittori, o per dir meglio, autori) in ciò che in
esso ti appare uno solo e chi pensa e chi scrive, a differenza dei mediocri che vestono di frasi altrui i propri pensieri o
insaccano i pensieri degli altri nelle vesti proprie. Ro[u]sseau dice sempre il suo animo senza tradurlo. Senti l'ingegno di
prima mano, e non come negli altri, di seconda. Frase e pensiero ivi stanno fra loro come animo e corpo, non come
corpo e vestito. -
4131. La frase francese è sempre esagerata (conseguenza del gallico scetticismo - ossia di chi nulla sentendo,
vuol parer molto sentire). E bastano due soli esempi. Un italiano direbbe “mi spiace” e loro dicono “je suis désolé” -
direbbe “mi piace” e loro dicono “je suis enchanté”.
4132. S. U. Fra i romanzi che ebbero voga europea, citare “l'Astrea” e citare quelli dell'Anna Radcliff, romanzi
misteriosi, etc.
4133. le avemarie della processione - Le spine sovravivono alle rose.
4134. Madaminn e sartinn della piazza - che fann giò pussee fioeu che scuffiett - [rasura nel ms.].
4135. La sura Isabellin - l'è settada sul cardeghin - La guarda in mezz ai gamb - La dis che la gha on bus grand
- La dis in de per lee - Quest chì l'è on bus de guadagnà di danee (Cossa l'è? la pennaggia) - Ass contr'ass - bomborin in
mezz - siffolott abbass (Cossa l'è? El boffett) ecc. Così le monache nell'ora di ricreazione.
4139. 22 9bre 1877. Motivo di bozzetto. Mia disgustosa impressione nella 2
a
venuta a Roma in cerca di un
impiego governativo. In ogni dove sintomi ministeriali. In vagone parmi d'avere in contro un capo sezione, impettito,
villano. Vò a pranzo. Tutti i tavolini occupati da cere impiegatesche. Quì in piena luce un capodivisione che mangia per
cinque lire, col paletot ampio, dai risvolti di velluto e dai variopinti nastrini, il sorriso da saputello e le occhiate
melliflue ecc. là, mezzo all'oscuro, un sottosegretario il quale digiuna la sua liretta e mezza. E le parole piemontesi
rispondono alle veneziane. Sior cavaliere - Sgnur Commendatur - Chi mai crederebbesi a Roma?... Ecco. Incontro un
ufficiale d'ordine colla sua sposa incinta, pare, di quattro gemelli - poi un burbero usciere - poi... Insomma
l'impiegatismo mi assalta da tutte le parti. Sentomi già le manichette di tela ascendermi per le braccia, sento la penna
d'oca insinuarmisi dietro l'orecchio... Le falde del cappello mi si ammolliscono a forza di scappellate, la schiena
m'indolorisce... Incalvo, incretinisco. E scappo sotto le coltri. Ma il mostro ministeriale vi si caccia con me. È un incubo
di protocolli - pennacce - Eccellenze, cera di Spagna, ciondoli cavallereschi, note - tanfo impiegatorio, ecc. ecc. (descr.).
4140. 30 9bre 77. Pressento con gioja immensa il ritorno del dilungatosi genio. Dall'arso letto del mio torrente,
odo in distanza il rombo delle rigogliose aque che stanno per rinondarlo. -
4142. Montaigne fu uno tra i primi che ci presentasse la filosofia in veste da camera, anzi in manica di camicia.
E allora la filosofia cominciò ad essere un'Arte, utile non solo alla piazza, ma alla casa. Raff. fra l'amabile filos. di
Montaigne e d'Elvezio e la spinosa degli altri.
4150. Guardatevi dalle idee che riempiono la memoria senza produrre altre idee nuove, come le date, i nomi
dei consoli ecc. On est rarement grand homme - dice Elvezio -, si l'on n'a pas le courage d'ignorer une infinité de choses
inutiles. - Basta una idea a occupar tutta la memoria, e a produrne altre migliaja in una mente ben organizzata.
4167. In Elvezio si sente il soffio che attizzerà l'immane incendio dell'ottantanove. Il suo Esprit, scritto con
molto spirito, è una requisitoria contro i Grandi della Picciolezza. - Osservi peraltro com'egli tema alle volte la opinione
contemporanea massime per quanto riguarda la religione. Dovunque cita la China e i suoi Bonzi si potrebbe giurare
ch'egli intende alla Chiesa e a' suoi Preti (es. nel disc. II Cap. XIV) - Altro es. nello stesso discorso al Cap. XVII “Qu'on
fasse aux fausses Réligions l'application de cette idée de M.
r
Locke, l'on sera bientôt convaincu de la sottise et de leurs
inventions et de leurs sectateurs. Quiconque, en effet, examine les réligions, qui, à l'exception de la nôtre, sont toutes
faites des mains des hommes” ecc. Questa esclusione della Chiesa Cattolica che il pregiudizio imponeva alla filosofia
d'Elvezio, prova com'egli la pensasse diverso da quanto esageratamente scriveva.
4179. Il S.
r
Giuseppe Palamede Bognetti, calligrafo, parla con entusiasmo del corsivo e del “ronde” come se si
trattasse del bene dell'umanità. E si vanta di aver formato il carattere a molti uomini illustri.
4180. Ad Heinsio e Corneille piaceva più Lucano che Virgilio. Ed anche a me.
4181. Ogni Principe illustre ebbe illustri cooperatori. Vedi Alessandro, vedi Napoleone - e vedi, per la
controprova [segue una riga inchiostrata nel ms.].
4182. Leibnitz propose una lingua filosofica internazionale perchè i filosofi si potessero, se non accordare fra
loro, almeno intendere. Ogni parola è una idea. Quanto mai sangue fece versare l'abuso delle parole!
4183. “La liberté est un mystère!” diceva quell'abile teologo del padre Malebranche. La libertà è una chimera
esclamavano gli Stoici. E difatti per rimanerne a metà persuasi basta osservare i moventi delle umane azioni.
4184. I soli ragazzi possono essere sinceramente buoni.
4185. L'Amore pei figli è un amore di abitudine, non di natura - è, direbbe un umorista, un vizio come il ber
vino, il fumare ecc. E infatti molti hanno, prima che non i legittimi, figli naturali: i quali, messi nei brefotrofi, son presto
dimenticati. Eppure sono genitura nè più nè meno dell'altra da noi adorata, anzi, non rado, più schietta di quella che ci è
fecondata da adultere odiatissime mogli. -
4186. R.F. Nell'appendice, carte ecc. Cit. il Giornale di un vecchio. “7 8bre 1827. Oggi sono andato bene di
corpo. Decisamente le pillole di Santa Fosca sono la mia provvidenza. - 10 8bre 27 - Sono inquieto. Anche oggi non
ebbi benefizio. Neppure gli spinaci hanno giovato - 11 detto. La Peppa, che mi guarda la lingua tutte le mattine mi dice
che è sporca. Che vorrà dire? A buon conto piglio un'oncia di ricino ecc.” e così via.
4188. Chi va formando la lingua universale, è la scienza, perchè essa ha bisogno, per progredire, di termini
conosciuti da tutti.
4189. Le chiese ci danno l'idea della potenza del Clero nel M. E. - I castelli ci ricordano la feudalità - Ogni
espressione architettonica ci rappresenta una idea - e poco fa, ce la rappresentava schietta. Ma oggidì s'è scetticissimi.
L'incredulo architetto ti disegna una severissima chiesa - il socialista decora di merli e di feritoje una pacifica casa.
4190. Il positivo latino - e il sentimentale greco - Il greco, la lingua degli amori, il latino della politica.
4192. Anch'io mentii qualchevolta - ma ebbi poi a soffrire, per celar la menzogna, e non contradirmi, tali pene,
che ho capito quanto meglio convenga di dire il vero, se non per virtù, almeno per comodità. Chè mille son le bugie, la
verità è una sola.
4193. La felicità si compera più coi soldi che non colle lire.
4194. Non c'è cacciatore che non vanti il suo cane, non c'è vignajolo che non vanti il suo vino, non cavaliere
che non vanti il suo nastro. Ma pochi sono i mariti gloriosi delle lor mogli.
4195. Un villano accusato di aver battuto la moglie, rispose al pretore “hin minga bott che ghoo daa - hin
carezz calcaa”. - Quante sono le feste dell'anno? chiese un ispettore scolastico a un villanello. E questi: Trè. Pasqua,
Nadaa, e ol dì che ol pà ol mazza ol porscell” -
4196. Misero quell'amore che non sa esprimersi o non può esser capito se non col denaro!
4197. Tale possedeva due ombrelli, l'uno in buono e l'altro in cattivo stato. E diceva. “Il buono lo tengo per
quando fa bello; il cattivo per quando fa brutto”.
4198. I libri soli sornuotano all'oblio. Può dunque dirsi “a solcare l'immenso oceano della Memoria non
servono che le barchette di carta.
4200. R.F. (Note utili per la biografia di D.
n
Carlo). 1806 Per le nozze di don Carlo con donna Luigia Fu
messa all'ordine la casa paterna in contrada dell'Aqua a Pavia - dipinti all'empire - dorature - girandò a due lumi di
Francia - Cavalli morelli d'Holstein d'anni 5 (Luigi 65) ecc. ecc. - 1834 De Tavel consigliere di Stato rifiuta un cesto di
frutta offertogli dall'emigrato Pisani - 1831 Carouge. Si domanda conto del Cav. Pisani che avea preso in affitto per 8
anni un appartamento dal 7 maggio 1830. Vedi, risposta della nonna Milesi assai villana - 1823 Lett. di Giovanni Re
nella quale si parla di cambiali per Londra a favore di Carlo Dossi (Carlo Pisani Dossi) - 1824 Altre cambiali su Danoot
fils a favore del Dossi - 1817 Ricevuta del sacerdote ex benedettino Giovanni Olcelli dell'intero saldo della sua vitalizia
pensione (L. 42 di Milano) come erede del nob. don Gelasio. V. testamento di don Gelasio - 1814 Entra Biancardi in
casa Pisani quale amministratore - 29 genn. 1832 (ripetuto ai 14 aprile 1840) Testamento di Biancardi a favore di casa
Pisani - 1810 12 apr. Nascita di Angioletta figlia di don Carlo. - 1844 sua morte. V. Epitafio a Zenevredo - 1844
Erma modellata dallo scultore Abbondio San Giorgio, rappresentante l'Avv. Marocco coll'iscrizione - Karolo Marocco -
Forti egregie cordato viro - In juris ac legum scientia - Domi Forisque Principi - Karolus Pisani-Dossius - Ticinensis
patricius - Suarum Fortunarum vindici - Dicabat - Anno MDCCCXXXXIV. - 1848 6 maggio. Conto del tappezziere
Lozza - del baraccone a tende di vari colori (bianco, rosso e verde) - poi, conto di 39 cappelli con piuma tricolore -
Conto di 40 lancie di latta a soldi cadauna 11 - Conto per 39 blouse e calzoni - e per 39 cinte. - Le carte riguardanti il
tradimento e la confessione, indegna di assoluzione, di Giovanni Re, delatore di alcuni implicati negli affari del 30, si
trovano, donate da me, presso Camillo Marozzi. - Agg. le note sui figli di don Carlo, scritte dalla nonna Milesi, il
giornale di studio della stessa che va dal 1847 al 52 - poi, ad intervalli fino al 58. - Agg. un catalogo di libri del tempo
(1805) ecc. - Es. dello stile espistolare di don Carlo “E abbimi nel futuro come mi avesti nel preterito per tuo aff.mo
amico ecc.” -
4201. Trovo in una nota in data 2 gen. 1837 “Il Guglielmo Tell detto Wallace non incontra tutti i suffragi dei
milanesi”.
4202. Il prof. Gnoli sta publicando uno studio sul poeta romanesco Belli nella N[uov]a Antologia. Gnoli
possiede tutti gli autografi di Belli, circa 2000 sonetti fra i quali molti osceni che egli non vorrebbe stampare. Io gli
suggerii di stamparli tutti, perchè importantissimi tutti al quadro della vita romanesca, in una edizione di lusso destinata
alle biblioteche, facendo poi un'altra edizione economica da porre in commercio donde sarebbero tolti i soli sonetti
sudici. Mi dice Gnoli che dal libro di spesa del Belli dell'anno 1827, essendo Belli a Milano, si rileva com'egli avesse
“comprate le poesie di Porta, 2 vol. paoli 7”. E la data del primo sonetto in romanesco di lui è appunto dopo 25 giorni
dalla compera del Porta, e tratta del matrimonio di un milanese. Porta dunque ispirò Belli. Interessante ne sarebbe un
raffronto. In ambo l'ira contro il Vecchio e il N.
o
Testamento ecc. Porta peraltro, pittore al pari di Belli, è assai più
pensatore di lui. - Sul Belli scrisse anche lo Schukardt due articoli sull'Allgemeine Zeitung: ne scrisse il Morandi ma
imperfettamente etc. - Il romanesco oggidì va dileguando. S'è ridotto al rione di Monti e a Transtevere. Letterariamente
lo coltivano il Marini e il Ferretti che ne stamparono poesie e il Chiappini che molte ne scrisse ma non ne ha ancor
voluto stampare. - Fra le opere vecchie romanesche si citano “La vita di Cola di Rienzi” - “L'incendio di Tordinona”,
poema in 8
va
rima - “La libertà di Roma” - e una raccolta di sonetti in lode di un'ortolana (queste due ultime ms. ed
esistenti nella biblioteca di Weimar) - “La cronaca della famiglia Boccapadulla” - “Il Meo Patacca ossia feste per la
liberazione di Vienna”, altro poema in 8
va
rima di Berneri, colle illustrazioni del Pinelli etc.
4203. Quando mangio una sanguinolente bistecca che mi ravviva le vene, penso sempre “mangio idee”.
4204. Sono in me, come in tutti, i due umori della bontà e della cattiveria. Se non li sfogo, muojo. E però
serbando il primo per le azioni della vita reale, pei rapporti colla famiglia, cogli amici e cogli stessi nemici, non mi resta
per l'altro che il campo dell'ideale ed ecco la mia letteraria misantropia.
4205. Chi più sente, meglio descrive, dicono. Non è vero. L'entusiasmo artistico è affatto indipendente dal
morale, o almeno non si manifesta nel medesimo tempo. Ecco, ad es. Garibaldi. Nessuno più di lui ha il cuore
caldissimo di patrio amore, e di odio per ogni forma di tirannia - eppure, nessuno peggio di lui espresse letterariamente
questi suoi sensi fortissimi. La sua mano abituata alla spada, non sa guidare la penna, per lui troppo leggera. Non è più
l'epoca dei Senofonti e dei Cesari. “Cantoni il volontario” e la “Clelia”, senza contare le epistole, si direbbero scritte per
render ridicoli i più nobili affetti. Sono libri cui torna ad onore - il cesso.
4206. Non è ancor sciolta la questione sul modo di scrivere rettamente i nomi stranieri di geografia, per non
tradirli e per renderli nel tempo stesso intelligibili ai propri compatrioti. Occorrerebbe un congresso di geografi il quale
stabilisse in proposito un vocabolario internazionale. Ma e che guardare? l'ortografia primitiva? no, perchè non tutti que'
nomi appartengono a lingue scritte. - La pronunzia? - peggio ancora. - Bisognerà dunque accontentarsi di una
convenzionale scrittura. -
4207. A me nulla riesce più difficile del facile.
4208. In Quevedo (pag. 364, II ediz. Baudry) dove parla un beone si accenna alla “mujer del gallo”. Che sia la
nostra gaina? (gallina e sbornia).
4209. Notevole è l'“Idillio cittadino” di Jean Paul Richter (Vol. 17. pag. 38) in cui un villano canta invidioso
l'Arcadia della Città - e la descrive colle sue espressioni di villa. -
4210. Di faccia a un foglio bianco di carta io mi sento un ardire che confina colla temerarietà. Piuttosto che
tacer quanto penso, arrischierei il patibolo. In faccia invece ad un uomo - per quanto minimo ei sia - io mi trovo
vilissimo - e mento come chiunque.
4211. Lo scribacchino che si sottoscrive Yorick siede a un caffè di Milano col suo figlioletto. Yorick vive in un
perpetuo fallimento. Il figlio comanda al cameriere un sorbetto. “Basta mezzo” osserva il babbo. E il figlio: si paga
prima, quì?
4212. Tale, udendo che s'era inventata una macchina per attaccare i bottoni: “che peccato! - disse - che non
l'abbiano trovata dieci anni fa. Non avrei preso moglie”.
4213. Scene pittoriche. - I chierichetti d'Induno-Olona sotto il portico della Chiesa lavano col sapone un gran
Cristo verniciato di legno. - Dinanzi a una rosticceria di via Torino una dozzina di cani di tutti i peli e di tutte le misure,
ma spauritissimi, odorano estasiati gli appetitosi effluvi, incerti, fra la fame che li spinge e la paura che li caccia.
4214. Come si scrive la storia. Siamo p. es. a Roma. Un prete francese entra da un ombrellajo per chiedere una
indicazione di via. Una parola tira l'altra, e il prete gli chiede come vanno gli affari. “Eh vanno a traverso - risponde
l'ombrellajo - nu se guadagna un bajocco. Gnisuno compra più ombrelli... A Roma nu sce più commercio!” Il prete
francese per compassione compera allora un paraqua; poi nota sul suo taccuino “Dès l'occupation de Rome, on peut dire
que la pauvre ville s'est tout à fait abimée. Toutes les affaires se sont arrêtées. On meurt de faim dans les rues” - E tutto
perchè il tempo sereno impedisce a un mercante di vendere la sua mercanzia da pioggia! Sarebbe bastato un aquazzone
a cangiare le idee dell'ombrellaro romano e del prete francese.
4215. La S.
ra
B. quando ha da raccontare qualcosa comincia sempre la sua narrazione ab ovo. Per es. volendo
dire che il parroco è venuto a trovarla in quel giorno, dice: Sera de foeura de ca, in giardin, come se fà... a regolà i
fior... San ben, che in d'on giardin ghe semper de fà... adess specialment che croda tanti foeui... E tirava un poo de vent...
tant e vera che gh'hoo ditt a l'Emilia de minga lassà andà all'aria el Bignam. Chè l'è on benedett'omm ch'el gh'ha minga
de riguard... e poeu ghe tocca stà in lett e chi ghe l'ha in corp allora sont mi... S'era donca in giardin, e girava, inscì come
se fà... quand senti ona pedanna... dede l'ussett... Chi el sarà mai, disi intra de mì? El prestinee no... perchè l'è nanmò
vora ecc. (e qui un monologo sul chi sarà mai). Allora hoo pensaa ben de andà a ciammà l'Emilia... e gh'hoo ditt de andà
a dervì. L'Emilia l'era desura (e qui descrizione di cosa faceva l'Emilia di sopra). - La ven giò, e la va a toeu la ciav...
Bella, che in de l'andà a dervì, la toppicca in quel sass che ghe sotta la finestra. Mi l'hoo semper ditt “ma tirell via quel
sass!” (e qui altra descrizione del sass)... ma per fortuna l'è minga borlada giò (e quì meditazione su quanto sarebbe
avvenuto se l'Emilia fosse caduta, con una incidentale descrizioncella dell'ospedale). E la va donca al portell... La derv
(ah finalmente!) Oh bella! Savì chi l'era?... El curat. - E notiamo che il racconto ha fine qui - con questa
interessantissima conclusione. - Si potrebbe anche fare un Libro di monologhi: uno sarebbe il sudetto; un altro, quello
già citato (V.) in cui il marito, amante della moglie che sta per morire, cerca per vincere la propria ambascia, di pingersi
più lietamente che può la vita di un vedovo, e ci riesce bene, che, all'annunzio che la moglie è fuori di pericolo - ne
resta quasi accorato -
4216. Certo Marini, uno strappato di uno, avea finalmente trovato servizio presso un albergo. Vi avrebbe
dovuto fare da ragioniere, ma si lamentava con Rovani, di dovere alle volte andar nella stalla a voltare lo strame ai
cavalli. “Cert - osservò Rovani ironicamente - l'è minga on lavorà de concett” - Rovani contava spesso come Arienti si
salvasse una notte dai ladri, che lo attendevano. Era notte; fioccava. Arienti e Rovani giovinetto tornavano a casa. Ecco
in fondo alla via - via fuori di mano - tre figure sinistre. “Cristo! - fa Arienti - qui trii là hin baloss che ne curen” - E
detto fatto, corre a loro, chiedendo franchissimamente ad uno dei tre che ora fosse. - I ladri se la fumarono. Credettero
di aver dato in altri ladri.
4217. Manzoni aspetta ancora il suo pittore morale e il suo pittore corporale. il parolajo Bonghi Bonghi
dalla sterile abbondanza compreselo mai, il pitocchissimo Carcano il fanfarone Stoppani. Quante volte Manzoni
deve aver patita la mortificazione di dir cose eccelse, benchè in umile veste, senza che alcuno - da lui in fuori - se ne
accorgesse! 16 Xbre 1877. Domandai a Carcano (quel girometta di un Carcano) se sapesse qualche tratto di spirito di
Manzoni. Risposemi che Manzoni ne diceva ad ogni momento, ma li avea tutti scordati. Scommetto che Carcano non ne
capì neanche uno. - Ora (1883) lo sta screditando Cantù colle sue pubblicazioni che mirano a farlo passare per
austriacante e bigotto, evidentemente allo scopo di cucirsegli ai panni e di andare con esso alla posterità. Cantù, non
potendo pareggiare l'ingegno e la vita di Manzoni, cerca di abbassarli alla propria viltà.
4218. R.U. Parte ufficiale. Anche fra i preti c'è della gente di spirito. Monsignor Bignami ne è uno. Ei fa il
prete, come direbbero i francesi, en artiste. Nessuno meglio di lui sa portare senza impaccio la sua veste talare, e il suo
tricorno su'n occhio. A proposito di tricorno, egli, una mattina di Carnevale ne gettò uno che avea fatto il suo tempo da
una finestra dell'Arcivescovado, nella sottoposta piazza. Passa una frotta di maschere, che tornano dal veglione. Vedono
la lumm e la fanno volare a piedate, gridando “Pertusati! Pertusati!” - Pertusati era il nome di un reazionario canonico,
semivescovo di Milano. - E Bignami gode dello spettacolo dietro le griglie della sua stanza. - Il medesimo Monsignore
ha poi nel suo appartamento, messo tutto da artista, una camera riservata ai preti. Tutto vi spira unzione. C'è un Cristo,
ci sono quadri con incisioni dal nuovo e dall'antico testamento; ci sono libri di devozione e di teologia; c'è una “Unità
cattolica”, sempre quella; manca il tabacco manca la pezzuola bleu. - Sulla porta per altro stanno inchiodate due
zampe di oca - (piè d'oca).
4219. Nel collegio Reale delle fanciulle a Milano è impartita l'educazione più antidomestica che mai si possa.
La cucina è vietata alle signorine educande, e così non sono loro insegnati i lavori borghesi della calza e della
rappezzatura. Ma invece è loro permesso di star delle ore alla pettiniera, e perfino di incipriarsi prima d'andare a letto. Si
noti che in questo collegio non sono educate soltanto le ricche, ma anche le povere. Ecco cento ragazze di cui per lo
meno 70 porteranno a 70 mariti una dote di debiti e corna. Nessuna bada alla propria biancheria, alle scarpe ecc. Ci
sono fantesche che loro rigovernano i letti - Tutt'al più, ricamano - suonano il piano - imparano a ballare, o a far la
ginnastica. È una educazione insomma destinata a formare non donne di casa, [rasura nel ms.].
4220. “El pover Gatton” frase venuta quasi in proverbio a Milano, ebbe origine da tale, cacciatore di eredità, il
quale, assistendo alla morte di un suo conoscente ricchissimo, ne corruppe il servo e la serva, tolse il morto ancora caldo
dal letto e lo nascose sotto - poi camuffatosi da moribondo, e accomodatosi nel letto stesso, fece chiamare un notajo e
gli dettò, fra i singhiozzi, un testamento in proprio favore: “Lassi me ered... quel pover Gatton...”. Nè il notajo, nuovo in
quella casa, ne dubitò. Non fu che dopo alcuni mesi che si scoperse l'inganno e ciò per tradimento del servitore, cui “el
pover Gatton” diventato ricco, osò di negare il pattuito compenso. Gattoni finì galeotto.
4221. Degna di un bozzetto sarebbe la scena, che ha luogo in certi giorni della settimana e sul primo albore alle
porte di alcune osterie fra le più affollate di Milano. È questa la distribuzione della michetta, cioè dei secchetti di pane,
dei pezzetti di cacio ecc. lasciati sul piatto dagli avventori - a favore dei poveri. E tu vedi, per es., il canto di Piazza
Fontana, dov'è la trattoria del N.° 5 - piena di miserabili che attendono l'ora della distribuzione. Trovi tipi da far gola a
Callot. Finalmente le imposte si aprono e tutte le mani vi si protendono. Raff. il momento con altri momenti di attesa -
come quello alla porta del loggione della Scala, nella sala dei sollecitatori al Parlamento ecc.
4222. Altro bozzetto, satira a certi racconti che dopo moltissimo ti danno nessuna soddisfazione e in cui sono
descritte le cose più indifferenti quali avvenimenti sovrani, - quello sarebbe in forma di un Capitolo primo (e unico)
che incominci misteriosamente con due sposi che vanno alla stazione - esi descrivano tutte le insulse particolarità del
pigliar il biglietto, dell'affrancare i bauli ecc. ecc. come se si trattasse della quistione d'Oriente - Dal monte poi esca
infine il ridiculus mus.
4223. Mi contò un giorno Gorini, che un giovane s'era a lui presentato, chiamato dalla sua fama, dicendogli, di
essersi fitto in capo di diventare un egregio pittore, e di darsi anima e corpo all'arte. Ma ahimè! Una imperfezione
cerebrale gl'impediva di toccare quel sommo nello sviluppo de' propri pensieri, donde solo dipendono le opere grandi.
Nell'entusiasmo cioè della meditazione, egli sentiva per così dire il cervello rifiutarsegli a un tratto... Invano ei lo
sforzava: l'opposizione era invincibile... ogni idea gli si affogava nel bujo. E il giovane ricorreva a Gorini, come al solo
che lo potesse salvare. Ma Gorini trovò che il cranio di lui era, a paragone del cerebro, piccolo. Il cervello non vi poteva
respirare entro liberamente: e però quando, eccitato dal porpureo pensiero, cominciava a gonfiarsi, dava nella volta nel
cranio e dovea ristare. Unico rimedio sarebbe stato quello di poter allargare cotesta volta ma il mezzo poteva solo
fornirlo quel caso che rompendo con una pietra la testa dello stolto Giovanni ne fece il chiaro commentatore dei Libri
Sacri e lo introdusse alla fama sotto il nome di Giovanni a Lapide.
4224. R.F. Descriz. della casa di mio Zio Gaetano a Pavia. Il disordine vi gavazza. Sul tavolo una montagna di
vesti, che attendon di esser riposte. E biancheria piena di macchie di ruggine ecc. Le scarpe sul caminetto - le
spazzole sul non mai scopato pavimento - la scopa sul divano di sala. In sala una cannetta di frutta. S'adopra l'aceto di
Modena per bagnare il calamajo; e si condisce l'insalata coll'olio della lucerna. Sotto le sedie - dietro gli usci - bottiglie.
Dei figli di Don Gaetano uno sta adaquando la scala colla tolla dell'olio - un altro già grandicello è in un canto a farsela
sotto - un terzo di 5 anni ha le nari piene di tabacco e fuma in un pipino di gesso. Intanto la loro signora madre, dando il
latte a un bambino, discute di letteratura con due o 3 professori di Università. D'ogni parte odore di bruciaticcio - e di
merda. - Han diecimila di reddito - e in casa non c'è da vestirsi e neppur da mangiare.
4225. Il Clima di Montesquieu, l'educazione di Elvezio ecc.
4226. Gian Pietro * è un esemplare del blitterismo aristocratico. La sua albagia non trova riscontro che nella
profonda ignoranza, e nella continua menzogna. Egli vanta, ad ogni proposito, la sua nobiltà. Dice alla moglie - figlia di
un mercante di ferri, tutta ammirata di lui - che il loro matrimonio forse non tiene e non frutta perchè non benedetto da
un Vescovo, com'è l'uso di casa * ecc. ecc. - Però, non si stacca dalla moglie plebea, che è ricca, benchè le rimproveri
vigliaccamente ad ogni ora la di lei bassa estrazione. - * ha un cuore di legno - testimonio, il suo odio per i bambini -
ch'egli, del resto, non sa procreare. - E sì che “porrum fecundas reddit persaepe puellas”. È un clericale in maschera di
consorte. È un Don Chisciotte senza la generosità. Quanto a figura, si direbbe un ruffiano. Calzoni stretti e slisati -
palandrano spelato - cilindrone bisunto - baffi lunghi e ingommati - e aria di soperchieria - Fu già nell'esercito, e uscì
tenentello di cavalleria senza un onore, quantunque egli vanti di aver fatto prodigi a Custoza, e come capo di Stato
Maggiore della propria brigata e come guerriero. Ora s'è dato all'Illetteratura, e scrive la Storia d'Italia dall'epoca
preistorica a noi - scusate se è poco! - come si scriverebbe una lettera al fattore. Così, ingombra la Perseveranza di
articoloni intorno la Scienza bellica, i quali mantengono il buon umore al nostro Stato Maggiore. Intende poi di fare
viaggi in America, caccie nell'Africa ecc. Tutte bugie, e va dicendo alla moglie: Andremo insieme in Egitto - ma devi
prima avvezzarti alle bestie feroci. Io non credo che la farà troppo fatica. - È abituata. * ha tutti i talenti per diventare un
deputato d'Italia. Ci aspira - e lo sarà.
4227. Prevedo che io finirò per allontanarmi da tutte le conversazioni in cui vado, per quanto mi accolgano
gentilmente, anzi festosamente. Ogni casa ha già i suoi prediletti scrittori, artisti, scienziati - che ne sono i più assidui
frequentatori. Il padrone e la padrona te ne parlano subito, te ne mettono in mano, se son letterati, le opere, e vogliono il
tuo giudizio. In generale si tratta d'autori sciocchissimi. Che eleggere? La coscienza vorrebbe il tuo biasimo - l'urbanità
te lo vieta. Diamine! offenderesti chi è tanto gentile con te. E lodarli? peggio ancora. L'offesa sarebbe fatta a te stesso.
Per vivere dunque amici di tutti, bisogna continuamente, impudentemente mentire. Al diavolo le città! Viva i boschi!
4228. Bizz. L'uomo si fà concolore alla materia in cui vive, come i bachi del cacio, del legno, dei cavoli ecc. Ed
hai esempi nei formaggiai, bianchicci e grassocci, nei porpurei vinai, nei lividi lavoratori di zinco, nei terrei agricoltori,
nei tarmati e impergamiti antiquari ecc.
4229. Le particolari provvidenze dei principi e degli scrittori di storia - come sia duttile la storia sull'incudine
dei sistemi!
4236. Gargiolli, letterato ciarlone, annojava Manzoni standogli sempre alle coste nelle sue scorse a Milano.
Egli non faceva che parlare di Nicolini, di cui avea carpiti i ms. - Declamando un alcuni versi mi pare del Giovanni
da Procida, e domandando a Manzoni, se li conosceva, alla risposta di no del grand'uomo, diede fuori, dicendo “Come,
Don Alessandro, non li conosce? Eppure sono versi di Nicolini...!” ecc. ecc. Ch'io sappia - rispose con ira calma
Manzoni - non c'è articolo del codice che obblighi di leggere le tragedie del Nicolini”.
4238. Lulli, il doctor illuminatus, avea inventata una macchina, composta di due tavole, una di attributi l'altra
di soggetti che si movevano indipendentemente una dall'altra e che a seconda della posizione producevano una nuova
questione. Questa macchina permetteva a chiunque di inventar argomenti.
4239. On[està] pol[itica] La coscienza di stato e la coscienza individuale e la coscienza umana - Vedi anche
Disraeli Cur. of Lit. p. 306 - e per l'assasinio politico, Vedi id. pag. 315.
4240. Per l'inutilità delle accademie V. D'Israeli Cur. of Lit. pag. 328, benchè D'Israeli le favorisca. La lingua
inglese si perfezionò senza accademie.
4241. Importanza filosofica dei proverbi (V. D'Israeli 391). Da essi tu conosci lo spirito di una nazione. Nei
prov. degli antichi Brettoni si cita spesso la siepe, indizio dei loro costumi agricoli - nei prov. Chinesi si parla non di
rado di edifizi magnifici ecc. -
4242. Logomachia. Ci sono termini astratti cui nessuna certa idea è riunita - come Eguaglianza umana -
sovranità e maestà del popolo - Riforme - Lealtà - Libertà - Pubblica opinione - Pubblico interesse. Sono vane parole
che empiono la bocca usate da tutti di qualunque partito per generar confusione. E così è la sufficiente ragione di
Leibnitz, la grazia bastante e la grazia efficace dei Giansenisti - la questione della procedenza dello Spirito Santo dal
Figlio o dal Figlio e dal Padre ecc.
4243. I popoli s'ammazzano ed i principi s'abbracciano (prov. italiano).
4244. Cervantes è il sommo rappresentante dell'umorismo spagnuolo. In lui la facezia sotto il mantello della
gravità - In Manzoni invece, l'umorismo è in giacchetta.
4245. Prov. spagnoli “A juezes Gallicianos, con los pies en las manos” andate cioè a trovare i giudici di Galizia
con dei polli in mano. E parebbe che Manzoni avesse dinanzi questo proverbio descrivendo la magnifica scena di Renzo
coi pollastri, in casa del dottor Azzeccagarbugli. - Vino de una oreja - ossia buon vino, perchè chi scuote la testa
mostrando così le due orecchie segno che il vino che beve non gli piace, al contrario di chi soddisfatto di quanto
beve, china la testa verso il bicchiere e così mostra una orecchia sola. E poi si dice che le imagini ardite non hanno
popolarità! Altra frase ardita e pittorica è quella che si usa in Borgogna per indicare taluno che mangia male per vestir
bene “ha budella di velluto e di seta”.
4246. Vi ha modi di proverbi comuni a molte nazioni. Lo stantio portar vasi a Samo e nottole ad Atene - non è
che l'altro più antico (ma in pari tempo più fresco) -: portare pepe nell'Indostan.
4247. Tutti s'è vicendevole burla. Le nazioni beffeggiano le nazioni - le provincie le provincie - le città le città -
le case le case - gli individui gli individui.
4248. Certo prof.re Favre dava per roba sua roba tradotta dal tedesco, ma il ladro si scoprì dastesso, perchè
parlando di certo matematico Gilbert “im Armuth (povertà) gestorben” come diceva il testo, scrisse - Gilbert morì in
Armuth. -
4249. Certo professore dell'Università di Bologna, d'origine veneziana e chiamato Bottèr (bottajo) s'era di motu
proprio intedescato, preponendo l'accento, e si faceva chiamare Bòtter. E così credeva nobilitarsi il cognome.
4252. smiccià (romanesco) per guardare CF. id. milanese - mezza tacca (id.) CF. id. - er medemo (rom.) CF. el
medemm (milan.) le même - sbignarsela (id.) CF. id. - coccolo (id.) carino. CF. mil. cocorà, accarezzare.
4253. cocca mia (romanesco) = amorosa mia - coccolo (id.), carino - farsi dare la minchionella - smargiasso -
tritticà in rom. significa tremolare; si potrebbe trapiantare nei vocabolari italiani per fare la calza = tricoter (franc.) -
quando vie' lo sbalzo = l'occasione. -
4254. a Roma - Aeo! è il grido degli ebrei quando comprano merce - Gnao è il grido dei venditori di carne di
carogna pei gatti - dorce la fusajja! è il grido dei venditori di lupini.
4256. Il Mordieu francese (antic. par la Mort-Dieu) p raff. al romanesco pe la mordeddio! (per l'amor di
Dio) - Vedi coincidenza filosof. sulla morte e l'amore del Dio uomo.
4257. La statistica = il biometro delle nazioni.
4258. Moltiplicandosi le comodità, la vita divenne incomodissima. I mobili di lusso, i tappeti, obbligano chi se
ne serve a centomila seccature per non sciuparli. Bisogna fare un viaggio per potere sputare, per trovare il cineratojo
dello sigaro; non si può, per amore degli imbottiti, sdrajarsi completamente ecc. ecc. Evviva il semplice abete,
l'ammatonato, e la paglia!
4259. “Dell'influenza degli abiti sullo spirito nostro ed altrui” sarebbe un tema degno di uno scrittore di
filosofia morale. A parità d'ingegno, chi ha buone scarpe, parlerà meglio perchè più sicuro di chi ne calza cattive. D'altra
parte, l'abito bello c'impedisce di far belle azioni, a compiere le quali ci vuole, colle idee del giorno, una certa
impudenza. Si noti però che l'assoluta cenciosità ha i vantaggi della palta eleganza - in quella maniera che spesso, in
guerra, la disperazione giovò quanto la perfetta fiducia. Diogene è, per me, grande come Platone. - A es. dell'influenza
degli abiti nostri sugli spiriti altrui, io possedevo due paletots, uno bellissimo, l'altro assai brutto. Andai col primo da A.
- prima visita. L'accoglienza fu ottima. “Vedi effetto del mio ingegnoso parlare!” già mi dicevo fra me. Ma l'illusione fu
breve. Il giorno seguente mi recai da A. con il brutto. Fredissima fu l'accoglienza. E che incoraggiato dal precedente
colloquio, aveo parlato assai meglio. - Effetto del paletot.
4260. Il girometta Carcano traduce Shakspeare! È il nano che vuole andare a braccetto con il gigante. Carcano
mangia cignale per ruttar lattemiele.
4261. R.F. Il libretto delle spese di casa e particolari di un uomo è la sua più spontanea e veritiera
autobiografia. In quello dell'uomo pio, voi leggerete elemosine, libri di devozione etc. in quello del civettuolo, nastri,
essenze, spese di parrucchiere, mazzetti di fiori etc.
4262. Al dazio di Porta Tanaglia alla mattina, tanti passanti, altrettante bestemmie contro la R. Dogana. E ne
passeranno centomila al giorno; fate il conto voi quante imprecazioni in un anno. - Il piccolo frodo v'[è] esercitato da
tutti. Chi ha comperato fuor dalle mure due pani di libbra, ne dà uno a qualche magutto - passano insieme - poi lo
riprende. V. il venditore di caffè a 5 centesimi, le frotte di serve ecc., odi i morali discorsi del popolino - il generoso
popolo - “Te voeut menamel?” “cosa te me det?” “El piasè de menall”.
4263. A Napoli, tanta era la venalità, che chi voleva esser laureato in leggi, in medicina, in matematiche, e non
l'avrebbe potuto per crassa ignoranza, vi si recava e dava 200 lire al bidello. Il quale, tenendosene 100 per sè, passava le
altre 100 a un quidam che facea il mestiere dell'esaminando, e or sotto un nome, or sotto un altro laureavasi qualche
dozzina di volte all'anno, annuenti gli esaminatori, terrorizzati dalla camorra.
4264. Bastiat è il poeta dell’economia politica.
4265. A Campo Marzio era un oste che non faceva quattrini. In un accesso di malumore, prese un bastone, e
giù, botte da orbo, ruppe tutto quanto ci avea di stoviglie e bicchieri. Che volete? Da quel momento la sua taverna si
affollò, correndo tutti a vedere chi avea osato un tale sfracello, e la folla ancor dura. Poichè l'ultimo gradino della cattiva
fortuna, è il primo alla buona.
4266. La plebe romana, e metto i Principi in essa, è superstiziosa al pari de' suoi antenati latini. Essa è in
continuo timore dell'affattura e del malocchio - e per difendersene guarnisce le vesti dei bimbi e le barde dei cavalli di
pelli di tasso. - Alla vigilia del Natale, in quasi tutte le case di Roma, si gioca alla tombola. Passando io verso dieci ore,
dalla via del Giardino Papale - via solitaria - udivo da una finestra... 50! - e dall'altra 77 - e dall'altra ancora: quartina! -
fra il più profondo silenzio.
4269. Mastru pirsuaso (siciliano) maestro persuaso, di marito cornuto e contento. - Le pojane (uccelli aquatici
della campagna romana) rondeggiano sui pollai (romanesco).
4270. E la dicono aquaforte! (di aquaforte debole) - la sterile abbondanza di Bonghi - Fanfani, delle parole -
fuorchè buoni libri - può far tutto che vuole.
4271. Monteverde modella le sue figure, non dal vero, ma sul vero, anzi nella stessa attitudine in cui le vuole
scolpire. Da quì quell'inesprimibile insoddisfazione nel veder le sue cose, benchè, pel concetto, egregie. Il concetto, in
arte, ha poca importanza quando s'allea ad una indegna esecuzione. E sta a testimonio del vile modellare di Monteverde
la differenza che passa fra le sue teste e i suoi corpi. Monteverde è un intagliatore in legno, non uno scultore in marmo -
è un fotografo della scoltura; è, nell'arte, un suonatore di organetto.
4272. Faruffini - dicevami il pittore Jacovacci - venne accolto con festa dagli artisti di Roma. La sua influenza,
continuata un po' a lungo, avrebbe portato gran benefici alla pittura Romana, l'avrebbe risanguata, e liberata da quel
mestierismo cui si va incamminando. Ma il suo spirito pazzo non gli lasciava pace. Un risolse di andare in Egitto.
Mise all'incanto il suo studio. Gli artisti stessi di Roma glielo comprarono tutto. Il “Macchiavelli” trovò un compratore a
9mila lire. Ma quando Faruffini contò il suo peculio, ed ebbe fatti i bauli e si trovò in tasca commendatizie perfino pel
vicerè dell'Egitto, cambiò parere, dicendo di voler maritarsi. E si maritò - poi fecesi frate - poi gittò la cocolla e fuggì da
Roma, mi pare, a Perugia (?), dove s'avvelenò.
4273. *, generale di cavalleria italiana, già della legione Ungherese, pieno di debiti e di corna, ha una moglie
scucita assai la quale cavalca al pari di un maschio. Questa moglie, durante una rivista, cadde di cavallo e battè nel
pomo della sella la sua desinenza in a. La portarono a casa, svenuta. *, finita la rivista, vi accorse, e come vide che le
stavan cucendo la parte, e il dottore diceva: “è niente; con qualche punto tutto è bell'aggiustato” - “In questo caso” - fece
- “le dia, signor dottore, qualche punto di più. Non sarà male.”
4274. Le nugellae vulgares di Petrarca, come egli chiamava i sonetti ecc., sono quelle che gli diedero fama.
Chi si ricorda dell'Africa?
4275. “dopo aver appreso da tutti insegnò a tutti”. - È lode che si potrebbe applicare anche a Rovani.
4276. Il padre di Hayez, povero pescivendolo dell'estuario di Venezia, presentatosi al figlio, già in fama, ne fu
malissimo accolto. Querelandosene egli con un comune conoscente, e domandando questi il perchè della cattiva
accoglienza al crudele figlio, rispose Hayez con ira: Impari ad esser mio padre!
4277. Sistemi filosofici. Elvezio trova la causa delle disuguaglianze umane nella educazione, Montesquieu, nel
clima. - la gemmula darviniana. -
4278. Gorini convisse coi soli morti per dei mesi di seguito. Lavorava di notte - dormiva di giorno. E sull'alba
ritornandosene egli a casa dal laboratorio, allorchè incontrava “qualche persona viva, si tirava - diceva lui - contro il
muro con quella stessa paura che avrebbe avuta quel vivo alla vista di un morto”. - A Torino, quando fu per sottoporre
al giudizio di una Commissione academica i suoi preparati tenea nella sua stanza da letto pezzi di gambe e di braccia nei
cassettoni e nel comodino. Sotto il letto avea poi un bimbo essiccato - nella saccoccia dita, nel taschino del gilet bottoni
scolpiti in carni impietrite ecc.
4279. Tale, fanatico per Rossini, non potendolo imitare nel genio, cercava imitarlo nell'acconciatura, nelle
vesti, nelle maniere. Ogni altra musica che non fosse rossiniana, sprezzava. Lo si indusse ad udire un'opera di Verdi - il
Rigoletto. La udì, e benchè non volesse, gli piaque. Pur tuttavia, sempre fedele al suo umore “La dicono di Verdi - fece -
ma chi l'ha fatta è Rossini”. - Morto Rossini, cominciò a deperire e presto morì.
4281. Dimmi con chi tratti e ti dirò chi sei CF. ghignòskon òti toioùtos esti, oìsper édetai synòn.
4282. Le lettere di Plinio Cecilio Secondo sono modelli di adulazione. Dalle eccessive lodi che Plinio a
coloro cui scrive si manifesta com'egli fosse di lode smaniosissimo. Lodava per esser lodato. - Sistema certo per riuscire.
Alcune sue lettere peraltro sono assai buone. Ad es. la X e la XII del I° libro, e la I del II°, che contiene l'elogio in morte di
Virgilio Rufo. -
4283. Errò Plinio, quando scrisse dei versi di Marziale “At non erunt aeterna quae scripsit; non erunt fortasse:
ille tamen scripsit tamquam essent futura”.
4284. Le lettere di Plinio Cecilio Secondo sono anche ricche di notizie curiose sui romani costumi. Per es. nella
Lett. XIV del libro parla della claque forense detta dei sophokleìs o laudiceni, e parla del capo della claque o
mesochorus. - In altra lettera dice poi “proximis comitiis in quibusdam tabellis multa jocularia atque etiam foeda dictu,
in una vero pro candidatorum nominibus suffragatorum nomina inventa sunt”.
4291. Nella lettera X del libro I° di Plinio C. S. si trova il ritratto di Eufrate filosofo, che si direbbe quello di
Paolo Gorini.
4292. Frasi egregie da Plinio C. S. “colle lodi mi fè degno di esser lodato” - “amo troppo gli studi per non amar
voi” - lamprophonòtatos, di lucentissima loquela”, il che potrebbe dirsi di Rovani - “e più lo comprendo più lo
ammiro” - “neque debet operibus ejus obesse quod vivit” - “amarique ab eo laboravi, etsi non erat laborandum”.
4293. Un libro ha tanta maggior grazia presso l'uomo d'ingegno, quanto meno ne ha presso lo stolto. Per
ottenere dunque subitanea nomea (benchè passeggera) bisogna scrivere pei molti cioè per gli stolti: scriver stoltezze.
4295. “Il suo verso è una spada” mi diceva tale parlando di Pietro Cossa, il versajo. Risposi “Sì, ona spada con
sù el zuccher”.
4297. (22 Xbre 1877) Il dep[utato] Torrigiani conobbe Rossini, cui avevalo presentato Pietro Giordani.
Rossini, nella prima visita, gli parlò delle sue opere, dicendogli che preferiva a tutte “Il Barbiere”. “Non so che cosa
pagherei” aggiunse “per averne il ms.”. Questo ms. lo possedeva allora un avvocato bolognese, frequentatore di Rossini
- Morì l'avvocato e il ms. sparì. C'erano di mano di Rossini molte avvertenze a chi dovea cantarlo e metterlo in scena,
per es. dove compare la forza stava scritto “Mi raccomando che queste guardie non siano troppo indecenti” ecc. -
Secondo Torrigiani, la sinfonia della Gazza ladra venne composta in prigione dove Rossini, giusta l'usanza dei tempi,
era stato rinchiuso per non avere adempiti ai suoi obblighi coll'impresario nel consegnare lo spartito in un dato giorno.
Ricorderebbe la prigione il rullo dei tamburi con il quale s'inizia. Secondo invece Correnti essa marcia venne detta la
marcia del risotto, appunto per essere stata scritta mentre il risotto cuoceva.
4298. Fu un'epoca in cui ogni più piccolo villaggio avea la sua chiesa e la sua forca. Ora la forca è sparita -
sparirà presto la chiesa. - Non lo disse De-Maistre? Il boja è un necessario sostegno dell'altare e del trono.
4299. St. Um. Traccie dell'Um. nell'antichità. I saturnali in cui tutto, leggi e costumi si parodiava. All these
mock offices and festivals (Saturnalia etc.) I consider as organs of the suppressed opinions and feelings of the populace
(D'Israeli Cur. of Lit.) - Cit. anche l'archimimo che seguiva gli illustri funebri, rappresentando la persona del morto e
talora parodiandola, come ad es. colui che facendo la parte di Vespasiano, chiedeva quanti milioni di sesterzi costava il
suo funerale, e udendo dieci milioni esclamò “dateli a me, e se v'aggrada gettate il mio corpo in Tevere”. - Cit. anche le
medaglie satiriche dei Saturnali.
4300. S. Um. Cit. l'umorismo, spesso osceno, con cui i pittori e gli scultori medievali sfogavano la loro critica
contro la feudale potenza e la ipocrisia monastica nelle stesse miniature dei messali, e negli ornati delle sale e dei tempi
- E ad es. troviamo dipinti quali fregi in alcuni libri corali lupi in cappuccio di frate che predicano a pecore - o volpi che
menano a spasso beanti ochi - come nei capitelli scandalose miscee di monache e scimiotti ecc. - (V. per l'Expression of
suppressed opinion pag. 433 D'Israeli Cur. of Lit.) - Non dimenticare i pamphlets politici ecc. le stampe popolari...
4301. N.U. di Lett. Raffrontare il carattere della mano a quello dell'animo citando es. dell'ereditarismo del
doppio carattere. La fisiognomia della scrittura. “The phlegmatic will portray his words, while the playful haste of the
volatile will scarcely sketch them: the slovenly will blot and efface and scrawl while the neat and orderlyminded will
view themselves in the paper before their eyes. The merchant's clerck will not write like the lawyer or the poet ecc.”.
Così pei caratteri delle diverse nazioni. Inoltre noi non scriviamo nella gioja come nel dolore ecc. Vedi per gli autografi
dei re d'Inghilterra D'Israeli Cur. of Lit. 438 - e anche The history of writing masters (id. pag. 439).
4302. “Ora suprema”. Montaigne desiderava di esser bastantemente dotto per formare una collezione delle
morti degli Illustri (V. D'Israeli Cur. of Lit. pag. 451).
4303. Il verso della bosinada milanese si ravvisa anche in alcune poesie popolari francesi, come ad es. in quella
del “le faut mourir” ecc. pubblicata nel 1658.
4313. Van Helmont credeva di evocare gli spiriti, traendoli dalla spa-water, e di quì forse la parola di gas, quasi
ghost (spettro) ingl. - o “geist” tedesco.
4314. Nelle Bizz. cit. l'uomo di rame di Alberto Magno, che parlava come se avesse lingua e cervello.
4315. “Araldica borghese” ossia la storia delle insegne bottegaje, potrebbe essere un librettino curioso.
4316. Si domandava in presenza di Manzoni quale fosse la migliore iscrizione in tutta Milano e se ne citavano
parecchie. Manzoni saltò su a dire: la migliore è quella nell'Arcivescovado “Donne non passino per questa via”.
4317. Tale chiedeva a Correnti, per la sua traduzione del libro di economia politica di Kern, una prefazione.
Rispose Correnti: è tempo ch'io faccia conclusioni e non più prefazioni.
4318. tata (spagn.) papà CF. tata (romanesco) id. - amagar (spagn.) minacciare CF. smagare (it.) impaurire.
4319. Lo spagnuolo Iriarte è, secondo me, un egregio poeta, notevole per aver saputo nel 1770 scrivere senza
barocchismi. Le sue favole letterarie sono buone assai; specialmente “los huevos” “el oso la mona y el cerdo” “la abeja
y el cuchillo” “el asno y su amo” - La favola poi “el raton y el gato” che Iriarte comincia a dire tradotta da Esopo, ha
questa eccellente trovata per chiusa: “¿Qué tal, señor lector? La fabulilla - Puede ser que le agrade y que le instruya -
“Es una marabilla; - Dijo Esopo una cosa como suya” - “Pues mire Usted, Esopo no la ha escrito; - Sali[ó] de mi
cabeza” “Donque es tuya?” “Sì, señor erudito - ya que antes tan feliz le parecia - Critiquemela ahora, porque es mia”.
4325. Barros, autore portoghese, loda i “vantajems de la paz” e dice che la guerra è indegna di un principe
cristiano, ma poi aggiunge “en não intendo aquì da que se faz aos infieis e inimigos de nossa sancta fe, porque esta,
sendo justa e proveitosa e haz grande louvor ao re christão...” - Bella logica!
4327. “Per guarì la toss ghe voeur el decott de violett” dicono in inverno le medichesse - del popolo milanese -
intendendo che dalla tosse non ci si libera se non col venire della primavera. Ma il popolo che piglia le cose alla lettera,
fa essiccare le violette e le serba per farne d'inverno il decotto.
4329. [La nota, di 5 righe, è abrasa dal ms.].
4330. Grumete (portogh.) Schiffsjunge CF. groom (ingl.) garzone - en tautò CF. intanto - oudéna gàr ànthropon
despòten allà toùs theoùs proskyneìte (Senofonte) CF. il but ingl. e il domà mil. o il ma ital. dantesco - avversativo.
4335. il sale della Terra = gli uomini di genio.
4336. Coincidenze strane. Il della morte della S.
ra
Allievi moglie del deputato e prefetto, uno de' suoi figli, il
minore, era a pranzo dai S.
ri
Maraini, mentre la madre stava per entrare in agonia. Era un pranzo naturalmente
silenzioso, e le vivande tornavano in cucina appress'a poco com'erano venute. A un tratto nel silenzio si udì uno
squillantissimo tin. Un calice di vetro sulla credenza s'era spezzato da sè. Maraini guardò l'orologio. Eran le 7 e 32
minuti. E appunto a quell'ora e a que' precisi minuti la bella e gentile Allievi spirava. - Altra coincidenza spiritica
avvenne alla morte della madre della S.
ra
Adelaide Maraini. Una rosa bianca posava nella camera dell'agonizzante in un
bicchiere sul tavolo. A un tratto cadde sfogliata. La vecchia Signora era morta. - Il 9 gennajo 1878 morì Vittorio
Emanuele II e appunto il 9 gennajo di qualche anno prima era morto Napoleone III, l'altro dei due compari come diceva
Pio IX.
4337. Vom politischen Kolosse, der jetzto auf den Ufern zweier Jahrhunderte steht. È Richter che parla di
Napoleone I. CF. Manzoni... due secoli l'un con l'altro armato... ed arbitro s'assise in mezzo a lor.
4338. In me i pensieri appajono solo nelle tenebre della notte, come il fuoco. Viene il giorno ed io più non
veggo che fumo.
4341. Nessun frizzo se non una volta, e per non ricaderci lesse i quattro evangeli (id.) [vita di Didimo Chierico
di Foscolo] (eppure nell'Ev. c'è il famoso frizzo del Pietro su questa pietra ecc.).
4344. Tutto in germe esiste ab aeterno - vi ha l'atomo di materia e l'atomo di pensiero, se però non è stolto il
riputarli due cose diverse. Il progresso risulta solo dalle idee, tenebrose prima e confuse, le quali vanno man mano
schiarendosi e determinandosi, fino ad assumere matematiche forme.
4348. Magnifico tema di gruppo statuario sarebbe Manzoni ottenne in braccio di Beccaria. - Poichè Manzoni si
ricordava delle coscie cicciose del nonno da lui spesso accavalciate per ottenere il cioccolatino.
4349. (9 gennaio 1878 ore 2,30 pom. “morì - Vittorio Emanuele II - di stirpe sabauda - di pensiero italiano -
[rasura nel ms.] galantuomo [rasura nel ms.].
4351. Fra le lettere notevoli di Plinio il giovane la 8
a
del Lib. VIII in cui è descritto il fonte Clitunno - bellissima
- la 5
a
stesso libro, in morte della moglie di Macrino, assai buona - la 23
a
stesso libro, consigli a Massimo - la 28
a
libro
7° in cui si scusa molto bene del troppo lodare gli amici. -
4355. velut cumbula (Plinio S., comasco) CF. comball barca oneraria del lago di Como.
4356. Le favole d'Iriarte meriterebbero di esser voltate in italiano.
4357. Descrivere cose odierne con frasi vecchie, gli è come fare il ritratto di un contemporaneo abbigliato
all'antica.
4361. Alcuni entrano nella gloria per assedio, altri per assalto. Rov. è dei primi, Byron dei secondi.
4362. La luna piange argento sui campi.
4363. albondiguilla, o meglio almondiguilla mandorla (spagn.) CF. mondeghiglia (mil.) - algazara, grido di
gioja dei Mori in imboscata - CF. (ital.) gazzarra - las mohinas (spagn.) fâcheries, moine - pito spag. (i voc[abolari]
dicono “specie di uccello”) CF. pito (piemontese) tacchino -
4377. I tre grandi argomenti nella vecchia educazione erano Dio - il Diavolo - e il bastone.
4378. La civiltà prima distinse il primitivo modo di vita, uno per tutto (come fan fede gli avanzi etnologici
che si scoprono nelle palafitte e nelle caverne d'Europa, simili alla barbarie vivente nell'interno d'America e nella
Oceania), in mille modi - poi tendette a confonderli, verso il grande suo scopo la massima unità nella maggior
varietà”.
4381. Dopo Orvieto sono monti brulli e giallicci con su tuguri dello stesso colore - come i bachi del cacio
concolori a quanto è loro e casa e vivanda.
4382. Richter è l'unico autore che possa farmi ancor piangere.
4383. Roma è città internazionale, veramente cattolica. A Roma non trovi il pettegolezzo. Essa possiede il
cosidetto uso di mondo, il savoir faire, e meglio il lasciar fare, la tolleranza per l'opinione altrui, il facile adattarsi ai
modi non suoi, anzi la filosofica indifferenza, anzi lo scetticismo di chi viaggiò molto e molto mondo conobbe. ciò
perchè i romani abbiano effettivamente viaggiato: la maggior parte non oltrepassò i colli Albani, ma perchè Roma fu
viaggiata da tutto il mondo, il che torna lo stesso.
4384. Incominciai nel 1877 a studiare il russo - ma poi, riflettendo che ciò non varrebbe nella mia biografia,
se mai sarò degno di averne, se non una linea di più, mentre, impiegato nell'italiano quel tempo mi frutterebbe forse una
pagina - abbandonai le steppe della cosacca letteratura, senza aspettare che per me vi nascesse qualche tisico fiore.
4385. Il pittore Ferrari, di Roma, lodando una signorina impareggiabile, diceva “è una fanciulla ineguale”.
4386. Cadendo l'aristocrazia, cadendo il clero, fu necessario allo stato di un nuovo corpo che avesse
fortissimo interesse di sostenerlo e però fu creata “la burocrazia”. Per contrafforto alla quale si trovava poi anche, in
questi ultimi tempi, il corpo de' creditori. Lo Stato cioè s'indebitò co' suoi sudditi, aquistandosi in tal modo migliaja di
voti di lunga vita e fortuna. - Nota però che il sistema puntellativo del debito pubblico ebbe origine da Cesare, quando
con una mano indebitossi con tutti i centurioni per renderseli fidi, mentre con l'altra, prodigando ai militi i denari
mutuati, si fè amici anche quelli.
4400. Plinio Secondo nella sua 62
ma
lettera a Trajano fa cenno delle cosidette conche (ritrovate poi da
Leonardo) dicendo “cataractis aquae cursum temperare”.
4401. L'epistolario di Plinio, pregevole sotto molti rapporti, è però una continua adulazione all'autore e agli
amici dell'autore (V. ad es. L. IX, lett. 23). Così Plinio rompeva continuamente le scatole a detti amici inviando loro i
suoi ms. da leggere e da annotare e dimandando il loro schietto parere. Guai peraltro se osavano non trovare i suoi lavori
ammirandi! (Vedi ad es. L. IX, lett. 26) - Quanto al Panegirico di Traiano - è concettosissimo, e benchè difetti dell'onda
poetica, appunto pel troppo sminuzzamento di frase, è pregevole - rettoricamente - assai. Inoltre è una finissima
adulazione.
4402. Nel panegirico di Trajano, Plinio, facendo l'elogio della moglie e della sorella dell'imperatore dice
“quo quidem admirabilius existimandum est quod mulieribus duabus in una domo parique, nullum certamen, nulla
contentio est”.
4403. Che fotte! (mil.) che sciocchezze! - non da fottere, coitare, ma da fautes (franc.) errori, bevute.
4404. A proposito della malaria che dicono dominare in Roma, potrebbe averci un po' colpa la stessa Roma, e
non la sola campagna romana. Roma infatti è un immenso cimitero in cui sono sepolti milioni e milioni di uomini. Il suo
terreno non è che una puddinga di cocci fittili, d'ossa, di carboni.
4405. 1878. 7 febbraio giovedì. Ore 5,45 pom. Morte di Pio IX. - 1878. 20 febbraio. Elezione del Cardinale
Gioachino Pecci a papa Leone XIII (già eletto fin dalla sera prima).
4407. Wisst ihr denn nicht, dass es eine Zeit gibt, wo die Phantasie noch stärker als im Jünglingsalter schafft,
nämlich in der Kindheit worin auch Völker ihre Götter schaffen und nur durch Dichtkunst reden? (id. [Richter]) Ai
bimbi giovano quindi pochissimo i così detti balocchi fabbricati e venduti nelle botteghe. I bimbi hanno ubertosissima la
fantasia. Cangiano tutto ciò che vogliono in un balocco - ed ogni balocco in quanto fantasticano. Aber an reicher
Wirklichkeit verwelkt und verarmt die Phantasie, mithin sei jede Spielpuppe und Spielwelt nur ein Flachsrocken, von
welchem die Seele ein buntes Gewand abspinnt (id.). La fantasia del bimbo vuol migliorare il balocco. Se questo non è
migliorabile, essa se ne stanca e lo abbandona. Reicht ihm (dem Knaben) nicht die Eier bunt und mit Gestalten übermalt,
sondern weiss; sie werden sich aus dem Innern das bunte Gefieder schon ausdrü[c]ken (id.).
4413. La danza è una inudibile musica; la musica una invisibile danza.
4414. Più l'età avanza e più le fibre si fanno impervie alle sensazioni esteriori. E co avviene anche
moralmente. Le nuove idee non possono essere accolte dalle coriacee intelligenze dei vecchi.
4415. La natura ci fece tutti necessariamente contenti della rispettiva individualità. Se ai voti di molti di
vivere in altri tempi o in altre persone fosse posto il prezzo della perdita della propria individualità, deprecherebbero
tutti i loro voti. Nessuno vorrebbe esser altri.
4416. Le guerre nazionali sono scellerate nè più nè meno delle civili.
4418. Stiefelknecht, cava stivali prop. servo degli stivali. E poi dicono che la lingua tedesca è ricca!
4419. quando gli stomaci degli uomini erano cuochi a sè stessi... (ossia non si facevano cuocere i cibi ma li
cuoceva lo stomaco).
4423. Col fonografo si potranno forse in avvenire anche imma[gaz]zinare le voci - farne, per così dire, una
biblioteca. E però, dopo qualche secolo, se mai qualcuno desiderasse di udire il canto della Patti che deliziava le
orecchie de' suoi trisavoli, non avrebbe a far altro che sprigionare i raccolti suoni dal relativo rubinetto. E così il nipote
potrà udire i consigli del nonno, e l'uomo fatto schifosamente prudente, le sue stesse generose aspirazioni di gioventù,
ecc.
4424. Psyché, anima CF. zuca (mil.) per capo - il contenuto e il contenente.
4425. Di faccia a Campione (lago di Lugano) è un'alta montagna, che vista appunto da quel paesello,
presenta lo stesso profilo del Duomo di Milano. Il che è una prova non lieve della paternità attribuita ai Maestri
Campionesi del nostro Duomo. L'imagine lungamente veduta dal bimbo non può non avere echeggiato, nella fantasia
dell'uomo, guidando così la sua architettonica mano.
4426. Un cane era stato colpito in una osteria da una forchetta che gli aveva ferito una zampa. Ogniqualvolta
si diceva: e in quell'osteria... vero?... forchetta? - il cane dava in un lamento alzando la zampa. - Altro cane, e questo di
razza del S. Bernardo, quando vedeva bambini senza bambinaja, li abboccava delicatamente per la cintura, e su, li
portava via volendoli come condurre a casa.
4427. L'abate di Saint Pierre, inventore della parola bienfaisance, scrisse un Progetto di Pace Perpetua
coll'arbitrato internazionale, il quale fu definito il sogno di un galantuomo... E così scrisse una “Proposta di ricoveri per
mendichi”, ora applicata agli ospitali e agli accattoni - e osò trovare, fra i primi, assurda la venalità delle cariche,
proponendo i concorsi e la proporzione del merito - e voleva estese alle campagne le scuole primarie con maestri
stipendiati ecc. Saint Pierre era ai suoi tempi un utopista - ma molte delle sue utopie sono oggi - mercè sua - una realtà.
4428. *, grande affarista, tiene per massima che “tutti i contratti son buoni”, basta farli diventar tali, e ciò,
colle liti. Quindi * accetta a qualunque patto un appalto, poi litiga fin sulle virgole, ed è di una tale cavillatoria finezza
da insaccare una tribù di curiali. Notiamo però che dove la ragione gli cala, l'oro completa il peso. Nella fabbrica del
Palazzo delle Finanze in Roma, deliberata a lui per 7 milioni, * fece 114 cause, e finì per tirare il contratto a milioni 12.
L'ottantenne Talabot, altro grande intraprenditore, scaltrissimo genio più che ingegno della speculazione, dice, che
niuno saprebbe ingannarlo, fuorchè *.
4429. Ai dì nostri per potere esser onesti, bisogna almeno possedere 6 mila lire di reddito.
4430. In generale, le inchieste sulla convenienza o meno della ingerenza dello Stato in particolari Istituti o
Industrie conducono sempre a un risultato negativo. Il lasciar fare è il gran precetto della economia e della politica
odierne, le quali, esperimentati tutti i sistemi, cominciano a capire che il migliore di tutti è il non sistema. La civiltà
ritorna l'uomo allo stato primitivo, colla ricca dote peraltro della ragione di cui non possedeva sul primo che l'iniziale
centesimo. E anche lo Stato è un inutile lusso. Sia Stato ciascuno a stesso nell'immenso ambiente della immortale e
senza confini Umanità.
4431. C'est ça (franc.) ciò) semipleonasmo affermativo trova un riscontro nel milanese e nel romanesco
se sa (si sa) di pari valore nel dire e di quasi identica pronuncia.
4432. Tengo estremo bisogno per ritornare d'ingegno di ridiventare ignorante. - Molte volte gli amici mi
lodano, mi fanno, come dicono loro, luce. Ma la spesa dell'olio e delle candele la faccio poi sempre io.
4433. Spesso, in Arte, il buon gusto non si accorda col buon senso.
4434. C'era una volta un cuculo e un usignuolo che contendevano per la precedenza nel canto. Chiamarono a
giudice un asino. L'usignolo sprigionò dalla sua armonica gola le più squisite e variate note: il cuculo non cucolò altro
che il suo cu-cu. E l'asino allora sentenziò che se il primo dava un certo gusto co' suoi trilli e le sue fioriture, lasciava
però troppo a desiderare quanto alle regole: mentre il cucolo invece, oh il cucolo! quelloche cantava con simmetria e
sistema... E diede la palma al cucolo. Alle orecchie d'un Critico, il Grammatico vincerà sempre il Poeta.
4435. Frasi romanesche - co' la giacchetta che nun sente messe (abiti del di lavoro) - co' quelli giochi
d'aqua in de la gola (scrofole) - allattàlli, smerdalli (intendi i figli) - una gialloffia (donna giallastra).
4436. CF. Er rosario in famija sonetto di Belli col Miserere di Porta. Così pure Le lingue del Monno - e il
sonetto l'Arisposta tal e quale colla lettera di Monsig.
r
Nuzi nel Meneghin biroeu di ex monegh.
4437. schiappino (rom.) una s'ceppa (mil.) (s'intende nel gioco) - pivetta (rom.) pivella (mil.) puella (lat.) -
sborgna (rom. e mil.) - er nibbio (rom.) nibi (mil.) (di chi ha i capelli incolti e ingarbugliati) - dar sotto (rom. e mil.)
(ossia mettersi a mangiare con brio) - o de riffe o de raffe (rom. e mil.) (ossia, in una maniera o nell'altra).
4438. “Monaccallà so ffatti li bottoni” parole colle quali a Roma la plebe burlava li giudii. - Vetture ppe
Tivoli, Subiaco e tutto er monno (Sempre l'antico urbs et orbis) - Brega di Piazza Farnese, personaggio ridicolo di cui
non si sa più che il nome.
4439. bbazzoffia, in romanesco, significa tempo medio tra il buono e il cattivo. - CF. bazzotto che in italiano
vuol dire, ovo fra il sodo ed al latte. - pasciocca rom., ragazzoccia - picchietta rom., ragazzetta. - spaternostrare.
4440. Truffes CF. tryphàn, schwelgen, schmausen.
4441. L'Abici è il libro in cui si trova la più riposta sapienza e la maggiore quantità di idee.
4442. The mob (ingl. - plebaglia) CF. mob-ile vulgus, detto Mobil sempl. da Chaucer. - Chap (ingl. crepaccio,
apertura) CF. ciap (mil. chiappe, natiche) - id. fesses (franc. natiche) CF. fesso (it. buco, apertura) - spleen CF. splendida
bilis (Horatio) - splànchna, interiora. - tatter (ingl. cenci) CF. tatter (plurale di tàttera, mil. - baldracca plebea,
quadrantaria).
4443. Darebbe certo un impulso nuovo alla Letteratura italiana chi sapesse tradurre e riunire “Le Gemme dei
Grandi Umoristi stranieri” tolte dal giullare Rabelais “ce fou si sage”, dal terribile Swift, dal sentimentale Sterne, dallo
stranamente sublime Richter, dal minuzioso Lamb, da Erasmo, Luciano, Aristofane ecc. ecc.
4444. The tale of a tub di Swift è un miracolo di umorismo e di acutissima satira. Eppure è figliata dai grandi
papà Erasmo e Rabelais.
4445. In quella maniera che per riuscire a ben scossi e fruttiferi coiti è necessario di prepararvisi con una
prudente astinenza; così ogni opera eccelsa di Arte richiede un precedente riposo mentale.
4446. Momo, il primo dei critici e dei satiristi. Cit. anche Tersite e Zoilo.
4453. Quanto tempo stai fuori? (stet via) chiese un amico ad altro amico che partiva per un viaggio. E questi:
sto fuori (stoo via) trecento lire. -
4454. Una bambina fu dalla balia condotta a due anni alla mamma, che non avea ancor vista. La mamma era
un donnone. La bimba, vedendola, esclamò: quanta mamma!
4456. Il bacio della donna che ama, morde.
4457. Bisogna pure saper scrivere bene, per scrivere male come sa il Dossi.
4458. (V. 3496). Fra i progetti letterari - terrei anche quello di un libro intitolato briciole letterarie - che
sarebbe una raccolta di tutti que' fuggevoli componimenti dei grandi scrittori non mai passati alle stampe, benchè
talvolta importantissimi alla storia dei tempi e dell'animo di un autore. Fra questi componimenti sarebbero a porsi - l'Ira
d'Apollo di Manzoni - i due sonetti contro Cantù e Maffei di Correnti - il sonetto di Papa Alessandro di Rovani - la
satira: On certo sur Giovann cont el Battista di Raiberti etc. etc....
4459. [La nota, di 2 righe, è abrasa dal ms.].
4460. Un modo umanitario di utilizzare il deserto di Sahara sarebbe quello di adoperarlo come il terreno dove
soltanto si avessero a definire i duelli fra le nazioni. Rimarebbero così illese le terre innocenti, e la sabbia ingrassata
dalle umane carogne diventerebbe fruttifera.
4462. Cattaneo scrisse versi satirici, ed anche lubrici, in milanese - posseduti ora da Bertani. Di lui esiste un
sonetto contro Cantù motteggiandolo perchè in un articolo abusava della parola coso. “Cosa l'è sto coso?” gli domanda
Cattaneo, e dopo di avere passato in rassegna il vario valore della parola, conchiude, dicendo: E coso el voeur cazz:
Saravel lu? - Scrisse anche versi a proposito dell'allargamento della Corsia de' Servi: “Invece de slargà, quella di serv -
l'è minga mei de streng quella di damm?” (Questi versi peraltro vanno ricorretti).
4463. Fu dimostrata teoricamente, non so da chi, la possibilità dell'esistenza perpetua delle persone degli
avvenimenti storici. La luce di Sirio ci mette circa 9 anni a toccare la terra. Dato che in Sirio fosse un essere dotato di
una facoltà visiva capace di arrivare alla terra, è certo ch'egli ora assisterebbe agli avvenimenti terrestri di nove anni
prima. Prendendo poi, collo stesso supposto, un altro astro ancora più lontano, si vedrebbero fatti terrestri dopo
intervalli maggiori ancora di tempo; e così via, si arriverebbe nell'infinito campo dei cieli a località dove apparirebbero
ancora le figure di Cesare - di Alessandro - di Serse - Mosè - Noè ecc. ecc.
4466. Epig[rafe] al progetto di concorso per una Scuola pubblica da costruirsi in Milano, - presentato dagli
ingegneri Zanotti e Pisani - Scuola sarà, se non ad altri, a noi.
4467. Klopstock offrì un ducato per ogni errore di stampa che i lettori trovassero nel suo Messia. Ciò spinse il
pubblico a comperare il libro e a leggerlo con attenzione.
4468. L'arte di un autore, sta nel cancellare.
4469. Il cavaliere R. stramilionario sosteneva che tutte le donne cedevano a lui - e diceva il suo metodo.
Egli cioè pedinava qualche bella ragazza in istrada, susurrandole crudamente: per dieci lire me la dai? A questa profferta
il più spesso riceveva una repulsa e qualche volta uno schiaffo. Ma egli senza scomporsi seguitava: e per venti? E se la
ragazza rispondeva: neanche per mille! egli tosto: e per 2000? - E così via, si finiva ad arrivare a quella somma alla
quale la ragazza cedeva. Aggiungeva il cavaliere R. che la maggiore onestà ch'egli avesse trovato a Milano era di 50.000
lire. Tutte cedevano. Era questione soltanto del prezzo. Con 5 lire, una prostituta: con un milione Lucrezia. Lucrezia è
dunque 200.000 volte più puttana della puttana da 5.
4470. Nelle malattie si comincia in principio a valerci dell'opera del medico di casa - solitamente il cosidetto
rosto. Aumentando il male si va a domandarne uno migliore. Quando poi non c'è psperanza vada todos si chiama il
medico di cartello, il quale, com'è naturale, non arriva che a tempo di insaccocciarsi il suo pesante cartoccio.
4471. L'amore vive non solo di sentimento ma di bistecche.
4472. Leggendo la lunghissima lista delle indulgenze concesse dalla Chiesa cattolica ai peccatori, bisogna
esclamare “non sono bastanti peccati a tanta indulgenza”.
4473. Dei fiorentini che si mangiano il c iniziale diceva un milanese “quand disen cacca l'han già mezza
mangiada!”
4474. I razzi artificiati inclinano il capo a dare un'occhiata al pubblico che li ammira.
4475. Tranquillo Cremona avea un elmo, che s'imponeva in testa quando andava al cesso di notte,
incastrandovi al posto del pennacchio un moccolo acceso. - Diceva che i giornali gli servivano per 3 usi - I° - per lettura
- 2° per calze - 3° da forbitojo - L'epoca della sua massima miseria fu a Porta Nuova. - Sulla porta del suo studio in via
Solferino (e allora si trovava meglio di finanze e di voglia di lavorare) aveva scritto: “sono pregati, specialmente gli
Amici, a lasciarmi Tranquillo” -
4476. Un maggiore di cavalleria uscì una volta a dire in una compagnia di ufficiali di aver impiegato un'ora di
cavallo da Novara a Milano. Di lì grasse risa in un medico militare che lo udiva - e battibecco, concluso dal maggiore
con queste parole al medico: parli lei di salassi e non di cavalli. - Il medico se la legò al dito, e dopo qualche giorno
raccontò alla medesima tavola di aver assistito ad un parto fatto non col davanti ma col deretano. Fu allora la volta di
beffeggiarlo al maggiore che si pose a osservare: e jeri l'altro Lei trovava che io le sballavo grosse. Altro che la mia ora
da Novara a Milano! Ma il medico seriamente: scusi - ma di queste cose Lei non può intendersi. D'altra parte le faccio
osservare che passa assai meno distanza dal culo alla frigna che non da Milano a Novara. - Raccontata un po' meglio,
può andare.
4483. Generalmente, nelle Lettere, la temporanea e brillantissima fama è di essenza contraria alla durevole
dal severo splendore - come il tratto di spirito d'attualità il quale ha sempre maggior successo del tratto di spirito eterno,
riflettendo l'uno le persone, l'altro l'umanità.
4484. Interessantissima nella Tale of a Tub di Swift è la sezione IX intorno alla pazzia. Può servire alla Pref.
delle Bizz.
4491. Le razze come gli individui hanno una meta limitata, raggiunta la quale si fermano indefinitivamente in
essa, finc non siano distrutte dal contatto di altre razze dotate di un'energia superiore. Sono esempio i Chinesi,
gl'Indiani dell'America, l'Africa negra - che stazionano da secoli. Or quale sarà il limite nostro? e dinanzi a qual razza
dovremo sparire?
4492. Degno di lagrime è colui che, rileggendo le sue lettere d'amore e d'onestà scritte da giovane a traditrici
e bricconi, esclama “sciocco, ch'io fui!”
4493. Leopardi - come narra a voce il Ranieri - sgridava rozzamente i suoi villici, se non si levavano,
nell'incontrarlo, nel più umile modo il cappello. Va e fidati poi dei poeti sentimentali e piagnoni!
4494. (1878 9 febbrajo) Addio buona simpatica casa Maraini! È l'ultima sera che t'ho veduta. Io non so
parlare tacere. Se da Correnti passo per uno che cela la propria stoltezza in un implacabil silenzio, quì pensano forse
che non so pure nasconderla. C'erano, questa sera, oltre i padroni, il S.
r
Gnecchi console d'Italia a Lugano e il deputato
Giuseppe Mussi - faccia da beato fattore. Quando entrai, il discorso si aggirava sul Papa. Dal Papa passò presto all'Italia
e quì le solite nenie sulle tristi condizioni intellettuali degli italiani - che, certo a giudicarne da chi parlava, erano vere.
Mussi si diè a confrontare la vecchia e la nuova generazione, trovando che questa non avea rigoglio. Io gli dimandai che
intendesse per nuova e per vecchia - dove l'una finisse e cominciasse l'altra? Non si compenetrano forse? La vera
nuova generazione non potrebbe essere ancora che nelle fascie e nel cercine o tutt'al più sui panchi di scuola - ma di
essa, come fare un pronostico?... Del rimanente i conti di una nazione debbono farsi in base ai nomi dei grandi
contemporanei che ella possiede - e questi nomi non mancano. - Allora Maraini riappiccò la sua eterna sonata sulla
supremazia intellettuale della Germania a confronto dell'Italia, dicendo che bastava dare un'occhiata alla voluminosa
bibliografia tedesca per esserne persuasi. - Stampano molto, diss'io, ma il molto non significa il bene. In generale si
stampa solo ignoranza. Odiosi peraltro sono i confronti. Ammetto grandezza in Germania, ma voi non la negate in Italia.
Buona è la birra ma il vino è migliore. - E chi ha mai dato l'Italia in questi ultimi tempi? - chiesemi il Mussi. - Cominciai
a citare i politici ed i guerrieri come Cavour e Garibaldi che hanno compiuta un'opera colossale - a citare i letterati e gli
artisti come Manzoni, Rossini, Verdi... - No no - interruppe il Mussi - sono gente di un'altra epoca (!) - citai allora
Gorini - sorrisero di dispregio - nominai Negri, lo dissero scrittore di ordine - nominai Rovani - Quì la bufera si
scatenò. Il sciocchissimo Mussi si diede a latrare che Rovani non è un pensatore, che ha fatto un romanzo che non è
storia, descrizione, archeologia ecc. e così Maraini. Giurerei che nessuno l'ha letto. Le orecchie mi si
cominciano a scaldare. Difendo come posso il mio amato, ma la passione a poco a poco strappa le redini alla ragione. Io
non sono più mio; sono dell'estro. Per tutta risposta, Mussi osserva sprezzatamente che Rovani è un povero ingegno
secondario. Io balzo in piedi e grido: non resto più quì - e infilo la porta. Maraini e la S.
ra
Adelaide mi corrono dietro. Io,
via. E vogliono che io seguiti la mia carriera da diplomatico! Domani dò le mie dimissioni.
4497. occhio d'erede - ossia occhio di odio - Gli impiegati si guardano tutti fra loro con occhio d'erede.
4498. 17 giugno 1877. contatto colla Nina B. - 7 luglio al 12. contatto colla stessa. - 27 luglio
contatto, quindi gonorrea. - Tra il primo e il contatto la medesima Nina confessò di averne avuti con altri [segue
un'intera riga cassata]. E io intanto - scemo! - le parlavo di amore, e m'illudevo di ritornare una traviata sul sentiero
dell'onestà.
4499. La Scienza, la quale ogni giorno scopre nuovo terreno e ne prevede infinito, ci dice, che non vi ha nulla
che più si avvicini al vero dell'idealità e nulla che più se ne allontani della realtà.
4500. 1878. Ci lamentiamo che l'Arte italiana faccia cattiva figura all'esposizione internazionale di Parigi. Di
chi, in gran parte, la colpa? Del Ministero italiano. E difatti il Ministero francese potè rendere splendide le mostre sue,
semplicemente staccando dalle pareti delle sue sale e mandando all'esposizione i quadri che egli avea commessi
nell'ultimo decennio ai migliori artisti della Francia. Il nostro invece che potè fare? Egli si trovava le sale tappezzate da
scarabocchi - non un Morelli, non un Cremona, non un Bianchi, un Fracassini, un Faruffini ecc. - non si trovava che
quadri commessi per far mangiare artisti e non per accrescer gloria all'Italia. Diramò, è vero, una circolare ai Professori
delle sue 11 academie invitandoli ad esporre qualche loro lavoro eseguito dal 1867 al 78. Non risposero che pochissimi.
Ora, una delle due, o non fecero, que' Professori in questi dieci anni, nulla, o ritennero inesponibili, come infatti sono, i
loro lavori. Con questi stolti professori che scolari si hanno da avere? - E pazienza poi che il Governo si mantenesse
neutrale fra l'Arte e l'Academia sua naturale nemica - ma no - egli ha accordato ultimamente a quest'ultima 600.000 lire.
- E aggiungi che quando manda per sua alta generosità qualche giovane a studiare a Roma gli un sussidio di 120 o
150 lire al mese. Or come volete che il giovane possa avanzare in un'arte, che a farla bene, ha necessità di quella gran
spesa che sono i modelli? Il governo riesce a fare, non dei pittori, ma dei frequentatori di bettole.
4501. Entravano le Loro Maestà Imperiali di Austria in Milano. Un birichino gridava Viva l'imperator! -
Airoli gli lasciò andare uno schiaffo. Ma in quella si vide notato da una spia. - E l'imperatriz dove te la lasset? - aggiunse
egli tosto al birichino, con uno zelo tutto austriaco. E la spia sorrise e Airoli fu salvo.
4502. 12 aprile 1878. Catacombe di S. Agnese - Epitafio di una matrona romana che visse 32 anni e mezzo, e
12 col marito - in pace (l'in pace appiccato al 12 col marito luogo ad un maligno commentariolo). - E così altro
epitafio di una bimba di due anni meno due giorni - vergine (ossia dedicata dai parenti fino da bimba alla verginità).
Bel elogio alle romane d'allora.
4503. In amore una perfidia ne cento. Una ragazza ama la prima volta di pieno cuore, ed è tradita.
Probabilmente assai, il suo vino si muta allora in aceto - e giura di vendicarsi del fattole tradimento sul nuovo amante.
Dato ora che questi la ami davvero, e poi si vegga tradito, farà come lei e sfogherà la sua ira sulla sua prossima amante -
e così via.
4504. Nelle Bizz. citare l'avvenire dell'ottografia - del telefono - coi deputati che faranno il Parlamento da
casa, e colle voci delle prime donne immagazinate - citare il teleg[rafo] senza fili fra montagna e montagna - la
navigazione aerea - il modo di comunicare le nostre idee ai lunari per mezzo della geometria ecc. ecc.
4505. Quando Depretis era prodittatore a Napoli tutte le mattine entrava in una gran sala e ne faceva il giro
raccogliendo le petizioni e i reclami dei moltissimi che lo attendevano disposti a catena lungo le quattro pareti. Un
giorno gli venne presentata una petizione da un uomo silenzioso. Fece per passar oltre. “Si fermi, Eccellenza” esclamò
con preghiera un altro uomo che stava presso al tacente. Depretis sostò e quello si pose a perorare in propria persona la
causa di un povero diavolo (che Depretis credette lui) con tanto calore e tanta abilità che il prodittatore intenerito: “farò
quanto posso per voi - datemi intanto la petizione”. “Eccolo qua il richiedente” rispose l'altro - “Io non sono che
l'oratore”. - Era uno che per una lira s'investiva della parte di chi voleva ottenere qualcosa per mezzo del pàthos - delle
narrazioni patetiche. Era un grande avvocato che non avea dormito all'Università.
4506. 1878 24 marzo. Mia conoscenza nello studio di Jacovacci con Teresina *, di 19 anni (dice lei) modella.
È una magnifica ragazza - di elegantissime forme - bruna e colle ciglia nerissime. La dicono peraltro scopata da tutta
Roma. - Entrato in conversazione [rasura nel ms.] seppi da lei e da altri come la S.
ra
Maraini scultrice l'avesse a 12 anni
pigliata con sè, e usandone come modella, la facesse insieme educare, allo scopo di maritarla a qualche brava persona.
Ma la Teresina avea un infame padre, beone, cui non bastavano le 5 lire al giorno che gli passava la Maraini, perchè le
lasciasse a lei sola la figlia, ma conducevala a esporre le sue nudità nei vari studi di pittura e scoltura, battendola poi se
non gli guadagnava de' scudi. A Teresina mancava un mese a raggiungere i 13 anni e non avea ancora vedute le sue lune
sanguigne, quando suo padre per 500 lire la lasciò sverginare dal principe ** di Roma. Da quel punto la Teresina fu
perduta. Il padre di lei la obbligò a lavorare col suo bel corpo, a contaminarlo in ogni maniera. Oggi la ragazza ha 19
anni e ne dimostra, alla carnagione - 30. Gli artisti ne usano ancora perchè è dotata di forme degne del pennello e dello
scalpello. Ma fra poco anche questa fonte di lucro le cesserà. Farà ancora per un po' la puttana - dalle 10 passerà presto
alle 5 lire, alle 3 alle 2 - diventerà una ruffiana - e finirà su un giaciglio all'ospedale. Muoja giovane! Ecco l'augurio il
più amico che le si possa fare. [La nota nel ms. continua per altre 23 righe abrase].
4507. Vi ha chi nel discorrerti insieme ti sbottona e ribottona il soprabito. Dopo un paio di colloqui con tale,
bisogna mandare l'abito al sarto. - Vi ha chi nel passeggiare con te, ti spinge a poco colla sua spalla sull'altro lato della
via, per poi risospingerti su quello di prima - vi ha chi ti affolla delle più insulse domande senza attender risposta. Es.
Pertusati e Vittadini.
4508. orgie di studio dalle quali mi alzavo esaurito.
4509. La Malibran morì a Sinigaglia dove cantava durante la fiera. Avea sempre intorno 4 o 5 vecchi ricconi,
lauti pagatori - quasi tutti veneti. Quando morì, tant'era il fanatismo per lei che la sua mobiglia fu disputata a prezzi
favolosi fra i suoi ammiratori. Si pagò 20 scudi l'uno ogni coccio del pitale dove avea per l'ultima volta pisciato. Tale
diede 100 scudi pel cannello d'avorio del clistere di lei, affine di farsene un bocchino da pipa. Un suo voluttuoso canapè
con molle stanche salì a una cifra enorme.
4510. Es. di titoli barocchi di libri di chiesa - Calamità de' cuori, ossia la vita di Gesù nel ventre di Maria di
Luigi Novarini. - Les Alumettes du feu divin pour faire ardre les coeurs humains en l'amour de Dieu - Le royal Syrop
de Pommes. Antidotes des Passionslancoliques - Lunettes spirituelles pour conduire les femmes réligieuses dans le
chemin de la perfection - L'oreiller spirituel, nécessaire à toutes personnes pour extirper les vices et planter les vertus.
- L'Orologio della sapienza, purgante per le anime peccatrici - La pieuse Alouette avec son tirelire - Le fusil de
Pénitence avec ses alumettes - Il piccolo cane dell'Evangelio abbajante agli errori di Lutero e Calvino - Il Pungolo
dell'Amor Divino - Les fruits sacrés du cordon indulgenciaire de S. François. - Occhiali di cristallo di rocca coi quali
chiaramente si vede la via di domare la carne - Filomela serafica - Teriaca e antidoto de' vizi - Les rossignols
spirituels ligués en duo par le P. Philippe. Valence 1631 - La doulce nouvelle et saulce friande des Saints et savoureux
os de l'avent par Jehan Massieux. - Torrent de feu sortant de la face de Dieu pour dessécher les eaux de la paresse
réligeuse ecc. par le Père Suarez - Les soupirs salutaires de Helie Poires - Le prime nuove dell'altro mondo - Stato
delle Anime del Purgatorio, de' Beati in Cielo, de' fanciulli al limbo, e de' dannati all'Inferno - Le fouet des Jureurs et
des Blasphémeurs - De inferno et stato daemonum ante mundi exitium - Le démonomanie de Loudon qui montre la
véritable possession des réligeuses Ursulines, obsedées et maleficiées; le nom de leurs démons ecc.
4511. Es. di titoli curiosi di libri, spec. sulle donne. La malice des femmes avec la force de Martin Baton - in
- 12. Paris - Mulier malus, mulier bonus, mulier homo, mulier non homo. (Anno 1690 in 8
vo
) - La peau de boeuf ou
remède universel pour faire une bonne femme d'une mauvaise. Valenciennes 1710 in - 12 - La sphère de la Lune
composée de la tête de la femme. Paris 1632 in 8
vo
- Hippolitus redivivus, id est remedium contemnendi sexum
muliebrum - Les dames dans leur naturel - Funiculi nodi indissolubilis de conceptu mentis et conceptu ventris -
Nouvelle école de Finances ou l'art de voler sans ailes Cologne 1708 in - 18. -
4512. Giordano Bruno l'avea, almeno a parole, colle femmine. Dice (negli Eroici furori) dei poeti erotici:
che spettacolo, o Dio buono! più ignobile e vile può presentarsi ad un occhio di terso sentimento, che un uomo
cogitabondo, afflitto, tormentato, il quale spende li migliori intervalli di tempo, distillando l'elixir del cervello con
mettere in concetto quelle continue torture, que' gravi tormenti, que' faticosi pensieri, e quelli amarissimi studi, sotto la
tirannide di una indegna e imbecille, stolta e sozza sporcaria? (intendi, femmina!) - ...e i sospiri, i lamenti, le strida per
quel bianco, per quel vermiglio, per quella lingua, per quel dente, per quel guanto, quella scarpetta, quel risetto, quel
sdegnosetto, quella vedova finestra, quell'eclissato sole, quel maitello, quello schifo, quel puzzo, quel sepolcro, quel
cesso, quel mestruo, quella carogna, quella febbre quartana, ordinata al servizio della generazione... che è così bella un
pochettino all'esterno, ma nel suo intrinseco è contenuto una bottega, una Dogana, un mercato di quante porcherie,
tossichi, veneni abbia potuto produrre la nostra madrigna natura - ...vanissime, vilissime, vituperosissime cose,posso
credere che un uomo che si trovi un granello di buon senso e di spirito possa spendere più amore in cose simili che io
abbia speso nel passato e possa spendere al presente. (G. Bruno)
4516. Umoristicissimo è il finale del Lucio Asino attribuito a Luciano - quando una donna libidinosa
s'innamora di lui, che è ancora asino, e giacegli insieme provandone sommo diletto... - Ma al dì dopo Lucio, mangiate le
rose, ridiventa uomo. Si presenta tutto lieto all'innamorata, pensando “se tanto le piacevo da asino chis quanto le
piacerò ora com'uomo...” Pranzano insieme. Egli si toglie le vesti, e accorre a lei colle braccia aperte. Ma ella lo
respinge: Egò - ella dice - Di', ouchì soù allà toù ònou toù soù eròsa, tòte, ekeìno kaì ouchì soì synekàtheudon. Kaì
òmen, kaìn kan ekeìno ghe mònon méga toù ònou sýmbolon diasòzein kaì de moi elélythas ex ekeìnou toù
kaloù kaì chresìmou zòou es pìthekon metamorphotheìs - e lo caccia indignata - di casa.
4517. lo fece due volte cu - (cioè cucu - ossia gli fece le corna).
4518. [Nota di 2 righe abrasa dal ms.].
4519. Di libri splendidi per idee e per stile - I liber hin ona ciocca de soo. - Troppo sole; ci vorrebbe
qualch'ombra.
4520. Nella Chioccia de' letterati (Desinenza in A) dove si parla di un'opera in musica di Hans Hanschen,
volevo porre una nota relativa alla prefazione critica dello stesso sulla propria opera, la quale nota avrebbe a press'a
poco suonato così: “Sarei tentato a tradurre la prefazione del nostro Hans Hanschen indispensabile per ben comprendere
la musica della giornata, ma rimando ciò a sede più opportuna; mi accontenterò di darne alcuni saggiuoli. Questa
prefazione è divisa in tre parti. Nella prima l'Autore constata orgogliosamente il suo fiasco e ne scopre le ragioni
filosofiche, nella storia, nella teologia ecc. ecc. - Nella seconda spiega il suo metodo, che tende a sfuggire ogni armonia
per raggiungere la massima dissonanza - Nella terza predice a stesso un trionfale avvenire. In particolare poi, scrive:
Si obbietta che la mia musica ingeneri il tedio. Benissimo. È quanto volevo. Tutti oggi si accordano nel dire che l'arte
vuol essere Contemporanea e Reale. Qual il carattere generale dell'epoca? la noja. E io la descrivo - La mia arte è
dunque contemporanea. - Circa poi alla realtà ho per istituto di mettere possibilmente gli attori nella condizione precisa
in cui dovrebbero trovarsi i personaggi. Una prima donna innamorata canterà, è certo, d'amore meglio di una non
innamorata; un tenore che soffre di colica morirà teatralmente con accenti più flebili di un altro che tenga il colon in
perfetta regola. - Ora, come sapete, il tema della mia opera è la perpetua minaccia delle morsicature di un orso. - Ma,
purtroppo! le esigenze degli industriali impresari tarpano le ali al poeta. Chi non vede, ad esempio, che se nel triàlogo
(anticamente chiamato terzetto) del 7
mo
atto, scena 27
ma
fra Gamberoldo, Sverzo, e Zanfergualda, invece di un qualunque
corista camuffato da orso e un brontolio di violini, ci fosse un vero orso con degli schietti ruggiti, chi non vede, dico,
che il triàlogo summenzionato sarebbe recitato con quella terribile ansia indispensabile a ben comprendere la situazione
e a far suonare il teatro d'applausi? E aggiungi a questo, un temporale, non come si usa in teatro di lastre di latta, di
boccie di legno e bengala - ma un temporale quale può darci la fisica, di grandine vera, di tuono e di fulmine, e poi sfido
a non ottenere un successo. Lo spavento - tema della mia opera - si comunicherebbe a tutto il teatro. In un batter
d'occhio si vuoterebbe la sala. L'opera sarebbe salva. - ecc.”
4521. Ai moderni matematici della musica, questa non piace loro che pei problemi di acustica. ci vedono
altro, ci trovan di bello che numeri e combinazioni di numeri, che vibrazioni di onde sonore ecc. L'occulta
famigliarità fra la musicale armonia e la bontà che s'indovinava nelle opere antiche, è affatto perduta nelle moderne. Non
dominano in questa che le dissonanze dell'odio.
4523. (Del cervello femminile). Forse l'appartamento c'è, ma la mobiglia è tutta fuori di posto. Ivi stanno, per
così dire, le pentole in sala, e i letti in cucina. Odile chiacchierare! Come chi sogna od è pazzo, il loro farfallino cervello
batte le ali a zigzag dietro ogni idea accessoria ultima apparsa, perdendo sempre la principale, filo del sillogismo.
4525. Dicono alcuni che l'amore è il coito. Sarebbe come dire che il mangiare è il cacare. Certo che il cibo
finisce, in parte, nel cesso - ma non si mangia pel cesso come non si fa all'amore pel coito, sebbene ci si finisca.
4527. Certe mamme che non conducono le loro figliole a teatro, paurose di passioni che hanno d'uopo di
suggeritore - le lasciano invece senza timore a contatto dei poderosi fianchi di un servo ben altro eloquenti. - E le stesse
mamme dicono alle stesse figliole “questo saprai, questo leggerai quando sarai maritata” - come se ci fossero due
moralità, l'una prima e l'altra dopo il matrimonio.
4528. L'inviolabilità del domicilio non entra nel letterario statuto.
4529. Ritagli di pensieri e d'imagini avanzati nello scrivere “La Desinenza in A”. ...era dama che si
addormentava facilmente in anticamera - fare il briccone tanto per stare in giornata - donna di primo amore - labbra
mature ai baci - signore colle paglie ne' capelli - l'ora in cui la guancia della vergine scotta. - Nell'età in cui prestiamo il
nostro amore alle pietre e ce ne sentiamo riamati - il rossore, tormento del pudore - Ora che non sono più commosso,
posso scrivere cose che commovino - Era un sistema di bugie - la ghiotta faccia di Isa - soda tanto che le si potevano
schiacciar sopra le pulci - L'amore fà parere il fiato d'aglio ambrosia - [1 riga abrasa] - Stelline che imparano a servire -
faccia che tien desto: s'ella si guarda nello specchio, non s'addormenta più - giojellar una sposa - Togliete il lusso alle
donne: guarderanno la casa - Lola non arrossiva che ne' capelli - In un sol caso le donne mostrano ingegno: nel fare il
male - Nascondono ciò che non hanno - Gli unici gusti che ci seguono fino alla tarda età: la tavola e il tavolo -
Disperata, ella fece per stracciare il fazzoletto, ma accortasi che era de' nuovi... - Il medico, l'uomo che non crede in
Dio: il prete, l'uomo che non crede nell'uomo - la luna, il rendez-vous di tutti gli innamorati senz'amante - La maestrina
di piano che si sfoga a suonare, non potendo esser sonata - gambe che ricordano il cavallo - Non è vero che le donne
sieno inette ai pubblici offici e ne siano tenute lontane. Non è publico impiego il meretricio? - Leggono gli amori fini,
frequentano i grossolani: lodano il latte, mangiano la cipollata - Quello che prima è arte, diventa subito poi industria.
L'arte perchè sia tale, dev'essere, senza riposo - nuova - Io pure non ebbi il coraggio fin quì di essere totalmente io: mi
appoggio ancora alle gruccie mentre ho salde le gambe - I gramatici vogliono far lo scrittore: i fabbricanti di mattoni
vogliono far l'architetto - suppliscono colla malizia all'età - arrossano quando... son viste - (finale al quattro salti) “Porta
un caffè” - “Non c'è più spirito” - Chissà quanto le era costato il farsi sì brutta! - Non poteva più vedersi nello specchio
nè com'era prima nè come allora. - Amale tutte, non una - Raff. fra la Madamina e la Cocotte, la prima quasi scomparsa.
- Per poter esser amati bisogna diventare indegni di esserlo - L'uso di mettere in berlina le donne di malavita loro
aquistava avventori. Alla berlina antica oggi fu sostituito il teatro. - Amore è ozio - (in un'orgia) ma il sonno venne in
soccorso dell'onestà - dal seno chiaro-di-luna - dionea di amanti (la dionea è una pianta carnivora) - Quanto mi stima?
chiese una signora. Risposi “segond la sarà vestida”. Vedi risposta di Firdusi a Tamerlano - Le montanine sono come
il vinello dei crotti. Guai se non hanno sotto per lo meno un 2000 piedi dal livello del mare - Le donne come i limoni,
sono acerbe, anche quando mature. - Nella Madonna - a fresco - del mio cuore fu aperto un pisciatojo - La verginità non
ha valore che a perderla - la luna incipiente pareva un rottame di unghia - viso affollato di pensieri - col cardinalato in
viso (di faccia vinosa) - giacchè el ghe sto Signor... Tant per gòdel - Non era di quelle che mangiano pane e vestito -
andò in America a fare il briccone per poter poi ritornare e fare il galantuomo in Europa - E Zefiro passeggia ora la sua
milionaria pancia nella carrozza della moglie, ch'egli ebbe il piacere di piangere l'anno scorso - Era un bel chiaro di
luna. “A luna piena, - dice il taccuino, si piantano i cavoli e si seminano i fagioletti ecc.” - Le educande susurrano con
paura di spiriti. Eppure in tutto il convento non c'è altro spirito di quello in cui la madre badessa tien le ciliege - vecchie
bavose come bachi - la civetta dai due marenghi per occhi - Contano le stelle e mondano il riso - Nessuno lo amava: egli
giurò vendicarsene, amando tutti - Non c'è bagno in vita che basti a lavare l'umanità sudicia - fuggi i ladri, qual ladro - si
era dalla parte del cuore lisato il panciotto a forza di stroppicciarvi la mano - È l'ora in cui i lumajoli accendono le stelle
della città - broughams, lupanari ambulanti - giovinetti che parlano di peste cristallina con quella medesima indifferenza
con cui parlerebbero di zucchero d'orzo - Era freddissimo. Le loro parole parevano vedersi scritte sul loro fiato e io
rammentavo le cartoline uscenti dalla bocca dei Santi medioevali in pittura. -
4530. Due chiericucci fanno per togliere un grosso messale dalla sua busta. Uno s'attacca da una parte e tira,
l'altro dall'altra e tira. La busta si ostina. Dalle dalle, a un tratto la cede - e i due chiericucci vanno a gambe per aria col
messale, l'uno; colla busta l'altro.
4531. A Bologna, dicono si trovasse un'antica iscrizione che faceva sudare per decifrarla da una
cinquantina d'anni tutta una academia di archeologia. Passò un villano e lessela correntemente. È questa la via degli
asini.
4532. Vi ha eruditissimi sciocchi che sciupano la loro vita a tradurre in latino od in greco autori moderni
come Dante, Parini ecc. quasi li volessero dare da leggere alle morte nazioni di Grecia e di Roma.
4536. b). Nei conviti romani, l'amoroso usava bere tante volte quant'erano le lettere del nome della sua amata.
-
4537. Quando si lasciava scappare una loffa, i romani dicevano divisio da visium (loffa) - quando un peto,
intercapedo da peditum (peto) appress'a poco come noi a chi rutta diciamo “eructavit cor meum” ecc.
4541. Non contentatevi nelle vostre passeggiate del primo luogo di sosta che vi si offre: non contentatevi
nella vita della prima donna che incontrate. Eppure qualcuno, trovata una poltrona tanto quanto comoda, vi si adagia e si
bea del suo calduccetto senza neanche pensare che quell'altra poltrona a lui prossima può esser più comoda assai.
4543. Nell'ultimo capitolo dei Ritratti Umani - Dal calamajo di un medico. Corr[eggere] e la notte
produttrice di figli e d'idee - in - e la notte produttrice d'uomini e idee.
4546. le sue manaccie parevano due pezzi di manzo appena estratti dalla ghiacciaja (tant'erano fredde e rosse)
- troppo buona cogli uomini, troppo cattiva colle donne - alcune, ma poche, si contentano di leggere ciò che
desidererebbero fare -
4547. Le ragazze che dicono “se mi sposi ti voglio bene” - equivalgono alle puttane che dicono “dammi 5 lire
e sono tua” -
4549. Che vi ha di più sconcio della pompa di un matrimonio? Ecco che in presenza di un mondo di gente, il
sindaco chiede allo sposo “siete voi contento di fòttere la signora Tale?” - Ed a questa: siete voi contenta di esser fottuta
dal tale? - Poi si fa un pranzo in omaggio di un maschio che monta una femmina. Che c'è mai da far festa? Per la
probabile nascita, forse, di un nuovo infelice?... Eppure quando si ha voglia d'alleggerirsi l'intestino retto, ci si nasconde.
E il fottere non è un pari officio?
4550. Correnti C. - Correnti è una miniera di annedoti sugli uomini illustri a lui contemporanei. Salvo il
genio, ricorda a tratti Rovani. Ha però il mio brutto vezzo di sostenere tesi insostenibili pel gusto solo di contradire, non
solamente al pensiero altrui, ma al proprio. E racconta, che quand'era Ministro e gli fu presentato un professore
entusiasta del signor Tasso, come dice Galileo, lo accolse dicendo roba di chiodi della Gerusalemme. Il povero
professore s'era fatto pavonazzo. Voleva scoppiare dall'indegnazione, e nell'istesso tempo era trattenuto dal rispetto per
il Ministro. “Mi sono creato” - aggiunge Correnti - “con poche parole un nemico”. (22 Xbre 1877) Correnti frequentava,
da giovinetto - a suo dire - una casa dove si riunivano Felice Romani, Bellini, Piazza, e altre stelle minori come il
Cobianchi, suo professore, il Perotti ecc. La prima volta ch'egli comprese la musica fu alla “Norma” di Bellini. Essa gli
rivelò quanta bellezza si celasse nei suoni, prima in lui confusissimi. - S'incontrò con Rossini in casa Porcia. C'era un
gran pranzo in onore di Litzt. Litzt tardava da mezz'ora. Porcia guardò l'orologio dicendo a Rossini: che ve ne pare
Rossini? emm de andà a tavola? E Rossini: Anch'io ho fatto il genio, ma non mi sono mai fatto aspettare. - Contò poi il
Correnti di Felice Romani che avendo dormito una notte colla finestra aperta, si destò cieco. E tale rimase per alcuni
giorni, con suo immenso spavento - (8 gennajo 1878) Correnti parla di Mentana. Rattazzi favorì l'impresa di Garibaldi
contro ogni prudenza, eccitato dalle lettere del Principe Napoleone che gli diceva “faites vite, faites vite”. Correnti
invece la sconsigliava. Egli era stato apposta a Parigi per scandagliare il terreno e avea udito da Rouher frasi tali “La
Francia non si piglierà in pace un simile schiaffo dall'Italia. L'Empire ne tombera pas dans le ridicule ecc.” - Ed
essendosi allora formato un Ministero garibaldino (perchè composto da Depretis, Mordini, Conforti ecc.) voleva che si
arrestasse Garibaldi ma in tempo, cioè innanzi Mentana. Durando invece diceva: ajutiamolo fino a Viterbo e Velletri... e
lì... stop (!!) - Se il governo italiano - dice Correnti - avesse ajutato Garibaldi, la guerra colla Francia era inevitabile, e
l'Italia non avea allora da porre in campo più di 150.000 uomini. - Si parla quindi di Custoza. Custoza - esclama
Correnti - fu un errore e Lissa una viltà. Stando a lui, si sarebbero dovuti condannare, non solo Persano, ma tutti i
comandanti delle navi, compreso Ribotty. Chi vinse Lissa fu il solo Tegethoff col Kaiser - piroscafo cinto di catene pel
combattimento, stando l'ammiraglio stesso al timone e dirigendo la prora contro il Re d'Italia, mentre Persano deviava
colla sua mano il braccio del suo ufficiale pilota che cercava d'indirizzare la nave incontro al nemico. Bixio l'avea detto
“era necessario di porre a capo della flotta Garibaldi”. Non è la nave che dev'essere corazzata - ma il cuore. - A Custoza
Lamarmora fece da ajutante a stesso, correndo a informarsi qua e là dell'esito dei vari combattimenti e così perdendo
di vista l'insieme della battaglia. Avendo raggiunto Cugia che resisteva valorosamente, gli domandò notizia di Brignone.
Cugia rispose di non saperne nulla da due ore. Or che rispose Lamarmora? - “Cojon!” e volse il cavallo a spron battuto,
senza saper dove. - Correnti parlando del 48 e del Comitato Provvisorio dov'egli sedeva come segretario, contava di
Lamarmora, allora maggiore di artiglieria, che entrò nella sala delle sedute, dicendo con fuoco: ma che fanno signori?
Su! taglino la strada agli Austriaci ecc. - Ma il comitato non si mosse. Si noti che un generale del governo provvisorio
non sapeva neppure se Treviglio fosse al di qua o al di là dell'Adda.
4551. C. Correnti. Dei Napoleoni, Correnti dice che il primo ha abbozzata l'Italia e il terzo l'ha fatta.
4552. C. Correnti (15 aprile 1878) narra come fosse suo il sonetto contro Maffei che termina coi versi: La tua
voce o dolcissimo poeta - per l'ampie volte della Polizia -nell'ombra della notte amica e cheta - Soavemente echeggia e
fa la spia - e come fosse pur suo il sonetto (?) contro Cantù che finisce... vi presento il cavalier Cantù - sonetto composto
a casa di Carlo D'Adda. - Osserva Correnti però come non fosse vera la voce che accusava Maffei di essere spia
austriaca. Maffei scrisse un inno in lode al sovrano dell'Austria ma prima del 48. Dopo il 48 frequentava, è vero, casa
Torresani, ma spensieratamente come compaesano al barone - Quando Correnti si presentò colle mani in saccoccia a
Bolza incarcerato, questi credendo che Correnti vi tenesse pistole, disse: mi uccida pure, non ho paura”. Correnti lo
rassicurò in modo che Bolza gli gettò al collo le braccia e lo baciò: poi, Bolza, tirandosi di tasca una cordicella, e
mostrandogli una trave “se lei tardava, disse, mi avrebbe trovato là”. - E a Correnti che gli domandava quali fossero le
spie austriache, rispose che ce n'erano tante, e tanti ambivano di esserlo, che ad ogni buon fine per provvedere alla loro
paga, senza che l'Erario ci scapitasse, si era di ciò incaricato un certo venditore di quadri, il quale teneva scritto il nome
di tutte le spie della città dietro un tal quadro che nominò, esistente nella sua bottega. Correnti si recò subito dal
quadrajo, trovò il quadro, ma fra i moltissimi nomi di spie non lesse quelli di Maffei e Cantù (Che ingenuo! penso io -
erano spie hors-ligne e però pagate a parte). Anzi sul registro della Polizia si trovò una nota sul Cantù che si tacciava di
liberale, dicendovisi, quanto a Maffei: è un fanciullone innocuo, che riporta le cose senza saperne il valore. - E quì
Correnti, per scusare Maffei (!) osserva com'egli non si accorgesse neanche che l'Italia avea un padrone - appunto come
un certo Bazzoni, di patria bresciano, suo amico e condiscepolo all'università di Pavia, il quale, quando Correnti
reclutava studenti per la causa d'Italia, si maravigliò alle frasi di servitù austriaca e simili, dicendo, “ma come? non si
può far tutto quanto si vuole in Italia?” - e alle ragioni in proposito di Correnti, colto da subita persuasione, si accese e
diventò patriota. Questo Bazzoni, una volta sveglio, non lasciò più Correnti. Tutte le mattine si recava da lui a chiedergli
“e dunque quando li cacceremo?” fino a diventargli, per quanto patriotico, una seccatura. Bazzoni si battè poi da eroe, e
morì sul campo di battaglia.
4553. Correnti dice delle belle cose ma dice anche delle insigni sciocchezze. Una, politica, sta nel perpetuo
suo biasimo contro coloro che hanno voluta la capitale d'Italia a Roma, l'altra, letteraria, sta nel rimprovero al nostro
grande Alessandro, di aver fatto poco (!). E dice ch'egli avrebbe dovuto far più di un romanzo, che nei Promessi
dimenticò l'idealismo dell'uomo ecc. ecc. - Di Rovani, Correnti ha mediocre concetto, gli nega la buona lingua, gli nega
l'evidenza nelle descrizioni. Ma certamente Correnti non l'ha letto.
4554. Il panciuto Correnti, da giovane, era magrissimo. Recavasi spesso da Pavia a Milano a piedi, e
camminava alle volte dormendo sorretto al braccio dei compagni. Un essendo stato raggiunto da una vettura e i suoi
amici salendovi, egli preferì di continuare la via a piedi, scommettendo che sarebbe arrivato a Milano prima della
vettura. E difatti ci arrivò, ma quasi spedato. - A Parigi dove fu col Govi, dopo 42 ore di viaggio, volle tosto recarsi alla
Galleria del Louvre, ma nella sala delle faentine, dinanzi una bacheca, fu colto da un sonno improvviso, barcollò, e se
non c'era Govi a trattenerlo, sfondava la bacheca.
4555. Moriva una madre. La figlia maggiore, una sedicenne, entra nella sala dov'è apparecchiato il pranzo e
dice ai fratellini: “La mamma stà per morire. Se volete mangiare, mangiate subito - perchè di quì a qualche ora non si
potrà più pranzare, ma dovremo piangere”.
4557. magara, utinam, Dio volesse, è tanto mil. che rom. -squacqueraquajjusquicquera - parola di dileggio
rom.
4560. Diceva tale che il briccone è il fondamento d'ogni stato. Difatti se non fossero bricconi non ci sarebbero
nè leggi, nè militari, nè giudici - se non ci fossero giudici non ci sarebbero prigioni - nè finanze per mantener tutti quanti
- Le finanze vogliono amministrazioni etc. etc.
4561. Il sofisma del mucchio. Quale quantità può dirsi mucchio? Prendi un granello di sabbia, mettilo sulla
tavola. È un mucchio? No... Aggiungine altri e poi altri. Verrà un punto in cui i granelli ammassati diventeranno
mucchio. Quale sarà questo punto? quale sarà quel granello che lo determinerà? e perchè un solo granello avrà a
formare il mucchio?...
4562. Correnti fu sempre ostile all'idea di far Roma capitale dell'Italia politica - perchè seguace dell'illusione
manzoniana della conciliazione fra il cattolicismo, e il patriotismo. A lui consentivano Gadda, Visconti Venosta etc.
Dissentiva Sella, uomo pratico e mondo di astruserie.
4563. Ci sono rimedi popolari d'immancabile effetto, non registrati in nessun libro di medicina, appunto
perchè troppo facili. Il primo è per le unghie incarnate - le quali hanno spesso origine da una cattiva direzione presa
dall'unghia al suo crescere - direzione che non potendo, una volta cominciata, cangiare, mantiene la ferita viva. A
guarire, basta far mutare la direzione all'unghia - il che si ottiene con pezzetti di stecco, con filaccia ecc. da mettersi
sotto l'unghia, a cui il minimo intoppo devia la presa direzione - il secondo rimedio è pei pori - polentina di lino - Il
terzo è pel singhiozzo - un cucchiarino di zucchero in bocca finchè si scioglie. - E a proposito della semplicità de' rimedi
si può notare questo fatto. La signora A. Maraini teneva un'unghia incarnata che aveva fatto impallidire la celebrità di 4
o 5 medici in voga. Si presentò un ciarlatano e promise guarirla, ma a patto che gli si sborsassero in anticipazione cento
lire. Il marito pagò la somma, e il ciarlatano impiegando il suaccennato rimedio guarì in quattro la Signora. - Ma la
signora ne restò malcontenta. E si diede a lagnarsi che per un rimedio di così poco rilievo si fossero pagate cento lire -
per un rimedio che non avevale dato neppur un dolore. - Decisamente si vuole che un rimedio costi e faccia male, perc
non si creda di avere gettati i propri denari.
4569. manteiga (portogh.) - burro, unto CF. manteca (it.) pomata - muy curiosa - e particularmente. CF. questa
forma gram. portog. colla tedesca - penedo (port.) o penasco (spagn.) roccia, scoglio CF. Apennino - e La Penne pure nel
Savojardo.
4570. Negli storici antichi portoghesi troviamo glorificate le più vergognose vittorie - come stragi di povere
genti pagane disarmate per opera della artiglieria cristiana (Vedi Lucena Vida de San Francesco Xavier nel
combattimento fra portoghesi e accinesi). - E così nella massima parte degli storici portoghesi domina la beghineria e la
crudeltà - e in storici, notiamo, contemporanei ai nostri generosissimi Segni, Macchiavelli ecc.
4571. La burocrazia fu inventata in China.
4573. Paolo Mantegazza, un misto di vero ingegno e di malcelato ciarlatanesimo. Mi dice ch'egli recita tutte
mattine una preghiera così concepita: in nome di Kant, Göthe, e Newton imploro le facoltà superiori a darmi luce per
iscoprire la verità utile, e forze per conquistarla. - Dopo la salita da lui fatta su un altissimo albero nell'isola di Teneriffa,
chiamato [spazio bianco nel ms.] del Drago, aggiunse nell'invocazione della sua preghiera anche il nome di detto albero.
4577. rodoni (mil.) cav.
ri
del dente CF. rodeurs (francese).
4578. Io peno più assai a scrivere una minuta di ufficio di poche righe male, che una pagina letteraria bene.
Anche per scrivere male ci vuole la sua brava fatica, i suoi appositi studi - starei per dire, il suo genio. Non è cosa da
tutti. È indicibile spasimo a me, sempre in cerca di nuove e belle frasi, doverne continuamente scartare appunto perchè e
belle e nuove - sostituendole con altre, vecchie, scriteriate, sconclusionate. E naturalmente le mie minute sono sempre
cancellate e corrette dai capi sezione e divisione, i Manzoni e i Danti dello scrivere idiota. - (gennaio 78) Rientro al
Ministero - rivedo i vecchi compagni; molti capelli grigi ecc. Che hanno mai fatto in questi cinque anni? Sempre la
stessa cosa, la stessa sciocchissima cosa. Io almeno diedi alle lettere - un Regno de' Cieli - de' Ritratti umani e una
Colonia Felice. -
4579. (Luglio 1878) Passavano i cavalli del Re, a mano delli staffieri che li conducevano alla stazione -
pingui - lucenti - briosi. Passavano anche in quel punto gl'impiegati che uscivano dal Ministero delle Finanze. Uno di
questi, lungo, magro, giallo, si fer ad ammirarli dicendo insieme al compagno - pur magro giallo lungo - con un
sospiro di invidia “Guarda come son grassi!”. -
4580. Dossi è una rara moneta aurea ma da gabinetto numismatico; utile allo studio, inutile al commercio; De
Amicis è un soldo di rame ma corrente. Solo Manzoni e Rovani riuniscono la preziosità alla commerciabilità: sono pezzi
da ventilire che pajono stampati oggi (per non dire domani).
4581. Per l'onestà politica V. Foscolo Della servitù d'Italia. Discorso I, p. 188, V. anche a pag. 194 a metà
(Ediz. Lemonnier).
4582. Swift per satireggiare que' lavori dalla burbanzosa apparenza i quali non sono infine che un centone di
frasi fatte scrisse il suo umoristicissimo “Critical essay upon the faculties of the mind”.
4585. Molti fascicoli di note goriniane sono scritti con una criptografia particolare. Volendo un giorno Paolo
Gorini darmene una idea mi segnò questa cifra dicendo essere il mio nome (ossia ) o
quest'altra dicendo essere il suo (ossia ) E il mio sistema, aggiunse, è pressapoco così.
4586. Che? i gramatici daranno norma ai poeti? i giudici daranno leggi ai legislatori?
4587. L'ingegno è fatto per un terzo d'istinto - un terzo di memoria - e l'ultimo terzo di volontà.
4588. Saverio Corrieri di Modugno (Bari) commette un omicidio volontario senza premeditazione sulla
persona di Vito Cavullo, il 21 luglio 1849. - Si rifugia a Corfù, dove per attestato del Console, conduce una vita
lodevole, si forma una onesta famiglia ecc. È condannato in contumacia a 20 anni di lavori forzati con sentenza 13 sett.
1867 della Corte di Assise di Trani - Addì 5 nov. 1877 chiede la grazia sovrana, osservando com'egli abbia passato 29
anni di esilio. - In risposta il gov. ordina al Console di sorvegliarlo opportunamente affine di poterlo, come appena si
possa, arrestare. La cosa è legalissima ma altrettanto infame benchè governativa.
4589. Carlo Cattaneo - prima lombardo, poi italiano. Le sue olimpiche oscenità. - Da giovanetto Cattaneo
(narrava egli) s'era accesa la fantasia col dubbio se la fica fosse per sbiess o per indrizz. Voleva fare esperienza. Passa di
dove alcune fanciulle stavano cucendo un pagliericcio. Ne piglia improvvisamente una; la rovescia sul pagliericcio e
guarda. Grida della ragazza, delle compagne, e degli accorsi parenti da tutto il cortile. Calma di Cattaneo, che parte
dicendo: l'è indrizz. - Lo sperimentalista si palesava fino d'allora. - Un Cattaneo e altri si raccolsero a festeggiare con
un pranzo il 20
mo
anniversario della loro uscita dal Collegio Ghislieri. Intervennero al pranzo, oltre Cattaneo, Ignazio
Cantù, il canonico Ambrosoli ecc. Si pose di raccontare tutte le lubricità fatte in giovinezza. E ciascuno raccontò le più
porche. Solo Ambrosoli taceva, notissimo sodomita. Cattaneo gli si volse, dicendogli: e tu, perchè taci?... Ma, parla!
almeno per pudore. - A' tempi di Cattaneo fu fatta la pace tra classici e romantici e per celebrarla si bandì un gran
banchetto in cui intervennero i caporioni delle due scuole, e in cui i piatti alternavansi nei due stili. - Dopo un gigot
classico veniva p. es. una mondeghiglia romantica, dopo una semplice sleppa di manzo classico un pasticcio di
Strasburgo romantico, dopo un sorbetto di pura crema classico, un sorbetto punch romantico - Cattaneo amò la Perticari
figlia di Monti, già donna matura. E le stava seduto a ginocchi, posando nel grembo di lei - come Amleto con Ofelia - la
sua testa ricciuta. La Perticari gli diceva intanto di non passare mai una nottata intera con una donna, se voleva serbare
l'amorosa illusione. La Perticari faceva assai corna al marito, benc ricco, benchè conte, benchè uomo d'ingegno,
perchè il fiato di lui puzzava orrendamente. La bocca di Perticari disgradava un cesso - Cattaneo era come Rovani una
fonte inesauribile d'arguzie ed epigrammi: era ricercatissimo dalle donne. - Cattaneo consigliava di scrivere come le idee
venivano in capo, poi di levar dallo scritto tutte le parole inutili, quindi di riaccomodare lo scritto colle solite particelle
congiuntive. - Il professore di geologia Omboni disse un giorno a Cattaneo che doveva fare un articolo sulla ferrovia
dell'Engadina ma non sapeva come incominciare. Rispose Cattaneo: e tu non incomincia. - Cattaneo non si risolveva mai
di scrivere l'introduzione alla sua opera sulle condizioni civili e naturali della Lombardia, che stava stampando Daelli.
Essendo imminente il tempo di darla alla luce, Daelli chia Cattaneo a sè, ed accennandogli la porta di una vicina
stanza disse: “c'è là qualcuno che l'aspetta” - Cattaneo entrò nella stanza; ma tosto sentì chiudersi dietro l'uscio a chiave
e udì la voce di Daelli che gli diceva: “Scusi - ma ella non uscirà finchè non abbia scritto l'introduzione”. - In quella
stanza era un letto, erano libri, era un campanello. Cattaneo si rassegnò, e in tre giorni, scrisse, giovandosi della sua sola
memoria, la splendida sinfonia del suo lavoro. In que' giorni non si cibò che d'uova e caffè. Quando si sentiva venir
meno la lena si alzava a lavarsi la faccia - che era il suo modo di rinfrescarsi la imaginazione.
4590. Un argomento che non fu mai citato contro l'abolizione della pena di morte sarebbe questo. In
mancanza di divorzio, le mogli i cui mariti fossero condannati alla reclusione perpetua, invece che alla morte, sarebbero
costrette ad essere o adultere o infelicissime.
4591. Paolo Mantegazza dall'età di 18 anni a quest'ora (1878) ha scritto quotidianamente la sua vita. Possiede
di essa 31 grossi volumi. Vi ha giorni in cui la scrisse ora per ora. Inaugura ciascun anno col proponimento di vita - col
preventivo de' libri da scrivere e dei denari da spendere - con un'epigrafe. P. es. (pel 1878) “economia”. - Tiene poi una
tabella mensile del suo stato finanziario, una tabella dei gradi di temperatura, dello stato meteorologico, e così tiene un
indice minotaurico che riguarda i rapporti carnali fra lui e la moglie. - Mantegazza è velocissimo nello scrivere. Si
direbbe che scriva ancor prima di pensare. Ha ms. senz'una cancellatura - ma una volta scritto non è più capace di
ricorreggersi. - M. ebbe varie volte esaurimenti nervosi. Stette un anno ai confini dell'imbecillità, impotente a connettere
idee. Non poteva p mangiare, e la moglie imboccavalo amorosamente. Finalmente un giorno si vinse - si sforzò - e
riuscì a comporre un articolo sulla cremazione. Da quel giorno, fu salvo. Quel giorno, uscì la prima volta di casa e andò
a giuocare al bigliardo. - M. per eccitarsi a scrivere ha d'uopo di guardare un album tutto ritratti di splendide donne. La
donna è il suo debole, e il suo forte.
4593. Giuseppe Giusti bruciava il suo incenso a Venere nei capelli delle sue amanti, dicendo che questi erano
la parte più eterea della donna.
4594. Raiberti, il medico-poeta, in un pranzo in cui l'ospite dava academia e sperimento de' vini suoi, mentre
tutti applaudivano, taceva. L'ospite sorpreso del silenzio di Raiberti: - “ma perchè el parla no, sur dottor... ma che el se
fida! L'è tutt vin fabricaa coi mè man” - “Preferissi - rispose Raiberti - el vin faa coi pee di alter” -
4596. La tisi s'è inquartata nella famiglia di Savoja e la distruggerà tutta, principalmente per l'improvvido
matrimonio fra Umberto e Margherita, il primo, figlio di tisica e nipote di tisico (Carlo Alberto), l'altra, figlia pure di
tisico. Re Umberto è zeppo di tubercoli, e tubercoli ha pure Margherita. Anche Amedeo è poitrinaire, e la sua fine è
accelerata dalle donne e dalla nicotina. Quanto al piccolo Vittorio naque idrocefalico - ed è rachitico.
4597. Il giornale La Riforma (di Roma) ripublicò nel 1878 i racconti del Dossi intitolati “Odio Amoroso -
Maestrina d'Inglese - La Provvidenza - Il Codino - Isolina” (dall'Alberto Pisani) e gli - “Strappi di nervi - Amore
perduto - Il dilettante ammalato” (dal Calamaio di un medico) - L'“Odio amoroso” venne pure ripublicato dalla
“Cronaca Grigia” di Milano (1872 numeri 22, 23, 24, 25 Anno XII, Sett.) e così dalla “Fanfulla” anch'essa di Milano
(1878) - “La Maestrina d'Inglese - La Corba - La poveretta di Chiesa” (dall'Alberto Pisani) vennero poi ripublicati dal
Monitore Pisano (1871)
4598. Il sentimento umano, a proposito d'immoralità, è pervertito, che la scusa migliore che possa trovare
un fatto immorale stà nella sua stessa grandezza. Chi ruba un fazzoletto, è un ladro; chi un regno, un conquistatore. Chi
mente nei rapporti fra uomo e uomo, è un bugiardo; chi in quelli fra Stato e Stato, un abile diplomatico. Inoltre, di que'
tre ucciditori che sono il soldato - il cacciatore - il macellajo - il primo, che è il più infame esce dal suo misfatto coperto
di gloria - il secondo, poco utile, di favore - il terzo, forse necessario, di sprezzo.
4599. Il capitano *, magnifico giovane, uno fra gli esploratori dello Shoa, fece a Firenze scommessa di
chiavare una certa orrenda donnicciuola alta un metro che vendeva zolfanelli alla porta del Doney. E la chiavò infatti
alla presenza di testimoni. Ab ungue leonem. - Eppure quel tratto mi limito a dire bizzarro, poteva diventare un misfatto
se la donnicciuola fosse rimasta gravida, perchè certamente per la sua perversa costituzione avrebbe richiesto il taglio
cesareo.
4600. Ranieri Bellini, distinto giovane e chimico egregio, avea rapporti d'amore colla moglie di un cassiere
delle Ferrovie Meridionali consenziente questi. Un giorno lo mastru pirsuasu consegna a Bellini un plico suggellato
facendogli dare parola d'onore che lo trasmetterebbe dopo 3 giorni alla moglie. Il marito sparisce. Si sa dai giornali
ch'egli ha lasciato un vuoto nella cassa di 300 o 400 mila lire. Bellini, passati i 3 giorni, apre il plico e ci trova 3000 lire
di rend. Ital. destinati alla moglie. Va allora dal Direttore delle Meridionali. Questi gli un lavacapo e gli dice “ma
perchè ha indugiato tanto a consegnarmi questo plico? ma non ha letto sui giornali che il cassiere è fuggito lasciando un
grosso vuoto? Ella ha fatto perdere le traccie del reo, ella è un mezzo complice. L'avverto che io la denunzio
all'autorità” - Al che Bellini facendosi pallido come un cadavere rispose solo “ho sbagliato; ha ragione” ed uscì. Strada
facendo gli ritornò il coraggio e ridiventò ilare. Passò dal laboratorio di chimica e si prese del cianuro di potassio e
dell'acido idroclorico; poi andò a casa e domandò alla serva che gli avesse preparato per pranzo. Udito il pranzetto, si
fregò le mani dicendo “bene bene, avvertimi quando è pronto” - e si chiuse nella sua stanza. Dopo mezz'ora, la serva
venuta a chiamarlo lo trovò morto - seduto e ancora stringendo il bicchiere in cui avea bevuto la morte sotto la forma
dell'acido prussico. Fu la sua morte istantanea - Impossibile chiudergli gli occhi.
4601. Pura storia - Un commesso di una casa bancaria di Alessandria d'Egitto - povero e bello, s'innamora
riamato della figlia del suo principale ricchissimo. Scoperti, il commesso è cacciato. Entra in un'altra casa e continua la
relazione amorosa. Si combina una fuga. Fuggono in una oasi del deserto. Il genitore di lei sommove tutto l'Egitto. Una
squadra di arabi li raggiunge e la fanciulla è ripresa. Dopo tre giorni essa muore. Il giovine abbandona Alessandria, va a
Londra su'n veliere. entra in una terza casa bancaria - e passano due anni. - È una sera, piove; egli s'aggira per le
strade e si trova in un cimitero. Vede un convoglio funebre. Si conduceva all'ultima dimora un giovine: seguiva il
convoglio una carrozza chiusa. Egli assiste al seppellimento. Nell'uscire dal cimitero, scorge nella carrozza una giovine
in lagrime. È Lei, tutta lei, la sua perduta. Ed essa sembra pure ravvisarlo. Egli sale nella carrozza. Si baciano in
silenzio, si abbracciano fra i singhiozzi, le lagrime. La carrozza entra in una casa. Passano una notte d'amore. La gioja
presente immensa vieta loro di ricordarsi le passate sciagure. Alla mattina, il giovane esce come ebbro. - Non trova più
la via di ritornare da lei. E l'ha perduta, una seconda volta, per sempre.
4602. A Bologna, pochi anni fà, (1875) si tenne fra i principali bordellieri italiani una academia in cui era un
grosso premio e un diploma di dottore in oscenità a colui che avesse dato migliori prove di forza, grazia e varietà nel
trattare la donna. Si addobbò di velluto rosso una sala e si posero su una specie di trono tre puttanissime, nude, alla
presenza di un giurì di dodici. I concorrenti entravano a uno a uno, e scioglievano, come meglio potevano, la porca tesi.
Le puttane poi confidavano segretamente ai giurati quale avea dato loro più acuto gusto.
4603. Grondegardo e Tigridina - nomi propri non infrequenti a Rimini.
4604. Fu coniata una medaglia in omaggio all'Aretino, in cui la testa del “Poeta divino” risultava da una
combinazione di cazzi, eretti e pendenti. Mantegazza ne possiede una copia.
4604. La Grisi, celebre cantante dell'epoca rossiniana aveva la frigna perpetuamente così gelata, che chi vi si
introduceva, dovea tosto ritrarsi inorridito. - Un'altra donna l'avea col nervo costrittore, nervo volitivo, con cui serrava il
membro introdotto fino allo spasimo.
4606. Paolo Mantegazza scrisse un giorno a Rovani una lettera, dicendogli “Nella repubblica delle lettere i
generali e i soldati sono eguali. Voi siete generale, io soldato. Perdonate, se oso domandarvi dove trovare del
Valpulicella sincero” Rovani si offese altissimamente, e diceva a Brigola “anche Mantegazza m'insulta”.
4607. A Roma (nel 1849 o 50) era un cosidetto poeta Marchetti, che scriveva i drammi e le tragedie pei
burattini di Piazza Navona, e faceva roba, come si dice a Milano, da stadera. Scrisse fra gli altri, la Didone in fiamme,
che fece furore. Una matta compagnia di artisti pensò allora d'incoronarlo in Campidoglio. E difatti lo si andò a pigliare
in gran pompa in Piazza Navona, lo si fece salire su un gran carro grottesco, e in processione, a suono di padelle, e di
molle lo si condusse sul caput Romae dove gli si pose in testa un coronone di foglie di zucca e di cavolo. Ma vicino al
Campidoglio sta la Rupe Tarpea. Il Governo papale fiutò nella Didone allusioni satiriche contro i francesi, cominciando,
chi lo crederebbe, dal titolo stesso Didone (dis-donc) - e il povero Marchetti fu confinato in un paesello della campagna
romana, a meditare, come Scipione a Literno, sulla volubilità delle sorti umane.
4608. Faruffini era già addottorato in leggi quando si dedicò alla Pittura. Venne a Roma che non sapeva una
linea: in due anni vinse e fè strabiliare tutti. Senonchè dallo sforzo cerebrale, la progressiva implacabil paralisi. A volte
soffriva complete assenze mentali: egli stesso se ne accorgeva; tanto, che negli ultimi tempi, mettendosi disperato le
mani ne' capelli, singhiozzava “non sono più buono a nulla!” E allora vendette quadri e tele, e vendette perfino
cavalletto e tavolozza - compratigli dagli ammiratori a caro prezzo. Voleva fare il fotografo. Stette per recarsi in Egitto -
invece si recò a Perugia, dove, in un momento di sconforto artistico, si avvelenò. - Faruffini era di subita ira.
Schiaffeggiò un in un caffè un grosso ufficiale di cavalleria (Crivelli) per una frase sfuggita a questi in odio a
Mazzini. Rotolarono entrambi sotto la tavola. Un altro a Milano, dal caffè d'Europa tornò a casa sanguinolente di
temperinate - Faruffini come moltissimi altri uomini di genio, era, ne' primi contatti, difficile. Pungeva come istrice. Ma
nell'intimità, innamorava. A volte, nelle sale del Club Art di Roma, quand'era in vena, quando la fantasia gli si
risvegliava d'un tratto, quando la lingua riaquistava la perduta fluidità e la memoria non lo impacciava, ma lo ajutava,
Faruffini faceva stupire colla sua geniosa eloquenza gli ascoltatori. I più letterati del Club parevano diventati sciocchi.
Era un raggio di luce elettrica in una sala illuminata dall'olio.
4609. (25 nov. 1878) Mi chiamano alla Presidenza del Consiglio per rispondere alle migliaja di telegrammi di
felicitazione al Re e a Cairoli per lo scampato attentato di Napoli. Osservo che per due terzi i telegrammi delle Società
Operaje si felicitano solo con Cairoli: l'alta magistratura e gli alti istituti non parlano che del re - la bassa magistratura e
le scuole dell'uno e dell'altro. Io metto in un telegramma: onoromi presentarLe l'espressione sovrana riconoscenza. Il
segretario particolare di Cairoli S.
r
Del Castillo, mi prega di sostituire alla parola riconoscenza, soddisfazione o
compiacimento, perchè un Re non può ringraziare. E perchè? domando io. La riconoscenza è virtù abbastanza rara per
avere diritto al titolo di regale (e in me stesso: Nel 1878, un re può, anzi deve, per dio! essere riconoscente a concittadini
che si degnano non solo di tollerarlo ma di felicitarlo) - Così, rispondendo a un telegramma affettuoso di una
Associazione operaja, scrivo un elogio - assai governativo - a quel lavoro che è ordine, pace, prosperità. Il medesimo
Del Castillo mi prega di cambiare la frase come troppo garibaldina (!) - E faccio pure una esperienza in anima vili per
vedere se Cairoli ha la vanità dell'applauso. Ringraziando per congratulazioni dirette in pari tempo al Re e a Cairoli,
metto in bocca a questi alcune parole di giustissimo orgoglio per avere salvato la vita al capo dello Stato. Quì è il
Comm.
re
Casanova, Capo del Gabinetto, che viene a osservarmi di tenere un tuono più rimesso e di lasciare un po'
nell'ombra Cairoli. Cambio e lascio nell'ombra Cairoli; ma allora Casanova torna a osservare di tirarlo un po' in luce.
Evidentemente Cairoli è come una donna di teatro che rifiuta l'applauso, ma guai se non la si loda. Chi direbbe che
anche il merito vero dovesse avere di queste sciocchissime vanità!
4610. Il bumerang, arma india di offesa, colpisce il nemico alle spalle e riparato, poi, se il colpo fallisce,
ritorna all'offensore.
4611. (8 gennajo 1878) C. Correnti mi dice che Giusti era un codino (!) - poi, che gli artisti di Roma sono
tutti mestieranti.
4612. (17 novembre 1878) Attentato a Napoli contro Re Umberto e ferimento di Benedetto Cairoli. La giusta
indignazione contro l'assassino si cangia in una schifosa adulazione nel mondo ufficiale. Gente nata al giogo impreca
contro quelle libertà che hanno fatta e mantengono l'Italia, e domandano a colui che dovrebbe essere il tutore del
progresso, reazione. Non s'avveggono, gli stolti, di armare nuove destre. Fino dalle aule della imparziale Temi, un
Presidente di tribunale (Teodorani) domanda la soppressione del diritto statutario di riunione. La quistione sociale è
oggi di capitale importanza, nè v'ha capestro che possa strozzarla. L'operajo il quale vuole assurgere fra chi governa non
si accontenta di promesse, di provvedimenti a uso unguento malvino. Egli è rozzo; le sue espressioni sono quali gli sono
suggerite dalla educazione. Egli non ha voto nei parlamenti e però ricorre al pugnale. Ma i principii veri e riposti del
movimento cosidetto internazionale hanno nido in tutti gli spiriti illuminati. Noi li leggiamo nelli economisti i più
evangelici, quali il Bastiat. L'Internazionale è una tacita associazione di tutti gli oppressi contro gli oppressori. Non è
colle inconsulte repressioni che si può soffocarli, ma con le concessioni. Noi ben vediamo i centomila in cappello e tuba
e vestiti a modo, noi leggiamo i giornali che seguitano a parlare di un ordine a loro solo vantaggio; non vediamo i
milioni di cenciosi, non leggiamo nel loro ventre, vuoto di cibo, e nel loro cuore zeppo di bile. E i cenciosi stanno più
per colui che ha colpito che non pel percosso. - La poca libertà, non la molta, fu sempre la causa dei regicidi.
4613. Si parla continuamente dei grandi sagrifici fatti da casa Savoja per l'Italia! Che sagrifici del...! Direste
voi sagrificio l'avventurare una piccola somma colla speranza di guadagnarne una grossa? - Si inneggia ai Re di Savoja
perchè mantengono la loro parola. È dunque qualchecosa d'eccezionale che un Re la mantenga? -
4614. Il senato è il museo dei deputati fuor di servizio e rifiutati dai loro collegi - degli uomini d'ingegno
esauriti - dei ricchi ambiziosi e ignoranti. La pelle di lione che sta scolpita sulla porta del Palazzo Madama è la sua vera
impresa.
4615. La frigida “Africa” aquistò il lauro a Petrarca; i primaverili sonetti Laura.
4616. Un Professore voleva spiegare il teorema di Archimede. Disse “prendete un bacino - empitelo d'aqua -
e mettetelo quì - Prendete anche una palla di ferro, e mettetela là. Pesate il bacino d'aqua: peserà tanto. Prendete la palla
e mettetela nel bacino d'aqua, e il bacino coll'aqua peserà ancora lo stesso. Avete capito?” - Ma uno scolare non aveva
affatto capito, e chiese il perchè. Rispose il professore sentenziosamente: è un fenomeno (storico) - Doria Pamphili,
figlio del Principe, venne bocciato agli esami per essere ammesso volontario, esami da scolaretto di elementari. Non
sapendo fare una piccola sottrazione, osservò per scusarsi all'esaminatore “ma io la matematica l'ho studiata in inglese” -
Altro esaminatore domandò a uno studente “per stagnare una ferita cosa si potrebbe impiegare”. Sugge un compagno
“tabacco” e l'esaminando: tabacco. “E poi?” domandò il professore. “Sale” suggerì il fedele compagno. “Sale” ripete
l'esaminando - “E carta bollata” esclamò il professore consegnandogli il diploma.
4617. Mattoidi. Pietro Carbone, commissario di Guerra ecc. scrittore di una infini di Drammi, tutto
scompagnature d'idee. “Lo scotta o tinge” è una raccolta voluminosa di essi - Tito Livio Cianchettini - scrittore,
stampatore e distributore di un giornale di metafisico-politica chiamato “Il Travaso delle Idee” - Luigi Bozza scrittore di
un volume intitolato “Il Problema Sociale” - Altri autore di un libro dal titolo “Il Primo primo” in cui voleva spiegare la
formazione delle idee - Benedetto Castiglia, deputato e consigliere di Cassazione che scrisse “Lingua e amore” dedicato
a sua figlia, in cui dice che Cristo derivò da clistere - Carlo Minetti, inventore di un modo per pigliar le fortezze
sloggiandone i soldati difensori, col gettare nelle città assediate, per mezzo di palloni, vescichette di puzzolentissimi
odori ecc. ecc. Infinita è la turba degli sciocchi - Aggiungi certo Ghiglione genovese che diresse un sonetto a Bixio in
cui trovasi il verso “Cor contro cor pria che spallin portar menasti” - Voleva dire: hai fatto il rematore prima di portare
le spalline.
4618. Certo Lubowski, polacco, scrittore di una lettre à Prud'hon avea la monomania di terminare ogni
discorso colla parola astronomico. Diceva per esempio, accommiatando “addio astronomico” - Anche Filopanti ha la
vena del matto, anche Mantegazza etc.
4619. Si voleva far sottoscrivere al Deputato Chigi, uomo sciocco, l'ordine del giorno Nicotera in odio a
Cairoli (Pettegolezzo politico 11 dicembre 78) - Chigi titubava, dicendo “vorrei sapere come la pensa in proposito il
presidente Farini”. Rispose l'altro “È inutile... Farini non ha base parlamentare”. E allora Chigi, guardò con aria di avere
capito il collega, e colla bocca ingoffata della frasona, senza chiedere altro sottoscrisse. -
4620. “Il lago Maggiore” giornale che si pubblica a Intra, fa l'allegria dei villeggianti colle sue frasi fuor
d'equilibrio. Poichè parlando, ad es., di Mantegazza che veniva sul lago, scriveva: oggi è arrivato l'illustre Prof.
Mantegazza, cotesto istancabile propagatore della generazione spontanea. Alludeva alle opere scritte da Paolo su tale
proposito.
4621. Nel mio cervello, originariamente, l'idea desiderata, era all'occhio nascosta da un sottilissimo velo, il
quale, bastava un soffio per sollevare. Ma a poco a poco il velo inspessò; divenne pattona, che ad essere alzata
richiedeva uno sforzo. Quindi la pattona si cangiò in una parete di legno, e il legno oggidì è fatto già muraglia. Per
arrivare alla idea debbo usare leva e martello. - E paragonerei pure il cervello mio e le idee, a un tubo conduttore di
un'aqua calcarea. Daprincipio, col tubo nuovo, l'aqua zampilla copiosa. - Ma l'aqua continuando a passare fa posa. E
questa aumenta ed aumenta, finc non lascia che un sottil tramite all'aqua, la quale esce stillando. Infine il tubo si
chiude.
4622. Tutti comprendono la giustizia, non tutti la gentilezza. Per dare e ricevere questa occorre una certa
educazione del sentimento. Dobbiamo dunque essere giusti con chiunque; possiamo non esser gentili con chi alla
gentilezza è impervio.
4623. A fin d'anno ogni onesta persona fa i suoi conti di cassa e di cuore. Perchè mai se ne trova, in generale,
malcontenta? Perchè si accorge di aver troppo speso dell'una e troppo poco dell'altro: perchè non si vede in aumento
che grigi capelli e una esperienza, vera madre di aceto, che inacidisce ogni vino più dolce.
4624. Rovani avea in ira l'arte puramente meccanica del pianista Adolfo Fumagalli, e quando udiva qualcuno
maravigliarsi perchè Fumagalli sonasse con una mano sola, diceva - anca mi se vui andà zoppin zoppetta fina al dazzi
ghe rivi, ma hin de quii bravur! - Anche il contegno del Fumagalli in casa del Conte Porro a Sant'Albino dava in sui
nervi a Rovani e a Raiberti, i quali quando si recavano in villa da quel conte non ci stavano che tre giorni “de col
padron, de nott naturalment, a dinn mal”. Ma Fumagalli ci stava solitamente tre mesi - e quanto più, ritirato, inacessibile
come una divinità indiana in certa stanza che erasi scelta. Il soggiorno di Fumagalli era per la servitù del Conte Porro un
purgatorio. Fumagalli non scendeva per es. all'ora di pranzo cogli altri, ma poi a mezzanotte, suonava il campanello,
faceva destare servitori e cuoco, e comandava da desinare, come se fosse in casa sua, anzi all'albergo.
4625. Es. Circolare a stampa esistente negli Archivi del M.° degli Esteri, che proverebbe la comandata
inoperosità della flotta sarda nella guerra 48-49. (Min. Aff. Esteri e div. Consolati Circolare n.° 104 Serie Generale - 31
marzo 1848 - Istruzione ai comandanti dei legni da guerra di S. M.). Nello stato di ostilità in cui il Governo di S. M. si
trova rispetto a S. M. l'imperatore d'Austria è conveniente che la S. V. Illustrissima conosca quali siano le intenzioni del
R. Governo intorno alle emergenze marittime e consolari del momento. - S. M. non intende prevalersi in questa guerra
dei Diritti che per il passato si attribuivano le potenze belligeranti sul mare - Non è sfuggito al Governo del Re che la
maggior parte degli equipaggi ed ufficiali dei legni da guerra austriaci sono composti di Italiani e che in una guerra
essenzialmente italiana e solo diretta a scacciar gli stranieri dall'Italia, era generoso il non combattere gente italiana. -
Perciò il Governo ha invitato l'Ammiragliato ad ordinare ai Comandanti dei RR. Legni da guerra di limitarsi a difendersi
nei casi ove venissero attaccati da legni da guerra austriaci, senza però provocare il combattimento ecc. f[irmato] Pareto
- Per copia conforme. Il seg. di Stato Capo divisione - Falconet.
4626. Ministero degli Affari Esteri (Circolare riservata. 18 maggio 1855). Accompagno alla S[ignor]ia Vostra
due elenchi marcati A. e B. di persone che furono espulsi dagli Stati Sardi nei mesi di febbrajo e marzo 1853 e di
decembre 1854. Gli individui segnati all'Elenco A sono pel maggior numero emigrati Politici, che pel loro carattere
inquieto e la tendenza a preparare agitazioni od associarsi alle stesse, si sono dovuti per giusta cautela allontanare dai
territori del Re... (Fra questi notavansi come maggiormente pericolosi gli indicati ai numeri 6 (Giulio Alessandrini
bolognese ex uff.) 10 (G. Boselli cremonese ex uff.) 14 (Angelo Bassini, pavese, negoziante) 30 (Conte G. Bargnani,
bresciano) 45 (P. Calvi) 64 (Enrico Guastalla, da Guastalla) 69 (G. Grioli, modenese) 73 (Leone Gabazzi, Pozzolengo)
80 (Guglielmo Gajani romano) 83 (Lemmi) 89 (Pietro Maestri) 103 (Ott. Nazzari, milanese) 119 (Domenico Porta,
milanese) 123 (P. Roncaldieri, ravennate) 137 (G. Sacchi, pavese) ecc. ecc.) La S.V. non accorderà ad alcuno degli
individui compresi ne' due elenchi sussidi ecc. f[irmato] Cavour - (E in particolare) 39 (Crispi-Genova avv. Ignazio
di Sicilia di anni 34) 44 (Cairoli Benedetto, dottore di Pavia) 45 (Pietro Calvi di Lombardia, Poss. ed ex uff. di 36 anni)
83 (Adriano Lemmi avv. di Toscana d'anni 32) 89 (Pietro Maestri medico di Milano d'anni 36) 90 (Majocchi Cesare
poss. di Milano d'anni 27) 94 (Mauro Macchi poss. di Milano d'anni 34) 138 (Stefano Turri ex uff. Bassa Ungheria
d'anni 35) - E nell'elenco A notansi i nomi Canini Marc'Antonio fu Giuseppe di Venezia maestro di lingue d'anni 30 -
Guarnieri marchese Antonio - Orsini Felice di Andrea d'anni 34 di Bologna poss. -
4627. 1821. 13 marzo. Proclama di Carl'Alberto, principe di Savoja - reggente dopo l'abdicazione di Re V. E.
I - 12 marzo id. Promulgazione della costituzione di Spagna. - Carlo Felice inaugura il suo regno facendo appiccare e
cacciare in carcere i patrioti. Fra i condannati per alto tradimento trovo un Ratazzi Urbano, medico - un Derossi di
Pinerolo detto Santa Rosa - un Moffa di Lisio - un Magistrelli fu inquisito per aver portato la bandiera tricolore per le
vie di Vercelli - Emanuele del Pozzo fu Principe Alfonso della Cisterna venne condannato alla pena di morte con forca
(che si eseguì in effigie addì 14 ag. 1821) e alla confisca dei beni. - 1831 27 aprile. Morte di Carlo Felice. - 1848 23
marzo. Proclama di Carlo Alberto ai popoli della Lombardia e della Venezia in cui si dice che egli viene ad ajutarli e
termina così: e per viemeglio dimostrare con segni esterni il sentimento dell'unione italiana, vogliamo che le nostre
truppe, entrando sul territorio della Lombardia e della Venezia portino lo scudo di Savoja sovrapposto alla bandiera
tricolore italiana - 1848 8 febbrajo. Dichiarazione delle basi dello Statuto fondamentale del Regno - 1848 18 marzo.
Indulto di C. A. a favore dei condannati per titolo politico anteriore alla pubblicazione dello Statuto (trovo compresi
nell'indulto i nomi di Giovanni Ruffini da Genova d'anni 35 avvocato - Garibaldi Giuseppe Maria di Domenico d'anni
34 da Nizza capitano marittimo mercantile) 1855 12 Gennajo. Morte della Regina Maria Teresa - 20 gennajo. Morte di
Maria Adelaide - 11 febb. Morte del Duca di Genova - 1849 28 luglio. Morte di Carlo Alberto ad Oporto alle 3½ pom.
4628. arak, in turco, aquavite. CF. raccagna (mil. e piem.).
4629. R. Segreteria di Stato - per gli Affari esteri - 4
a
divisione. - Consolati Circ. 5
a
serie particolari (Torino
29 luglio 1835) Illustrissimo Signore - Da varie particolari informazioni è venuto a certa mia notizia che non pochi fra i
sudditi di S. M. residenti in Levante trascurano l'esercizio della nostra santa Religione e tralasciano perfino di adempiere
le più essenziali pratiche esteriori da quella prescritte. E questa irreligiosa trascuranza ecc. (Dice poi la circolare che:)
per espresso ordine di S. M. sono in dovere di ricordare a tutti i Consoli, Vice Consoli ecc. che è precisa intenzione del
R. Governo di non tollerare l'oblio delle pratiche religiose, di modo che coloro che si credessero esenti dal rendere a Dio
ciò che è di Dio, perchè servono con zelo apparente lo Stato, sappiano che una tale condotta incontrerebbe la sovrana
disapprovazione, non potendo essere leali servitori di S. M. meritarne la confidenza coloro che non danno prove
sicure nel tempo stesso di essere buoni cattolici ecc.... (quindi parlando del re, lo si chiama) zelantissimo per la nostra
religione (e si conchiude) tacer debbo che non esiterò un solo istante a proporre a S. M. di rimovere dalle loro
funzioni coloro che per irreligiosa condotta si rendessero immeritevoli di rimanere al suo servizio. Il primo Seg. di Stato
per gli Affari Esteri - Solaro della Margherita.
4630. Torrigiani, deputato smanioso di diventar ministro. Fu un tempo che per un filo stette per esserlo e
s'avea già fatto far l'uniforme che dovette riporre nel pepe. Torrigiani fa parte del Consiglio di Stato ed è mezzo
rimbambito. Fa relazioni impossibili, e però i colleghi gliele sostituiscono bellamente con altre che egli legge per sue,
senza addarsi di nulla, anzi pavoneggiandosi di scrivere ancora sì bene.
4631. Quando Depretis, in Consiglio di Ministro, cominciava ad irritarsi delle birichinate di Nicotera, questi
faceva chiamare, come per cangiare discorso, il bimbo di Depretis. Entrava la bonne col rampollo; Depretis andava in
brodetto paterno, diventava arrendevolissimo, e Nicotera otteneva tutto ciò che voleva.
4632. Medoro Savini è deputato, giornalista e scrittore d'Illetteratura. Fa romanzi per le appendici a un tanto
il braccio. Una volta diè fuori un abbonamento per 12, promettendone di scriverne uno al mese. Usava di rubarne
l'intreccio a qualche romanzaccio inglese o americano di 3
a
o 4
a
qualità. Tanto è ciò vero che, pubblicando nel Diritto un
certo suo Castello di Dorval, carpito ad altro autore, e cambiando man mano il nome dei personaggi, non si ricordò più
nei numeri successivi dei nomi che avea adoprati nei numeri antecedenti. Ne venne una tal confusione che i lettori del
Diritto non sapevano più racapezzarsi, appressapoco come Squarcia Girami col Pistolfo Garolfo e Ghisolfo di Biagio da
Viggiù. Inoltre, il romanzo dovea constare di 70 appendici, ma Medoro Savini le avea già oltrepassate e continuava.
Allora il direttore Mussi lo mise alle strette perchè la finisse. Tira tira, si venne alla transazione di far naufragare in un
sol colpo tutti i personaggi. E così il romanzo ebbe fine, e gli abbonati al Diritto respirarono più liberamente.
4633. Il brano nella Malaca conquistada di Sâ de Muezas dove Asmodeo (?) parla agli spiriti infernali si può
dire tradotto dal Tasso “Chiama gli abitator dell'ombre eterne ecc”.
4634. nicas (portogh.) malizie al gioco delle carte CF. it. necci.
4638. Trovasi cenno di Carlo Pisani Dossi mio nonno nella “Storia delle Lagrime d'Italia sotto l'Austria.
Milano. Presso Francesco Scorza editore. Via dell'Orso Olmetto n.° 14. 1864”. Ne possiede una copia il Comizio
Centrale Lombardo dei Veterani di Milano n.° 25 dell'elenco.
4639. Nel XII secolo per rammentare al nuovo pontefice che l'elevazione della carica non doveva fargli
dimenticare d'essere uomo, egli veniva posto a sedere sopra una sedia di pietra forata e vuota al disotto detta stercoraria
situata avanti il portico di S. Giovanni Laterano, e in quella posizione il pontefice gettava denaro al popolo (M. Gioja
Galateo). Questa esposizione del pontefice sulla sedia stercoraria, fatta senza calzoni, è perchè il popolo passandovi
sotto potesse persuadersi della sua virilità e che nessuna donna era assunta al papato. Ciò in ricordo della papessa
Giovanna.
4647. Il monte Vaticano appare negli scrittori latini spregiatissimo - Vaticana bibis - bibis venena - e Tacito:
postremo ne salutis quidem cura, infamibus Vaticani locis magna pars tetendit.
4648. Ho letto Baudelaire il poeta dei profumi e delle puzze. Le poesie (Fleurs du mal) mi pajono brutte.
Sono scritte in istile notarile, sono di una monotonia desolante, e dalle imagini e dalle idee stanche e colle rughe della
decrepitezza. Baudelaire cerca di disporsi intorno artisticamente i suoi panni stracciati. Si direbbe l'orgoglio in cenci.
Nota però che il Praga ha evidentemente copiato da lui le sue bruttezze (CF. anche le frasi, azzurro, penombre ecc.), che
il Carducci s'è forse inspirato nelle litanie baudeleriane di Satana per comporre il suo Inno a Satana, e che il pittore
Morelli può avere tolto il suo quadro delle tentazioni di Sant'Antonio dai versi - (nelle Femmes damnées) “D'autres,
comme des soeurs, marchent lentes et graves - à travers les rochers pleins d'apparitions - Saint Antoine a vu surgir
comme des laves - les seins nus et pourprés de ses tentations” - Ma tanto sono infelici e vecchie le poesie di Baudelaire,
quanto i suoi petits poèmes en prose sono meravigliosamente belli e nuovi. La mia ammirazione per lo scrittore è però
mista al dolore, dirò meglio all'odio di vedere che una parte de' miei letterari progetti fu già compiuta da Baudelaire in
modo inarrivabilmente splendido. E splendida è pure la prefazione di Th. Gautier ai Fleurs du mal.
4649. C'est l'époque, où, faute de dryades, on embrasse sans dégout le tronc des chênes. C'est le premier
degré de l'amour. Au second degré, on commence à choisir. Pouvoir délibérer c'est déjà une décadence. C'est alors qu'on
recherche décidement la beauté. Pour moi, messieurs, je me fais gloire d'être arrivé depuis longtemps à l'époque
climatérique du troisième degré, la beauté elle même ne suffit plus si elle n'est assaisonnée par le parfum, la parure
ecc. (Gautier?) - Le quali idee si possono applicare, come imagine, alla narrazione degli sviluppi dei periodi letterari che
muovono tutti dalla massima semplicità alla massima complicazione.
4655. Monsignor Della Casa da vera mediocrità, tiene e mostra nel suo Galateo una pedantesca ruggine per
Dante.
4661. La Censura fece nella 4
a
edizione del Galateo di Gioja cancellare il passo “La piacevole sensazione che
nel deprimerti risente l'altrui amor proprio l'illude a segno di fargli cantar vittoria per la sconfitta di una mosca” - e ciò
per ridicolo sospetto che si volesse alludere ai re alleati contro Napoleone I e alla ritirata da Mosca.
4662. Silvania sorella di Rufino (M.E.) che passò la vita a Gerusalemme nello stato monastico, all'età di 60
anni vantavasi di non essersi mai lavata il volto, le mani nè altra parte del corpo. - In Catullo trovasi un passo in
cui è detto che le donzelle romane fuggivano da un tale Rufo, sul quale correva voce che portasse sotto le ascelle irco
puzzoso. CF. Rufo col mil. Ruff, pattume ecc.
4665. Pei R.F. relativ. a Suvarow Vedi pag. 30 del Galateo di M. Gioja, ediz. di Torino 1859.
4666. C'era un ministro il quale usava di abbruciare tutte le lettere e le petizioni che riceveva, senza risponder
loro, dicendo, che così mettevasi al corrente degli affari; (in M. Gioja) CF. E strappò tutt'er giorno mormoriali - e buttò
li pezzetti ner cestino (Belli).
4667. hammel (turco) facchino. CF. camallo (genovese) id. - ghell (mill.) denaro. CF. geld (ted.) id.
4668. A chi nega che ogni uomo che parla, e che neppure un letterato, possa inventare nuove parole, gli si
può dire: pensi tu che si possano inventare nuovi pensieri? E certamente l'oppositore, se non è nato a Creta, dirà di sì. -
Ebbene, non sono le parole altrettanti pensieri? non sono forse periodi formati da lettere?
4669. 1879. Al Cav.
re
Peiroleri direttore generale dei Consolati, travet di una buaggine proverbiale, saltano di
tratto in tratto delle velleità filologiche, e con ordini del giorno proscrive la tale o tal altra parola dalle note ministeriali.
Oggi ha proibito l'uso dell'in attesa che vuole sostituito dall'in aspettazione, dell'affine e dell'onde, e impone che si metta
risultamento al posto di risultato. E con ciò crede di avere ridotto a buona lingua le scritture del Ministero. Ci vuol
altro, amico! Correggi prima il buon senso, poi la sintassi, e quando le avrai corrette, pensa pure alle parole!
4671. i botton luster = i soldati.
4672. Certo Valera scrisse una Milano sconosciuta, in cui descrisse il mondo de' ruffiani, delle meretrici,
degli accattoni ecc. Ma perchè sconosciuta? Se c'è una Milano conosciutissima è quella - Noi crediamo che da un
mucchio di letame si possano cavare ancora delle essenze soavi. Il Valera però sarebbe nato a mutare in un letamajo un
giardino.
4673. Lib. Biz. - Descrizione di una carretta di libri che hanno fatto il lor tempo. Gli spazzaturai
dell'intelligenza ecc.
4674. La Cronaca cittadina, tutta sanguinolente di suicidi e glutinosa di stupro, è per l'uomo e la donna
moderni dalla pelle incivilita, quello che erano le vive stragi negli anfiteatri e le publiche oscenità, per la gente antica.
4675. La statistica è il metodo sperimentale applicato alle scienze morali, le quali fin quì si trovavano
racchiuse in una specie di muraglia di China. Erano, queste scienze, apparentemente solide, ma guai chi le toccasse.
Cadevano sfasciate dal tarlo. Parevano di aver raggiunto il loro scopo, ma in verità stavano ferme, perchè impossibilitate
a più progredire. Che erano infatti salvo il gergo diverso i sistemi filosofici del XIX secolo se non gli antichi? - Ed io se
avessi tempo vorrei colla statistica grafica dare pagine di storia ecc. Un bel tema sarebbe il parallelo fra la gloria
letteraria e la guerresca ne' vari Stati. Si tratterebbe, dopo di avere passato in rivista le necessarie testimonianze, di
disegnare due linee, le quali o procedendo di conserva od accavalciandosi dessero graficamente l'idea di quanto la
letteratura nel tale stato pigliò il sopravento sulla milizia o viceversa. Per es.
È però difficile se non impossibile, almeno per ora, di segnare una scala di gradi per l'ingegno e pel valore
come si fa per la temperatura. E senza una tale scala ogni rappresentazione grafica in proposito è cervellotica.
4676. Il principio del sistema goriniano di cremazione che il cadavere serve di combustibile a stesso, si
trova già in Lucano Pharsalia (L. VIII v. 775-778) “Carpitur et lentum Magnus distillat in ignem - Tabe fovens
bustum”. Pompeo goccia lentamente sui carboni e mantiene colla sua grascia il rogo.
4677. CF. Stazio - nec lege sinistra - ferre timent famulae natorum pondera matres - con Manzoni “perchè
guardando i pargoli - la schiava ancor sospira - e il sen che nutre i liberi - invidiando mira?” - come pure il manzoniano
“balzar del pondo ascoso”.
4678. Dopo i mille che furono fatti, vi sarebbe materia per un millesimo uno commento a Dante - e ciò
raccogliendo in tutte le campagne italiane e specialmente nelle romane e fiorentine le parole degli antichi dialetti ancora
viventi, dalla savia fusione de' quali Dante compose la sua lingua. Il valore che localmente si a queste parole,
dichiarerebbe spesso quello che Dante volle dare colle sue espressioni. Mi spiegherò con un esempio: Ad Orvieto, per
es. si adopera il vocabolo lustro come sostantivo, per chiarore, splendore (Ti fa mal quel lustro? ossia quella luce). Ecco
spiegato il lustro usato come nome da Dante nel canto 29, verso 16 del Purgatorio. Così dicasi dei lombardo ca per casa,
del ma per solamente, che è il milanese domá ecc.
4679. In ultima analisi, il Governo ci obbliga a pagare le tasse per mantenere gli esattori delle tasse - esercito,
burocrazia ecc.
4680. CF. il Pompeo di Rovani (Giovinezza di Giulio Cesare) e il Pompeo di Nisard (Les poètes latins de la
décadence). La rassomiglianza fra i due ritratti colpisce.
4681. In commercio, ne' viaggi di esplorazione etc. quando si ha qualche affare e qualche meta dinanzi, si
guarda qual'è la via più breve che vi conduce e si piglia arditamente per quella. In burocrazia si fa tutto al rovescio. Si
guarda sempre qual'è la strada più lunga e vi si entra lumachescamente.
4682. La Colonia Felice (2
a
ediz.
ne
) venne stampata in appendice del giornale La Riforma” di Roma nel
1879 n.° 91 e seg. dal I° aprile in avanti. Poi dallo Stab. tip. ital. (3
a
ediz.) - Poi da Sommaruga, Roma, 4
a
ediz.
4683. Diceva una tale mammina, che potrebbe essere la Signora Balsamo-Crivelli: Mia figlia ha ballato tutta
la notte colle natiche in mano. Voleva dire le nacchere.
4684. La [parola abrasa nel ms.] Nina B., da bimba, sentivasi a volte dei gruppi d'angoscia, degli èmpiti di
dolore a sfogare i quali avea un immenso bisogno di piangere. Ma le lagrime non venivano. Allora la bimba cercava di
farsi del male per invitarle, solleticarle, e si mordeva a sangue le dita, e se le schiacciava fra gli usci e si dava perfino del
capo nel muro.
4685. Il Galateo di M. Gioja è scelleratamente scritto quanto a lingua, stile ed idee. Di più è denso di
farfalloni di inesattezze storiche. È roba cucita insieme senza gusto nè logica.
4686. I cosidetti tre volte buoni arrecano in generale più danno che vantaggio a e al loro prossimo. Si
potrebbe dir quindi di loro, che oltrepassano la linea della bontà senza toccarla.
4687. Le scienze politiche ed economiche dopo una infinità di studi e di esperienze, non sempre pacifiche,
arrivano al punto di formulare il fondamentale principio che “il miglior modo di raggiungere l'equilibrio degli interessi e
degli affetti fra gli uomini, ossia l'universa prosperità, è quello di lasciar correre tutto secondo natura”. - E ci vollero
secoli per arrivare a questa preadamitica conclusione!
4688. Diceva Cattaneo che voler aggregare, sotto il pretesto della nazionalità, il Canton Ticino all'Italia
monarchica, sarebbe stato come uccidere un usignolo per aggiungere un'oncia di carne ad un'oca.
4689. Dicea tale, uomo d'ingegno, il quale, a forza di studio non riuscia a capire più nulla: nella mia lampada
il tropp'olio affogò lo stoppino.
4690. L.B. La terra è piena affatto. Non c'è più posto per alcuno. Il deserto Africano, l'interno dell'Australia
ecc. formicolano di uomini. I fiumi, i laghi sono coperti da città galleggianti. Si vive perfino in palloni captivi. Di tutto
si seppe trarre alimento, perfino dal regno minerale, ma la fame chiede sempre. Il progresso filosofico ha cancellato
tutti i confini, quindi non più il salasso delle guerre: il progresso scientifico ha ristretto le malattie all'individuo in cui
sorgono, quindi non più pesti. L'unica teoria che non ha fatto cammino nella pratica è quella di Malthus. Le donne
seguitano a figliare senza risparmio. Gli uomini esterefatti si raccolgono ad universale parlamento per ostare al generale
disastro. Chi propone di sopprimere la prole nascente, chi d'impedire la procreazione - chi di stabilire una decimazione.
Dopo molto discutere si decide di eccitare una forte corrente di emigrazione verso la... luna.
4693. In questi ultimi tempi è uscito uno sciocchissimo libro che vorrebbe essere il galateo della nuova
società. S'intitola “La gente per bene” e ne è autore credo, sotto lo pseudonimo di Marchesa Colombi, la moglie di uno
de' gazzettieri di Milano, certo Torelli-Violl[i]er. Basterà citare qualche brano di questa gemma di libro. I commenti ci
pajono inutili - “Una signorina non deve mai domandar conto alle visitatrici dei loro figli, dei fratelli, dei cognati,
quando sono giovanotti - Non dovrei supporre che una padrona di casa che un pranzo, commetta la sconvenienza di
collocare una signorina accanto ad un giovinotto - Una signorina non porge mai la tazza ad un giovane, a meno che sia
suo fratello. Ed ancora ha l'aria di uno scherzo - Neppure la catenella dell'orologio è concessa ad una signorina che
vuole osservare le regole di convenienza - Non guardino, le signorine, mai fisso alcun giovine, checchè ne dice loro la
simpatia. Non c'è cosa più sconveniente di quell'ostentare in pubblico una preferenza, che una fanciulla dovrebbe neppur
confessare arrossendo alla propria madre - La signorina matura non potrà ancora uscire di casa sola, ma potrà uscire con
un fratello, con uno zio - Il padrino (del neonato) deve regalare alla partoriente una scodella colla sottocoppa e il
cucchiajo ed un ovarolo col cucchiarino da ova; il tutto in metallo più o meno prezioso o in porcellana, a seconda de'
suoi mezzi e della sua generosità: l'ovarolo sarà con vantaggio mutato in un intero servizio da ova al latte - ma la
scodella dev'essere sola - È di buon gusto aver la cifra sul servizio in cristallo per le bevande - Sarebbe un malcreato
chiunque pregasse una signora d'accordargli un ballo senz'esserle stato presentato, ma se il malcreato ci fosse, la signora
dovrebbe ricusargli il favore - Non sono che le provinciali che si credono (in palco) in obbligo di alternarsi ad ogni atto
per mutar prospettiva - Qualunque sia l'entusiasmo che le ferve nel cuore, una signora non applaude mai. Le
dimostrazioni opposte non sono convenienti neppure per gli uomini. Davanti ad una signora poi non ci potrebbe essere
che un mascalzone capace di voler fischiare - È di buon gusto il non uscir mai dal teatro in un momento in cui lo
spettacolo interessa vivamente il pubblico - Una signora deve avere la carta colle sue cifre, e la corona se l'Almanacco di
Gotha non ci ha nulla in contrario - Ma badino: la carta colla cifra e lo stemma non si adopera mai per mandar
commissioni alla sarta, alla modista, al mercante, al calzolajo - Una signora che accompagna una signorina non deve mai
ballare...” - Inoltre la Marchesa Colombi non vuole che in società si dicano tratti di spirito e parla forse in causa propria,
poichè guai per lei se si usasse di dirne; molto vorrebbe torre ai bambini il dono della sincerità e dell'entusiasmo e farne
altrettante eleganti marionette etc. etc. la Marchesa Colombi ha scritto il suo libro per scherzo o per pungere i
costumi dell'alta società del d'oggi. Ella i suoi precetti seriissimamente. Fortuna che la società veramente buona
non s'è mai sognata nè s'indurrà mai ad essere del suo parere. Altrimenti sarebbe a desiderarsi di vivere tra gli Esquimesi
o i Zulu.
4694. Una volta si scrivevano libri; oggi, frammenti di libri. Mangiata la vecchia pagnotta, non restano più
che le briciole. Dio fornajo, cuocine un'altra!
4695. Il governo costituzionale è un governo assoluto, temperato dal favoritismo. (Maraini)
4696. Frequentava casa Maraini una certa signora, sciocca, vecchia e col gozzo - ancora innamorata di suo
marito. E fin quì nulla di male. Ma il ridicolo cominciava quand'ella vezzeggiava questo suo marito in piena
conversazione, dandogli delle mezz'oncie (ganascine) e chiamandolo “el me Carlinett” tanto che il marito doveva darle
su la voce ad ogni tratto, dicendole “sta quietta, cialla”. E come se ciò non bastasse ella voleva mettere lingua in ogni
discorso che si facesse stava contenta finchè non ci avesse appioppato il suo sproposito. Un si parlava di Marco
Bruto. “Ah! Marco Bruto... statua distrutta” - fec'ella sentenziosamente, chè aveva letto in non so quale guida di una
statua distrutta di Bruto. Udendo poi taluno, che diceva “vegni dall'opificio...” “Opificio? - ella chiedeva - gh'è l'opificio
anca in Francia; n'è vero, Carlinett?”
4697. Verrà un tempo, in cui col progredire della scienza statistica si potrà leggere in una paginetta di cifre e
di diagrammi, tutto un trattato di psicologia, di morale, per conoscere il quale ci tocca ora di annojarci lungo centinaia di
pagine e grossi volumi. La statistica saprà fare il consommé di tutto lo scibile. Avremo la morale, la storia a colpo
d'occhio.
4698. Nel L.d.B. potrebbe figurare - “La Storia di un martire nel secolo XIX” - In essa si narrerebbero tutti gli
strazi per cui debbe passare un povero essere uomo prima di arrivare alla virilità od alla sapienza, o a meglio dire, alla
stoltezza - I dolori della nascita, le fasce, le cure fuor di proposito dei parenti (quando si ha per es. una madre incaponita
a voler rinfrescare con purgante ogni settimana i suoi bimbi, ch'essa s'imagina in un perpetuo riscaldo), le scuole
destinate a soffocare ogni originalità, la carriera imposta dai parenti contro ogni vocazione, il debito militare, le tasse,
l'amore ecc. ecc.
4700. CF. il nome di Sorgues (Sorga) fiumicello amato da Petrarca nella sua melancolia amorosa con sorgen,
tedesco, cura, malincolia - Così CF. Segrin, laghetto brianzolo, disabitato e che ispira mestizia, col nome francese
chagrin.
4701. Un quadretto di genere, illustrativo dei costumi romaneschi, potrebbe essere quello di una famiglia di
ciociari che seduti a piè di una scalea, si ammazzano vicendevolmente in testa i pidocchi. Sotto vi potrebbe esser scritto:
scena intima o scena di famiglia.
4702. [La nota, che occupava sette righe del ms., è stata abrasa fuorché in parte della seconda e terza riga,
ove si legge:] donde si scorgeva un immenso e magnifico orizzonte. “Il mare! esclamai con entusiasmo. “Quanta
lattuga!”
4703. La lingua francese ha nelle sue frasi l'ipocrisia e l'esagerazione della politesse. Noi diciamo: “son
contento di vedervi”, e ci pare abbastanza: ai francesi par poco dire “je suis ravi, je suis enchanté de vous voir” - noi
diciamo: credete che...: i francesi “veuillez croire...”.
4704. Ministero Esteri. 1880. Avevo scritto una nota, di quelle in cui si deve dir nulla con molte parole. Il
mio capo d'ufficio vi diede un'occhiata, e siccome, per la mia fitta scrittura, appariva breve “va bene” disse “ma parmi
un po' corta. Veda di aggiungervi qualche periodo”. Io mi chinai in silenzio, ripresi la nota, e tornato al mio scrittojo,
non feci altro che ricopiarla da capo in un largo carattere, a grandi interlinee: poi la riportai al capo d'ufficio. E questi:
“ah, ora sì che va bene” - disse - e la passò ai copisti. -
4706. Il barone * è di coloro che stanno sempre in oca. Ti farà per 10 anni la stessa domanda, cui tu
rispondesti, fin dalla prima volta, definitivamente. Per es. ti domanderà “eh? come vanno gli occhi? sei guarito?”
(mentre egli ben sa che dall'oftalmia che t'incolse sei già sfuggito da più e più anni) - oppure - “sta bene la tua signora?
s'è sgravata?” (e la tua signora s'è già sgravata da anni). * fu sempre la burla di tutti i suoi compagni. Un giorno l'or
deputato Martelli gli andò a contare che un tale, certo Cattaneo, diceva attorno com'egli, *, avesse 3 coglioni. “Minga
vera!” fec'egli. - “Eppure, continua Martelli, dice Cattaneo che ci scommetterebbe”. Infatti, si viene a scommettere un
pranzo, e alla fine del pranzo, * cala con aria di trionfo le brache facendo vedere i gemelli, e dicendo: donca, hin minga
duu? - Sì, duu - risponde Cattaneo che sedevagli presso - e vun che fa trii - aggiunge, battendogli il capo. -
Lo stesso *, una sera in una conversazione, uscì a contare ch'egli possedeva una particolare abilità per levare i
calli. Uno della compagnia lo trasse in disparte, e: “bravo te, gli disse, hai contato una cosa proprio a proposito. Hai il
modo di entrar nelle grazie di una fra le nostre più belle signore. Già un poco la conoscerai. È la marchesa Trivulzio.
Bene, sappi che la marchesa ha appunto una dozzina fra calli ed occhi pollini che non la lasciano mai tranquilla e per i
quali ha chiamato inutilmente i più distinti pedicuri di Milano e di fuori. Domani vado tosto a parlargli di te - e sono
certo che ti accoglierà a braccia aperte... o per dir meglio, a piedi alzati”. - *, tutto contento, accettò. L'indomani
medesimo, l'amico va da lui e “ho parlato, sai, alla marchesa ed essa ti attende con impazienza. Se vuoi, puoi recarti da
lei, oggi stesso, prima di pranzo”. E * ringrazia l'amico e, giunta l'ora, si mette in chicchera e va al palazzo della
marchesa, dove si fa annunziare. La marchesa conosceva di vista *: l'avea incontrato in qualche terza casa: ma la loro
conoscenza s'era fermata al saluto. Sorpresa alla visita inaspettata, tanto più sentendo dal servitore che il barone veniva
per una faccenda che lei sapeva, dice poi: introducilo. La marchesa trovavasi in compagnia della Contessa Litta. Entra *:
fa grandi inchini: è invitato a sedere e a parlare: ma egli tituba, guardando la contessa come a dire “questa signora è di
troppo” - No, no - dica pure - fa la marchesa - la contessa è mia amicissima: desidero anzi ch'ella assista al nostro
colloquio. Allora * si fa coraggio e: sono venuto... come siamo intesi, per i suoi calli, o marchesa. - La contessa Litta
non potè fermare uno scoppio di risa: la marchesa, damina che pretendeva molto alla sciccheria, si alza indignata... Il
resto ciascuno se lo può imaginare. * uscì di casa Trivulzio, colla coda fra le gambe, come un cane scottato.
4707. (Ritaglio dalla Desinenza in A) Chi ama le commedie cosidette morali ha i suoi teatri. Ha il
Filodrammatico, ha il Fiando, dove può assistere, senza scandolezzarsi anche al ballo. Per gli stolti, c'è la sua letteratura
- Carcano, Cantù, e compagnia, e c'è anche pei bimbi. È veleno il mio, nol nego, ma i veleni sono utilissimi a chi sa
adoperarli, anzi fanno parte essenziale dell'arte della salute. Io voglio lettori che sappiano pensare per proprio conto,
nella coscienza e nella scienza de' quali si trovi il controveleno. I libri di morale non insegnano, infine, che quanto si sa.
4708. Nisard disse che i poeti s'involano dalla nostra Europa industriale ed economica - Ciò è falso, poichè
l'industria e l'economia sono fatti e sentimenti grandi da ispirare tanta poesia quanta ne inspiravano la guerra,
l'ignoranza e le carestie delle passate età.
4709. Da 6 anni la mia Colonia Felice era scritta, quando trovai in Grozio, pag. XVI: “Si nulla est
communitas quae sine jure conservari possit, quod memorabili latronum exemplo protulit Aristotiles, (nn)” e sotto c'era
la seguente nota di Gronovio: immo Plato ni fallor. Neque enim ullus, quod scio, talem sententiam ex Aristotile protulit,
quum tamen loca veterum in hanc rem congerere voluerint interpretes in Cic. De off. II - Vide Platone Lib. X de Republ.
pag. 351 Ed. H. Stephani. - Haec in prima editione dicebam. Reperi postea locum Aristotelis quod rem facit apud
Stobeum serm. X pag. 131 Ed. Gen. 1609.
4710. Secondo Euripide e Tucidide e Lattanzio, ecc. parebbe che anticamente le pene fossero più miti di
quanto lo furono nei successivi tempi. Parebbe anche che la pena di morte non esistesse (Vedi in Grozio lib. I cap. II).
4712. Non c'è villaggio nella Varesina (e credo anche nel Comasco ecc.) i cui abitanti non portino da tempo
immemorabile qualche sopranome dato loro dagli abitanti delle altre parti del contado. Quei di Varese sono perciò
chiamati i boritt - di Masnago, i bindelitt - di Carnago i saronatt (latte saron) - di Lunate i martoritt - di Barasso i goss -
di Comerio i porscelitt - di Gavirate i scartozzitt - di Caldana i zoccoritt - di Besozzo i spazzapozz ecc.
4713. Fra i progetti letterari che avrei e che lascio in eredità a' miei successori vi ha quello di un'opera
intitolata: “I fasti dei parlamenti italiani” nella quale si riprodurebbero le sedute e le discussioni che influirono
capitalmente sull'indirizzo di Italia o di parte di essa. Si potrebbe cominciare ben da lontano coi parlamenti siciliani
medioevali, e su, passando per le assemblee della Cisalpina - del 48 e 49 - del Parlamento Subalpino e dell'Italiano (la
dramatica seduta dopo la rotta di Novara, la proclamazione della guerra all'Austria nel 59, la proclamazione dell'unità di
Italia ecc. ecc.) - Altro libretto utilissimo e che potrebbe uscire annualmente in forma di almanacco, sarebbe un
manualetto per l'emigrante italiano nel quale dopo di essersi, a guisa di prefazione, tratteggiata con vivi colori la storia
dell'emigrazione durante l'anno prima nelle varie parti del mondo, si darebbe ogni putile indicazione per coloro che,
nonostante ogni contrario consiglio, si ostinano nel voler emigrare - così vi si farebbe la lista degli agenti palesi e segreti
di emigrazione più infesti - dell'autorità cui l'emigrante può ricorrere ecc. ecc. - vi si aggiungerebbero documenti relativi
all'emigrazione, testi di legge, lettere di emigranti, statistiche, tariffe di trasporti marittimi ecc. ecc.
4714. Grozio nel suo libretto 13 capitoletti Mare liberum prova ad esuberanza la libertà del mare, comune
a tutta l'umanità, contro le pretese de' portoghesi che pretendevano al monopolio del commercio coll'India. Tuttavia,
nella conclusione incoraggia gli olandesi a sostenere le proprie ragioni colle armi. Id, ubi judicium haberi non potest,
justo bello vindicatur. - Così, Seneca, appressapoco, nel suo opuscolo confortatorio dopo di avere cercato di consolare
credo una madre, per la perdita del figlio, con ogni possibile argomento razionale, conchiude consigliandole, come
consolazione massima (e veramente, della chiavetta), il vino.
4716. Casi di coscienza. Sostituzione d'infante. Una moglie desidera ardentemente un bimbo. Ma il marito è
impotente ed ella è fedele. Vi ha un medico, amico della famiglia, il quale ben sa che il seme del marito non ha
zoospermi e che quindi il desiderato bimbo non nascerà mai: pure, per carità di lei, attribuisce la sterilità della moglie ad
una irregolarità d'utero, che si potrebbe, tuttavia, vincere colla siringa della fecondazione artificiale. E difatti persuade il
marito ad emettere un po' del suo sperma per injettarlo artificialmente nella vagina di lei: poi, preparato nella siringa
altro seme di un giovane sano e robusto, ve lo mischia, e irriga con ambedue l'ovaja della moglie. E questa concepisce,
adultera a sua insaputa. Un tal medico, secondo me, ha compiuta un'opera di carità.
4717. [La nota, di circa due righe, è stata abrasa dal ms.].
4718. Certo * di Milano il quale ha messo insieme una ragguardevole fortuna vendendo cromolitografie di
santi e libri da messa e qua e usureggiando, invia, in media, ogni settimana nelle diverse parti d'Italia 6000 libretti di
messa! Siamo nel 1880. E poi dicono che l'Italia procede.
4719. In una raccolta di “bozzetti umoristici” che avrei potuto compiere se non fossi caduto in quel pozzo che
è un Ministero, avrebbe figurato la predica di un gesuita bentamista, tendente a passare in rassegna i molteplici comodi
e vantaggi igienici di cui è apportatrice la religione cattolica. - “Vedete! avrebbe detto quel gesuita - Con que' cappelli
che la moda c'impone - cappelli che impediscono all'aria di circolare intorno la nostra zucca - ci procureremmo
moltissime malattie, se non ci fosse il divoto uso di salutare i Santi e le Madonne dipinte che incontriamo, ogni tratto,
per strada, o di scoprirci al battere dell'ave maria. Così, noi dobbiamo a quelle stesse sacre imagini la prima
illuminazione che s'è fatta per le vie della nostra Città e la sola che dura in molti villaggi - con il che lascio voi pensare
quante sdrucciolate e cadute e rotture di stinchi si son risparmiate. E se non fossero gli obblighi domenicali, tenui
obblighi, la smania del lucro vi farebbe mancare a quel precetto principalissimo d'igiene di riposare almeno una volta la
settimana. Col digiuno poi vi risparmiate le indigestioni e vi mantenete sempre fiorente l'appetito; colla disciplina
riuscite talora, in tarda età, a dar nuovi servi al Signore ecc. ecc.
4720. Scopo della burocrazia è di condurre gli affari dello Stato nella peggior possibile maniera e nel più
lungo tempo possibile.
4721. I libri non nuovi (chiamo non nuovi quelli che non hanno ancora oltrepassato il mezzo secolo di vita)
sono i meno conosciuti, tanto rispetto ai libri vecchi che ai nuovi. I libri vecchi, e spec. gli antichi, entrano infatti negli
studi pubblici - i nuovi nei privati. Oggi i libri si fanno a trancia, a vapore.
4722. Auguro agli Italiani ch'essi possano raggiungere un grado intellettuale da capir tutti e tutto Manzoni.
4723. Costumi di Ciociaria (confine tra il Napoletano e il Romano). In alcuni villaggi, il giorno dopo di un
matrimonio, i parenti e gli amici vanno in processione a visitare gli sposi. Il padre o qualch'altro anziano della famiglia
solleva e mostra il pannolino tinto del sangue virginale della sposa, e dando a questa un'occhiata fra il malizioso e il
severo, le domanda con una particolare monotona cantilena “E chi t'ha fatto sa (questa) ferita?” Allora lo sposo, colla
stessa cantilena, salta su a dire d'un'aria orgogliosa “L'aggio fatta gneu (io)” E la sposa, sempre nella cantilena
medesima, con bassi gli occhi e sprofondando il mento nel fazzoletto che ha intorno al collo, aggiunge: “collo consentu
meo” - (col consenso mio). “Evviva gli zampitti!” conchiudono gli amici e i parenti con un grido di gioja e buttando in
aria i cappelli briganteschi - e il matrimonio è ratificato.
4724. Due bruttissimi, un uomo e una donna, s'innamorano l'uno dell'altro - Compiacenze che provano nel
guardarsi. Ogni giorno si scoprono una nuova bruttezza -Mostrare la relatività del bello e del brutto - e la onnipotenza
d'amore.
4725- Le gioje materiali e le intellettuali. Un giovine di altissimo ingegno ma di debolissimo corpo s'incontra
in un gigantesco capitano delle guardie reali, macchina di lardo fiorente di salute, colla beozia in viso. Tutti i passanti
guardano ammirati e invidiosi il Golia, e lo credono fortunatissimo. Ma il giovine sparuto pensa che quel colosso di
carne non ha mai goduto le intime ed acute gioje dell'animo che crea pensieri e trova nuove forme; che nello spasimo
stesso del concepimento intellettuale gusta le massime voluttà. Il mondo giudica male. Il fortunatissimo è chi vive la vita
del genio.
4726. Discorrevo un giorno con alcuni amici di guerre e battaglie, e poichè nessuno di noi s'era trovato nel
caso di sfidare la morte su un campo, ci domandavamo che avressimo fatto o sentito la prima volta che ci fossimo trovati
al fuoco. Ed io dissi: per conto mio, sono sicuro di due cose: la prima che avrei paura moltissima; l'altra, che non
fuggirei.
4727. Cattaneo odiava Tommaseo. Quando uscì il “Fede e Bellezza” di quest'ultimo, diceva agli amici, che
volevano difendere il Dalmatino - ma guarda quì, che porcheria! - (e loro leggeva una frase ipocritamente oscena del
libro, per es. le labbra conglutinate dell'amante tisico che baciavan l'amante) - e questa... (e loro ne leggeva
qualch'altra)... E sulle furie contro il gesuitico e fiorentineggiante stile di Tommaseo si pose a scrivere quella sua critica
famosa del “Fede e Bellezza” che polverizzò col formidabile umorismo lo sconcio libro. Cattaneo l'avea anche con
Tommaseo pei suoi amori - e sentendo da Samuele Biava l'autore delle Melodie italiche che Tommaseo amoreggiava
con una sua serva - guardate gli alti amori di Tommaseo! sempre serve... nanca ona camerera!
4728. Cristoforo Negri avea il debole delle presidenze. Una volta Cavour lo incaricò lui ed Angelo Fava di
compilare un regolamento per l'Università. “Che hai?” gli chiese qualche dopo un amico vedendolo colle lune
arrovesciate. “Che ho! che ho! L'ho con quel benedetto Conte di Cavour che ha dato a me ed a Fava la commissione di
fare un regolamento per l'università senza dire chi di noi due dovesse essere il presidente!
4729. È una vana illusione quella che il Governo debba essere il patrono, il procolo del nuovo genio; è un
lamento irragionevole quello che il Governo non si mostri mai tale. Il Governo rappresenta la forza, la scienza, l'arte
costituite, ossia il risultato degli sforzi anteriori all'epoca in cui esso domina: il nuovo genio, invece, la rivoluzione, la
lotta colle vecchie idee, quelle idee appunto che sono l'essenza del Governo imperante. Ora, non è credibile che un
Governo possa, scientemente, cospirare con chi mira a sostituirglisi. Vero è bene che nella susseguente epoca il genio
rivoluzionario, già combattuto, aquista il marchio della ufficialità, ma quando esso è rappresentato a sua volta dal
Governo, altro genio sorge ribelle e la battaglia rinasce o piuttosto continua. E così di seguito, perchè la rivoluzione non
ha fine mai. - In altre parole, come nella vita fisica (secondo la teoria goriniana), l'idea governativa rappresenta il
liquido che si è g solidificato; la rivoluzionaria il liquido che tende a solidificarsi. Senza questo doppio stato della
materia, senza questo doppio stato della idea, non vi ha vita possibile.
4730. La coltivazione della volontà - ecco quella fra le nostre cure che dovrebb'essere la più importante. A
tale scopo dovrebbero tendere principalmente gli studi - l'educazione sociale e le istituzioni dello Stato. Il diverso grado
dell'umana intelligenza e del successo nel mondo è segnato dalla scala della volontà. I grandissimi uomini furono
sempre coloro in cui la volontà pose le sue più ferme radici. Invece, la maggioranza, la sine nomine plebs, è fatta di
esseri, che, sebbene veggano talvolta il meglio, lo desiderano fiaccamente, lo vogliono imperfettamente - e però non lo
raggiungono mai nella sua interezza. Da quì i libri vaniloquenti, la politica alla Cairoli, ecc. Cit. la controvolontà,
caratteristica in molti cervelli malati, ecc.
4731. Cattaneo, scritti vari: “Una universa mendicità abbracciò nel Medio Evo la maggioranza degli uomini”.
CF. Correnti “il medio Evo, l'epoca della universale mendicità”.
4733. La nazione dell'uomo studioso è una sola, è la nazione di Omero e di Dante, di Galileo e di Bacone, di
Volta e di Linneo, e di tutti quelli che seguono i loro esempi immortali; è la nazione dell'intelligenza che abita tutti i
climi e parla tutte le lingue (Cattaneo, scritti vari) - V. Cervello unico universale.
4734. L'uomo in continuo conflitto cogli elementi, che il solo progresso delle industrie può trasformare da
persecutori in servi ed amici (id.). CF. Gorini dove (mi pare nell'origine de' Vulcani) dice che le forze dell'Universo sono
tutte benefiche e che dipende solo dal nostro non conoscerne molte e non saperle adoprare se ne ricaviamo mali e non
buoni effetti.
4736. Si potrebbe scrivere un curioso studio sul modo di produrre artificialmente il genio. È certo che, in
date circostanze, le nostre facoltà intellettuali sembrano migliorarsi e che in una di quelle mezz'ore cosidette
d'ispirazione si trova quanto avevamo inutilmente cercato in un anno. Cogli esperimenti e col tempo arriveremo senza
dubbio a sapere di che si compone il genio e a riprodurlo. Sembra intanto che esso sia una conflagrazione cerebrale -
che si conchiude solitamente con una ipertrofia del cervello. Per eccitare le nostre facoltà intelligenti, si usano oggi,
talora con non cattivo successo, mezzi empirici come sarebbero i liquori spiritosi. Ma questi mezzi, a lungo andare,
riescono insufficienti, ed, esigendo per potere sempre valere, un progressivo aumento, rovinano l'organismo, che, per
sua parte, è indispensabile all'esecuzione dei trovati del genio. - Approfondire la questione se questa esagerazione
dell'ingegno comune indichi (come lo indica la diminuzione) uno stato morboso del cervello - o se piuttosto il genio sia
la prova del cervello sanissimo - Dato che si riesca a provocare l'ipertrofia geniosa si farà quanto si usa già a fare pel
fegato delle oche, destinate a imbottire i pasticci detti di Strasburgo.
4737. Dice, con un sospiro, il ricco ammalato: non sono in caso di andare a piedi - E il sano povero: ed io di
andare in carrozza.
4738. Vidi un povero diavolo che per companatico al proprio pan nero mangiava un morsello di bianco.
4739. “allustrame!” fammi lume (Rocca di Papa, camp. romana) - spiovere, quando sarà spiovuto = sarà
cessato di piovere (id.) - spopolar segreti - ridirli, pubblicarli (id.) - so spadronata = sono senza padrone (id.) -
4740. (R.U.) Le persone di buono e di cattivo naso. Vi ha tali che, entrati nella prima bottega che loro capita
(ed è la migliore), mettono tosto l'occhio sul miglior capo e sanno portarselo via per poco prezzo: vi ha altri invece che,
girati tutti i banchi della fiera di Sinigaglia e contrattato per ore, finiscono coll'avere nel gobbo il peggior capo al
maggior prezzo possibile. E così, per la scelta dell'impiego, della moglie ecc.
4742. Utilissimi i libri, come quelli di Cattaneo, per farci conoscere autori, che noi, anche leggendoli, talora
non comprenderemmo o perchè mancanti di cognizioni bastevoli o perchè mortalmente nojati. Ma Cattaneo legge per
noi, ci sgombra tutta la parte puramente mole di un libro e ce ne il succo. Quanto tempo si risparmierebbe se ci
fossero, per ogni opera, simili stacci! - Cattaneo colla luminosa sua critica attraversa la mente spesso confusa degli
autori ch'egli esamina e loro mostra la via che essi avevano, taluna volta, inconsciamente percorsa.
4744. L.d.B. La lamentazione di un cadavere pietrificato - Era un uomo illustre: l'hanno voluto onorare, dopo
morte, cangiandolo in pietra. Egli vede, intorno a sè, le sciolte molecole degli altri corpi rientrare nella perpetua danza e
rivivere in nuovi corpi. Ma egli è condannato a non dissolversi più, a non riaquistar quindi, sotto nessuna altra forma,
un'altra vita. E anela alla vita, fosse pur quella di una marmotta, ed impreca a' suoi malconsigliati ammiratori. -
Intrecciarvi l'elogio della cremazione, la quale ajuta il pronto rinnovarsi de' corpi. - Incatenato eternamente alle antiche
sue spoglie, come Prometeo allo scoglio, egli chiede a Gorini che lo ha impietrito: e che ti feci di male o Gorini? perchè
uccidesti completamente le molecole mie, perchè facesti di me un morto senza rissurezione, un immortale cadavere?
4745. L.d.B. Muore Gorini. I mondi ch'egli ha creati e che giaciono nel suo laboratorio, colle loro foreste di
minerbina, coi loro microscopici abitanti spontaneamente generatisi, si trovano senza Dio. - Raff. coi mondi più in
grande, usciti dalla padella di qualche colossale e a noi invisibile Gorini.
4746. Parlando di carità inutili può servire la frase - “val come la carità di un pajo di stivali fatta a un
carmelitano scalzo”.
4748. Quando nel 1879 e nel 1880 e nel 1881 scrissi per l'on. Dep. Damiani le relazioni sul bilancio degli
affari esteri, relazioni che levarono rumore nella Camera e fuori (I più scaltriti sospettarono che fossero di Correnti),
vi fu taluno che conoscendo il mio stile e quello di Damiani s'insospettì che io ci avessi messo lo zampino, e me ne
qualche accenno. Ma io lo assicurai che quelle relazioni erano state scritte a Marsala. Damiani era infatti deputato e
proprietario di Marsala. Io, dal canto mio, mi era in quell'occasione confortata di Marsala l'imaginazione.
4749. Cattaneo dicea: mi pare talvolta di essere un vecchione... un vecchione: di avere tre, quattromila anni
sulle spalle... Direi quasi di essere un egiziano... un babilonese, se non mi trovassi a Castagnola - Cattaneo non poteva
vedere Correnti e lo chiamava “quel cagon”. L'avea infatti conosciuto a Milano nel 1848, dove Correnti non avea fatto
la più coraggiosa figura del mondo nel Governo provvisorio come segretario generale. Cattaneo volle mai riamicarsi
a Correnti. Quando, essendo l'Italia a Firenze, Cattaneo vi fu, Correnti cercò ogni modo di far la pace con lui. Molte
persone, amici di entrambi, intromisero a ciò i loro premurosi uffici. Ma Cattaneo rispondeva sempre: non parlatemene,
e Correnti restò colla voglia.
4750. Cristoforo Negri era professore a Padova, quando nel 1848 furono cacciati gli Austriaci. Negri
austricizzava, frequentando la casa della principessa Aremberg (?): avrebbe anzi seguito gli austriaci, se questi non
fossero scappati con tanta fretta, e in modo da non poter esser raggiunti. E allora avvenne che i rivoluzionari posero
adosso gli occhi su Negri come sulla persona più illustre della città (e difatti, era) e, messo insieme un Comitato di salute
pubblica, lo nominarono issofatto presidente. Ora, Negri aveva il debole delle presidenze. Accettò. Si portò bene.
Successero i rovesci di fortuna per la causa della libertà. Fu obbligato ad emigrare in Piemonte, e così, cominciato senza
volerlo a fare il patriota, continuò per la buona via; e riuscì ad altissimi posti nella nuova Italia.
4751. R.U. Impiegati - Descrizione della casa di un impiegato, ammobigliata, tappezzata con prede d'ufficio.
I muri delle stanze sono infatti coperti con carta inglese da lettera, dipinta a fiori rossi e celesti con inchiostro
ministeriale: colle righe e le squadre di legno sono stati costrutti i più svariati mobili: la ceralacca fina serve ad
incatramare le bottiglie e sciolta nello spirito (pure burocratico) a verniciare le gambe de' tavoli ecc. Colla punta delle
penne, il bimbo s'è fatto una specie di organetto: la moglie adopera le forbici dell'ufficio pei panni, e lo spago per i
capponi; perfino il gatto ha al collo il nastrino tricolore dei promemoria, ecc.
4752. I Delitti dei grandi e dei piccoli. Il parricidio fa orrore nei rapporti della vita onesta e privata. Fra i
sovrani aquista splendore. Il parricidio è difatti diventato una istituzione di famiglia nella casa imperiale di Russia. La
Staël, descrivendo l'incoronazione, credo di un Paolo Romanoff dicea: dinanzi al nuovo imperatore camminavano in
magna pompa gli uccisori di suo nonno; al suo fianco, quelli di suo padre: dietro, i suoi. - E non appena un sovrano
russo è strozzato o pugnalato dal figlio, che tosto i regnanti d'Europa fanno a gara a presentare a costui le loro
congratulazioni pel suo avvenimento al trono. E poi si dica che la giustizia non è una vana parola!
4753. (1881 - genn.) - Vassalli era uno fra i migliori campioni di quella forte stoffa lombarda che diede
Cattaneo e Rovani. Già fido amico di Giuseppe Mazzini con Pistrucci e Fabrizi, dovette - travolto dagli avvenimenti
politici - riparare in Egitto dove trovò eccellente accoglienza e un posto di una dozzina di mille lire, come
sopraintendente agli scavi. Fatta poi l'Italia, pensò di tornarvi. Gli si offerse un posto di 1200 lire. Vassalli ripartì tosto
per l'Egitto dicendo “Figurass, voreven damm on post de bidell” - Ora, Vassalli invigilava agli scavi di Tebe. Il
marchese G. Martirio Arconati Visconti e sua madre, recatisi a visitare quelle rovine, s'incontrarono in un bel vecchio,
con lunga barba bianca, vestito all'araba: “Varda che bell'arabo!” fa la marchesa al figlio Gian Martirio. - “Ghe par, sura
marchesa?” le domanda Vassalli in pretto meneghino. - Nel 1881 Vassalli avea circa 71 anni e parlava nella pura lingua
del Porta come se uscisse in quel punto dal Verziere di Milano.
4754. (frasi varie) - mio indispensabile amico... - i filaper del mè ingegn... - [rasura nel ms.] - le azzurre = bas
bleu.
4755. Il miglior mezzo forse per sconsigliare i nostri contadini dall'emigrare troppo facilmente, così
cangiando la povertà patria colla straniera miseria, sarebbe quello di far girare per i villaggi - e specialmente per quelli
perduti nelle montagne, dove non arrivano giornali, e dove il sindaco e il curato sono analfabeti come i loro amministrati
- degli emigrati rimpatriati e che soffersero all'estero tutti i disastri delle fallite imprese di colonizzazione. sarà
difficile di trovarne. E costoro - nelle bettole campagnole, sui sagrati, alle fiere, colla viva voce, col tuono persuasivo di
chi è ispirato dalla verità, colla semplice e toccante narrazione de' mali patiti, potranno dissipare più illusioni che non le
fredde circolari ministeriali e prefettizie lette senza punti virgole da autorità, sospettissime all'ignorante. Una tale
propaganda servirebbe, non foss'altro, come un correttivo all'altra propaganda che gli agenti di emigrazione fanno nelle
campagne personalmente e valendosi appunto del potentissimo mezzo che quì si propone - la descrizione orale.
4756. Avrei ideata una comedia il cui tema fosse: - Molti si credono scambievolmente ricchi mentre non sono
che poveri diavoli. Danni e vantaggi di tale reciproco inganno - L'intreccio dramatico potrebbe essere molteplice - un
padre per es. che lascia credere al figlio di esser ricco: il figlio non raccomanda quindi la sua esistenza ad un mestiere
utile; incontra debiti, e trova usurai, che sulla credenza generale delle ricchezze del padre, gl'imprestano denari a babbo
morto - Così due giovani si sono innamorati stimandosi vicendevolmente doviziosi; la madre della sposa da un lato, il
tutore dello sposo dall'altro non fecero nei loro colloqui che ajutare una tale illusione. Avvenuto il matrimonio, spesosi
da una parte e dall'altra più di quanto potevasi colla speranza che il borsello dell'altro coniuge pagherebbe tutto, arriva
un giorno, che incalzando i creditori, i due sposi sono obbligati a confessarsi reciprocamente la loro illusione. Questa
potrebbe riuscire, se ben condotta, una scena d'immancabile effetto - Altra scena pur buona sarebbe quella fra due amici,
in cui l'uno che, avendo qualche denaro, è creduto milionario parla dei danni di essere riputato tale. “Tutti ti domandano
prestiti, egli dice, tutti vorrebbero farti aquistare quadri, statue... e se tu, che conosci come stai di borsello, te ne cerchi
schermire “ve! lo spilorcio!” si esclama. La povertà conosciuta è la prima condizione per poter diventar ricchi, poichè ti
permette di fare risparmi e niuno osa di chiederteli. La fama di esser ricco, se per disgrazia ci tieni, ti obbliga inoltre a
rinunciare ad una folla di godimenti: ai viaggi perchè, per rispetto al mondo, dovresti recarti negli alberghi di prima
classe, mentre non lo puoi che in quelli di terza; ai teatri, perchè il pubblico attende che tu gli mostri il tuo muso da un
palco, e tu non puoi che sedere in platea, dove hai vergogna di farti vedere. Noblesse oblige - obbliga cioè a rovinarsi”.
Al che l'altro amico può rispondere, osservando come l'apparenza della ricchezza conduca spesso alla realtà. Che è il
credito commerciale se non apparenza? ed è col credito che si fanno i milioni. Molti giuocano sulla parola e vincono.
Per diventar ricco bisogna cominciare a non parer povero. Nullus pauper inscribitur haeres. A tale creduto povero
nessuno presterà mai un soldo: su un povero creduto ricco, le strazze di Parigi appariranno diamanti di Golconda. Ed è
una verità generalmente sentita. Vedi oggi come si fabbrica - il gesso imita il marmo, ecc. - La fortuna di un lutto
pubblico che permette alle dame di fare economia durante un carnevale - La società odierna è come una donna
abbigliata esteriormente in gran lusso, ma sotto colla biancheria lisa - rotta - e sudicia. -
4757. (1875-79) Certo Rampina, decoratore di stanze, recatosi in India vi accumulò in un pajo d'anni una
fortuna di 200.000 lire. Egli dipingeva i soffitti delle reggie dei principi indiani. Era un asino calzato e vestito, eppure la
sua pittura era entrata nelle grazie a que' nababbi, i quali avrebbero, pare, dovuto aver l'occhio educato dalle meraviglie
artistiche della antica India che li circondava. E Rampina dipingeva sui muri delle aule principesche que' paesaggi
cosidetti di stufa che quì da noi nessuno più vuole. Nella Reggia del Nisam e appunto nella sala del Trono, scarabocchiò
un ritratto di Garibaldi colla camicia rossa. Avea poi recato con sè qualche migliaio di brutte oleografie di donne mezzo
nude. Quando qualche principe indiano lo richiedeva del ritratto di una sua favorita, il Rampina sceglieva l'oleografia
che più le potesse rassomigliare, l'aggiustava un pochino e poi l'appioppava al principe che ne era tutto contento e gliela
pagava come un lavoro a olio d'autore. Avviso ai nostri Michelangioli buonascopa! C'è tutta un'India che li aspetta. Ma
forse non convien loro di moversi da questa Italia che disconosce Cremona ed inneggia ai Bertini.
4758. Parlando della “Colonia Felice” del Dossi, si potrebbe istituire un paragone fra il romanzo giuridico,
cui essa appartiene, e il giudiziale cui appartengono i mille processi dramatizzati del Gaboriau, Dumas ecc. Libro di
piccola mole, lo si potrebbe chiamare, quanto allo stile, una lunga lapide. Nella Colonia Felice si trova il pensiero
rimeditato, la poesia concentrata.
4759. Il prof. Nocito, deputato al Parlamento, quando è l'epoca degli esami, mette nel bussolotto
dell'esaminando non più di 15 o 20 temi da dissortarsi che rappresentano appunto le 15 o 20 lezioni che di tutto il
programma annuo ha fatto a' suoi studenti - Il prof. Sbarbaro fa le sue lezioni in manica di camicia e brillo. Il suo gran
da fare è quello di scrivere lettere ai giornali e di farsi stampare le epistole laudative, che, da lui provocate, gli dirigono
le più o meno celebrità del momento.
4760. Fino a questi ultimi anni, le biblioteche italiane patirono un quotidiano saccheggio. Altro che Unni e
Maometto! A Milano esisteva un librajo-antiquario (credo si chiamasse Vergani) il quale si assumeva di procurare, a chi
lo pagasse, qualunque libro raro purc esistesse a Brera. * s'è formata una libreria che è un corso completo di furti.
Non per tristizia, ma per smemorataggine se ne composero pure una Correnti e Depretis. Se però * alleggeriva le
biblioteche dei loro volumi più preziosi, cercava di far rioccupare i vacui lasciati da altri libri. Difatti, avendo conti da
saldare col **, librajo-ladro-editore, comperò da lui, per ventimila lire, tanti volumi, che, a dire de' periti, non valgon la
carta che pesano. - * essendo ministro della P.I. si formò una raccolta di tutto quanto aveva stampato quel Ministero
dall'epoca della sua prima istituzione. Lasciato il Ministero, vendette le sue raccolte per 15.000 lire al Ministero stesso.
Un documento interessantissimo per la storia dei latrocini di * è la relazione di Baccelli, De Renzis e (credo Martini)
pubblicata dal Commissario regio, prof. Cremona, della Biblioteca Vittorio Emanuele.
4761. C'è chi trova che l'uomo coll'applicazione del voi e del Lei come pronomi di 2
a
persona singolare, oltre
di aver offesa la gramatica, si sia procurato un altro civile incomodo e non abbia giovato alla causa della fraternità
umana. Si può rispondere che, quanto a quest'ultima, tutto va come prima, poichè, benchè si dette del tu agli imperatori
romani, imperversarono e Silla e Nerone ed Eliogabalo, peggiori assai degli attuali monarchi che si trattano in voi, fatta
eccezione dei Cesari russi, i quali mantengono il tu e la efferatezza antica. Per la gramatica chi volesse risalire alle fonti
etimologiche di ogni parola, troverebbe che è una raccolta di spropositi legittimati dai buoni scrittori e dall'uso. Resta
l'accusa dell'incomodo, ma di questo non ci dovressimo lamentare se per la triplice espressione con cui possiamo
indirizzarci altrui, abbiamo modo di poter segnare distintamente le preferenze del nostro cuore, e gli ossequi del nostro
animo. Il sentimento umano è certo oggi molto più delicato e complicato di quanto era ai tempi di Grecia e di Roma;
esige quindi maggiori voci per esprimere i diversi gradi de' suoi affetti. Sarà forse un errore, ma noi, in questo momento,
crediamo che la trovata del voi e dell'Ella fu un progresso.
4762. L'ufficio di un Governo è di fare gli onori funebri alle idee, che dal campo della rivoluzione passarono
in quello governativo, cioè che passarono dalla vita alla morte. Poichè una idea rivoluzionaria, come Gustavo Adolfo a
Lutzen, ha vittoria e morte nel tempo stesso.
4763. Il tema fondamentale della “Colonia Felice” è: molti malvagi, messi assieme debbono per necessità
diventare nella maggior parte onesti. Tale necessità non è altro che l'amore della individuale conservazione. Colla
“Colonia Felice” l'autore ha cercato di dimostrare graficamente: che il male insegna il bene - che dall'utilità viene
la giustizia - che la pena di morte è inutile, quindi ingiusta - che in quella maniera che si muta la materiale
compagine dell'uomo può mutarsi pur la morale, il filo della memoria basta a tener sempre legate le varie
individualità per cui passa un uomo. Il colpevole può quindi ricominciare - in tutta la virtù della parola - la sua esistenza
- infine, che l'amore ha forza più della forza. - Alla “Colonia Felice” avrebbe dovuto far seguito “Il Premio
dell'Onestà” suo naturale complemento (V. n. 3568, 4021 ed indice).
4764. Illuminati dalle esperienze di Gorini, gli studi psicologici si rinnoveranno, e trovato per esse il loro
punto d'appoggio potranno progredire e raggiungere altezze inattese. Il modo di formazione di un lavoro mentale ha p.
es. rapporti intimi con quello della formazione de' cristalli in una materia plutonica che si solidifica. Lunghi cristalli
iniziali attraversano il liquido ricercandosi e formando le prime solide sbarre alle quali si attaccano poi gli altri
secondari che vanno dall'uno all'altro cristallo iniziale; così la rete cristallina si forma e la materia si concretizza. E
parimenti, nella fervente massa cerebrale ove il sangue raddoppia la sua plutonicità, formansi le prime idee alle quali si
saldano le altre: più la mente va completandosi e più scopre le particolarità delle idee: vievia la maglia de' pensieri
s'inspessa - e finisce a non potere ammetter più filo. Se trattasi allora di un parziale lavoro, è fatto: se trattasi invece del
generale processo di una mente, il circolo è chiuso, e l'intelletto è finito.
4765. (1877-80) Oggi la repubblica in Italia è forse prossima, poichè, sia per gli uomini che sono al potere,
sia per le manifestazioni di parte della pubblica stampa, entrò l'opinione che essa non sia impossibile. Ora, la fiducia che
un fatto sociale possa verificarsi, ne crea, ne affretta la realizzazione.
4766. I republicani di San Marino creano commendatori, conti e baroni da tutte le parti. È una manifattura
come un'altra che loro rende non indifferenti vantaggi pecuniari e morali. “Non credereste” diceva Re Vittorio Emanuele
II a chi lo veniva a visitare “quel servitore che' vi ha aperto la porta, è un barone. Barone di San Marino s'intende”.
4767. La poésie épique est l'histoire des époques obscures et primitives. manquent les monuments,
l'humani n'a laissé qu'un souvenir vague et lointain, un bruit qui n'est entendu que de certaines oreilles, la poésie
s'avance, un flambeau à la main: elle perce ce monde voilé de ténèbres; elle ressuscite les générations; elle relève les
monuments, elle rebâtit les villes, elle fait refleurir les civilisations, elle rends ses origines à l'humanité, comme
l'historien lui rends ses titres. Là, au contraire, où tout est connu, où les monuments abondent, où la génération qui vient
de descendre dans la tombe a transmis de vive voix à la génération qui la remplace les faits dont elle a été témoin, la
poésie n'a rien à faire. Son flambeau ne peut prévaloir contre l'authenticité des actes publics; les inventions ne peuvent
que contredire les documents officiels, aux dépens de la vérité ou les répéter aux dépens de l'idéal - Rien n'est plus
antipathique à l'art qu'un poème dont le sujet est l'histoire d'événements récents... - Così dice Nisard ne' suoi Etudes sur
les poètes latins de la décadence Vol.pag. 148 (Lucain) ma ha torto, e la stessa Pharsalia di Lucano al cui proposito
egli fa tali considerazioni ciò prova, quand'anche non si vogliano citare i Persiani di Eschilo, gl'Inni pindarici ecc., tutta
splendida poesia che si riferiva a fatti contemporanei al poeta.
4769. Cesare Correnti entrò nel Parlamento Subalpino come deputato di Stradella sullo scorcio del 1848 (2
a
legislatura) ma nella vera qualità, come Correnti diceva, “di rappresentante delle provincie soggiogate”. Essendo però
ancora suddito austriaco, quand'egli entrò in Parlamento, Cavour, prevedendo le osservazioni dell'Austria, chiamò a
Correnti e lo pregò di domandare un decreto di cittadinanza piemontese. Correnti non ne volle sapere, e benchè Cavour
facesse firmare egualmente il decreto, egli non adempì mai ad alcuna delle formalità richieste, non prestò giuramento
ecc. I primi discorsi di C. furono letti. Il suo primo discorso ebbe luogo nel 52 poi stette senza parlare fino al 54. -
All'epoca della guerra di Crimea, Correnti dall'estrema sinistra discorse in favore della guerra. Intorno a lui, i suoi amici
gli davano del traditore, e Depretis, che stavagli proprio dietro gli gridava all'orecchio “fanciullaggini” - Un altro
discorso che sollevò molte ire contro di lui e specialmente da Genova, fu il discorso in favore del trasporto dell'arsenale
alla Spezia. Correnti, stretto dal bisogno a fare il letterato a giornata, scrisse spesso anche discorsi, che poi [si]
dovevano improvvisare da taluni fra [i] suoi colleghi di scarsa intelligenza; fra gli altri un discorso sulle ragioni dell'odio
de' Lombardi contro l'Austria. Discorsi parlamentari di Correnti sono anche quelli - per la riforma della legge di leva -
contro l'assassinio politico ossia contro le leggi che si volevano, dietro pressioni della Francia, votare contro i regicidi
esteri - per la vendita delle strade ferrate - la relazione per la riforma finanziaria e amministrativa in cui vennero
epilogati i lavori della Commissione dei 15 nel 1866 - i discorsi come Ministro della Pubblica Istruzione ecc.
4770. Correnti fondò il Diritto, con Robecchi, Valerio, Depretis e [lacuna], e vi scrisse ne' primi anni. Più
tardi, v'inserì un articolo di poche linee in morte di Sirtori ed uno in morte di Dall'Ongaro. Altro suo articolo sul Diritto
è: i detrattori di Sirtori in cui sferza Bonghi - Scrisse anche nella Perseveranza, anzi ne fu il vero fondatore. È celebre
il suo articolo “Finis Longobardiae”. “È giusto, egli dice oggi leggendo le contumelie che gli scaglia contro la
Perseveranza, è giusto che quel giornale mi insulti: siamo nel tempo in cui i figli bastonano i padri” - Altri articoli di
Correnti si trovano nel Cimento di Torino, p. es. “La chiave della scienza”; nella Rivista Europea, relativi ai congressi
scientifici ed alla Scuola Alessandrina (1846); nel Progresso, pur di Torino, nel Crepuscolo di Milano.
4771. Correnti, carattere molle, pieno di dubbi e di piccole vigliaccherie, non era ben visto da Cattaneo e da
Mazzini, due lame che non si piegavano. È nota la meschina figura fatta da Correnti, come segretario generale del
Governo provvisorio di Milano, e si trova consegnata nell'Archivio triennale, e specialmente in una sua supplichevole
lettera al Cantoni. Cattaneo lo chiamava quel cagon”. Guastatosi con lui non lo volle più rivedere, per quanto Correnti
cercasse ogni via per rientrargli nelle buone grazie. D'incarico di Mazzini, Correnti avrebbe dovuto recarsi a Venezia a
far propaganda a favore della repubblica. Avendo nel suo viaggio toccato il Piemonte, vi si lasciò così bene accerchiare
che, ito poi a Venezia, si diè a caldeggiare la causa dell'annessione al Piemonte monarchico - Correnti, come Cristoforo
Negri, fu sempre devoto al principio dell'autorità e però ebbe sempre carezze dal Governo piemontese. - Quando si
trovò emigrato in Piemonte scrisse una supplica a C. Negri, che con altri due faceva parte del Comitato di soccorso per
l'emigrazione, chiedendogli un sussidio. Negri gli rispose con un rabbuffo, e per parecchio tempo, allorchè si veniva a
parlare di Correnti, lo nominava quel strascion.
4772. Non è agevole di fare una esatta spartizione - per materia - dei vari scritti di Correnti, poichè ogni suo
scritto politico statistico ecc. appartiene alla letteratura. Il meglio sarebbe forse di distribuirli cronologicamente.
Anzitutto però occorrerebbe raccogliere tutti i suoi scritti, e quì si presenta una grave difficoltà, perchè Correnti non
possiede copia a stampa minute della più parte de' suoi scritti e non ne ha pure nota. - Le opere di Correnti si
potrebbero dividere ne' seguenti volumi: I Prefazione biografica e bibliografica (scrissero biografie di C. il Corio e il De
Gubernatis) Scritti letterari (ossia che trattano di questioni di lingua, critiche di autori ecc.) - II La Storia del Vestaverde
- Scritti politici anteriori al 1859 - III Scritti politici posteriori al 1859. Discorsi e relazioni parlamentari - IV Storia,
geografia, statistica - V La storia della Polonia (cui sta attendendo - 1881 -) - VI Versi (i meno brutti) - VII-VIII-IX
Epistolario - X Indici. - Si potrebbe anche pubblicare un libriccino coi passi scelti delle sue opere e intitolarlo: Gemme
letterarie di Cesare Correnti -
4773. Fra i discorsi e gli scritti di Correnti, relativi alla geografia, trovo nel “Bollettino della Società
Geografica italiana” Vol. IX Anno 6° - maggio 1872 Roma Stab. Civelli “Discorso pronunciato dal Comm. C. Correnti,
presidente della società geog. nella adunanza generale solenne del giorno 30 marzo 1873” (pag. 34) - Vol. X Anno 7.°
luglio 1873 - C. Correnti L'océan des anciens par A. C. Moreau de Jonnés I, 75. - id. Bollettino del Club Alpino
Italiano pag. I, 76 - Vol. XI. Anno 8
vo
1874. Adunanza generale solenne, tenuta il 15 luglio 1874. Discorso del
presidente Comm. C. Correnti (pag. 457) - Vol. XII Anno 9.° 1875. Spedizione italiana nell'Africa equatoriale Discorso
del Comm. C. Correnti (pag. 211) - Le ultime spedizioni africane e la spedizione italiana, di C. Correnti (pag. 211) -
L'Italia al Congresso internazionale geografico di Parigi, di C. Correnti (pag. 603) - Vol. XIII. Anno 10.° 1876.
Conferenze pubbliche 13 febbrajo. - Discorso Correnti (pag. 53) - Conferenza d'addio e partenza della spedizione per
l'Africa equatoriale, 7 marzo. Discorso del Presidente Correnti (pag. 97) - Commemorazione funebre del C[on]te
Mariscalchi Erizzo, del Comm. C. Correnti (pag. 1) - Vol. XIV Anno II. 1877 Discorso di C. Correnti (23 febbrajo -
pag. 2) - id. (2 dicembre, pag. 454).
4774. Correnti cominciò a scrivere nella strenna del Presagio (1836) delle cattive poesie. - Fece la prefazione
alle opere di Giusti, stampate a Capolago per cui gli editori si guadagnarono da Giusti il titolo di ladri. - A Torino
scrisse nel “Progresso” giornale che durò poco tempo. - Scrisse nella Nuova Enciclopedia popolare, stampata a Torino
dal Pomba (1846-49) l'articolo Dante (Vol. pag. 780) - l'art. Enciclopedia (Vol. pag. 355) e l'art. Europa (vol.
pag. 769) e l'art. Ecclettismo (?) articoli tutti molto lunghi - Una delle migliori cose di Correnti sono “le sette giornate
di Brescia”. Altro “L'Austria e l'Italia” (colla data Italia, stampata a Capolago) ecc. “L'Elogio funebre di Sirtori” letto
al cimitero di Roma.
4775. Nel “Vesta Verde” - “questa congiura all'aria aperta contro il dominio austriaco” - scrivevano Correnti,
Emilio Visconti Venosta, Ventura, Tullo Massarani, Anastasio Bonsenso (Baraballe), Giulio Carcano, il general Masi,
Enrico Fano, ecc. Vedi nel Vesta Verde, segnatamente “La morte del diavolo” (Siamo stufi...) “La Faccia di
Mefistofele” dove si trova un passo relativo a Milano che è un inno in prosa, ecc. Correnti nel Vesta Verde scriveva con
prosa poetica e profetica. Volevo far l'astrologo per celia, dice egli, e vi riuscii davvero. Col 1859, il Vesta Verde
cessò le sue pubblicazioni. Nè poteva essere altrimenti. Esso aveva raggiunto il suo scopo, “l'indipendenza italiana”.
4776. Il Vesta Verde era però quasi tutto redatto da Correnti. Fu, a' suoi tempi, pubblicazione originalissima
senza precedenti concorrenti. È strano, come la Censura Austriaca così sospettosa non s'accorgesse della sua
importanza rivoluzionaria. Il solo a movergli aperta guerra fu l'Arcivescovo di Milano, a proposito della sua poesia alla
luna (da cui probabilmente Carducci tolse la sua luna paolotta) nella quale poesia, Correnti avea nella luna
simboleggiata la Chiesa. Ci fu anche “Il Crepuscolo” che lo rimproverò, dopo la pubblicazione di un suo articolo in cui
parlava delle origini del Cristianesimo, di star troppo alto, così dilungandosi dalla popolarità dello stile degli altri
articoli, al che Correnti rispose con un altro articolo intitolato “Troppo alti” - Alcuni articoli del Vesta Verde gli
costarono notti intere. Si coricava all'alba, e il giorno appresso dal suo volto lieto la moglie capiva quando l'articolo gli
era riuscito bene. -
4777. Correnti pose ne' suoi taccuini le fondamenta della statistica italiana: pubblicò in essi la carta d'Italia
con Trieste ed Istria; preluse, nell'articolo “Un'altra Italia” alla unificazione e indipendenza della Romania, e fu un
articolo che gli acquistò in Romania moltissimi amici.
4778. C. Correnti si maritò nel 1855. Ebbe una figlia che gli morì adolescente. Più tardi ne ebbe un'altra,
Adelaide, bruttina ma intelligentissima (1881).
4779. Correnti sta scrivendo la Storia della Polonia. Il giorno 18. [lacuna] 1880 giunse il telegramma della
mina colla quale i nikilisti avevano fatto saltare un'ala del palazzo imperiale, mina dalla quale scampò, per un felice
contratempo, l'Imp. Alessandro. Entrando da Correnti, gli dissi: è una buona notizia per lei. Qual più drammatico finale
per la sua storia? La Nemesi della Polonia! - Correnti sorrise, e credo che mi desse ragione.
4780. “Dopo il 1859” - mi diceva Correnti - “io mi sono ingolfato in un abisso che m'ha perduto. Ho
rinunciato alla mia carriera di vocazione e nella quale avrei solo potuto raccogliere duraturi allori, la letteraria”.
4781. Correnti, parlando di Bonghi, diceva: quella cloaca massima. Negli scritti di Bonghi si sente sempre il
mercimonio.
4782. Correnti, prefazionista per eccellenza. Un tale gli diceva un giorno: sai, ho finito di tradurre l'opera di
K.W.Y.X. (ossia un nome impronunciabile) quando mi fai la prefazione? - E Correnti rispose: è tempo di farla finita
colle prefazioni. Non ti sembra che sia ora per me di fare una buona conclusione?
4783. Fra le altre compilazioni correntiane: Annuario statistico italiano Anno I° 1857-1858 - Torino. 1858, 1
vol. in 12. - Correnti e Maestri Pietro. Annuario statistico italiano Anno 2°. 1864. Torino 1864. 1 vol. in-12.
4784. Quando Bargoni divenne ministro della pubblica istruzione, trovò che il suo ministeriale scrittojo era
troppo piccolo. Bargoni era uomo del massimo ordine, di quelli che tengono tutto a registro, che mettono le lettere che
ricevono una sull'altra in modo che le più piccole stiano sulle più grandi, che non possono soffrire due matite l'una più
lunga dell'altra ecc. Andò quindi a cercare nei magazzini del Ministero e scoperse un catafalco di cancello a ribalta con
cento cassette e cassettini, quello appunto che ci voleva. Senonchè a Bargoni successe Correnti. Correnti era l'opposto di
Bargoni, ossia l'uomo del più completo disordine. Vide il baraccone dell'antecessore e fu felice di aver trovato il luogo
dove sgravarsi delle centinaja di lettere che gl'ingombravano le tasche. In que' cassetti furono dunque cacciate alla
rinfusa le lettere, di mano in mano che le riceveva insieme a stampati, minute, zolfanelli, corda. Cacciane e cacciane,
infine non si sapeva più chiudere lo scrittojo. Quando Correnti cadde, il suo successore dovette sudare una settimana a
estrarre carta da quel magazzino. Vi furono trovati i fili di molti affari urgenti che s'erano perduti di vista, conti non
pagati, lettere dello stesso Correnti già messe in busta per esser spedite e giacenti nello scrittojo da mesi - in una parola,
vi si trovarono le cause delle molte querele che avevano concorso a far cadere Correnti. Vedi caso! se questo egregio ma
distrattissimo avesse avuto dinanzi non un saccoccione di legno, complice delle sue trascurataggini, ma un tavolino
piccolo e senza cassetti che lo avesse obbligato a dare quotidianamente passo, tanto per sgombrarlo, a tutti gli affari che
vi si accumulavano, sarebbe forse rimasto maggior tempo al potere.
4785. I dromedari pajono colossali gallinacci pelati.
4786. Di un riccone che riscuoteva centinaja di mille lire alla volta dalla Banca Nazionale: “el ciappava i mila
lir in pezza”.
4787. A Bergamo, Correnti conobbe un tal Suhr colonnello austriaco che aveva fatto le campagne contro
Napoleone, brav'uomo. E Suhr chiedeva a Correnti: “ma ditemi un po': nell'armata italiana, quale era quel bravissimo
corpo che si chiamava “corpo della Madonna”? - Non so, rispondeva Correnti e difatti egli non avea mai letto di quel
corpo in Zanoli negli altri storici delle pugne napoleoniche - Ma - insisteva il Suhr - Mi ricordo che fu in una
carica alla Raab. Era un corpo italiano che ci veniva adosso, a cavallo, sciabolando e gridando: “Corpo della Madonna!”
- Correnti sorrise ricordando i fegati sani lombardi.
4788. Benedetto Cairoli (1879-80-81) politicamente è un cavallo da circo equestre, da parata, che fare i
begli inchini, pigliar lo zucchero, ballare a suono di musica, ma che, fuori dal circolo, sulla strada maestra, non sa
trottare un'ora di fila e neppur tirare una timonella a due ruote. - Di lui si disse: Se risorgessero i suoi fratelli, che
resterebbe di Cairoli? -
4789. Achille Mauri durante le 5 giornate di Milano, si tenne prudentemente in casa. E raccontava poi: che si
aveva da fare per ammazzare il tempo? Si facevano delle gran partite a tarocchi.
4790. Purchè si combatta, anche i disastri sono vittorie.
4791. Luigi Sailer, milanese, prof. di letteratura, trovò pel primo la parola ferrovia. Prima di lui si scriveva,
come si può vedere in Cattaneo, strada di ferro, strada ferrata, rotaja ferrata... -
4792. 1878-81. Il sig.
r
Augusto Peiroleri, sedicente barone, direttore generale dei Consolati e del Commercio
chiama talvolta qualche impiegato nel suo gabinetto per impartirgli istruzioni. Prende in mano qualche nota, la legge
attentamente, appoggia la mano alla fronte, resta alcuni istanti meditabondo, poi, con un fare d'importanza, e lentamente:
Ella conosce ciò che ha scritto la Francia sull'argomento in parola... e ciò che ha scritto la Germania... al riguardo...
Faccia a tale proposito una nota in cui si dica, che... che la cosa... allo stato delle cose... non è del caso. - Vada.
4793. Il povero Rovani - mi diceva Correnti, e sono le sue precise parole, mi definì un giorno il Cellini dello
stile -: diceva che la mia penna era un cesello. Rovani aveva qualità diversissime delle mie; eppure mi voleva bene. -
4794. Tranquillo Cremona era pittoricissimo ne' suoi giudizi artistici, e la stessa trivialità delle sue
espressioni, nascondeva sempre il più fino criterio. Chi avesse fatto con lui un giro in una esposizione di quadri, ne
sapeva più che se avesse letto una serie di articoli de' migliori critici. Tale avea esposto un quadro di paesaggio,
rappresentante un bosco cupo, con in fondo, nel mezzo, una tonda apertura con una viuzza, colore di rosa, che veniva
dall'apertura verso lo spettatore e si sviluppava a zigzag. E Cremona: el par el bus del cuu col vermen solitari - Talaltro
avea poi esposto un Silvio Pellico allo Spielberg, gettato sul suolo del carcere, boccone. La tinta generale del quadro era
verdognola. Il Pellico era livido - tutto un insieme che metteva la nausea. E Cremona battezzò quel quadro: Giona
vomitato dalla balena. - (Vedi, sparsim per Cremona).
4795. (I Veneziani) Rovani si trovava ad una rappresentazione della “Fenice” di Venezia. Cantava una buona
artista. Due veneziani discorrevano in platea e l'uno dicea all'altro “senti che cagnazza” - Perdoni - entrò a dire Rovani -
Scusi se metto parola in quanto Ella dice... ma quella cantante non mi pare poi tanto cattiva - Za, dice uno di quei
veneziani, no l'è poi tanto cattiva - Sentano, continua Rovani quel portamento di voce, non pare loro di buona scuola? -
Zerto, risponde l'altro, lè veramente coreto, no te par? - E quella cadenza? - Ma l'è bonissima - fà uno de' Veneziani - Co
l'è brava! esclama l'altro, e si mette a battere le mani. Quindi, strette di mano e grandi proteste di amicizia con Rovani
che si allontana. Ma non era Rovani a quattro passi da loro che ode uno de' due rivolgersi all'altro dicendo: chi xelo quel
mona? - In questo aneddoto sta tutto dipinto il carattere dei veneziani.
4796. Il sig. Clerici, milanesone puro sangue va a vedere Venezia. Coll'animo pinzo di panettone e risotto
nulla gli piace. Inutilmente, il cicerone gli mostra il palazzo ducale “Oh ghe n'emin di donzenn a Milan!”, risponde
Clerici. La torre di S. Marco gli sembra ona torretta. L'arsenale, secondo lui “el fa rid in confront al Castell”. Il
cicerone, offeso nel suo amor proprio di veneto si contorce dal dispetto. Vuol giocare l'ultima carta e lo conduce a
Rialto, magnificandogli l'omonimo ponte lungo la strada. Giunti in mezzo al ponte, si fermano e il cicerone tace,
guardando con aria di trionfo il grosso Clerici come a dire “e ora che le pare?” - L'è chi tutt sto pontesel? - domanda
pacificamente il Clerici - El ghe dise ponteselo! - esclama il cicerone, resta come soprafatto un istante, poi fugge,
rinunciando perfino alla mancia - Lo stesso Clerici, quando arrivò sulla piazza di S. Marco, mentre la piazza era
affollata e vi sonava nel mezzo la banda austriaca, esclamò ad alta voce “gran bella cittaa Venessia... Peccaa che ghe sia
i Venezian”.
4797. Le donne telegrafiste fanno spropositi senza fine ne' telegrammi. Tale operajo di telai di tessitura,
andato in campagna ad aggiustare una macchina telegrafava al suo principale “Filonimo spostato: strumento non entra”.
E la telegrafista trasmise la frase, così: Filomena sposata: strumento non entra.
4798. Achille Mauri in un suo articolo sulla Gazzetta di Milano chiamò felice il dominio dell'Austria.
4799. In Zola c'è tutto quanto si vede, non quello che non si vede che è il più. Zola è quasi sempre fotografo,
rado pittore. Qualche po' d'arte, però, c'è - ma non troppa. Sono fotografie colorate.
4800. Prima del 1848, fra le molte spie che avviluppavano come di una rete l'ingegno lombardo, erano *
traduttore di drammi francesi, d'animo acre, tutto corucci, di corpo toroso, che a Londra avea già fatto il mazziniano, e
un **, traduttore di romanzi. Nel 48, quando il Governo rivoluzionario s'impadronì degli archivi trovò lettere di * in cui
si diceva: “Eccellenza, l'individuo tale passerà da Lugano. Stia certa, Ecc[ellen]za, che non mi sfuggirà; lo attenderò al
varco”. - * finì i suoi giorni, nascosto in un villaggio di montagna.
4801. Mortagli la moglie Blondel, Manzoni benchè idealmente volesse serbarle fede, pure fisicamente sentiva
di non poter far ciò. Si confidava quindi col suo Torti, e, siccome non voleva profittare delle donne fuor della legge (o a
meglio dire troppo nella legge), soffriva assai. Finalmente, si decise a sposare la vedova Donna Teresa Stampa Borri.
Ora, Cattaneo fu uno dei primi a conoscere la risoluzione di Manzoni. Incontra un amico, e “sai - gli dice - che cosa sta
per fare D.
n
Alessandro?... Sai, che molto coraggioso, come patriota, non è mai stato... anzi, a dirla tra noi, l'è un
spauresg... ma in fondo dell'animo, Don Alessandro è però liberale... Ebbene...” - Ebbene? domanda l'amico - Ebbene,
attenta alla libertà della Stampa. - I libri rovinarono materialmente Manzoni. La prima edizione in tre volumetti egli la
diede a stampare all'editore Vincenzo Ferrario, e benchè questi fosse suo amico, tuttavia ci rimise. Le copie le vendeva
lui stesso in sua casa. Raccontava Don Malachia De Cristoforis il vecchio una scenetta curiosa accadutagli, a questo
proposito, con Manzoni. Don Malachia desiderava una copia del libro - era parente di Manzoni, ma non voleva averla in
dono da lui. Va da Manzoni - e avvenne un dialoghetto tutto pieno d'equivochi, in cui Don Malachia intendeva di
ottenere la copia pagandola ma senza parere che la pagasse, e Don Alessandro voleva vendere la copia facendo le viste
di donarla. In conclusione, Don Malachia uscì di stanza colla copia in mano e ringraziando Manzoni, mentre deponeva il
palpiroeu sul davanzale del caminetto - L'edizione illustrata de' Promessi, dicono che costasse a Manzoni una settantina
di mille lire: trenta delle quali intascate dal disegnatore Gonin.
4802. Carlo Cattaneo era ingegno comprensivissimo, agilissimo, ma tanto quanto flaneur per ciò che riguarda
l'esecuzione. Trovò lui quel modo epigrammatico e potente di critica, che poi venne imitato da Rovani e da altri.
4803. Gli odori della vita - Da quello del primo latte a quello della putrefazione - Gli odori della mattina,
quelli del mezzogiorno, e della sera in cui sieno indirettamente rappresentate le tre epoche della vita. Chi si leva di buon
mattino, sente l'appetitoso profumo del pane appena sfornato, della fresca rugiada ecc. A mezzogiorno la puzza del
sudore [seguono tre altre parole abrase] - ecc.
4804. Gente di servizio. C'era un servitore che non annunciava mai una persona come si doveva. Per lui la
signora Valaperta era sempre la Sig.
ra
Madreperla. Redarguito più volte, fece finalmente un erculeo sforzo di memoria, e
annunz la Sig.
ra
Madreaperta. Lo stesso servitore annunciava sempre democraticamente la Marchesa Fossati, per: La
Fossada; quando però parlava colla padrona del cuoco di casa, diceva sempre rispettosamente “el sur coeugh”.
4805. Digiuno. La scienza dei digiuni è quella che sola può farci vivere materialmente e moralmente bene in
salute. Non per nulla le religioni lo santificano. Difatti, qual'altro mezzo migliore perchè il cibo ci faccia prò di quello di
prepararvisi coll'astinenza, e di non rompere questa finchè l’ugna della fame non ci si pianti nello stomaco? Qual'altro
per riprodurci in figli ed in libri robusti?
4806. Romanzi. Il lettore volgare ama i soli romanzi d'intreccio - il pettegolezzo, per così dire, scritto: il
lettore di un grado più elevato, preferisce i romanzi di sentimento, i romanzi in cui l'autore seziona l'animo de' suoi
personaggi. In questi due stadi però non piacciono che i romanzi personali: si abborrono le generalità. Il terzo grado ne'
lettori è quello di chi ama i romanzi ideali, filosofici, i romanzi che trattano dell'umanità, dell'universo, non delle
persone. Chi può, peraltro, gustare veramente un tale genere di romanzi è colui solo che è capace di scriverne - e questi
probabilmente ne scrive, non ne legge. Ed ecco la gran ragione degli insuccessi del Dossi.
4807. L'uomo destinato alla gloria non teme la povertà, anzi la miseria, perchè sa che nella miseria il suo
ingegno diventerà genio.
4808. A far girare i mulini della imaginazione ci vuol sangue corrente: e i rivoletti delle mie vene non ne
conducono più (inverno 1880-81).
4809. Ebbi tali dispiaceri da tutti - fuorchè da mia mamma -; provai fiere delusioni negli interessi, negli
amori, nelle amicizie, che io considero ora come persone a me benevoli quelle che mostrano apertamente di odiarmi. Io
non spero più amici nè amanti: io non desidero altro che nemici e nemiche palesi. (1880)
4810. Sarebbe utile che ne' giornali s'introducesse una Rivista de' libri non nuovi, nella quale si rendesse luce
e giustizia a talune insigni opere nostre che giaciono aspettando chi le comprenda - e i cui autori si chiamano Gorini,
Negri, Rovani, ecc.
4811. (1880 - settembre). Dopo quattro anni di lavoro burocratico, mi trovo ancora vicesegretario di terza
classe. Hanno, è vero, riconosciuto il mio merito e ne abusano facendomi lavorare più di chiunque, ma non mi
compensano, neppur moralmente. Temono che, facendomi avanzare, diminuisca il mio profitto per loro. Quel merito che
mi dovrebbe quindi avvantaggiare, mi è di massimo danno. - Sono una America che attende il suo scopritore. Perchè una
mano gagliarda non mi strappa dall'infimo posto in cui sono e non mi mette in uno più alto, dove solo potrei
completamente svelarmi? Dicono: ci sono de' regolamenti. Ebbene, il non derogare ad essi in favor mio, è un derogarvi
a mio danno. Mi si perdoni questo sfogo di superbia. Chi non ha amante, manstrupasi.
4812. Milan dis e Milan fà - è un proverbio milanese antichissimo, che trova tuttodì la sua applicazione.
4813. Casi di coscienza - Paolo Mantegazza curò un ricchissimo paraguajano di un cancro al cazzo. L'uomo
guarì, il cazzo morì. Poco dopo, Mantegazza udì che il paraguajano erasi maritato con una bellissima e ardente
messicana. Un anno passò. Un giorno il paraguajano doveva recarsi a visitare una sua lontana fattoria. Salta a cavallo.
La moglie gli offre un brodo ch'egli beve. Sprona il cavallo e via! più se ne seppe. Senonchè, dopo un mese, lo si
trovò morto in una foresta, mezzo mangiato dalle belve. E le belve furono incolpate della sua morte. - Quando
Mantegazza udì quest'ultima parte del racconto, sudò freddo. Evidentemente quel paraguajano era stato avvelenato dalla
moglie. Ma Mantegazza taque, e ben fece.
4814. (dupl?) Certo Marchetti, compositore di tragedie per burattini che facevano correre tutta Roma,
scrisse anche uno “Stilicone” che gli procurò per le sesquipedali baggianate molte cappellate di quattrini, e di cui fece
poi la continuazione, sotto il titolo di “Stilicone rinciucciolito”. Pare peraltro che il Marchetti facesse lo sciocco per
speculazione. Difatti, alle risate che Roma fece sulla sua opera, egli rispondeva coi seguenti versi, tutt'altro che sciocchi:
“Voi ridete, voi scherzate - nel veder lo Stilicone - Io riscuoto, voi pagate - chi di noi è più coglione?” Celebre è il
Marchetti per la “Didone in fiamme” che gli valse le persecuzioni del governo francese nel 1849, essendo i francesi, dal
popolino romano, chiamati i didoni (dis-donc) e le loro amanti le didone.
4815. incarcar i serci (calcare i selci) frase romanesca piena di colorito, significa i burrini (villani) della
Campagna romana che ballano, a suono di tamburella, il salterello, coi loro mantelloni, cappellacci e stivaloni, e
ricordano colla pesantezza delle loro mosse coloro che mazzapicchiano i ciottoli delle vie.
4816. Pasquino, dopo il 1870, è diventato clericale. Alle prime riforme interne di Leone XIII, disse “Non è
Pio, non è Clemente - è un Leone senza dente”.
4817. 22 novembre 1879, ore 5½. - Morte per difterite di Ada Cremona di anni 6, unica figlia del pittore
Tranquillo Cremona, morto l'anno prima, e mia figlioccia.
4818. È una repubblica, la letteraria, in cui ciascuno vuol essere re assoluto.
4819. L'Amore e l'Amicizia si escludono reciprocamente.
4820. La maggior parte delle donne, alle gentilezze, ai benefici che loro si fanno non provano gusto e sollievo
tanto per l'omaggio e il miglioramento che loro si reca, quanto per l'invidia rabbiosa che possono suscitare nelle loro
compagne o rivali.
4821. - R.U. Etimologisti - Sudor, quasi in oribus sud, nei paesi meridionali, quindi caldi.
4822. Nei grandi centri dell'affarismo politico o finanziario regna la cocotte, ladra, traditrice, porca. L'uomo
politico o bancario, che è solitamente corrotto fin nel midollo, non gusta altra donna.
4823. Rattazzi, al tempo de' suoi ultimi ministeri, si vantava di non aver letto da trent'anni alcun libro - tanto
era stato, senza riposo, occupato d'affari.
4824. Agostino Depretis, più volte ministro, quando si maritò colla vedovella Grassi, erano, per così dire,
anni che non si lavava. A forza di tirar tabacco e di non nettarsi mai il naso, s'era formato una corteccia sul labbro
superiore che pareva un pajo di baffi. Prima cura della moglie fu di lavarlo e pulirlo: la crosta fu raschiata via, ma
dall'esservi rimasta sì a lungo lasciò sul labbro un segno incancellabilmente rosso che rende aspetto di una piaga.
4825. La Sinistra monarchica, attualmente al potere (1876-1881) è un partito quasi illetterato. Cairoli,
Depretis, nè Crispi, nè Zanardelli, nè Nicotera lasciano alcun libro nel quale il pubblico possa leggere come la pensino. I
soli in tutto il partito che sappiano tanto quanto scrivere sono De Sanctis e Marselli, ma il primo batte le regioni
puramente letterarie e l'altro non basta. Al contrario, la Destra ha tutta una letteratura, Minghetti, Mamiani, Bonghi,
Luzzatti, Correnti (poichè anche Correnti è di destra) - come l'ha la Sinistra repubblicana - Bovio, Saffi, Gabriele Rosa,
Bertani, Carducci, Gorini ecc.
4826. Le traduzioni delle opere letterarie, o sono fedeli e non possono essere se non cattive, o sono buone e
non possono essere se non infedeli.
4827. Importantissimo nello studio della mente e del carattere di un grand'uomo è di conoscere le sue favorite
letture. A ciò servono mirabilmente gli estratti delle fatte letture che molti uomini insigni lasciarono, come quelli di
Foscolo, attualmente alla Labronica, quelli di Gorini ecc.
4828. Di eccellente traduzione si potrebbe dire che avvenne come nella galvanoplastica. L'oggetto è ancora
quel desso quanto alla forma, salvochè alle molecole primitive se ne sostituirono altre di diversa materia. L'oro si è
convertito in argento, ma la forma rimase intatta. - Delle traduzioni mediocri si può invece ripetere la pittorica frase di
Cervantes (Don Quixote) - C'è il disegno della stoffa, ma al rovescio.
4829. Nel “Cittadino” giornale, se ben ricordo, di Genova (nov. 1879) si leggevano in una corrispondenza da
Bordighera queste testuali parole: “Mentre la regina scendeva dal treno reale, la pioggia cominciò a cadere. Per rispetto
alla regina e giusta l'etichetta, niuno del seguito aperse il parapioggia per proteggere l'augusta viaggiatrice: il principe di
Napoli era intanto salito in una delle sette carrozze che attendevano la sovrana, ecc.” - E siamo presso il XX secolo e a
poca distanza dalla universale repubblica!
4830. Nella monografia dei Baci (V. sparsim) avvertire umoristicamente la loro importanza igienica sulla
pelle. Sono per così dire, tanti piccoli senapismi che mantengono in moto il sangue.
4831. (Durante il ministero dello sciocco Cairoli). Sventura, quando i reggitori dei popoli si mostrano incerti
in quanto fanno. Gli è come quando vediamo il cocchiere della nostra carrozza, titubare, non saper se toccare i cavalli o
lasciar questi procedere a spina-pesce: il timore ci piglia e facciamo voti perchè la trottata sia presto finita. Se invece
l'auriga ci si mostra fiducioso, e con mano ferma tratta i cavalli, anche noi ci sentiamo (e, in verità, siamo) al sicuro.
4832. Inenarrabili le mangerie degli alti e bassi funzionari borbonici. Un esempio basterà per tutti. Sulle carte
geografiche del Regno delle Due Sicilie, anteriori alla costituzione del Regno d'Italia stava segnata la gran strada delle
Calabrie. Quando il Napoletano fu conquistato alla libertà, la nuova amministrazione cercò di quella gran via e non la
seppe trovare - anzi nessuno glie ne potè dare notizia. Eppure negli archivi esistevano non solo i piani della stessa, ma le
perizie per l'appalto dei lavori, i contratti di appalto, i verbali delle aggiudicazioni, i pagamenti rateali eseguiti dallo
stato - che più? perfino i collaudi degli ingegneri. - Si noti che nel Regno delle Due Sicilie, delle somme d'introito che
superavano alla fin d'anno le previsioni si dava un tanto per cento agli impiegati dei Ministeri.
4833. Che può attendersi l'Italia da un Ministro * (1881) appestato da capo a piedi, la cui casa è, per le
puttanissime figlie, un vero postribolo? da un uomo, gonfio di vanità e di maldigerita dottrina, non illuminata dal genio?
4834. Io credo di possedere un infallibile indizio per comprendere quando mi trovo in presenza di una
persona d'ingegno e destinata a diventarmi amica, poichè allora sento il mio proprio ingegno destarmisi. In presenza
invece di uno sciocco, io mi trovo più sciocco di lui.
4835. Noi non intendiamo assolutamente di fare il minimo appunto alla società contro i maltrattamenti degli
animali, ed ai sostenitori in genere del principio della inviolabilità della vita umana e belvina. Forse però non hanno
ancor fatto la seguente osservazione. Immensa è la serie degli esseri viventi, sia nel grande che nel piccolo. Se non tutti
sono dotati di pari organi per gioire, tutti ne tengono per soffrire. Lo spasimo che sente il bue procombente sotto la
mazza del macellajo non è diverso da quello che soffre la pulce schiacciata dalla rosea e dotta unghia della fanciulla.
Perchè dunque tutto questo apparato di commozione per i dolori delle bestie grosse e men grosse e non per quelli delle
piccine? - È la Natura che c'insegna, ci obbliga a vivere di assassinio sugli altri viventi.
4836. Il XVIII gennajo del MDCCCLXXXII - Dopo 67 anni ed 8 mesi di vita - Stanislao Brichieri Colombi -
avvocato - che, alla nobiltà de' natali e degli alti uffici occupati - congiunse quella dell'animo - e, consigliere assiduo di
bene, - ne fu del pari instancabile operatore - si spense, qual face al sorger del sole, nella luce eterna - Col nome del
marito amantissimo - e dell'incomparabile padre - la moglie Marianna Gazzarini - i figli Gaetano, Tomaso, Isabella,
Augusto - incisero in questo marmo - il loro amore, il lor strazio. (Epitafio dettato da C. Dossi, per commissione di un
amico).
4837. L d.B. “La malattia del genio” studio patologico. Oggi in cui i medici fanno da letterati (Mantegazza
ecc.) è permesso, pare, a un letterato di fare un po' il medico - e qui si può accennare alle simpatie che passano fra la
medicina e la letteratura, dai tempi più antichi ad oggi. “I medici letterati” è tema che potrebbe, trattato da persona
competente, produrre un bellissimo studio. Cit. Redi, Garth, Cocchi, L. Bellini, Raiberti, ecc. Cagione probabile di ciò,
sarebbe che il fondo e il campo sia dei letterati che dei medici è la bugia, la quale non può avere spaccio se non sotto
una bella forma. Anche la matematica diede poeti - Per es. Mascheroni e Marchetti - Nel bozzetto “La malattia ecc.”
discorrere del modo artificiale di creare e covare i pensieri. Ai tempi odierni si fabbricano nuove razze di cavalli, di
cani, di bestie bovine e suine, si producono fiori e frutta colla luce elettrica, s'inventano ova ecc. perchè non si potrà far
nascere e crescere anche il pensiero - e preparare crani e cervelli atti a contenerlo e fomentarlo? La Natura ci ha da
lungo tempo già suggerito alcuni mezzi per ottener ciò: gli eccitamenti morali e materiali, specialmente le bibite
alcooliche. Senonchè queste non sono sopportabili da tutti e guastano innanzi tempo l'organismo. In essi però si
potrebbe ricercare il germe del nuovissimo specifico nervoso atto a produrre il cervello di genio.
4838. L.d.B. “Due appartamenti”. Bozzetto di riscontro a quello di critica letteraria “Di tre scrittori
contemporanei”. Nella descrizione dei due appartamenti mezzo reale e mezzo ideale raffigurare l'animo e la coltura dei
loro due presunti abitatori: Crispi e Cairoli. Nel primo, descrivere gli scaffali pieni di libri di scienza che serbano le
tracce dell'uso quotidiano, i ritratti dei migliori uomini amici di Crispi ecc. in una parola rintracciarvi, fin nelle minime
cose, i semi del genio e del cuore generosissimo. Nell'altro invece, descrivere oggetti che indicano ignoranza, egoismo e
vanità. Le carte geografiche al rovescio, i libri intonsi, i tavoli zeppi di pubblicazioni laudative del padrone di casa -
corone d'alloro sotto il vetro ecc. far insieme nascere l'idea che si parli dell'appartamento di una ballerina e terminare
dicendo a pressapoco: è la casa di Benedetto Cairoli.
4839. ...Gatto i cui occhi scintillanti sembrano due acini d'uva.
4840. La vita burocratica, come la prigione del corpo, fa vittime più che non si pensi all'altare della pazzia. È
infatti una vera carcere dell'animo. I soli che vi possano resistere sono gli idioti - ma l'idiotismo è già una forma della
pazzia.
4841. La storia della torre di Babele Tower of Babel quasi of babil (ingl.), di chiacchiere è la storia di
molte intelligenze che vollero tendere al sommo al di delle proprie forze. Ogni nuovo cerchio di mattoni e di pietre
rappresenta un nuovo superiore ordine d'idee che la intelligenza ha aquisito. Cresce la torre della erudizione e della
meditazione, ma nel crescere si rastrema. La torre è altissima ma l'uomo superbo non ne è pago e però sforza il suo
cervello a più acute meditazioni. La torre si frange per la sua stessa mole e sottigliezza - le lingue si confondono - cade
la intelligenza fulminata dalla paralisi.
4842. “La ghiaia di Roma”. Sotto questo titolo si potrebbe scrivere un curiosissimo e interessante libretto di
archeologia minuta, il quale potrebbe anche servire all'istruzione popolare od a quella dei bimbi - come la “Storia di un
boccone di pane del Macé ecc. Si comporebbe di una introduzione e di parecchi capitoli - illustrati artisticamente da
pittori di spirito come per es. il Conconi. - Nell'Introduzione, mostrare che uno de' principali scopi dell'uomo ed uno de'
maggiori suoi godimenti è quello della scoperta. Chi non può fare scoperte nel campo delle cose nuove, ne fa in quello
delle antiche, donde l'amore per gli scavi e i musei che talvolta rasenta la mania. Si capisce l'avaro Torlonia che ha
profuso tesori per scavare tumuli, si capisce perfino il marchese * che spogliò, per fini archeologici, il Monte di Pietà di
Roma. Noi non abbiamo a nostra disposizione nè i tesori di Torlonia, nè la indelicatezza di *: eppure trovammo modo di
soddisfare completamente alle nostre inclinazioni archeologiche - Paragone fra la grande e la piccola archeologia -;
mostrare come si equivalgano. Importanza della archeologia minuta (e la nostra è più ancora minuta di quella di
Pompei) tanto maggiore quanto più spregiata. - Come la fantasia goda delle ricostruzioni. L'archeologo aulico su un
frammento di colonna ricostruisce un tempio, noi su mezzo manico, su un orlo fittile, un vaso. E il vaso può valere il
tempio. - I capitoli potrebbero contenere le seguenti materie: ISpedizione archeologica a fior di terra”. Descriz. delle
mie passeggiate fra le terre di scarico dell'Esquilino. - Quale sia il tempo e l'ora del giorno più propizia alle scoperte.
Dopo una pioggia, alla mattina o al tramonto - Paragone fra le passeggiate per funghi e per sassi - Giovamento che ne
ritrae la salute - L'occhio si abitua alle minime cose. - Le guardie degli scavi non vedono e non raccolgono che gli
oggetti grossi: statue equestri, busti colossali ecc. - Studio della topografia delle vie antiche di Roma e delle osterie
nuove ecc. - IIChe cosa si trova”. Descrizione generale - presa dal vero - degli oggetti raccolti da me, da Conconi e da
mio fratello. Bronzi - stucchi - marmi - avori - ferri, ecc. ecc. Detriti, frammenti di antica civiltà - La storica ghiaja, la
ghiaja sagomata di Roma. - Studiare la storia di Roma nella sua ghiaja - La pre-Roma ecc. - III Le gradazioni de'
sentimenti Cap. in cui si parla degli stucchi colorati e de' dipinti. I romani non conoscevano la mezza tinta la
“nuance”, non solo nella pittura, ma nella letteratura e negli affetti. L'umorismo non potè quindi prendere un posto
principale in Roma - ed anche oggi non vi alligna che per eccezioni. La letteratura latina o rideva od era seria, non
sorrideva quasi mai. (Vedi note sull'Umorismo, Ovidio, Cicerone ecc.). I romani od erano assolutamente perfidi o
completamente virtuosi. Bricconi onesti, come sono di moda oggidì, non ve n'erano. Nella vita pubblica vi era
spogliazione violenta, non subdola o come dicesi oggi, affarismo, ecc. - IV La storia di Roma. In un pavimento a
mosaico la si può leggere tutta. Perchè quel pezzetto rosso potesse collocarsi vicino a quello verde, le triremi romane
dovettero passare il mare, le legioni dovettero piantar le loro aquile nella tale e tal'altra regione. Particolareggiare,
servendosi di parole tecniche per quanto riguarda le diverse qualità de' marmi e citando con garbo artistico fatti storici -
in modo che ne risulti, come si disse, tutta la storia di Roma. - Accennare alla straordinaria profusione dei marmi
nell'antica Roma - e al viaggio di talune colonne e statue, che dalla Grecia vennero a Roma e da Roma a Costantinopoli,
poi passarono a Venezia e tornarono a Roma per emigrare quindi a Parigi e ritornare ancora una volta nella città eterna.
- Parlando dei pezzetti di marmo pei pavimenti, fare considerazioni sulla somma di lavoro che ciascuno costò. Ciascuno
infatti è levigato sulle quattro pareti - Conchiudere con un progetto di un pavimento di marmo per una grandissima sala.
Il pavimento rappresenterebbe le provincie dell'impero romano. Il colore di ciascuna provincia o regione sarebbe
costituito da quello dei marmi scavati sul luogo e poi trasportati e rinvenuti a Roma. - In altri capitoli, si potrebbe
parlare “degli ossi e delle ossa. Paragonare le tombe odierne dove gli avidi eredi non pongono altro che il nudo morto,
e le tombe antiche in cui il defunto veniva circondato di tutti gli oggetti che gli erano cari in vita. Dire del vasellame
funerario, delle ceneri ecc. - poi si potrebbe parlare dei bolli sia di mattoni che di vasi. Quanti nomi di persone moderne
si ritrovano tra i figulai antichi. Crispi, Curti, ecc. - degli oggetti e delle imagini oscene. Diversa opinione in proposito
degli antichi e de' moderni. Sul pudore morboso ed artificiale. Come l'uso attutisca l'impressione impudica. La
comunissima vista di oggetti raffiguranti membri virili non risvegliava probabilmente nelle antiche ragazze romane
nessuna emozione di leso pudore, come non ne solleva alle moderne la esclamazione di “cazzo” volgarissima a Roma. -
(V. 5019 e sparsim)
4843. I tartufi potrebbero chiamarsi “i diamanti della cucina”. Anche Brillat-Savarin usò di questa
espressione.
4844. Appunti sui pittori T. Cremona e Ranzoni - utili per la Rovaniana - Cremona nella sua prima maniera
levava le pelurie del pennello dalle faccie delle sue figure colla penna d'acciajo. La “Traviata” è di quell'epoca -
Cremona, Ranzoni, Mosè Bianchi, Rinaldi ed altri lavoravano tutti contemporaneamente nello studio del Prof. Bertini.
Ranzoni, che aveva sin d'allora il ramo della pazzia, diceva a guisa di ritornello fra una pennellata e l'altra “mi voo a
Intra”. Ranzoni era fortissimo di spalle e trasportava su di esse accavalciati Grandi e Cremona, ciascuno dei tre recando
due candele accese in mano. E camminavano di notte per le strade, dicendo di fare la bestia infernale. Ranzoni, Grandi e
Cremona erano chiamati i tre nani. Cremona però si vantava di essere più alto degli altri due “on pel de natura” - Fra i
suoi parecchi padroni di casa, Cremona ne aveva avuto uno in via S. Paolo che essendo stato frustrato dell'affitto andava
dicendo che avrebbe fatto vedere chi era a Cremona. Cremona, udito ciò, si recò dal detto padrone di casa, e girandogli
intorno tutto inchini e salamelecchi colse il destro, mentre lo assicurava che lo avrebbe presto pagato, di pisciargli in
tasca - Notisi, era di pieno giorno - Famose le caricature di Cremona. Col gesso ne fece di bellissime sul tappeto verde
del bigliardo del caffè da lui frequentato. Fece anche la caricatura di certo Bianchi mercante genovese che lo aveva
chiamato in sua casa per farsi ritrattare. La caricatura fu disegnata sull'album dello stesso Bianchi. Figurava un avaro,
con un borsellino stretto in pugno e con su scritto: dinee. - Presentava sua moglie Carlotta (ex cantante e già sua
amante) così - Ghe presenti la mia concubina legalizzata. - Molte sono poi le burle fatte da lui e dai suoi amici
all'offellajo Lazzaroni sull'angolo di Via Monte Napoleone in faccia a via Durini. Il Lazzaroni s'era edificata la facciata
della sua casa nel peggior gusto possibile. Il piano terreno era rivestito da parecchi filari di bugne che somigliavano in
tutto ai bottoni. Cremona e gli amici venivano a notte tarda dinanzi il caffè chiuso del Lazzaroni ed appiccavano i loro
cappelli e i loro soprabiti ai detti bottoni, poi, facendo un baccano infernale, destavano il Lazzaroni, che venuto alla
finestra vedeva, colla più comica ira, la sua casa cangiata in un colossale attaccapanni. - Si recava alla latrina con un
elmo romano teatrale in testa, sul quale al posto del pennacchio era una candela accesa. Sul vetro dell'uscio del suo
studio in via Solferino, aveva scritto: sono pregati specialmente gli amici, a lasciarmi Tranquillo. Il vetro è oggi (1897)
posseduto dal pittore Rapetti - Le tele di Cremona, oltre che pel genio, dureranno lungamente anche per la materia di
cui furono saviamente composte e dipinte. Cremona infatti, non si servì mai (tranne che pel ritratto di Fausto Cucchi -
tela a olio) se non di tele a gesso - e preferì sempre, fra i colori, il lapislazzolo e la malachite. Rettifica (1901). Molte
tele ad olio di Cremona si anneriscono, perchè il colore ha per base il catrame - Cremona era appassionato dei sigari
avana tortillados. Spendeva 6, 7 lire al giorno per essi - ne fumava un dito, poi li gettava.
4845. Quand'io mi metto a meditar qualche tema, gli è come se entrassi in un bujo sotterraneo: nulla vedo.
Ma, a poco a poco, l'occhio dell'intelletto si assuefa all'oscurità ed aquista, come quello del gatto, la proprietà di
raccogliere in i minimi fili di luce - cosicchè finisco per trovare quanto cerco e più ancora. - E ciò avviene pure,
leggendomi, a' miei lettori, di cui molti, respinti dalla prima apparente bujezza, gettano il libro. Da' miei lettori io non
invoco che pazienza.
4846. Nel volume dei ritratti umani che parlerà della “Parte ufficiale” e tratterà in una serie di bozzetti anche
degli impiegati pubblici, istituire un raffronto tra la vecchia e la nuova burocrazia. Occorrono a ciò informazioni. Non
dimenticare intanto le forme sotto le quali i vecchi burocratici prendevano parte del loro stipendio o sapevano
abusivamente aumentarselo - ossia i diritti di ventaglio per l'estate, di manica per tutto l'anno, di taccuino pel capo
d'anno ecc. che loro venivano pagati in denaro, allo scopo appunto di procurarsi i detti oggetti, che, viceversa poi, non si
procuravano affatto. - Toccare degli obblighi religiosi, delle ingiunzioni per circolari di frequentare la messa, di far la
Pasqua ecc.
4847. “Sul mio modo di scrivere, cosidetto difficile”. Un amico, dotto e intelligentissimo, mi dice:
“dovresti scrivere, Dossi mio, in forma più popolare, tralasciando certe parole che non si capiscono dai molti e però
fanno abbandonare il libro” - Rispondo: a piacer tuo. Eccoti una matita e segna queste parole. - L'amico prende un mio
libro, legge e comincia a segnare. Egli conosce non scarsamente la lingua italiana e però non sottolinea, in media, che un
pajo di parole per pagina che io sostituisco con altrettante più facili. - Ed ora, si passi il libro così corretto ad altra
persona, meno istruita di quell'amico, una quindi che più si avvicina a quella indefinita quantità di gente detta popolo,
per la quale si dice che tutto dovrebbe essere scritto e fatto. Questa persona legge, e, a mio invito, segna le parole che
non comprende e ne segna, in media, 6 o 7 per pagina, parole tutte che non avevano fatto alcuna impressione di
disgustosa novità all'antecedente lettore. Ed il libro trapassa poi ad altra persona, di un grado ancora minore di coltura e
d'intelligenza, e così via - scendendo - va fino ad arrestarsi alle soglie del completo analfabetismo. Allora, dopo averlo
ricorretto di mano in mano come vorrebbe il signor popolo, ripresento il libro al primo lettore. Ahimè! colle parole sono
scoloriti anche i pensieri, chè la parola non è altro infine se non pensiero: a forza di stacciare il composto del libro, tutto
il sugo ne è uscito e non rimane più che la feccia. Quanto resta, tutti lo capiscono, è vero, ma a nessuno piace - Il
letterato che non scrive pei pochi è letterato di ben poco valore.
4848. Dagli edifici come dalle opere letterarie ed artistiche, che rappresentano un'arte giunta alla sua piena
maturanza, nulla vi ha d'imparare. Tutto quanto poteva dare quel modo di esprimersi fu dato e ne avete innanzi la prova.
S'impara invece assai risalendo al punto di partenza de' vari modi, poichè ivi trovate anche principi trascurati e che voi
potreste utilmente sviluppare. Egli è per ciò che negli abbozzi dell'arte, p. es. nelle primitive basiliche cristiane, si
apprende più assai che nell'ambiente del San Pietro di Roma, etc.
4849. A Paolo Gorini - che, alla Natura obedendo, la dominò - e, della vita sorpreso il segreto, - non potendo
la morte, debellò la putredine - gli ammiratori del suo intelletto sovrano - gli innamorati del suo ineffabile cuore -
Memori, alteri - (nacque il 26 gennajo 1813. Il 2 febbrajo 1881 fu l'ultimo della sua vita e il primo della sua gloria)
Progetto di epitafio per la lapide da collocarsi nel Tempio crematorio di Milano - (C. Dossi) Non venne accettata,
come al solito.
4850. Io ho l'animo sifatto che mi sento minore di un mendicante e maggiore di un re.
4851. La settenne Idina, mia nipotina, chiedevami: mi vuoi bene, nonno? - Risposi: un po' bene e un po' male.
Voglio male alla tua cattiveria, e bene alla tua bontà: e siccome tu sei molto buona e poco cattiva, così ti voglio assai più
bene che male.
4852. A ventre pieno e [rasura nel ms.] si fanno proponimenti di sobrietà [rasura nel ms.], che poi a vuoto
ventre [rasura] ci affrettiamo a dimenticare.
4853. Nella lenta, servile e malpagata carriera ministeriale, l'impiegato inferiore si va saturando d'odio contro
il superiore - odio, che sfoga poi - come raggiunge il posto alto, contro la classe in cui egli soffrì ed odiò. E così il
dolore, l'invidia, e la vendetta si perpetuano nel mondo burocratico.
4854. Difendendo le cause generose, è gloria anche il soccombere.
4855. L.d.B. - Note per la prefazione. L'Umanità, invecchiando, diventa orribilmente seria (“inversa”). Il riso
va scomparendo dalle nostre arti. La Musica, la Plastica, la Letteratura del giorno opprimono l'animo - quel poco di
gajezza che resta, trova la sua espressione nella parodia invidiosa e velenosa e nel freddo equivoco. Parag. l'opera
buffa Rossiniana, veramente e sanamente allegra, e l'ilarità spasmodica dei vaudevilles francesi. solo si è seri dalla
nascita, ma con una educazione ed istruzione contro natura si tende a vieppiù immusonarci. Chi poi non sarebbe, per
indole, serio, fa ogni studio per parerlo. Froebel ha cacciato lo studio perfino nel gioco. Non vi son più fanciulli.
Paragonare il popò antico, ingenuo, inconscio, grassone ecc. e il bambino sparuto moderno, tutto malizia, e scimiotteria
dei vizi della gente adulta. - Accennare ai titoli dei libri che escono alla luce; non c'è autore che non si presenti al suo
pubblico senza la minaccia di qualche nuovo sistema filosofico, di qualche grave scoperta matematica o fisica - o, Dio
ce ne scampi, medica. Non minimo atto della vita, di cui non si vogliano rintracciare le cause prime ecc. - Orbene, il
nostro innato spirito di contraddizione si ribella a tutto ciò, e vuole ad ogni costo nuotare contro la corrente. Giacchè
tutti fanno il serio, noi rideremo anche a loro spese. Giacchè tutti scrivono libri da saggi, noi ne scriveremo uno da pazzi
ecc. E forse riusciremo più savi di loro.
4856. Vi ha discussioni e lavori, specialmente nella vita politica parlamentare, i quali costituiscono la base di
importantissime riforme, benchè di essi non resti più traccia apparente. Formano, per così dire, il comincino della calza,
che poi, a calza inoltrata, si abbandona. Si potrebbero paragonare a que' grossi macigni che si affondano nell'aqua per
erigervi poi sopra altre moli. Appare agli sguardi di tutti l'edificio sopraqua - talvolta leggero: nessuno vede le colossali
fondamenta. Per ottenere riforme, occorre anzitutto saper creare, in qualsiasi modo, i così detti “precedenti”.
4857. Soggetti di quadri. - “Alla piccola” (quadro imaginato dall'amico Conconi). Un vagone pieno di buoi,
abbandonato su rotaje secondarie, piene d'erbe, al sole, che attende da lungo tempo la sua volta di partire - In fondo, ma
molto in fondo, paesi, prati verdeggianti ecc. - “Genio e spensieratezza”. Ritratto di uomo illustre, seduto, colla testa
appoggiata alla mano, pensoso - e la toppa (patta) sbottonata. - Due quadretti di riscontro nell'uno de' quali domini la
nota bianca e nell'altro la nera. Nel primo, giardino ben pettinato, con ajuole a fiori, che sente la ricchezza. Un cuoco
tutto vestito di bianco corre a salti attraverso le allee e le ajuole con un coltellaccio ed un mazzo di rosmarino in mano. -
Nell'altro, orto parochiale, tutto cavoli e rape, con in mezzo un prete in calzetta e soprabito, tutto nero. - Altri due
quadretti di riscontro - storici ed, insieme, di genere - potrebbero essere il primo - “Pio IX che gioca al bigliardo”: Sala
barocca, ambiente gaudente, colori spiccati. Il papa, grasso, ha la stecca in mano e sta per dare il colpo alla biglia, la
gamba in aria. Dice intanto una delle sue grossolane freddure. Intorno a lui i principali personaggi della sua intima Corte
che ridono adulatoriamente: - il secondo “Leone XIII” che prende il caffè, facendo una disquisizione teologica. Giardini
vaticani, dove si vedono piante impettite e melanconiche come Leone. Il papa magro sta seduto, coi suoi famigliari, su
dei pliants. Ha in mano la chicchera del caffè, e tiene le dita dell'altra a pizzico come se stesse inculcando dogmi
e facendo divisioni logiche. La Corte circostante ha i visi lunghi e la cera nojata - Altro soggetto di quadro, di storia
vecchia e insieme d'intenzione nuova, potrebbe trovarsi nel “Ball di tôff” del Manfredo Pallavicino di Rovani - una
ridda di straccioni, esaltati dal vino e dalla momentanea impunità, che mette a soqquadro, saltando indemoniatamente
ecc., il ricco salone dell'avara marchesa ecc. (Vedi pei particolari il relativo capitolo rovaniano).
4858. Il libro di preghiera suppone un'assai scarsa religiosità in chi ne fa uso. Indica che il suo lettore non
trova bastante calore nel suo cuore verso la divinità, per formare da la frase sincera della gratitudine, che le bellezze
della circostante natura non bastano ad elevarne l'anima, che egli ripete non suoi sentimenti. Così, in un campo p
vasto, si dica di chi ha bisogno di chiesa per adempiere il cosidetto dovere religioso e non gli par sufficente la volta del
cielo.
4859. Del rivoletto in mezzo alla strada, prodotto dall'aqua piovana, può dirsi che “sembra una spina
lucicante di pesce” - Vi ha cani barboni. che si direbbero imbalsamati: intorno al loro occhio imbambolato sembra di
vedere “el pont sôra”. (L. Conconi)
4860. [La nota, di 4 righe, è abrasa dal ms.].
4861. Su Cesare Cantù, correvano i seguenti versi, chi dice di Giunio Bazzoni, chi di C. Correnti = La storia
universale - scrive come niente. - All'Austria ha dato il sale, ai frati la virtù... - Ma un genio onnipossente - è il cavaliere
Cantù = Quando la penna smette, - sbrodola sentimento - e quelle poverette - che sognano virtù - sono un divertimento -
pel cavalier Cantù = Zajotti educatore - de' Gracchi cerretani, - che a questo bell'umore - indovinò il pensier, - propose a
Torresani - di farlo cavalier = Ma Torresan prudente - rispose: di bargello - ancora troppo ei sa: - per or basta l'anello: -
s'infami e poi vedrò = Quando l'anel fu giunto, - di Lucca il tirannetto - al liberal compunto - diede l'assoluzion - e gli
confisse in petto - il magico crocion - Ma, quella croce, un giorno - ti recherà spavento - quando farai ritorno - al padre
Belzebù - che esclamerà: presento - il cavalier Cantù =.
4862. Cesare Cantù, scrivendo a Cattaneo lo aveva chiamato fiorentinescamente, a modo di vezzeggiativo
“coso” - Cattaneo che odiava tutte le smancerie, gli rispose: Coso volea dir cazzo; - ora vuol dir carissimo: - orben,
Cantù dottissimo, - carissimo Cantù, - saresti un coso tu? Nota. Manca forse il primo verso con rima in azzo.
4863. Le celeri dita dei compositori tipografi che prendono dalle cassette le lettere ricordano il moto de' polli
beccanti sull'aja. Si potrebbe quindi usare la frase: le celeri dita de' tipografi beccavano le lettere ecc.
4864. Nella filosofia della lingua milanese, citare la parola “mar” che significa tanto il nome mare quanto
l'aggettivo amaro.
4865. Bozz. filologico - sulle imagini che trovansi tradizionalmente nel parlare - e su chi le interpretasse
letteralmente. Per es.: “dalla discussione si ha la luce” - no, si può rispondere, ma dal droghiere che vende le candele
ecc. (Note umor. di lett. alta e bassa).
4866. I purganti più che sgombrare gli intestini dalle feci, sembrano empirneli.
4867. Quando in Omero ritorna lo stesso pensiero già espresso, ritornano le stesse parole già scritte. Per es.,
nell'Odissea, la descriz. del mattino è sempre contenuta in queste sacramentali parole Émos d'erighéneia phàne
rododàktylos Eòs - e quella della sera: Dýseto t'eélios, skiòonto te pàsai agyiaì.
4869. Fra gli aggett. stereotipati cit. il koìlen néa, cava nave, di Omero.
4870. Nell'Odissea, Telemaco ha continuamente il predicato stereotipato di pepnyménos, e si parla
ripetutamente della sua prudenza. Nestore perfino se ne meraviglia. Eppure il signor Telemaco dice e fa cose, almeno
nella Odissea, che molte altre migliaja di giovani della sua età fanno e dicono quotidianamente. Bisogna quindi pensare
che ai tempi omerici, i giovani si trovassero tutti in uno stato di marmottismo morale, avendo forse la loro parte fisica,
troppo sviluppata, assorbita la spirituale.
4871. Quando Minerva, nell'Odissea, sotto le forme di Mentore, chiede a Telemaco se è figlio d'Ulisse (lib. I)
Telemaco prudentemente risponde “ti dirò la verità, ospite mio - La madre dice che io sono di colui (Ulisse) ma, per mio
conto, non lo so - perchè nessuno conobbe mai certamente il proprio genitore” (Versi 214-216 lib. I).
4872. Nei poemi, nei romanzi dell'età odierna (dal 1750 al 1850) non si vedono mai i personaggi a tavola:
pare che vivano d'aria. Nell'Odissea e nell'Iliade non fanno invece che mangiare e bere: e che bicchieri! e che piatti!
4873. , per dòma, casa, CF. (Dante) per casa.
4874. Carlo Porta, impiegato al Monte Napoleone, quando si assentava dalla camera di ufficio, lasciava,
dicono, scritto sotto il suo cappello “De Carlo Porta l'è quest chi el cappell - quand el ghe minga lu, basta anca quell” -
Lo stesso Porta, mentre stava morendo e gli avevano messo in mano un crocifisso di legno, si rivolse all'amico Tomaso
Grossi e gli disse “L'è on gran brutt segn - quand se gha in man sto tocch de legn”. -
4875. Sulla lentezza di Torti nel comporre, fu scritto il seguente epigramma: “Scanderbeg mille turchi
ammazzava - pria che Torti finisse un'ottava” -
4876. P.A. Curti fece su Ignazio Cantù, nuovo cavaliere d'Austria, questo epigramma: “Util ti fia lo spron, se
a te concesso - fosse, o Cantù, di cavalcar te stesso”.
4877. Il 17 maggio 1882 (ore 6 pom.) fu l'ultimo della vita dell'adorata mia mamma. Si era posta a letto
l'ultimo dì d'aprile con una pleuro-bronchite capillare. Baccelli aveva fatto un pronostico felice. Fino a due giorni prima
della sua morte, sembrava volgesse a guarigione. Il 16 le venne applicato un vescicante fortemente cantaridato. Alla
mattina, attendevasi il dottore che si faceva troppo desiderare. Erano le 8½. Io m'irritavo e mamma mi disse: “Alberto
mio, calma e pazienza”. Furono le ultime sue parole a me e fu per me il più prezioso consiglio che mi potesse lasciare -
Venne finalmente il dottore e le ordinò un emetico. Corsi a prender l'emetico: ma ero appena uscito che mamma perdette
ogni conoscenza ed entrò in agonia - agonia tranquilla ed inconscia - che si chiuse alle 6 ed 8 m. del pomeriggio -
Durante la sua malattia, la cara mammina dicevami che le piaceva quasi di essere malata, perchè prendeva tante buone
cose (Bordeaux, consommés ecc.). Non ebbe che un transitorio sentore della gravità del suo male, quando mi disse:
questa malattia è più grave della difterite che ho fatta. E poi chiamava me che le faceva da infermiere “il suo tesorin”, il
suo “fra Zenever” alludendo alla nota novella del Porta. Il lepido e arguto e filosofico spirito che, nelle sue parole, sotto
la forma meno appariscente permeava sempre, non la abbandonò mai sino alla fine. Citava di preferenza versi di Porta,
il Dante milanese. - E un giorno mi disse: se guarisco oh non voglio tener da conto. - Cara adorata mammina, come ti
avrei tenuto io dopo quella prova mortale! E già si pensava di fare una bicchierata di allegria e io ti avrei condotto in
campagna e t'avrei preso un bel giardinetto - questo giardino, che ora godo, forse immeritatamente - e t'avrei sempre
accompagnato io al passeggio, io che spesso tolsi dal tuo - ingratamente - il mio braccio per darlo ad altri. Povera
mammina mia! Se puoi ascoltarmi, ridammi l'ingegno che mi va ora morendo, perchè possa col mio perpetuare il tuo
nome! - Per la tomba della mia mamma tentai di comporre varie iscrizioni, ma la sincerità del dolore, mi impe di
esprimermi condegnamente. Le iscrizioni tentate sono le seguenti: 1) Quì, colle care spoglie - della nobildonna - Ida
Pisani Dossi nata Quinterio - è sepolta la pace - de' figli suoi - Guido ed Alberto - 1823, 1848, 1882 - 2) Gli atomi - che
già componevano la soave figura - e la forte intelligenza - della nobildonna Ida Pisani Dossi nata Quinterio - quì si
dissolvono nel riparatore grembo della terra. - Possano essi, raggruppandosi a nuove forme - restituire al Sole - una
esistenza pari all'estinta - In queste iscrizioni la lambiccatura del concetto, gli toglie ogni efficacia. Riuscì invece l'amico
Gigi Perelli, dettando il seguente semplicissimo epitafio - Ida Pisani Quinterio - Era gioia - è dolore - Della morte di
mamma parlarono con calde parole di stima e rimpianto Primo Levi nella Riforma di Roma, G. De Luca Aprile
nell'Amico del Popolo di Palermo, Cameroni nel Sole e nella Nuova Fanfulla di Milano. - Le parole di Primo Levi sono
le seguenti “La tomba che s'apre oggi per la madre de' nostri fratelli in amore, Carlo Alberto Pisani Dossi e Guido Pisani
- Donna Ida Pisani Quinterio - morta jeri placidamente, dopo brevi giorni di sofferenza, chiuderà, con la immemore
salma, una parte della memore anima nostra. - Questa morta, che piangiamo, fu d'animo e d'intelletto, come di sangue,
gentile, epperò, ebbe la vita affetti e dolori per lei - E affetti e dolori lascia sparendo, nè quelli dei figli, della nuora e di
noi potran trovare conforto in un provvido oblio”. (P.L. - L.P.)
4878. Giuseppe Revere, mediocre ingegno, molta coltura letteraria - carattere invidioso evano. Amoregg
colla * attrice drammatica e nello stesso tempo scrisse alle di lei spalle un sonetto che cominciava “il fiore di tua facile
bellezza, - io pure colsi” - sonetto che mise in giro. Interrogato se egli fosse l'autore di tale vigliaccheria, negò: dopo
qualche anno pubblicò il sonetto nella raccolta delle sue poesie.
4879. Andrea Maffei, versajolo e spia dell'Austria, di alcune sue poesie, già dedicate pubblicamente ad amici,
fece tirare parecchie copie su carta di lusso e le ridedi con iscrizioni a mano a cospicui personaggi austriaci. Eppure
Maffei è senatore del Regno d'Italia!
4880. Temistocle Solera. Sua vita avventurosa. Visse, nonostante i grandissimi guadagni, in un perpetuo
indebitamento. È chiamato in Spagna, dal Maresciallo Narvaez, che gli offrì prima 5000, poi 10000 lire per pagare i
suoi debiti. E Solera rispondeva laconicamente da Milano “non basta” finchè venne quanto bastò, e allora Solera partì
per la Spagna. Colà seppe scoprire una congiura contro la regina Isabella e impadronirsi della minuta del proclama del
disegnato successore al trono che cominciava: “Essendo a Dio piaciuto di chiamare a la santa anima della regina...
ecc.” - Era al pianoforte in una sala del palazzo reale, quando Isabella gli si pose ad un tratto vicino e gli cacciò le
lussuriose mani nella toppa de' calzoni. Solera, dopo di ciò, assisteva ai consigli dei Ministri colla regina, la quale,
allorchè si sentiva assalita dal pizzicore della libidine congedava frettolosamente i ministri per farsi fottere e buggerare
nella stessa aula e sul trono dal Solera. - T. Solera tornò di Spagna con una gran collezione di quadri, diceva lui, di
sommi autori, e di pietre preziose. Comperò in Milano una casa e l'addobbò riccamente. Credeva di aver tutto pagato.
Invece, il suo ragioniere s'era ingojato ogni denaro. Pur tuttavia Solera non fece querela al ladro e si lasciò mettere
all'asta la casa - Era generosissimo. Un giorno che non aveva più di 500 lire in cassa, udendo che Rovani ne
abbisognava, gliele donò - Di forza erculea, sollevò una volta di peso nella Galleria De Cristoforis un gazzettiere che
aveva avuto la malinconia di scrivere contro di lui e lo trasportò col braccio teso, 5 passi lontano - Scrisse libretti
d'opera, sui quali Verdi ricamò le sue migliori musiche. Ne' suoi libretti collaborò più volte anche Pier Ambrogio Curti -
a titolo di amicizia - poichè Solera, pigliava facilmente impegni letterari, poi, pigro come ogni buon letterato, non
trovava mai tempo volontà di adempirli. - Alternò spesso gli uffici della poesia con quelli della polizia. Organizzò il
servizio di questura in Egitto e prestò egregi servizi al nostro. Dicesi anche che [la nota seguitava per altre 3 righe del
ms., che figurano abrase].
4881. Quella di Carducci è poesia monumentale.
4882. Aida di Verdi - opera, a mio avviso, pomposamente meschina. Vi si sente solo il maestro che conosce
mirabilmente il suo mestiere e sa fabbricare il bello commerciale. Non un lampo però di sublime. Ricorda quei romanzi
- che salgono a un tratto in gran voga per poi cadere dopo pochi mesi nell'obblio - in cui superficialmente è ottenuto un
certo colore locale e dilettano - ma non si raccomandano alla meditazione per quali intrinseche. È musica non per il
cuore ma per gli orecchi; anzi, a dire p giusto, ove si abbia riguardo alla indispensabile messa in scena di lusso, è
musica principalmente per gli occhi. - Il fragore che il maestro ha messo nell'orchestra pare incaricato d'intontire
l'orecchio, affinchè non iscopra le deficenze musicali. La grandiosità dell'evo egiziano non vi si sente. Udite invece il
Mosè di Rossini! Ivi è la voce magna dell'Egitto e, per sopramercato, la immensità biblica. La insipida favoluccia di
Radames e Aida sta all'esodo degli Israeliti dall'Egitto come la musica kedivale di Verdi sta alla mondiale, alla eterna di
Rossini.
4883. Paolo Gorini aveva abituato lo stomaco ad aver fame, quando avea tempo da dargli da mangiare. Per la
colazione e pel pranzo non aveva mai ore fisse. Una mattina lo incontrammo che usciva dal lattivendolo, dove aveva
fatta la sua abituale colazione di pane e latte. Gli chiedemmo dove andasse. Si recava al n. 5 in Piazza Fontana a pranzo.
E infatti a quella sua solita trattoria ordinò il suo solito desinare che mangiò di buon appetito. Erano le 10 ore
antimeridiane. Gorini, prevedendo di non aver tempo in quel giorno di fare i due suoi pasti, li aveva riuniti. Il ventre
servì sempre a Gorini, non mai Gorini al ventre.
4884. “Nin” in ebraico dicono che significa figlio - CF. niño spagnolo.
4885. Raiberti scrisse contro Viviani il seguente epigramma: On certo sur Giovan cont el Battista -
Fabbricator de' articoi de vivee - el n'a faa vun l'oltrer che a prima vista - el me pars faa coi pee - Ma avendel on poo
dopo rilegiuu - hoo concluduu - che l'era scritt col cuu. - Oh car me sur Giovan, per de sti articol - ghe va minga di test
ma di testicol -
4886. Manzoni, in gioventù, fece i seguenti versi sull'ode di Monti a Bonaparte - Un vate di gran lode - sul
principio di un'ode - rimpiange il fior gentile - del suo membro virile; - e mentre ognun s'aspetta - ch'egli invochi Palletta
- o qualchedun dell'Arte - Invoca Bonaparte! -
4887. R.U. - I Poeti - Cominciare, inneggiando alla Poesia, l'arte dei generosi - il campo dove si produce ogni
più nobile spirito - che spinge al bene - che sgomina la tristizia ecc., poi, venendo ne' particolari disegnare, sotto altri
nomi, le macchiette dei poeti *, **, ***, ****, tutta gente imbrogliona, indelicata ed anche briccona.
4888. Costumi Romaneschi. [La nota seguitava per altre 3 righe, abrase].
4889. Nella campagna romana lungo la via Appia si trovano capanne di creta e paglia poggianti su frammenti
di scolture e di colonne di alto pregio. E nella capanna, divorato dalle febbri e dalla fame è il povero contadino. Può
quindi dirsi che nell'agro romano si trova la miseria tra il porfido e l'alabastro orientale.
4890. In molte cause basta combattere, non importa vincere, per ottener gloria. E che è mai la stessa vita
individuale se non un combattimento quotidiano contro le forze dissolvitrici di quella Natura che, dopo averci
spilorciamente concesso un soffio di esistenza, mette in moto tutte le sue potenze per torcerlo innanzi tempo? Per quanto
forti, per quanto fortunati, l'ultima vittoria non è mai dell'individuo ed esso deve soccombere. Combattiamo quindi
coraggiosamente, senza pensare al successo.
4891. Le galline come le donne sono attirate verso le cose lucicanti: ma le galline si contentano dei pezzetti di
vetro: le donne vogliono dei vetri più fini, i diamanti. Accennare all'amore dell'uomo verso tutto ciò che è lucido - oro -
giojelli ecc. - amore che è quasi maniaco ne' selvaggi, che vengono a noi, come i polli ed i merli, più che per le nostre
lusinghe di amicizia e di pace - per gli specchietti e le conterie di Venezia. - Un tale amore, una tanta mania non è, sotto
forma men nobile, che il desiderio dell'uomo verso la luce - fisica e morale - verso l'onnipossente Sole.
4892. Nella statistica comparata si nota che ad un rialzo nel numero degli agenti di polizia corrisponde un
rialzo in quello dei delitti denunciati e giudicati. - Per me, credo anzi che la troppa tutela e vigilanza poliziesca provochi
molti delitti - quelli almeno di ribellione.
4893. Cesare Confalonieri, primo oboè della Scala, amico grande di Rovani, celebre pel suo spirito. Visse,
specialmente dopo maritato, in perpetua bolletta. Avendo preso in affitto un quartierino, il padrone di casa che
conosceva le sue strettezze gli disse: pagherà un tanto al mese. - Questo è il male, rispose Confalonieri, che io vorrei
pagare non un tanto, ma un poco al mese. - E così, trattando con altra persona che gli aveva fornito della roba e voleva
essere pagata - in “contanti” - Scusi, ma io lo vorrei pagare con pochi - ed allo stesso che gli diceva: Se non può subito,
pagherà col tempo, “Benissimo, ribattè, il tempo è denaro. Lu l'è bell e pagaa”.
4894. 9 g[ennajo] 1878. - Re Vittorio Emanuele, a 10 ore della mattina, pienamente cosciente, non prevedeva
la sua prossima fine. Baccelli e gli altri medici, per un riguardo al malato, non gliela avevano annunziata. Il polmone era
già atrofizzato - 15 minuti prima di morire, il re scese dal letto e pisciò per conto suo, deponendo poi egli stesso con
mano abbastanza ferma l'orinale -
4895. Fra le grandi colpe di cui si tacciò Crispi (1878) dalla “vil razza dannata dei cortigiani” la quale non
poteva soffrire di vedere quell'uomo sinceramente democratico al governo d'Italia, fu quella di aver egli assistito alla
stesa dell'atto notarile per la morte di re Vittorio Emanuele colla... cravatta nera! e non bianca come voleva l'etichetta.
4896. Correnti è di que' letterati che, per amore delle belle frasi, mutano le idee. Dove lo invita la frase, egli
incammina l'idea. - Ingentilì colla letteratura l'ambiente politico, fece dello stile in politica, ma la sua congenita
letterarietà e la troppa e diversa lettura gli tolsero ogni saldezza di convincimenti, ogni carattere, o se si vuol dire
altrimenti, lo fecero uomo dai mille colori. - Correnti troppo per non essere scetticissimo. Un proverbio latino dice
“guardati dall'uomo di un libro solo”; io aggiungo “e guardati anche da quello di troppi libri”. - Si licet parva componere
magnis, io e Correnti (1878-79) ci troviamo nello stesso stato d'animo reciprocamente. Desiderandoci, cerchiamo
evitarci. Siamo come due schermidori - noti l'un l'altro per fama, i quali trovandosi la prima volta l'uno di fronte all'altro
si tasteggiano prudentemente coi ferri, attendendo ciascuno che l'avversario smascheri la propria abilità o tradisca il suo
lato debole. Se poi Correnti mi tira di tempo in tempo qualche botta, io, invece di pararla e di rispondervi, salto indietro.
- Trattare con Correnti non è cosa facile. Egli ha il brutto vezzo (e l'ho io pure) di dir nero mentre pensa bianco. Gli
adulatori sono quindi con lui in un continuo pericolo di far passi falsi e cadute per non più rialzarsi. Correnti sa ciò (e io
lo scorgo dalla malizia che gli si annida nei canti dei lucentissimi occhiucci) e piglia un gusto matto a far sudare e
arrossire, colle sue contraddizioni e i suoi scatti improvvisi, la folla adulatrice che riempie le sue sale fino a levargli il
respiro. -
4897. Di Correnti possiedo il ms. di una prefazione incominciata per un libro del Caccia - Nell'epistolario di
Dall'Ongaro si trova una sua poesia, colla quale ringrazia un amico pel dono di un panettone - Agg[iungere] all'indice
delle opere di Correnti “Annuario statistico italiano”. Anno I° 1857-1858 (Torino 1858 1 vol. in 12) H. III. 13
(segnatura della libreria della Soc. geo. it.) - Annuario statistico italiano. Anno II° 1864 (Torino 1864. 1 vol. in 12) (in
collaborazione con Pietro Maestri) H. III. 14 (id.) - Prefazione ms. su Mickiewitz. - Nell'Arch. triennale, lettere di
Correnti a Mazzini e a C. (Cantoni).
4898. (1879) Correnti mi disse che “uno, anzi il principale degli scopi del 18 marzo 1878 fu quello di far
vedere col fatto agli oppositori di sinistra che l'attuazione delle loro idee non era così facile come credevano”. Difatti
non seppero far nulla ed oggi il paese li ha in discredito come ha in discredito la destra. Se però la sinistra non ha ancor
dato alcuna prova del suo vantato progresso, bisogna pur dire che anche la destra - impenitente - non s'è avanzata di un
passo.
4899. “Archivio triennale” - fatto, secondo Correnti (che vi è messo in una cattiva luce) col pregiudizio che
Re Carlo Alberto avesse tradito l'Italia. “Veri i documenti, ma non pubblicati tutti: pubblicati i soli che servivano a
sfogare le ire di Cattaneo. Non accolte che a metà le dichiarazioni di Correnti. Le prefazioni sono, al credere di Correnti,
di Ceroni, - quel Ceroni che poi, all'epoca della guerra di Crimea scrisse un indirizzo del popolo italiano a Nicolò di
Russia perchè venisse a liberare l'Italia”.
4900. L'eloquenza di Brofferio, di Minghetti, di Mancini, di Thiers potrebbe chiamarsi aquosa. Ils pissent de
l'eau. Cavour stentava invece ad esprimersi. Si vedeva sulla sua fronte e ne' suoi occhi l'idea formarsi e scattare. Gli altri
entravano nell'aula parlamentare colle loro idee - non in testa - ma in tasca.
4901. Correnti. Ad un pranzo dove si trovavano i componenti il Ministero Depretis (1879) Correnti disse loro
ad alta voce, che erano affetti da oligoemia, da scarsità di sangue. Gli risposero che avrebbero ben voluto far
qualchecosa di più ma che non si poteva. “E chi lo potrebbe - loro rispose Correnti - se non voi che siete i padroni?” =
Dicono non esser vero che il Gransegretariato dell'Ordine Mauriziano gli sia stato offerto. Egli lo dovrebbe, non al suo
ingegno ed alla sua vita politica, ma alle istanze e alle brighe della moglie. Ora poi chiederebbe la pensione come
Consigliere di Stato. E con tutto ciò pretende ancora di conservare l'antica posizione parlamentare! = Correnti è la
calamita degli scrocconi e degli adulatori. Se ne scompare di tempo in tempo qualcuno il vuoto è tosto riempito.
Golceski, Bojani, Pateras, Piantanida, non sono, sotto diversi nomi, che un'unica aggiratura. E c'è imbroglioni che fecero
scempio di Correnti. Va a Parigi commissario italiano per l'esposizione e cade nelle mani di un tal *. Annedoto
dell'album - album di grande lusso ch'egli ammirò assai. Il suo fabbricatore desiderava una croce di Cavaliere. Il
factotum * gliela promise a nome di Correnti, suggerendo al fabbricatore di mandare intanto l'album a Roma. Correnti si
vede arrivare lo splendido oggetto, lo ritiene come un omaggio fatto a lui, lo mette in sala, e non s'incarica più che tanto
di ringraziare il fabbricatore. Questo aspetta pazientemente la croce. Ma dopo di aver aspettato un anno e due, comincia
a scrivere a Correnti, alzando a poco a poco la voce e reclamando finalmente il pagamento dell'album (L. 2500) che egli
non si era mai sognato di inviargli gratuitamente. Ne avvenne un comicissimo battibecco, fra Correnti, la moglie ecc. -
Altro imbroglione: fu certo **, creato, su proposta di Correnti, gran croce (!). E ancora se ne domanda il perchè.
Fenomenale è la smemorataggine di Correnti. Sulle mosse per recarsi nell'alta Italia a villeggiare colla famiglia,
trovandosi anzi già alla stazione, si accorge di non aver alcun soldo in tasca,più si ricorda dov'abbia riposto un certo
biglietto da mille lire, da lui posseduto la mattina. Il treno sta per partire. Gli amici che lo hanno accompagnato alla
stazione si cotizzano e riescono a mettergli insieme 500 lire. Se abbia restituite le 500 lire non si sa. Le mille lire
smarrite le trovò nel suo ritorno a Roma, riaprendo un libro che aveva leggicchiato nella mattina della partenza e fra le
pagine di cui avea lasciato a segnacolo il biglietto bianco.
4902. Tipi di donne benefattrici e seccatrici sono le signore Schwabe e Goold (1875-82). La prima, per
raccogliere denari per i suoi poveri rompe le tasche a mezzo mondo. Assedia deputati e ministri e non loro tregua
finchè non le accordano quanto desidera. Tiene sempre in saccoccia carta, penna e calamajo con cui stende istanze
dapertutto e spedisce la sua numerosa corrispondenza, mentre sta aspettando di essere introdotta da qualche pezzo
grosso. Guai chi entra nella turbina della Signora Schwabe. Non se la cava più. Del rimanente è generosissima anche del
suo. Profuse più di 300.000 lire per aprire a Napoli asili e scuole di bimbi (ragged-schools). le mancò naturalmente
l'odio dei preti e degli ignoranti, che sono poi una cosa sola. “Bada!” dicevasi a Napoli. “Una Signora forastiera che
butta via tanti denari per la nostra bambinaglia cenciosa di cui nessuno si cura... C'è sotto sicuramente cantina”. - E fu ed
è quindi osteggiata nel peggior modo possibile. - Una sorte simile a quella della Schwabe, la incontrò a Roma la Goold.
Questa buona Signora osserva anch'essa che non ci sono scuole pei bimbi a Roma. Si dà attorno, non risparmia nè tempo
noja, raccoglie, specialmente fra i suoi compatrioti, 50.000 lire ed apre un asilo infantile. Guerra su tutta la linea da
parte dei cattolici. Si sparla della Goold, si dice che il suo scopo vero è di far propaganda di protestantesimo ecc. ecc. -
4903. Infamie legali (Fatto storico) - Un tale diventa, in un accesso d'ira, in un accesso quindi pazzesco,
assassino. Nonostante i suoi ottimi precedenti è condannato, in contumacia, a 20 anni di lavori forzati. Si rifugia in altro
stato, sott'altro nome, si ammoglia, ha figli, lavora indefessamente come valente operajo e mena per 15 anni la più
onesta vita possibile. Ma la polizia consolare del suo paese lo scopre e lo fa arrestare. Ricondotto in patria, la Legge
esige ch'egli faccia i 20 di galera ai quali era stato sentenziato. Pereat mundus sed justitia fiat! - Si può osservare che
l'esecuzione della pena, mentre non riparò al primo male stato prodotto dal delitto, ne creò quì un altro, forse peggiore,
rovinando una intera famiglia. Dalla miseria propria e dalla infamia paterna i figli potrebbero essere spinti al delitto ecc.
Certo è poi che se quel martire dell'iniqua Giustizia fosse rimasto celato altri 5 anni, la prescrizione della condanna lo
avrebbe salvato. Ora, 5 o 6 anni in più o in meno cambiano forse la sostanza delle cose? - E fra gli scopi della pena non
vi ha forse quello della riabilitazione del reo - riabilitazione che quì era già avvenuta?
4904. L.d.B. - I misteri della trinità. Omne trinum est perfectum. Gorini seppe aggiungere alla vita vegetale e
animale la minerale Cit. le tre anime dell'animale, le due del vegetale e l'unica del minerale... Gli angioli, i quali
secondo i teologi sarebbero esseri più perfetti dell'uomo, dovrebbero avere 5 o 6 o più anime. - Perchè un liquido
diventi solido è necessario lo svolgimento di una materia aeriforme nel seno del liquido stesso. Ecco lo spirito santo
(pneùma) legame fra il padre e il figliuolo - E tutto ciò, oltre ad altri argomenti (di cui se ne trovano migliaja per
dimostrare l'eccellenza della trinità), metterlo in bocca a un difensore del sistema costituzionale, che sarebbe appunto,
secondo lui, la fusione dei tre elementi della regalità, aristocrazia e democrazia ecc. - Chiudere però con un epigramma
che rovesci tutto il ragionamento del costituzionalista.
4905. P.O. - Il protagonista si trova ad un caffè. È insultato da un prete, grande e grosso - ed egli lo
schiaffeggia. Il prete si ritira tacitamente, poi, facendo valere certe sue alte aderenze, riesce a far accusare il protagonista
- che è ufficiale di complemento - dinanzi al Consiglio di disciplina militare per mancanza contro l'onore. E il Consiglio,
sobillato anche dalla parte femminile e reazionaria della R. Corte, condanna alla perdita del grado il ns. eroe - ...persona
della più squisita onoratezza.
4906. Nei poemi omerici, l'autore non manca mai di aggiungere ai nomi di ciascun personaggio i titoli che gli
spettano e il ricordo della sua ascendenza quasi sempre colle stesse sacramentali espressioni, anche dove una simile
enumerazione rompe il filo dell'affetto - Così, dopochè un personaggio omerico ha parlato, l'altro con cui discorre,
rivolgendogli la parola, comincia sempre a fargli un complimento su quanto disse o sulla sua progenie. -
4907. A Torino, Crispi, Scelsi e Revere si trovavano spesso insieme - dice Revere - a condividere le
strettezze della vita. E Crispi, nei loro desinari, metteva i maccheroni, Scelsi l'arrosto, Revere il formaggio.
4908. Correnti. Difficilissimo ottenere dallo stesso Correnti notizie sulla sua vita. Non appena si accorge che
lo si vuol pubblicare, sfugge come una anguilla. Gli è come fare il ritratto ad un bimbo che non vuole star fermo. -
4909. L.d.B. Stephenson, additando un giorno ad un amico una locomotiva gli disse: sai tu chi fa andar
quella? - E siccome l'amico rispondeva la tale o tal'altra cosa, “no”, disse Stephenson, “chi la fa andare è il sole”. Difatti
il sole aveva fatto crescere quegli alberi che, sepeliti nei cataclismi terrestri, s'erano cangiati in carbon fossile. E così, nè
più nè meno, vedendo una mandria di bovi, si potrebbe dire - ecco gli autori delle più insigni scoperte e delle più grandi
opere. Essi hanno trovata la pila e l'America, hanno scritto l'Iliade, la Divina Comedia, i Promessi Sposi, i Cento Anni.
Hanno vinto le più gloriose battaglie, hanno riportato i più segnalati successi diplomatici - Tanto è vero, che chi tutto fa
è il sangue altamente plutonizzato, e chi dà al sangue il necessario plutonismo è la carne bovina etc.
4910. “L'apparenza inganna” bozzetto - Cominciare, dicendo che mi credevo fisionomista senza tema di
errare. Cit. libri di fisiognomonia letti e studiati ecc. Giungo allo Stabilimento di bagni di Regoledo. Mi seggo a tavola
rotonda. Non conosco neppure di nome nessuno. Mi metto a pensare fra me stesso chi sieno i vari miei commensali.
Descrizioni diverse. Uno di faccia mi sembra un mercante di candele, un altro un falegname, un altro un piccolo
d'osteria, un quarto un assassino ecc. ecc.; quella donna poi è sicuramente una meretrice; quell'uomo là in fondo, non c'è
dubbio, è un ciabattino: pare ancora di vedergli il segno dello spago sulla fronte intorno ai capelli ecc. Ragioni
scientifiche e sentimentali di tali supposizioni. Terminato il pranzo mi informo dei nomi dei miei diagnosticati. Tutti
conti, marchesi e banchieri. L'apparente puttana è una dama di compagnia di una regina, il ciabattino è un principe ecc.
Rinunzio a fare il fisiognomonista.
4911. Contro Correnti erasi spacciata la voce ch'egli avesse nel 1848 tentato di sollevar Genova. Cavour ne
tenne parola a Correnti. Questi gli dimostrò come la voce fosse falsa. - Così racconta Correnti e così credo facilmente. Il
futuro gran segretario dell'ordine mauriziano non fu mai certo l'uomo dalle sollevazioni - Correnti fu uno dei promotori
della linea ferroviaria del Gottardo.
4912. Rovani e Solera, passeggiando un giorno insieme per Milano, incontrarono un tale, conoscente di
Solera, che li invitò in casa sua a bere. Accettarono. Saliti in casa di questo tale, persona che pareva gentile e d'ingegno,
e portati in tavola i bicchieri, Solera, mentre l'invitante si era assentato un istante, disse colla sua voce più profonda a
Rovani che stava per mettersi alla bocca il bicchiere “bevi il vino della spia”. Rovani ebbe un sussulto e depose il
bicchiere e non seppe più bere - per quel giorno.
4913. Correnti è famoso per la sua perpetua indecisione. - Una mattina comanda una carrozza. - Di a poco
gli annunciano che la carrozza è pronta. “Chi t'ha detto di andarla a chiamare?” fa Correnti - “Lei, Eccellenza”
“Mandala via” - Il servitore esce, ma non è in fondo all'anticamera che si sente a richiamare da una scampanellata di
Correnti che gli dice “falla invece aspettare”. E la carrozza aspetta una mezz'ora. Correnti esce finalmente di stanza e
domanda “e la carrozza?” “Aspetta, Eccellenza” - “Perchè farla attaccare presto?” - ribatte Correnti ed entra in
carrozza. Poi, guarda l'orologio. “È tardi - dice al cocchiere, forse non si arriva”. Il cocchiere sferza i cavalli. “No, no,
grida Correnti - va adagio, non voglio arrivare”.
4914. R.U. - Volume sulla vita degli uffici governativi. - Si potrebbe intitolare “La vita burocratica, ossia Del
modo di diventare rispettabilmente cretini” - Cominciare con un bozzetto in cui l'autore getta un grido di gioja nello
smettere la sua qualità d'impiegato; gli sembra di aver deposto una cappa di piombo, di esser guarito da un gran malattia,
di ritornare nella specie umana. Ring[raziamen]to alla morte che non ha dato tempo allo zio di lasciare alla serva il suo
patrimonio. Descrivere parte a parte la vita dell'impiegato - Dicono Napoleone I inventore della burocrazia, per
assicurare al Governo un corpo sempre fedele di cittadini. Eppure, col cangiar di governo, gli impiegati si sono sempre
visti disertare in massa dal vecchio al nuovo sistema. La burocrazia fu invece creata probabilmente dalla mediocrità che,
impotente di dominare nel campo della libertà il vero ingegno, tenta di assoggettarlo in quello delle regole. E difatti,
l'ingegno che riporta quasi sempre la preminenza nelle armi, nelle lettere, nella diplomazia, quando è al di fuori della
cosidetta carriera, in questa soccombe. In carriera burocratica sia civile che militare non valgono l'acutezza di mente
nè gli studi. Non si fa un passo avanti, se colui che ci antecede non ne fa uno prima di noi. Gli è come pigliar il biglietto
ferroviario allo sportello della stazione. Ciascuno il suo turno. Nulla è quindi ogni spinta di emulazione - La carriera
burocratica è la più sicura strada d'incretinire. Vedi le faccie spesso intelligenti degli applicati volontari. Dopo un pajo
d'anni, le ritrovi mogie e tristi. Il volontario s'è cangiato in un forzato - è vicesegretario. Rivedile poi dopo 5, 6 anni. La
melanconia del vicesegretario è diventata intontimento nel segretario, ed ebetismo nel capo sezione. Al capo divisione
non manca che la seggetta del cretino. Pensate poi il direttore generale! - Agg[iunge]re capitoli sull'archeologia
burocratica, i diritti di manica ecc., sugli inutili affari il cui unico scopo è di mantenere impiegati inutili (Vedi Rel.
Damiani sul progetto di ordinamento pel M.
ro
Esteri, presentato da Mancini, 1882) - Altro cap. sulla “competenza”.
Negli uffici nessuno fa una riga di più di quanto gli tocca, cascasse il mondo. E non solo gli impiegati superiori, ma i
subalterni e perfino gli uscieri. Si suona: nessuno compare. In anticamera si trovano intanto due o tre uscieri che
sbadigliano: manca però quello della sala da cui suoni. Occorre di aprire una cassa: chiami un usciere: risponde: “non
c'è il facchino”. L'usciere non si degna di aprire una cassa. Tocca all'impiegato - presente l'usciere - di prendere il
martello e lo scalpello e di schiodare la cassa. C'è da scommettere che se nell'ufficio si appiccasse il fuoco e mancassero
i facchini destinati ad attinger l'aqua, gli uscieri, pur di salvare la propria comica dignità e competenza - lascerebbero
bruciare l'ufficio - Lo scopo di quell'istituzione che si chiama Ministero è di fare che i vecchi cretini ne creino de' nuovi
- Ai R.U. relativi alla burocrazia si potrebbe dar anche la forma ed il titolo di Vademecum per gli impiegati”.
Sviluppare in esso il tema “come più convenga all'impiegato di far male che bene”. Se fai bene non fai, si dice, che il tuo
dovere, e nessuno te ne porge grazie, anzi ciò ti procura non rado degli astii da parte de' tuoi superiori, invidiosi del
merito tuo. Fa invece male, beninteso un male relativo, e allora che avviene? Tu, specialmente se sei nella carriera
diplom[ati]ca e consolare, non puoi naturalmente più rimanere nelle località dove sei. Ti si tramuta dunque di posto. Per
non dar a vedere però che questo sia effetto di una punizione - poichè bisogna, si dice, mantenere il prestigio de'
pubblici funzionari, specialmente all'estero - nel trasferirti ad altro luogo, ti si promove di grado ed anche ti si conferisce
qualche onorificenza. - (Es. dal vero. Il Sig.
r
Simondetti R. Console nel 1880-81 a Galatz compila con altri due delegati
- il tedesco e l'austriaco - quell'avantiprogetto per la navigazione a monte di Galatz che ammette l'Austro-Ungheria a far
parte della Commissione ripuaria per il detto tratto di fiume, mentre, l'Austria, ripuaria non è, progetto che pone la base
della supremazia austro-ungarica forse su tutto il Danubio. L'Italia (Ministero Cairoli) non osando disapprovare
l'operato - per lo meno leggiero - del Simondetti per non alienarsi l'A. U. e la Germania, accetta il progetto. Senonchè
insorgono clamori e proteste da parte della Francia e della Gran Bretagna. L'Italia conosce di aver fatto un passo falso e
vuol modificare la sua politica sul Danubio. Non essendo però p decoroso che il rappresentante a Galatz sia il
Simondetti, esecutore o a meglio dire iniziatore dell'antecedente politica, opposta alla nuova, il Ministero pensa di
levarlo dal posto ch'egli occupa, tramutandolo in uno assai più grasso, ossia a Costantinopoli - non solo - ma
decorandolo della croce dei Santi Maurizio e compagno).
4915. (1882) Mi consolo dell'esaurimento cerebrale in cui giaccio e con cui pago le troppo protratte
meditazioni, pensando ai molti scrittori in voga che non meditarono mai nulla, eppure furono sempre esauriti
d'intelligenza.
4916. “Inno al Dio Venturo” (da ridursi in versi e da render poetico nelle frasi) - Ep[igrafe] tà archaìa
parélthen, idoù ghégone kainà pànta. - I°) Le nozze furono consumate fra il nuovo Dio e l'Umanità. Il primo sangue
fu sparso. Tede nuziali, Parigi in fiamme. L'imeneo cantato dai cannoni fratricidi - 2°) All'improvviso abbraccio,
l'umanità gittò un grido di voluttuoso spasimo e cadde svenuta e si addormentò di un sonno profondo... - 3°) Ma al suo
risveglio, ella si risente forte e ricerca l'abbraccio e lo sospira, e guarda intorno con ansia se il suo terribile sposo
ricompare - 4°) Vieni, dice ella desiosamente, vieni mio ben amato, ahi troppo presto scomparso, e fammi ancora sentire
quel fecondo dolore. Io sono stanca di questi flosci impotenti abbracci monarchici e repubblicani. Si crede lusingarmi
coprendomi di veli e caricandomi di giojelli - oh come gravi! - maldissimulate catene. Vieni. E strappami colla rude tua
mano tutto e ritornami al sole - nuda - Ridonami la libertà della nudità - 5°) Nuda nel corpo - non nella mente... Questi
vecchi che mi assediano, che mi fanno intorno le volte lussuriose colla loro salute e la loro allegria dipinte, mi susurrano
che tu sei il dio della distruzione. Sii dunque il benvenuto. Io non vedo che cose da distruggere. - 6°) Io brucio d'amore
immenso, senza fine, ed essi mi tracciano colla punta delle loro stampelle delle linee imaginarie, dicendomi alto lì, io mi
sento forte, capace di reggermi da me stessa ed essi vogliono impormi tutori. Vieni dunque, e cada ogni barriera fra
uomo e uomo. Rispettiamoci senz'armi, amiamoci senza legge (Vedi per altre idee concomitanti, sotto
Internazionalismo, comunismo ecc.).
4917. Vi ha scultori, come scrittori mestieranti, i quali trovato un motivo accetto al pubblico, non si curano
più di cercarne altri ma lo ripetono senza fine - e diciamo senza fine, perchè, morti loro, il continuatore del loro studio,
seguita a ripeterlo. Vi ha di questi scultori che continuano a fare date bagnanti, Flore, Ebi ecc. finchè c'è marmo e
marmo non manca mai. Il B
xx
p. es., scalpellino di Viggiù, arricchitosi a Roma ed asino fra gli asini, dicevami che aveva
scolpito in quattro busti di donna (orribili busti) le quattro stagioni; “quest'anno - aggiungeva - quella però che si vende
è la primavera”. E di primavere - tutte identiche - ne aveva già fatto qualche centinajo. - “Hinn de quii scultor” dice
Giuseppe Grandi, il quale è artista davvero - “che quand hin mort, innanz la vedova” - testimonio gli studi dei
mediocri Tantardini e Bargaglia ecc. - Ciò che si osserva di simili scultori, può applicarsi a molti scrittori del giorno,
come il Marenco, eternamente idilliaco, il Giacosa, il Cossa, ed altre nullità.
4918. L.d.B. - Bizzaria fonografica - La musica in scatolette come il tonno e le sardine. Macchina di empire le
scatolette. Tanti centimetri quadrati di musica l'una. Descrizione fantastica dell'apparecchio. Un grande orecchio di
metallo raccoglie i suoni e li distribuisce per fili fonofori ad altrettante scatolette coperte di una pelle di tamburo sul
fondo. Le scatole una volta piene, si suggellano automaticamente. Botteghe di suoni e cataloghi. Le cantate semplici,
una lira, 1 concerto 8 o 10, un'opera intera, 20 o 30. Insorgeranno allora per lesa proprietà, i maestri di musica, i
cantanti, gli editori. Si darà loro un tanto per cento. Si piglia la scatoletta, la si capovolge, si buca con uno spillo la pelle
nel dato posto e le onde sonore cominciano a svolgersi e la sonata o la cantata si sentire. Essendo perpetua la
possibilità di riempiere le scatole con gli stessi suoni, i nostri figli potranno udire come fu data p. es. l'Aida diretta da
Verdi, sentire la voce di Garibaldi ecc. Nei cataloghi si vedranno poi segnati anche i rumori che non sono suoni
musicali, p. es. Temporale, 1 lira - Lite fra cane e gatto C.
mi
50 - Serraglio ecc. - Saranno poi nel codice preveduti anche
i testamenti olofoni - si riudiranno i discorsi dei grandi oratori. Un cantante avrà il gusto di risentire in vecchiaja la
propria voce; un vecchio le espressioni d'amore della sua bella di cinquant'anni prima. Si potrà portare in campagna un
assortimento di scatolette ed aprirle dove meglio accomoda e più conviene. Sei solo, in un bosco, colla luna; schiudi la
scatoletta della casta diva, cantata dalla Pasta ecc. - Altra importantissima applicazione. Nulla va perduto nell'universo.
Altri ha già dimostrato come le imagini di tutto ciò che avvenne circolino ancora nello spazio, il quale, essendo senza
fine, rende senza fine anche lo sviluppo delle onde delle imagini. Le nostre voci potrebbero formare invisibili strati sugli
intonachi de' muri ecc. Ora, prendo un pezzo di una casa - poniamo - romana. Col fono-estrattore ne tolgo, strato per
strato e immagazzino in appositi recipienti i suoni che vi aderirono. Naturalmente i primi saranno gli ultimi, e le parole
entreranno nel recipiente tutte rovesciate. Ma, rivoltato il recipiente, si raddrizzeranno. E allora si potrà assistere - oh
gioja immensa dei latinisti - ai colloqui degli imperatori e degli schiavi romani, udire i comandi de' Faraoni, le canzoni
religiose dell'Etruria, le discussioni del Senato Romano, le varie favelle dei barbari ecc.
4919. Giuseppe Revere, sempre attilato, senza mai un soldo in saccoccia - s'attaccava verso le 5 agli amici per
farsi pagare il pranzo. Revere era ancora della tradizionale stoffa de' poeti italiani, che credevano di aver diritto al
pubblico mantenimento per i loro bei versi. Bell'uomo amoreggiò colla *, che poi dovette lasciare per la bolletta e trattò
vigliaccamente col suo sonetto “il fiore di tua facile bellezza io pure colsi”. - Non era bolletta ma avarizia. Revere ha,
si dice, più di 100.000 lire alla Banca generale e tesaurizza.
4920. *, spia dilettante dell'Austria - anima bieca - approfittò della mentecaggine del principe Emilio
Belgiojoso per fargli aquistare per 50 o 60.000 lire di quadri antichi di nessun valore.
4921. Prati, sonettista, compose nel 1848 un libro dedicato ai più incliti patrioti. Sopravenuta l'Austria,
cambiò le dediche in altre dirette ai peggiori austriaci ed austriacanti. Il fatto è attribuito anche a Maffei (verif.)
4922. Bianchi Giovini, mentre Cantù pubblicava la sua spropositata Storia Universale, fece uscire per le
stampe un'opera intitolata “Degli errori di Cesare Cantù ecc.”. Ne uscirono però tre sole dispense, poichè l'editore
Pomba della Storia Universale fece tacere il Bianchi Giovini coll'ingoffo, dicono, di 3 o 4 mila lire. Un esemplare dei
fascicoli di B.G. me lo donò Cesare Vignati.
4923. Il mio animo che sfiderebbe l'oceano in tempesta muore ora in un bicchiere di dormigliosa aqua.
4924. Prati indirizzò a Minghetti un sonetto in cui gli parlava come a cacciatore compiangendo i poveri
augelli. Il sonetto finiva “perchè tiri all'uccel che a te non tira?” - Lo stesso Prati scrisse un sonetto in cui descrisse
Bonghi che s'era posto a dormire con un rospo. Alla mattina fu trovato morto avvelenato - il rospo.
4925. In una città la Giunta municipale, avendo deciso d'imporre la muserola ai cani, fece appicare a tale
scopo un preventivo avviso sui canti delle vie. Un bizzarro artista prese una spugna e, bagnatala dell'umore di una cagna
calda, ne asperse gli avvisi. Tutti i cani che passavano si alzavano sulle loro zampe posteriori contro i manifesti, e
pareva li leggessero, poi si voltavano e vi facevano sotto una pisciatina.
4926. (Secondo Maraini) l'odio di Carlo Cattaneo erano i sciuri de Milan. Cattaneo era perciò meno nemico
dell'Austria di quel che pareva. Infatti l'Austria sosteneva in Milano la plebe contro i signori che le erano avversi ed
avevano fatto parte delle congiure contro di essa. Chi dunque fa di Cattaneo quasi un campione del popolo erra. Non fu
Cattaneo che spinse il popolo lombardo alla rivoluzione contro il dominio austriaco, ma il popolo che trasse Cattaneo. E
difatti questi mirava più ad ottenere riforme dall'Austria che non a costituire l'unità d'Italia, e quando udì il popolo
rumoreggiare nelle vie di Milano disse: “i fioeu han tolt la man ai pappà”.
4927. La scoltura fà per davvero, la pittura fà per finzione. Il pittore elegge - per riprodurre - il punto migliore
del suo modello: lo scultore lo piglia tutto buono e cattivo, e siccome non c'è corpo bellissimo il quale, sotto qualche
punto di vista, non si presenti brutto, non c'è statua senza un lato necessariamente scadente.
4928. Nelle opere del genio, vi ha alcune la cui creazione si direbbe aver recato all'autore momenti di gioja,
tanto ci appajono sublimemente spontanee. Di altre invece si dubiterebbe che il loro parto abbia causato dolori, tanto
sono stentate, involute, difficili. Alle prime appartengono le opere di Porta e di Rossini, alle altre quelle di Richter. -
Contro questa opinione si può però citare la confessione dì Béranger, le cui poesie sembrano il trionfo della spontaneità.
Egli infatti scrisse che ogni sua ode gli costava uno sforzo e una sofferenza.
4929. Rov. Rovani diceva al marchese F. Villani, marito della sua amante e brutto come l'orco della favola:
mi piaci, marchese, perchè sei l'anello di congiunzione tra l'uomo e il chimpanzé.
4930. G.F. - La notte dell'Epifania (a Roma). Tutte le finestre guernite di scarpine, di cestellini, di calzettine.
A mezzanotte in punto passa la processione della Befana - illuminata dalla luce elettrica. La Befana, vecchierella
rubizza, vestita alla rococò, siede nel suo carozzone dorato, tirato da somari bianchi, guardando coll'occhialetto dallo
sportello. Ha presso il suo segretario particolare, un uccelletto dal becco gentile che le confida all'orecchio i desideri ed i
sogni delle bambine e dei bambini che si raccomandano a lei. Essa ha ricevuto in quel giorno mucchi di letterine dai
bimbi, su carta rosea ed azzurra. Dinanzi alla carrozza, una musica di zufoli e di trombettine di latta. Seguono molti
carri zeppi di balocchi, di libri, di dolci. Intorno ai carri, angioli vestiti di bianco, colle ali di cigno. Ad ogni casa la
processione si arresta. L'uccellino dice una parolina alla Befana - essa fa un cenno, e tosto un angiolo prende dai carri o
confetti, o giocatoli o volumi e vola a deporli sulle finestre nelle scarpine, nei pedalini, nei panierini, dei bambini boni.
Talvolta però la Befana fa un altro segno. Ai carri bianchi sussegue un carretto tutto nero, tirato da caproni - con
diavoletti rossi per cocchiere e servitori. Il carretto è pieno di cenere e di carboni. I diavoletti ne pigliano manate e
vanno ad empirne le calze ecc. dei bambini cattivi. E qualche volta, anzi, non prendono nulla dal carrettino. Si tratta
allora di un bimbo cattivissimo. Un diavoletto dalle ali di pipistrello, più brutto degli altri, vola alla finestra indicata, vi
si acchiocciola, e vi lascia uno stronzino.
4931. dupl. R.U. - “La mano felice” bozzetto sulle due classi di uomini ad una delle quali riesce tutto bene
e all'altra tutto male. Non è questione di ingegno perchè anche gli sfortunati ne hanno, e talora, ne hanno anzi più de'
fortunati; non è questione di onestà poichè nessuna delle due classi ne è priva; non di previdenza ragionata, poichè
spesso i fortunati ne difettano e gli altri ne fanno professione. Di che dunque? E quì osservare come vi sia qualcosa che
sfugge ai calcoli ed ai compassi: vi è il cosidetto colpo d'occhio sicuro, la cosidetta mano felice che non si apprende da
nessuna scuola e per nessuna esperienza. Descrizione delle due sorta di uomini. I primi entrano per es. la prima volta in
una città, e senza alcuna indicazione trovano tosto il migliore albergo, e le migliori botteghe e sanno scegliere, quasi per
istinto, il piatto migliore e la miglior merce. Gli altri, gira e rigira, dopo molti ragionamenti, si fermano alla peggiore
bettola o al più birbo negozio e comprano il capo più avariato, o si allogano nella stanza peggiore. Così se c'è una bella
e buona donnina, ricca per giunta, cade nelle mani de' primi. Gli altri cadono invece nelle unghie di donne briccone e
puttane. Mentre poi i primi mettono i loro denari in banche che non falliscono mai; gli altri vendono i propri titoli di
rendita quando questi sono in ribasso e ne comperano quando sono in rialzo... ecc. ecc.
4932. La malvagità è disgraziatamente più appiccaticcia della bontà. Un briccone ne cento: un buono...
resta solo. È il destino della roba cattiva che tutti cercano di affibbiare ad altri, mentre la buona ciascuna la tiene per sè.
Che un briccone ne faccia cento, anzi mille, anzi un numero infinito, lo si impara, per es., osservando - talvolta a nostre
spese - che, quando un debitore manca verso noi al suo debito, noi siamo spesso obbligati a mancare, per la mancanza
sua, verso i nostri creditori, e così di seguito.
4933. Tipi umani. - Donnone pingue che mangia per quattro e beve per otto. Nei momenti perduti fa la
pittrice o la letterata. E poi posa in artista e, sospirando, racconta agli amici i suoi patemi artistici, i suoi dolori per la
vita del pensiero, dicendo che l'arte la consuma ecc. - Uomo nervosissimo, che ha bisogno per vivere, com'egli afferma,
di continue scosse e ne cerca dapertutto, ecc. -
4934. Rov. - diceva a tale: tu non arrivi nemmeno ad essere una carogna: sei una carognetta, una carognettina.
- Si discorreva di Leopardi. Altri lo magnificava oltre il suo giusto valore. Rov. che aveva talvolta lo spirito della
contraddizione si mise ad inveire contro Leopardi finendo col dire “se Leopardi fosse nato a Sparta, sarebbe stato
buttato nel... navili”. E della poesia di Leopardi diceva “è bella ma ci [si] sente il gobbo”.
4935. In molta parte dei letterati italiani del giorno, anche in voga, domina lo scrocco e la turpitudine morale.
E si noti, sono letterati che fanno professione di virtù nei loro versi. C'è il * che si lascia mantenere dalle amanti altrui,
ed a Parigi tiene così mi è raccontato, con una locandiera ruffiana, casa di meretricio, e scrocca pranzi e denari e
domanda sussidi al Governo per giornali che non fonderà mai. - C'è Milelli, poeta petroliere, che dà fuori una circolare a
stampa in cui invoca la pietà cittadina per un illustre poeta che muore di fame (e quì incensa stesso) poi firma
abusivamente la circolare coi nomi di Cavallotti, Righetti e d'altri, e la dirama, lui repubblicano, ai più spiccati moderati
della città, alcuni de' quali gli mandano venti, trenta lire. Donde una lettera di Cavallotti contro Milelli che sconfessa,
indignato, complicità e di Righetti ecc. - C'è l'**, fatto conte dal Governo della sinistra forse perchè appartenente ai
primi baroni del Regno, il quale col suo “Dizionario de' contemporanei” carpisce associazione e denaro dai laudandi
oltre la collaborazione gratuita. In questo dizionario - mentre si tace di Gorini - appajono le più note zucche d'Italia. Per
colmo di sfacciataggine, ** si la sua adulatoria biografia e la pone come prefazione del libro. Dice in essa di
vergognarsi di essere stato altra volta repubblicano. E per provare che, nel 1859, lo era ancora aggiunge di non avere
voluto combattere le battaglie dell'Indipendenza per non militare sotto bandiera monarchica!
4936. Correnti, a differenza di Rovani, legge malissimo ad alta voce, sia le sue che le altrui cose.
4937. Il progetto di tenere un fanciullo fin dalla sua nascita fuori dal contatto umano affine di scoprire se vi
siano o no idee innate, incontrerebbe nella sua esecuzione gravi difficoltà. Difatti, per conoscere se questo fanciullo
avrebbe idee, bisognerebbe dargli anzitutto una lingua già fatta. Ora, una lingua, anche la più semplice, è un complesso
d'idee dette parole e però per sapere se egli ha o no idee, occorrerebbe instillargliene alcune. Chi non sa che una idea ne
figlia mille?
4938. In una stanza dove passò una donna - amante provvisoria - rimangono nell'aria il viperino odore di
muschio e sul suolo le forcelle accusatrici.
4939. Del senatore Torrigiani, mezzo scemo, Correnti dice: pareva che nel suo capo ci fosse un po' di farina,
ma era uno spolvero. Soffiata-via, sotto era tutta crusca. - Correnti, oggi (1882), è di quelle persone che si debbono
visitare il 2 novembre - il giorno della visita ai morti.
4940. G.F. - “Pasqua”. Sotto il Governo pontificio, la comunione era un mezzo di polizia per conoscere
l'animo de' sudditi. Guai a chi non poteva presentare i suoi biglietti pasquali in perfetta regola. Questi erano richiesti per
ottenere passaporti, licenze ecc. per essere ammessi agli esami, ai concorsi, agli impieghi, per maritarsi ecc. Tale
ragazzo dodicenne doveva partire per raggiungere il padre, in esiglio, a Torino, ma la polizia papale non gli voleva
accordare la licenza di andarsene, che a patto di comunicarsi. Era la prima comunione che quel ragazzo facesse. Dopo
un pajo di giorni di esercizi spirituali e di confessioni, si arriva alla vigilia della cerimonia. È notte. Egli è a letto, in casa
di una sua ava, donna bigotta, che lo aveva raccolto a Roma. È a letto col ventre che gli brontola pel digiuno impostogli,
sognando costolette e bistecche. L'ava che sta nella stanza vicina, entra e lo desta. “Sai” gli dice “mi è venuto un dubbio
che non mi lascia dormire. È la prima volta che ti comunichi e non so se saprai prendere come si deve la santa Ostia. Se
l'Ostia ti toccasse i denti, sarebbe un sacrilegio. Sarà bene quindi di far qualche prova” - E difatti, la nonna va a pigliare
delle cialde, le taglia colla forbice a forma d'ostia e comincia a fare le prove. “È andata giù?” domanda - “Sì, risponde
mezzo assonnato il ragazzo, ma ha toccato nei denti”. - “Proviamo ancora”, dice l'ava, e così via si passa un'oretta a fare
esperienze, chè l'ostia toccava sempre nei denti. Finalmente, il ragazzo riesce a ingollarla secondo la prammatica e l'ava
se ne ritorna tutta contenta nella sua camera. Il ragazzo sta per riappiccare il suo sonno, quand'ecco un grido dell'ava, e
la voce di questa che dice lagrimosamente: “ahimè, che ho fatto! che ho fatto! La mezzanotte era già suonata”. In altre
parole, il digiuno del comunicando era rotto e la comunione pel giorno appresso impossibile, ecc.
4941. Dispute medioevali: quanti angeli possono stare sulla punta di un ago? - Se in paradiso ci sono
escrementi, ecc.
4942. Un capitano napoleonico, in una sortita notturna, gridò a' suoi soldati “i nemici sono tremila! addosso!”
- I soldati caricarono valorosamente e i nemici fuggirono. Ma i nemici non erano che 300. Rimproverato quel capitano
perchè avesse esagerato il numero degli avversari, rispose: i miei valorosi per 300 nemici non avrebbero combattuto col
valore con cui combatterono i presunti tremila.
4943. Ad un tale era stato da un medico omeopatico ordinata la cura dell'jodio per guarire di un principio di
gozzo. Fa la cura e gli compajono delle macchie nere alle mani. Va dal medico. Questi sfoglia certi suoi trattati e gli
mostra che appunto l’jodio era la causa di quelle macchie - per ciò gli diminuisce la dose. Ma le macchie non
diminuiscono - Si seppe poi che quelle macchie nerognole provenivano da un pajo di calzoni nuovi che colui indossava,
le saccoccie de' quali erano di una tela cotone nera che perdeva facilmente il colore. Se il sarto avesse adoperato altra
tela, i trattati del medico restavano sbugiardati. E chissà anche che l'osservazione fatta dagli scrittori di que' trattati non
poggiasse sovra una base altrettanto sicura!
4944. Una commissione di notabili milanesi dovette, nell'epoca austriaca, recarsi a Vienna per presentare non
so quale supplica all'Imperatore Francesco I. Nella commissione era il panciuto Sebregondi, il quale tremava di trovarsi
dinanzi al sovrano. Giunto il giorno e l'ora dell'udienza, la commissione è introdotta nell'aula dove stava Francesco I,
vecchio e burbero. Tutti s'inchinano profondamente al monarca, ed anche Sebregondi. Ma nel chinarsi, che è che non
è, ...Sebregondi teneva nel saccoccino del panciotto uno di que' grossi orologi che allora si usavano nel quale, oltre il
congegno per le ore, era un gariglione. Il bottone del quale, premuto contro la pancia nell'atto dell'inchino quasi fino a
terra, mise in moto il relativo organetto. E si sentì ad un tratto risuonare in mezzo alla commissione una musichetta
allegra che mal contrastava colla severità dell'ambiente. Francesco I si accipigliò. Sebregondi divenne di rosso, violetto.
La musica continuava, sempre più galoppante. Nessuno osava dire parola. E Francesco I, esasperato “fuori tutti” gridò
“impertinenti”. Uscirono tutti, tremando, a suono di musica.
4950. In un collegio di ragazze diretto da monache, le educande, quando uscivano a passeggio, dovevano
turarsi le orecchie con bambagia. C'era una monaca appositamente incaricata d'ispezionare le loro orecchie. Quanto poi
agli occhi, esse dovevano guardarsi sempre la punta delle scarpe. Tornate a casa, altra ispezione alle orecchie. Le
ragazze che se le erano stappate in istrada si affannavano allora a chiedere qualche po' di bambagia a quelle fra le loro
compagne che, più obbedienti, s'erano tenuto le loro zeppe riparatrici delle parole insidiose. Le monache contavano alle
ragazze che la bambagia nelle orecchie manteneva sano l'udito, tenendolo sgombro dalla polvere, impedendo agli insetti
d'introdursi nel meato uditivo: in altre parole, quelle monache, per assicurare l'uso delle orecchie alle loro scolare, ne
toglievano l'uso stesso.
4951. Nelle colonne coclidi di Marco Aurelio e di Trajano si osserva che il bassorilievo che le circonda a
spirale da piedi a cima è ineguale in altezza, e che la corda che si aggira con esso intorno al maschio della colonna ora si
abbassa, ed ora si alza. La presumibile ragione di ciò sarebbe che l'artista volle raffigurato il bassorilievo come se fosse
dipinto su di un papiro che avvolga la colonna, sostenuto da un cordone. Non è imperizia dunque ma amore del vero la
diseguaglianza della striscia scolpita. E certamente, nella base, debbono esser stati scolpiti, e se ne vedono ancora
traccia, i nodi della corda.
4952. Tale, vecchio militare, raccontando di una certa battaglia nella quale aveva pugnato: “Figuratevi
diceva, alludendo al gran fuoco di moschetteria che vi s'era fatto - “c'era un tal caldo... che il giorno appresso, benchè si
fosse ancora in marzo, si trovarono tutte le ciliegie, che erano sul campo di battaglia, maturate”. - Millanterie, quasi
militarie.
4953. Nel L.d.B. - o nella Milano archeologica (archeologia minuta) inserire un bozzetto in cui si descrivano
artisticamente sentimentalmente e storicamente i visucci e le testine trecentesche e quattrocentistiche scolpite sul
basamento del Duomo di Milano. Alcuni di essi rappresentano evidentemente architetti e sono probabilmente i ritratti
dei costruttori del Duomo: altri sono caricature, forse delle persone più note in Milano nelle varie epoche in cui vissero i
detti costruttori, i quali, com'era costume del tempo, erano anche scultori. Pei nomi ecc. vedi annali della fabbrica del
Duomo, che si vanno pubblicando dalla fabbriceria della Metropolitana. Considerazioni sulle generazioni dei loro
concittadini che quei visucci hanno veduto a passarsi dinanzi - e sulle invasioni forastiere in Milano, l'ultima special.
(dopo il 1859) affaristica e giornalistica.
4954. Collegio di ragazze. Assentatasi la maestra (monaca), una bruna, più ardita delle altre ed anche più
grande, promette di far vedere le sue gambe alle compagne se queste le faranno vedere prima le loro. Le compagne
credule alzano l'una dopo l'altra le sottane. Grande esposizione di polpacci e ginocchi. Descrizioni. Chi le ha belle alza
tosto il vestito, chi magre o storte fa la pudica e non le alza che a mezzo. La bruna guarda e ride. Visto tutto, alle
compagne che le si affollano intorno, dimandandole di mantener la promessa, fa il noto cenno delcippen i merli”, e se
la cava. Comica ira delle ragazze - Nello stesso collegio una ragazza, che insiste perchè le bambine più piccole le
piscino nelle mani tenute a scodella e piglia in ciò un gusto di strana libidine (storico).
4955. Le notizie che dovrebbero rimaner segrete ma che trapelano dalle più gelose amministrazioni
pubbliche, si raccolgono più nel basso che nell'alto. Il vino si spilla dall'imo, non dal sommo della botte.
4956. Rov. a Padova, studente, buttava le svanziche della mesata alla rinfusa nei tiretti del canterano
(coumod) le contava mai calcolava quante gliene potesser restare, per così conservarsi la speranza di trovarne
sempre. CF. con Tranquillo Cremona che faceva egualmente.
4957. Ricordi infantili di Carlo Dossi. - Da bimbo era cattivissimo. Di 3, o quattro anni il Dossi aveva istinti
di rapacità e quando vedeva nelle mani di qualche altro bimbo qualche bel giochetto, glielo strappava appropriandoselo.
Perciò, la mamma, rimproverandolo, gli fece imparare che non doveva prendere se non quelle cose che altri gli offriva.
E il Dossi, per mettere in pratica il precetto di mamma, prese l'abitudine, quando vedeva nelle mani di altro bimbo un
oggetto che gli talentava, di dire a questo bimbo “fà tè” (fa: prendi). Tè diceva ingenuamente il bimbo. Allora il
piccolo Dossi si pigliava l'oggetto desiderato, e non lo cedeva più, col pretesto che glielo avevano offerto. - Così, al
Carletto piaceva, ai giardini pubblici, di far chiudere gli occhi a' suoi piccoli compagni - messi in fila - dicendo loro “voi
fate i orbitt (i piccoli ciechi) ed io sarò il vostro cane barbino”, e infatti, prendendoli a mano li conduceva... contro
qualche pianta. - Si divertiva anche a richiamare una folla di villanelli sotto il poggiolo della casa paterna di campagna
(Balsamo) o dinanzi al portone di cui teneva aperta la postierla, sia facendo bolle di sapone, sia giocando ai bussolotti.
Quando poi vedeva intenti e colle bocche in su i villanelli o gettava loro ad un tratto sul capo il catino dell'aqua
saponata, o, dicendo loro: attenti all'ultimo gioco, li inaffiava colla pompa dell'aqua apparecchiata preventivamente. I
villanelli si vendicavano - ed avevano ben ragione - gettando pietre sul suo poggiolo o sterco bovino contro il suo
portone. - Nascondeva spesso gli occhiali della nonna e quando sentiva la nonna promettere una lira a chi glieli avesse
trovati, li andava con molto affanno a cercare e li scopriva, beccandosi la lira. - Col crescere degli anni, gli diminuì la
cattiveria ma gli si accrebbero le manie. S'innamorava di un gioco, di uno studio, non c'era più verso di tenerlo, voleva
sagrificar tutto per quel gioco o per quello studio, salvo poi ad abbandonarlo di punto in bianco. Così giocando ai
soldatini di stagno non gliene bastava una sola scatola, ma spogliava la bottega del baloccajo di tutto l'assortimento;
giocando alle marionette, ne empiva la casa; prendendo passione per le monete antiche, se ne portava a casa sacchi ecc.
- Scrisse la sua prima lettera d'amore a 7 anni, ad una fanciullina di 6 colla quale giocava a correre nei giardini pubblici -
certa Restelli, figlia di un pubblico impiegato, credo, di prefettura - Dai 10 ai 15 anni - periodo d'innocente quanto
sciocca vanità. La lettura di alcune antiche carte di famiglia gli ispirò una esagerata idea della sua gentilizia nobiltà.
Ebbe anche coraggio (a 15 anni) di farsi stampare il biglietto da visita con scritto su “Il Cavaliere Alberto Pisani-Dossi”
- Arrivò a casa il pacchetto e cadde nelle mani di sua madre. Era inverno. Il camino fiammeggiava. Sua madre non fece
altro che gettare il pacchetto nel fuoco, dando al Dossi un'occhiata severa. A 16 anni cadde nelle ombre della
malinconia, dalle quali non uscì mai interamente. Si raggruppava negli angoli della camera - piangeva per ore ed ore.
Poi vennero gli assalti nervosi ed ipocondriaci. Leggeva di un male, se ne sentiva tutti i fenomeni. I versi di Mascheroni
dell'invito a Lesbia ne' quali si parla della pecora che impazzisce e si getta dall'alto della rupe per il verme che gli si
annida nel cervello, gli fecero sentire nel capo - e cper molti e molti mesi - delle semoventisi biscie. Poi s'imaginò di
non poter più mangiare e nutrirsi, perchè il cibo ed il bere gli passavano pel canale della respirazione (!). E difatti, a
forza di digiuni, si ridusse quasi uno scheletro. Lo salvò sua madre che lo strappò dalla di lui camera e gli fece fare con
essa un viaggetto. Il mutamento d'aria lo guarì. - A scuola non fu mai il primo, ma neppur l'ultimo. Primeggiava nei
componimenti italiani. Compromise petalvolta il buon successo degli esami per stramberie fuori di luogo. Nell'esame
di licenza liceale si permise, per es., di dare una forma umoristica alla dimostrazione scritta di fisica, chiamando in essa
la luna “del padellon del ciel la gran frittata” ecc. Naturalmente dovette ripetere l'esame. - Finite le scuole cominciò ad
imparare. Apprese facilmente il latino, il greco (antico e moderno), il francese, il tedesco, l'inglese, lo spagnolo, il
portoghese, l'olandese, e si pose a studiare il russo ma si fermò a mezzo. Lesse moltissimo, ma dimenticò molto - Da
cattivo, diventò per progetto buono, ed ebbe tratti di vera generosità, di cui Perelli conosce alcuni.
4958. Amore gentilizio dei milanesi pei salumai. Correnti quando cammina a piedi per Roma, si ferma non di
rado dinanzi alle vetrine dei salsamentari a farci delle meditazioni gastronomiche. Un giorno passeggiava, ozieggiando,
con Maraini e tratto tratto si arrestavano alle sopradette vetrine. Dinanzi ad una delle quali videro, profondamente
assorto, un omaccione. Scommetto che è un milanese - esclamò Correnti. Era infatti - ed era l'avv.
to
Mosca.
4959. Gli invidiosi della fortuna di Correnti (fortuna ben meritata), lo tacciano di non aver fatto altro a questo
mondo che dormite ed hanno corretto, per lui, il proverbio “fortuna e dormi” in “Correnti e dormi”.
4960. I ministeri * sono celebri per le iniquità, le ladrerie, i favoritismi. Siamo nel 1872. Un subeconomo e
parroco del milanese, egregia persona e bel uomo, si aquista disgraziatamente le simpatie di una brutta ed antica
marchesa, signora del luogo e sua patronessa. Egli entra anche nelle grazie del marchese marito, cavaliere
dell'Annunziata, il quale gli dare la croce della Corona d'Italia. La marchesa lo tenta. Egli, nuovo Giuseppe, rifiuta -
probabilmente meno per castità che per ribrezzo. Comunque, la marchesa oltraggiata, giura di perderlo. Marchese e
marchesa sommovono mezzo mondo per scacciarlo dal posto. La Curia però non cede loro. Non c'è nota canonica
contro il dabben sacerdote. Allora tentano di levargli il subeconomato... Neppure. L'economo generale Senatore
Robecchi, che conosce la cosa, difende il calunniato. I calunniatori si rivolgono al ministro. Si fa pressione dal
Ministero sul Robecchi. Robecchi risponde nobilissimamente una lettera che comincia “mi trema la mano nel rispondere
alla sua ecc. La mia coscienza vieta di aderire ai suoi desideri - Suo devotissimo Robecchi”. Ma gli iniqui non si
scoraggiano. Mettono in moto anche casa reale ed il senatore **, gran segretario dell'ordine Mauriziano (un insigne
villano). Il ** scrive lui stesso al Robecchi. Nuova ripulsa - e l'affare resta lì. - Passano alcuni anni: muore Robecchi: si
ritorna alla carica sotto il ministro Vigliani; senonchè questi sta fermo come i suoi antecessori nella giustizia. Finalmente
ecco il ministro *. Si riagita l'affare, e il subeconomo è destituito. Tanto è lo scandalo fra gli onesti, che il nominato in
suo luogo non accetta. - (Si noti che Robecchi prima di morire consegnò le carte in proposito al S.
r
Emilio Bignami
caposezione del M.
ro
di G[razia] e G[iustizia] raccomandandogli la rivendicazione del giusto). - Sempre sotto *, il
progetto di bilancio pel M.
ro
di G[razia] e G[iustizial mancava della firma del ministro e però non poteva esser
presentato. Il Ministero mancava intanto di fondi, ma il Ministro, nei suoi ozi di Capodimonte, non aveva tempo di
occuparsene e resisteva, tacendo, ad ogni sollecitazione, benchè gli fosse fatta dagli stessi direttori generali. Ora, sapete
come fu data la firma? Si presenta un avvocato, genero del ministro, e che l'Amministrazione adopera, per farsi pagare
una sua unta specifica. Gli si risponde che non ci son fondi, perchè il bilancio non è ancora firmato. L'avvocato
risponde: sarà firmato - e telegrafa a Capodimonte. Il giorno appresso, il bilancio arriva al Ministero colla firma
desiderata.
4961. *, falsa celebrità - parolajo senza pensieri - asinissimo - devastato dalla sifilide - viziatore delle proprie
figlie -
4962. A Campo de' Fiori (Roma) tutti i mercoledì c'è mercato di libri vecchi. Sono libri solitamente di
teologia - roba ponderosa e di nessun valore. Molti preti bazzicano intorno alle carriuole dei rivendùglioli. Ma non si
creda che comperino tutti per leggere. Un giorno ne vidi due che stavano esaminando un mucchio di volumi rilegati. Ed
uno diceva all'altro: che ti pare di questo? ci starà? - Sì, mi pare, rispondeva l'altro; lascia che lo misuri, e lo misurava
colla spanna. In conclusione, essi fecero un grand'aquisto di libri legati e scompagnati, senza pure aprirli, ma soltanto
soppesandoli e misurandoli. Avevano comprato due o tre librerie e le volevano empire di volumi, qualunque questi si
fossero, pur di dare alla stanza l'aria di uno studio, ed imbrogliare la gente.
4963. Il cosidetto divertimento della caccia, spogliato dalle sue lusinghiere apparenze, non è altro che la
soddisfazione del perfido istinto dell'uomo di spargere sangue e di distruggere. Esclusi i cacciatori di professione che
hanno una valida scusa nel bisogno di procurarsi il vitto o quelli che caccian le bestie feroci - feroci beninteso per
l'uomo -, tutti gli altri che cacciano per semplice gusto non sono che assassini. Che se si vuol scusare la caccia colle
passeggiate, spec. alpine, che la caccia provoca e giovano alla salute, le passeggiate si possono fare egualmente anche
senza fucile, e se si vuol scusarle come un mezzo di apprendere a colpire al segno, vi sono bersagli inanimati da tutte le
parti, senza abbattere gli innocenti augellini e le timide lepri.
4964. CF. spanna - misura della mano tesa, con spanned (ingl.), teso -
4965. Tipi umani. - Tale dotato di robusti muscoli e vanitoso della sua robustezza la esagera e cerca di porla
in ogni minimo atto in mostra. - Raccogliere un filo d'erba è per lui un pretesto di far spiccare il suo biceps, stringer la
mano è per lui un'occasione di far delle dita tanaglia. Donde, sedie rotte, bicchieri spezzati ecc. I suoi amici si lagnano
di slogature ecc.
4966. 1878. 17. gennajo. Funerali di Vittorio Emanuele II. Il convoglio sfilò due ore dinanzi al balcone dove
mi trovavo al Palazzo Simonetti (Corso). Si era proibito di erigere palchi sulle piazze, e s'impedì anche alla gente di
affollarsi nelle vie: donde la quasi solitudine per le strade da cui passava il corteo. Il funerale riuscì, come ogni cosa
puramente ufficiale, freddissimo. In nessun viso si leggeva il dolore. Le rappresentanze ciarlavano. Al passaggio del
feretro pochissimi si scoprivano il capo. - La via percorsa dal corteo era chiusa dai due lati da una siepe di soldati.
Precedeva un campione di tutte le armi - cavalleria, fanteria, artiglieria, bersaglieri, alpini, marinai, guardie marine,
collegi militari - poi, i municipi di Torino e di Roma - poi la magistratura (toghe nere e rosse rappezzate, e di tutte le
gradazioni di colore - faccie in generale briccone) con a lato i mazzieri - poi moltissima ufficialità - rappresentanze dei
ministeri circondate da uscieri - quindi i deputati e i senatori in massa - quì la truppa presentò le armi - poi scarso clero
con una crocettina - niente frati - e i principi stranieri in grande uniforme tra i quali si distinguevano il germanico Fritz e
il principino di Portogallo in monturina di cavalleria. - Erano circondati da corazzieri a piedi e dagli staffieri regi in
livrea rossa e colle torcie in mano. Seguiva il carro coperto di fiori; lo stesso carro, dicevasi, che aveva servito pei
funerali della moglie e della madre di Vittorio. Dopo il carro, il gran scudiero colla spada del re. Dietro il carro, Correnti
in uniforme di ministro, reggendo su un cuscino rosso posato sulla pancia e attaccato con cordicelle alle spalle la corona
ferrea. Pareva un baronetto colla cassetta della merceria; la casa civile e militare del re e il vecchio cavallo di Vittorio.
Dietro ancora le rappresentanze municipali - i corpi scientifici - gli studenti - le società ecc. - Mancava Garibaldi.
4967. I giornali esteri scrissero una folla di spropositi su Vittorio Emanuele II e i suoi funerali - per es. “le
cortège était ouvert par deux cent tambours” e non ce n'era uno, “il carro era alto sei metri” e non era più di [salto di
parola] metri. Sulla “Montagsreview” si disse che il Re conosceva non solo perfettamente il tedesco ma leggeva
correntemente gli antichi poeti germanici nella lezione originale: si disse inoltre che nella sua camera teneva i ritratti di
Heine e di Schiller dei quali spesso aveva in mano le opere. Eppure Vittorio non conosceva una sillaba di tedesco, tanto
è vero, che quando fu a Berlino e gli si presentarono le varie missioni diplomatiche cui egli rivolgeva la parola in
francese - come gli venne introdotto il capomissione giapponese che non conosceva se non la lingua tedesca, cosicchè il
colonello interprete si diede a tradurre le parole francesi di Vittorio in tedesco, Vittorio, rivolgendosi al colonnello
“comment? - chiese a questi - vous parlez aussi le japonais?”. Di più, la “Montagsreview” aggiunse che Schiller salvò la
vita a Vittorio nella battaglia di Novara, e ciò per avere egli sul petto il volumetto rilegato del Guglielmo Tell che rimase
colpito da una palla - volumetto che si costudirebbe ora come una reliquia nell'armeria di Torino!
4968. R.U. Parte ufficiale - Descrizione dell'“antro dei sollecitatori” nel palazzo del Parlamento. C'è chi ne fa
la sua abituale dimora, e passa la giornata annojando successivamente tutti i deputati. Gli uscieri hanno un bel dire “non
c'è, non c'è” il tale o tal'altro deputato. Il sollecitatore non si stanca mai. Sollecita per sè e per altri - domanda per istinto,
per passione. - I creditori che cercano di farsi pagare da qualche loro debitore deputato. L'aureola di sovranità che
circonda in quelle sale il capo del più indebitato rappresentante della nazione e che fa che il creditore venuto per
esigere un credito esce dopo di averlo raddoppiato. Tipi diversi di sollecitatori, creditori, mantenute, amici ecc. di
deputati ecc.
4969. La maggior parte degli uomini teme la morte. Eppure nessuno rammenta quante e quante volte già
morì. Mira, o vecchio, quel ritrattino in miniatura che pende presso il tuo caminetto: vedi quel visuccio roseo e paffuto
di bimbo. Chi lo direbbe? Sei tu di cinque anni - o a meglio dire, eri tu. Or che resta di quel fanciullo? Non una
molecola. Passa quindi coll'occhio su quel quadro a olio. È uomo aitante, di capelli e di barba nerissimo - E anche colui
eri tu - tu di 30 anni - Or che ne rimane?... ecc. Noi quotidianamente moriamo di migliaja di morti.
4970. “Donna nana, granda tana” prov. mil. che Tranquillo Cremona illustrava col seguente commento. Dio
aveva creato la donna senza taglio. Per farglielo, piantò un bastone con sovra infisso un coltello e disse alle donne di
saltarlo. Le donne grandi saltarono facilmente non facendosi che una piccola scalfittura tra le gambe; le nane invece,
saltando, si fecero de' profondi tagli.
4971. I pazzi aprono le vie che poi percorrono i savi.
4972. Lo sforzo per suscitare nuove idee nel nostro capo, sieno esse di scienza o d'arte, mette il cervello in
uno stato di esaltamento che di poco è discosto dalla pazzia. Talora però l'esaltazione geniosa si produce
spontaneamente, quasi un incendio che investe una selva senza che alcuno lo abbia appiccato, e allora le nuove idee ci si
presentano benchè non volute e non cercate, e ci obbligano a trovar loro una forma per annunciarle al mondo. Fama è
antica e giusta che i poeti siano pazzi. L'invasamento delle pitonesse, il fuoco sacro d'Apollo, il cosidetto estro non sono
che espressioni di tale stato straordinario, il quale se si manifesta in un cervello angusto o difettato lo uccide, se in uno
ampio e ben costituito gli la completa salute intellettuale ed anche fisica, la potenza, la gloria - Mente misurata non
creò mai nulla di grande.
4972 [bis]. (L.d.B.) Asta d'idee fuor d'uso. Il ferravecchio d'idee col suo botteghino sul mercato del mondo -
Idee di Platone, atomi di Democrito, mente di Anassagora, lite e amicizia di Empedocle, materia prima di Aristotile,
forma della corporalità o unità d'intelletto d'Averroè, ecc.
4973. R.U. Fra Gerolamo Savonarola teneva per disperata la conversione dei tiepidi.
4974. T. Tasso intravide in una sua lettera il sistema della giuria nelle cause penali. Egli dice: “onde, se nel
tribunale della giustizia talora sedessero, non i rigidi e indotti assicuratori della legge scritta ma i correttori della sua
severità e gli interpretatori della maestà dei legislatori e gli imitatori della divina giustizia, molte fiate i dannati
sarebbero gli assoluti e gli assoluti i dannati”.
4975. Quella stessa squisita sensibilità che mi avvertire del mondo esteriore sentimenti ed espressioni cui
altri non giunge, il che forma la mia intellettuale fortuna, mi fa pure avvertire qualunque più lieve fenomeno della mia
interna compagine, e ciò fa la massima mia disgrazia e disperazione. (? Tasso?)
4976. Un vero grande uomo non può essere che umile. Egli conosce quanta pochissima parte abbia la volontà
sua ne' concepimenti di lui, quanto egli debba tutto ad un incontrollabile estro che non si sà, fino ad oggi, donde venga,
come esploda, perchè fugga.
4977. Dopo lo sforzo costatogli dalla “Desinenza in A” il mio ingegno ha dormito quattro anni di
profondissimo sonno. Ora sembra riconflagrare (nov. 1882). Ma è forse l'ultimo lampo dell'esaurito mio lume.
4978. La politica internazionale attuale dell'Italia non è che politica di rimorchio. L'Italia governativa non ha
più propria opinione, ardisce mai d'iniziare un affare o un'impresa, anche se vantaggiosa. Essa si accosta sempre al
parere altrui. E neppure osa aderirvi schiettamente. Piglia busse, tace ed ubbidisce.
4979. Paesaggio di Roma. Miriadi di corvi passano gracchiando sulla immensa carogna di Roma.
4980. Nel laboratorio di Gorini, come in quello di altri studiosi di cose naturali si vedevano sorci, gatti, cani -
da lui cibati. Ma Gorini non li cibava per fare poi su di essi crudeli sperienze, bensì per studiare la vita nei vivi. Una sola
volta sospese la vita ad un serpe; ma nel vederselo dinanzi irrigidito, fu preso da un'invincibile compassione e s'affrettò a
restituirgli la vitalità.
4981. Tento di usufruire gli accessi congestizi al capo, che certamente sono di pazzia, a scopi letterari e
scrivo. La ejaculazione del pensiero mi calma.
4982. L.d.B. Progetto per un perfetto principe costituzionale-economico. In un vero sistema costituzionale il
re regna, non governa -: la sua parola non dev'essere che l'espressione del pensiero de' ministri responsabili, che a lui
sono indicati dalla maggioranza dei deputati come questi sono eletti dalla maggioranza della Nazione. Il re non fa
decreti, ma si limita a firmarli ecc. in altre parole la sua missione è quella di un semplice automa. Ora, giacchè siamo
nell'epoche delle macchine, perchè mai non si saprà, non si potrà costrurre un principe costituzionale-macchina che
firma appunto le carte che gli si mettono dinanzi, che ripete le parole che gli si suggeriscono, e cavi ritmicamente il
cappello e cavalchi anche ecc.? Egli non farebbe più meno di un vero sovrano costituzionale e sarebbe tolto ogni
pericolo che violasse lo statuto. Quanto economico poi, tutti veggono! Qualche bulletta a tempo, un po' d'olio alle ruote,
un giro quotidiano di chiave, ecco tutta la spesa di manutenzione del perfetto principe! - Venga anche una rivoluzione
che lo distrugga: non sarebbe sparso alcun sangue; venga una ristorazione: basterebbero a riporlo sul trono un abile
fabbro e poche migliaja di lire ecc.
4983. [Nota di 2 righe abrasa].
4984. In un trattato d'igiene, fra i modi di mantenersi la salute o di riaquistarla, io porrei quello di beneficare
altrui. La maggior parte infatti de' mali nostri è creata ed esagerata dalla nostra imaginazione, dal nostro “io” che non
pensa se non alle sue miserie e dimentica il mondo esteriore, senza cui non vi ha possibile perfezione per l'uomo.
Dimenticare sè stesso negli altri, trarre dal nostro beneficio le intime soddisfazioni della coscienza, ecco il gran precetto
medico che vince, in efficacia, tutte le ricette degli Ippocrati alti e bassi del mondo intero.
4985. Tra i progetti artistici di T. Cremona era pur quello di un quadro storico, e nello stesso tempo
romantico, rappresentante Ariosto fanciullo, che stava, in piedi, attentamente leggendo un libro presso una siepe di rose.
E, intorno ad esso, un nuvolo di ragazzini spensierati che cercavano disturbarlo gettandogli manate di rose. L'idea gli
era venuta leggendo l'abbozzo infantile della comediola del Dossi - Lodovico Ariosto - di cui egli aveva dipinti i
figurini. Per una bizzaria che gli faceva preferire i titoli francesi, Cremona voleva poi chiamare quel quadro “N'étudiez
pas trop”. Così, ad un suo bellissimo aquerello diede il titolo di page boudeur. Luigi Conconi, dal canto suo,
accarezzerebbe l'idea di perpetuare, in una gran tela - lo studio di Tranquillo Cremona. L'artista starebbe, nella sua
posizione favorita, mezzo acchiocciolato, dinanzi e distante un metro dal quadro che pinge, co' suoi lunghi pennelli.
Intorno a lui i suoi favoriti amici: il Conconi stesso, il Ranzoni, il Grandi, il Dossi, il Rovani ecc. Sfondo del quadro un
gruppo di due donne e di una bimba in posa ossia sua moglie Carlotta, sua cognata Lisa, sua figlia Ada.
4986. Soggetto di una comedia che forse farebbe fiasco ma che saprei comporre di certa scienza col
fondamento di autosperienze, sarebbe quella dei Nevrotici. Si tratterebbe il terna delle malattie nervose, le quali, bene
usufruite producono gli uomini di genio; abbandonate invece a sè scompigliano le case e rovinano le famiglie. Molti tipi
vi si potrebbero passare in rivista, l'isterica, l'esagerato, il volubile, l'ipocondriaco, l'irascibile, lo strambo ed anche il
lipemaniaco. -
4987. Fortuna delle parole. La loggia (laubia, “lobbia” mil.) era, negli edifici medio[e]vali, privilegio delle
famiglie nobili. A Siena le famiglie dei magnati erano dette di torre e loggia. Oggi, specialmente a Milano, la loggia è
l'appendice delle case di molto vicinato ossia di povera gente. “Gent de lobbia” a Milano significa gentaglia misera,
ignorante, pettegola.
4988. Rovani colla sua persuadentissima e colorita dialettica, vinceva in qualunque discussione i suoi
contradditori. Quando però si accorgeva che questi cedevano al fascino della sua parola e al peso delle sue ragioni, si
arrestava talora di botto e cambiando tuono, dicea, con immancabile sorpresa dell'avversario. Ma.... signore... io sono
della sua opinione.
4989. Nel giorno del giudizio universale - così sta scritto nel Corano - tanto peserà il sangue del guerriero,
quanto l'inchiostro dello scrittore.
4990. 28 agosto 1882 - Morte di Tea, gentilissima cagnolina terrier, già della mia mamma. Aveva 12 anni.
Morì pugnando valorosamente con un grosso rospo e uccidendolo. Il veleno del rospo, che essa aveva inghiottito, la
freddò in pochi minuti. Il 16 gennaio 1902, tumulai in cassetta di zinco la salma imbalsamata di Tea nel boschetto dei
pini del Dosso dinanzi al masso erratico e vi posi il seguente epitafio:
TEA
Bianca - nera - nocciuola
Dodici anni vissuta con Alberto Pisani
Modello di fedeltà, più che umana, canina.
MDCCCLXXXII - MDCCCCII.
4991. Il genio cammina sempre sull'orlo dell'abisso della pazzia. Scivolatogli il piede, finisce spesso a
precipitarvi. - Gli accessi geniosi e gli accessi maniaci sono di eguale natura, esaltazione entrambi dei nervi della
intelligenza, colla differenza però che i primi sono produttivi e gli altri no. - La pazzia potrebbe chiamarsi un tetano
morale.
4992. A Viareggio (1882) vedevo in distanza la gittata del molo piena di gente. E questa gente sembrava tutta
di un colore e di un'altezza. Quante diverse stature, quanti vari colori, invece, da vicino! - Così, delle cifre raccolte dalla
scienza statistica. Mentre migliaja di differenti conclusioni si possono trarre dalle piccole, le grandi non ne danno che
una sola - che è la verità.
4993. L'anno 1882 fu per me - il terribile anno. Esso mi segna la morte della mia adorata mamma (17
maggio) - il disastro finanziario completo di mio fratello Guido (novembre) - ed una gravissima nevrosi che mi condusse
ai confini della morte intellettuale ed anche della fisica (nov. dic. 82) - E segna pure sul mio taccuino [rasura]. Il 1882
diede l'ultimo crollo al già compromesso peculio mio, mi tolse la Tea, cagnolina carissima alla mia mamma ed a me, e
per gli avvenimenti politici che si succedettero contrari ai voti de' miei amici, mi allontanò gran parte della speranza che
mi si aveva fatto nascere in un rapido e brillante progresso della mia carriera d'ufficio. -
4994. (1882) È certo che un movimento rivoluzionario si va spandendo in Europa fra le classi operaje e che
tutto minaccia uno scoppio prossimo. Le comodità, anzi il lusso dell'età odierna, lo hanno in gran parte provocato.
L'operajo non può dinanzi alle botteghe che ostentano gli agi e i piaceri aquisibili da una classe ricca, sfuggire di
paragonare quella classe e la sua. L'operajo, che non ha letto Bastiat, ignora [che] quel lusso è solitamente comprato dal
risparmio, lavoro accumulato, e che i fanulloni d'oggi ebbero padri lavoratori e gli agiati, nonni miserabili. riflette
che gli stessi suoi figli potrebbero, mercè sua, assurgere alla classe che ora invidia e odia. Egli non scorge se non il
presente, egli non pensa che di raggiungere con colpo di mano quanto desidera. Presta quindi orecchio obbediente alle
lusinghiere teorie degli scrittori di comunismo, e, sciolti i ritegni fittizi delle religioni, non bastano a rattenerlo dalla
strada che gli addita la sua cupidigia i precetti di una morale imparata a memoria.
4995. P.U. Nei Ministeri, quei signori capi che esigono dai loro amanuensi copie delle loro spropositate note
in magnifica scrittura, le sottoscrivono poi col peggior carattere possibile. Vi ha anzi alcune aquile burocratiche che
fanno degli studi speciali per procurarsi una firma illeggibile. Tanto varebbe la croce dell'illetterato! tanto varebbe inviar
delle anonime! Non firmare leggibilmente è atto di villania somma. E perchè mai, in tanto scialaquo di circolari
ministeriali, non se ne fa una per imporre la perspicua sottoscrizione nelle note d'ufficio?
4996. È un fatto purtroppo inconfutabile che, in generale, i bricconi trionfano e i galantuomini vanno al
fondo. Ora, [non potendo] la ragione ammettere l'esistenza di una seconda vita dove si aggiustino i conti e avvengano
compensazioni, non si saprebbe come conciliare un tal fatto coll'eterno principio dell'Universo che esige per mantenersi
Giustizia e Amore. Sostiene qualcuno che i buoni trovano il debito premio nella soddisfazione della propria coscienza -
soddisfazione negata ai bricconi. Sia pure. Ma intanto i malvagi non possono, dalla privazione di un piacere che non
hanno mai conosciuto sono in grado di indovinare, sentire un equivalente dolore. Anzi, vi ha di più. Chè la
esecuzione del male provoca anch'essa nei loro animi un gusto - gusto perverso, come dicono i galantuomini, ma che
non è forse inferiore in realtà ed intensità a quello sentito dai buoni. Al cane odora soave lo sterco come la mammola
alle fanciulle.
4997. Le bontà di una donna cattivissima. Essa faceva l'elemosina buttando dalla finestra i soldi ai poveri
ciechi... per divertirsi a vederli affannosamente a cercare dove il soldo fosse caduto. Non tradiva mai suo marito, Dio
guardi! non desiderava, non voleva che gli abbracciamenti di lui - e poichè questi abbracci erano un po' tardi e radi li
provocava amorosamente, somministrando di nascosto al marito dosi... di cantaride. - Ecc. ecc.
4998. Roma. - Via Sistina potrebbe chiamarsi la via della falsa, della convenzionale Roma. Quì non incontri
romani, ma tedeschi, inglesi, francesi, russi. Le insegne delle botteghe sono in lingue straniere spropositate. Botteghe di
roba di scarto venduta per novità. Antichità che sentono l'inganno lontano un miglio. Sculture orribili che ostentano di
rappresentare l'arte italiana. Fotografie, sempre quelle, della solita dozzina di punti di vista dei monumenti di Roma.
Gruppi di fanulloni abbigliati in costumi che non sono romani nè di ciociaria - tutta roba teatrale: gente che fa il mestiere
di fingere la popolazione romana. Un ambiente insomma di falsità, di trattoria, di albergo.
4999. Molte donne, che dicono di aver studiato, fanno le professore e le conferenziere di calcolo sublime, di
alta politica, di dogmi rivoluzionari. Quanto più utile e più scientifico sarebbe invece che qualcuna fra esse tenesse
cattedra di cucina dal triplice punto di vista della chimica domestica, della igiene, della economia! - Il nostro stomaco è
ora in mano a cuoche ed a cuochi che ce lo guastano, ce lo avvelenano per ignoranza.
5000. L'originalissima pittura di T. Cremona è infalsificabile. Il solo Luigi Conconi, che ha lungamente studiato
la pennellata e l'animo cremoniano vedendo Tranquillo lavorare e facendo vita assidua con lui può sufficentemente
imitarla - dico sufficentemente perchè Conconi ha tanta originalità per suo conto da non potere interamente piegarsi al
mestiere dell'imitatore. È una imitazione però che non resiste allo sguardo dello scaltrito. All'esposizione delle opere di
T. Cremona, fatta dopo la morte di questi, figurò pure una testina adorabile, dipinta però non da Tranquillo, ma da
Conconi. Ciò sapevasi dagli ordinatori della esposizione ma non si potè evitare, non volendosi, come si dice, scoprire
altarini. Essendosi infatti presentato allo studio di T. C. certo tale per chiedergli seccantemente qualche cosa di suo - e il
tale diceva che gli sarebbe bastato qualunque minimo segno - T. C., additandogli una tela che Conconi aveva appena
abbozzata “se vuole - rispose, un mio segno, eccone uno” e gliela appioppò.
5001. L.d.B. - Vita artificiale - Descrizione di un ambiente e di persone che non sussistono se non per mezzi
artificiali: dalla terra l'uomo ha spremuto tutto il succo che essa poteva dare, la esagerata produzione l'ha esaurita e così
anche l'abuso dei nervi e dei muscoli ha esaurito l'uomo. Non si procede quindi che a forza di eccitanti e di succedanei.
Al sole per così dire bianco, è sostituito il sole nero (carbone) -: il cibo si fabbrica non più dal vegetale e dall'animale,
ma dal solo minerale (ferro, arsenico, ecc.): nelle case, ne' giardini vedi fiori che non si adaquano ma si spolverano:
dentiere di metallo, stomaci di guttaperca, apparecchi ortopedici fanno da gambe e da braccia ecc. ecc.
5002. “Degli intimi rapporti fra la costituzione fisica e l'espressione letteraria o morale”. Sarebbe questo un
tema, il cui svolgimento interesserebbe in pari misura la medicina e la letteratura. Per es. dalla maggiore o minore
celerità del circolo sanguigno, dalle sue intermittenze o dalla sua continuità, può ricavarsi il vero ritratto dello stile di
uno scrittore e delle idee di un pensatore. Opere lunghe, eguali, tornite, non le può dare che uno in cui la vita fluisce
pacatamente costante. Opere a sbalzi, di corto fiato le offre chi va soggetto a ineguaglianze nella circolazione.
Reciprocamente nella diagnosi delle malattie che affliggono gli uomini di lettere, i medici potrebbero ottenere preziose
indicazioni - indicazioni assai più sicure di quelle che può dar loro l'auscultazione e la percussione - dalla meditata
lettura degli scritti di quelli stessi letterati, ecc. Rovani, parlando della poesia di Leopardi, concludeva spesso: La sent
semper el goeub.
5003. R.F. I miei vecchi avevano non solo la debolezza di ber molte bottiglie di vino, ma di riporne rilevanti
quantità in nascondigli. A Montecalvo dura tuttora la tradizione che D.
na
Luigia, moglie del nonno, abbia fatto murare
ne' sotterranei del Castello 10.000 bottiglie di. moscato bianco. A Pavia, nel palazzo già nostro in via Corti, l'Arnaboldi
suo attuale possessore, nel fare abbattere un muro scoperse un deposito di un migliajo di bottiglie di Bordeaux, celatevi
a quanto sembra da una cinquantina d'anni. La vecchiezza aveva però fatta svanire ogni forza a quel vino, diventato aqua
cattiva.
5003 [bis]. Mio zio paterno, Gaetano Pisani, gran bevitore come suo padre Carlo [rasura]. Di notte capitava in
camera de' suoi figli (ne aveva quattro e maschi) li svegliava, e lor teneva in camicia de' predicozzi politici sui partiti e si
scaldava e se la pigliava con avversari imaginari, ecc. E guai a chi de' suoi forzati ascoltatori si appisolasse. “Vergogna!
“gridava D.
n
Gaetano - “Un figlio dormire mentre suo padre parla” - e giù uno scapellotto.
5004. Gor. La sorella di Gorini, moglie del D.
r
Arpesani di Milano, era anch'essa, come il marito e il fratello,
donna forte e patriotica. Essendole stato il marito, per delitti politici, condannato ai lavori forzati e trasportato a
Mantova, essa si recò col figliolino Ercole in questa città e tanto fece pubblicamente per mostrare che divideva i
sentimenti del marito, che venne incarcerata pur essa e potè così passare un mese per condanna de' giudici,
nell'ergastolo, e per pietà de' secondini nel medesimo carcere del D.
r
Arpesani.
5005. Fu un'epoca in Italia dal 1820 al 1860 circa che tutto quanto vi ha di più sgraziato nel gusto e di peggiore
nella fabbricazione si era introdotto nell'arte o nelle industrie paesane. Le foggie degli abiti erano quanto mai ridicole. I
mobili, gli addobbi di quel tempo fanno, oggi, schifo. Basterebbe descrivere un appartamento d'allora, con certe tendine
da parrucchiere, certe forme di divani e sedie incomodissime, certe litografie appese alle pareti ecc. - basterebbe
sfogliare una di quelle strenne dorate che il Ripamonti Carpano dava allora alla luce al principio di ogni anno, per
persuadersene -
5006. T. Cremona dipinse anche, a tempera, una colossale Fama per una sala destinata ad una occasionale
premiazione: fu poi, dopo una dozzina di anni, ritrovata dai Grubicy, i quali l'aquistarono col solo compenso di una
mancia al facchino che la recò nel loro magazzino, e vendettero per 500 lire allo scultore Barzaghi. E dipinse (a
fresco?) due personaggi medio[e]vali pel Duca Scotti di Milano - Cremona, miniò sull'avorio parecchi magnifici
ritratti; fra gli altri, uno dell'Erminia Mayor, or posseduto (1882) dal S.
r
Emilio Civelli, uno di Gina Possenti, posseduto
prima da Guido Pisani e ora da me (1906), uno di Maria Marozzi, di proprietà di questa ecc. - Nello studio di T.
Cremona, era per terra un mucchio di disegni e aqueforti, sul quale spesso egli o i suoi amici si gettavano, in mancanza
di letti, a dormire. Certo Fontana, approfittando dei molti momenti di miseria di Tranquillo, gli offerse 40 lire per quel
mucchio. E Tranquillo glielo cedette allegramente. Solo in aquaforti di Rembrandt, di cui Tranquillo aveva la quasi
completa collezione, quel cumulo valeva cinquanta volte più delle 40 lire pagate. Comprendeva pure molti studi di
costumi delineati da Cornienti, interessantissimi. Fontana fece una scelta accurata delle cose di Cremona e con esse mise
insieme un magnifico album, che oggi può dirsi inestimabile. C. si recava a mangiare con la moglie e la sorella di
questa in un'osteria in via Solferino. Col manzo usava prendere una salsa verde di prezzemolo. Nella salsiera un giorno
trovò un bacherozzo. - Non fece altro che tirarlo un po' in disparte e poi si servì, indifferente, della salsa, e così ne'
giorni seguenti, finchè lo scarafaggio non rimase al secco.
5007. Di grossi lavori di appalto che promettono pingui lucri, gl'imprenditori romaneschi dicono: è lavoro che
ce se magna co la forchetta d'argento - Fra i costruttori di case della nuova Roma, corse poi il proverbio, per le case che
appena murate vengono, benchè non asciutte, affittate: er primo anno, è pe' li nemici, er sicondo pe' li amici, er terzo pe'
noi.
5008. Pensieri di epigrafi ed epitafi. - Dedicando i Ritratti di famiglia alla memoria del babbo mio, v'inscriverei
queste parole “A colui che mi diede la vita - e cui la ridò” - Altre dediche di altri libri potrebbero essere queste “a chi mi
compra” - “Ai pochi - che mi vogliono bene - ed ai moltissimi - cui ne voglio io” - “A Tranquillo Cremona - pittore
d'affetti” - “A Lei che verrà” - “A mio zio Alberto - che mi fece del bene - quantunque parente” - “Ai neri tuoi occhi che
rapirono i miei”.
5009. Il giorno 17 segna in questa parte della mia vita [rasura] avvenimenti importanti [rasura] - Il 17
dicembre 1875 - nascita di Ida Carlotta figlia di Guido Pisani Dossi mio fratello - il 17 maggio 1882 morte di Ida Pisani
Quinterio, mia mamma. [rasura] 17 marzo 1851 nascita di Edmondo Mayor mio amicissimo. 17 giugno 1886 del
bambino di Mayor che io con Bodio avevo presentato all'ufficio di Stato civile. 17 sett. 87 mio passaggio nelle
Legazioni - 27 sez. del d[iritt]o. Purtroppo, non definitiva!
5010. Rovani l'elegante, portava nel '57 “cravatta coi ballonitt, e calzon color mognaga”.
5011. L.d.B. - La voce del furto - Se ciascuna cosa dicesse ad alta voce la sua provenienza furtiva qual grido,
qual muggito si eleverebbe dal mondo! Non vi sarebbe periodo di libro che non strillasse - Negli edifici romani
composti di marmi antichi si sentirebbero voci greche, latine, egizie - E quanti altarini si scoprirebbero! Il piatto che tu
hai pagato per lepre, griderebbe “gnao” - la stoffa che ti vendettero per seta, farebbe bee! ecc. ecc.
5012. R.U. Parte Ufficiale - Gli Impiegati (v. sparsim) - Il padrone di casa, Travet, ha le brettelle fatte colle
fasciette degli incartamenti - Sua moglie lega qualunque pacchetto, fa i lacci delle camicie de' bimbi ecc. con nastrini di
seta dai 3 colori… La ceralacca ufficiale serve per le bottiglie, o sciolta nello spirito, pure dell'ufficio, è usata come
vernice pei mobili ecc.
5013. (rip. al 5080) marzo 1883 - Il S.
r
Emilio Bignami, caposezione al M[iniste]ro di Grazia e Giustizia
possiede una bellissima testina a olio, di paggio, opera di T. Cremona. Fu guadagnata da suo zio Monsignor Bignami
alla lotteria annuale della Società di Belle Arti di Milano, nell'estrazione del 1860. Sul catalogo di quella Società era
segnata col prezzo di Lire 200. È della prima maniera di Tranquillo. Aquistata da A. Pisani Dossi nel 1897 per Lire
400.
5014. L'animo del neonato, borsa vuota. Giornalmente, vi cadono entro gli spiccioli della memoria, e il borsello
comincia a gonfiarsi - e tintinna. Crescono le memorie e il borsello suona più ancora. Ma la borsa è zeppa. Non suona
più. La volontà tenta di forzarvi entro nuove memorie: la borsa scoppia - e tutte le memorie si effondono, nè c'è più filo
al rammendo - Il nascente animo dell'uomo potrebbe poi anche assomigliarsi o ad un trasparentissimo vetro o ad un aere
permeabilissimo. Le imagini, che sul veicolo della luce entrano nell'uomo per la strada degli occhi, o su quello de' suoni
per la via delle orecchie, passano dapprincipio senza quasi fermarsi attraverso il vetro, attraverso l'aere. Ma, a forza di
esser solcato - e per così dire frustato da imagini, il vetro prende qualche opacità, l'aere qualche consistenza. Donde un
primo lievissimo ostacolo alle imagini che si presentano per oltrepassare e una sosta di queste, non vinta senza che le
imagini rimettano di sè qualche frammento. Il vetro comincia allora a diventare uno specchio, l'aere, solidificandosi, una
parete contro di cui si ripercuotono, si attaccano le imagini. Così si forma un primo sedimento d'idee nell'uomo, così ha
origine la nostra coscienza. La coscienza umana si può credere quindi fatta della stessa materia con cui sono costituite le
imagini che si presentano al di lei giudizio: il che viene a dire che è sempre giudice e parte. E però la coscienza, sia
individuale che nazionale od umanitaria, sarebbe una fallacissima guida.
5015. Schema di figura rappresentante le relazioni di vicinanza e di proporzione, tra il genio, la follia, il
cretinismo e la mediocrità.
1 Follia - 2 Cretinismo - 3 Genio - 4 Mediocrità.
I dati statistici che si raccoglieranno nel corso di qualche generazione avvenire potranno dare le proporzioni
approssimative di ciascuno dei sudetti campi rispetto all'altro.
5016. tripl. Un governo, perchè sussista, non può essere, almeno nella grandissima parte de' suoi atti, che
conservatore. Volerlo senza fine progressivo anzi rivoluzionario è un sogno. Distruggerebbe stesso. Qualunque
governo che esista rappresenta infatti il progresso o la rivoluzione ad esso anteriori, iniziate e condotte dagli uomini e
dai discendenti degli uomini che lo compongono, i quali sono quindi interessati, una volta raggiunto il loro scopo, a
mantenerlo. Progresso e Governo sono due termini contradditori, il primo è moto, l'altro è stato. Il progresso attivo non
può verificarsi che al di fuori del Governo, e siccome è legge ineluttabile e destinata sempre a trionfare, i suoi aderenti
finiscono a prendere il posto e il potere di chi contrastava loro, e diventano allora, alla lor volta, conservatori delle idee
proprie. Negli Stati dove non vi sono partiti, il progresso governativo non si ottiene che colle rivolte e coi cambiamenti
di forma di governo. Dove esistano, basta l'alternarsi dei medesimi al governo, il quale può quindi durare nelle sue
forme esterne (monarchia, repubblica ecc.) per lunghissimo tempo, inalterato.
5017. Non rado, la bugia è una verità anticipata - e ciò tanto nei rapporti generali che nei personali. Nei
generali, si affermano spesso conquiste della mente umana che si ottennero poi. Nei particolari, valga il seg. esempio.
Tale deve eseguire un lavoro. Il committente glielo chiede. “È fatto” risponde l'artefice - Il lavoro non è fatto ancora ma
l'indomani lo sarà. L'artefice colla sua risposta ha fatto quindi una anticipazione sulla verità.
5018. P.O. Le religioni, e le filosofie, dicono ed impongono di fare il bene e di non fare il male - di seguire la
virtù, di fuggire il vizio. Ora finc si tratta di bene o di male, per così dire, intero, di virtù o di vizio per dir così
completo, facile è il giudizio e la condotta cui attenersi. Senonchè - e questo specialmente coll'affinarsi dell'umano
intelletto - sono atti che non si potrebbero completamente chiamare buoni o malvagi, sonvi qualità che non si potrebbero
ricisamente tacciar di viziose o lodare di buone. Inoltre uno stesso atto, a chi guarda le cose con filosofica equità, può
per le circostanze che lo accompagnano, apparire diversissimo. Non bastano quindi i decaloghi e i precetti delle
religioni e i consigli delle filosofie per giudicare e condursi come si deve nel mondo: ma ci vuole il criterio della
opportunità ecc. Ora nel P. dell'O. il Dossi vorrebbe appunto occuparsi di quelle mezze tinte, tutte moderne, tra il vizio
e la virtù, tra il bene ed il male etc.
5019. “La Ghiaia di Roma” (V. 4842). Il mosaico antico romano generalmente bianco e nero, a pezzetti
minutissimi e legatissimi dà al piede la grata sensazione di un tappeto, mollemente stagno. Pare, su di esso, di
camminare su pelle di guanto. Si direbbe che tenga caldo. Per farne lo sperimento basta una passeggiatella nelle sale
vaticane. Se il piede non ha scarpa elastica o delicatezza da burrino, avvertirà la differenza dai gelidi campi di marmo ai
tiepidi prati di mosaico.
5020. A proposito degli uomini di genio, i quali solitamente veggono benissimo le cose lontane e poco le
vicine, differentemente agli uomini di semplice ingegno che scorgendo perfettamente le cose vicine, mal distinguono le
lontane, si ripete il fenomeno fisico della presbiopia che esclude l'altro della miopia.
5021. I libri di minuta scrittura, almeno per me, sono più spiritualmente intelligibili di quelli a caratteri grossi.
Attribuisco di ciò la causa alla maggior tensione che i nervi dell'occhio debbono recare allo stampato per leggerlo,
quindi alla maggior copia di sangue che richiamano a sè - per prossimità, al cervello sede della coscienza.
5022. L.B. Riflessioni di un proletario affamato che vede sulle cinque ore entrare i ricchi in una liquoreria per
farsi venir appetito - gente questa che va a comperarsi la fame, mentr'egli gliela venderebbe loro così volontieri.
5023. Manzoni a Brusuglio, vecchio già cadente, seduto sotto piante pur vecchie ma prosperose dicea a Perelli:
vede; queste piante le ho messe io: più invecchiano e più diventano belle: io, invecchiando, peggioro. CFR. lett. di
Voltaire a M.
r
d'Argence de Dirac (31 ott. 1777) Les arbres qu'on a plantés demeurent et nous nous en allons; e CFR.
l'altra celebre lettera di Seneca (Ep. mor. XII) (v. n.° 247 e 3979).
5024. Non vi ha uomo sedicente liberale che non maledica al campanilismo, al municipalismo, e non predichi
l'unità di aspirazioni a tutte le parti di uno stato. Tale uomo costituisce uno dei cosidetti veri patrioti. Eppure il
patriotismo è un modo anch'esso di campanilismo, un po' più largo se si vuole, ma sempre in opposizione agli interessi
dell'umanità, presa nel suo complesso. A noi sembra di aver fatto molto sbarazzandoci di piccoli errori pur mantenendo i
grossi.
5025. [La nota, di circa 12 righe, è abrasa dal ms.].
5026. Voltaire scriveva nel 1777 a M.
r
d'Argence: je vous aimerai jusqu'à ce que mon corps soit rendu aux
quatre éléments et l'âme à rien de tout ou à peu de chose, e poco tempo appresso dettava la sua ritrattazione religiosa
(almeno a quanto ne dicono alcuni suoi biografi) je sous-signé, déclare qu'étant attaqué d'un vomissement de sang à l'âge
de 84 ans ecc.
5027. Quando Gorini tenne una conferenza sul suo sistema geologico nella sala della Società di lettura a
Genova e fu applauditissimo, la S.
ra
Maria Raiberti donna hommasse che vi assisteva si fece la via tra i molti spettatori,
si gettò fra le braccia di Gorini e baciandolo entusiasta: bravo, Paolino, sclamò, sono proprio contenta di te -Dopo quella
scenetta burlesca, Gorini non fece più buon viso - e a ragione - alla Raiberti.
5028. La critica delle cornici. Durante la prima esposizione nazionale di Belle Arti in Roma (1883) mi era
saltata l'idea di fare uno studio e di pubblicare una critica, non sui quadri esposti, ma sulle loro cornici. Tutti parlano de'
quadri; perchè non si dirà parola delle cornici? Eppure, vi ha spesso un legame tra l'una e l'altro, anche se l'autore non
abbia cercato di ostentarlo, come fa il Michetti e più ancora i michettisti. Tra i michettisti, uno avendo ritratti dei
cavalli ad un abbeveratojo, foggiò intorno al suo quadro una cornice fatta a ferri equini. - Un altro, dipinto un bosco, vi
pose intorno una cornice di corteccia d'abete ecc. - Un quadro senza cornice è spesso come una donna, anche bella, ma
senza capelli o parucca. Elevando poi le mie note a campi più generali, avrei toccato delle cornici morali che si
ravvisano in ogni fatto umano ecc. ecc. Ma l'ingegno mi fallì, e l'idea rimase allo stato di seme.
5029. L.B. Supposizioni storiche. Dati certi grandi avvenimenti non successi, indagare umoristicamente quali
ne sarebbero state le conseguenze. Se p. es. Colombo avesse, scoprendo l'America, trovato invece di un popolo inferiore
all'europeo, uno superiore, per civiltà - che sarebbe accaduto? Descrizione di un'accoglienza con fucili ad ago invece
che con freccie - etc.
5030. dupl. Nella prima parte de' Ritratti di famiglia, comprendere tutti coloro che, di nome Pisani o Dossi,
furono celebri. Di alcuni indicare “i ricapiti che provano la mia discendenza. Degli altri, osservare che in
quell'incrociamento di adulteri ecc. che costituisce la storia di tutte le famiglie del mondo grandi e piccole, è più
probabile che i nostri antichi parenti sieno quelli che non appajono sull'albero genealogico. E se guardiamo alla prima
origine, siamo tutti parenti. E quì descrivere la vita intima dei secoli X. XI. XII. ecc. Pietro da Pisa, lettore di
Carlomagno - Tomaso Pisani professore di Bologna astrologo di Filippo il Bello ecc. - La galera di Vettore - Lo studio
di scoltura di Nicola Pisano - ecc. ecc.
5031. R.U. La Camaraderie - Descriz. della casa di mio fratello Guido a Milano, casa bivacco dove tutti gli
amici la facevano da padrone, senza neppur domandarne licenza ai padroni veri. L'amico B. entrava stanco e si gettava
vestito a dormire sul letto della signora, l'amico C. mandava a prender vino di Guido dalla serva di Guido e se lo beveva
senza neppur ringraziare, l'amico D. si faceva prestare un abito di mio fratello, più lo restituiva. Tutti sapevano gli
interessi della casa, ci si immischiavano, ne accrescevano i debiti ecc. ecc.
5032. Se anche i medici non fossero, la mortalità non segnerebbe una cifra diversa da quella che segna oggi, in
cui sono. I medici, infatti, se guariscono spesso chi, lasciato alle sole risorse della natura, non potrebbe campare,
uccidono con eguale frequenza chi riuscirebbe a cavarsi dai più insidiosi mali solo che fosse abbandonato alle naturali
sue forze.
5033. [La nota, di circa 10 righe, è abrasa dal ms.]
5034. Di chi, consumata tutta la vita in istudi, non lascia opera alcuna, può dirsi, che ha speso tutto il suo
capitale a comperare i mattoni e le pietre per una casa che intendeva costrurre e che però non gli è rimasto più un soldo
per la costruzione stessa.
5035. Dei medici che amano di fare consulti e non cure, può dirsi che sono i concertisti non i suonatori
d'orchestra della medicina.
5036. dupl. Rovani, studente a Padova (?), buttava alla rinfusa le svanziche dell'anticipata mesata paterna (?)
nei tiretti dei coumod, nei cassetti dei diversi tavoli ecc., poi tutti i giorni ne prendeva ora una da un luogo ora da un
altro, per conservarsi la speranza di trovarne sempre fino alla fine del mese.
5037. Gorini, quando prevedeva di non aver tempo di far colazione e pranzo, faceva i due pasti uno dopo l'altro
alla stessa ora e alla stessa tavola d'osteria.
5038. Tomaso Moro, la cui beatificazione stette, si dice, più volte in causa presso la Corte Romana - approva
nella sua Utopia il suicidio nei casi di infermità disperata o lunga tanto da potere arrecare incomodi ai parenti e agli
amici. Così lo stesso Moro si mostra fautore del divorzio, regolato però da prudenti leggi, del matrimonio de' preti, della
massima tolleranza religiosa e della perfetta libertà di coscienza, della cremazione CF. Campanella - Le spoglie de'
defunti non si sepelliscano ma si abbrucino perchè non cagionino pesti, sconsiglia la pena di morte ecc. solo nel
campo delle grandi idee, il Moro è precursore delle teorie di oggi (1883) ma anche nel piccolo delle scoperte industriali,
ne previde qualcuna che oggi è un fatto compiuto, come p. es. l'apparecchio per far nascere le ova delle galline (Lib.
dell'Utopia) ecc. Passi notevoli nella sua Utopia sono i seguenti (Ediz. Daelli, trad. dal latino). Si determinano contra i
ladri gravi supplizi, quando era da provvedere che avessero onde guadagnarsi il vivere, perchè non venissero a così
strana necessità di rubare e poi perdervi la vita - Sono gli assassini buoni soldati e i soldati gagliardi assassini, tanto
queste arti si rassomigliano insieme - Se non provvedete a questi mali, invano si commenda la severa giustizia contra i
ladri, piuttosto bella che onesta ed utile. Perchè allevarli pessimamente in corrotti costumi e volerli punire quando sono
cresciuti nel vizio altro non è che farli ladri per appiccarli. - Chi è convinto di furto, lo rende al padrone di quello, non al
principe, come si fa altrove, parendo loro che tanta ragione abbia il principe nella cosa rubata quanta vi ha il ladro -
nei Consigli de' principi dove si trattano grandi cose con grande autorità, giuste cose non hanno luogo - Non potendo
ridurre le cose a bene, studia almeno che sieno men cattive, perchè non possono esser le cose al tutto buone se non sono
tutti buoni e questo io non aspetto fin a molti anni - Ma perchè la città non venga meno di cittadini nè cresca oltre modo,
vietasi che niuna famiglia abbia meno di dieci o più che sedici fanciulli, poichè negli adulti non si può trovar misura. E
fassi questo agevolmente dando nelle famiglie più rare quei figliuoli che nascono nelle più copiose - E credono aver
causa giustissima di guerreggiare e trattar da nemici coloro, i quali non lasciano lavorare ad altri quel terreno che ad essi
avanza e di cui si possono nodrire molti - La natura ci ammonisce e detta, che cerchiamo di vivere lietamente con
minore ansietà che si può e che ajutiamo gli altri ad ottenere questo bene, per la naturale compagnia che è tra noi - Che
naturale diletto porge che alcuno si cavi la berretta o pieghi le ginocchia ad onorarti? Ti gioverà forse questo a levarti il
dolore del capo o dei ginocchi? (e segue una magnifica pagina 55-56 dell'ediz. Daelli) - …dovresti piuttosto moverti a
pietà mirando la lepre impotente fuggitiva, timida ed innocente esser stracciata dal cane gagliardo e feroce. Così gli
Utopiensi hanno rifiutato al tutto quest'esercizio del cacciare, come arte conveniente ai beccai, la quale hanno commessa
ai servi - Alle voluttà intellettuali, vi aggiungono la gioconda memoria di aver vissuto bene - …Ma sprezzare la
bellezza, diminuire le forze, mutare la destrezza in pigrizia, estenuare con digiuni il corpo, fare ingiuria alla sanità e
rifiutare gli altri sollazzi dalla natura a noi concessi, se non fosse per giovare alla repubblica, reputano una sciocchezza e
che questo nasce da un animo crudele e ingrato alla natura, i cui benefici rifiuta, come sdegnandosi di essergliene
debitore, e specialmente facendosi questo per una vana ombra di virtù, ovvero per sopportare con minor dispiacere le
avversità, le quali forse non mai verranno - Nell'eleggere le mogli tengono un modo a mio parere ridicoloso, ma riputato
da loro prudentissimo. Una onesta matrona mostra la vergine o vedova che sia, nuda allo sposo; e parimenti un uomo di
gravità mostra il giovane nudo alla giovinetta ecc. - Hanno poche leggi e biasimano gli altri popoli che empiono di leggi
e d'interpreti smisurati volumi… Non ammettono avvocati… Appo loro ciascuno è giureconsulto, perchè hanno
pochissime leggi e commendano sommamente la più semplice interpretazione che loro si dia. Perchè la sottile
interpretazione non può esser da tutti intesa; il che è contra la intenzione delle leggi, le quali si danno acciocchè siano a
tutti manifeste. CF. Campanella. Le leggi di questi popoli sono poche, brevi, chiare. - Non tanto sprezzano la vita che
la gettino, tanto l'hanno cara che, richiedendo onesta causa di esporla alla morte, se la vogliano avaramente e con
biasimo conservare - Considerando tutte le repubbliche che ora fioriscono, così mi ami Dio, che non veggo altro che una
congiura di ricchi la quale tratta de' propri comodi.
5039. Campanella - Città del Sole - …L'impiego delle facoltà intellettuali indebolendo gli spiriti animali, lor
toglie che possano trasmettere l'energia del cerebro e quindi osservasi sovente esser fiacca di corpo e tarda d'ingegno la
prole di simile gente - Tutte le azioni fatte dalle differenti parti del corpo sono egualmente onorevoli.
5042. Il libro di Campanella fu scritto dopo quello di Moro e colla coscienza di questo. Moro però è più pratico
e sensato di Campanella.
5043. Per bocca degli abitanti della sua Città del Sole, Campanella crede che il mondo non sia eterno e che il
cielo sia unico: nega il vuoto; pensa il mondo come lo imaginava pure Bruno, quale un grande animale e noi vivere nel
suo ventre come i vermi nel nostro. -
5045. Opinano (i Solari) i padri trasmettere ai figli più il male della pena che della colpa e potere questa risalire
dai figli ai padri in quanto neglessero la generazione o la educazione de' figli. CF. Dante oh quanti figli piansero le colpe
dei padri (corregg. la citaz.).
5047. Campanella, framezzo ad osservazioni sensatissime e ad utopie politiche di cui taluna è ora già realtà ed
altre sono per diventarlo, accoglie, a differenza di Tomaso Moro, tutte le bambinerie astrologiche de' tempi suoi. Le
congiunzioni degli abitanti della sua città debbono essere determinate dalle congiunzioni degli astri; ed il suo opuscolo
termina colla ricetta per preservarsi dal Fato sidereo, ricetta che consiste “di chiudere il minacciato dentro case bianche
impregnandone l'ambiente d'odori e d'aceto rosato, accendendo sette torchi composti di cera ed aromi, ed aggiungendo
allegra musica ed ilari conversazioni…” Sul che, più sensatamente dell'Ammiraglio che racconta tali melensaggini come
da lui viste nel suo viaggio alla città del Sole, il gran Maestro che le sta ad ascoltare, esce a dire: “Capperi! queste cose
sono tutte eccellenti e ben applicate medicine… pur non mi garba il numero delle candele quasichè la virtù sanatrice
risiedesse in un dato numero, cosa che sa di superstizione”.
5050. Campanella, ha qualche momento di felice umorismo, p. es., quando nelle sue “Questioni sull'Ottima
repubblica” parlando dell'amore nella comunità che non sarebbe, com'egli dice, una goccia di miele in molt'aqua, ma un
picciol fuoco in molta stoppa, osserva: “quantunque ciascuno non sia figlio che di un solo, può esser dunque amato da
tutti quando formano uno solo nella carità. Onde lo zio ama i nipoti quantunque da lui non generati, perchè si considera
di una stessa famiglia. E il papa e i cardinali, chi non vede quanto amino i nipoti e i consanguinei che pure non hanno
generati?” - Erano allora i tempi - di ladra fama - dei Borghesi e dei Barberini.
5051. 26 luglio 1883 - Giorno di S. Anna. Morte di una gentilissima passerina che possedevo da 3 anni, e che
mi era capitata in casa dalla finestra, mezzo spennacchiata e probabilmente fuggita da qualche malvagio bambino o da
qualche adulto scienziato sperimentalista. Prendeva il cibo di bocca nostra, veniva a noi quando chiamata e ci faceva
intorno colle ali e col becco la più matta festa del mondo.
5052. P.O. Il rimorso - insegna la morale convenzionale - è la punizione del malvagio. Invece il rimorso è
spesso la controprova del galantomismo, poichè suppone il sentimento dell'onestà. Il rimorso non è tanto il compagno
delle grandi colpe quanto de' piccoli falli: è in altre parole “il tormento del galantuomo”.
5053. Nel P.O. - occuparsi anche del cosidetto corpo diplomatico: mostrando come i veri artefici delle migliori
congiunture o fasi politiche, gli eruditi nel diritto internazionale ecc. sieno generalmente celati negli uffici, innavertiti
dal mondo esterno, modestissimi nelle abitudini ecc. Le lodi e i premi dell'opera loro sono invece raccolti e conseguiti
da un certo numero di fanulloni, che, sotto il nome di ministri plenipotenziari o di addetti, fa vita grassa presso le Corti.
Descrivere qualcuno di quest'ultimi, prendendo per tipo il Conte * - ignorantissimo, fino a non saper scrivere quattro
righe in italiano senz'otto spropositi di sintassi, sprovvisto del più ovvio buon senso, indelicato tanto da valersi della sua
posizione per concludere affari di suo tornaconto, ecc. ecc. Citare anche i Consoli affaristi come il **, etc.
5054. Quando, nel 1883, mi fu riferito che Enrico Cernuschi aveva assicurato un suo amico di aver messo il
mio nome, non so ancora se fra gli eredi o i legatari, nel suo testamento, ero in una posizione, finanziariamente,
difficilissima. E ideai un bozzetto sul curioso conforto che un uomo in perfetta bolletta può trarre dal sapersi sul
testamento di un arcimilionario.
5055. Tranquillo Cremona e Faruffini, tutti e due sommi pittori e scopritori di nuove vie - tutti e due pavesi -
amicissimi uno dell'altro e fratelli di egregi matematici, tutti e due calunniati e combattuti e perseguitatissimi -, tutti e
due morti in giovane età - tutti e due oggetto dell'ammirazione attuale e immortali.
5056. Tr. Cremona e Bernardo Celentano. - Il primo pittore principalmente d'ispirazione, l'altro di studio.
Cremona cominciò proponendosi a sommo scopo della sua pittura il soggetto del quadro e finì mettendo in prima linea
la fattura: Celentano all'opposto. I quadri di Cremona si direbbero fusi in un getto solo; quelli di Celentano tradiscono la
lima.
5057. Cremona tendeva a limitare il campo della sua arte per poter riuscire in essa perfetto.
5058. Cremona conosceva e trattava mirabilmente-matematicamente il disegno. Era qualità di famiglia, lo
spirito matematico. L. Cremona, fratello di Tranquillo, è noto a Europa pe' suoi lavori di geometria ecc. Coloro che
vedendo i suoi quadri in cui l'onda poetica del colorito predomina, sentenziano ch'egli dipingesse a macchia per non
saper disegnare, s'ingannano. Si ricrederebbero però facilmente sol che dessero un'occhiata ai meravigliosi suoi schizzi a
penna e a matita. Ogni suo nero e bianco è a posto perfetto. Cremona non faceva distinzione tra forma e colore. Egli
disegnava dipingendo: non empiva cioè di colore figurine previamente orlate di nero, non scriveva le parole degli inni
suoi sulla falsariga.
5059. Nell'esposizione di arte retrospettiva alla prima mostra internazionale di Roma, i soli che si salvarono dal
naufragio furono Cremona, Faruffini e Celentano. Quando l'Edera di Cremona entrò nella sala dell'Arte retrospettiva,
fredda ed uggiosa, parve vi entrasse il sole. Ed era spettacolo significantissimo il vedere gli attuali mestieranti della
piccola arte romana fermarsi - pallidi d'invidia - dinanzi quel quadro per cercar di rubare il segreto de' suoi colori, e non
potendolo comprendere, allontanarsi dicendone… male.
5060. Cremona e Michetti, tutti e due artisti grandissimi, tutti e due innamorati del colore, ossia veri pittori. Il
primo però è pittore per dir così aristocratico, l'altro democratico. Poeti, in ogni modo, ambedue, uno della campagna,
l'altro dei salotti. E, curioso a notare, la loro vita sta appunto al rovescio della loro inclinazione artistica. Cremona, pinge
faccie divine, e intanto caccia fiati e dice sudicerie. Michetti erge alla ganga un altare (V. il Voto), e nessuno è p
elegante giovinotto di lui. Entrambi si rifacevano, nella vita artistica, della reale.
5061. Le bizzarrie di Cremona avrebbero fatto la fortuna di dieci Vasari. Innumerevoli sono i tiri spiritosi e
maligni da lui giocati a chi gli dava ne' nervi. Per citarne uno, ad un risotto masqué della Società milanese degli Artisti,
il pittore De Albertis, abbigliato da bebè, saltava intorno al Principe Umberto facendogli sciocche moine e cercando
d'ingraziarselo. De Albertis, benchè allora già quarantenne, teneva molto a mostrare le sue forme femminili e
provocanti. Cremona, colto il destro, prese un lembo del camicione del De Albertis e lo immerse nel salmì del cervo che
lo stesso principe Umberto aveva donato alla Società. De Albertis parve quindi un grosso putto che s'avesse cacato
sotto. Non accorgendosene continuò a fare intorno al principe ereditario que' suoi lazzi che da sciocchi, sembrarono
allora, con quell'appendice, diventati sudici. E il Principe Umberto, nauseato finì col ritirarsi dalla sala. - (Vedi sullo
spirito di Cremona ecc. sparsim).
5062. Ad una festa carnovalesca degli Artisti di Milano si rappresentò la famosa cena di Baldassare - con
analoga architettura e costumi. Cremona, che era entrato a far parte dei decoratori della gran sala, scrisse sulla parete
principale fra ghirigori fosforescenti le famose parole Mane, Tekel, Phares nella seguente versione “Mano toca l'afares”.
5063. Tra i principali fattori di civiltà, pongono gli storici… la polvere di cannone, la quale facendo mutare i
sistemi delle guerre, rese queste più spiccie. Lasciamo stare che, se più spiccie, le guerre odierne sono anche più
sanguinose delle antiche e però occorre un tempo maggiore per sanarne le piaghe; chiediamo solo, dato che la polvere di
fucile sia un mezzo di progresso, che sarà mai la dinamite, la nitroglicerina e altre simili materie ben più esplosive della
polvere? E, davvero, è per essa che noi possiamo non solo materialmente ma anche moralmente far saltare in aria il
cumulo di rovine de' vecchi tempi che c'ingombra il cammino - è per esse che foriamo le alpi facendo così la strada alla
comunanza degli interessi ed alla fratellanza universale, [rasura].
5064. Nel Vol. dei Ritratti Umani (Dal Calamajo di un medico) scrivo che fra Medicina e Letteratura corse
sempre amicizia. Infatti hanno un punto significantissimo di congiunzione: la menzogna. E mentono entrambe, la prima
per far del bene, l'altra per far del bello.
5065. Ho stima altissima di molti medici, non ne ho alcuna nella medicina - arte orba - che, se forse talora
guarisce chi senza di lei creperebbe, rimborsa tosto la morte uccidendo chi, senza il suo ajuto, si salverebbe. La
medicina potrebbe definirsi: la scienza dell'ignoranza.
5066. A fare il bene come si deve, non basta avere bontà, occorre ingegno; e quindi il bene è raramente ben
fatto. Un manualetto che insegnasse, non già il bene, ma i mille modi di farlo sarebbe utilissimo. Quanto ai buoni da
dozzina, veggono una sola forma possibile di bene, quella della elemosina.
5067. Aglio, cipria, sudore - ecco il profumo delle puttane.
5069. Pier Ambrogio Curti era di tale abilità nel comporre gli affari de' suoi clienti indebitati, che Rovani
diceva - di propria scienza - di lui che: sotto la sua parlantina i creditori si cambiavano in debitori.
5070. Politica esterna italiana - (1882-83). Passi anche l'abbigliare il leone di pelle agnellina, benchè sia più
dignitoso che il leone sembri un leone: senonchè noi, governativamente, vestiamo l'agnello… di coniglio.
5071. 1882. Quando scrivo note ufficiali in cui si domanda soddisfazione di qualcuno dei molti insulti che si
fanno all'estero ai nostri connazionali, mi sento in corpo il “Dandolo” e il “Duilio”. Peccato che poi i miei capi più o
meno alti, leggendo le note mie, si sentano invece in corpo, quanto dovrebbero sentirsi coloro cui sono indirizzate, cioè
l'aqua di Sedlitz e la scialappa, e si affrettino ad adoperare le mie dignitose e patriotiche espressioni per forbirsi le
traccie della loro paura.
5072. - 1883 agosto - E. Scarfoglio, giovine di poche speranze letterarie, pur tuttavia pagato dall'editore
Sommaruga a fare della réclame intorno alla mia Colonia Felice, presenta un articolo, in complesso laudativo, su me al
“Fanfulla della Domenica” e gli è rifiutato, perchè parla di me. I fanfullisti non vogliono neppure udire il nome del
Dossi.
5073. Rov. Rovani accoglieva sempre con squisite maniere, talvolta anzi con festa, i suoi creditori. Serviva loro
la migliore bottiglia: li inaffiava di Barolo e di lodi, cosichè, da ingrugnati e duri quali gli si presentavano, diventavano
al suo cospetto umili e miti, e finivano ad andarsene ilari o quasi lusingati di essere creditori di un tant'uomo e di esserne
ancora perchè così avrebber potuto tornare da lui. E un giorno ad uno che gli chiedeva la restituzione di non so qual
danaro “Vede” disse Rovani “l'è question d'ingranagg: anche a me c'è chi ne deve; se si combina il momento in cui me
ne danno con quello nel quale Lei me ne chiede, Ella è soddisfatto, combinaa on dent, tutti combinen - e faceva l'atto
colle mani - El ved donca, come disi, che l'è tutta question d'ingranagg”.
5074. (settembre 1883) Posso oggi dire che i soli momenti di benessere fisico che ancora gusto, sono quelli
durante la concezione intellettuale. E la ragione mi par di vederla in ciò, che il capo è uno de' massimi serbatoi e
regolatori della salute del corpo. Quando il capo sta bene, anche il resto va pure, solitamente, non male. Ma il capo,
perchè possa star bene richiede una quantità di sangue necessaria a riempiere tutti i suoi vasi, nonchè vivacità e
rinnovabilità dello stesso sangue. Colla congenita anemia e col sangue che s'assottiglia continuamente delle parti
generatrici di pensiero, il mio capo soffre oggi, per due terzi della giornata, d'ischeemia, specialmente nelle ore della
seconda digestione. Gli è solo sotto la sferza della prima eccitazione del cibo appena inghiottito e della insolazione della
volontà che ambisce al pensiero che il flusso sanguigno mi risale ancora in sufficente dose al cervello e allora posso
ancora pensare e riaquisto per qualche momento la salute intellettuale e corporale di un tempo. Senonchè i pensieri nel
prodursi distruggono le parti vitali del sangue che li hanno prodotti, e il mio stato di anemia e di prostrazione peggiora.
È un circolo vizioso da cui non potrò uscire se non colla morte. Per star bene, bisogna che sforzi il sangue al cervello
colla volontà di pensare: ma pensando il sangue mi si consuma e torno nello stato fondamentale di abattimento. -
5075. È la natura, non la società che distribuisce inegualmente i suoi favori. Prendete esempio dalla cresciuta di
una pianta di zucche, la quale si dirama celeremente in centinaja di aquose fistole, ciascuna delle quali mette fiore e dà il
suo frutto. Ma di tutti questi frutti, uno solo per pianta raggiungerà il suo pieno sviluppo - rimanendo gli altri o affatto
allo stato embrionale o a metà strada. Egli è che il beniamino della natura cresce a spese degli altri tutti. E così avviene
nella società umana.
5076. L.B. La razza umana tende, almeno in Italia, da mezzo secolo in qua ad impicciolirsi. Nelle ultime leve
militari, la statistica consigliò di abbassare di parecchi centimetri il limite minimo della statura de' coscribendi. Troverei,
in parte, la ragione di questo impicciolimento negli ambienti morali e fisici in cui viviamo i quali si vanno ogni più
restringendo, specialmente nelle case colla fede di miserabilità di cui si coprono le nostre città, massime Roma. Le
ragioni del lucro usurajo conducono gli imprenditori ad usufruire più che si possa lo spazio, quindi a costrurre
appartamenti piccini e stanze minime: le piccole stanze richiamano del loro canto mobili minuti, sedioline, tavolucci,
roba quasi da bambole. Non c'è più caso di vedere que' lettoni matrimoniali de' nostri nonni, piazze d'armi nelle quali si
combattevano napoleoniche battaglie d'amore. L'amplesso maritale avviene oggi nelle più strozzate ed incomode
posizioni. Entrano gli sposi nei cieli d'amore sempre colla preoccupazione e il timore di mettere una gamba in fallo e di
rotolare nel pitale, vigile sentinella appiè del letto. Non più i “bene scossi abbracciamenti” danno prole robusta.
Troppo entusiasmo farebbe sfasciare il letto e scricchiolare la casa: e la polizia urbana accorrerebbe coi pompieri a
temperare gli ardori fecondatori. Aggiungasi a questo il caro prezzo de' viveri che obbliga a ridurre la quotidiana biada
e quindi restringe a poco a poco le budella, aggiungasi gli abiti stretti, per economia, alla pelle, etc. etc. e si capirà come
le nuove generazioni, seminate spilorciamente, debbono crescere mingherline, rachitiche, in una parola, adattate ad
abitare questo nuovo lilipuziano monduccio di scatole da fiammiferi detti appartamenti, da chincaglieria detta mobiglia,
da codardie dette idee.
5077. (R.U.) “Individui pericolosi”. Negli archivi dei ministeri dell'Estero e dell'Interno si trovano file di carte
a proposito d'individui trattati come soggetti incendiari, sovvertitori di costumi e di leggi, permanente minaccia agli
Stati. Costoro sono frugati dapertutto come gatti arrabbiati. Eppure, in generale, sono la gente più innocua e melensa del
mondo. Dimostrare c con esempi. Cit. Ippolito Pederzolli, rubricato e tenuto d'occhio per repubblicano, nemico
dell'unità italiana. Ha barba folta, figura atletica, voce altitonante: parebbe, quando parla, voler mangiarsi re ed
imperatori; mentre è lepre in forma d'uomo, morigerato ecc. E dopo di aver mangiato qualche dozzina di principi al
caffè, Pederzolli, quando si fa tardi, si fa accompagnare a casa se è notte (ha casa fuori di Lugano) dal domestico dello
stesso caffè - per paura dell'oscurità e de' ladri. Se poi la notte è inoltrata, si ferma a dormire a Lugano. A Pederzolli
basta di tuonare un pajo d'ore al caf Straub di Lugano, mettendo in vetrina qualche fascicolo del suo repertorio di
professore o sulla costituzione delle repubbliche antiche o circa un raffronto fra la monarchia e lo stato repubblicano
ecc. ecc. Pederzolli non ama che ascoltare sè stesso: egli si proclama l'uomo felice per eccellenza; buon stomaco, grossa
voce, fortuna sufficente, ecc. Scrisse la sua biografia pel dizionario di De Gubernatis, che finisce: (Pederzolli) “celebre
pel Giuramento d'Annibale”. - Cit. gli internazionalisti, i nichilisti ecc. rifugiati a Lugano - per es. il Bakounin - sempre
vestito di tela russa - buon uomo in fondo - soltanto, diceva lui, non ammetto la famiglia. - Cit. per es. il Matteucci, che
se in gioventù appartenne a Società dette provvisoriamente sovversive, diventò poi un tranquillissimo uomo. E viveva da
7 od 8 anni a Lugano onestamente colla sua famigliola, guadagnandosi tre lire al giorno. Ma fu sorpreso dalla polizia
italiana. I famosi incartamenti del Ministero d'Italia parlavano contro di lui. Fu quindi arrestato, processato, condannato.
La famiglia di lui in miseria. Si dovette a Clemente Maraini e ad un lucido intervallo di Depretis la sua liberazione -
condizionata alla partenza per l'America (1885) - dove, speriamo, farà fortuna.
5078. Sul gradino interno di una sedia di coro nella chiesa di S. Rocco a Lugano si trova rozzamente intagliata
una tavola a molino. I preti o i chierichetti mentre attendevano colla voce a far bordone agli ufficianti, col piede
giocavano a tavola e molino.
5079. Titoli di carte, esistenti nell'Archivio municipale di Lugano - Miscellanea - n. XVI. 2. - Pace e remissione
fatta tra gente di Porlezza per avere un certo Meneghino ammazzato una donna che gli aveva messo le mani nei calzoni
e preso pei coglioni secondo l'uso di que' tempi - 1535 - Misc. XVI. 7. Diverse dichiarazioni del Sindacato obbligante le
grida per la vendemmia e proibente ai forastieri di portare calzoni larghi, a tutti di far debiti nelle ostarie, ecc. 1570 -
5080. rip. al 5013 Di Cremona Tranquillo esiste (1885) un dipinto giovanile presso il S.
r
Emilio Bignami,
capo sezione al Ministero di Grazia e Giustizia, abitante in Via Napoli a Roma. Rappresenta un paggio giovanissimo (gli
fu modello una ragazzetta) a mezza figura: era iscritto al n. 431 del catalogo dell'Esposizione a Brera del 1860,
essendogli attribuito il valore di Lire 200, ed era stato vinto da Monsignor Bignami zio di Emilio. È una tela
pregevolissima e meritevole di trovarsi in migliori mani.
5081. Rov. Rovani scrisse anche nel 1837 un libretto per opera intitolato “Don Garzia” che fu musicato dal
maestro Costamagna. L'opera fu data a Genova nel 1838 in Carnevale per 11 volte ed applaudita. Ricerche fatte per
avere il libretto riuscirono fino ad oggi (1885) infruttuose. Poi, trovato nell'archivio Ricordi e trascritto. Vedi nelle
cartelle 16 Arch. Dossi.
5082. R.F. Sul gusto cattivo della moda dal 1820 al 1860 - e Mobili ed abiti. La cosidetta manifattura nazionale
- Aranci di lana, fiori di pezza, quadri di margheritine, scatole di conchigliette, frutta d'alabastro, puttini di cera ecc.
5083. Correnti è tale per natura che, mentre rifiuterebbe anche un milione che gli fosse offerto per compiere
un'azione meno che onesta, si lascerebbe indurre ad una grossa indelicatezza dal dono di un tartufo. - Con un tartufo o
un pajo di fagiani o qualche dozzina d'ostriche ciascuno può tirarsi dietro a Correnti come, con un pezzo di pane, un
cane affamato.
5084. Clemente Maraini, l'Eminence grise di Depretis, già direttore del Diritto, uomo dotto e conoscentissimo
di tutto il dietro-scena della politica parlamentare italiana, studiò nel collegio dei Somaschi di Lugano. Sedette nel
banco, anzi al medesimo posto, in cui, prima di lui, aveva studiato e dormito Alessandro Manzoni e dove lo stesso
Manzoni aveva intagliato con un temperino il proprio nome. Tornato ricco a Lugano, Maraini cercò il prezioso banco di
scuola, prezioso s'intende pel ricordo di Manzoni, ma non lo potè più trovare.
5085. Fabrizi e Cialdini trovaronsi, nello stesso tempo, in Ispagna esuli e soldati. E in una marcia Cialdini che
avea diciassettanni si arrestò stanchissimo e si addormentò sotto un albero. Fabrizi, maggiore di lui di 5 o 6 anni, lo
coprì del suo mantello e gli sedette vicino a vegliarlo. È tema che potrebbe inspirare un pittore.
5086. Tranquillo Cremona disegnò anche nello “Spirito Folletto” di Milano, giornale umoristico stampato dai
Sonzogno. Una tavola litografica da lui preparata per lo Spirito Folletto, e rappresentante maestri ed allievi del
Conservatorio di musica fu rifiutata dall'editore sciocco. Se ne tirò una sola copia, la quale poi finì perduta nella
litografia Danesi incaricata di riprodurne una piccola parte (che si trova inserita in una piccola strenna dell'associazione
della Stampa, credo del 1885).
5087. In metafisica, come in aereonautica, si trovò il modo di alzarsi di terra, ma non ancora di dirigersi nel
cielo.
5088. Gli incomodi della troppa comodità. Citarne alcuni: gli scalini troppo bassi, i letti troppo molli. Il
telegrafo che ci le notizie tristi non appena avviene il relativo fatto, mentre una volta non ci giungevano che dopo
mesi ecc. ecc.
5089. [La nota, di due righe, è stata abrasa].
5090. Al curato di Bren[n]o (Varese), persona avarissima, si presentò tale commettendogli una dozzina di
messe da dirsi secondo la sua intenzione. Il curato le disse, poi ne chiese il pagamento al committente. Questi, fattosi più
volte pregare, rispose: la mia intenzione era di non pagarle. Ella le ha dette secondo tale intenzione: quindi non le debbo
nulla. - Allo stesso curato fu rubata una cesta di polli mentr'era uscito a processione. E i ladri gli si inginocchiarono
innanzi (mentr'egli passava) colla cesta dinanzi, semicoprendola colle vesti di certe donne vicine. Il Curato se ne accorse
ma nulla potè dire perchè in cappa magna e col Santissimo in mano. Come fu passato, i ladri se la cavarono si
poterono più cogliere.
5091. Novelle pei generosi. Una donna maritata ed un amico di suo marito - entrambi nobilissimi cuori -
s'innamorano. Ma quella, per non tradire il marito, l'amico per non tradire l'amico, pur conoscendo di amarsi, si
confessano il loro amore. La donna ha una figlia a lei somigliantissima. Essa imagina di darla in isposa al tacito amante,
quasi l'unica parte libera del suo amore, e la figlia, altro nobile cuore, che indovina l'amor della madre, si presta
volenterosa, benchè ami in cuor suo altri, a secondare la madre. Senonchè l'amico, pur generoso, dissuade la giovinetta
da questo che egli reputa un sagrificio e anzi concorre a formarne la felicità unendola al giovine amato. Tra la donna e
l'amico continua il silenzioso innamoramento e la felicità del puro desiderio.
5092. Natale - Raff. fra il presepio italiano e l'albero germanico. Come il primo sia più poetico. Che c'entra il
pino in Italia? - Altro tema: “Il Natale de' tomi scompagnati” - cioè dei celibi, delle sentinelle, dei conduttori di omnibus
e di ferrovia, de' poveri, ecc. Io, a Natale, amo recarmi a trovare e portar fiori a' miei morti.
5093. Natale 1884. Maraini va a visitare Correnti. Lo trova inquieto. Correnti gli rimprovera le sue lunghe
assenze: si dice abbandonato dagli amici, ecc. Finisce pela lamentazione chiamando un servitore e domandando “hin
vegnuu sti benedetti ostregh de Napoli? E Maraini: “Vedo che vi sta a cuore il cibo dell'anima ed anche quello del
corpo”. Correnti risponde che ha invitato a pranzo alcuni amici e vuol trattarli bene. Il discorso continua. Correnti
ritorna sull'argomento delle defezioni, della solitudine, e diventa, a frasi, poeticissimo e nell'aspetto malinconicissimo.
Ma entra un altro domestico, gli si avvicina con mistero e gli dice: hiin vegnuu, Eccellenza - Chi? - domanda Correnti
soprapensiero. E il servitore, dando un'occhiata di traverso a Maraini quasi temesse che, compreso il segreto, Maraini ne
approfittasse: “quii de Napoli”. La gioja illumina il volto del grande o, a meglio dire, del grosso uomo.
5094. Penso che la più grande punizione in un altro mondo, per quelli che in questo non si condussero bene,
vuoi con sè, vuoi con altri, potrebbe forse esser quella di vedersi rappresentare dinanzi, come in una lanterna magica, la
vita che avrebbero potuto e dovuto fare in terra se quì si fossero guidati secondo migliori o più opportuni consigli.
5095. Un dotto scrisse un grosso volume sulle comodità del sedere, misurando le curve di migliaia di culi e gli
angoli di migliaja di sedie, e finì per concludere che il più comodo modo di sedere era quello di mettersi per terra.
5096. Rimedi popolari - (G.F.) Pel male di gola - Due candele in croce sotto la gola, pregando nella chiesa di
S. Calimero - Per gli orzajoli agli occhi - 11 punture (guai se 12) con uno stecco oppure guardare fisamente
nell'ampollina dell'olio.
5097. Spesso gli scrittori ignoranti scrivono molto più spigliatamente, e quindi simpaticamente, dei dotti.
Cammina infatti più svelto chi ha sulle spalle minor bagaglio.
5098. Regola fratesca e raccomandabile a chi vuol passare nel mondo, senza nome, ma senza fastidi: bene
dicere de priore - facere officium suum taliter qualiter -sinere mundum ire quomodo vadit.
5099. L.d.B. Lingua internazionale - Mazzini profetizzava una letteratura europea. Com'essa esiga una unica
lingua: quale sarà questa? Non l'italiana, non la francese ecc. Mistura di tutte. Esempi di una lingua internazionale.
Vedi il Blaja Zimondal del Meriggi e il Volapük dello Schleyer e l'Esperanto.
5100. Nei mobili, ecc. val sempre meglio povertà scelta che lusso da dozzina.
5101. La parola italiana “impiombatura” nel senso di cosa che non muta, parola già felicissima nella lingua
milanese, venne per la prima volta usata da Carlo Cattaneo - Scritti vari Vol. 2°, 1
a
ediz. pag. 146 - la espressione
“tessuto cangiante” alludendo a stile fu usata prima da Cattaneo (Scritti vari Vol. 2° pag. 183) poi da Rovani.
5102. Leggendo Quételet -: la regolarità colla quale il Delitto si riproduce annualmente, se incoraggia la
statistica nelle sue ricerche, fa cascar le braccia al filantropo. la scuola, la chiesa, il codice, sono promessa e
danno fiducia di estinguerlo. Così è della pazzia. Ma forse le nostre osservazioni hanno ancora troppo breve suffragio di
anni - Fra qualche secolo, la Statistica rivelerà se l'uomo migliori davvero. E chissà che la distinzione fra vizio e virtù
non appaja affatto convenzionale e che i due termini non si manifestino come necessario complemento l'uno dell'altro. -
L'epoca dell'uomo individuo e quindi delle monarchie è finita. Si sta oggi passando per mezzo dei sistemi
rappresentativi e degli spedienti internazionali ecc. a quella dell'umanità. La statistica, è la più potente preparatrice del
periodo anarchico.
5103. A teatro, lo spettacolo che mi ha, sempre, interessato di più… sono gli spettatori. La platea e
specialmente i palchi mi rappresentano altrettante vetrine, dove veggo esposta - in vive stampe - la merce umana.
L'attenzione, per quanto poca, che ogni spettatore presta al palcoscenico, gli conferisce una transitoria immobilità,
indispensabile a me, come a fotografo, per coglierne la fisionomia. E osservo che tutti gli uomini politici sono brutti e
aggrondati, e così gli uomini d'affari. Vestiti di fustagno e incontrati in un bosco, si potrebbero pigliare per grassatori.
La fisionomia burocratica pende invece al cretino. Vedo le belle donne e quelle che si credono belle, ecc. ecc.
5104. R.U. Spostati. - Vedete quella moglie atticciata, dal viso petulante e provocante, dalla voce grossa, dai
peli duri? La sorte l'ha congiunta ad un giovine mingherlino, delicatissimo, che la perseguita colla finezza del suo
humour, coi salti mortali delle sue idee, e vorrebbe farne il suo azzurro ideale e tenersela quasi in uno scatolino di
bambagia. Ora quella moglie è infelicissima. Ella non comprende le lambiccature dello spirito, le gentilezze del cuore:
ella non chiederebbe che molto cazzo dinanzi e didietro, e pugni e ceffoni e parolacce. Toglietela da quel giovine
poetico anzi molto etico, dandola ad un facchino di dogana, graveolente di sudore e d'aglio e perpetuamente ubbriaco.
Quella donna, battuta, presa a calci nel sedere… sarebbe felice.
5105. Ghiaja di Roma. Dapertutto hanno frugato gli archeologi per trovare per rintracciare i germi delle usanze
e delle idee attuali, eppure hanno lasciato intatto un campo - quello delle cose destinate alla subita distruzione cioè de'
cibi. Intendiamoci. Gli archeologi hanno sì descritto e commentate le cene e le vivande degli antichi e ne hanno raccolto
qualche frustolo a Pompei ma non più. In molti, invece, de' cibi quali si mangiano ancora oggi, noi possiamo trovare -
per così dire viventi - l'arte e gli usi de' nostri antichi. Nei girometta del milanese, e nelle figurine di pasta della
Ciociaria troviamo i profili e le forme dei tempi andati. Le figurine della Ciociaria che si comperano alla festa della
Madonna di settembre a Genazzano sembrano staccate dai dipinti delle tombe etrusche e latine. Le confetture di Giarre
in Sicilia riproducono le scolture (antefisse ecc.) dell'epoca greco-sicula, ecc. (Quì citare altri molti esempi). È
specialmente nei dolci che si mangiano a certe feste che si conservano le forme tradizionali antiche. Purtroppo le feste
scompajono e con esse i dolci caratteristici. Occorrerebbe quindi di fare senza ritardo una collezione di questi e di
collocarli in qualche museo. - Cit. i pani itifallici, un ricordo de' quali dura oggi ancora nei bastoni e nelle offelle. Cit. le
panatheneìa o panatuneja, feste ateniesi in onore di Minerva, durante le quali si mangiavano certe focaccie e dolci, e il
nostro panettone ecc.
5106. Cattaneo - Alcuni francesi repubblicani, venuti in Italia durante la dominazione austriaca e trovatisi con
Cattaneo, Maestri, Correnti ecc., si meravigliavano come la Lombardia potesse sopportare gli austriaci e facevano uno
scialaquo di promesse, dicendo: verremo noi a liberarvi ecc. ecc. Cattaneo irritato dalle spampanate di costoro, uscì a
dire: “Ma noi stiamo benissimo come stiamo. Questi austriaci ci fanno il soldato, ci guardano dai ladri, pensano a
riscuotere le imposte, e noi non abbiamo a far altro che a grattarci, con nostro comodo, i coglioni. Vi accorgerete voi -
aggiunse rivolgendosi agli amici - quando ci toccherà di fare el todesch!” - Cattaneo, eletto deputato, si recò a Firenze.
Colà stette un mese indeciso tra il giurare e il non giurare. Di carattere timido, uomo più di studio che d'azione, egli
diceva agli amici: che vado a fare in mezzo a quii bagoloni? mi metterebbero facilmente in un sacco - e diceva anche:
Sti napoletan che quand scriven ben, scriven inscì mal. Ti consegni poeu quand scriven mal! Ah, mi torni a
Castagnoeula - Sull'ampia e bella fronte di Cattaneo, si poteva, per così dire, passeggiare col tiro a quattro.
5107. R.U. Parte Ufficiale - Impiegati - Pref. Sulla soglia dell'impiego. In Italia quasi tutti i giovani, si può dire,
sieno di zappa o di penna, sieno o no laureati, sappiano o non sappiano, ambiscono un impiego governativo. Basta che
un impiegato dello Stato non assassini, non assalti una diligenza, non faccia qualche cosa di simile, è sicuro di non
essere mai licenziato e di arrivare pacificamente all'età della pensione. Il giovine comincia quindi a raccomandarsi ai
suoi e agli altrui deputati, i quali lo raccomandano ai ministri. Il giovine - come si presenta - è pronto a tutto, non
desidera che di prestare i propri servizi allo Stato, per lo Stato ammazzerebbe quasi suo padre: egli accetta qualunque
destinazione, qualsiasi tenue ufficio, fosse pur quello “di far animo agli altri a lavorare” (frase testuale di una petizione).
Ecco, il decreto di ammissione in carriera è firmato. La scena, tosto, si muta. Cominciano le pretese del nuovo
impiegato. Egli ha genitori vecchi, madre inferma, padre imbecille ecc. che vogliono la sua assistenza continua, quindi
chiede un cambiamento di residenza: come biasimare questi suoi sentimenti figliali? - Da due mesi nell'impiego già
accampa titoli di promozione, onorificenze ecc., sparla male de' capi, lavora meno che può ecc. - Secondo un arguto mio
amico, la burocrazia italiana differirebbe dalla germanica in ciò. Nella germanica, chiunque arriva ad ottenere un
piccolo comando, pone in questo tutta la sua ambizione. Per es. il sotto-vice-fraiter tiene d'occhio a' due uomini posti
sotto ai suoi ordini, non pensa che ad essi, a farli ben manovrare ecc.: il caporale, dal canto suo, non vede che i
vicefraiter, il sargente i caporali, e così via. Il Ministro poi, sicuro che ciascuno si occupa de' propri subalterni e si
contenta, comandandoli, può volgere altrove lo sguardo, e vedere le grandi linee della sua amministrazione, i rapporti di
essa colle altre, ecc. In Italia succede invece tutto il contrario. Il caporale non vede che il sargente, lo invidia, vorrebbe
essere al suo posto, e così, via via fino al generale, al ministro. L'attività individuale è diretta quindi, non a provvedere ai
propri inferiori, ma a minare il superiore. Arrivati al ministro, succede ancora il fatto opposto che in Germania. Il
ministro italiano vedendo come tutti i suoi impiegati guardino a lui, non ha tempo modo di occuparsi se non di essi.
La piccola lotta giornaliera per resistere alle raccomandazioni o per secondarle, lo assorbe. E, intanto, i grandi interessi
dello stato, specialmente quelli all'esterno, vanno a gambe levate.
5108. Nel Varesotto al confine svizzero-italiano, i contrabbandieri, per introdurre tabacco in Italia, usano anche
di caricarlo, per mezzo di piccole selle appositamente costruite, sul dorso di cani italiani da caccia che sequestrano
temporariamente ai loro padroni e conducono in Svizzera. Il cane, lasciato libero, torna a carriera col carico proibito, a
casa sua: e lì sulla porta trova il compare del contrabbandiere che lo libera del peso dei sigari e delle boette.
5109. Modificazione nei desideri. I primi desideri di cui mi ricordo (avevo 7 anni) erano di comandare. La mia
professione dovea essere per lo meno quella di re e fantasiavo eserciti e regni comandando intanto a bacchetta i miei
condiscepoli. - Ingrandendo, i sogni di potenza materiale passarono nel campo morale. Di qualche cosa volevo essere
ancora re e allora m'illusi di essere nato alla gloria e imaginai e desiderai letterarie corone - Fu un nuovo errore. Le
corone caddero sovr'altre teste. I miei desideri si ridussero quindi un'altra volta. Io sogno ora una piccola casa in
campagna, in riva al mare, tra i fiori e i libri. Ma anche la casetta non vuol comparire - Chissà dunque che non finisca a
semplificare ancora una volta le mie ambizioni, confinandole ad una sepoltura tranquilla! Questa almeno, speriamo, non
mi mancherà. Sed habent sua quoque fata sepulchra.
5110. L.d.B. Igiene della religione cattolica. - [rasura] Es. Il digiuno ad intervalli aggiusta lo stomaco, guastato
dalle scorpacciate, meglio degli amari e de' purganti, e gli aguzza l'appetito per nuovi banchetti - l'utilità di alternare i
cibi di magro coi cibi di grasso - il disabbiglio della casa durante la settimana santa, provoca e favorisce una completa
scopatura, lavatura delle tende ecc. - il cavarsi il cappello dinanzi le imagini giova ad una migliore respirazione dei pori
capillari - le lampade accese dinanzi alle imagini de' santi, rischiarano molte vie che altrimenti resterebbero oscure con
pericolo delle nostre gambe - ecc. Vantaggi di un ordine più elevato li dà, p. es., l'“estrema unzione”, che tacitamente
avverte il malato, senza torgli ogni speranza, che sta per andarsene. Al libero pensatore si usa invece celare la prossima
morte e questo è talora di gravissimo danno pe' suoi interessi ecc.
5111. La moglie di un avvocato Benvenuti da Venezia era bellissima donna ma larga incoronatrice di corni al
marito. Una caricatura, appesa sotto le procuratie, la rappresentò in atto di alzar le sottane, mentre tutt'intorno volavano
a lei uccelli d'ogni qualità e grandezza - merli, tordi, piccioni, barbagianni… - E sotto era la scritta “ben venuti! ben
venuti!”
5112. La scienza della statistica è trovata. Per farla procedere non si tratta che di raccogliere moltissimi e
sinceri dati. Alla prima condizione è necessario che intervengano i secoli, alla seconda che il modo di riunir le notizie
diventi facile e di applicazione quotidiana a qualsiasi evento della vita. Meglio di un nuovo libro che annaqui il vino di
Quételet o di altro autore, giova ora la redazione accorta di popolari questionari. - La statistica è inoltre il metodo con
cui dovrebbero essere guidate tutte le scienze per farle davvero progredire ed ottenere risultati efficaci. Finchè la
medicina non si varrà seriamente della statistica, sarà sempre una scienza da Dulcamara e da Baccelli. -
5113. Raiberti definì il dizionario - un cimitero in dì di festa - confusione di vivi e di morti.
5114. Un sacco pieno di biscie, in cui c'è una anguilla sola: ecco la sorte matrimoniale.
5115. L.d.B. Lingua universale. Il commercio e la telegrafia la formerà. Intanto si potrebbe unificare la
espressione grafica di tutte le lingue. Come si fece la Convenzione pel metro se ne potrebbe far una per la grafia, per
fissare con segni uniformi le voci che l'uomo pronuncia nelle varie lingue.
5116. L.d.B. Rapporti tra i suoni, i colori, gli odori e i tocchi. Verrà tempo in cui si stabiliranno tavole di
equivalenza tra essi. Già la letteratura, che nella divinazione precede ogni altra scienza, adopra le imagini di un senso
per esprimere gli effetti dell'altro. Così, ne' libri si sentono stridere i colori, gli odori concertarsi ecc. I ciechi già toccano
i colori. Verrà tempo in cui si suonerà un mazzo di fiori e si udirà un discorso di odori. Col migliorarsi e l'affinarsi
delle tinture i ciechi oggi (1885) col tatto conoscono meno i colori di prima.
5117. A Verona - in via Dante Allighieri, già Lovera, lessi (agosto 1885) contro il palazzo della Ragione la
seguente iscrizione, incisa su di una pietra di circa 40 cent. in quadro con un rospo nel mezzo per lettere che formava
bocca ad una faccia diavolesca - Denuncie secrete contro - contrabbandieri de sede (sete) - e chi tenesse cavaleri - o
fornelli - di tirar seda senza bolletta. Caratteri della fine del XVI o del principio del XVII secolo.
5118. - R.U. (App.) Bestie - Il cane, quando, in cerca del padrone, si trova ad un bivio fiuta una delle due
strade, e, se non sente su quella l'odor del padrone, si mette tosto per l'altra senza più fiutare. È dunque un ragionamento
che fa.
5119. Censimento. Ad un governo che voglia regolare le proprie leggi e le proprie azioni secondo ragione (che
è quanto dire, secondo natura) è indispensabile di levare a determinati periodi e con metodi acconci l'inventario di tutti i
beni della nazione, primo tra i quali è la popolazione. Incompleto è però quel censimento che si occupa delle sole
persone e non delle cose.
5120. Rovani era affetto da fimosi. Gorini assomigliava il pene colpito da tale disturbo alla bocca di un sacco
da caffè che si torca nel chiudersi.
5121. Nello scrivere la storia è già molto evitare le grandi menzogne. Delle piccole è impossibile sbarazzarsi.
5122. I Ministeri a Copenaghen (Danimarca) si trovano in un sol palazzo, anzi in [un] unico corritojo. Per
questa parte si va dal ministro dell'Interno, per quella prossima al ministro della Giustizia ecc. Così appressapoco in
Svizzera. In Svizzera nessuno si accorge del Governo: on est prié de fermer doucement les portes - sta scritto nei pochi e
piccoli uffici elvetici. Da noi e in Francia, vi ha invece scialaquo di burocrazia e di affari inutili. Si può anche fare
qualche raffronto tra i nostri e i Ministeri inglesi. Persino i mobili esprimono i due sistemi. Semplice, severo e massiccio
è il mobiglio del Board of trade, fastoso, di cattivo gusto, ingannatore è quello del nostro ministero delle finanze.
5123. (Principio di testamento, steso nel 1879 a Roma - dicembre:) La morte ha già segnato colla sua scure il
tronco della mia vita. Non è un solo nemico che mi circonda: son mille e tutti senza remissione. Lo stomaco male si
piega al suo ufficio: il piede mi si è fatto briaco: la vista appannata: svaporò la memoria; e il cervello, nonostante ogni
sforzo ed ogni irritamento non mi dà più che scarse ed infeconde ejaculazioni di pensiero. Caddi, insomma, preda della
paralisi progressiva che mi consuma strato a strato. Più non spero che essa s'arresti: altro non bramo se non che accelerar
il suo lavoro e che i materiali che ora compongono il corpo mio ritornino presto, attraverso le fiamme purificatrici, alla
terra, immenso serbatojo di vita. Nel mio stato d'oggi, non può essermi l'esistenza che dolorosissima. Nato alle lettere,
gustatone le prime voluttà, dovetti, per rovesci economici, fatti inguaribili dagli stolti rimedi che cercai d'apportarvi,
sottopormi al giogo di un ufficio governativo, dovetti, per sussistere, cessare d'esistere ed il lavoro a contraggenio, a
contracuore, stancandomi doppiamente la intelligenza del volontario, me la esaurì. Nè andrà molto che sarò pur costretto
ad abbandonare l'impiego forzato ma pagato e a ridurmi in un letto, aspettando il becchino. Povera mamma mia! I
bisogni e i capricci del suo malato struggeranno allora il pochissimo che ancora le resta, e la mia morte, per quanto
sollecita, giungerà sempre tarda per salvar le reliquie della fortuna di lei. Fossi stato veramente onesto, avrei già dovuto
sopprimermi!…
5124. L'economia è l'igiene del galateo - Per es. il precetto di adoperar forchetta e coltello in ogni vivanda,
perfino nel mangiar salame. Il sistema che ritarda la distruzione del cibo. Se si adoperassero, come natura insegna, le
comode mani, si mangerebbe il doppio con danno dell'anfitrione e dello stomaco nostro.
5125. In una nuova edizione de' Ritratti Umani - dal calamajo di un medico (e sarebbe ora la III) si aggiunga
una 2
a
prefazione intitolata L'arte della medicina. Scopo della maggior parte de' medici, almeno rispetto ai ricchi
ammalati, è di coltivare le malattie. Cit. le finissime adulazioni dei medici. Anche l'infermo più coraggioso ama di essere
illuso. La fama di ruvidezza e di dire, a qualunque costo, la verità, da alcuni medici conseguita (beninteso
diagnosticando la povera gente), conspira nell'aquistare loro simpatie e credito e lauti salari, quando, sfacciatamente
mentendo, trovano i colori della salute in chi giallo e verde galoppa verso l'eternità… ecc. Cit. il medico ruffiano (D.
r
*)
- lo sgrassatore (Prof.
r
**) che si fa pagare prima delle operazioni e poi uccide senza riguardo - il calunniatore ecc.
Concludere, caldeggiando il sistema giapponese di appaltare l'opera di un medico ad anno, in modo che non appena il
cliente cade malato, il salario del medico è sospeso e così resta finchè l'ammalato guarisce. Per conseguenza, il medico
ha tutto l'interesse di mantener sano il suo cliente.
5126. Altri in gola ha la voce, io nella penna.
5127. Nel 1882, salvo errore, fu polemica tra i due poeti Carducci e Rapisardi che si copersero
vicendevolmente, in prosa e in versi, di contumelie che avrebbero fatto arrossire due beceri. “E poi li dicono poeti
civili!” esclamava allora stupita la gente educata. “Il Poeta civile” sarebbe tema di un buon brano di satira.
5128. È l'enfant gaté della conversazione, si dice spesso di persona che improvvisa asinaggini in società, che
l'ammira, mentre dovrebbesi dire invece è un enfant bâté (col basto).
5129. Adamo, bandito dal paradiso quia de ligno comederit (apò toù xýlou).
5130. (da Grozio) Video consentire Hebreos Regi - in eas leges, quae de officio Regis extabant - peccanti
inflicti verbera. Sed apud illos infamia carebant (verbera) - perchè mancava la pubblica opinione la quale oggi
sostituisce sul dorso dei re le antiche sferzate.
5131. Gli orologi non vanno mai completamente insieme proprio come le umane opinioni. Un principe tedesco,
che avea appreso come sua arte manuale, secondo il costume di tedescheria, l'orologeria, tentava da anni inutilmente di
far andar di conserva un centinajo d'orologi. Un dì, alzatosi spazientito, urtò nel tavolo di lavoro e lo rovesciò. Tutti gli
orologi rotolarono in terra. “Finalmente!” - sclamò il principe - “sono andati una buona volta insieme.”
5132. (Principio d'articolo contro il sepelimento di Re V.E. nel Pantheon. - Non finito). “Roma d'Italia, fu lo
scopo della vita gloriosa di Vittorio Emanuele: in Roma l'ottimo Re chiuse trionfante gli occhi; è in Roma che la sua
salma deve eternamente restare.” Rettorica! quì si esclama. Sia! Auguro al nostro paese molta di questa rettorica, fatta
non solo di grandi frasi ma di grandissime opere. Essa, accennando con quella della parola, la magnificenza delle idee,
la rende a tutti perspicua e muta spesso il sogno in realtà. Non il calcolo gramaticale ma l'entusiasmo inspirarono a
Cattaneo, a Tommaseo, a Garibaldi, a Mazzini, a Crispi, a Correnti que' proclami patriotici - detti oggi rettorici dai
deputati affaristi - che sollevarono le popolazioni italiane contro la tirannia straniera e le trascinarono alla vittoria… ecc.
-
5133. Pisanus Albertus, generale dei Francescani, nato a Pisa, morto nel 1239 - Vedi Dizionario dei nomi e
pseudonimi latini del Franklin.
5134. Sulla Porta del Popolo a Roma, quando fu allargata, si incise la seguente iscrizione: Urbs - Italiae
vindicata - auctis civibus - duplicem fornicem extruxit - L'autore dell'iscrizione intendeva dire che Roma, rivendicata
all'Italia, cresciuti i suoi cittadini, avea costrutta una duplice porta - Letteralmente pe e filologicamente la iscrizione
significava invece che Roma rivendicata all'Italia, cresciuti i suoi cittadini (quì mancava però l'espressione numero)
costrusse due postriboli.
5135. “Ha il sangue debole” - dicono i contadini della Varesina per indicare chi ha sangue povero di globuli
rossi, e soffre il freddo - ecc. - “Più curioso di un orinale” altra frase degli stessi contadini per indicare chi vuol sapere
tutti i segreti del prossimo - “Parlava rose e fiori” - altra frase che allude ai complimenti di un amante alla sua bella ecc.
5136. Per le virtù delle donne Vedi in Plutarco Ediz. latina Opuscoli Vol. III pag. 300 - Mulierum virtutes.
Recog. Theod. Doehner Vol. 5 Parisiis - Didot 1857 e seg.
5137. Progetti letterari. Un libriccino che raccogliesse i molti versi volanti di argomento transitorio, politico
ecc. - epigrammi, distici, sonetti, stanze ecc. che si scrissero spesso l'un contro l'altro molte persone di riputazione
nell'epoca nostra, a cominciare dai versi di Manzoni contro Monti e Bonaparte, di Correnti contro Cantù, di Rovani
contro Maffei; a finire con quelli di Occioni, Prati, Guerrieri Gonzaga ecc. pubblicati in parte sul “Fanfulla” contro
Minghetti, Bonghi, Luzzatti, ecc.
5138. Pallidezza color di genio e amore.
5139. Non vi ha che una medicina efficace; quella di regolare la vita in modo da non aver mai bisogno di
rimedi.
5140. Nella Descrizione di una inondazione, non dimenticare un cimitero di campagna travolto dalla furia delle
aque - le casse schiodate suornotanti - i morti di fresco, nella fiumana o impigliati negli alberi, le croci di legno ecc.
5141. Un uomo il cui ingegno e le cui opere gli diano promessa che l'avvenire lo ricorderà deve desiderare di
morire in età giovine. Così egli lascia alla posterità la sua imagine non corrotta dalla vecchiaja. - CF. tra i bei vecchi
dell'antichità e i brutti dei ns. tempi. Tasso, Foscolo, Rovani ecc. ci si presentano alla mente aitanti e belli e la scoltura
e la pittura ne riproducono con orgoglio le forme. Manzoni, Mamiani ed altri ci passano invece dinanzi come
valetudinari, fiacchi di corpo, di cuore, di testa e le arti figurative non ci san dare di essi che scheletri e mummie.
5142. Chissà in mezzo a quanti libri ha scritto lei la Giovinezza di Giulio Cesare, diceva a Rovani un
ammiratore della sua profonda dottrina archeologica e storica - Ch'el disa in mezz a quanti liter - rispose Rovani - e dirà
più giusto.
5143. - io e te abbiamo detta la stessa cosa, ma io con un venti lire d'oro, tu con uno stajo di quattrinacci di
rame.
5144. Per la “Ghiaja di Roma” Vedi le Quaestiones romanae, negli opuscoli di Plutarco (Ediz. Didot - Parigi in
5 vol.- 1857 ecc.)
5145. Il costume romano, secondo Plutarco, voleva che la sposa si unisse la prima volta allo sposo nelle
tenebre e dopo di aver masticata una mela cidonia - Ciò per celare i difetti suoi, compreso quello dell'alito. A Sparta
(Athenei lib. XIII) usavasi di rinserrare sotto catenaccio le vergini e i giovani celibi e questi facevano a piglia a piglia,
dovendosi poi ciascuno accontentare di quanto la sorte gli avesse dato in mano. I nostri matrimoni non si fanno
diversamente. -
5148. Quaest. 79 Plut. (opusc.) Cur Quirinalia festum stultorum appellant? - Vedi Quaest. 10. - sul coprirsi la
testa entrando in chiesa e nel pregare, costumanza ancora viva in Roma.
5149. Arch. milanese - A Pasqua, qualunque tempo facesse, bisognava mettersi in abito d'estate - vestito di
nankin, cappellino di paglia e scarpette lucide.
5150. Le palle che uccisero Misdea lacerarono la riputazione di Mancini.
5151. Le sostanze che i dottori prescrivono come medicamenti, sono in gran parte venefiche e atte a provocare
malanni. Nella libreria medica molti sono i libri che trattano de' Rimedi de' mali - non uno ch'io sappia, che si occupi dei
Mali de' rimedi.
5152. La scoperta della locomozione aerea coinciderà colla fratellanza universale. Nell'aria infatti, non ci
sarebbe possibilità di serbare i confini. Via i confini, cessano gli Stati.
5153. Di persona che, paralitica o vecchia, cammini barcollando, può dirsi: “ha bevuta troppa vita: ne è
ubbriaca”.
5154. Compiendo i quarant'anni, la moglie di Manzoni si avvicinò al marito, e secondo la frase e l'uso
milanese, gli disse: set (sai), Lisander, dervi (apro) on'anta - E Manzoni: e mi sari la gelosia. -
5155. Goriniana. Mot[ivo] della prefazione. In quella maniera che le opere scientifiche di Gorini possono
servire a formare dei pensatori e ad ispirare nuove scoperte, la sua vita, ove fosse fedelmente raccontata, gioverebbe a
fare gli uomini virtuosi e loro insegnerebbe le vie dei veraci godimenti. Il cittadino universale dell'Utopia di Moro
trovavasi in Gorini. Non ispida era la filosofia di lui, etc.
5156. Nel 1884 a Frascati un padre ed un figlio trovaronsi implicati in una rissa che finì coll'uccisione di un
terzo. Gli indizi accusatori erano tanto a carico dell'uno quanto dell'altro, e però entrambi vennero arrestati. Il padre
chiamò a il suo avvocato e gli disse: chi uccise è mio figlio, ma io vi scongiuro, e sono ai piè vostri, fate condannare
me. Mio figlio è giovane, è la forza della famiglia - di mia moglie e della sua - e de' miei nipotini. Io vecchio: che mi
fanno tre o quattro anni più o meno al mondo? - L'avvocato si commove, si persuade e conduce le cose in modo che il
tribunale condanna il padre assolvendo il figlio. La sentenza fu accolta con uno scoppio di gioja dal padre e di pianto dal
figlio e con generale commozione nel pubblico. Vittima del suo eroismo, il vecchio va in galera per venti anni. E non
era che un contadino!
5157. Quando i liberali, nel Canton Ticino, arrivarono al potere, Carlo Cattaneo disse, forse più sul serio che
per celia, a qualcuno di loro: “ora saprete almeno fare in modo che i tribunali vi dieno ragione”. - Nel Canton Ticino, ad
ogni cambiamento di partito al potere, i vincitori sopprimono moralmente tutti gli aderenti de' vinti, sostituendoli in tutte
le cariche, persino le più umili coi loro partigiani. È un sistema che ricorda il Ciman in cui ogni mutamento di sovrano
non avviene che colla totale distruzione di tutti i competitori possibili al trono - Quando in Isvizzera qualcuno non paga
le dovute imposte federali, la Confederazione ritiene responsabile solidariamente tutto il comune cui appartiene il
debitore, e fa sequestrare a mano armata la proprietà del più ricco, salvo a questi di rivalersi sul comune. -
5158. 3-10-85 - Zanardelli, ex ministro, a pranzo di Maraini a Lugano, tra parecchi repubblicani del Cantone,
affermò di non essere monarchico - (strana confessione per un ex ministro del re) ed aggiunse (e in ciò aveva ragione)
che la forma di un governo non gli faceva caldo freddo. - Tutti i viaggi all'estero dell'on. Zanardelli si riducono a
quelli di Lugano fatti nel 58, credo, e nel 85. Che idee larghe possa avere un avvocato che ha poco viaggiato -
viaggiò pure sui libri - è facile a capire. - Zanardelli chiama il cancelliere dell'Impero germanico: quell'antipatico di
Bismarck. Zanardelli è poi ignorantissimo in tutto quanto non s'attenga alla politica parlamentare e al garbuglio
forense. Gli citai qualche nome illustre di letterato, di artista, di scienziato contemporaneo: non l'aveva sentito mai a
nominare. Che razza d'uomini di stato ha l'Italia!
5159. Al tempo delle elezioni nel Canton Ticino, mentre la lotta ferveva, anche a schioppettate, fra i liberali e i
codini, Vincenzo Vela passeggiava con un grosso randello. Passa un uomo a corsa, quasi in fuga, e Vela, giù una
randellata, che lo manda a gambe levate. “Lo conosci?” gli si chiede. Risponde Vela: se l'è on oreggion (clericale) ghe
l'hoo ben dada: se l'è on liberal mei anmò perchè el scappava - e i liberai deven scappà no.
5160. Conelli, sindaco di Belgirate, celebre sciocco e degno sindaco del Comune dove villeggia Cairoli. Cairoli
fa uno dei soliti discorsi conviviali. Conelli tutto ammira e applaude. Finito il discorso: “Gran belle parole ha detto
Cairoli” - fa agli amici - “Col popolo ci vuole pane e stangate”.
5161. Filosofia e utilità dei “racconti da fate”. Quando nell'ufficio o fuori m'incombe qualche lavoro materiale,
antipatico, confuso, grave, penso a quella fanciulla dei contes des fées costretta da una fata cattiva (ossia da qualche
sorte - fata lat[ina]mente - avversa) a lavori pressochè impossibili. Ma la buona volontà, rappresentata nella fiaba dalla
fata buona, le una mano e il lavoro è fatto. Vinta la prova, compare il meritato premio, che il ricordo della fatica
rende più grato. - Così incoraggio me stesso e compio il dovere mio, per quanto pesante.
5162. Rapporti d'intima amicizia fra i cosidetti fisico e morale. Una madre, quando vedeva qualcuno de' suoi
bimbi cattivo contro il solito o più del solito non si perdeva ad infliggergli castighi o sermoni sulla bontà, ecc. ma gli
somministrava tosto un piccolo purgante. Disoppilato l'intestino, il bimbo tornava buono, o, come dicono i catechisti,
sulla strada della virtù. Così io, allorchè mi manca l'inspirazione, non mi metto già a cercarla nè in Omero nè in Virgilio
nè in altri simili scrittori, ma prendo un buon cucchiajo di magnesia. Una abbondante scarica alvina equivale per me una
pagina di poeta divino: il mio spirito riaquista la sua elasticità e torna a pensare generose cose e a trovar belle forme.
5163. R.F. - Tra i colori d'abito che furono di moda all'epoca napoleonica, uno gialliccio ebbe il nome di “caca
du roi de Rome”, un altro violetto pallido di “vin-vomi” - Mia nonna Luigia chiamava il suo ragioniere Biancardi “sa
machine à lire”. Nonna Luigia era capricciosissima. Si faceva venire da Parigi gli abiti e i cappellini, e quando non gli
andavano ai versi li stracciava e schiacciava sotto i piedi.
5164. (1885) Il castello di Montecalvo si trova oggi in possesso, credo, di certi Fiora cugini, vinajoli, che
l'hanno comperato dai Brignole-Sale per 22.000 lire. È quasi in isfascio. Valgono però qualchecosa le vigne circostanti,
calcolandosi il loro reddito a circa 1000 lire all'anno. - È fra i miei sogni di ricomperarlo: bisognerebbe però, oggi,
pagarlo almeno il doppio - Sul pozzo che sta sulla spianata del castello copiai le due seguenti iscrizioni: Suae utilitati
posterumque - usui jugem puteum alte - fodientem eundemque ext - ruendum Federicus Bec - caria Annibalis filius - suis
sumptibus curavit - Anno MDXCVI. - E sotto: Provexit ornavit aquarumque - copiae consuluit - pluviales immittens -
Aloisia Caroli Pisani uxor A. MDCCCXXIII - In un muro interno era incastrata la seguente lapide: Hanc ecclesiam Divo
- Rocho dicatam Anni - ball Beccaria suis pr - opriis expensis a fundamentis erexit Anno - 1580. Sopra la lapide è
scolpito lo stemma dei Beccaria› ‹Ora la lapide dell'oratorio è in mia mano, a Corbetta - Montecalvo, come le rocche e
i paesi circostanti era antico feudo dei Beccaria signori di Pavia: passò poi ai marchesi Pietragrossa, quindi ai Pisani
Dossi e finalmente ai Brignole Sale - Nella famiglia Pisani Dossi scorre però anche il sangue dei Beccaria. -
5165. (1885) Su un uscio interno della sala erano ancora, a matita, de' segni che indicavano le diverse stature
dei ragazzi Pisani, Pippo, Gaetano, Antonio ecc. nel 1835.
5166. Mia gita a Montecalvo ai 14 e 15 ottobre 1885. Accolto con festa da D.
n
Giacomo Patri, il simpatico
prevosto da me nominato nel 1877; riverito dal sindaco, ecc. Dolore mio che il castello si trovi in mano di gente rozza,
mio intenso desiderio di ricomprarlo e di restaurarlo. - Sogni inutili!
5167. L.d.B. L'abuso del pensiero va minando le facoltà cerebrali dell'uomo. I casi di pazzia sono ora assai più
frequenti di una volta. Una volta erano così rari, che la pazzia era detta sacra e il pazzo guardato con rispetto. Per
impedire che il male faccia progressi, il Congresso degli Stati Uniti del Mondo determina con legge, fortificata da
severissime pene, che l'umani sospenda per lo spazio di 100 anni ogni lavoro mentale. Sospesi quindi gli studi,
suggellate le biblioteche, chiuse le scuole ecc. affine di ridonare all'uomo la tempra forte e lo spirito equanime di un
tempo - ecc. -
5168. È certo che quando si sarà maggiormente studiata e conosciuta la natura fisica del pensiero, si troverà il
modo di migliorare ed anche di suscitare le distinte intelligenze con opportuni cibi o apparecchi.
5169. La morte dell'uomo-individuo è condizione indispensabile al progresso delle idee. L'individuo che reca
nuove idee al magazzino comune o migliora le già ammucchiate, vi si attacca poi sifattamente che, mentre fu, prima,
cagione di progresso, riesce poi di sosta. La natura quindi dispose le cose in modo di sostituire gli individui non più atti
a progredire con sempre nuovi individui ecc.
5170. L.d.B. Il mondo è pieno. Alla generazione naturale, gli scienziati hanno saputo aggiungere anche la
maledizione della generazione artificiale. Mentre la medicina trovò finalmente le vie per guarire, e diventò, da arte della
malattia, arte della salute, la filantropia, fattasi sovrana dei mondo, abolì definitivamente la guerra, colle conseguenti
distruzioni di vite, e il benessere economico, resosi universale, tolse pressochè tutte le spinte ai delitti di sangue,
d'altronde già quasi estirpati da una educazione scientifica del cervello fisico. Anche i pericoli naturali rimossi. Strade
dapertutto, colmati gli abissi, costretto il cielo a non far più che l'ufficio di benefico inaffiatojo, distribuita la brutale
forza del mare e della terra (maremoti e terremoti) ad usi domestici, adoperati i vulcani come colossali stufe russe, ecc.
Inoltre, l'elettricità, sostituendo il vapore, rese sicuri i viaggi. Progredendo l'istruzione, il minimo macchinista aquistò la
dottrina di un Eddison ecc. - In conclusione riuscì quasi impossibile di morire prima dei 90 anni. Aumentati solo i
suicidi per sovrabbondanza di felicità. Il caldo fiato dell'umanità ha sciolto i ghiacci del polo: il formicajo d'Adamo
nereggia sulla fulva arena del deserto libico. solo la terra è occupata, ma l'aqua. I laghi sono coperti di zattere:
l'oceano è diventato un porto, gli aereostati offuscano il sole. Il lavoro ha domato ogni più sterile piaga, ecc. -
Preoccupazione degli Stati Uniti del Mondo di questa esagerata prosperità. - Mezzi che si propongono per mitigarla. -
La decimazione - Il ritorno alle guerre, alle epidemie, all'antropofagia. - Dichiarazione di guerra ai Lunari (abitanti della
Luna) etc.
5171. Non vi ha uomo politico, come non vi ha cantante od artista, che dica bene del collega. I ministri caduti
sono poi nemicissimi dei ministri che rimangono a posto. Lanza chiamava Sella “quel birichino” - e Sella chiamava
Lanza “quell'imbecille”. Correnti era per Cattaneo “el cagon” e Bonghi per Correnti - “una cloaca massima”. E così è di
Mancini, Baccarini, Minghetti, Crispi ecc. che si odiano con perfetta reciprocità.
5172. Il maestro elementare Repossi usava di recarsi, ogni giovedì, dal paesello dove faceva scuola, a Milano
per visitare Rovani. L'ultimo giovedì che precedette la morte del grande scrittore, Repossi lo trovò a letto alla Casa di
salute (ora demolita) in P[or]ta Nuova. Accomiatandosi da lui, gli disse che sarebbe tornato, come al solito, il giovedì
prossimo. E Rovani, stringendogli la mano “a buon conto, torna domenica”.
5173. Importanza del tavolo comune pel buon esito di un congresso o di una conversazione. Èquestione di
fluido e di simpatia nervosa. Quando si deve parlare ad altri senza il medium di un tavolo ossia quando fra due o più
interlocutori non intercede che una parete d'aria cosicchè i loro occhi possono esser distratti dalla vista delle gambe, la
corrente di simpatia fra chi dice e chi ascolta non si formecosì presto come nell'altro caso. Egli è perciò che i discorsi
nei salotti, senza tavoli in mezzo, riescono generalmente sconclusionati o freddi. Mettete invece una dozzina di persone
intorno ad un tavolo, possibilmente in modo che i gomiti dell'una sfiorino quelli dell'altra, e coi piedi che talvolta
s'incontrino e talvolta si ricerchino: si formerà tosto un ambiente unico di simpatia e il narratore troverà più facile ed
efficace la parola, l'uditorio comprenderà più uniformemente il discorso, e vi si interesserà, vi si entusiasmerà ecc.
5176. Il “Deipnosofista” di Ateneo può considerarsi un dizionario in forma di narrazioni, di dialoghi ecc.
5178. Fra le prove della fraternità delle tre arti (letteraria, figurativa, musicale) ce n'è una storica. La scrittura,
espressione dell'arte letteraria, era in origine plastica e pittura (scrittura geroglifica o letteratura rebus). Più tardi, la
scrittura rappresentò, invece del segno, il suono (scrittura fonetica) donde il legame colla musica. - La scrittura è la più
antica delle arti plastiche.
5179. Tutti i grandi guerrieri, conduttori di popoli armati, furono anche grandi edificatori. Nabucodonosor,
Ramses, Cesare, Napoleone - raccomandarono la loro celebrità, non solo a colossali distruzioni di vite ma anche a
sterminate creazioni architettoniche, stradali ecc. Si direbbe che volessero compensare l'annientamento di que' piccoli
edifici d'ossa e di carne che si chiamano uomini, suscitando enormi corpi di pietra e calce, oppure che sopprimendo le
mille vocine di maledizione di que' minimi esseri volessero sostituirvi una voce immensa in lode loro, qual'è quella delle
preci e delle cronache scolpite e dipinte sui palazzi assiri o egiziani, sulli archi romani o napoleonici ecc.
5180. Vincenzo Vela diceva. - “Non vi sono in Italia se non due città dove si possa vivere bene - Milano e
Roma. Pare impossibile che Michelangiolo sia nato a Firenze. Dev'esserci qualche errore in proposito. Guardate p. es.
Quando si passeggia, la mattina, sui bastioni di Milano, incontrate cacate tanto fatte - senza risparmio - olimpiche.
Passeggiate invece pei prati intorno a Firenze. Vedrete cacherelle misere misere (stremii stremii) stronzetti da cani e non
da cristiani”.
5181. Certo Minetti di Lugano, uomo coraggioso e gran mangiatore, nelle parecchie battaglie garibaldine a cui
prese parte, si portava sempre con qualche salsicciotto. Anche le fucilate gli aguzzavano l'appetito, per il che, nel
mezzo del combattimento, si metteva spesso a tagliare colla daga fette dei suoi salami. Chi però mangia caca, e il nostro
Minetti provava non rado il bisogno di vuotarsi per poi riempirsi. E allora scendeva in qualche fosso a fare le occorrenze
sue. Ma, mentre era in simile posizione, fu visto un giorno da un ufficialetto, il quale, brandendo il suo spadino, si pose
a gridargli “vigliacco! hai paura!” - “Mi paura?” gli rispose il Minetti - “ch'el vegna chì e ch'el tasta se l'è molla o l'è
dura” -
5182. Appunti biografici su Clemente Maraini - Luganese, di famiglia oriunda però di Como. Forse da
Maraino - paesello presso Cernobbio. Era il maggiore di 14 figli, di cui 9 ancor vivono (1885). Prestiti fatti dal padre
di lui ad amici e non restituiti cambiarono l'agiatezza della famiglia in una quasi povertà. Clemente si diede a tutt'uomo
al lavoro. Aveva un parente ingegnere a Costantinopoli: questi gli fece proposte: Clemente ragrannellò 500 lire e disse a
sua madre Maria che voleva recarsi in Turchia dal cugino. La madre gli annunciò che il cugino era morto. Cl. non si
smosse dal suo proposito. Sul piroscafo che lo trasportava a Cos[tantino]poli fece conoscenza con un inglese, certo
Moore che simpatizzò presto con lui. Scesero allo stesso albergo. A C. non rimanevano che 200 lire. Moore gli chiese se
aveva trovato occupazione e, alla sua risposta negativa, gli domandò se voleva stendere una relazione in francese su una
concessione di telegrafi in Bulgaria stata data al Moore. Maraini accettò e in 5 o 6 giorni stese la relazione che gli venne
pagata 15 sterline. La relazione lo fece conoscere nel mondo burocratico turco ed entrare in rapporti con un bey, che gli
ottenne l'incarico di andare a misurare tra il Mar Nero e l'Asia Minore il corso di non so che fiume. Lo stipendio era
1000 franchi al mese, pagate tutte le spese. Maraini, con una squadra di trabuccanti, fece su una zattera il fiume e i
rilievi. Dormiva sulla zattera e sotto la tenda. Una sera si addormentò invece a terra, su di una terrazza. Una
violentissima febbre lo colse. Cercò di combatterla, non vi riuscì. Si fece allora legare su un cavallo e disse: al mare -
portatemi anche cadavere - Dopo 6 giorni fu al mare. A Cos[tantino]poli soppor una fiera malattia, ma la vinse.
Completato il lavoro che gli era stato affidato, ebbe proposte per la ferrovia dell'India. Era già sulla strada per recarvisi,
quando ad Aden ricevette lettere di casa che gli parlavano delle faccende d'Italia, delle vittorie contro gli austriaci, del
risveglio intellettuale ed economico che si credeva imminente. Tornò quindi in Italia. Fece da segretario a Bertani,
presso la Dittatura di Sicilia. Poi lasciò l'impiego e sposò (23 febbrajo 1862) l'Adelaide Pandiani colla quale si era
promesso fino da bimbo - era un sabato grasso. Sposò l'A. a Milano e partì con essa per Torino. Si recò quindi in
Abbruzzo ai lavori di quella ferrovia. Dall'Abbruzzo pensava di passare a Parigi, e già aveva colà, per mezzo dell'avv.
Zaccheroni, accaparrate due stanzette. Voleva a Parigi fare un corso alla scuola di arti industriali. Passando però da
Torino vi fu trattenuto dagli amici collaboratori del “Diritto”. E quì comincia la carriera politica di Maraini.
5183. Il “Diritto” giornale politico, organo della democrazia, passò per più mani. Ecco la lista delle sue
incarnazioni fino al 1879 - (I) Fondato da Depretis, De Boni ecc. in sostituzione del “Progresso” stato soppresso. - (II)
Scissasi la sinistra, il “Diritto” rimase a Depretis - (III) Poi fu comprato da Bertani, quand'era alla Dittatura di Sicilia
(IV) poi passò al Lemmi. - In seguito, per aver preso le parti dei piemontesi, nel fatto di [lacuna] decadde e vide caduta
la sua tiratura da diecimila copie a duemila. Essendone direttore Bargoni, vi fu persino un momento che Bargoni dovette
vendere l'orologio e la catena d'oro della moglie per stampare il numero: avanzategli 30 lire si recò a Belgirate, dove
ottenne da Cairoli 500 lire. I collaboratori del “Diritto” pensando che Maraini avesse molti denari (aveva allora circa
75.000 l.) lo eccitarono a comprare il giornale: essi vi avrebbero lavorato gratuitamente, ecc. Maraini si lasciò
persuadere e comprò il “Diritto” (V) per 30.000 lire. Ma appena fatta la compera, gli antichi collaboratori cominciarono
ad avanzare pretese: questi non v'avrebbe più scritto se non gli si pagavano i debiti, quello voleva anticipazioni di tre o
quattro mila lire, ecc. Maraini, per non perdere tutto, si diede, com'egli si esprime, a fare da boja e da appiccato, ossia da
direttore, redattore ecc. Cercò collaboratori di poco prezzo (e si dovrebbe anche aggiungere, di poco valore) e trovò il
Mussi Giovanni, allora impiegato postale a 120 lire al mese ed oggi prefetto. Maraini dominò il “Diritto” fino 1879, cioè
16. - Lo vendette in seguito al Civelli (VI) per 200.000 lire pagabili a rate, per cui, avuto riguardo agli sconti, non ne
prese che 180.000. Civelli lo trasmise ad Oblieght (VII) e questi lo ritornò a Civelli (VIII) - Otto quindi sarebbero a
tutt'oggi (1884) le incarnazioni del “Diritto”.
5184. P.U. L'attuale rettore (1885) dell'Università di * (secondo ne dice il Prof. Onorato Occioni) e che fu
altre volte rettore della stessa Università - certo sig.**, scontò sotto l'Austria (35 anni fa), cinque anni di galera a
Capodistria per falsificazione di firma. La famiglia ** è composta tutta di persone che ebbero sempre a fare colla polizia
e colla questura in qualità o di malfattori o di spie - Contuttociò, il ** è rettore, è presidente dell'Accademia scientifico-
letteraria di Venezia, fu premiato dall'Accademia de' Lincei per una sua Storia di Carlo V. - roba abboracciata ecc. -
5185. (maggio 1885) Mommsen, invitato ad una pomposa colazione, data in suo onore, dal principe di Venosa
(Ludovisi-Boncompagni) si most a tavola, contro il suo solito, taciturno e aggrondato. Dopo colazione, il principe
circondato da archeologi ed altri scienziati, presentò a Mommsen parecchie fotografie pregandolo di accettarle. Erano le
fotografie della celebre villa Ludovisi, dalle piante trisecolari - “villa, che, come sa” - così disse il Venosa allo storico
tedesco - “dovrà presto scomparire”. Venduta, aggiungo io, dal Ludovisi per farne inconditi falansteri di 6 piani. E
vedendo che Mommsen rifiutava, accigliato, colla mano, quelle imagini “ma le prenda, professore, è un ricordo…” -
“Non sapevo - rispose severamente Mommsen - che i principi Ludovisi si facessero fotografare le proprie vergogne.” Il
Venosa rimase a bocca aperta. Pareva fulminato.
5186. Don Giuseppe (Don Giuspin), prete che andava a dir messa a Villa-lunga possedimento di casa Pisani
Dossi, aveva le saccoccie lunghissime e foderate di cuojo. In esse finiva tutto quanto su cui metteva mano; vi versava
perfino la minestra di riso e fagioli preparata pel desinare dei contadini - Altro prete, tra il pedagogo e il servitore, era il
sacerdote Amaretti, che dava settimanalmente le classificazioni alle sue allieve, Elena, Angioletta e Carlotta Pisani, in
versi.
5187. In mezzo alle coercizioni più odiose e alle continue offese alla libertà e alla dignità umana, la polizia
pontificia di Pio IX concedeva in Roma agli artisti licenza sfrenata. Gli artisti potevano impunemente raccogliersi in
piazza vestiti nelle foggie p strambe e traversare le vie, schiamazzando ed urlando e facendo persino le fucilate di
gioja.
5188. Uno fra i molti tratti antipatici del mediocrissimo Depretis è quello di obbligare la moglie, ancora
giovine e bella, a dormire nella sua stanza. Vecchio, pieno d'acciacchi e di sudiciume, Depretis passa il giorno e la notte
tra i fazzoletti intabaccati, gli sputini, i cataplasmi, i pitali, e la sua signora deve subirseli.
5189. *, già segretario nel Ministero di grazia e giustizia, gran protettore delle ballerine e delle cantanti,
appassionato de' viaggi in pallone, e fornitore di carne fresca a Vittorio Emanuele. Frequentando, sempre per ragione
della sua duplice professione, il palcoscenico dell'Apollo, venne un ordine del Sindaco di non lasciare più entrare sul
palcoscenico persone estranee. Che fa lo *? Si arruola come pompiere (notisi che a Roma, pel modo raccogliticcio con
cui il corpo de' pompieri è formato, non è difficile di farvisi inscrivere) e si fa destinare al Teatro Apollo. - L'uniforme
de' vigili gli giovò poi anche per salvarsi dai creditori quando era ancora in vigore la prigione pei debitori. E ciò, perchè
la legge non permetteva che un cittadino in uniforme fosse arrestato. Cosicchè * si recava sempre all'Ufficio vestito da
pompiere. - Scomparve in seguito da Roma, e dopo non molto tempo lo si vide al Cairo d'Egitto, guidando una
magnifica pariglia di cavalli attaccati ad uno splendido phaéton, di cui forse non era suo neppure il pignone d'una ruota.
5190. Nonno Carlo e suo figlio Gaetano discutevano taluna volta di diversi argomenti e si trovavano spesso in
disaccordo. Bevendo tutti e due largamente mentre discutevano, le loro dispute si facevano rumorose e letichine. E un dì
il cozzo delle opinioni fu tale, che nonno Carlo si alzò di botto, dicendo: sfidiamoci. E prese due fioretti senza bottone e
ne offerse risoluto uno al figlio - Se questi non fosse stato allora colto da un accesso di riso, la lite sarebbe finita in un
parricidio -
5191. Quando la Sinistra arrivò al potere nel 1876, fu un allarme fra tutti gli impiegati appartenenti alla Destra.
Giacomo Malvano era allora direttore della sezione commerciale al Ministero degli Affari Esteri. Abitava al foro
Trajano nella casa dove teneva i suoi uffici “Il Diritto”. Si recò - come al solito - piagnucolando e spaventato da
Maraini, chiedendogli chi sarebbe stato il ministro e raccomandandoglisi. Maraini gli annunciò come ministro dell'estero
Melegari; poi parlò di Malvano a Depretis. Anzi, dovendo Melegari arrivare la mattina seguente, Maraini si re a
prenderlo alla stazione e gli tenne subito parola di Malvano. Melegari promise di tirarselo presso e infatti fece così - e
Malvano diventò capo-divisione degli Affari politici - Quando poi Cairoli fu assunto al Ministero dell'Estero, eccoti
ancora Malvano da Maraini a raccomandarsi, esprimendogli il desiderio di presentarsi in un collegio elettorale e di
ottenere il segretariato generale degli Esteri. Maraini ne parlò tosto a Cairoli. Ma questi rispose di avere già precedenti
impegni col conte Maffei, il noto sciocco. Data la risposta a Malvano, costui si pose letteralmente a piangere. Maraini
ritentò la raccomandazione con Cairoli, e allora, allo scopo di aquietare Malvano, si creò per lui la direzione degli affari
politici. - Non fu crisi politica dal 76 al 85 in cui Malvano non si recasse a piagnucolare giudaicamente da Maraini.
5192. Quando * - altra fama usurpata - è incaricato di missioni dal governo per l'estero, usa farsele pagare da
due o tre ministeri. Approfitta della missione per rimontare di vesti e d'oggetti e tutta la sua famiglia. Ogni volta,
compera nuove sacche e bauli, sempre a conto dello Stato, poi giunto sul luogo della missione, aquista parapioggia,
orologi, abiti ecc. per tutti quelli di casa, sempre a conto, come sopra. Gode di forti diarie e con tutto ciò lascia la nota
dell'albergo a carico dello Stato - Il *, inoltre, è vanitosissimo. Per un articolo di giornale, leccherebbe le scarpe del
giornalista laudatore. Ed è per gli articoli da gazzetta, che nonostante la sua avarizia giudaica, cede a ricatti d'ogni
genere.
5193. Cesare Correnti - Gli era morta l'unica figlia già grandicella. Stette undici anni senza poterne mettere
insieme un'altra, avendo inutilmente ricorso alle aque più prolifiche di Europa. Finalmente - avvenne una rivoluzione
parlamentare (dicembre 1867) in cui, Correnti, contrariamente a quanto aveva fatto sino allora, votò coll'opposizione. E
il Ministero cadde, per un solo voto di maggioranza contraria, il suo. Correnti ne restò sorpreso, confuso, indispettito
e venne ad una tale agitazione d'animo - come se non il Ministero ma l'intero mondo fosse caduto - che… - 9 mesi dopo,
sua moglie partorì l'Adelaidina.
5194. Correnti, incoerentissimo. Frequentava i convegni del “Diritto”. Stavasi per comporre un nuovo
ministero. Correnti scrisse un articolo contro tale combinazione, così violento che Maraini dovette temperarlo sulle
bozze. Di ciò Correnti si offese e l'articolo non si pubblicò. Ma che avvenne? Il giorno appresso Correnti accettava
scetticamente di entrare - come ministro della pubblica istruzione - nel Gabinetto da lui osteggiato - Pressapoco successe
così all'epoca del macinato. Correnti, strettosi con Maraini e Depretis lesse loro un discorso contro la nuova imposta. Il
discorso era denso di forti frasi e per la forma felice dovea fare grande impressione nell'animo degli ascoltatori. Del che
Correnti si accorse leggendolo e se ne spaventò: disse quindi: sarà meglio che io non parli - e offerse il ms. a Depretis.
Depretis lo prese tosto e lo intascò. Mancavano due giorni alla discussione parlamentare - due giorni di continui
pentimenti e ripentimenti da parte di Correnti. Venuta la discussione, il deputato Depretis tenne, contro il macinato, un
discorso in cui erano tutte le idee di Correnti ed anche le frasi. Finito che ebbe, Correnti domandò la parola, e disse, a
sua volta, un discorso in confutazione di quello di Depretis, ossia del suo, e votò a favore del Macinato e del Ministero.
5195. Epoca degli agostiniani - e del terzo partito (novembre 1876) - Una sera erano riuniti nell'ufficio del
“Diritto” Depretis, Medici, Bixio, tutti pezzi d'uomini grandi e grossi. Si annunciò una rappresentanza del terzo partito
per concertarsi. Entrò. Era composta dei deputati Salvagnoli, Alippi e Pasquali, tre omettini. Il contrasto suscitò l'ilarità.
Salvagnoli cominciò a parlare di certa erba che egli adoperava per guarire certi dolori in un braccio: Depretis parlò di
non so quali altri rimedi per le gambe: Bixio citò uno specifico per il culo e così si parlò di malanni e cerotti sino a
mezza notte, ora in cui la radunanza si sciolse. Il giorno dopo, tutti i giornali si occupavano su tutti i toni della famosa
intervista e delle importanti vedute che vi si erano scambiate.
5196. Ad un ispettore di p.s. di Milano mio conoscente, si presentò un una donna, lagnandosi di suo marito
parrucchiere che la trascurava, lei e i suoi quattro figli, per una altra femmina più giovine. L'ispettore chiamò il
parrucchiere e gli fece un predicozzo, rammentandogli i suoi doveri maritali ecc. Il parrucchiere si mostrò meravigliato
delle lagnanze della moglie, dicendo che questa sapeva benissimo che aveva sempre qualche altra donna per le mani e
ne aveva già passate quaranta o cinquanta. L'ispettore non arrivava a capire che razza di difese facesse di il
parrucchiere: “ma si spieghi” gli fece. “È subito spiegato - rispose l'interpellato con calma - capirà benissimo, S.
r
Ispettore, che colla forbice non c'è troppo da guadagnare. Ora, io ho moglie e quattro figli e bisogna che li mantenga. Ho
però anche la fortuna - non faccio per vantarmi - di un cazzo a tutta prova. Ci sono tante vecchie che ne hanno bisogno,
poverette! ed io vado - mediante un congruo pagamento, a contentarle. Posso assicurarle in coscienza - signor Ispettore
(aggiunse il parrucchiere, mettendosi la mano sul petto) che i miei quattro figli li ho tutti tirati-su “colla punta
dell'uccello” - Il parrucchiere infatti faceva il chiavatore di vecchie. Ne aveva 4 o 5. Serviva una al lunedì, l'altra al
martedì ecc. e prendeva qua due, tre lire. Da una cinquantenne levatrice si recava tutti i venerdì. Entrava
rispettosamente nella sua camera. “Come sta, Signora?” chiedeva ecc. La vecchia era [a] letto. Egli le sollevava le
coperte. Era già pronta con le gambe allargate. Il parrucchiere la contentava in pochi minuti, poi si pigliava le tre lire,
già preparate sul comodino: la salutava ossequiosamente e spariva - La gelosia improvvisa di sua moglie dipendeva solo
da ciò, che lei, sapendo come tra la di lui clientela di vecchie fosse entrata una giovine, temeva che si sciupasse pel
gusto di paidopoeìn con essa l'istrumento de' suoi guadagni domestici.
5197. Correnti non vuole amici, ma servitori. Non riescono con lui che le persone sfacciate e avariate.
5198. Thalak, interprete di lingue orientali presso il Ministero degli Esteri, di nazionalità croata e già al
servizio dell'Austria. Quando fu a Vienna, imperando Ferdinando, fu multato dal governatore della città, come reo di
portare un nome che non poteva, secondo il d[etto] governatore, che essere preso a prestito (!). Thalak gli osservò che,
in croato come in sanscrito, il suo nome era onomatopea del rumore della spola del tessitore e significava appunto
quanto in tedesco si chiama “Weber”. “Et alors - gli disse il conte - pourquoi ne vous appellez pas Weber?”
5199. Un vecchio milanese non era mai, ne' suoi settant'anni, uscito dal “dazio” ch'egli considerava come le
colonne d'Ercole, di di cui c'era la terra ignota. Arrendendosi finalmente alle preghiere insistenti di alcuni suoi amici
che gli dicevano che almeno una volta, prima di morire, doveva vedere la sua città anche dal di fuori, il vecchio si recò
con essi a fare un pranzetto all'Isola Bella. Usciti dalla trattoria, scoppiò un temporale con tuoni, lampi, grandini e un
rovescio di pioggia. I suoi amici, più giovani e più svelti, si posero a correre verso la porta della città e si ripararono
sotto l'arco. Il vecchio tutto spaventato, borbottando, bestemmiando, zoppicando, tenne lor dietro e li raggiunse sotto il
voltone. E le sue prime parole furono: “Ah per me non mi lascio più prendere a viaggiare per l'Europa!” L'aneddoto si
potrebbe applicare alla farsa attuale (1885) di Massaua, di cui si parla come se si trattasse del globo intero e da cui il
governo italiano, che vi andò a contraggenio, non vedrebbe l'ora di ritirarsi.
5200. L'avv.
to
Francesco Crispi-Genova, esule a Torino, scriveva nel “Progresso”. Direttore del giornale era
Correnti con 100 lire al mese: amministratore Depretis. Crispi prendeva 50 lire al mese per la cronaca e le notizie varie:
Seismit-Doda, 5 lire per articolo e Spaventa 10. I libri d'amministrazione del “Progresso” sono oggi (1884) posseduti da
Maraini. Fu Crispi che fece decidere l'impresa di Sicilia, mostrando dispacci falsi da Marsala che annunciavano la
continuazione, anzi l'aumento della rivoluzione siciliana, mentre, in verità, era già cessata. L'impresa riuscì poi per un
complesso di circostanze casuali. A Napoli si conoscevano per filo e per segno i preparativi della spedizione: il nome de'
due piroscafi ad essa destinati (“Piemonte” e “Lombardo”) e il numero dei componenti la spedizione (Fonte della
notizia - il capo di gabinetto del Principe di Castelcicala che fu vicerè di Sicilia dal 1854 al 1860). Il fratello
dell'Acton, che fu ministro della marina del regno d'Italia, trovavasi nei mari di Sicilia con tre corvette, pronto a calare a
fondo le due navi garibaldine. A Trapani si accasermavano 2000 Soldati borbonici e 2000 a Messina. Altri 3000 a
Napoli - (truppa bavarese) stavano preparati a recarsi nel punto necessario sia della Sicilia, sia della Calabria, poichè un
telegramma avvertiva che la spedizione sarebbe sbarcata sulle coste càlabre. Ora, mentre attendevasi a Napoli la notizia
dell'affondamento delle due navi garibaldine, giunse quella che due bastimenti da guerra inglesi si erano messi fra le
caravelle di Acton e il “Piemonte” e il “Lombardo”. Furono tosto spedite truppe da Napoli. Il generale Lanza (?) che le
comandava partì dicendo “coi rivoluzionari avrei combattuto… ma, cogli inglesi, come si fa? avremo tutta l'Europa
addosso”. Protetti dalle navi inglesi, i garibaldini sbarcarono a Marsala. Accoglienza glaciale. Si diressero alle parti
montuose dell'isola. A Calatafimi incontrarono le truppe di Lanza e di altri. Grandinavano le palle. Si comandò ai
garibaldini di gettarsi a faccia in terra. Unico Garibaldi stette in piedi. Ciò contribuì alla vittoria. Un successo chiamò
l'altro. Il panico cominciò a propagarsi fra le truppe borboniche. A Palermo, il panico fece, in una quindicina di giorni,
sparare inutilmente centomila fucilate. Le cause del panico, erano talvolta ridicole. Un giorno, per es., un soldato
d'ordinanza puliva un fucile carico, il quale sparò. Al colpo rispose, dalla vicina caserma, un fuoco di fila: e ne seguì
uno dal corpo di guardia del Palazzo Reale, e così si seguitò tutto il giorno. - Il Borbone voleva mandare altre truppe in
Sicilia. Nunziante lo dissuase additandogli il pericolo di uno sbarco nel napoletano. - Il ministero del borbone d'allora
era mite, compreso Maniscalco, amatissimo dal popolo. Esso non fece fucilare che il Bentivegna (?) soldato ribelle
preso colle armi alla mano e si noti che ciò avvenne soltanto per ordine di un ministro, il Filangeri, duca di Satriano,
inclinando il resto del ministero alla grazia. Gli italiani invece, cogli abusi della legge Pica, fucilarono ben 7000
contadini napoletani, parte, è vero, briganti, ma parte innocentissimi. Non si fucilò mai tanto dai governi tiranni dei 7
stati d'Italia negli ultimi cinquant'anni, quanto dal governo italiano nella campagna contro il brigantaggio.
5201. Fino al 1860, Crispi non fu che una figura secondaria. - A Torino, Nicotera, Corte e Crispi erano riuniti a
tavola in casa di Crispi colla 2
a
moglie di questi, la Montmasson, per mangiare dei maccheroni che lo stesso Nicotera
aveva cucinati. La zuppiera era appena in tavola e già Nicotera stava colle due forchette per servire i maccheroni,
quando si apre a un tratto la porta ed appare infuriata una donna. Era una siciliana, antecedente amante di Crispi e
dicono moglie. Essa prese a due mani la zuppiera e la scaraventò in faccia a Crispi, che restò - tutto confuso - coi
maccheroni appiccicati alla barba (Fonte Maraini).
5202. Essendo ministro in Francia Casimiro Périer (1838) si trattò di istituire un consolato francese a Milano.
La proposta trovò opposizione da parte del governo austriaco, il quale temendo che quel consolato non servisse a
fomentare le idee liberali in Lombardia, scriveva: “non capire come si pensasse ad istituire un simile consolato in
Milano, città che non era mai stata, era, sarebbe mai commerciale. Metterne uno a Trieste, poteva andare, ma a
Milano!” ecc.
5203. Si potrebbe fare uno studio di raffronto tra il principe di Metternich e Agostino Depretis. Sono entrambi
politici dai piccoli mezzi che essi reputano valere quanto i grandi. In essi la furbizia fa sufficentemente bene le parti del
genio.
5204. Artisti. - Loro ignoranza crassa. - Giuseppe Grandi chiama per es. la Venere di Milo - la Venere dei
Mille. - Lo scultore Magni a malapena sapeva scrivere il suo nome e si firmava Magnani etc.
5205. Luigi Bodio - statistico. Suo padre era chincagliere e teneva negozio sotto il Portico dei Figini,
sull'attuale piazza del Duomo di Milano. Era uomo tagliato all'antica, rigidissimo, di una onestà eccezionale. Di que'
mercanti che credono, vendendo, di fare un favore agli avventori, egli trattava sempre d'alto in basso i suoi clienti. Nello
stesso tempo si affannava a mostrar loro i difetti dell'oggetto che essi avevano scelto. Atterrato il “coperto” de' Figini, si
trovò uomo perduto e non riaprì più bottega. Pur, tutti i giorni si recava in Piazza del Duomo a guardare il luogo dove
già sorgeva il suo negozio evolle esser trasportato poco tempo prima di morire per darvi un'ultima occhiata - Il padre
Bodio era poi uomo che faceva conti mentali (proporzioni, equazioni di grado, ecc.) con una straordinaria facilità.
Avea una mezza dozzina di aforismi che gli servivano per tutti i bisogni della vita morale; fuori, oltre ad essi non
andava. E tenea una superstiziosa venerazione per la teologia, che, naturalmente, non sapeva manco che fosse. Quando
suo figlio Luigi tentava di persuaderlo di qualche cosa nuova, egli rispondeva: Provati a domandar questo a un teologo -
Ogni abitudine gli s'inveterava sifattamente che messosi un vestito non trovava mai il momento opportuno per smetterlo,
cosichè spesso finiva a trovarsi, d'estate, col paletot col pelo, d'inverno in tela e col cappellino di paglia. - Luigi Bodio e
il fratello abbandonarono presto la casa paterna. Bodio, che avea la vocazione per le matematiche, voleva far
l'ingegnere. Essendosi a ciò opposto il padre, cominciò la carriera delle lettere, poi si addottorò in leggi e procedette per
la carriera dell'insegnamento. E scelse l'insegnamento della statistica, cosichè, per la via di questa tornò alle
matematiche, sua vocazione - Quanto al nonno di Bodio, egli voleva che studiassero i soli suoi figli che dovevano
andare a prete; per gli altri doveva bastare un po' d'abachino e un po' di gramatichetta. - Bodio ha due manie, quella di
far regali, e di aver belle serve.
5207. Mariano, filosofo di professione, vanitosissimo - la cui scienza è piombo per il peso e flati per la
consistenza, ha uno staffile con cui somministra egli stesso le correzioni alla figlioletta, una cara bambina - E la batte
crudelissimamente, facendole denudare le chiappine. La bimba ha terrore del filosofo padre.
5208. * - altro professore di filosofia morale all'Universi di ** (1884) chiacchierone senza fondo e senza
sostanza. Chiede 600 lire a prestito da un collega (De Ruggiero) domandandogli di lasciargliele prendere sulla somma di
stipendio che il collega ha ancora nella cassa dell'università. Il collega gli risponde per lettera che è spiacente di non
potere esaudire il suo desiderio poichè ha il fitto che scade, ecc. * colla lettera di De Ruggiero va di filato dal cassiere e
gli dice “il collega Ruggiero mi ha autorizzato come vede (e gli squaderna la lettera sotto il naso senza dargli tempo di
leggerla) a prendere le 600 lire che ha nella cassa - Il cassiere, contentandosi di vedere la firma del Ruggiero e
trovandosi dinanzi ad una affermazione di un professore di università - gli paga la somma. - Lo stesso *, quando
Baccelli ordinò lo scioglimento del Museo didattico esistente nell'Università e il suo riparto fra altri istituti, si prese per
dal museo parecchi oggetti - e tra questi, un pendolo e un tappeto - *, seccantissimo ne' suoi discorsi, li comincia
spesso con questa frase “non farò parole inutili”. Allora taccia - gli disse una volta Occioni.
5209. *, giornalista, professore, deputato - di facile parola ma di poca dottrina e di minore ingegno - uomo
senza carattere, avido, sfacciatissimo. Cambia parere a seconda di chi lo paga e piglia da tutti. Oggi scrive a Mancini
lettere servili per essere scelto come rappresentante tecnico dell'Italia alla conferenza del Congo e perchè Mancini non
lo può scegliere, 15 giorni dopo attacca alla Camera il ministro e gli dell'asino, parlando di lui. Quando Telfener il
milionario comparve a Roma, * lo circondò e gli fece fondare con 40.000 lire la Sezione commerciale (presso la società
Geografica), la quale avrebbe dovuto inaugurarsi con una mostra di campioni. Questa mostra era fatta per render
necessario, prima un magazzino, poi un apposito edificio, il cui secondo piano doveva naturalmente esser riservato
all'abitazione del direttore del Museo cioè di *. Come primi campioni, fece venire casse di carbon fossile (mentre ne
sarebbero bastati de' pezzetti) tronchi d'albero ecc., e tutto a grande velocità con una spesa enorme. Da Parigi fece
arrivare 10 fazzoletti di nessun valore, racchiusi in un armadio a vetri con raggere d'ottone ecc. - Quando si trattò della
Riforma del codice commerciale, * si fece incaricare di raccogliere termini di paragone tra i vari codici stranieri. *,
sfacciatamente, presentò un lavoro tutto cifre ed indicazioni… errate. Mancò poco che il Ministro Zanardelli non
basasse sullo stesso la sua relazione. Il caso fece scoprire un errore. Rimesso ad esame il lavoro di *, si dovette
interamente rifarlo. - * era direttore del “Giornale **” . Persuase *** ad aquistarlo, dopo di aver riscosso per tutti gli
abbonamenti dell'anno che stava per cominciare.
5210. Il ritratto di Ernesto Cairoli, disegnato a matita da Faruffini - di cui io posseggo (1885) l'originale - fu
litografato dalla Lit. Armanino di Genova. Reca la data del 26 luglio 1859 e la dedica: Alla Nobil Donna Adelaide Bono
Cairoli - madre affettuosa di quattro propugnatori dell'Italica Libertà - questa imagine del figlio Ernesto eroicamente
caduto - alla battaglia di Varese, 26 maggio 1859 - Ing. Giovanni Ferrari d. d. d. - La litografia non porta la firma di
Faruffini.
5211. Molte scoperte che l'archeologo francese signor Mariette diede per sue e che appajono pur troppo come
tali anche nei libri stampati dall'italiano Luigi Vassalli sotto il geloso controllo di Mariette, furono invece di Vassalli.
Tra queste scoperte, c'è da annoverare quella della tavola funeraria di Zacarah che fu un avvenimento nel mondo degli
egittiologi facendo conoscere cartelli reali sconosciuti della 4
a
dinastia. Il trovamento così avvenne. Si lavorava a
Zacarah per sgombrare non so qual tempio. A sera, le squadre dei lavoranti e insieme a loro i due direttori, Mariette e
Vassalli (quest'ultimo subalterno del primo), lasciavano il luogo del lavoro e si recavano agli alloggi. La strada era
scoscesa, piena di pozzi e di buche. Una sera, Vassalli, precedendo di qualche centinaja di passi Mariette inciampò in
una pietra. Si chinò e vide il frammento di un cartello reale che lesse. Trattavasi del nome di un re della IV dinastia.
Chiamò con un grido Mariette annunciandogli la importante scoperta. Si riunirono tosto, quanti si potè, degli operai che
tornavano a casa e scavando presso al frammento scoperto, se ne trovarono altri. Ripreso poi lo scavo la mattina
seguente, la celebre tavola di Zacarah era, prima di sera, tutta in luce. - Eppure Mariette nelle sue opere non cita
nemmeno Vassalli, quantunque non faccia in gran parte che riprodurre relazioni e memorie di questi. Non solo - ma le
120 tavole che corredano l'opera francese furono, salvo le poche fatte dal Deveria, disegnate tutte dal Vassalli, mentre il
nome del pittore - ed archeologo nostro non figura che nelle ultime otto. E figura in queste, perchè un giorno, a pranzo,
avendo Mariette chiesto a Deveria se fosse contento di come erano riusciti litograficamente i suoi disegni, Deveria
rispose mancarvi il suo nome. Che però, avendo fatti que' disegni sotto la sua responsabilità, voleva che il nome vi
apparisse, anzi minacciando di un processo Mariette se non ce lo metteva - Mariette si trovò dunque obbligato a far
rifare le tavole di Deveria, e, nello stesso tempo, per ogni buon conto, pose anche il nome di Vassalli nelle ultime tavole
che restavano ancora a stamparsi. - Mariette in Egitto non faceva che l'interesse della Francia. Vassalli tentò dal suo
canto, quanto potè, per contrabilanciarlo facendo l'interesse dell'Italia. Difatti, i migliori crani di mummia raccolti da
Vassalli si trovano al Museo Civico di Milano. Vassalli era stato pregato da Cornalia di raccogliergliene. Egli ne aveva
chiesto il permesso a Mariette, che, non comprendendo l'importanza di simili collezioni, glielo aveva facilmente dato.
Senonchè la cosa fu avvertita da uno scienziato francese che la segnalò a Quatrefages. Piovvero lettere dal Governo
francese e dallo stesso Napoleone III al Kedive con invito di serbare tutti i crani che si trovassero, pel Museo
antropologico di Parigi. Vassalli dovette restituire tutti quelli che avea già raccolti e classificati (e li restituì dopo di
averli spogliati da ogni indicazione scritta) ma ne sottrasse i migliori che mandò a Milano e così continuò a raccoglierne
per conto suo, pagandoli ½ tallero ciascuno - Quando poi, nel 1870, Parigi si trovava assediata dai prussiani e i francesi
avevano momentaneamente perduta ogni influenza in Egitto, Vassalli scrisse al suo amico Maraini di Roma, dicendogli
che se il governo italiano esprimesse al Kedive il desiderio di completare i suoi musei di antichità egizie, egli
impegnavasi di mandare in Italia una nave carica della miglior roba esistente nei magazzini archeologici di Boulag. E
ciò non sarebbe costato un soldo all'Italia. Maraini si affret di presentare e caldeggiare la proposta di Vassalli a
Correnti e a Visconti Venosta che l'approvarono ma… non fecero nulla. Scioltosi poi l'assedio di Parigi, Mariette tornò
in Egitto, e non vi fu più possibilità per la spedizione ideata da Vassalli. Notisi che il console Drouet, anteriormente,
dopo di aver offerto una sua raccolta di antichità egizie alla Francia che la rifiutò, la offrì al Piemonte, il quale la
comperò subito per 300.000 lire, formando con essa quel Museo torinese che oggi vale molti e molti milioni. -
5213. Vassalli, sovrintendente agli scavi in Egitto, cavò da una piramide a Menfi, due statue di calcare colorato
di due principi della III dinastia. Si trovavano nel cuore della piramide e ad esse si giungeva per un lungo corritojo.
Atterrate le pietre che chiudevano la porta del corritojo, apparvero in fondo le due statue sedute che parevano vive,
poichè i loro occhi di cristallo di rocca, raccogliendo la luce che veniva dall'esterno, sembrava guardassero. Gli operai
arabi si diedero a fuggire, gridando che c'era il diavolo. Vassalli entrò solo. Estratte quelle statue furono fatte
fotografare. Qualche anno dopo, il prof. Panceri, egittiologo, trovavasi al teatro del Fondo a Napoli. Vi cantava la
Selene Bignami Rebora. A Panceri sembrò di averla già vista altra volta ma non sapeva racapezzarsi dove. Tornato a
casa, ito a letto, rifrugando nella mente, si ricordò della fotografia della statua della principessa Nefrid, che gli aveva
data Vassalli. Si fece allora presentare alla Bignami e la persuase a lasciarsi fotografare con una acconciatura simile a
quella della statua. La rassomiglianza tra le due faccie apparve nella sua pienezza. La statua di Nefrid di 6000 anni
prima sembrava il ritratto della Selene Bignami.
5214. (R.F.) Can, paisan, Pisan, sara mai i port coi man - proverbio dell'Oltrepò. - Dall'album delle pubbl.
matrimoniali di Milano (11 ott. 1885) “Oleario de Bellagente Ercole con Volpi Marcellina, agiata” - Una Oleario de
Bellagente nobildonna di famiglia decurionale pavese sposò il nonno di mio nonno -
5215. (1885) Secondo lo Statuto del Regno d'Italia, ci dovrebbe essere un re. Oggi ne abbiamo due, come nello
Siam. Il secondo è Depretis. Come l'altro, difatti, egli è al sicuro d'ogni voto parlamentare, sia questo pure contrario: non
cade al cadere dei Ministeri, anzi ci pensa lui a farli cadere, si volge a destra o a sinistra secondo il vento della
maggioranza parlamentare, nomina i ministri, è inviolabile rispetto alle pubbliche stampe, e già si aria di tirannello e
di reazionario. E questo secondo re è più potente del primo.
5216. Nel 1849, salvo errore, fu ministro dell'interno in Piemonte un s.
r
Pernati, che impose il riposo festivo ai
negozianti. S'iniziò allora in Torino il costume e qualche tempo durò, ossia finchè durò il decreto Pernati, di aprire alla
festa la porticina posteriore delle botteghe, acciocchè gli avventori vi potessero entrare a fare egualmente le loro spese. I
giornali umoristici fecero grandi risa intorno al Pernati che apriva il didietro ai torinesi, e le porticine postiche dei
negozi si chiamarono per qualche tempo le “pernatiche”.
5217. (1884-85). Intorno a Depretis si formò il cosidetto quadrilatero napoletano, composto da Nicotera - De
Zerbi - Bernardino (Grimaldi) e San Donato. Tra essi si muove come sensale il Fàzzari. Se potessero arrivare al potere,
spadroneggerebbero il napoletano e lo spoglierebbero come lupi affamati.
5218. L'agosto 1885 lo passai a Roncegno nel Trentino. Vi ho fatto qualche bagno d'aqua arsenicale che non mi
giovò. - Il Trentino è schiettamente italiano nella lingua, nel costume, nelle aspirazioni, nei prodotti stessi del suolo. Vi
si odia l'austriaco come prima del 1859 in Lombardia. Nelle solennità di casa d'Austria (onomastico od anniversario
dell'imperatore ecc.) la popolazione, benchè di sentimenti religiosi, diserta la chiesa e lascia che i preti vi sacramentino
da soli il tedeum. La popolazione è simpatica e intelligentissima. Incontrai però non pochi campioni di rachitismo e di
storture. Le donne vi sono brutte, condizione indispensabile per potere, con successo, fare una cura ricostituente la quale
prescrive anzitutto l'allontanamento degli eccitamenti sessuali. Tornando all'odio contro l'Austria, in Trentino quando si
pronuncia il nome di Francesco Giuseppe, lo si accompagna solitamente colla frase “per la disgrazia di Dio e distruzione
de' suoi popoli imperatore”. Vi ha rivalità fra trentini e tirolesi. I primi non vogliono saperne dell'espressione “Tirolo
orientale” con cui si battezzò il loro territorio: e negli avvisi, ecc. mettono sempre “stabilimento… tale - nel Trentino”,
non mai “nel Tirolo”. I cacciatori così detti tirolesi che formano il nucleo della guarnigione in Trentino, sono per la metà
del paese, e sarebbero pronti, alle prime fucilate cogli italiani, a far fuoco addosso all'altra metà, i tirolesi. A Borgo, il
teatro è solitamente vuoto. Le compagnie comiche quando vogliono riempirlo hanno però un mezzo infallibile: dare cioè
una produzione in cui o si tratti di cose italiane o il cui autore sia un patriota. Così fu data a pieno teatro rimbombante di
applausi l'Agnese perchè di Cavallotti, la Disfida di Barletta, perchè ricordava una battosta agli stranieri e sopratutto il
Disastro di Casamicciola, perchè, nell'ultima scena, come in una apoteosi, appariva la figura di Re Umberto che
distribuiva soccorsi. La polizia più non permise poi questa produzione che nelle ultimissime sere della residenza di una
compagnia drammatica. - Nel Trentino il suolo grano bastante per 5 mesi e vino per tre o quattro anni. La viticoltura
va quindi sostituendosi alla coltura de' cereali. Altrevolte vi fioriva la filatura delle sete: oggi le filande sono quasi tutte
chiuse. C'è una vena di carbon fossile a Castelnuovo - Caratteristiche esterne, i campanili a foggia di turbante turco e
coperti di zinco, lucicanti come soli a grandi distanze; stufe grandissime di mattoni verniciati. Lenzuoli e coperte
impossibili per la scarsezza. Arrosto colle prugne allo zucchero per contorno ecc. - Le contadine di Roncegno, quando
hanno chiesto qualche soldo al forastiero che passa (e generalmente lo chiedono tutte) e vedono che il passante cava il
borsello, non baciano la mano al benefattore ma a stesse - A Borgo (Arena Unione) il 20 agosto 1885 si
rappresentava oltre l'Agnese di Cavallotti un “grazioso balletto figurato con 20 signorine di Borgo che gentilmente si
prestano”. - A Borgo “Vendita di carne fina e di salami”. - A Pergine è un manicomio che raccoglie tutti i pazzi del
Trentino e del Tirolo e ne guarisce molti. - Al Confine italo-austriaco, tra Peri ed Ala (31 agosto 1885) gli austriaci
hanno piantato il loro bravo palo dipinto di giallo e di nero: noi non abbiamo osato pingere il nostro che in rosso - rosso
di vergogna.
5219. Cinque o sei anni or fa (1885) fu trovato presso Tevere un anello d'oro massiccio a foggia di una dàga
piegata e di uno scudo, coll'iscrizione M. V. AGRIPPAE e sotto MAECENAS -
1 fulmini
2 alloro
3 testa di Icone ad alto rilievo
4 probabilmente delfini in memoria della battaglia
d'Azio
Il V. (Vipsanius) posto dopo M. - darebbe forse qualche sospetto sull'autenticità dell'anello, essendo noto che M.
Agrippa non amava di ricordare la famiglia oscura dalla quale era uscito (Vedi Seneca, controversie). L'anello,
trafugato, passò, pare, nelle mani del celebre ricettatore di roba archeologica * ma, per quanto il M[iniste]ro della P.I.
facesse, non potè più rinvenirlo. Passò, dicesi, all'estero, benchè un orefice affinatore, presso il quale era corsa la voce
trovarsi l'anello, abbia risposto alla giustizia inquirente, di averlo liquefatto… (squagliato). Esiste ancora però la
forma in gesso dell'anello presso un tale Bajocchi. Io ne ebbi in mano un esemplare di cera. Fiorelli - al quale feci
mostrare l'impronta cerea dell'anello, lo giudicò bellissimo e singolarissimo e sincero. Maraini che ne aveva pure un
esemplare intendeva di farlo fondere in bronzo dalla fonderia Nelli.
5220. Epitafi dettati dal Dossi nel nov. 1885. - Pel maestro Edoardo Perelli: Edoardo di Giovanni Perelli -
milanese - dalle musicali terrene armonie - di cui fu interprete, compositore, maestro - egualmente insigne - passò alle
armonie del cielo - il XXVII giorno del luglio - MDCCCLXXXV - (linea) La moglie Maddalena Tencajoli - e il fratello
Luigi - quì ne composero lagrimando la cara spoglia - Per la mamma del mio Conconi: Amalia Conconi Gamba - moglie
e madre elettissima - quì nella pace riposa - che a' suoi tolse morendo - (linea) N. il [lacuna] - M. il [lacuna]
MDCCCLXXXV.
5221. 1885 maggio-giugno. Amici comuni tentano, in previsione di una uscita di Mancini dal Ministero, una
combinazione Depretis, Crispi, Zanardelli. Crispi è però sospettoso e a ragione. Difatti, qualche anno prima, Correnti
erasi recato da lui per proporgli, a nome di Depretis, di entrare nel Ministero e gli aveva fatto promesse. Ma nulla
avvenne. Crispi credette di essere stato scientemente ingannato e andò su tutte le furie. Era stato Correnti, che, forse a
fin di bene, aveva fabbricato un romanzo a spese di Crispi.
5222. Nella storia millenale dell'Umanità, il lavoro di un genio, per quanto grande, non è che una lettera di una
parola, di una linea di una pagina di un volume di un'opera che il genio non ha letto benchè talora confusamente
preveduta. La moltitudine poi costituisce la parte bianca del foglio su cui la lettera e le parole e le linee sono impresse.
La moltitudine non esprime nulla ma serve a rendere visibile l'espressione del genio.
5223. Ogni autore ha presso il suo scrittojo o sulle ginocchia, come dice la frase convenzionale, la Musa (che
qualche volta è la serva). Io invece mi contento del “musino”. Parlo cioè del piccolo muso del mio Gniff, canino
terrigno, che mi sta in grembo mentre scrivo, e mi scalda il basso ventre e con questo il sangue e le idee.
5224. La mia vita ebbe un circolo più ristretto della comune, ma il circolo si svolse e si chiuse completamente.
Invece di 9, stetti 7 mesi nel seno di mia madre. Cominciai a pensare a cinque anni, e a scrivere a 7. A 16 anni
stampavo. [rasura nel ms.] Ai 37 ero g entrato in vecchiaja con disturbi visivi, essiccamento di pelle, ateroma ecc.
[rasura nel ms.]
5225. (R.F.) Nel “Saggio d'Iscrizioni italiane. Mantova. Dalla tipografia dell'Aquila all'Apollo di Fr. Branchisi
- 1833 - si legge un epitafio in brutti versi relativi ad una delle parecchie sorelle di mia nonna Luigia - “Questo sasso
d'amor verace pegno - D'Antonietta Milesia il fral racchiude - L'alma, volata a più sublime regno - Miglior vi compie
eterna gioventude. - Ricca di prole, di beltà, d'ingegno - vivendo in cuor de' suoi, morte delude. - O tu che leggi, oh, se
sapessi quanto - a una suora gentil cos di pianto!” - e sotto: Diletta sposa a Francesco Gabrini - gli fu tolta al 17
d'agosto 1815 - (Cav. Angelo Petracchi).
5226. Correnti parlandomi (7. VIII. 85) d'incisori di cui ha molte “prove d'artisti” e “avanti lettere” ricordò
Juvara siciliano, che, nominato direttore dell'officina calcografica di Roma sollevò invidie e clamori tra gli artisti romani
insofferenti di vedersi posposti ad un siciliano. Juvara tanto si accorò della mossagli guerra, che, mentre il suo luogo
natìo lo invitava a feste e trionfi, rinchiusosi in una stanza e buttati al suolo tutti i suoi disegni, si segò le vene e sedette
aspettando la morte. E di cinque in cinque minuti notava su un foglio le sensazioni che provava. Pochi istanti prima di
morire si pentì del fiero proposito e scrisse domandando perdono agli amici della irreparabile risoluzione. Poi morì.
5227. Pucinotti, se non erro, altro egregio incisore, giovanissimo, mandato dal governo a Parigi per
perfezionarsi nella sua arte, si trovò in quella città nel 1870. Entrati i versagliesi, degli amici gli attaccarono all'abito una
croce rossa suggerendogli di recarsi a curare i feriti. Ma i versagliesi se ne impadronirono egualmente e riconosciutolo
per italiano - per altra causa - lo fucilarono. Era allora ministro della P. I. Correnti. Chiestosi per via diplomatica di
Pucinotti, Thiers che sapeva com'era andato a finire, tirò in lungo finchè potè a rispondere, sotto la scusa che Pucinotti
era stato in isbaglio deportato in un lontano possedimento. Altro che lontano!
5228. Un popolo che già fu guida di altri, una volta che si è lasciato fuggire di mano le redini, non le riaquista
più. La supremazia italiana è finita. L'apparenza di vitalità attuale non è, in lei, che un'estate di San Martino.
5229. R.U. Uno “studio sull'uomo attraverso le bestie” sarebbe interessantissimo. Nelle bestie noi troviamo
difatti, allo stato semplice, ossia non adulterato dagli usi, dalle abitudini, dal progresso, tutte le virtù ed i vizi che
compongono l'uomo.
5230. C'era poco a desinare - e si mangiava e si beveva fame e sete. Dissi al mio commensale (il nipotino
Alberto): Imaginiamoci di essere invitati a pranzo da un ricco signore.
5231. Annibale Cressoni, comasco spirito bizzarro, visse in mezzo agli usurai e morì indebitatissimo.
Trasportato miseramente al cimitero, non vi si trovò preparata alcuna fossa a riceverlo. Indignazione negli astanti. Una
signora del corteggio prende generosamente le parti del morto e “se non ha la fossa - dice - io gli cedo un posto nella
mia tomba di famiglia”. La signora è presa in parola: ella non può più ritirarsi e Cressoni è collocato nella tomba della
famiglia *. Ora, il *, marito della signora che aveva fatto l'offerta, era uno de' principali strozzini del Cressoni, il quale,
così, anche morto passò in pegno a' suoi creditori.
5232. La storia del risorgimento italiano sino al 1849, nelle sue particolarità e ne' suoi aspetti umoristici non fu
ancora fatta. Potrebbe trovar posto ne' R. d. F. L'idea della unificazione d'Italia e della sua costituzione a regno fu
principalmente sparsa dai militari napoleonici, che, sciolto il grande esercito, tornarono ai loro focolari. I mazziniani
non erano che una setta, di poco seguito, solo accessibile ad un nucleo di pensatori. Il mazzinismo giovò certo anch'esso,
ma nel risveglio del 1848 fu come la pulce che essendo indosso al leone si attribuisce la forza del leone. Più che il
Mazzinismo giovò la letteratura romantica: la Disfida di Barletta del d'Azeglio, i romanzi di Guerrazzi, la Storia
convenzionale della Germania in cui si vedeva Barbarossa seminar di sale Milano; giovarono i quadri rappresentanti gli
ostaggi di Brescia ed il resto; giovò sovratutto la musica di Verdi con versi scellerati, ma patriotici (Finc d'Ezio
rimane la spada ecc. - Ma noi, noi donne italiche, cinte di ferro il seno ecc.). - La parte grottesca del 1848 è
rappresentata dai tentativi di ritorno, nelle forme esterne, alla città municipale. Non pochi passeggiavano tronfi col
cappello a piume, il vestito di velluto nero e lo stiletto al fianco. Si risurrezionò la Compagnia della morte. Uno della
compagnia, certo Luigi Perelli Paradisi, rifugiatosi a Lugano e colà richiesto che significasse il “cranio” di latta sul suo
berretto, rispose con accento meneghino e col suo comico balbettamento: “è pe…erchè dobbiamo o vi… vere o mo…
orire”. - E intanto stava a Lugano. Un altro della stessa compagnia, descriveva così la campagna degli austroitalici: “Se
semm solevaa - i todesch han daa indree - e nun avanti (e quì batteva colla mano sinistra sull'avambraccio destro) e i
todesch indree - e nun avanti. Ma i todesch (aggiungeva con sorpresa) s'hin fermaa. E nun indree. E i todesch avanti… e
nun indree… finchè semm rivaa a… Lugan”.
5233. Il cane lupetto di un albergo di S. Rocco in Val d'Intelvi amava un mio amico (Benedetto Giussani),
d'alloggio a quell'albergo. I padroni del cane, gente ignorante e cattiva, non volevano che stesse con quel mio e suo
amico. Questi, di notte, calava una cesta dalla finestra; il cane vi si accucciava e passava la notte col suo amico, poi di
prima mattina scendeva coll'istesso mezzo ed andava pe' fatti suoi. Partitosi l'amico dall'albergo, ogniqualvolta vi
passava dinanzi e il cane lo vedeva, non si moveva il cane, ma non appena l'amico si era dilungato dall'albergo in una
strada fuori dalla vista dell'albergo correva per una scorciatoja a lui e gli faceva un mondo di carezze. Tentò il mio
amico di comperare il cane, offrendo somme, per lui che era poverissimo, forti, ma gli albergatori, malvagi sin nel
midollo, non ne vollero sapere, anzi gli risposero uccidendo vigliaccamente il povero cane.
5234. “Opera - di - Bartolomeo Scappi - mastro dell'arte del cucinare - con la quale si può ammaestrare
qualsivoglia cuoco, scalco, trinciante o mastro di casa (fig.) - In Venetia - Per Alessandro De Vecchi MDCXXII”.
Precede un breve di Pio V. (tertio kal. Aprilis Anno V) in cui è dato privilegio per 10 anni a Francesco e Michele
Tramezino librai di Venezia di stampare il libro, non prima impresso, dello Scappi “ex intimis coquis vaticanis” ed è
minacciato di scomunica e di multa di 200 ducati d'oro chiunque altri lo stampasse. - Una parte non piccola è dedicata ai
piatti di magro e in essa si scorge come graziosamente i signori papi e cardinali fan penitenza. - Interessantissima la lista
de' piatti secondo i giorni. Che razza di pacchi facevano i preti vaticani! - Il pranzo si divideva in servizio di credenza e
di cucina con due, tre, sei ecc. scalchi e trincianti. Cominciava un servizio di credenza (biscotti, mostacciuoli, offelle
ecc.) poi seguiva un primo servizio di cucina (animelle, testa di capretto, polpette ecc.) poi un altro di credenza (torte,
caci, neve di latte ecc.) finchè si stava per iscoppiare. E allora “levata la tovaglia et data l'acqua alle mani si muteranno
le salviette bianche” - e si metteva sempre in tavola - finocchio dolce fresco - stecchi in piatti con aqua di rose, mazzetti
di fiori, canditi e confetioni a beneplacito - In occasione di pranzi di lusso i finocchi avevano mondo il gambo, gli
stecchi erano profumati, i mazzetti di fiori lavorato il piede di seta e d'oro - Nei pranzi solenni poi, si levava parecchie
volte la tovaglia e si dava aqua alle mani e si mutavano le salviette candide “lavorate a diverse foggie” (“Levossi le
salviette et se ne rimesse delle altre candide con diversi uccelletti vivi dentro con cocchiari d'oro & d'argento”). Ecco
ora la descrizione di una colazione, tra prelati, fatta in Transtevere l'ultimo maggio 1536 il giorno di Venere, in un
giardino. “Era posta la tavola con tre tovaglie, adornata con diversi fiori & fronde, la Bottiglieria con diversi vini dolci
& garbi, la credenza ben fornita di varie sorti di tazze d'oro, d'argento, di majolica e di vetro, e prima che fosse data
l'aqua odorifera alle mani, fu posto sotto ciascuna salvietta una ciambella grossa, fatta con latte, ova e zuccaro & butiro
e fu servita a otto piatti con otto Scalchi & 4 Trincianti, e ogni volta si levò la tovaglia, si mutò salviette candide & per li
canditi si messe forcine d'oro e d'argento con coltelli. Per le confettioni si messe cocchiari & a ogni servitio si messe
sulla tavola sei statue di rilievo in piedi; le prime erano di zuccaro, le seconde di butiro e le terze di pasta reale & tale
collezione fu fatta dopo il vespero con varie sorta di strumenti e musiche.” - Ora, le statue erano, nel primo servizio,
“Diana con la luna in fronte, con l'arco et canni al laccio, con cinque Ninfe - Prima Ninfa, con un dardo in mano;
seconda con l'arco & la faretra; terza con la viola; quarta con cornetta; quinta con un cembalo” - Nel servizio - “Sei
statue di butiro: un elefante con un castello sulla schiena - Hercole che sbrana la bocca al leone; un gran villano di
Campidoglio, un cammello con un re moro sopra, un alicorno che ha il corno in bocca al serpente, il cignale di
Meleagro con la frezza in petto” - Nel ed ultimo servizio: “Paride con un pomo d'oro in mano, Pallade ignuda,
Giunone ignuda, Venere ignuda; Elena trojana adornata di veste & capelli d'oro, Europa sul toro con le mani alle corna”
- E tutto questo per una colazione di preti.
5235. Gorini nutriva i topi che abbondavano nel suo laboratorio, ma confidenzialmente diceva agli amici: non è
tutta benevolenza per le bestie la mia; con pochi soldi di pane al giorno io salvo i miei cadaveri, che sarebbero,
altrimenti, consumati dai topi.
5236. Quando Francesco Giuseppe venne in Lombardia corse un'ottava in milanese attribuita a Raiberti. È
questa: Corii gent de Milan, gent de defoeura - Corii frances, todesch, russi, biftecch - L'è chì l'imperator de la
niscioeura - accompagnaa de Bruck, Bach, Burger e Kubeck - El vedaremm in mezz ai so todesch - Cont i baffi insevaa
per tanta festa - El vedaremm Peppin cavalleresch - a passà sott i arch de carta pesta - Coll'istessa bontaa del papà grand
- e col mus de porscell de Ferdinand. - Alcuni burloni fecero poi recitare a F. G. da un credulo maestro di scuola una
lunga filastrocca delle più stolte, colle rime le più grottesche - L'imperatore avito - domato il reo partito - è giunto in
questo sito - mostro e segnato a dito ecc. E poi: e le populee strade - mentre il colera invade - e vostra maestade… ecc. -
E dicesi che il redattore della pappolata sia stato il Giovanni Visconti Venosta autore della Partenza del crociato” e
della “Morte di un milite in Crimea” due parodie nate in Milano e stampate del giornale carnovalesco il Rabadan (1876-
80?).
5237. Quelle différence il y a entre un ministre et un journaliste? - chiese un giorno il barone di Malaret,
ministro francese a Ruggero Bonghi - Voilà, monsieur le baron - le ministre est un journaliste qui ne fait pas o qui ne
sait pas écrire ses articles.
5238. Quando si trattasse di rivendicare diplomaticamente Trento all'Italia si potrebbe citare a sostegno della
tesi nostra anche questo fatto, quasi sconosciuto - il fatto del riconoscimento della italianità di Trento per parte
nientemeno che di un imperatore tedesco. Difatti, Macchiavelli e Vettori ebbero incarico dalla Repubblica fiorentina di
recarsi dall'imperatore di Lamagna per indurlo a venire in Italia a dare una pettinata a paesi nemici di Fiorenza. Sapendo
che l'imperatore era in bisogno di denaro gli dovevano offrire 25.000 fiorini con facoltà di aumentare l'offerta fino ai 50
mila. La legazione riuscì. L'imperatore si mise in viaggio. Metà della somma doveva, credo, pagarsi al momento della
prima entrata in campagna, e l'altra metà alla prima città d'Italia che si fosse toccata. Arrivarono a Trento. L'imperatore
chiese subito il resto della somma. I legati fiorentini s'informarono accortamente se si trovassero in terra italiana: risultò
loro che il confine era a parecchie miglia da Trento verso Lamagna. E allora pagarono e l'imperatore fece probabilmente
la sua brava ricevuta, riconoscendo così implicitamente l'italianità di Trento.
5239. Sinecure. C'è un tal Romolo Querini, di professione patriota. Vantando servigi - non prestati - alla causa
italiana riuscì a farsi mettere “in pianta” nelle Ferrovie romane col titolo di Bibliotecario-capo delle stesse ferrovie a lire
6000 all'anno. Ora, sapete qual l'ufficio del Bibliotecario? È quello di sorvegliare i panchi dei libri che si vendono
nelle stazioni di quelle ferrovie.
5240. L'autore del bozzetto pazzesco (descritto nei “Mattoidi al Concorso pel Mon[umento] a V. E.”) intitolato
“Dante, Vittorio Emanuele e l'Unità italiana” era di Palermo. Giovane di non mediocri qualità artistiche, fu allievo di
Tenerani. Ebbe però sempre tendenze bizzarre. Essendo a studiare a Roma e tornando da una scampagnata con amici,
fece scommessa di cacciare la testa sotto il getto d'aqua della fontana dell'Aqua felice a Termini, dinanzi la quale
stavano appunto passando. E difatti pose la testa sotto la gelida aqua e cadde come fulminato. Gli tenne dietro una lunga
malattia di tre anni, si riebbe fisicamente ma non riuscì più nulla a connettere colla mano colla testa. Diceva
sembrargli che un globo di cristallo gli fosse caduto in capo e continuamente lo minacciasse. Tornato a Palermo si
rimesse alquanto. Ora dicono che egli ricominci a modellare non del tutto pazzescamente.
5241. La marcia progressiva dell'umanità è ordinata come quella di un esercito. C'è l'avanguardia e la
retroguardia, e, in mezzo, il grosso delle truppe. Retroguardia e avanguardia (chi vede indietro e chi vede innanzi) sono
composte di pochi militi, indispensabili. L'avanguardia guadagna il nuovo terreno, il grosso dell'esercito lo occupa, la
retroguardia non lo perde.
5242. Non c'è uomo che non odii a morte altro uomo (compreso le donne). Se il desiderio bastasse per ottenere
lo scopo, la schiatta umana, uccisa dai reciproci odii, scomparirebbe in un giorno, in un atimo solo.
5243. Oggi, i viaggi non allettano più. Non ci sono più terre veramente incognite. Nel nostro studiolo possiamo
percorrere il mondo sulle riviste e le fotografie. Soltanto un viaggio alla Luna o a qualche altro pianeta o stella mi
adescherebbe. Così, mi contento di viaggiare nei regni della fantasia, dove almeno ci sono ancora sorprese.
5244. (1885) Sciupio del pubblico denaro in Italia. V. i volumi dell'Inchiesta mercantile, specialmente le
conclusioni - Vol. VII - e in modo particolare la pag. 403. Per la intromissione di quattro o cinque deputati, il Governo
nelle nuove convenzioni colla Società generale di navigazione le impose una fermata a Pisciotta (Calabria). La
sovvenzione garantita è di lire 121 mila e più. Pisciotta in 11 mesi ha dato per l'importazione 7 tonnellate, quasi tutto
tabacco della regia; per l'esportazione 120 chilog.: i passeggieri 85, di cui soli 5 di 1
a
classe. L'onere della Società è di
circa 100.000 lire annue. Per ogni somma di 19 lire e centesimi che ciascun viaggio a Pisciotta rende alla Società, questa
e lo Stato spendono annualmente 300 mila lire. Contro due Pisciotte si potrebbe avere una linea bimensile per l'India
con il che si usufruirebbe a ns. vantaggio l'apertura del Gottardo, mentre oggi le merci estere per l'India vanno ad
imbarcarsi a Marsiglia. Ma a Bombay non ci sono deputati mentre ve ne sono nei contorni di Pisciotta. E così vanno gli
affari in Italia.
5245. Bastiat è uno de' principali contradittori del sistema proibitivo, vulgo protettore - “Il protezionismo
doganale - scrive Bastiat - non è che comunismo applicato: l'uno e l'altro equivalgono a spogliazione” -
5246. La beneficenza pubblica e la carità legale hanno per effetto di mantenere e di aumentare in un paese
l'indigenza. La regìa della carità (carità legale) è esiziale come ogni altra regìa.
5247. Il blocco continentale napoleonico (1806) fu una colossale sciocchezza solo pareggiata dalla sciocchezza
inglese del blocco marittimo, ultima eco del mare clausum di Seldeno.
5248. Gli antichi regolamenti delle corporazioni strozzavano ogni genio inventivo e quindi concorrevano a
mantenere, colla immobili industriale, la politica e la morale. Per lo statuto degli apprendisti del V anno di Elisabetta
d'Inghilterra, il fabbricatore di carrozze non ne poteva fabbricare le ruote, per le quali doveva rivolgersi ad un operajo di
ruote.
5249. Filippo il bello, nella Francia medioevale sarebbe stato come lo chiama il Bodin - “premier affaiblisseur
(alteratore) de la monnaie” - Bodino (1530) appartiene agli utopisti, benefica falange d'uomini, come Moro, Campanella
etc.
5250. In Francia non dura lungamente che il provvisorio.
5251. Le architetture in generale prendono il motivo dominante dalla conformazione della natura che circonda
l'occhio dell'artista. Le spianate della Mesopotamia che terminano in monti orizzontali, dentati, ebbero la loro eco nel
palazzo babilonese ed assiro - quadrato, merlato - i monti puntuti e le foreste di pino inspirarono la cattedrale gotica etc.
Le relazioni tra le parti piene e le vuote negli edifici ha poi stretto rapporto col clima più o meno caldo, col cielo più o
meno nebuloso. Nella grigia Olanda le finestre sono più numerose che in una casa parigina, in questa più che in una
italiana. -
5252. I fenici si potrebbero chiamare gli inglesi dell'antichità.
5253. Secondo i bigotti ignoranti la letteratura così detta invereconda od immonda sarebbe una invenzione de'
giorni nostri. I nostri vecchi e i nostri antichi sarebbero stati immuni da tanta lebbra. Eppure è tutto il contrario. A
paragone della letteratura de' tempi passati non ce n'è una più casta, più corretta della presente. Leggete i greci, i latini, i
cinquecentisti, i secentisti ecc. quale sconcezza nelle espressioni, che turpiloquio! L'ingrediente delle oscenità era
indispensabile alla novella del 400 ed alla produzione teatrale del 500. Ma veniamo ai tempi più vicini ai nostri. Nessun
ritegno nelle frasi. Si parlava a una dama come non si parlerebbe oggi ad una baldracca. I giuochi di società facevano
schifo. Possiedo un pitale di Faenza del 1700 con scritto intorno per uso della conversazione, e sopra: “io sono alla
mancina l'orinale chi quì non la sa far è un gran stivale” - fabbricato in modo che chi non pisciasse servendosi della
mano sinistra, spandeva orina dapertutto. E questo bel ordigno era messo sotto il letto degli ospiti dalle contessine di
casa, per fare uno scherzo. Bel scherzo! La sconcezza aveva invaso anche i libri di orazione, che equivalevano
pressapoco ai famosi Livres des heures delle nobildonne medioevali, alluminati con lettera capitale in cui si vedevano
scimmiotti che stupravano frati. Un mio amico possiede fra gli altri un libriccino stampato in Verona per Francesco
Rossi 1641 con licenza de' superiori e s'intitola “Vita di Maria - nel ventre di Sant'Anna, offerta all'anime divote come
Cibo di vera divotione, stimolo alla Santità, Specchio di perfectione, Esemplare d'ogni virtù e Manna di delicie spirituali
e divine”. Il libro è dedicato con una prima lettera alli Santissimi genitori di - Maria - Gioachino & Anna, e con una
seconda “Alla molto Rev. madre - Anna Maria - Pirovano - Priora del monastero di S. Paolo di Milano ed alle sue
figliuole spirituali che angeliche di titolo faccia il Signore anche di virtù”. Il libro ha tutte le approvazioni imaginabili.
Si divide in 63 capitoli. Citiamo l'intestazione di alcuni che basterà a dare una idea del libro. V Per mezzo dell'orazione
fu concepita Maria - VI Maria concepita da Anna sterile - VII Allegrezza di S.
ta
Anna in quel momento che nel suo
ventre l'anima di Maria fu unita al corpo - XI A Maria nel ventre di sua madre fu accelerato l'uso della ragione - XIV
Santità di Maria nel ventre di sua madre - XVI Eccellenza della vita di Maria nel ventre di S.
ta
Anna - XVII Merito di
Maria stando ancora nel ventre di sua madre - XXIX Contemplazione di Maria nel ventre di S.
ta
Anna - XXXIV Maria
con quanta purità d'intenzione cominciasse a servire il suo Dio stando ancora nel ventre di S.
ta
Anna - XXXVI Nel
ventre di S.
ta
Anna fece la Vergine voto di verginità - XLIII Delizie ineffabili che godeva l'anima di Maria mentre ancora
era nelle viscere di sua madre - XLVIII Compiacimenti dello Spirito Santo per la vita di Maria mentre ancora stava nel
ventre di sua madre - XLVIIII Quant'allegrezza recasse agli angeli Maria stando ancora nel ventre di sua madre - L
Quante grazie partorisse la Vergine a suo padre S. Gioachino avanti ancora ch'ella fosse da S.
ta
Anna partorita - LII
Carità verso il prossimo esercitata da Maria nel ventre di S.
ta
Anna - LVIII Nel ventre di S.
ta
Anna comincia Maria ad
esser terrore e freno dei demoni - LX Desiderio di Maria di uscir dal ventre di sua madre e venir alla luce di questo
mondo - LXIII Maria subito uscita dal ventre materno comincia ad impiegarsi in servizio di Dio.
5254. Il comm. Cerboni costa 170 mila lire annue allo Stato. Ha inventato un sistema che già esisteva di
ragioneria e lo chiamò logismografia. La sua è mania e crede che la Nazione gli dovrebbe decretare una pubblica
ricompensa. Cerboni ha fatto, tra le altre scioccaggini, stampare a migliaja di esemplari un certo suo modulo diviso in 19
colonne raffigurante i 19 secoli del mondo storico latino-italiano: la prima colonna è intestata “avanti l'era volgare…”.
Quali calcoli da ragioniere si possano piantare in queste 19 colonne neppure Cerboni lo sa. basta il maestro, ma vi
sono i cerboniani esageratori del suo metodo. Tra questi un S.
r
Bonalumi che applica la logismografia alle questioni
morali e teologiche e fa le partite di dare ed avere coi sentimenti. Il Bonalumi mette p. es. su un foglio intitolato Partita
fra Dio e l'uomo - Nell'avere è la vita, la salute ecc. nel dare la nostra riconoscenza al creatore, l'amore al nostro simile
ecc. - Il Bonalumi si esprime poi nel modo il più buffo. Per dire per es. che il sistema logismografico è solidissimo,
scrive “questo è un sistema imperniato su due fulcri”. A spropositi il Bonalumi non può essere forse pareggiato che
dallo Stoppani, il geologo-abate nemico di Gorini, che nel suo trattato di Geologia scrive la perpendicolare orizzontale
per dire normale.
5255. Hanno scritto tanti trattati sull'armonia che non sarebbe inutile scriverne uno sulle stonature. Anch'esse
hanno importanza, e potrebbero, come i vizi, esser guidate a fin di bene. Una musica tutta di scientifiche stonature
potrebbe dare un'impressione al nostro sistema nervoso, se non piacevole, qualche volta medicinale. Le stonature
corrispondono alle puzze. Non c'è peggiore odore dell'assafetida, eppure giova.
5256. Filopanti (prof. Barile) mattoide - Si crede inviato da Dio - Nel suo Dio liberale, un librone pieno di
scioccaggini molte, certe linee pitagoriche che fanno discendere suo padre da Manco Capuc e sua madre dalla moglie di
Manco Capuc. Chiama il padre Berillo falegname, e la madre Berilla. In altro opuscolo stato ritirato dagli amici confidò
poi la sua discendenza spirituale incominciando da Dio e passando da Gesù ecc. - Scrisse anche in inglese un volume
intitolato Miranda or stars, souls, numbers, che ha per tema appunto la sua missione divina. E per provar questa con
solidi argomenti dice che nell'anno della sua nascita fu una strepitosa vendemmia in Francia. E perchè? perchè il cielo
voleva copertamente annunciare che stava per nascere “Barile divino” ossia lui Filopanti!
5257. Nella letteratura da salotto dei nostri bisnonni imperavano i romanzi dell'abate Chiari (1770)
scimunitaggini della forza appressapoco di quelle di Giulio Carcano ecc. Tra questi vi ha La Bella Pellegrina ossia
memorie di una donna moscovita - scritta da lei medesima e pubblicata dall'ab. Chiari poeta di S. A. S. - In Venezia
1775” - Il libro ha vignette allegoriche e l'epigrafe “Bellezza, gioventù, sdegno e dolore - Pietà domanda e quì ritrova
amore” - La moscovita cominciando le sue memorie così si esprime “non ho mai categoricamente studiato” - e tira
innanzi di questo stile… Un altro libro è “Il merlotto spennacchiato - ossia storia piacevole - del conte Enea P. friulano -
pubblicata dall'abate Pietro Chiari, in Napoli 1775”. E così scrive il Chiari nella prefazione: “nel giro di pochissimi anni
scrissi tante avventure lugubri ch'hanno esaurito di flebili concetti e di funeste imagini l'animo mio per condizioni di
natura inclinato alle occupazioni malinconiche e tetre” - Altre produzioni di quest'epoca divoratrice di romanzi come la
nostra avevano per es. i seguenti titoli - La filosofante italiana - tomi 4 - La ballerina onorata - La commediante in
fortuna - Il soldato ingentilito - L'Artaserse e Achille in Sciro e Zenobia tradotti in ridicolo - Il filosofo inglese - La
francese in Italia - La nuova Marianna - Lo specchio del disinganno tra una dama e un parroco - Memorie di un uomo
di qualità - Lo sfortunato napoletano - Il cappuccino suezzese - Storia di Madino contrabbandiere di Francia - Nuovo
viaggio all'intorno del mondo gentile - La cicceide legittima - Istoria delle immaginazioni stravaganti del signor Oufle
- Memorie ed avventure di una dama di qualità ecc. - Nella lunga filza di libri non troviamo se non uno che si sia
salvato dall'oblio, ossia il Tom Jones del Fielding.
5258. Sepelendomisi in Roma nella tomba di mia mamma (come può farsi mediante una piccola tassa, credo, di
25 lire) si potrebbero incidere nella base di travertino del monumento le seguenti parole - ALLA TERRA, DOPO…
ANNI DA CHE NE ERA GERMOGLIATO - ALLA MADRE, DOPO… ANNI DA CHE NE ERA STATO
DISGIUNTO - ALBERTO PISANI DOSSI - TORNÒ - IL… DEL…
5259. Conferenza di Berlino (dicembre 1884), per gli affari dell'Africa equatoriale - De Launay fece una
dichiarazione per stabilire che l'Italia avrebbe considerato come caso di guerra ogni atto di qualunque Potenza per
impadronirsi della Tripolitania. Cristoforo Negri, delegato tecnico alla Conferenza con Mantegazza, voleva a tutti i costi
dire ciò che a lui sembravano verità, e all'Ambasciatore inopportunità. Era esasperato di come le cose procedevano per
l'inettezza dell'Ambasciatore. Fu da Mantegazza e da De Launay chiuso in camera all'albergo, e Mantegazza prese la
parola anche a nome di Negri per dichiarare che nelle tali e tali altre questioni (sulle quali Negri voleva suscitare un
vespajo) l'Italia non aveva niente da dire - Negri, secondo il suo pettegolo collega Mantegazza, intramezzò i suoi
discorsi alla Conferenza di peti. Ma Negri essendo sordo tirava innanzi imperturbabilmente mentre i conferenzieri
trattenevano a stento le risa.
5260. Raoul Spifane (1500) nella sua Dicearchiae Henrici II proponeva alcune riforme poi eseguite come
l'unificazione de' pesi e misure, la proibizione di accumular impieghi ecc.
5263. A San Vito, a due ore di salita da Genazzano, vi ha una lunga strada che attraversa il paese. Sul
crepuscolo, quando dal pezzo di cielo che si presenta a uno sbocco di questa strada si vede il sole scendere rutilante, chi
sta allo sbocco opposto scorge una gran massa nera apparire sul fondo giallo del cielo e procedere sovrammontonandosi,
grufolando. Sono i majali che ritornano dalla pastura. E trottano a quattro a quattro come tanti soldati disciplinati. Ad
ogni casa, ad ogni viuzza traversale, due, tre, quattro si staccano dal battaglione e scompajono negli angiporti e nelle
porticine; chi sale per una scaletta di legno, chi scende per una di pietra in cantina. Ciascuno annusa casa sua e la trova.
I pochi majali che arrivano alla fine del paese, prendono la corsa, sparpagliandosi nelle vicine cascine. Seguono poi i
ritardatari, che hanno qualche callo, gli ammalati. Poi i porcari colle aste. - Molti bambini, aspettano sulle porte de' loro
tuguri il reduce porco, e gli vanno incontro, e gli fanno festa e ne sono ricambiati con majalesche moine, come se si
trattasse di cagnoletti. - Alla mattina poi, altro interessante spettacolo. I porcari attraversano la lunga via, vociando in
una conchiglia marina. Tutti i porci scendono dalle loro case, appajono dalle viuzze, dagli angiporti, si attruppano
militarmente e s'incamminano in schiere ordinate verso la pastura.
5264. Sovente, Tranquillo Cremona, Giuseppe Grandi, Luigi Perelli, Ranzoni ed altri, artisti e giornalisti in
eguale bolletta, giocavano alla sera al bigliardo o alle carte. Quando non avevano più danaro, giocavano i bottoni degli
abiti. Una sera Grandi li perdette tutti, compresi quelli delle mutande, della camicia, e tornò a casa (fortuna che era
notte!) in uno stato il più comicamente compassionevole del mondo.
5265. (18 dic. 1883) In casa di Luigi Cremona, direttore dell'Istituto politecnico di Roma, la maggioranza è di
matematici. Che faccie cretine! L'arte anche a' suoi più scadenti cultori un riflesso di simpatia, la scienza, fuorchè
talvolta nei sommi, imprime il marchio del cretino. solo l'aspetto, ma le idee che si esprimono in quella casa sono
sciape, meschine, vigliacche. Due soli visi brillano di luce geniale, quello di Luigi Cremona, e del giovine architetto
Basile, siciliano.
5266. Durante il Congresso di Verona (1818), si trovò scritto sui muri - Qui si tratta il grande affare - che la
terra fa tremare - dall'occaso sino all'orto - Là se un cazzo è dritto o storto.
5267. Nella inchiesta generale sullo stato del personale della Compagnia di navigazione italiana Florio-
Rubattino (1884-85) fatta da Maraini e da Cagnola, gli inquirenti, a Palermo, ebbero a udire che il direttore della
Compagnia, Comm. Laganà, percepiva il 5 per % su tutti i noli ecc. Ciò parve enorme, ma stante la persona di Laganà,
gli inquirenti si trovavano imbarazzati di come avvertirne Florio, principale azionista. Cagnola assunse l'incarico e si
recò una mattina da Florio e con molte circonlocuzioni gli espose il fatto da essi constatato. E Florio ad accogliere la
narrazione come la cosa più naturale del mondo, dicendo semplicemente che si trattava di un uso di piazza, che forse il
5% era un po' forte, ma che si sarebbe trovato modo di ridurlo. Florio evidentemente non capiva la sconvenienza di una
simile percentuale pagata dal pubblico ad un impiegato pagato dalla Società. - In una seduta poi del Consiglio della
navigazione, vedendosi in lista, tra gli stipendiati della Società, certo Comm.
r
Cimino di Napoli per 12.000 lire annue,
Maraini ed altri ingenui osservarono che tale stipendio pareva un po' grosso per un semplice agente. Ma Laganà sorse a
difendere lo stanziamento. “Non sanno loro chi è il Comm.
r
Cimino? La Società non potrebbe trovare uno migliore di lui
per curarle i suoi interessi. Come si farebbe per es. senza il Comm.
r
Cimino a far figurare alle Dogane un carico mentre
in realtà ce n'è un altro? Cimino è in relazione con tutti gli impiegati doganali e sa dare opportune mancie e regalare…”
e così via di questo tono credendo di affermare le cose più oneste del mondo. Bisogna dunque dire che in Italia ci sieno
delle ben curiose sorta di onestà.
5268. Il teatro napoletano è la schietta espressione del mezzogiorno d'Italia. Nelle sue comedie non vi si
rappresenta che una società di scrocconi, di mentitori sfacciati, di stupratori ecc. È un teatro che, a noi del Settentrione
per quanto corrotti la nostra parte, fà nausea.
5269. Come in amore, in amicizia il primo periodo, che è il più bello, è il periodo degli entusiasmi e delle
espansioni. Il secondo è quello della analisi: comincia quando i due cuori si trovano più vicini. È periodo pericoloso. Gli
è allora infatti che i vizi che da lontano sembravano nei, appajono nelle loro naturali proporzioni. Se si resiste a questa
seconda prova l'amicizia, come l'amore, ha certezza e lunghezza di vita.
5270. Federico Faruffini, di spiriti mazziniani, discorreva un giorno al caffè Greco col conte Ignazio Crivelli -
monarchico puro - sul memorandum di Cavour al Congresso di Parigi e diceva che non bisognava fidarsi dei piemontesi,
l'altro sosteneva il contrario. Faruffini, colto da subita ira, appoggiò un gran pugno al Crivelli che gli rispose con un
altro pugno. - S'interposero gli amici e il tutto finì, come al solito, con una bicchierata. - Un altro dì, Faruffini tornò a
casa, colla pelle tutta tagliata da temperinate - La brigata di Faruffini e compagni passava solitamente la sera al caffè
Greco. Uscendone facevano parte della strada saltandosi vicendevolmente l'un l'altro. La brigata usava anche recarsi a
Porta S. Sebastiano in una vigna dov'erano stati allora scoperti due bellissimi colombari. E scendevano in essi a
banchettare, ravvolti in bianche lenzuola che figuravano i lenzuoli funebri e posando le bottiglie nei loculi. Il padrone
della vigna e dei colombari, certo Piero, era chiamato da essi Pier dalle Vigne.
5271. Tranquillo Cremona disegnò anche parecchie copertine per le musiche della Ditta Ricordi di Milano. Tra
queste, una che ricordava Anacreonte in mezzo alle ragazze. Il disegno doveva esser fatto dal decrepito Hayez. Hayez
segnò colla mano tremolante - uno sgorbio impossibile. Ricordi consegnò allora lo schizzo a Tranquillo perchè lo
aggiustasse, e Tranquillo lo rifece, si può dire, di pianta. Sotto il disegno, ai due lati vi è il nome di Hayez e di Cremona.
Dicono che Hayez se ne compiacesse assai, imaginandoselo suo.
5272. Frasi fatte - camminare coi tempi - I tempi sono fatti di ciò che cammina e di ciò che non cammina. A
determinare il progresso degli uomini è necessario che una parte di essi stia ferma. Non si avanza se qualche cosa non
resta indietro. Camminare coi tempi è frase senza significato.
5273. La biblioteca reale del palazzo di Ninive era composta di tavolette di terra cotta. Sulla creta umida erano
incisi i caratteri cuneiformi: poi la creta era fatta cuocere. Le tavolette recavano segnature d'ordine come i nostri libri.
5274. Un bambino è colto dinanzi un tavolato di bachi da seta che stanno per salire al bosco, mangiandoli
golosamente, la bocca tutta piena e impiastricciata di glutine e di bave. E il bambino, punito, dice che sono dolcissimi.
Non avrebbero quindi i cinesi che fanno frittarelli di bachi da seta cattivo gusto.
5275. Il tatto della Signora Maraini appare anche nelle minime cose; per es. quando colloca a tavola i suoi
ospiti. Ciascuno si trova, mercè sua, vicino alla persona che preferisce. Io per es., a fianco della S.
ra
Adelaide.
5276. (1885) - (Montecalvo) Don Pasquale Cartasegna ex cappuccino, in religione Padre Ilario, mi racconta
lepidamente le sue avventure - di quando specialmente recavasi in giro pel collettemur. E un si portò da un avvocato
che possedeva un grosso cane di fiera fama. Entrato nel cortile del villino, il cane gli fu subito incontro latrando. Che
fare? Padre Ilario con una straordinaria prontezza di spirito, si copcol cappuccio, ritrasse le mani nelle maniche della
tonaca e si gettò a terra sulle quattro zampe, movendo a balzelloni incontro al mastino. Il quale all'inaspettata
trasformazione in bestia del cappuccino, prese paura e corse in casa, colla coda in mezzo alle gambe. Uscito sulla soglia
l'avvocato e visto il curioso spettacolo, ammirò lo spirito di Padre Ilario e comandò gli si desse un sacco di grano. - Nel
gergo cappuccinesco la sottana color terra d'ombra del frate è chiamata il campanone -
5277. - Gli autori dal vero, come Manzoni, Shakespeare, Dante, Rovani, Foscolo ecc. furono oggi sostituiti
dagli amanuensi dal vero.
5278. - Dicono, la letteratura è l'arte che costa meno. Basta un quaderno di carta, un po' d'inchiostro e una
penna. Va bene. Ma sapete quanto ci vuole perchè, accoppiati, quell'inchiostro, quella penna, quella carta, producano un
libro? Ci vogliono studi - e questi costano -: ci vuole una sostanziosa nutrizione, e costa -: ci vuole tranquillità, e costa
più che tutto. L'inchiostro dello scrittore peserà nella bilancia celeste quanto il sangue del guerriero - dice il Corano e
ben dice. Scrivere è un consumar sangue.
5279. Ghiaja di Roma. Le preghiere a Roma. È sera. Passo da un vecchio monastero. Mi arriva l'eco di un
canto religioso. In quel monastero anticamente sorgeva una chiesa bizantina, e prima un tempio romano. Penso a tutte le
preci che s'innalzarono in Roma dalla sua fondazione. Roma fu sempre la città delle chiese e de' sacerdoti e delle
cerimonie. Calcolo statistico [parola abrasa]. Tutta Roma prega. E Roma è la città più peccatrice del mondo.
5280. R.U. Impiegati (Parte ufficiale) Urrah! accettarono le mie dimissioni. Riprendo i coglioni, che col mio
primo giuramento, ho deposto rispettosamente nelle mani de' miei superiori, e torno uomo, etc.
5281. Un conduttore d'omnibus a Milano, vecchio e alquanto brillo, borbottava contro l'attuale governo
dicendo: Viva la faccia dei tedeschi! quelli che erano tempi ecc. ecc. Per un po' lo si lasciò mormorare, ma poi
vedendo che seguitava, uno nell'omnibus, saltò su a dire ma che diavolo borbotti! che cosa c'era di bello a quel
maledetto tempo dei tedeschi”. Il conduttore gli diede una sguardatina di traverso e rispose: Allora mi tirava (sottointen
[den]do il cazzo).
5282. Composizioni che si direbbero non scritte colla penna, ma, come la musica degli organetti, sonate col
manubrio.
5283. La. morte è condizione indispensabile della vita. E tu vedi che per poter fingere di vivere il giorno,
bisogna fingere di morire tutte le notti.
5284. Zöllner, tedesco, distinto professore di matematiche, morto, credo nel 1882, scrisse volumi sullo
spiritismo di cui fu ardente credente, pubblicando fotografie di spiriti ecc. Definì gli spiriti “esseri che vivono nella
quarta dimensione”. Per concepire metafisicamente questa dimensione, suppongasi un mondo di due dimensioni
larghezza e lunghezza - e (fatta astrazione da noi) s'imaginino esseri che si movano limitatamente in queste due sole
dimensioni. Noi, dalle tre dimensioni si potrebbe stare ai medesimi come gli esseri dalle quattro dimensioni rispetto a
noi, etc. - Anche il prof.
re
Crookes, inglese, distinto fisico, credeva fermamente nel mondo spiritico, non solo, ma gli
volle applicare il metodo sperimentale. Una traduzione delle sue pazzie fu stampata a Locarno nel 1877 - Tip. lit.
cantonale - ed ha per titolo “Indagini sperimentali intorno allo spiritualismo di William Crookes membro della Società
Reale di Londra”.
5285. Tale, credo di nome Grünhardt, già corrispondente del giornale “La Rassegna” a Berlino, insigne
briccone, spacciavasi (nel 1878-79) come amico di Bismarck, frequentava i circoli di corte e si diceva agente della
Ambasciata italiana a Berlino, anzi sul suo biglietto di visita recava queste parole: Gurko Grünhardt agente segreto
della Amb. d'Italia! - E il ministro Cairoli lo fece cavaliere.
5286. Un improvvisatore domandava una rima in amore. Gridò uno dal loggione: felicità.
5287. Il capitano Celso Cesare * - mattoide. Tutte le più grandi scoperte ed imprese de' nostri tempi le ha lui
ideate o prevedute - tagli d'istmi, annessione di terre ecc. La sua vita fu avventurosissima. Fu ministro - dice egli - del Re
Kalakana di Hawai; fu direttore delle poste a Bangkok (dove pare abbia lasciato un vuoto di cassa) ecc. C. C. * propone
di tempo in tempo ai governi europei progetti di conquiste. Al Gabinetto Ricasoli aveva presentato un piano per
l'occupazione di parte di Sumatra, non ancora invasa dagli olandesi. Chiedeva 300 soldati colla barba nera, perchè gli
indigeni non li pigliassero per inglesi od olandesi. Egli aveva sposato - contava egli - non so se la sorella o la nipote del
re di Accin. Occupato il regno accinese si sarebbe pel momento incoronato re dei luogo, nominando vicerè il S.
r
Cuttierez di Milano: poi avrebbe ceduto il regno all'Italia. In casa Maraini avvenne una disputa vivacissima fra * e
Guttierez sulla forma della corona che il primo si sarebbe fatta fabbricare. * chiedeva poi al Governo parecchie botti di
olio di cocco per ungere i suoi soldati e così renderli atti a sopportare il clima de' luoghi. Ricasoli inclinava ad accettare
la proposta. Si nominò una commissione per esaminare la proposta, e la commissione, nella maggioranza, pareva non ci
dissentisse. Senonchè il * si accapigliò con Nino Bixio, uno della commissione, il quale negava l'esattezza di certe
relazioni di * su Sumatra e i contorni - cosicchè l'idea di C. Cesare rimase arenata. - Tra * e Cristoforo Negri ebbe pur
luogo una graziosa scenetta - un buffo diverbio - a proposito della lunghezza dell'Irawaddy che Negri diceva, credo, di
1000 leghe sull'appoggio di una carta geografica e * di 12.000 fondato sul ricordo de' propri piedi.
5288. Lo Stato, come esprime anche etimologicamente il suo nome, rappresenta l'immobilità. Stato è cosa che
non si muove.
5289. Che la gente sia in generale riluttante ad accogliere le novità, a sostituire il nuovo al vecchio, e ciò, fatta
anche astrazione di ogni particolare interesse, religioso o politico, per la nuda forza dell'abitudine, ce lo prova un
minimo fatto che ricorre tutti gli anni, quello cioè della data delle lettere nei primi giorni d'ogni anno, data, che per
quanto riguarda l'anno, si trova indicata colla cifra dell'anno spirato. Su cento lettere, una buona metà presenta questo
errore. E sì che il primo d'ogni anno è contrassegnato da speciali solennità.
5290. P. Uff. - Gli Impiegati - “L'incontro quotidiano”. Traccia di bozzetto. Tutte le mattine, recandomi
all'ufficio, incontro un vecchietto, anche lui pubblico impiegato che va all'ufficio suo. Ci guardiamo, e, senza
conoscerci, simpatizziamo. Reciproca invidia: egli forse pensa ch'io sono giovine e potrei lasciare da un momento
all'altro l'uggiosa carriera e vivere di vita vera; io, ch'egli è quasi sul punto di lasciarla e di essere giubilato. Fortunato
quell'impiegato che tocca la giubilazione, senza prima scivolare nel manicomio. Il vecchietto non sa ch'io sono più
vecchio, che il mio cuore ha più rughe del suo viso. Sappiamo solo ambedue di essere due infelici ecc.
5291. Il sogno è un tacito delirio.
5292. Il sonno - Modi con cui i vari popoli dormono. Taluni placidamente distesi, sicuri. Altri, come i boemi,
più seduti sul letto che giacenti, con su le mutande ecc. Ricordano questi i barbari nel loro accampamento, ecc.
5293. Impiegati. - Nella casa dell'impiegato le donne si recingono i fianchi colle cinghie delle posizioni; il
bambino si fa il ghitarrino colle punte delle penne d'acciajo; la ceralacca fine serve per incatramare le bottiglie, ecc.
5294. L'uomo che dice male delle donne dice male di sua madre.
5295. Andar contro alla corrente nel mondo fisico come nel mondo morale ha i suoi inconvenienti e i suoi
vantaggi. Inconvenienti, la maggior fatica nel procedere; vantaggi, veder meglio dove si va, quindi di conoscere meglio
il mondo contemporaneo e di essere visti.
5296. Guadagnerai il pane col sudore della tua fronte - disse Dio all'uomo - ma soltanto all'uomo. Alla donna,
invece, aggiunse sottovoce “e tu mangerai comodamente il pane guadagnato dall'uomo”.
5297. In cerca di un amico - tema per bozzetto - Difficoltà non solo morale, ma fisica per trovarlo. Fin dove la
divergenza delle opinioni giovi alla concordia degli animi: divergenze inconciliabili e divergenze-legami. I patrimoni.
La statura: una vera amicizia parebbe impossibile tra due di differente statura: la passeggiata discorrendo è una delle
cause, e insieme dei vantaggi delle buone amicizie. Impossibile di scambiare comodamente idee e di assorellarsi le
anime fra persone di cui l'una sia alta un metro e l'altra due. Il torcicollo è contrario all'amicizia, ecc.
5298. Ghiaja di Roma. Le statue oziose ne' musei, mentre dovrebbero esser sparse nelle città anzi ne' villaggi a
suscitare o a mantenere il sentimento dell'arte. Scolture decorative, fatte per le strade e per i culmini degli edifici,
confinate fra quattro pareti. Statue colossali in un gabinetto. Lo scopo de' nuovi “conservatori” de' musei è quello
semplicemente di decorar stanze. Sono le statue ne' musei disposte come la chincaglia sul canterano della portinara - un
candeliere di qua e uno di là, in mezzo la pendola, poi due vasetti. I restauri, fatti da mestieranti: gli archeologi che al
naso trovato aggiungono la statua… -
5299. Ghiaja di Roma - Fisionomia de' nomi greci e romani. Gli antichissimi: quelli dell'epoca media: quelli
dell'epoca di decadenza. Come nel nome risuoni l'eco della condizione dell'arte.
5300. Bibliografia artistica. I libri considerati dal punto di vista non del contenuto ma del contenente. - Colore
della carta, caratteri di stampa, Rilegature. Gli antichi messali, le lettere capitali, i frontispizi del 600. Come il gusto
vada oggi peggiorando.
5301. *, letterato esimio, uomo volgare. Come l'Aretino egli tutto accetta, anche presenti che sa rovinosi per chi
glieli fà e naturalmente i suoi favori diventano “a pagamento”. Quando sa che qualche conoscente è per partire per paese
straniero, gli commissioni, spesso gravi per il borsello, guardandosi però bene di consegnargli il necessario denaro.
Avuto l'oggetto che desiderava, si dimentica facilmente di pagarlo. Umile, strisciante coi potenti, * è burbanzoso cogli
inferiori. Nella sua casa non si riceve che l'adulazione e la stecca. Accettò da un tal conte polacco, di ristrettissime
finanze, il dono di un pianoforte di 2000 lire. I suoi favori mauriziani e lazzaroni sono quindi sparsi sul capo di gente
immeritevole, e intanto l'ingegno langue. Il falegname Noci gli mobigliò la casa; * lo incavalierò, così saldando il conto.
Ci vuol altro, o Cesare ambrosiano, che coniar belle frasi; onestà ci vuole.
5302. La luna, specialmente la piena, ha una fisica influenza sulle mie glandule lacrimarie. La luna mi evoca la
marea del sentimento e della malinconia e mi fà piangere.
5303. (luglio 1884) Quando avvenne l'incidente Pidal - quando cioè questo ministro spagnuolo fece
pubblicamente voti per la ristorazione del potere temporale de' papi e Mancini che allora reggeva il Ministero degli
esteri italiano non seppe far ritrattare Pidal ottenere altra qualsiasi soddisfazione - corsero i seguenti versi: giace
quì Mancin Pasqual - che vissuto in peste rea - ebbe fin come dovea - annegato in un pital.
5304. Modello di réclame farmaceutico-religiosa. “Gli stessi angioli per mantenersi così diafani e leggieri e
candidi si purgano settimanalmente coll'olio di ricino che si fabbrica nel nostro stabilimento in via di ecc.”
5305. Mi sento abitualmente male, che quando uno spiraglio di benessere m'illumina brevi istanti quasi per
sbaglio, mi spavento.
5306. Ghiaja di Roma. Archeologia alla buona e in manica di camicia. Non temino le signore e non si
meraviglino li signori. Parleremo di archeologia senza tirar fuori testi greci, latini, oschi ecc., tutt'al più citeremo qualche
classico in lingua meneghina. Gli unici passi che citeremo saranno quelli che abbiamo fatto noi stessi camminando per
Roma - e son molti - per mettere insieme le nostre collezioni. Le nostre impressioni le trarremo non dai classici, non dai
numismatici, dagli sfragistici, dagli Enni Q. Visconti, dai Borghesi ecc., ma dagli oggetti. - Un fatto ci ha generalmente
sorpreso nella lettura degli archeologi, quello cioè che nella interpretazione delle iscrizioni e degli oggetti antichi,
dimentichino completamente il tempo moderno, ossia gli oggetti che li circondano nella stessa lor casa e corrispondono
non raramente agli antichi, anzi ne sono una figliazione legittima. Abbiamo così degli archeologi che fanno le più strane
ipotesi intorno alle cose di più facile significato: trovano per es. un vaso che è un perfetto orinale e lo interpretano con
una lunga dissertazione irta di latino e di greco per un vaso sacro. Basterebbe che codesti archeologi prendessero per
collaboratore la loro serva per colpir giusto. - Gli archeologi non vedono che mitologia ecc. Cit. i Fasti d'Ovidio che se
non fossero scritti in latino si direbbero descrizioni di cose moderne.
5307. Ghiaja di Roma. Lampadine antiche e pipe moderne. Come gli antichi si sbizzarissero a foggiare le
terrecotte delle loro lampaduccie. Cit. alcuni tipi di lampade - la pigna, l'oca, il piede, il membro virile - Cit. i vari nomi
dei figuli ecc. E così i moderni nel foggiare le terrecotte e la schiuma marina delle loro pipe. La pipa moderna come il
lampadino antico era l'oggetto artistico di tutti, dal ricco più sfondato al povero più miserabile. Paragonare alla
spicciolata, il gessino colle lampadine plebee e vie via arrivare fino alle lampade auree polilicne ed alle pipe turche
ornate di gemme.
5309. Le decorazioni e ogni altra onorificenza esterna furono inventate o devono essere riservate per la gente
senza valore, come le gualdrappe e i finimenti pomposi e abbondosi sono fatti per le rozze.
5310. Quando Luigi Bonaparte era esule in Isvizzera, trovandosi ne' Grigioni, gli fu regalata un'aquila
addomesticata. Ed egli, continuando l'educazione della bestia, le apprese a volargli sulla spalla per prendere il cibo,
come su un paletto. Si portava poi l'aquila con in una gabbia e a Boulogne-sur-Mer, mentre sbarcava come
riconquistatore del trono dello zio, se la fece, per mezzo di un compare, volar sulle spalle in mezzo allo stupore della
moltitudine ciurmata.
5311. Napoleone III fece due grandi benefici all'Italia, il primo d'inaugurarne la sua liberazione dallo Straniero,
l'altro, a Mentana, di liberarla dal debito della riconoscenza.
5312. Nella mia vita fui generoso, come di denaro, d'ingegno; e molti ne approfittarono. Parecchi bozzetti miei
passano sotto il nome di Perelli e vi passa la critica da me fatta al Giulio Cesare di Rovani e una comedia in milanese. -
Le relazioni sul bilancio degli affari esteri dell'on. Damiani sono mie. Molte idee nate da me e da me nudrite col mio
sangue mi furono poi prese da altri che le vantarono per loro: ciò mi accadde frequentissimamente in burocrazia. Certo
R. mio vicino di tavolo non faceva altro che svaligiarmi. - Ideai pel primo un regolamento internazionale fra l'Austria e
l'Italia che proteggesse i nostri pescatori nell'Adriatico: lo propugnai sui giornali e avviai felicemente le pratiche per
mezzo di Robilant a Vienna: sul più bello, intervenne R. - che fu mandato alla Conferenza di Gorizia come segretario
per la conclusione di tale regolamento e tornò decorato, ecc. Risollevai la quistione di una convenzione sanitaria
internazionale, ma mi fermai - compren[den]do le gravi difficoltà che vi si opponevano: il polypràgmatos collega mio se
ne impossessò e tanto fece che una conferenza si riunì a Roma. La Conferenza fece naturalmente fiasco, ma egli ne uscì
con altra decorazione ecc. - Scrissi memorie diligentissime e ampie sulla questione danubiana. R. le lesse per sue
all'Istituto veneto di scienze e lettere e le fece stampare col suo nome. Il Governo deve a me se non fece una brutta
figura nell'affare di emigrazione di Port Breton; segnalai io pel primo gli inganni dell'avventuriero * ecc. R. confiscò
tutto il mio lavoro, e se ne valse per tenere una conferenza alla Società geografica, dove neppure mi citò. Delle
imitazioni a parecchi miei scritti, dico in altra nota.
5313. Censura politica. - La censura letteraria, ai tempi delle dominazioni straniere in Italia era certo una cosa
iniqua ma avea anche un lato non cattivissimo. Lo scrittore con quello spauracchio dinanzi non scriveva, come oggi si
fa, senza pensarci più che tanto ma pesava e vagliava le sue frasi: e tutti sanno che novanta volte su cento il secondo
pensiero, a non parlare de' successivi, è migliore del primo. Si aggiunga che nel lavoro di revisione in polizia
s'incontravano non sempre, ma meno raramente di quanto si creda, censori che con una critica anticipata e non solo
politica, utile assai, miglioravano i lavori. Il desiderio poi di dir tutto quanto si aveva in animo di patriotico e grande,
nonostante gli occhiali e le forbici delle censure, faceva trovare agli scrittori finezze di frase che altrimenti non
avrebbero pure cercate.
5314. Un cronista dice che la Leonora andata sposa a Borso d'Este aveva faciam pictam, dotem fictam, vulvam
non strictam.
5315. Lambertini salì al pontificato sotto il nome di Benedetto XIV colle idee p vaste e nobili. In soglio si
mostrò inettissimo. Rimproverato da un amico, rispose che una volta seduti su quella “sedia di pelle di coglioni” si
rimaneva come istupiditi. CF. col sonetto di Belli, che parlando dell'incoronazione del papa, finisce “co' quello straccio
de strumento (la tiara) - je danno, fio mio, l’intontimento”.
5316. A migliorare l'umanità e gli ordini sociali, noi abbiamo preso la peggiore e più lunga via, quella di voler
persuadere moralmente gli uomini ad essere onesti sia per convenienza, sia per soddisfazione intima. I soli studi fisici
potranno migliorare la specie umana sino a renderla capace di reggersi anarchicamente. Conosciuta esattamente la
composizione chimica e la meccanica organica dell'uomo, si potrà ajutare e forzare la natura a produrre uomini che non
possano essere se non onesti. Ciò ottenuto, sarà possibile di abolire tutte le coazioni legali e governative e l'umani
potrà diventare il pacifico armento senza pastore del poeta.
5317. Il galateo l'ho letto, ma non vi appresi che quando s'incontra un somaro in istrada, bisogna salutarlo - Ad
un nuovo coinquilino che cerca d'entrare in subita relazione con noi “non mancherò di avere rapporti con Lei in caso
d'incendio”.
5318. A Milano i cocchieri delle case signorili sentono l'odor di muschio e le loro padrone quello del fieno.
5319. [Nota di circa tre righe abrasa]
5320. [Nota di tre righe abrasa]
5321. (25-VIII-1884) Visita con Bodio e Mayor al manicomio romano della Lungara, diretto dal d.
r
Fiordespini. In Roma dove la maggior parte dei pubblici istituti va alla peggio, questo fa onorevole eccezione. Il
manicomio vecchio dai cameroni attuffati, va scomparendo a poco a poco dinanzi al nuovo, a case staccate ed ariose in
mezzo a un giardino. L'impressione generale è di veder gente non malcontenta del suo stato. Hanno pressochè tutti la
coscienza di essere al manicomio. Appare chiaramente come la stessa pazzia sia anch'essa un tessuto di saviezza con
qualche scucitura. In generale i pazzi, concentrati nella loro idea fissa, vivono ciascuno a sè. Pochi tra loro fanno
crocchio. Coi visitatori si mostrano invece più socievoli. Il lavoro, mentre li distrae dalla loro idea fissa, utilizza forze
talora ragguardevoli - Vi ha però casi in cui la vera filantropia consiglierebbe la distruzione. I sucidi. Le epilettiche. La
maniaca di suicidio per paura di morte - I pazzi si possono distinguere in due grandi classi. I nati-pazzi per anormalità di
costruzione cerebrale, spinale ecc., e i diventati pazzi per abusi alcoolici o sessuali. Fra gli impazziti quasi nessuno
diventa pazzo per troppo studio. - Nella manifestazione della pazzia ha gran parte la forma della vanità. La marchesa di
Rosà che si crede czarina. Il teologo Vercellese che si crede il vero papa. - I furiosi, quando sentono l'avvicinarsi
dell'estro maniaco chiedono essi stessi la camicia e i polsini di forza. - In mezzo a tanta onda di pazzia il visitatore savio
dubita a volte di essere lui il pazzo.
5322. Il nome del villaggio dove naqui, tra i colli dell'Oltrepò pavese, predisse il mio carattere: “Zenevredo”
ossia Ginepreto - odoroso ed ispido.
5323. (Roma, 16-III-1889) Primo ricevimento a Palazzo Farnese dell'ambasciatore francese Mariani.
L'ambasciatore non è ufficiale della Legion d'onore: porta però il gran cordone rosso dell'ordine del Cristo di Portogallo
in modo da far credere che sia quello della legion d'onore. Dal canto suo il pubblicista tedesco Weidemann porta la
croce di cavaliere della corona d'Italia al collo perchè abbia aspetto di una commenda. Le sigarette Caporal
dell'ambasciata sono di quelle considerate di contrabbando in Francia perchè fabbricate privatamente contro il divieto
del Governo.
5324. La pace giova ai progressi della medicina - disse in un suo discorso il ciarlatano dott.
r
Semmola. Poteva
aggiungere: e la guerra giova a quelli della chirurgia.
5325. (luglio 1890) Emin Tazi, amministratore del Sultano del Marocco, al seguito dell'Ambasciatore
straordinario Hagi el Maati, parlando degli ebrei, mi diceva “quando dai la mano ad un giudeo contane prima le dita”.
5326. L'architettura antica italiana (dopo il 1400) ricordava l'ospitalità, tetti sporgenti, sedili sulle vie, grandi
atrii. L'architettura odierna - tutta cancelli, punte, nessun spazio lasciato al pubblico dimostra dapertutto ostilità.
5327. - Errori di stampa. Un articolo di fondo in un giornale friulano che ineggiava all'arrivo in Cadore della
Regina d'Italia, fu per errore di stampa intitolato “la regina in Calore” - Così in altri articoli parlavasi de reggimenti
scoglionati per scaglionati, beni indemoniati per indemaniati, Rovani si diede ai generi più disperati per disparati, ecc.
5328. Iscrizione da me composta per la tomba del generale Ribotti, eretta a spese principalmente di Crispi
(1888) - Ignazio Ribotti conte di Molières - italianissimo fra i nizzardi - che allo stemma avito - la gloria aggiunse delle
pugne - in Sicilia, in Calabria, in Romagna, in Portogallo, in Ispagna per la libertà combattente - e, non minor gloria -
nove anni di borbonica carcere e dieci di esiglio - quì è sepolto, non morto. - Al soldato, al deputato, all'amico - dedicò
questo marmo - per religione di patria - Francesco Crispi - n. a Nizza il [lacuna] 1809 - M. a [lacuna] il 25 settembre
1884.
5329. (1887-91) Strana sorte la mia di esser diventato io - io, l'amante, l'entusiasta di ogni nuovo principio o
forma avvenire - il collaboratore di un uomo il cui pensiero e la cui dottrina è tutta roba da rigattiere, roba vecchia
senz'essere antica, stracca ed usata.
5330. Chi semina benefici, miete ingratitudine.
5331. Il “Giornale senza titolo” - che uscì in Milano dall'agosto 1797 al dicembre 1798 era un gazzettino pieno
di vituperi, aperto alle ingiurie ed alle calunnie di tutta la canaglia. Ne furono successivamente direttori Nova, Costa,
Bianchini, Barrelle. A pag. 202, invece di porre il numero esatto pose per errore di stampa il 102 e così continuò senza
accorgersi sino alla fine dell'annata. Fu ucciso dalla legge del bollo. Io ne posseggo un esemplare completo (All. a Cart.
A) che può considerarsi unico. È da porsi tra i precursori delle sozze Forche Caudine del mattoide Sbarbaro. - Vedi nel
“Giornale senza titolo” per la famiglia Pisani di Pavia e famiglie ad essa congiunte, a pag. 31. 43. 80. 83. 118. 184. - Per
Pavia e i pavesi, a pag. 19. 31. 32. 59. 64. 76. 80. 84. 86. 87. 91. 94. 97. 106. 124. 128. 131. 134. 143. 147. 152. 163.
175. 180. 182. 247 (147). 248 (148). 361 (261). 392 (292). 396 (296). Per nonno Carlo - 46. 68. 75. 78. 87. 98. - Per
Salvador 45. 115. Per anarchia 53. Per due coccarde genovesi 19 - Per Monti 16. 82. 88. 90. - Per notizie utili 75. 152 -
8 (II anno) - Descrizione di Milano 381 (281) - Articolo di Foscolo e polemica con Lattanzi N.
i
101 e 105 - “foglio
forbiculario”.
5332. Misc. I rimorsi di un Macbeth burocratico. Parodiando la creazione di Shakespeare, fare un monologo in
cui parlo alle ombre dei diplomatici e prefetti cretini, licenziati da Crispi. Evocare il Conte *, cocotte fanée, Corti senza
naso, Barbolani, Oldoini ecc. La macchia d'inchiostro che non vuol scomparire, nonostante l'acetosella, ecc.
5333. Visite illustri. La prima mia visita al padre Luigi Tosti a S. Calisto (Roma, 4 giugno 1887). Vedi nella
Cart. IV
2
Vaticano - Tentativo di conciliazione. - 1
a
visita a Crispi (1877) mentre si fa fare la barba. 7 del mattino.
Descrizione della barba crispina, ispida, monumentale. Prosopopea del piccolo barbiere paziente, taciturno.
L'operazione dura una o due ore. Tutti i momenti è interrotta. Crispi, col viso insaponato, legge la sua corrispondenza e i
giornali del mattino, riceve amici e sollecitatori, detta relazioni a' suoi segretari, è scocciato dalla moglie, ordini al
mastro di casa, fa le barzellette ecc. I modi rovaneschi di Crispi. La barba di Crispi ricorda l'aneddoto del diavolo
quando vestito da forastiere andò dal barbiere che si era fatto beffe di lui e gli porse la guancia. Il barbiere gli disfece la
barba da una parte, poi cominciò dall'altra. Senonchè finita questa trovò che la barba dall'altra parte era ricresciuta
subito. E così via, finchè il barbiere scappò facendosi il segno di croce.
5334. Negli ultimi giorni di sua vita, Fabrizi quando aveva già quasi perduta interamente la memoria e la
percezione e la parola, la riebbe ad un tratto per pochi istanti, sentendo instintivamente entrare nella stanza Cialdini al
quale disse con una voce di tenerezza, d'angoscia, di gioia “Oh Enrico!” - Sotto Corelia (?) in Ispagna, Enrico Cialdini
era stato messo agli arresti. Le truppe muovono arditamente all'assalto; fra i primi è Borso dei Carminati uno dei capi.
Sta per salire primo la breccia, quando, sulla breccia stessa si trova dinanzi, a porgergli la mano, Cialdini. Cialdini che
fuggito dagli arresti, s'era cacciato davanti a tutti nella mischia.
5335. Si corregga l'ultima parte del mio bozzetto “Un prode” (Luigi Vassalli) pubblicato nel 1886 (?) sul
Capitan Fracassa di Roma. Si tratta dell'episodio del mantello. Fu nella ritirata da Rimini che, inseguito dai tedeschi,
Fabrizi stanco a non potere più reggersi, si gettò sul nudo terreno per dormire, disposto anche a cadere nelle mani degli
inseguitori ed a farsi fucilare. Svegliatosi dopo qualche ora, si trovò coperto da un mantello e videsi presso, a vegliarlo,
un giovanetto. Era Enrico Cialdini, che si era tolto di dosso il suo mantello per coprirne il suo capitano. - Fabrizi
rincontrò poi in Ispagna il giovine del mantello e divennero amici.
5336. P.U. “Consiglio di ministri”. Descrivere gli uscieri in anticamera, mentre i ministri sono riuniti a
consiglio. Parodia di una discussione di alta politica. Tipi d'uscieri. L'usciere della presidenza che si crede più degli
altri: il presidente gli ha detto ti prego di fare la tal cosa ecc. Egli spacca sentenze ecc. L'usciere della guerra ecc. - P.U.
“L'Antro dei sollecitatori” alla Camera. L'elettore influente - Il ferito delle patrie battaglie - Gli stoccatori ecc.
5337. Gerghi. V. nel dizionario della Langue verte di Delvau. Abat-faim, plat de résistance - Abcès, uomo il cui
viso somiglia a un tumore “la sua faccia enfiata e violetta sembrava un tumore per scoppiare” - abigotir, diventar
bigotto - imbigottirsi - absinthe (l'heure d') dalle 4 alle 6 ore - accomoder quelqu'un en sauce piquante = batterlo -
accomoder quelqu'un au beurre noir = lui pocher les yeux à coups de poing - Aller à la chasse avec un fusil de toile,
mendicare, portar la bisaccia - Allumer son pétrole, la sua fantasia. Amandes de pain d'épices, denti neri e radi -
Arlequin - piatto dei poveri, composto dei residui delle tavole dei ricchi - avoir le compas dans l’oeil, veder esattamente
- N'avoir pas inventé le fil pour tailler le beurre = être niais - Banque, escroquerie - faire une banque, imaginer un
expédient d'une honnéteté douteuse pour gagner de l'argent, ecc. Nei dizionari di gergo, molti scrittori potrebbero
trovare nuovi colori per le loro stracche tavolozze.
5338. Progetti librari. Si potrebbe illustrare splendidamente e umoristicamente la Cabala (Gabola) con 90
tavole fatte da artisti e descritte da poeti satirici - Un'altra illustrazione interessante sarebbe quella del Marchionn di
gamb avert del Porta.
5339. Miei numeri, 17 e 27. - Il 27 [lacuna] del 1851 naque Edmondo Mayor che fu mio carissimo amico e
tornerà tale. - Il 17 luglio 1886 morì il figlietto di Mayor, dopo pochi dì dalla sua nascita e che io insieme a Bodio avevo
dichiarato all'Ufficio di Stato civile, imponendogli i nomi di Carlo (Dossi) e Luigi (Bodio) - Il 27 agosto 1891 conobbi
Carlotta Borsani - or quasi mia (18 sett. 91).
5340. Montecalvo. Trascrizioni di lapidi - Stemma Beccaria. Hanc ecclesiam - divo Rocho - dedicatam (?) -
Annibal Beccaria suis propriis expensis a fundamentis erexit anno 1580 - Suae utilitati posterumque usui jugem
puteum alte fodiendum eundemque extruendum Federicus Beccaria Annibalis filius suis sumptibus curavit MDXCVI -
3° Provexit ornavit aquarumque copiae consuluit pluviales immittens - Aloisia Caroli Pisani uxor. An. MDCCCXXIII. -
5341. (7-X-1886). Sono, oggi, un orologio i cui congegni - di buona fabbrica - si trovano ancora in buon stato.
Ma se l'orologio cammina, gli manca il pendolo, quindi corre precipitoso o si arresta improvvisamente. E il pendolo non
potrebbe essere che una creatura femmina amante ed amata.
5342. Il comm.
re
Cerboni logismografo e mattoide, già ragioniere generale dello Stato. Scrisse una voluminosa
opera nei cui prolegomeni fa la storia de' Fenici e degli Egizi ecc. per concludere che essendo essi commercianti
dovevano necessariamente tenere una contabilità. Scrive poi che in qualunque atto della vita vi sono tre momenti cioè il
giuridico, l'amministrativo e il contabile. (Anche nel pisciare?) Ciascuno poi di questi momenti è composto di 16
categorie. - Tra le sue espressioni: “Questo fatto s'impernia su due fulcri” (!)
5343. Nel soffitto di una camera di Casa Pisani Dossi in Via dell'Aqua a Pavia era una decorazione del 1800
che rappresentava un intreccio di culi di bambini e di serviziali in azione.
5344. Un ricco milanese, dopo una corpacciata diceva gaudente “piena la panscia oh che bella vita! Peccaa
(aggiungeva con un rutto) che se pò minga fà digerì dai noster servitor!”
5345. Sbarco a Marsala nel '60, secondo la narrazione di Crispi fattami nel 1887 recandoci a Friedrichsruh. - Si
doveva scendere in altro luogo. S'incontrò una nave: alla domanda rispose: English steamer”. Si seppe che la squadra
napoletana volgeva a levante. Videsi una barca peschereccia diretta a Marsala: si pensò allora di volgersi a questo porto.
Detto fatto, vi si entra colle due navi. Una, quella di Bixio, s'incaglia. Scende, primo fra tutti, Crispi, seguito da 60
uomini. Entrano nella città. Il primo incontrato è un frate che grida “Viva l'Italia!”. Si va al municipio. Il decurione
fuggito. S'impadronisce Crispi della cassa comunale, 6000 ducati. Si arresta il secondo assessore per redigere con esso il
verbale del sequestro della Cassa. Intanto, si ode un cannoneggiamento. Spavento nel decurione e sua moglie. Crispi
dice loro che sono cannonate di festa. Si era la squadra napoletana appostata dietro il molo. Ma i suoi colpi o andavano
troppo alti o si perdevano nell'aqua. Due navi mercantili inglesi postesi per caso dall'altra parte impedivano che la
squadra napoletana colpisse i garibaldini. L'unico ucciso dalle palle borboniche fu un povero cane.
5346. Burrini - in lingua romanesca sono i contadini dell'agro romano. Scrive Festo: burrhum dicebant antiqui
quod nunc dicimus rufum, unde rustici burrham appellant buculam quae rostrum habet rufum, quomodo rubens cibo ac
potione ex prandio burrhus appellatur. - Bardus seu stultus a tarditate ingeni appellatur.
5347. In Buganda, paese selvaggio nell'Africa equatoriale, una specie di topo comestibile si chiama musa (CFR.
mus lat.) e i vasi da bere - ebibia (CFR. ebibere) - Mangiare un paese in Buganda, significa governarlo. “Il mangiatore di
Buganda” cioè il suo sovrano.
5348. Cave à liqueur potrebbe con utile comicità tradursi in latino Cave a liquoribus.
5349. Gergo. Quartier souffrant = quartiere dei poveri - spia de' ladri = la luna - philosophie = povertà. (CFR.
povera e nuda vai filosofia) - consolation = aquavite - Sorbonne, boussole = il cervello - oeil aux anchois = occhio dalle
palpebre rosse e prive di ciglia - andouille = persona senza energia - les anglais ont débarqués = la donna ebbe il suo
incomodo mensile - panier à deux anses = uomo che ha una donna a ciascun braccio - boire son perroquet = bere il suo
bicchiere di assenzio verde - avoir une araignée dans le plafond = sragionare.
5350. Di Buridano non rimase che l'asino. - Raide comme la iustice (CFR. mil. ciôcch come la giustizia) -
Redimerò dal peccato la ricchezza tua (uomo onesto e generoso che sta per sposare la figlia di un usurajo) - Cagnolina la
cui lingua vibra continuamente incerta fra le labbra della padrona e il proprio deretano. - Aria corretta col “mistrà” (di
atmosfera leggermente nebbiosa).
5351. Programma di un viaggio allo scopo di perdersi. Non occorre recarsi in Africa o in Polinesia: basta
rimanere in Italia. Bisogna anzitutto far uno studio preparatorio per dimenticare qualunque nozione geografica che possa
esser rimasta in noi. Dimenticare completamente dove sia il nord e il sud, da che parte spunti e dove cali il sole: lasciare
a casa la bussola, l'orario delle ferrovie ed anche l'orologio. Si va naturalmente nelle più inospiti regioni meridionali:
si prende il primo treno o la prima vettura che capita e si scende alla stazione di un luogo che non si conosce. Ci si mette
a camminare senza mai domandare dove si è, e dove si va, senza mai guardare quando ve ne siano le mete colle
indicazioni dei chilometri e delle direzioni… In un viaggio fatto col suddetto sistema si possono avere sorprese ed
emozioni equivalenti a quelle di un viaggio in Africa e ciò senza i pericoli, ecc.
5352. Progetti letterari. Periodico settimanale intitolato “La contraddizione”. Suo scopo: trovar sempre in ogni
questione la nota discorde da quella seguita dalla gran maggioranza, nota però non d'invidia ma di analisi acuta. C'è
un'opera che tutti fischiano. Mostrarne i lati buoni. C'è un'opera che tutti applaudono: scoprirne i lati cattivi. Napoleone
è alle Tuileries: fulminarlo; è a Sant'Elena, esaltarlo… Il giornale dovrebbe avere un carattere eccezionalmente
letterario. Esso non potrebbe fare assegnamento che su un pubblico molto scelto e molto scettico. Parigi sarebbe il suo
ambiente naturale. - Il programma del giornale potrebbe figurare nel L.d.B. e si trova già abbozzato (Vedi relativa
cartella).
5353. E. Mayor colla sua monografia psicologica sui ritratti dei Cesari non fece che eseguire un progetto e
accogliere una ispirazione del Dossi. Questi raccontò a Mayor che voleva suggerire a Lombroso uno studio di statistica
psichiatrica sulle teste de' grandi uomini. Le verità statistiche non appajono che per mezzo delle grosse cifre. Se non è
difficile di raccogliere fin d'ora molti dati per ciò che riguarda le qualità comuni degli uomini, stante la vastissima massa
dei soggetti mediocri, non sarebbe possibile che fra molti secoli di avere un corredo sufficente di dati relativi alle qualità
straordinarie ossia a quelle che costituiscono il genio. I geni non sorgono che ad intervalli ed in numero scarso. I geni
passati restituirono alla terra le loro spoglie senza che nessuno le misurasse e pesasse e analizzasse. È un tesoro che
sembra irremisibilmente perduto. Eppure qualche cosa ne fu salvato, grazie all'arte. A tacere che dall'attento studio
cranico ecc. dei geni nuovi si saprà entrare nella segreta compagine dei geni vecchi, perchè a pari causa, effetti pari,
l'arte antica ci ha lasciato sculture e ritratti che, interpretati a dovere, possono, se non sostituire la sperienza effettiva,
attenuare in certo qual modo il danno della sua deficienza. L'arte antica specialmente romana se usciva dai confini della
realtà scolpendo o dipingendo esseri fuori dal vero come gli Iddii, attenevasi scrupolosamente alle forme reali nei ritratti
degli uomini, specialmente nel busto. La serie dei busti capitolini (principi e filosofi) è una splendida prova di ciò.
Vedi anche busti vaticani, busti del Museo Torlonia alla Lungara ecc. Qui l'arte è sinceramente umana: non è un
modello ideale unico che guida la mano dell'artista ma la varietà infinita. Ogni busto è una biografia. Nella testa di
Catone leggiamo la cocciutaggine, in quella di Marco Aurelio la solenne bontà, in quella di Cajo Caligola la vanitosa
pazzia, ecc. È una miniera, questa, inesplorata ch'io sappia di cranioscopia. Credo che su quelle teste di marmo si
potrebbero misurare gli indici cefalici e far studi come su teste vere ecc. ecc.
5354. Progetti letterari. Nuove preghiere, in cui si trovino unitamente alla elevazione alla Divinità i sentimenti
moderni. Monsignor Bignami tentò il lavoro ma non riuscì. Aveva la più pura volontà; gli mancavano idee e stile.
Prendere per temi delle preghiere gli stessi del libro di Bignami. Vedi Cart. dei Progetti - Altro libro utile sarebbe uno di
“Nuove prediche”. I parroci delle nostre campagne fanno dal pergamo ai loro parochiani disquisizioni teologiche
incomprensibili non rado a loro stessi. Quanto invece gioverebbe una predica umana, a consigli morali, a eccitazioni di
bontà, intermezzata anche d'insegnamenti igienici e agricoli, secondo i paesi e i momenti! Suggerii tal lavoro al mio
buon amico Don Jacopo Patri, parroco di Montecalvo, persona colta e buona ma egli, nelle strettoje della
prestidigitazione teologica e del bizantinismo pontificio, non sa risolversi a mostrarsi com'è semplice e sincero.
5355. (1887) Motivi di poesia. - I. L'aspettata. - Da bambino io l'attendo. Ne' sogni della mia infanzia era il
grembo della donna che avrebbe raccolto il mio delicato corpicino e riscaldato e dolcemente addormentato: giovane la
sognai incendiatrice di poesia, guida all'immortalità. Uomo, vedevo in essa la mia fedele compagna, la madre de' miei
figliuoli: vecchio la figlia amante sulla quale mi appoggio come Re Lear sul braccio di Cordelia, e prega Iddio con me.
Passò l'infanzia, la gioventù, la virilità, e la donna ideale non mi apparve. Eccola infine. È la madre nel grembo di cui
riposerò la stanca mia testa, è l'amante nelle cui braccia avrò immortalità, è la sposa che mi darà figli non perituri, è la
figlia che mi condurrà a Dio. È la pallida e cara morte.
5356. Amo la luna e il sol non ne è geloso… - La mia volontà è ne' tuoi occhi - Quante fanciulle amai, nessuna
mai mi amò -
5357. La morte del cuore (1887). Tema per versi. Dal primo battere delle sue ali, il mio cuore cominciò a
vagare cercando il cuore gemello al quale congiungersi. Tutti i cuori che incontrava o erano già accoppiati o erano
troppo differenti da lui. Uno troppo piccolo, l'altro troppo grosso, uno troppo acceso, l'altro troppo gelato. Finalmente ne
scoperse uno che pareva lo attendesse. Era un cuor virginale e che fremeva musicalmente. Gli si pose a lato, le loro ali
sfioraronsi: per un istante credette di non esser più solo. Ma il nuovo cuore si stacca improvvisamente da lui e fugge. Il
povero mio cuore si ritrova solo. Tenta riaprire le ali e tornare al suo malinconico volo. Impossibile! Inutili sforzi. La
stanca ala gli cede. Non può p alzarsi. Si trascina malamente sul terreno come colomba ferita e scoppia rigando il
suolo di sangue e lagrime.
5358. Preghiera ad Elvira (1887). Se difesi - o adolescente Elvira - le tue ossa dalla massa villana e copersi
di fiori la breve tua tomba e di baci la tua imagine e d'immortale affetto il tuo ricordo oh vola, vola, a colei che adoro e
di amarmi le inspira. - Non vi ha giovinetta più di lei modesta e cara. La sua anima musicale è una corda di quell'arpa di
cui fosti tu pure minugia ed io sono. - E la tua anima scenda sul suo violino o sorga dai tasti del suo pianoforte dond'ella
evoca suoni con mano maestra e a lei ricordi il mio nome e le renda grato il mio viso, incendendola della mia fiamma. -
Oh Elvira mi sia tu misericordiosa e propizia. Se da te inspirato, il cuore di quella gentile volgerà verso il mio, se io
potrò nelle sue braccia placare l'amore che mi consuma, e coprirla tutta di baci come io copersi la tua imagine, non
mancheranno mai fiori freschi alla tua tomba. Io e lei, vi appenderemo intorno corone piangendo di dolore per te e di
gioja per noi.
5359. Desiderio. Baciando i baci di fanciulla amante e posando sul fragrante suo seno e nella sua voce soave
vorrei l'amore che tocca il cielo ed è dal cielo abbracciato - O almeno vorrei, scambiando con una gentil lontana fiori e
sospiri desiderosi e guardando insieme all'ora stessa la luna, l'amor che guarda il cielo e il ciel lo guarda - O almeno,
inginocchiato dinanzi a donna che adoro e non mi guarda, che supplico e non m'ascolta donna che adoro e passa fredda
e sdegnosa senza farmi la carità di uno sguardo e mi lascia ginocchioni colle mani giunte in mezzo la via, vorrei
l'amore che prega il cielo e il cielo gli è muto. - O almeno ancora, odiato da una donna amante, bellissima e senza pietà,
vorrei l'amore che ha il cielo irato e n'è percosso - Ma l'amore mio non ha sul labbro baci - nè lontani sospiri - nè sdegni
- nè odi. Nè rose nè almeno spine circondano il mio cuore. Egli batte disperatamente solo e muore deserto.
5360. Hoc est factum monumentum - Maarco Caicilio - Hospes gratum est quom ad meas restitieis sedes - Bene
rem geras, valeas et dormias sine qura (Via Appia).
5361. Sotto un brutto dipinto di Cristo in un quadrivio campestre: O passeggier benchè ti sembri un mostro - io
sono Gesù Cristo Signor nostro -
5362. Il nome di Duomo (domm in milanese) per indicare la chiesa maggiore può essere derivato o da domus =
casa (la casa per eccellenza) od anche dalle 3 lettere D.O.M che si leggono sul frontone dei templi (Deo optimo
maximo) o come le interpretava quel parroco dell'epoca napoleonica “Demanius omnia manducavit”.
5363. Nel 1849, credo, a Roma erano tre generali francesi: Cacaud, Saint-Malo, Maury. Il popolo romano li
chiamava tutti e tre insieme. Cacò, s'ammalò, morì. (CFR. col veni, vidi, vici)
5364. Nel 1859 in Lombardia, dopo gli entusiasmi specialmente femminili per l'esercito francese sedicente
liberatore, i bambini lombardi (così contava un burlone) non gridavano più nascendo oè, oè, ma oui, oui.
5365 Una principessa Sciarra romana, ignorantissima, passando dalla casa di una sua amica francese le lasciò
scritto “Chère amie, je suis constipée, je ne puis salir l’echelle”.
5366. Bacio a marmitta (kýtra) prendendo per le orecchie il bambino a baciare (Polluce X. 100 - Plutarco, de
auditu - Tibullo II. V). Giuoco del bacio (kynetìnda) presso i greci. Giovanette e giovincelli danzavano a tondo, intorno
ad una ragazza che sceglieva con un bacio a marmitta il garzone col quale accompagnarsi.
5367. (Da Burton, Anathomy of melancoly) Lucifer delivered into chains of darkness - L'origine della medicina
omeopatica può rintracciarsi nella famosa lancia di Achille che feriva e sanava: una eademque manus vulnus opemque
feret - Ut filii non tam possessionum quam morborum haeredes sint. - And sure it hath been ordered by God's especial
providence that in all ages there should be (as usually there is) once in 600 years a transmigration of nations to mend and
purify the blood of families, as we after seed upon our land. - Malinconico come il bimbo di un vecchio - (della birra)
Stygiae monstrum conforme paludi - …Nil spissius illa - dum bibitur, nil clarius dum mingitur, unde - constat quod
multas faeces in corpore linquat - Offellius Bibulus, qui, dum vixit aut bibit aut minxit - Burton scrive seriamente degli
angeli e dei diavoli buoni e cattivi, citando autorità, e li divide in classi e sottoclassi e parla delle loro dignità,
operazioni, studi ecc. (I diavoli) jactant se laedere quando non laedunt.
5368. Una signora dicevami che da ragazza era tanto delicata che si sentiva stancare solo nel veder gli altri a
lavorare.
5369. La Svizzera battè pur essa bandiere di mare. Quando il Giappone aperse i suoi porti all'Europa, gli Stati
Uniti d'America furono i primi a stipulare trattati con esso, credo nel 1862. Poi seguì la Svizzera. Aimé Humbert,
plenipotenziario elvetico, noleggiò un treponti in Olanda, vi issò la bandiera della Confederazione e recatosi in
Giappone vi concluse uno de' migliori trattati. - L'emigrazione dal Canton Ticino è di circa 15 o 20000 persone ed è
subito sostituita da altrettanta immigrazione italiana. Esce chi è adatto a lavori di fatica; entra solitamente il terrazziere. I
ticinesi vanno a fare il caffettiere, il pasticcere ecc. a Londra, il bronzista, lo stuccatore a Parigi, il caldarrostaio e il
cappellajo in Lombardia. Molti tornano ricchi. Un Bernasconi recatosi in America rincasò in età ancor fresca con
parecchi milioni: si fa venire ancora il cuojo dall'Argentina per farsene scarpe - roba grossa, da Alpigiano: il Bernasconi
frodò anche le dogane italiane, a tiro di quattro, col legno imbottito d'orologi. - In talune valli del lago di Lugano
troviamo il tipo romano, ultime immagini del centurione antico, presso il tipo sbiadito germanico. I carbonai e gli
s'ceppa legna delle valli luganesi davano il dialetto per le canzoni carnevalesche milanesi antiche. Meestar Hagadel,
uno dei condannati nel processo politico del 1821 fatto dall'Austria, rifugiatosi a Lugano lasciò parecchie migliaja di lire
di reddito alla Repubblica italiana. Sin qui l'esecutore testamentario (Gabrini) non riuscì di ottenere che il Governo
italiano - governo regio - accettasse il legato per l'espressione usata dal testatore. - Propaganda evangelica nel Canton
Ticino. A Biasca ecc. si predica sulle piazze in mezzo al generale rispetto. E ciò mentre il Cantone è in mano del partito
degli oreggiatt (orecchioni) - i clericali.
5370. Conconi dice - il mare! cosa è infine questo mare - on navili senza sponda.
5371. (1891). Zia Elena, sorella di mio padre, oggi ottantatreenne, si ricorda ancora di quando, bimba di 3 anni,
fu presa una notte nuda dal suo lettino e portata in sala e baciata da Ugo Foscolo che ammirò la sua bellezza.
5372. Un Pisani Alessandro scrisse - Lettres sur divers endroits de l'Europe, Asie et Afrique parcourues en
1788-89 - Londres Dennelt 1793 - Viaggio pittorico per alcune parti d'Europa, Asia ed Africa con osservazioni sullo
stato attuale della società e degli avanzi di antichi edifici - Londra, 1793, con i disegni di J. Stuart (in inglese).
5373. Nella Chiesa di Montecalvo di patronato Pisani Dossi si vedono ancora scolpiti nei due panchi di sinistra
dinanzi l'altare gli stemmi Pisani. - Una strada che scende ripida dal castello si chiama strada Pisana. - Nel 1891, A.
Pisani Dossi, patrono, ottenne per la Chiesa di Montecalvo un breve del papa che accorda l'indulgenzia plenaria ad
septennium il giorno della festa di S. Alessandro Martire (26 agosto celebranda la prima domenica di settembre) -
Presentò pure alla Chiesa, a nome del Cardinale e Principe di Hohenlohe un reliquiario co[n] 34 reliquie de' maggiori
santi, già della famiglia romana Colonna, poi conservato nella cappella della tiburtina Villa d'Este.
5374. (1891 - 10 sett.). Conosco un signor Amati, agente di casa Arnaboldi, dimorante a Casco presso
Montecalvo. Mi narra che fu presentato nel 1848 a Garibaldi da mio nonno Don Carlo. Garibaldi era appena reduce
dall'America. Andarono a bere insieme. Trova ch'io sono somigliantissimo al nonno. Don Carlo regalò a sua moglie un
bel anello antico con cameo nero.
5375. Il S.
r
Amati (V. n. 5374) racconta parecchi aneddoti sul [parola abrasa] della famiglia Cairoli. [rasura]
Benedetto era praticante nello studio del pavese avvocato Mai, il quale, sperimentatolo per citrullo, si meravigliava poi
come sifatta bestia fosse giunta ad aquistarsi tanto credito e popolarità. Essendo stati sequestrati i beni dei Cairoli, per
poterli riavere si doveva come d'uso fare un'istanza all'I. R. Governo. Benedetto la fece, Mai la tradusse in tedesco.
Presentata, fu subito esaudita. Causa della insolita premura fu l'esservi stato unito un attestato del generale D'Aspre,
intimo amico di D.
na
Adelaide, da cui il generale diceva di esser sempre stato trattato con ogni riguardo ed onore in casa
Cairoli, anche recentissimamente. - Il giorno in cui abortì la congiura Barsanti (così asserisce Amati) B. Cairoli era sulla
porta della sua casa di Groppello attendendo ansioso l'annuncio della proclamazione della repubblica italiana.
5376. Tranquillo Cremona ajutò talvolta il pittore Lazzari a fare le sue marine. Il Lazzari pittore in miseria
portava sempre un cappellaccio. A chi chiedeva perché il Lazzari non mettesse nelle sue marine in burrasca che due dita
di cielo, Tranquillo rispose: Lazzari non ne vede di più perchè è impedito di più vederne dell'ala del cappello.
5377. (1886-15 luglio) Visito Cantù nell'Archivio di Stato di Milano e gli presento un permesso del Ministro
Depretis per prender visione ed appunti sul processo politico 1821 e sul mio nonno C. P. D. Cantù ha una faccia
sospettosa e arrovesciata. Pure, mi accompagna nell'archivio segreto. Dice che poca fede va data a simili processi perchè
“allora abbiamo tutti mentito”. Vuol dare ad intendere di essere stato anche lui cospiratore. Grazioso quel suo atteggiarsi
ad ex-martire.
5378. Luigi Bodio, statistico. Il nonno paterno di Bodio (milanese del vecchio stampo) aveva per massima che
quelli soli che volevano fare il prete dovevano studiare: gli altri non avevano, secondo lui, tal bisogno. Perciò si limitava
a far apprendere a' suoi figliuoli il leggere, lo scrivere e il conteggio. - Il padre di Bodio, chincagliere, aveva bottega
sotto i portici dei Figini. Quando i portici furono demoliti per allargare la piazza del Duomo, sembrò demolito egli pure:
chiuse bottega e non seppe più darsi pace. Tutti i giorni si recava sulla piazza del Duomo, sull'area dove sorgevano i
portici e indugiava malinconicamente sul posto dello scomparso negozio - Il padre di Bodio era di una onestà unica.
Vendendo certi bastoncini di canna di zucchero, si compiaceva di mostrare all'aquirente la loro elasticità. Ne prendeva
uno, lo piegava contro terra - tac - il bastoncino si spezzava. Allora diceva: quest l'è per - ne prendeva un altro,
ripeteva l'esperimento: e la canna sottile si rompeva ancora. “E anche quest l'è per mì” - e così via finchè trovava un
bastoncino che vinceva la prova. Offrendo il quale all'aquirente diceva tutto contento “E quest l'è per lu”, glielo
faceva pagare più del prezzo usuale. - Arrivavano di tempo in tempo in negozio casse di balocchi. Del coperchio restava
aperto qualche piccolo vano. Il piccolo Gigi Bodio e i suoi fratellini v'introducevano dentro le curiose ditina e ne
cavavano fuori a sorte, ora una marionetta, ora una pecorella ecc. Gigi Bodio si ricorda specialmente una certa cassa
sulla quale era scritto “cani e gatti” - Bodio aveva conosciuto Matteucci a Milano in una conversazione. Sapendo Bodio
il tedesco, Matteucci l'aveva chiamato in un angolo della sala pregandolo di volergli a voce tradurre alcuni passi di un
libro che teneva fra le mani. Era un libro di uno scienziato tedesco in cui si dicevano corna di Matteucci come fisico ecc.
Passò qualche mese. Matteucci, nominato ministro della Istruzione Pubblica, chiamò tosto Bodio al suo gabinetto. Capo
di questi era nominalmente Cesare Donati, di fatto Bodio. L'orario di Matteucci era stranissimo perchè il Ministro si
metteva talvolta al lavoro alle 3 dopo mezzanotte, cosicchè i suoi segretari dovevano essere in piedi a quell'ora. Ma la
maggior parte, salvo Bodio, dormiva. Bodio lavorò 7 mesi con Matteucci, senza un soldo di paga.
5379. Il padre di Adelaide Maraini era Giovanni Pandiani, scultore. Aveva la malattia morale della
“controvolontà”. Ogni sera, lasciando lo studio, nel far girare la chiave nella serratura non sapeva mai precisamente se
chiudeva o no. “L'è avert, l'è saraa”, diceva a mezza voce, volgendo e rivolgendo la chiave finchè non sapeva più se
fosse aperto o chiuso. E in istrada, tornando a casa colla moglie o la figlia continuava a fare calmee se la porta era o no
chiusa, finchè, nel dubbio, finiva a tornare allo studio e lo trovava aperto - Pandiani, prima di andar a letto, barricava la
porta. Non c'era nulla da portar via, salvo le statue difese dal loro peso, ma, si sa mai! Tutte le sere era uno strascicare di
mobili contro l'uscio. Vi metteva contro il pesante coumod, poi su, una sedia, poi, sulla sedia un catino e nel catino un
lume. E diceva “se i ladri vengono, il lume cadrà nel catino e farà rumore”. Alla mattina poi, quando il lattivendolo
picchiava all'uscio, la scenetta di disfare la barricata era comicissima. Così pure, inchiavando la porta interna dello
studio, Pandiani vi applicava una stanga e posava su questa il candeliere acceso. E diceva alla moglie e alla figlia:
vedete, se il candeliere sta sulla stanga, è segno che la stanga c'è. Se la stanga non fosse, il candeliere cadrebbe. Giurate
che il candeliere sta sulla stanga ecc. - Pandiani era sempre all'asciutto, nonostante i grossi guadagni che faceva come
scultore. Portando a casa il sacchetto del denaro, la prima impresa era quella di contare le svanziche. Fatto il primo
conto, gridava tutto giulivo alla moglie: si sono sbagliati; cento svanziche di più; stasera andremo al teatro - La moglie
gli suggeriva sommessamente di rifare il conto. Pandiani, brontolando, lo rifaceva e trovava cento lire di meno. Allora si
disperava. “Bricconi, ladri” diceva. - Insomma non gli riusciva mai di avere la somma esatta. E col denaro voleva subito
pagare tutti i debiti. La moglie lo consigliava a dare degli acconti, perchè altrimenti non sarebbe loro rimasto abbastanza
per tirare innanzi. Ma che! egli voleva pagare i debiti - Paga e paga, rimaneva a mani vuote - Altra impresa difficile per
il Pandiani, come per tutti gli scultori, era quella di scrivere una lettera. Consumava solitamente per ogni lettera un pajo
di dozzine di fogli, poichè sbagliava sempre o il nome della persona cui scrivere o la data o il ragionamento. Ricopiando
poi in bella la minuta, ometteva sempre qualche pajo di linee. - Il Pandiani amava le decorazioni e ne aveva parecchie.
Quando si metteva in marsina per recarsi a qualche festa o ricevimento, tutta la casa era sossopra. Faceva correre tutti a
prendere questo o quello: poi s'impazientava se la moglie o le figlie gli giravano intorno. “Non movetevi, diceva, che me
fee sudà.” Quindi usciva: ma subito rientrava tutto scalmanato. Aveva dimenticato le decorazioni. “E la cadenella! -
gridava - e la cadenella!” - Pandiani aveva delle innocenti furberie. Tornando a casa tardi, camminava svelto brandendo
allegramente la sua canna. Appena alla soglia della porta di casa, si faceva zoppo, appoggiandosi dogliosamente sul
bastoncino. Ma la moglie e le figlie lo avevano già visto, sano, dalla finestra. - Adelaide figlia di Gio. Pandiani moglie di
Clemente Maraini uomo di grande ingegno. A 16 anni Adelaide mal conteneva la sincerità de' suoi moti. Tale ch'era
stato in America veniva spesso in sua casa e tediava tutti colla sua voce e i suoi racconti monotoni. Narrava sempre
dell'America e ripeteva in maniera asfissiante la frase “facciamo un passo indietro”. Or un giorno, incominciando egli a
dire “per on pass indree” la giovinetta Adelaide non seppe più tenersi e preso un cuscino dal canapè si pose a darlo
addosso senza pietà al seccatore, il quale sotto la improvvisa tempesta, più non sapeva che fare e dire. Adelaide non
cessò che all'ingiunzione della madre e si rimase tutta confusa - Altra volta giocavasi in casa sua a far girare una tafferia
(basletta). I giovani dovevano uno appresso all'altro raccoglierla prima che cadesse. Venne la volta di certo francese,
grosso, che aveva un culo tondo e colossale, il quale francese nel chinarsi in fretta s'ebbe spaccati i calzoni sul deretano.
Adelaide non po trattenersi di dargli con la mano una rumorosa sculacciata. - Adelaide diventata Maraini era un a
passeggio, modestamente vestita come al solito della sua giacca. Ricordò una conoscente, la prefettessa Gadda, e così,
com'era, si recò a visitarla. Nella sala prefettizia era circolo. Dame abbigliate in gran lusso. Entrando la Maraini vestita
alla buona, fu accolta da occhiate di traverso. La Gadda non le rivolse che qualche parola, non parlandole che d'arte.
Allora la Maraini si accorse d'esser vestita male e si congedò. Giunse a casa infuriata: voleva ad ogni costo mandare alla
Gadda uno de' suoi manichini, abbigliati in gran lusso, si diede anzi premurosamente a pulirne e vestirne uno. Avrebbe
dato seguito al suo proposito se il marito Clemente non vi si fosse opposto.
5380. (1886 giugno) Fra le due Adelaidi Maraini. Non so se più amo la figlia o la madre. Ma ahimè! per la
prima naqui troppo tardi e per l'altra troppo presto. Rimango tra esse dando una mano all'una, e l'altra all'altra senza
poter abbracciare nessuna delle due.
5381. [Nota, di circa quattro righe, abrasa]
5382. Carlo Cattaneo diceva scherzando: mi capissi propri perchè ghe l'avii sù tant coi todesch che ve fann
inveci inscì comod. Guardee: lor ne fann de giudes, lor ne ciappen i lader: ven la guerra, hin lor che ne fann i soldaa ecc.
Ve accorgiarii quand dovrii fà vialter i todesch!
5383. Edmondo Mayor, già mio amico e che tornerà, spero, amico mio, aveva 6 anni e si trovava sul lago di
Ginevra a Montreux nella vecchia casa Mayor. Un chiese al babbo non so quanti centesimi. Il babbo glieli negò.
Allora Edmondo si propose di guadagnarseli. Detto fatto, scappa di casa, va all'imbarcadero del lago, e si offre a portare
la sacca a chi scende dal battello a vapore. Una signora gli la sua valigetta. Edmondo gliela porta a casa e si
guadagna dodici soldi. Il dì appresso la signora, amica della mamma di Edinondo, va a far visita a questa e riconosce nel
bambino della S.
ra
Mayor il suo piccolo facchino - Altra volta, Edmondo, sentendo che lo si voleva condurre in collegio,
si asserragliò in una certa capanna fatta di assi del giardino di casa, e vi si difese sifattamente che non potè esser preso se
non dopo che ebbe consumata tutta la sua provvisione di ciottoli e di assi.
5384. Agostino Bertani mandò il suo ritratto a Paolo Gorini con questa epigrafe. - A Paolo Gorini -
conservatore e distruttore della carogna umana - L'amico Agostino Bertani - offre e raccomanda questa imagine sua -
perchè, ricordandolo affettuosamente - come suo ammiratore - gli propizii i misteriosi fuochi - che combureranno la
logorata carcassa - 24 febbrajo 1879 -
5385. Gorini era amantissimo dell'“Ars amandi” di Ovidio e ne citava spesso i versi. E difatti è un poemetto
pieno di sapienza - Fra gli amici di Gorini, porre Carlo Francesco Nocca di Pavia, morto nell'agosto 1886. Studiava
chimica e geologia sperimentale, ma tutto il suo edificio scientifico si ridusse alla fabbrica di una gran torre nella quale
aveva fatto il suo laboratorio più da negromante che da chimico. Eresse anche, a sue spese, una statua a Volta nel cortile
dell'Università.
5386. L'umore milanese o lombardo oggi è quasi irremissibilmente perduto. Invano cerchi qualche scampolo di
quella stoffa ambrosiana che diede Manzoni, Cattaneo, Bertani, Gorini, Vassalli, Rovani, e molti minori. Era gente di
alto ingegno e insieme cavalleresca, amabile e bonariamente spiritosa. Nutriti di Rossini e di Porta, erano amanti della
gonnella, senz'essere puttanieri, erano giocondi senza mai essere sguajati. Oggi si è loro sostituita la volgarità,
l'ingrugnatura, il portinarismo del Secolo, il bohemismo scimiottescamente francese ed odioso; l'ubbriaco che rece al
brillo che canta, ecc.
5387. Certo Manara, bel tipo milanese l'aveva coi provvedimenti contro l'idrofobia. Diceva “tutti moeuren de
tifo, de fever acutta… nissun de idrofobia. E tutti se scalmanen contra i pover can. Ghè on tifo che porta via mezza la
contrada, e ven nanca foeura el mazzacan”.
5388. Arme Marozzi di Pavia (parenti miei) d'azzurro alla stella d'oro a sei raggi cimato d'oro con aquila nera
ali spiegate - coronata - Arme Quinterio di Lodi (famiglia di mia madre) d'argento al leone quadripartito di rosso e
azzurro tenente un anello d'oro. - Altro stemma Marozzi: 1 d'oro all'aquila nera linguata di rosso e coronata d'oro - 2
d'azzurro alle fiamme di rosso - 3 d'azzurro al cavallo bianco (rozza) uscente dal mare al naturale tenuto da mano con
briglie rosse. È un rebus araldico MAR-ROZZA
5389. All'aneddoto già registrato del villano bidello dell'Ambrosiana al quale Rovani disse che “non sarebbe
più tornato in biblioteca finchè egli ci fosse stato e sarebbe tornato presto” “Non tornerò più quì finchè ci sarete voi e
tornerò presto” come avvenne infatti per la morte, quasi subita, del bidello - si aggiunga - che Rovani si vide venire a
casa gli eredi a portargli danaro con vivi ringraziamenti. Il morto bidello era ricco, avaro e cattivo. Naturalmente Rovani
rifiutò, ma gli eredi gli vollero dare ad ogni costo un pranzo.
5390. Far ricerca di una canzone di A. Ghislanzoni, pubblicata in uno de' suoi giornaletti (o Capriccio, o
Giornale per ridere ecc.) e descrittiva di Rovani. Ricordo questi versi. È Rovani che parla. “In riva del naviglio - io
naqui e trassi i - il soldo d'applicato - consumo dall'Hagy - …Quando i ronzini trottano - e il carro non traballa - può
rimanere in stalla - il nobile corsier - …La storia de' cent'anni - ad intervalli scrivo - se un altro secol vivo - la leggerete
un dì. - …del vecchio Lambertin (?)…
5391. (Dal Vol. I delle opere di Mazzini) Nella Prefazione, Mazzini scrive “non ho serbato mai note, copie di
lettere o memorie di date”. 1821, aprile. Mazzini in Genova, d'anni 13 - 1827, prime pagine scritte da Mazzini pella
Antologia di Firenze che non le pubbli - “Io non credevo allora (quando scrisse la lettera a Carlo Alberto) credo
oggi che possa dalla monarchia, venir salute all'Italia, cioè all'Italia come io la intendo o come la intendevamo tutti
pochi anni addietro, una, libera, forte, indipendente da ogni supremazia straniera e morale e degna della propria
missione”. - “Noi siamo di quel popolo che Bonaparte ricusava di unire perchè lo temeva conquistatore di Francia e
d'Europa” (1831 - Lett. a C. Alberto) - Nello statuto della Giovane Italia (1831) Mazzini parlava per le isole italiane di
una organizzazione amministrativa speciale. Con l'Italia unita voleva però la liber comunale. Nel giuramento
d'iniziazione, gran sciupio della parola “Dio”. Nel giuramento: “giuro di consacrarmi tutto e per sempre a costituire
l'Italia in nazione una, indipendente, libera, repubblicana”. La Giovane Italia chiudeva il periodo delle sette ed apriva
quello delle Associazioni educatrici (V. in Bianca Milesi Mojon - Processo del 1821) - “Io piego la testa, dolente, alla
sovranità nazionale, ma la monarchia non m'avrà impiegato nè servo”. -
5392. Bianca Milesi Mojon sorella di mia nonna, diede, nel 1831, commendatizia a Mazzini che recavasi a
Parigi in esiglio, per Sismondi. Sismondi, ai molti esuli italiani che gli stavano intorno e pendevano dalle sue
inspirazioni, predicava il federalismo.
5393. Nel 1831 in un Comitato che stava preparando un'invasione dalla Savoja entrava un Pisani. - Tra i
fondatori della Giovine Italia (Marsiglia, 1831) Nicola Fabrizi, Gustavo Modena, Melegari, ecc.
5394. Per comprendere interamente la critica rovaniana vuol esser letto Mazzini. La letteratura del primo
cinquantennio del secolo XIX aveva certamente intenti più nobili della attuale: l'attuale ha migliori forme di quella.
Quando si riuniranno i due elementi?
5395. Agostino Depretis deputato di Stradella sedeva a sinistra nelle file dell'opposizione. Parlava di rado, ma
con vigore e con senno. Poco splendido ma molto succoso. Benchè ardente democratico, il suo contegno era d'uomo
freddo e riservato; più caldo forse nelle opere che ne' consigli. La democrazia, che capitani non vuole perchè indomita e
riottosa, gli mostrava molta deferenza, non disputata che da Lorenzo Valerio, benchè in sostanza l'uno l'altro
fossero veracemente seguiti mai… Nuovi tempi lo attendevano. Governatore in Brescia con Garibaldi, ministro a Torino
con Rattazzi, ecc. (brano trascritto, da chi?).
5396. Nel 1848 erano stati eletti deputati Gabrio Casati ed Alessandro Manzoni ma cessarono dal mandato.
Gabrio Casati fu poi ministro, nato da una crisi provocata dalla Lombardia, in un ministero composto interamente di
lombardi. Non destò in Piemonte molta confidenza e non ebbe alcun prestigio.
5397. La polizia sarda, dopo il 1849, sembrava agli stipendi dell'Austria.
5398. Elezioni del 1886. Cesare Correnti invitato dagli elettori di Milano di far conoscere le proprie idee, dopo
che già tante volte le aveva espresse, preparò, irritato, una lettera che incominciava: Chi sieto? dove andee? che mestee
fee diceto!... continuando poi in lingua italiana. Mostrò poi la lettera a Depretis Maraini dice che la mostrò a lui, che
gli suggerì di levare la frase milanese perchè avrebbe consigliato come risposta il successivo verso “foo el cavalier (o
meglio foo i cavalier) vivi d'entrada” etc. - Correnti chiamò poi Maraini cui lesse la lettera, avvertendolo come a
preambolo che in essa non si vantava che di due cose, del traforo del Gottardo, e de' nuovi quartieri di Milano. Per
questi ultimi chiedeva a Maraini la concessione morale del suo privilegio, che Maraini (il quale fu il vero primo ideatore
della nuova Milano) gli accordò ridendo, mentre Correnti dei nuovi quartieri di Milano non si era mai occupato, neppure
in sogno.
5399. Nel discorso letto da S. E. Correnti, ministro della Pubblica Istruzione, per l'apertura del Museo Etrusco
a Firenze, 12 marzo 1871 - (volume stampato a Firenze coi tipi Lemonnier, 1871) è scritto testualmente: E in questo
caso sopratutto non mi è difficile ingrato il ricordare che nell'uso del popolo fiorentino, balio, dicono, della lingua
nazionale, tanto vale ministro quanto esecutore e serviziale...
5400. La “giornada del bò” (giornata del bue) frase dell'Oltrepò pavese per dinotare un giorno senza nube. Due
proprietari avevano scommesso, il primo, di dare all'altro un bue ogni perfettamente sereno, l'altro di dare al primo
una pecorella ogni in cui ci fosse qualche nuvola, per quanto piccola. Il bue non fu dato mai. Quello delle pecore si
rovinò completamente.
5401. 1878. Crispi, ministro dell'Interno, sposa la 3
a
moglie, dopo di aver presentata la seconda (la
Montmasson) a Corte. La regina, ricevendo una mattina i ministri salutò tutti, salvo Crispi cui volse le spalle. Quella
stessa mattina la regina aveva trovato sulla sua toeletta una copia fotografata dell'atto del matrimonio religioso celebrato
a Malta tra Crispi e la Montmasson. E chi l'aveva messo sotto gli occhi della regina era stato - Nicotera. - Nel marzo
1887 Depretis offerse a Crispi un portafogli. Crispi pose come condizione l'entrata di Zanardelli nel Ministero. Depretis
inclinava ad accettare, ma Zanardelli avendo chiesto consiglio a Cairoli, questi pose il veto. - (9 marzo 1887) Vigilia
della riapertura della Camera: sono alle 6 p. nel gabinetto di D.
na
Amalia Depretis. Nella stanza da letto vicino a noi è
raccolto il consiglio dei ministri intorno al letto del Presidente Depretis, malato. Donna Amalia si sfoga con me a dir
male di parecchi ministri e specialmente dell'altezzoso e ignorante Robilant. Io patrocino la causa di Crispi e mi si
ascolta con piacere.
5402. (Frammenti di note della 1
a
visita a Friedrichsruh con Crispi. Mayor tenne e avrà certo ancora un diario
particolareggiato). 1 ottobre 1887. Nel nostro vagone-salon, noleggiato dai Fratelli Gondrand e mezzo sconquassato, si
giunge la sera a Luneburgo. Con treno espresso mandatoci da Bismarck si arriva a Buchen dove troviamo il conte
Erberto di Bismarck. Il conte sale nel nostro vagone assieme al suo segretario conte di Pourtales. Si giunge a Friedric[h]
sruh. Il principe-cancelliere è alla stazione a ricevere Crispi. Accoglienza affettuosa. Si va in carrozza a casa distante
cinque minuti dalla stazione. Casa signorilmente modesta. Cena. Il principe e la principessa amabilissimi. Ricordi
antichi. Avendo Crispi rammentato il trattato di Parigi quasi tutto morto, Bismarck ricorda quello di Berlino osservando
che anche di esso “il n'en reste pas grande chose”. Si parla della piccola Prussia, quando Manteuffel ambasciatore
prussiano fu lungamente fatto aspettare a Parigi. “Se fossi stato io” dice Bismarck “non avrei certo aspettato”. Si
accenna al sistema parlamentare, si parla degli interruzionisti alle Camere. Crispi ricorda di aver detto a uno di essi “qui
interrompt ne sait pas parler”. La principessa non fu mai alla Camera. Dopo pranzo Bismarck offre sigari e fa portare
bottiglie di birra. Colla sua lunga pipa in bocca il principe loda i benefici fisici e morali del tabacco. Il principe fuma
tre pipe ogni sera. Essendo un soporifero, rende più calmi i discorsi: poi la preoccupazione di chi ha in mano uno
sigaro o in bocca una pipa, perchè non si spenga, modo di calcolare e di far risaltare le proprie frasi. - Bism. si
meraviglia che Crispi non fumi nè beva. Salvatore, servo di Crispi, mi riferisce che il cuoco di Bism. gli ha chiesto che
cosa il ministro sia venuto a fare a Friedric[h]sruh. - 2 ottobre 1887. Il principe entra alle 10½ nella camera di Crispi
dove mi trovavo. Bismarck domanda scusa di essersi levato tardi. Domanda a Crispi se ha preso il suo latte. Cr. gli
chiede se non va più a caccia. Risponde: “j'ai pitié de ces pauvres bêtes”. Bism. domanda il permesso di andare ad aprire
il suo corriere, dicendo che torneda Cr. Dopo un'ora un cameriere viene ad invitar Cr. a nome del principe di passare
nel suo studio. I° lungo colloquio col Cancelliere. - Nella giornata passeggiata nel parco. Pioviggina. Il principe e Cr. in
una carrozzella. La principessa avvolge Cr. nel mantello del cancelliere - un mantello che aveva veduto la guerra del
1870. A tavola il dott.
r
Schweninger, medico fidato di Bismarck, che lo aveva salvato da un esaurimento nervoso
gravissimo colla cura specialmente delle arringhe salate. Schweninger fa un po' come quel segretario di Sancio Pancia
all'isola Barataria che gli inibisce il tale o tal altro piatto. Oggi però Bismarck si trova lontano di posto da Schweninger,
e a me che gli sto a sinistra dice mostrandomi una vivanda di cui si serve largamente: “de ceci je ne devrais pas goûter.
Mais, le soir, le docteur ne voit pas. Profitons-en”. - Sentendo che io era milanese, Bismarck aveva fatto imbandire
quella sera un gran risotto. Mi domandò come mi sembrava. Lo lodai - ma mancava di zafferano. (Le altre note, fatte a
matita, sono smarrite).
5403. (1889. IX. 8) Dal cardinale di Hohenlohe. Mi racconta della duchessa di Hamilton, madre della moglie
del principe ereditario di Monaco, che quando fu a Roma per la questione del divorzio della figlia, venutolo a visitare a
ora tarda e facendosi bujo ed essendo già l'ora della cena del Cardinale, che gli arrivava per mezzo di un ascensore dalla
cucina a terreno, l'ascensore movendosi dava di tanto in tanto de' piccoli fischi. E la duchessa se ne allarmava, dicendo
“Eminence, on me siffle”. La stessa duchessa contò ad Hohenlohe che sua figlia non voleva saperne del principe Alberto
perchè gli puzzava il fiato. Sposatolo a controcuore, le prime due sere la principessa gli rifiutò l'amplesso, fuggendo. Il
principe ricorse alla duchessa madre la quale disse “state tranquillo, stasera ci sarò io”. E difatti fu nella camera nuziale,
e comandando militarmente, uno, due, tre, obbligò la figlia a farsi fottere, lei presente, dal principe.
5404. (1890-V-16) Da Hohenlohe a colazione col canonico Coccanari. È venerdì; pranzo di puro grasso, con
sciampagna ecc. Si parla delle missioni francesi in Africa. Il missionario si sforza di far capire i dogmi che non capisce
neppure lui stesso e la storia sacra ai selvaggi, sui quali getta di tempo in tempo qualche secchio d'aqua per potere poi
dire di averli battezzati. Il missionario mostra ai selvaggi una gran tabella illustrata. “Madeleine pécheresse!” I selvaggi
rispondono a coro, sbagliandosi “tant mieux!” E il missionario, mostrando loro un'altra figura “Madeleine pénitente!” al
che i selvaggi “tant pis!” - Hohenlohe, quando abitava in Vaticano, possedeva nel suo appartamento un ritratto di papa
Ganganelli, dipinto da Raph. Mengs, che poi donò al duca di Sassonia Coburgo, proprietario di Villa Carlotta sul lago di
Como. Allorchè il generale dei gesuiti veniva a visitare Hohenlohe, questi lo faceva sempre sedere di faccia al ritratto
del papa antigesuita. Il generale faceva allora continuamente dei profondi inchini, meno per salutare Hohenlohe che per
non vedere l'effigie del pontefice nemico -
5405. Hohenlohe si trovò spesso in famigliare conversazione col principe Enrico di Prussia e sua moglie. Si
parlava una volta di Roma. La principessa diceva: Guglielmo regalò tanti bei diamanti a quel vecchiaccio (alludeva al
papa) che avrebbero tanto piaciuto a me. - Domandò poi a H. “Come mai avete potuto mettervi insieme a quella cattiva
gente di preti romani?” - Il principe, ammiraglio tedesco, diceva poi scherzando che Re Umberto aveva voluto fargli
cosa grata, mettendolo vicino alla marchesa di Villamarina, essendo egli marinaro.
5406. A Tivoli, presso Villa d'Este, nel demolire il muro di una cella di frate, si trovò una nicchia ed in essa una
scatola di tartaruga con entro calce e due scheletri di canarini. L'iscrizione sulla scatola diceva Frat. Theodosius, 1621.
Nella scatola era una pergamena coll'arme di un papa e i nomi di parecchi cardinali.
5407. Nella politica è come sul teatro. Vi ha gli autori che scrivono le opere da recitarsi e non appajono sul
palco; e gli attori che le recitano pubblicamente e non le hanno scritte.
5408. (1886 genn.) Il generale Menabrea, ambasciatore d'Italia a Parigi, si trovava ad un pranzo ufficiale
dov'erano parecchi generali francesi. Dopo pranzo si fece circolo. I francesi si posero a discorrere dello stato
dell'esercito della Repubblica. Dimenticandosi della presenza dell'ambasciatore italiano uno saltò fuori a dire “nous
ferons nos épreuves sur les italiens”. Menabrea fece le mostre di non accorgersi della frase, ma ne informò tosto il
Ministero, poi, a voce, il re.
5409. (Durante il lungo Ministero Depretis - fino all'86) La giovine Italia, bollente d'entusiasmo, costretta a
starsi al passo dell'acciacosa e paurosa politica del vecchio di Stradella, ricorda una giovine sposa, piena di vita,
obbligata a dormire con un vecchio [puzzolente ed a fasciargli le ferite di vergognose battaglie in cui essa non ha
combattuto.]
5410. Anche i bambini - di condizione civile - quando sono malvestiti in mezzo ad altri bambini vestiti bene si
sentono come avviliti. Il ragazzino coll'abituccio pezzato, che a scuola era chiamato dai compagni “il signor Pezzoli”.
5411. Nel giro delle idee capita spesso come in quello delle strade. Quando ci si comincia ad abituare, nella
nostra quotidiana passeggiata, a prendere una via, non si sa più mutarla.
5412. Crispi ha una virtù massima = la celerità: e un massimo difetto = la fretta.
5413. Le piante topografiche, più che agevolare la retta conoscenza di un edificio o di una città, la confondono.
Sono guide spesso traditrici. Un edificio dev'essere considerato nel suo alzato perchè se ne possa avere una idea esatta.
Le irregolarità sue che, nella pianta, spesso offendono la vista sono talvolta la condizione della sua bellezza nella realtà.
5414. I migliori (o per dir meglio i peggiori) gesuiti sono quelli che non sembrano tali. Chi ti si presenta col
tradizionale collo torto, collo sguardo basso, colla parola untuosa e adulatrice non è che un mezzo gesuita, perchè si fa
scorgere; inganna a metà. Il gesuita, invece, di gran stile ti viene incontro con piglio franco, con parola generosa, con
occhi che cercano simpaticamente i tuoi... E questi inganna completamente.
5415. Dormire si può quasi sempre: basta chiudere gli occhi. Mangiare, no; non basta aprire gli occhi.
5416. Veggo due uomini seduti ad un medesimo tavolo colle gambe nascoste dal tappeto. Uno sembra un
omaccione. Sopravanza con molta parte del busto. Ha grosso testone, grosse mani. L'altro, oligocefalo, di poco eccede
l'altezza del tavolo e si direbbe che le sue gambe non tocchino terra. Si alzano insieme. L'uomo grosso ha corte le gambe
ed appare nano, l'altro le ha lunghissime e si mostra uno spilungone.
5417. Per riuscire in cose d'arte bisogna essere milionari o bohémiens.
5418. L'arte non imita, interpreta.
5419. Il “Journal de Stendhal” (Henri Beyle) 1801-1814 è cosa mediocre specialmente pei primi due terzi dei
cahiers, negli ultimi si rialza. Dimostra specialmente la vanità di Beyle. Preoccupazione continua di Beyle di essere
bene o mal vestito. Non è confessione sincera di una vita perchè vi sono taciuti alcuni fatti, sui quali non vi sarebbe poi
niente da arrossire come l'impiego di Beyle in un negozio di Marsiglia. Dimostra pe anche l'amore dello scrittore per
l'Italia e principalmente per Milano e contiene preziosi passi sui francesi - P. es. Tonnerre 29 août 1811. Je craignais
d'avoir pour compagnons des militaires français garnis de leurs croix et rejoignant leurs corps en Italie, bêtes, insolents,
hâbleurs et criards, ce qui m'aurait obligé à blaguer. Heureusement j'at été quitte de cette engeance dont on ne relève
point les ridicules mais on les relèvera - Milan, 8 sept. 1811. Dirai-je ce qui m'a ému le plus, en arrivant à Milan! on va
bien voir que ceci n'est écrit que pour moi. C'est une certaine odeur de fumier particulière à ses rues. Cela, plus que tout
le reste me prouvait apparemment que j'étais à Milan - (CFR. la città della merda per indicare Milano, di U. Foscolo). -
(Parlando di quand'era giovine di 18 anni): j'étais dévoré de sensibilité, timide, fier et méconnu - Paris, 2 mai 1810.
Entendu dire hier à la queue. Pour corriger cette Nation (France) il faut discréditer, ridiculiser si l'on peut la gloire
militaire - Pour connaître l'homme il suffit de s'étudier soi même; pour connaître les hommes il faut les pratiquer. je
connais très peu les hommes; mes études ont été sur l'homme.
5420. Vi ha persone che si potrebbero assomigliare all'Etna, fuoco dentro: neve fuori; altre ad un dolce, freddo
dentro, fuori ardente di una pellicola di cognac. Tra quelle Carlotta, tra queste Alberto.
5421. Montecarlo (28-29 sett. 1891). Benchè io preferisca i paesaggi selvaggi è luogo incantevole per la
situazione e sorprendente per le cure che vi hanno posto gli uomini. L'intero principato si può considerare un giardino.
Piante che hanno per patria regioni le più distanti fra loro che vogliono terreni differentissimi si trovano vicino e
formano talora un bosco solo e prosperano. Rendono imagine dei forastieri che quì convengono da tutte le parti, salvo
che questi ultimi non prosperano. È un museo pratico e vivente di botanica. Forse il giardino è un po' troppo pettinato.
Vidi un giardiniere a ginocchioni su un prato con una bottiglietta vicino, e, pareva, un pennelletto nelle mani. Si sarebbe
detto che stesse pingendo un filo d'erba che fosse smontato di verde. - Il casino costruzione faragginosa, una insalata di
tutti gli stili, brutta se si vuole ma utile per la storia dell'arte e simbolo del secolo ecclettico e Christophle. La sala della
rollina e del trente et quarante. Le descrizioni de' romanzieri tutte false. I giocatori vi si mostrano tutti correttissimi,
quanto al contegno. Tutte fandonie le smanie della cupidigia, le provocazioni delle cocotte, le disperazioni de' perdenti,
ecc. Posto l'innato amore all'azzardo, questo di Montecarlo sotto forma di giuoco è utile fonticolo. Si aggiunga che il
gioco vi si fa in condizioni molto più eque di quelle del lotto in altri paesi. Quì difatti la probabilità nella rollina è 1
contro 35 e nel 30 e 40 è circa eguale fra il banco e il giocatore, mentre all'onesto lotto nell'estratto semplice si gioca 1
contro 89. Poi è scuola di contegno. Vi s'impara a frenare le proprie emozioni. Giocai e perdetti qualche napoleone.
Nulla sentii, dispiacere per la perdita smania di rivincita. Si aggiunga ancora che i guadagni del Banco sono in
molta parte destinati a mantenere comoda, pulita e bella la città. - Il principe, unico superstite di tutti i feudatari
imperiali della costa ligure s'è salvato mercè la rollina. Se questa non fosse, Monaco sarebbe stato incorporato prima alla
Italia poi alla Francia. Poichè la rollina dà il benessere a tutto il principato: ma nè Francia, nè Italia, benchè per un falso
pregiudizio, potrebbero mantenerla. Il benessere del principato difende dunque l'istituzione della rollina e questa il
principato. Monaco dovrebbe erigere un tempio a Santa Rollina e ai Santi Trenta e Quaranta.
5422. Elena Pisani Dossi sorella di mio babbo, nata nei primi anni del secolo (1808) ballava il minuetto e la
gavotta come una ballerina.
5423. Don Sisto Pisani, frate, fratello di nonno Carlo, uomo di grande ingegno, aveva villa propria a Mairano
presso Casteggio dove abitava con una monaca in odore di santità. Tutta la nobiltà pavese si recava a visitarlo e a
domandargli consigli e a bere la sua cioccolata che era squisita. Aveva pure casa propria a Pavia sulla piazza del
Collegio Ghislieri. Lasciò quest'ultima a don Carlo Ruta figlio di una sorella sua (Teresa). Al letto di morte, in tarda età,
disse ad Emilio Marozzi marito di Elena Pisani nipote sua “ora andiamo a vedere l'ultima scena” - Delle due sorelle
Hölly di Niedersmensdorff figlie del barone Federico, slesiano, e di una Beccaria d'Arena di Pavia, una andò sposa a
Gelasio Pisani padre di D.
n
Carlo - l'altra al maresciallo austriaco Re. - Teresa Pisani sorella di don Carlo sposò don
Pio Ruta ed ebbe per figlio don Camillo Ruta - Maria sorella di Teresa e di don Carlo sposò il consigliere nobile Della
Porta. Ebbe una figlia Carolina che sposò il conte Del Mayno milanese. Da Carolina 2 maschi (Luchino generale, marito
ad una Simonetta - Cesare marito ad una Vassalli) e 1 femmina, Marianna moglie al generale Incisa Beccaria di S.
to
Stefano - I due maschi non ebbero figli.
5424. Antonio Gabrini, figlio putativo di Camillo Gabrini marito di Antonia (?) Milesi sorella di mia nonna
Luigia, ma in verità figlio del generale Mazzuchelli. Il padre non volle mai riconoscerlo. Fu raccolto dalla vecchia Elena
Milesi Viscontini madre di mia nonna e da lei educato. Poi mandato in Isvizzera, dove dovette rimanere non essendo
tornato in Italia per la leva. Negli anni di povertà, fu distinto medico. Ereditò da Ciani. Diventò ricchissimo ma rimase
avaro.
5425. Zia Elena sarebbe stata baciata, nuda, da Foscolo a 3 anni e non a sette. Correggere l'analoga nota.
5426. Molti anni prima che un pittore francese rappresentasse l'apparizione di Cristo nel suo vestito
convenzionale in mezzo ad una cena di personaggi in abito 1890, Luigi Conconi aveva ideato una crocifissione con
costumi moderni. I giudei vestiti da guardie di questura, Cristo cogli stivali ecc. - Così, Conconi voleva dipingere alcuni
quadretti applicando letteralmente le ricette di Leonardo da Vinci per fare la mattina, il giorno ecc.
5427. (1883) Quando la gioventù e la salute correvano rubiconde ed ilari per le mie vene la morte sembravami
una vecchiaccia dall'aspetto spaventoso. Ma la salute e la gioventù cominciarono a pulsare meno forti nel mio sangue, e
la morte mi apparve fredda, malinconica, pur non paurosa. Oggi la malattia e la nausea morale e la povertà hanno invaso
la mia esistenza: veggo ancora la morte e ci sorridiamo. Essa mi appare giovinetta coronata di rose, liberatrice da questo
dolorosissimo peso che si chiama vita.
5428. (1888) Il mio nome non ha bisogna di titoli. È edificio che sta ritto senza necessità di puntelli. E con tanti
bei fiori da mettersi all'occhiello, perchè appendervi il cencio e il metallo malsagomato di una decorazione?
5429. Cani tascabili (terrier o pinch).
5430. [Nota, di circa due righe, abrasa]
5431. Un poeta indirizzando un sonetto al ministro Vacca incominciava “Tu che della giustizia, Vacca,
ministro sei...”.
5432. Le malinconie di Adelaide Maraini. Il mare, il cielo stellato le evocano il desiderio della morte. Da
ragazzina prespesso la morte. Una volta mangiò una tavoletta di color verde all'aquarello credendo di trovare in essa
la morte desiderata.
5433. L.d.B. Museo etnologico. Sezione X. Selvaggi dell'Europa civile. Secoli XVIII. XIX. XX. - Nelle vetrine
decorazioni, arredi sacri, pennacchi da generali, ordinamenti ecc.
5434. Descrizione comica del Paradiso cattolico convenzionale. Il premio dei giusti. Disgraziato colui al quale
è messo in mano un violino, obbligato a suonarlo per tutta l'eternità!
5435. aria corretta col mistrà = di tempo nebbioso.
5436. Un pedante notò come contraria alla buona italianità l'intitolazione della comedia “L'egoista per
progetto” e suggerì di mutarla in quella di “L'Amante smoderato di sè medesimo a disegno”.
5437. Artisti (Roma). Tal Micoletta brutto magogo che faceva da segretario a molti pittori, fu adoperato da uno
di questi come modello per la “Immacolata Concezione” - A Roma ci sono pittori che dipingono decine di metri
quadrati di tela con scene di miracoli di santi etc. per le repubbliche dell'America meridionale.
5438. Ghiaja di Roma. Siccome dell'antichi non ci sono rimaste che le rovine degli oggetti fatti di materie
dure, c'imaginiamo ambienti tutti di marmo e metallo. Completiamo quel mondo coll'imaginazione. Copriamo le sue
stanze di lacunari di legno, i suoi pavimenti di tappeti, le sue sedie di cuscini, disponiamo sui tavoli i vasi di vetro, sulle
muraglie le tavole dipinte ecc. lo vedremo totalmente cangiato. Le dimore che sembravano degli Dei, ridiventeranno
degli uomini.
5439. Ipnotismo. Trasmissione del pensiero senza bisogno della parola, dello scritto e della vista ma solo della
volontà. Realtà dei fenomeni magnetici ed ipnotici. All'obbiezione perchè non avvertiti e coltivati prima si può
rispondere: perchè il cervello umano non era ancora, mercè la successione migliorantesi delle generazioni, preparato
abbastanza per produrre tali fenomeni. - La suggestione ipnotica non riesce che sovra colui che è poco padrone di sè, o
per dir meglio non riesce che sovra persona che abbia volontà più fiacca del suggestionante. Giulio Carcano non
riuscirebbe mai ad ipnotizzare Tomaso Grossi, questi Manzoni. Nessuno potrebbe ipnotizzare Dante. L'influenza
magnetica viene dagli sguardi, che sono la via del cuore più che la lingua. Ed è influenza che si conosce perchè si teme.
La maggior parte delle persone sfugge col suo lo sguardo del prossimo: il gesuitismo fa anzi un precetto di tener bassi
gli occhi. Persona scettica o di controvolontà dovrebbe potere difficilmente imporre collo sguardo una suggestione.
Sarei anzi tentato a credere che la generalità degli scettici non abbia eguale la potenza visiva de' due occhi. L.d.B. Ove
tutti conoscessero la forza del proprio sguardo se ne vedrebbero delle belle. Si vedrebbe il debitore che guardando
fissamente il suo creditore, lo costringe a rimettergli il debito ed anzi a confessarsene debitore lui: si vedrebbe lo
spazzaturajo obbligare il sovrano a cavargli il cappello e a domandargli umilmente la scopa in cambio dello scettro. -
Cit. l'etichetta spagnola che impone al sovrano ed ai grandi di fissare con intensità di sguardo i piccoli.
5440. La contraddizione morale che spesso si verifica in taluni uomini, i quali, poeticissimi e nobilissimi di
sentimento scivolano spesso nelle lordure della vita potrebbe in certo qual modo, se non spiegarsi, illustrarsi con una
metafora. Chi cammina collo sguardo volto al cielo, ha più probabilità di un altro di porre il piede nel sudicio.
5441. “Dans l'âme de chaque homme - Il y a un cochon qui sommeille - gare, gare s'il se réveille!” - Si potrebbe
parafrasare, per le donne. “Dans l’âme de chaque femme - il y a un ange qui sommeille - Dieu fasse qu'il se réveille” -
5442. Nell'arte, come nel coito, se hai dinanzi un bel tema o una bella donna ti senti acceso, inspirato, esaltato e
nasce il figlio artistico o carnale: se il tema è vecchio, brutto; se la donna è sgradevole, nulla fai, nulla nasce.
5443. “Our viceregal life” - giornale di Lady Dufferin moglie dell'Ambasciatore d'Inghilterra (1889-90-91) è
libro in generale fatuo vera imagine della società dove vive la nobile signora, salvato solo da qualche frase o mezza
pagina di buon umorismo. Da cima a fondo, Lady D. è hantée dalla preoccupazione delle correnti d'aria e della ricerca
del luogo per il long tennis. Il D. significa Lord Dufferin. “31 colpi di cannone which are now D's due”. A pag. 18 è
umoristica la descrizione di S. E. D. in uniforme costellato di decorazioni. Buona la descrizione di un combattimento di
parata “the killed and wounded who lay in our path and who looked very pictoresque and comfortable ecc.” Lady D. ci
racconta che scarrozza quasi sempre a tiro di quattro con postiglioni e lacchè e scorta in livree scarlatte ed oro, che si è
tagliata un dito, che hanno pranzato, che hanno preso il thè, che hanno giocato al tennis, che D. ebbe tanto da lavorare,
che non si vestì pel pranzo ecc. Il libro è di qualche utilità (e qual libro è interamente inutile?) per studiare come i
ricevimenti e le feste fatte ai grandi appajono agli occhi di questi.
5444. Una parte degli uomini è fatta di paurosi che non ha forza di reagire alle offese. Molti di essi hanno però
bastevole dignità per sentire l'offesa. Sono costoro, che inventarono l'abito fratesco che loro permette di sopportare le
ingiurie senza che loro ne venga discredito, traendo anzi vanto dalle ingiurie.
5445. In campagna. - Il prete buono non vuol ricevere il compenso della messa fattagli dire da persone che non
hanno di che mangiare. Ma le poverelle non gli chiedono più messe e ricorrono invece ai preti che le fanno pagare. La
messa gratuita non la credono buona.
5446. Il torto di molti ladri in faccia al pubblico e alla giustizia è quello di non aver rubato abbastanza per
celare il furto.
5447. Racconti d'amore. Un giovane ed una giovane si amavano ardentemente, tacitamente. Il giovane, non
osando altre vie per dichiarare la sua passione, scrisse un biglietto a lei in cui diceva che se ella, la prima sera in cui si
sarebbero incontrati, si fosse messa al collo un nastrino azzurro, quel segno lo avrebbe incoraggiato a chiederla in isposa
a' suoi parenti; altrimenti sarebbe senz'altro partito per lontani paesi. Nascose quindi il biglietto in un mazzolino di fiori
e l'offerse alla giovane. Venne la sera desiderata e s'incontrarono. Ella non aveva al collo il nastro invocato. Il giovane
non si fece più vedere e partì - come aveva giurato - per remote plaghe. - Quarant'anni passarono per tutti due di
silenzioso dolore. Un giorno, ella che aveva conservato gelosamente tutti i mazzolini donatile dall'amato suo e piangeva
spesso su di essi, trovò in uno l'amoroso biglietto. Quanta gioja era in quel mazzolino rinchiusa! Quanto dolore ne
usciva! L'antico amante rimpatriò. Si sposarono. Ma la gioventù era per sempre passata e per lui e per lei.
5448. Dalle opere di Mazzini vol. I°. “Poche parole mutate qua e dal lettore basterebbero a fare degli scritti
che seguono una insistente chiamata alla gioventù per sorgere e fondare colle armi la patria...”- Fino allora l'arte
descriveva o pregava. Con Manzoni, Mazzini, Rovani cominciò a combattere.
5449. Lo Zajotti criticò “i Promessi Sposi” di Manzoni dicendolo partecipare al difetto degli altri romanzi cioè
mancanza d'interesse e calore (Mazzini) - Le teoriche di Rovani sui Promessi sono in gran parte tolte di peso da
Mazzini. Le critiche rovaniane sentono in generale di quelle di Mazzini e Cattaneo, non solo per le idee ma per il modo.
5450. Le lotte tra il Q e il K in Francia verso il 1600. I kamkamisti e i quamquamisti.
5451. La civiltà cammina per una spirale e non retrocede mai che nelle apparenze (Mazzini) - Quando grandi
pensieri sono grandi presentimenti, fruttano lentamente e solo dopo le esequie dell'uomo che li ha raccolti primo;... e
però qualunque, proponendosi un alto intento accarezzi le ali di una speranza che ei potrà vederlo compito, morrà
scettico o fatalista (Mazzini).
5452. Pellegrini, toscano che aveva per madre una donna dell'antica famiglia Medici e teneva i lineamenti di
quella famiglia, dopo di aver consumato tutto il suo patrimonio si recò nel 1860 (?) a Londra. Si presentò in miseria
alla Legazione italiana. Il vecchio portiere, un italiano, gli dava giornalmente dei pezzi di pane con entro i ritagli di
carne avanzati ai pranzi del ministro. Un giorno fu incontrato da un addetto, Catalani, che gli domandò che sapesse fare.
Scrivere? No, non aveva neppure buona calligrafia. Musica? niente. Lingua? nemmeno. Pellegrini disse che alle volte
gli era riuscita qualche caricatura. Si provò a disegnarne una. Bellissima. Gli addetti della delegazione lo presentarono al
direttore del Vanity fair giornale allora poco conosciuto. Disegnò una caricatura da pubblicarsi che gli fu pagata una
ghinea. Pellegrini portò ad impegnare la ghinea, prima guadagnata, per conservarsela. Da quella prima caricatura la sua
fortuna. Entrò in voga. Le sue caricature settimanali, colorate con un processo speciale, gli erano pagate 2, 3, 6, 8 ghinee
la settimana e si giunse a dargli perfin 50 sterline. Ma Pellegrini volle allora darsi alla pittura a olio, abbandonando la
caricatura. Fece fiasco e ricadde in miseria. Inoltre, egli che nei primi tempi della sua voga aveva aquistato simpatie
nell'alta società inglese e presso il principe di Galles, venne a perderle abusando della famigliarità che gli si dimostrava,
passando p. es. un braccio sulla spalla del principe, parlando sboccato ecc. E arrivò al punto che in un club aristocratico,
incontrandosi con un signore, inglesamente attillato, serio, duro, gli doman a bruciapelo “scommette che io posso
presentarle quì sui due piedi un piatto con due uova?” E si fece dare un piatto dal domestico, poi sbottonandosi e
mettendo i suoi coglioni sul piatto “Ecco il piatto e le uova” - Finì, come aveva cominciato, in miseria.
5453. La Trattoria di zio, taverna romana dove convenivano gli artisti, e dove per vedere gli artisti traevano
pure personaggi forastieri (1840-70). Completava il Caffè Greco di via Condotti, altro ritrovo di artisti. Bicchierate di
Faruffini ed altri bizzarri artisti nei colombari di via Appia. Tornandone, si drappeggiavano intorno le tovaglie ad uso
toga e passeggiavano in processione entrando nel Colosseo e cantando canzoni patriotiche. Precedeva Faruffini con un
palo e sul palo era messa una tovaglia bianca, ed una inzuppata di vino rosso con un fascio di erba verde in cima. Così si
raffigurava la bandiera nazionale. Il popolo applaudiva. E la polizia papale lasciava correre.
5454. Amici vecchi. Quando dopo venti, trent'anni c'incontriamo in amici d'infanzia od anche di gioventù, qual
disinganno! Li avevamo conosciuti allegri, spensierati, buoni, li ritroviamo tristi, interessati, cattivi. “Beviamone un
goccio”. “Che! il vino! peuh! fa male alla pancia” - “Tratteniamoci un po' stasera...” “Di sera? con questa umidità? sei
matto” - “Guarda, ci sarebbe una povera famiglia da soccorrere...” “Non parlarmi dei poveri. Tutti falsari. Ti arrivo a
dire che muojono persino di fame finta. Accidenti ai poveri...!” ecc. ecc.
5455. R.U. (Parte ufficiale) Lamento dell'impiegato diligente - Oppresso dal lavoro. Tutti gli passano il loro e
siccome egli fa tutto, così tutti i rimproveri sono per lui. È indispensabile nell'ufficio, quindi gli negano i congedi e gli
ritardano le promozioni. Nessuna probabilità di migliorare la propria posizione perchè ciò sarebbe di danno al servizio -
Per giunta si parla di lui, come di un coglione. Inno dell'impiegato negligente. Suo decalogo: I° non farsi mai trovare in
ufficio, essere tutt'al più l'ultimo a venire e il primo ad andarsene, o come diceva Rovani “arrivare all'ufficio appena a
tempo di mettersi in coda ai colleghi che escono”. Far male è l'unico modo di progredire sollecitamente: ogni ufficio
vuol sbarazzarsi dell'impiegato negligente, e siccome, salvo il caso di aver assassinato suo padre, non si fa luogo a
destituzioni, così si manda quell'impiegato a sempre migliori sedi. non sbrigare mai nessun affare. C'è una
provvidenza per la quale le cose si accomodano da sè stesse. Gli affari si svolgono nelle “posizioni” per conto loro. Tale
per es. domanda un sussidio dicendo che sta per morire di fame. Lasciate passare 15 giorni. O è morto e allora non
occorre più sussidio, o è vivo ancora, come è probabile, e allora vuol dire che il sussidio era superfluo - Cit. come
modello l'amministrazione turca e l'egiziana. Quest'ultima, seguendo il Chedive si trasportava tutti gli anni da
Alessandria al Cairo e viceversa. A date epoche dell'anno si caricavano i camelli colle carte dei vari ministeri. La
carovana si metteva in viaggio e lungo la strada perdeva metà delle carte. Così avveniva nel ritorno. Il che semplificava
grandemente l'amministrazione. - Semplice era pure l'amministrazione papale che sbrigava gli affari “cestinandoli”. CF.
Belli... e strappà tutt'er giorno i mormoriali e buttà li pezzetti nel cestino. L'Imperatore di Etiopia in cui si concentrano
tutti gli affari, tiene le carte in sacchi di pelle bovina. Quando occorre cercarne una si slacciano tutti i sacchi. Si
rovesciano alla rinfusa le carte, si cerca la carta necessaria, che non si trova pressochè mai, parte delle carte sono
disperse: si ricaccia il resto confusamente nei sacchi, vi si zeppa coi piedi sudici, e buona notte; i tarli, le cimici ecc.
compiono l'opera archivistica.
5456. P.U. Il Re nostro (Umberto I) obbligato all'ossessione continua della sua fanfara. La provvidenza,
però, sempre sollecita per i sovrani, gli ha negato l'orecchio musicale. Il perpetuo cavarsi di cappello ecc. - Circolo della
regina per le presentazioni pei balli di corte. Fatto di signori e signore disposti intorno alla sala dai cerimonieri. La
Regina ha imparato a memoria le parole da dire alle diverse persone, sono cenni biografici fornitile dalle sue dame.
Comincia il giro. Manca il primo invitato. S. M. rivolgendo la parola al secondo, ripete la lezione che aveva imparato
pel primo, e così via. Situazione comica. I celibi scambiati per maritati, i matematici per poeti ecc. Le regine parlano
senza mai ascoltare. - I cortigiani tutti sciocchi. Necessità di esser tali, perchè nessun uomo di valore potrebbe adattarsi
a far da domestico, per quanto gallonato. Adulatori smaccati degli uomini in favore, calunniatori di quelli in disgrazia.
5457. I cibi giudicati dagli occhi.- Vi ha cibi estetici ed altri inestetici sia pei colori sia per la forma. I cibi dei
preraffaelisti, spec. verdure dai colori teneri. Il pranzo dato da Cattaneo per riconciliare classici e romantici. A un piatto
classico (per es. il bove omerico) ne seguiva uno romantico (p. es. un flan d'indivia in forma di torre gotica) ecc. - Il
pranzo ideale del racconto nelle Mille e una notti, cioè piatti senza cibi. Il mecenate invita un affamato a pranzo. Tavola
sontuosamente preparata di vasellame vuoto. Il mecenate finge mangiare incoraggiando l'affamato a farsi onore,
magnifica l'odore e la squisitezza dei cibi e dei vini ecc. L'affamato per non disgustare il mecenate finge anche lui di
mangiare e di bere e di lodare.
5458. Non cercavo potenza ricchezza; cercavo solo l'amore. Venne invece ricchezza e potenza; e allora
senza che più lo cercassi, venne anche l'amore. Ma di sifatto amore, non so che farmi.
5459. La formica. Alberto è fallito in amore e in fortuna. Dopo lungo desiderio aveva trovato un cuore che
aveva compreso il suo, dopo intenso lavoro si era messo insieme una fortuna. Un colpo di vento bancario gli fece
naufragar questa, e a lui povero, l'amante fu dal padre negata. Alberto fugge di casa colla rivoltella in tasca, si reca in un
bosco. Piange, si dispera: cade vinto dal duolo. Ma, guardando nella fissità della profonda angoscia a terra, vede una
processione di formiche. Una di esse con un granello di miglio in bocca era arrivata faticosamente per via difficilissima
alla sua alta dimora. Ma la corteccia su cui posava si smuove e la formica cade dove aveva preso le mosse. Tanto fa,
ricerca il suo chicco di miglio, lo riprende e si rimette pazientemente in cammino fino a raggiunger la meta. Il cuore di
Alberto si rialza. Torna calmo in città, vende la rivoltella al primo armajolo che gli capita. Ricomincia coraggiosamente
con nuova vita la sua fortuna e il suo amore.
5460. Orta Novarese (ottobre 1891). Vedo incorniciato e sotto il vetro nella sala dell'albergo un mezzo foglio
del registro dei viaggiatori, come segue - di pugno di Cavour - Agosto 1856 - C. Cavour dichiara essere l'albergo
Ronchetti uno dei migliori alberghi dello Stato, epperciò augura all'attivissimo e intelligente suo proprietario un ognor
crescente concorso di avventori.
5461. A Milano quando in consiglio municipale si propose di dare il nome di Rovani ad una via della città,
Gino Visconti Venosta consigliere, anima pallida, si oppose dicendo che si sarebbe dato il cattivo esempio di onorare
pubblicamente l’ubbriachezza. Alla gogna Rovani che col vino e i liquori eccitando la mente stanca creava tanti
capolavori. Viva coloro che fanno bieche opere, ma bevono aqua!
5462. Autunno in Lombardia. Le pannocchie di grano giallo stese o pendenti dalle loggie dei contadini.
5463. Alcuni amici pranzavano da un parroco che aveva una bella serva e la voce correva che amoreggiasse
con lei. Il giorno appresso il parroco trova mancante una posata d'argento. Dubita uno scherzo da parte di qualcuno dei
convitati, capi bizzarri. Ridomanda la sua posata. Gli amici credono che chi l'abbia presa sia un tale. Questi non nega,
ma afferma che non l'ha seco. Dirò, aggiunge, dove si trova, se il nostro parroco ci darà un altro pranzo. Il pranzo è
promesso e dato. Alle frutta il parroco insiste nuovamente per riavere la posata. Dopo qualche scherma l'amico dichiara
che la posata non è uscita dalla casa del parroco e invita tutti a seguirlo. Vanno in processione nella camera della bella
serva. L'amico solleva le coltri del letto e tra le lenzuola appare la posata. Da quindici notti vi giaceva in tranquilla
solitudine. Dove aveva intanto dormito la serva? Confusione di questa e del parroco. Risa che non sono finite ancora
oggi.
5464. Moncalvo, celebre attore meneghino e patriota, la sera recitava, il giorno lo passava in carcere perchè
non perdeva occasione di fare sulla scena allusioni antiaustriache. Per es. ordinando un risotto diceva “demmel minga
giald” - e dopo una pausa “e nanca negher”.
5465. All'epoca di Carlo Porta, a Milano, “i pret vicciuritt” solevano stare sotto i Portici dei Figini in piazza del
Duomo “a sbatt la frusta” cioè ad aspettare gli avventori. Con loro si contrattavano messe, battesimi, funerali come se si
trattasse di porci e di buoi.
5466. Da San Francesco venne così gran numero di ordini (francescani, minori osservanti ecc.), che volendo,
una volta, tutti questi ordini insieme solennizzare il centenario del loro fondatore commisero a un pittore un gran
quadro. Senonchè ciascuno voleva che San Francesco fosse vestito col suo speciale abito. Il pittore per non scontentare
alcuno dipinse il Santo a letto in una cella sulle cui pareti stavano appesi tutti gli abiti de' diversi ordini. E disse: quando
si leverà, sceglierà l'abito che più gli accomodi.
5467. (da Hohenlohe, 22 marzo 91) Litzt, in un concerto, stava sedendosi al piano. Entra il Re di Prussia. Tutti
si alzano. Il re accenna che si continui. Litzt, si guarda intorno impacciato e non comincia. Il re gli chiede la cagione del
suo imbarazzo. Il maestro più a cenni che colla voce gli fa capire che una grossa baronessa berlinese si era seduta sulla
partitura che Litzt aveva deposta sopra una poltrona. Guglielmo I si avvicina galantemente alla baronessa e le dice:
Pardon baronessa, la partitura che ella ha sotto non è per istrumenti da fiato.
5468. Il ruggito di Shakespeare in Carcano (suo traduttore) diventa belato.
5469. Nelle “Visite illustri” porre le seguenti - Paolo Gorini (suo laboratorio, topi, passeri) - Francesco Crispi
(suo gabinetto, il barbiere, sue istruzioni ai segretari ecc.) - Pietro Antonelli (Villa Mirafiori, Maconén) - Ottone di
Bismarck (Friedrichsruh, il bosco, i cani) - Cletto Arrighi (Teatro milanese) - Tranquillo Cremona (Studio giardino, la
neve, gli stronzi, sua moglie) - Padre Tosti (San Calisto) - Luigi Anelli (San Francesco) - C.
no
Casati (pranzo con
Filonardi, Dal Verme, Antonelli ecc.) - Cesare Lombroso (presentazione di A. P. fatta da C. D.) - Stanley (in casa
Correnti) - A. Depretis (Colloquio con Saracco sui calli, la S.
ra
Amalia) - Francesco Durante (visita sua a me) - Cesare
Cantù (archivio segreto) - Gustavo di Hohenlohe (S.
ta
Maria Maggiore, i due appartamenti).
5470. Nell'articolo “Les colonies italiennes de l'Amérique du sud” (E. des Planches E. Mayor pag. 648 del
tomo X, fascicolo V, 25 maggio 1886 della Revue internationale, Rome, si cita spesso il nome di A. P. D. e la sua opera
sul censimento degli italiani all'estero.
5471. Il sistema costituzionale parlamentare è il peggiore di tutti per condurre a buon fine molte imprese di
utilità pubblica, per es. una strada. Logicamente, infatti, il quesito di una strada si porrebbe così: dato due località da
collegare, tanti corsi d'aqua da traversare, tanti monti da varcare, tanti metri cubi di terra da scavare e tanti di terrapieno
da erigere ecc. fare una strada. I termini invece della questione sono i seguenti: dato un Parlamento da corrompere, date
esigenze di collegi elettorali da soddisfare, dato un ministero al quale occorrono puntelli, fare una strada. E così del
resto. Per il che, furono oggi inventate le ferrovie elettorali che costano il doppio di quelle semplicemente necessarie al
commercio e rimuneratrici.
5472. Le mie lingue sono tutte, per così dire, a mezza cottura. Basta pe che io le rimetta, quando occorre,
qualche minuto sul fornello per finire di cuocerle.
5473. Le muse - la nera, quella di Voltaire, il caffè - la rossa, di Carducci, il vino - la gialla, di Byron, il cognac
- la verde, di Rovani, l'assenzio - la bianca, di Maupassant, l'etere.
5474. Dottor Francesco Mussi, zio di Carlotta Borsani, mia moglie. Vecchio scapolo, lavoratore assiduo nella
amministrazione de' propri beni, avaro in piccolo e generoso in grande. Raccoglie i piedi dei bicchieri rotti e se ne serve
di “pressepapiers”, fa da suoi contadini sceverare l'immondezza che proviene dalle fogne della sua casa di Milano per
cavarne i pezzetti, le pallottoline di gomme, tutti i detriti di cautciu che vi getta il fabbricante Halphen di oggetti di
gomma elastica, abitante in sua casa. Nel tempo stesso erige un asilo per bambini che gli costa centinaja di mille lire. -
In casa sua, tutti vecchi - cavalli e domestici. Il Mussi tenne per 8 anni sua nipote Carlotta [parola cassata] in prigione.
Non le lasciava respirare altra aria che quella del balcone. E stava presso la nipote, facendo la critica di coloro che
passavano in istrada e specialmente de' giovani. - Ha una speciale paura e insieme odio contro i framassoni.
5475. Carlotta baciata la prima volta da un cugino stette per molto tempo impaurita, credendo che il bacio
l'avesse ingravidata.
5476. 15 novembre 1871. Osteria del pino a Porta Furba - Roma. Siamo a far colazione. Ci si presenta un
vecchio in cattivo arnese con un rotoletto in mano il quale si mette a recitare in una cantilena stonata una filastrocca di
versi sbagliati, poi chiede l'elemosina. Gli diamo qualche soldo e da bere. Ci narra che se lo si conoscesse bene,
godrebbe più celebrità di Garibaldi. Ha trovato un sistema per arricchire l'Italia, la quale non ha altro bisogno che di
essere concimata. Ora egli saprebbe trar concime da tutto e specialmente da certi vegetali. Soltanto da parte sua
s'impegnerebbe a fornire 1500 quintali di merda al giorno. Ha presentato molte volte delle memorie ai ministri, ma
questi lo trattano da pazzo. Le scuole attuali di agricoltura non servono a nulla. Invece d'impararvi a far concime, vi
s'impara la musica! Se la piglia contro i preti e gli avvocati; per far pagare a un debitore 5 lire bisogna darne 10 agli
avvocati e 15 al tribunale. C'informa che naque a Cossogno sul lago Maggiore e che si chiama Stramba Agnisetta Gian
Giacomo meccanico fumista. Possedeva, dice lui, una rendita di 70 mila lire al giorno. Comincia a leggerci un ms. in cui
parla di Papa Stefano II nato nel mandamento di Pallanza. Ad ogni tratto ricorda gli antichi romani. Mi viene il sospetto
ch'egli sia il Bosisio nemico pazzesco dei trafori alpini e che gira l'Italia vestito da antico romano, salvo quando viaggia
com'egli dice “in incognito” ossia in borghese. Il Bosisio dell'Italia settentrionale mattoide grafomane - codino - abbaja
contro i pitocchi come un cane contro la gente mal vestita.
5477. (Anno 1888) Prima di Carlotta “Ti amo” queste maghe parole che, annunciate da un labbro o da uno
sguardo adorato, hanno aperto tanti cieli di gloria e spalancato tanti abissi d'infamia, queste parole che plutonizzano il
sangue e gli riaccendono la virtù genitrice delle idee e de' figli, queste parole di cui il più disavventurato tra gli uomini,
l'ultimo de' mortali, fu almeno in sua vita beneficato, io mai non udii. Lunghi anni le attesi, spiandole nelle nere tempeste
e nella calma cilestrina, nelle grigie malizie o nella bruna pietà de' begli occhi che rapivano i miei, arrossendo,
impallidendo al loro presenso; e non vennero mai. La mia giovinezza sparve intanto, ed eccomi ancora seduto, fatto
quasi pietra con esso, su questo scoglio oceanino che par da lontano superbo ed è dapresso misero, scoglio vestito
di cardi e d'ortiche che sembrano a chi non li vede vicino fiori e foglie, ancor solo, sempre solo, inutilmente stancando
lo sguardo pregno di lagrime verso l'estremo orizzonte, avidamente cercando nel mare azzurro la bianca vela, che mai
non appare, della mia salvazione -
5478. Il governo cosidetto costituzionale fondato sul suffragio dei molti è il peggiore de' governi.
Statisticamente può difendersi, intellettualmente no. Più il suffragio allarga e più il suo frutto è la mediocrità. Il Governo
costituzionale composto dunque necessariamente dei mediocri, non ha fatto mai nè potrebbe far mai progredire, neppure
di un passo, un paese. È governo di piccole corruzioni, di meschini spedienti, di bassi interessi. L'autocratismo di genio
è il solo governo che possa far grande uno Stato. È vero che l'uomo di genio al potere facilmente trasmoda, ma almeno
un paese non sfinisce di vigliaccheria.
5479. L'avvocato Carotti di Torino (1892) possiede una collezione di 4500 libretti d'opera a cominciare da uno
del 1600 “Il rapimento di Cefalo” del Caccia.
5480. Una donna di Corbetta, durante una processione, aveva smarrito il suo bimbo. Lo cercava
affannosamente senza trovarlo. Finalmente lo trova. Descrivendo l'emozione che provò nel vederlo, diceva: l'hoo
quattaa de bott e basin; basin e bott!
5481. Milano. Quando la processione di S. Ambrogio passava dinanzi la Chiesa di S. Satiro, le porte di questa
si chiudevano in ricordo della rivalità fra i due fratelli - tutti e due santi - Ambrogio e Satiro. [rasura]
5482. La floricoltura in Colombia. - Floricoltura è parola che dovrebbe esser quasi sinonimo di gentilezza, di
amore verso i fiori. Orbene in Colombia, in Bogotà, vi ha il detto che sembra essere la parodia di quello di Salomone
(Chi ben ama ben batte) che più i fiori si trattano male e più crescono bene. Difatti la coltivazione delle rose si fa con
frusta e staffile con le quali si battono i rosai, fino a lasciarli rotti e sfogliati.
5483. Mattoidi letterari italiani. S'incontrano specialmente dove c'è maggior ignoranza come nel Napoletano.
Cit. il comm. Nobili autore di un subbisso di libri uno più stupido dell'altro. Altro uomo, il *, presidente della Società
dei Salvatori d'Italia (così s'intitola modestamente) e traduttore della Divina Comedia in dialetto napoletano - Il
Carbone, commissario di governo in Sicilia, scrittore di tragedie e comedie pazzesche - il Guglielmuzzi che ha trovato
tutte le cose introvabili ecc. - Fra i cretini, il Pancaldi del Lago maggiore. Scrive e stampa e gira pel lago a distribuire un
suo giornale. Nel giornale si fanno specialmente dissertazioni di politica estera. Quando Paolo Mantegazza capitò sul
lago maggiore, l'omonimo giornale stampò: È arrivato Paolo Mantegazza, il celebre propagatore della generazione
spontanea.
5484. Solertia animalium. - Il Dottor Facai (1884) mi assicurava di aver conosciuto una signora, che, trovatasi
per la morte del marito poverissima, si pose ad educare un cagnolino “terrier” che le si era da poco regalato e con esso
riuscì a guadagnarsi la vita, anzi a mettersi assieme un patrimonietto. Ed ecco come. Quella signora aveva osservato che
quando, sfogando il suo dolore, parlava al suo cagnolino, questi la guardava fiso e pareva la comprendesse. E il
cagnolino intendeva i suoi cenni e quand'essa diceva di portarle la tal cosa, si metteva a cercarla e spesso riusciva a
trovargliela. Con una pazienza straordinaria, quella signora potè, nello spazio di cinque anni, far imparare al suo
cagnolino l'alfabeto. Tagliati tanti pezzi di cartoncino quante le lettere, scriveva sovra ciascuno di essi una di queste in
grandi caratteri. Poi recava questi pezzetti nelle conversazioni e li metteva sul tavolo. Pregava quindi qualcuno a
scrivere su un foglio di carta un nome, pure in grande carattere. La persona scriveva p. es. il nome di Cavour. Il
cagnolino lo guardava fiso, poi andava ai pezzetti di cartoncino e prendeva in bocca la prima lettera del nome scritto, C.,
e così di seguito finchè avesse composto tutto il nome. Lo stesso cagnolino distingueva persino le fotografie. La signora
ne poneva un mucchietto sul tavolo e diceva: “va a prender Garibaldi”. Il cagnolino colla zampina cavava dal
mucchietto la fotografia chiesta e la recava alla padrona. E così via. S'intende che ad ogni esercizio riuscito c'era, a
premio, uno zuccherino. - In via Urbana a Roma (1884) c'era un cane che chiamando la sua padrona articolava
distintamente la parola “mamma”.
5485. “Viva il Re Pino!” gridavano i villani di casa Traversi invadendo la casa del ministro Prina e
saccheggiandola. Il generale Pino fu poi relegato a Cernobbio colla ballerina Calderara.
5486. In Italia tutti domandano croci, medaglie, pensione. Non c'è toscano che non sia stato a Curtatone e
Montanara: stando al numero delle pensioni chieste, una cinquantina di mille uomini, un corpo adirittura di esercito
avrebbe combattuto in quelle battaglie. Non c'è milanese che non sia stato alle barricate delle 5 giornate ecc. Verrà un
tempo in cui i bambini nasceranno reduci delle patrie battaglie e pensionati.
5488. Nel 1848 i militi patrioti marciando alla guerra dell'indipendenza dicevano, guardandosi alle scarpe “In
te sola confido” (sola ossia suola).
5489. Vi ha prodotti che portano da secoli il nome di località dove non hanno mai esistito. Per es.: Cacio
parmigiano - mentre nel parmense non se ne fabbrica, bensì nel lodigiano e nel pavese. Pepe di Cajenna. Ora a Cajenna
non ce n'è. Smeraldi del Perù. Gli smeraldi che giungono a Parigi per la faccettazione provengono da cave colombiane.
Il Perù non dà smeraldi...
5490. Dopo il 1848 il popolaccio di Milano cantava “Evviva Radetsky - evviva Metternich - morte ai sciori -
evviva i poveritt”. - Nell'odio ai “sciori” [secondo] Carlo Cattaneo era la sincera espressione dell'opinione popolare
milanese.
5491. - 1891-22 ottobre - Corneno. Per la prima volta ho baciato la mia Carlotta. [rasura] - Vorrei scrivere 12
sonetti intitolati “Le bellezze di Carlotta” cioè: 1 Siloetta intera - 2 Capelli - 3 Occhi - 4 Bocca e denti - 5 Nidos de amor
(fossette nelle guancie e orecchie) - 6 Collo e seno - 7 Ventre (tronchino) - 8 Gamba, ginocchio, piede - 9 Braccio e
mano - 10 Intelligenza - 11 Sentimento - 12 Cuore -
5492. Il cardinale di Hohenlohe mi diceva: “Papa Leone incolpa sempre la massoneria delle persecuzioni
contro la chiesa. È la sua minchioneria, non la massoneria”.
5493. Progetto di scuola libera di disegno, e pittura e scoltura da fondarsi a Milano in contropposizione
all'Academia governativa di Brera fatta su criteri antiquati e cretini. La scuola, aperta a tutti, senza pagamento di tasse. I
migliori artisti giovani s'incaricherebbero di sorvegliarla per turno dando succinti e gratuiti consigli e fornendo esempi
di loro mano: potrebbero anche, le domeniche, o la sera, tener conferenze d'arte. La lezione di uno correggerebbe le
tendenze di quella di un altro, e lo scolare imparando l'originalità altrui troverebbe o conserverebbe la sua. Niente
modelli stereotipati: bando ai gessi stancati dalla riproduzione, ai nojosi solidi, alla tanto vecchia quanto stupida
collezione dal “campanello” innanzi. Qualunque oggetto servirebbe da modello: un fiore vero, un frammento di capitello
antico (da Roma se ne potrebbero avere carettate), una brocca, una scopa ecc. La spesa non dovrebbe esser grande. Gli
artisti-consiglieri presterebbero gratuitamente l'opera loro. Il municipio potrebbe egualmente fornire il locale, mi
basterebbe uno stanzone e un giardino. Con annuali sottoscrizioni si potrebbe procurare alla scuola il corredo
necessario di carta, colori, tele ecc. Tutta la spesa si ridurrebbe a quella dei panchi e dei tavoli, del riscaldamento in
inverno, ed eventualmente di un custode.
5494. Progetti letterari. Se morirò ricco, lascierò una somma sufficente perchè si fondi in Milano una cattedra
di milanese. È un gran peccato che questa lingua così efficace “pépinière” di parole efficaci per la lingua italiana e
che ha tanti scrittori di primo ordine vada perdendosi. Vorrei evitare ai futuri milanesi la disgrazia di non poter più
comprendere e gustare Carlo Porta.
5495. Rovaniana - (1891 ott. Racconto dell'avv.
to
Della Chiesa, Varese). Lucio Tal[l]acchini, morto qualche
anno prima, era persona di molto ingegno e dottrina specialmente classica. Amico a Rovani e, come questi,
disordinatissimo nelle cose domestiche, finì nell'estrema miseria. Scrisse tragedie, dicono buone. Aveva figura e
portamento dignitoso, nobile. Vestiva con una certa qual bizzarria. Portava sempre o un cilindro bianco peloso, o un
gran cappello di feltro nero pure col pelo. Ampi colli. Panciotto bianco. Guanti in una mano, coi quali batteva sulla
palma dell'altra. Negli ultimi anni viveva di spedienti per carpir prestiti. Appena ottenesse un po' di danaro, lo gettava
subito in sciali. Della Chiesa fu più volte imbrogliato da Tallacchini, il quale, del resto, non solo patrocinava la causa
delle proprie saccoccie asciutte ma quella anche degli amici in bolletta. - Un dì, a Milano, Tallacchini invitò a pranzo un
altro disperato, certo Ponti. Questi si recò da lui, contento di aver provvisto per un giorno al suo stomaco latrante e
proponendosi di fare una scorpacciata. Casa di Tallacchini, ben messa con mobili e quadri antichi, benchè tutto sotto
sequestro. Tavola preparata. Senonchè manca il pane. “E il pane? dov'è il pane?” chiede con voce baritonale Tallacchini
al ragazzo che gli faceva da domestico. E il ragazzo “L'ha ditt el prestinee che se lu el paga no, el ghe pu pan”.
“Screanzato!” esclama Lucio. “Allora va a comprarne...” e si cerca nei taschini del panciotto. Ma pare che nulla trovi -
“Amico Ponti” - dice al convitato che attendeva impaziente di precipitarsi sul cibo - “non ho moneta. Avresti tu qualche
lira?” E il Ponti gli due lire, con le quali l'anfitrione manda a prendere il pane. Pranzo scarso, insufficente per uno.
Poi Tallacchini accompagna l'ospite all'albergo di questi dove ordina una bottiglia di vino, che lascia naturalmente da
pagare al Ponti. - Un'altra volta si doveva fare una esecuzione in casa della sorella di Tallacchini, che si opponeva. Ma
l'usciere non voleva partire senza averla fatta. La signora, per indurre l'usciere ad andarsene, gli disse, presenti
Tallacchini e l'avv.
to
Della Chiesa “ecco el voster marengh che l'avvocatt della Chiesa el tegnerà in deposit”. E
rifiutandosi Della Chiesa a riceverlo, Lucio stese la mano, lo acchiappò a mezza strada, dicendo “lo terrò io in
deposito”. Nessuno vide più quel marengo. - Lucio aveva parecchi figli in giovane età. Un giorno li condusse
all'Albergo di Robarello, sotto la Madonna del Monte, e ve li lasciò non incaricandosene più. L'oste, aspetta e aspetta,
finì a reclamare, giustamente irritato, il suo credito. Pagò poi il fratello di Tallacchini facendo figurare il curato di S.
Ambrogio. - Lucio componeva facilmente sonetti, e discorreva bene assai di letteratura. Ogni suo discorso letterario
finiva però sempre con una stoccata per denaro all'ammirato ascoltante. - Un'altra volta un altro suo fratello, incaricò
Lucio di ritirare un certo deposito di 2000 lire. Tosto fu veduto Lucio a tiro di due in Varese spendendo e scialaquando
per qualche giorno. Erano i denari del deposito. Morì abbandonato da tutti s'un giaciglio, colla bottiglia dell'aquavite sul
comodino, ultima ed unica sua compagna - Lucio Tallacchini, dicesi, conosceva i versi endecasillabi del Carme all'Italia,
che Rovani stava componendo negli ultimi suoi anni.
5496. Una monaca bigotta si diceva adoratrice di S. Giuseppe e lo pregava continuamente per ogni minimo
desiderio che le passasse pel capo. Il suo San Giuseppe era rappresentato da una statuina di gesso verniciata a colori e
teneva in braccio un bimbo Gesù movibile. Quando il Santo non le faceva la grazia che ella chiedeva, lo puniva
togliendogli di braccio il bambino.
5497. (29 ottobre 1891) - Milano, Annunciata 9 - Racconto della Signora Vassalli - Nel 1860 (?), Luigi
Vassalli trovavasi a Napoli dove conobbe * che guadagnava una lira al giorno ed era pieno di debiti. Simpatizzarono
perché * aveva molto ingegno. Fecero partite di piacere insieme. Pressato dai creditori, * si rivolse a Vassalli. Questi gli
fece avere da Lemmi più di un migliajo di lire per pagare i debiti urgenti. * si servì invece del denaro per cavarsela da
Napoli, e si recò a Milano dove dimorava **, di cui era innamorato. E Vassalli dovette ripagare del suo i debiti di *.
Tutto ciò risultava dalla corrispondenza fra * e V. lasciata da quest'ultimo e che la vedova Vassalli ebbe la
dabbenaggine di chiudere in una delle tre casse (contenenti libri, manoscritti di opere sulle antichità egizie ecc.) che
mandò in consegna a * a Lugano. Oggi * afferma di aver ricevuto due casse solo, mentre la S.
ra
Vassalli ha la ricevuta
ferroviaria di tutte e tre. E la cassa che manca è proprio quella che conteneva le lettere di * confermanti il fatto. La
signora Vassalli tiene ancora la chiave della cassa perduta o, a meglio dire, fatta sparire da *. Ma Vassalli ben aveva più
volte letta la corrispondenza compromettente a sua moglie, e questa se la ricorda ne' suoi particolari. - *, il sensale di
ministeri, el marossee de ministeri.
5498. Dal volumetto - “Le Camere nel 1858 e nel 1859 - Schizzi parlamentari di uno sconosciuto - (Pinerolo.
Coi tipi di Giuseppe Lobelli Bedoni - 1859) LXXIV. Gallini avvocato (Collegio di Voghera). Indole calma e raccolta,
rigor di coscienza nello studiare le questioni, larghezza di principii ma ferma moderazione nel cercarne l'applicazione,
mente elevata, parola severa: ecco le doti che segnalano questo deputato a cui se per la vita politica manca qualchecosa
è la scorrevolezza e l'espansione. In qualunque occorrenza però si può esser certi che il suo voto non verrà mai meno
alla causa della libertà.
5499. Quando si allargava in Milano la Corsia dei servi (Corsia di serv) Carlo Cattaneo disse il seguente
epigramma. “Invece de slargà quella di serv - el sarav mei de strengela ai padronn”.
5500. Nonno Carlo “morosatt”. La moglie del suo amico e ragioniere Biancardi. La Gabriella de Gallay - la
Malgarita Scazzosi, albergatrice della Gran Bretagna. - “Sempre per strade e sentieri, in cabriolé”.
5501. Quesito se sia preferibile che le lingue si vadano sempre modificando fino a mutarsi in altre o rimangano
stabili. Da una parte parrebbe migliore la fissità. Quando una lingua sia giunta a certa consistenza, i posteri possedendo
la stessa parlata dei loro antecessori hanno meno difficoltà a conservarne e comprenderne i documenti ecc. Sotto questo
punto di vista sono perciò utili le grammatiche, i dizionari, le academie. Senonchè in qual momento si può dire che una
lingua è fissata? D'altra parte fra i compiti di una lingua è quello di scrivere, perstessa, la storia di un popolo. I nomi
di qualche fiume o di qualche monte, sono talvolta gli unici documenti che ci rivelino l'esistenza di una società umana.
Lo sviluppo e la decadenza di una lingua rispecchiano il progresso e il decadimento della popolazione che la parlava e
la scriveva. In ogni modo, una lingua immobile, è un assurdo smentito dalla storia e dalla giornaliera esperienza.
5502. R.U. Nei ciarlatani, prendere dai tipi di Leone e Leonardo Carpi, padre e figlio - Angelo De Gubernatis -
Pierantoni - Esperson - Abele Damiani - etc.
5503. Non fare agli altri quello che non vorresti che fosse fatto a te. Sono in una casa d'affitto piena di topi e di
altre maledizioni. Vorrei subaffittarla. Vengono a visitarla altri candidati all'inquilinatura. Mi chiedono come vi si abita.
Che debbo rispondere? Secondo il precetto evangelico, dovrei, in riguardo al padrone di casa, rispondere che vi si sta
benissimo; in riguardo all'aspirante inquilino che non vi si può vivere. In questo caso la ricetta evangelica è
inapplicabile.
5504. Carlo Quinterio nonno di mia madre era notajo collegiato e nobile. Morì il I giugno 1822, vedovo di
Giuseppa Ghezzi. Suo figlio Felice sposò, il I agosto 1818, Maddalena Pelosi, dopo di averne avuto un anno prima (27
marzo 1817) un bambino, Alberto Quinterio.
5505. Non è vero che le spese per l'esercito e l'armata, quando fatte in paese, sieno utili all'economia nazionale,
come dicono i proprietari delle grandi fonderie, acciajerie, cantieri, ecc. Tu fabbrichi una marra, la dai a un lavoratore e
questi lavora con essa la terra e la marra produce grano, cavoli ecc. Fabbrichi invece un fucile e lo dai a un soldato. Il
ferro fu estratto in paese come quello della marra, lo schioppo fu fucinato in paese come la marra, ma dallo schioppo
nulla ottieni che distruzione e morte.
5506. A Venezia, quando c'è la luna, par di passeggiare in una aquaforte - A Venezia l'architettura le
emozioni della musica.
5507. Sistema costituzionale. L.B. “Della retta applicazione dei principii costituzionali”. La Camera dovrebbe
rappresentare il paese, il più schiettamente possibile. Ora, dovrebbe logicamente contenere un tanto per cento d'ogni
classe e d'ogni grado d'intelligenza. E siccome gli ignoranti superano i dotti, i bricconi i galantuomini, i pazzi i savi,
dovrebbe nella sua gran maggioranza, esser composta (e forse è) di pazzi, di bricconi, d'ignoranti.
5508. V. I. - “Il primo viaggio all'estero dell'on. Zanardelli” (A Lugano - vide altro. - È naturale che,
parlando di Bismarck, Zanardelli lo chiami “quello sciocco”!)
5509. La madre di Giuditta Pasta fece la Dea Ragione a Saronno.
5510. Bianca Milesi era in molta relazione con Melchiorre Gioja. - Si trovano poesie politiche ms. (1821-50)
presso la Signora Corbetta Tenca Maddalena.
5512. La principessa austriaca Windischgratz (i milanesi dicevano Vint-disgrazi) amica di Listz invitava spesso
a pranzo, poi si dimenticava dell'invito fatto. Un giorno invitò il P. inquisitore e il Padre dei Cappuccini a colazione.
Vennero. Intavolò con essi discorsi teologici. Giunse il mezzodì. Niente colazione. Uno dei due si era purgato il
prima per prepararsi meglio lo stomaco. Alla una capitò un maestro di musica. La principessa gli fece sonare musica
sacra pei due visitatori. Si sentivano mancare. La principessa fece portare dei bicchieretti di vermouth. Bevutili a
stomaco vuoto, si sentirono peggio. Si accomiatarono verso le quattro. Sulla scala il padre cappuccino cadde sfinito. Fu
portato in botticella al convento. E i padri cappuccini venendogli incontro, gli chiedevano se aveva ben pranzato. I due
infelici gridavano, “salame, cacio, pane, ova ... tutto quanto avete ... portate ma subito ...” - La principessa scrisse
un'opera in 29 volumi “Causes intérieures de la cadence extérieure de l'Eglise” o come corresse il cardinale
Hohenlohe “de madame la Princesse de Windischgratz”. L'opera stampata in parecchie migliaja di esemplari giace in
una cantina di un castello della principessa, ora posseduto da un erede. Scrisse anche un libro sugli angeli. - Nelle sue
disposizioni funerarie, prescrisse drappi bianchi, fiori bianchi, tutto bianco. Proibizione assoluta a tutti di piangere. - Ita
a visitare la Certosa dei camaldolesi, pose il convento tutto sossopra. Voleva legare un monaco ad una pianta. Ad un
altro spaventò e quasi accoppò l'uccelletto che gli faceva compagnia ecc.
5513. La virtù è come la cimice. Perchè esali il suo odore bisogna schiacciarla.
5514. R.U. Bimbi. Un maschietto faceva da medico alla bambola della sua sorellina. Un dì, tastatole il ventre,
le ordinò e le applicò una polentina di seme di lino scottante. La popattola ne ebbe la pancia bucata. - Un altro
maschietto Beppe Marozzi si pose un giorno a galoppare pel giardino dicendo che voleva fare come i cavalli. E difatti
slacciatosi i calzoncini, trottava e galoppava facendosela sotto e insudiciandosi fin nelle scarpe.
5515. Quando nel 1888 parve che il Papa, sollecitato dagli Intransigenti, ruminasse il progetto di abbandonar
Roma quasi ne fosse cacciato dal Governo usurpatore, il cardinale di Hohenlohe gli chiese una udienza. Essendo questa
stata negata Hohenlohe scrisse e fece rimettere al papa dal cameriere pontificio Centra una lettera in cui gli esponeva
le ragioni della udienza chiesta che erano di persuadere Leone XIII a non partire. La lettera cominciava mando le
fotografie promesse...” (Erano le fotografie del viaggio di Re Umberto a Berlino che io aveva donato a Hohenlohe) e
finiva “Ecco quanto Le dovevo dire”. Copia della lettera deve trovarsi nell'Archivio Crispi. Sua Santità, pochi poi,
mandò al Cardinale Monsignor Salua, piemontese, commissario del S. Offizio, già vicario di S. Maria Maggiore e amico
di Hohenlohe. Salua disse che il papa era molto afflitto per la lettera sulla partenza. H. rispose che era piuttosto lui che
doveva lamentarsi della condotta del Papa verso lui. Leone XIII avrebbe invece dovuto ringraziare Hoh. che gli aveva
fatto conoscere la verità sulla situazione attuale. Anche gli altri governi erano dell'opinione espressa da Crispi, che cioè
nessuno si sarebbe inquietato della partenza del papa. “Il non volermi ammettere all'udienza - soggiunse Hoh. - è un
voler provocarmi, ma io non darò la soddisfazione a lui e a' miei nemici di fare passi inconsiderati. La partenza è una
scenata che disgusta molta parte di clero e scuote la fede della moltitudine pia. Ringrazi Dio se io mi conduco con tanta
moderazione, e lo ringrazi anche se diventai cardinale, perchè Pio IX nel 1852 non lo voleva nemmeno vedere, e fui io,
io solo, che seppi mitigare lo sdegno di Pio IX contro il Pecci. Gli dica poi che sarebbe ora di finirla con quella bugia
della prigione.” Monsignor Salua si fece pallido e si pose a piangere. Scusava il papa citando la sua vecchia età... E
Hoh. “Lo scuso bene - Leone è nelle mani di pochi intriganti e di agenti del cardinal Monaco che è un villano di scarpe
grosse e di cervello fino che spaventa il papa colla dipintura dell'inferno”. - In ogni modo Hoh. crede che la sua lettera
ha giovato.
5516. Rudinì e i suoi - rappresentarono un periodo, fortunatamente breve, della politica italiana in cui si
cercava di farci più umili, e poveri, e spregiati che fosse possibile. Essi avevano la vanità della vigliaccheria.
5517. Progetti letterari - Lettere alla mia ignota amante. È aprile. Tutto ama. Io solo senza speranze e senza
memoria di amore. Nessuna donna mi ha mai sorriso - Ma è necessario proprio di vedersi per amarsi? E mi divido
spiritualmente in due. Ho una voce: l'eco mi risponderà. Ho due occhi: la fonte rifletterà in essi la mia imagine. Chissà
se fra le mie leggitrici non sia la mia futura amante? - Tutte sono mie - Scrivere 10 lettere, domande e risposte - dove
l'amore, gradino a gradino si espande dalla donna fisica all'umanità e all'universo. - Capitoli - degli sguardi - delle
carezze - dei baci - etc.
5518. La villa di Walter Fol a [lacuna] - Vera imagine del suo cervello disordinato. Il Fol era svizzero, di
Ginevra. Dotato di un certo ingegno a base artistica, ricco e generoso, si stabilì a Roma dove si circondò di artisti pittori
e scultori e si creò un ambiente di buon gusto. Andatigli male gli affari, si ritirò a [lacuna] dove raccolse “les épaves”
del suo naufragio artistico. Il talento intanto gli marciva in follia. Mutò la cascina in cui s'era ridotto in una villa con
successive costruzioni una addosso all'altra, una più sconclusionata dell'altra. Egli stesso faceva da architetto.
Adoperava mattoni vuoti, ma aveva cura di empirli di cemento prima di metterli in opra. Scalette strettissime ed egli era
uomo corpulento. Alle finestre tende fatte di paglia tolta dalle sedie di Vienna. Al soffitto inchiodati preziosi arazzi,
bordati di bordura da livrea - cornici di conchigliette attorno ad una fotografia, aquarelli di Villegas e Fortuny incollati
sovra ante di armadi, oleografie orrende in cornici intagliate e dorate. - Piede di marmo, con su una statuina dell'impero
e sopra questa una tazza araba - Cassepanche con centinaja di mille pezzetti di stoffa - Aquila colossale di gesso sotto
una tettoja di zinco fabbricata apposta - migliaja di quadranti d'orologio - Nelle terre che circondavano la casa non
permetteva che si mietesse, o si facesse vendemmia. Così, diceva, si risparmierà l'anno venturo la fatica di seminare. -
Un giorno un suo servitore, al quale egli aveva detto una mala parola, gli appoggiò uno schiaffo. Fol gli mise tosto in
mano un mezzo marengo, dicendogli: bravo. - Ingravidata una donna, diede una somma al suo cuoco perchè la sposasse
col bimbo in pancia. Scrisse studi critici su Fortuny ed altri. Regalò la sua splendida raccolta di antichità al museo di
Ginevra che oggi porta il suo nome. Del museo stampò un catalogo illustrato. Molti fra i più illustri artisti stranieri che
abitarono Roma dal 50 al 60 furono in corrispondenza con lui.
5519. L.B. Si è oggi trovato il modo d'immagazzinare i suoni, di renderli perpetui, mediante il fonografo, come
si era già trovato quello di conservare le imagini mercè la fotografia. A poco a poco si sapranno fissare le espressioni di
tutti gli altri sensi dell'uomo. E potremmo, dopo cento anni, non solo udire la voce di una data persona, ma vederla,
sentirla ecc. E così si riuscirà poi a riunire tutte queste qualità umane. E si potrà anche costruire l'uomo perfetto, colle
sembianze di un Apollo, la forza di un Ercole, la voce di un Garibaldi ecc.
5520. Uno scolaretto descrivendo la vita della Tebaide, diceva: “I deserti popolati di solitari...” -
5521. Una volta Manzoni, essendo terzo in una conversazione che si aggirava su un tema astruso, diede ragione
ad uno degli interlocutori, poi, alla replica dell'altro, oppositore, diede ragione anche a questi. Un suo nipotino che lo
udiva, gli osservò, “Ma... gran papà, te ghe daa reson a tutt e duu”. “E anca te ghe reson” rispose a lui il grand'uomo.
E difatti la ragione non solo non è mai tutta da una parte e niente dall'altra, ma più di uno, opposti fra loro nelle idee,
possono parimenti aver ragione.
5522. Rov. - “El par un car de lavandee” diceva Rovani di letterati che fanno un gran rumore per nulla.
5523. L.d.B. A S. E. il Ministro della Guerra - Istanza di X.Y.Z. diplomatico senza posto. I giornali annunciano
la nomina del generale Calabrache al posto di ambasciatore del nostro augusto sovrano presso l'imperatore del Tolu: la
savia determinazione ha raccolto l'approvazione universale. I diplomatici di carriera - uomini di pace - non fanno che
compromettere la pace dell'Europa: bisogna bene ricorrere, per ristabilirla, agli uomini di guerra. S'aggiunga che la
missione di un ambasciatore è quella di seguire, dapertutto, come una moglie il marito, il sovrano presso il quale è
accreditato. Se questo sovrano va a cavallo come volete che l'ambasciatore lo segua soltanto su due piedi? Ci vuole
quindi uno che monti a cavallo e i generali, almeno, sanno stare a cavallo. Quando il sovrano sarà automobilista, ci vorrà
un chauffeur. Un generale saprà poche lingue, da quella all'infuori del bugianen, che par francese. Ma in compenso ha
una bella uniforme. Aggiungetevi un buon cuoco e l'ambasciatore è perfetto. Al resto pensano i segretari. La nomina
dell'illustre Calabrache ad ambasciatore e le molte altre che si prevedono, m'incoraggiano, Eccellenza, a domandarle un
posto di generale. Premetto che io nulla so d'arte militare ma è questo appunto il mio maggior titolo. Per perdere le
battaglie o per vincerle in isbaglio non sarò secondo a nessuno. Ho poi tanta finezza gesuitica da disgradarne un ufficiale
di Stato Maggiore. Lasciate che mi capiti sotto qualche innocente Dreyfus e vedrete. E chissà poi che non vinca davvero
qualche battaglia… È appunto la strategia inaspettata, improvvisata che scompiglia gli avversari. Datemi quindi con
sicurezza un posto di comandante d'esercito. Non mi mostre da meno del mio collega generale fatto ambasciatore.
Anzi sarebbe forse il caso - pel maggior bene del paese - di elevare a norma generale simile eccezione, nominando
sempre ai posti vacanti le persone dotate di ogni qualità negativa per quel posto. Quando non si sa, s'inventa. È
l'ignoranza che produce il genio. Se i giurati di pitture e sculture fossero ciechi, se quelli musicali fossero sordi, vedreste
che scelte felici! etc. etc. Sviluppare umoristicamente il tema.
5524. “Ob magnam delectationem habitam cum Adelaide X”, il conte * di Novara le lasciò per testamento 2
oncie d’aqua in perpetuo ne’ suoi fondi. I contadini del luogo chiamano il relativo condotto “bocchell del fottisterio”
oggi proprietà dell'ospitale di Novara.
5525. (11 giugno 1899) Cletto Arrighi pubblicò i suoi primi articoli nel giornale “La Solitudine” del Redaelli
(1845-46); scrisse poi nell'Eco della Borsa del Battaglia (prima del 48) e dopo il 48 nel Fuggilozio: poi fondò l'Uomo di
pietra. Scrisse nel [lacuna] di Rattazzi, diretto dal Biffi e nell'Unione di Civelli in cui tutto era inventato, a cominciare
dai telegrammi.
5526. Società umana della fine del XIX secolo. Predominano il ristauro, la raccolta, il catalogo delle cose
passate, piuttostochè le opere originali. Si direbbe che il secolo XIX e fors'anche l'umanità stia per fare l'inventario delle
sue sostanze, di fatti e pensieri, il suo testamento.
5527. Rovani, scongiurato dagli amici che temevano per la sua salute, promise di non bere più assenzio. Difatti,
un giorno passa dinanzi al liquorista dove usava di berne, e non si ferma. Passa fiero e continua la sua strada, felice di
aver vinto la tentazione. Ma, giunto in fondo della via, si arresta ad un tratto e dice: “Bravo, Rovani, meriti un premio”.
E rifà la strada e va a bere il suo assenzio.
5528. (1897. 21 nov.) Alla fiera di Sant'Ambrogio di Milano (detta degli “oh bei! oh bei!”) trovo presso un
rigattiere una tela che da lungo tempo cercavo di riavere, andata travolta nel naufragio finanziario di mio fratello Guido,
cioè il ritratto di donna Elena Viscontini Milesi (la sura Lenin di Carlo Porta) fatto da sua figlia Bianca - ritratto che era
già in casa di mia nonna Luigia Milesi Pisani sorella della Bianca. La tela è sdrucita, ma fortunatamente riparabile. Vi
riconosco, tra i buchi, quello fatto da una stecca di bigliardo poichè il ritratto si trovava nella sala del bigliardo a
Milano. Manca della cornice. Compro il ritratto per 15 lire. Sul ritratto, nel foglio che tiene in mano Elena Milesi è
scritto “È pur dolce conforto al duol che sente - La figlia, della sua madre lontana - Sempre tener l'imagine presente -
Bianca Milesi pinse per la sorella Luisa. 1820”. - (24 nov. 97) Il rigattiere (certo Magni, via Gorani 5) che mi vendette il
quadro, dice di averlo avuto 6 o 7 anni fa dal Napoleone, nipote del Bertini (?). Soggiunge che il ritratto è opera del
Palagi. Invece è di Bianca Milesi scolara di Hayez che vi mise pure del suo, come si diceva in casa nostra.
5529. Nel settembre 1897, un nobile Gaetano Pisani di Messina si sposò in Monza ad una signora Uboldi de'
Caprei. Nessuna parentela, almeno prossima, con noi.
5530. (Dalla Memoria sul Reale Tenimento di Polenzo, Torino, Tipi Fontana 1843 a pag. 10:) La terza pezza
(del tenimento) il San Marco, abbonda più d'argilla, sebbene, scorrendovi alla roversa il rivo di Pocapaglia, v'abbia
trascinato tanta arena che in molti siti l'abbia reso appena atto alla coltivazione della segale e dei legumi. Il sottosuolo,
da quanto si può riconoscere, è un terreno eminentemente argilloso. Ed è forse quì dove l'antica città romana fabbricava
i tanto stimati suoi vasi fittili dei quali faceva sì lontano smercio...
5531. Progetti letterari. Libro intitolato “Mirabilia”. Campione: un treno di festanti, in occasione della
fondazione di una società atea, scomunicata dal parroco del luogo, entra a tutto vapore in un tunnel. E il tunnel
miracolosamente non finisce mai. I gitanti, prima in chiassosa allegria, uomini e donne, bestemmianti, cominciano ad
impensierirsi e ammutoliscono. E il treno continua nel bujo. Lo spavento si fa generale. E il treno va e va per anni finchè
arriva alla fornace dell'Inferno dov'è ricevuto dal signor Diavolo in marsina rossa di fuoco.
5532. Preti greci. Pressochè tutti analfabeti e tutti simoniaci. Purchè si paghi al vescovo quanto chiede dopo
tirato di prezzo il più rozzo contadino può essere ordinato prete. Un “pope” per assolvere, non bada ai peccati confessati
ma al mucchietto dei soldi sulla mano che li offre. A Tine (in marzo) gran festa di una Panegia (Madonna)
miracolosissima; e qualche dì prima si stampa ad Atene un gazzettino dei miracoli che farà quella imagine.
5533. Giuseppe Grandi scultore, seccato dai veterani delle patrie battaglie del 48 (o sedicenti tali) che volevano
dargli consigli mentre attendeva al suo monumentale gruppo delle 5 giornate, e venivano a seccarlo nel suo studio,
diceva “sti veterani, sti veterani! on quai dì, metti un barettin de croat su un pal, e scappen tucc” - Si vantava a Grandi,
una statua del D'Orsi di Napoli e gli si domandava se fosse andato a vederla. Rispose “g'hoo mandaa el me pontador”.
Grandi, parlando di certi scultori che avevano bottega di statue fabbricate col braccio de' loro puntatori, diceva “quand
moeuren, va inanz la vedova”. Di certe cattive scolture che non valevano il marmo in cui erano fatte, Grandi diceva che
si sarebbero dovute rompere in minuti pezzetti “per faa disimparà ai can el vizi de mangià el zuccher”. Ultimi momenti
di Giuseppe Grandi (dicembre 1894, da racconto di Monsignor Pietro Bignami). L'ultima frase caratteristica che disse,
due giorni prima di morire, fu al suo infermiere, un mezzo contadino di Ganna “i dottor hin tutti asen. Se guarissi, te
faroo on monument; se mo[eu]ri, te faroo fà vescov dal Signor”. L'ultima persona che riconobbe fu Monsignor Bignami,
allora a Bregazzana, che andava a visitarlo quotidianamente. Grandi, il prima di morire, non ripeteva che il suo solito
intercalare “già... già...”. Chiamato ad alta voce da Bignami “Peppin!” Grandi aperse gli occhi e tosto li rinchiuse. - Le
cure dei medici furono savie ed affettuose, ma la malattia era mortale. Ed anche se fosse quella volta guarito, la morte
l'avrebbe poco dopo vinto, perchè aveva polmoni tubercolotici. La famiglia sua era tutta di rachitici. Grandi prese dalla
famiglia circa lire 30/m. che teneva in un libretto comune di risparmio. La scienza scultoria di Grandi, fondata sul solo
suo genio. Grandi non aveva fatto alcun studio. Il genio lo creò scultore in marmo e fonditore in bronzo.
5534. Presso gli eredi di Giuditta Pasta a Blevio (figlio della figlia) si conservano le carte del divino usignuolo,
che Giuditta teneva in perfetto ordine. Vi si trovano lettere di molte celebrità dell'epoca, di Carlo Porta, Grossi, di
principi, generali ecc. La Pasta conservava tutti gli articoli di giornale che parlavano di lei e tutti i figurini dei
personaggi da lei rappresentati. Non solo, ma nella guardaroba, già sua, esistono ancora (22-9-98) le vesti di Norma, di
Romeo ecc.
5535. (16-8-96). A Longone al Segrino, in casa Tagliasacchi visito alcuni oggetti gallo romani. Furono cavati,
una ventina d'anni fa, da tombe scoperte nel giardino della stessa famiglia - braccialetti di bronzo, pezzi di vaso... Mi si
mostrarono due buche nel giardino, rivestite di ciottoloni e coperte di due grosse lastre di sarizzo. In una si trovarono le
ossa di 12 cadaveri, nell'altra di due. Insieme a queste ultime, era (mi si disse) un rotoletto di metallo con iscrizione, non
saputa decifrare da Mommsen (?) e che ora trovasi nel Museo archeologico di Como insieme a fibule ecc.
Nella copia dell'iscrizione parmi di avervi letto la parola SVI. Vidi pure in casa Tagliasacchi due dei
soliti piatti rossi romani (di cattiva vernice) con marca in uno e due piccole scodelle pure rosse trovate presso
Proserpio -; e una forchetta e un cucchiajo di bronzo, forse medioevali.
5536. Una principessa di sangue reale aveva dedicato un monumento alla regina sua madre con questa
iscrizione: MATRI MAGNAE FILIA GRATAche fu tradotto da un romanesco, così: “la madre magna e la figlia se gratta” (dal
cardinale di Hohenlohe).
5537. Toselli, che fu grande attore nel Teatro piemontese, era attore pessimo della Real Compagnia dramatica
al Servizio di S. M. Sarda. Non vi faceva che le parti di servitore e destava l'ilarità sol che aprisse la bocca, per la sua
goffa pronuncia.
5538. Radesky, maresciallo austriaco, nel 1849 entrò in Novara dopo la battaglia con 4 bande musicali in testa
che suonavano l'inno patriotico italiano “Su, figli d'Italia - l'Italia s'è desta” etc. Poi seguiva lui con uno splendido stato
maggiore, circondato dalla guardia czeca in gran lusso.
5539. Il rispetto al passato, che in questa fine di secolo, si manifesta nei ristauri architettonici, negli studi
storici, fa risorgere idee antiquate e non giova troppo al rapido sviluppo dell'umanità. I nostri vecchi che distruggevano i
monumenti del passato o li rivestivano di forme alla lor moda servivano meglio di noi al progresso del pensiero. E
difatti il ristauro delle chiese cattoliche porseco il ristauro del culto, la rifabrica dei castelli, il ritorno a titoli nobiliari
e feudali, la ripulitura di tavole antiche al prerafaellismo etc.: condusse insomma ad un risorgimento al rovescio.
5540. faccia de mezz franc sbiavaa - faccia scialba, da vizioso.
5541. Epigrafi da scolpire sul dorso di sedie e seggioloni in una sala da pranzo: “Leves tibi somni, et digestio
facilis” - “Un bel seder tutta la vita onora” - “Invitato quì sei, non inchiodato” - “Chi ben siede ben pensa” - “Post
prandium stabis” - “After dinner sit awhile” etc.
5542. Fra i bizzarri progetti di quadri del pittore Luigi Conconi, porre questi: Un'Elena greca splendida, e a
traverso di essa, i piedi e le scarpe lacere del pittore che l'ha dipinta e che la sta ammirando. Il pittore, s'intende,
sottinteso - Una finestra aperta in una casa da contadino, con un paesaggio magnifico. Ma, appeso a metà della finestra,
è uno specchietto nel quale si scorge il viso del contadino che si fà la barba.
5543. Morì nel gennajo 1895 a Strevi (Alessandria) il sacerdote Giovanni Pisani di 77 anni che fu per lungo
tempo maestro in quel comune. Nessuna parentela con noi, almeno recente.
5543 bis. Il cavaliere Ceresa del Ministero della Guerra, lodigiano, nipote della Signora Caterina Bignami
amicissima di Paolo Gorini conosce molti annedoti su questi. Mi raccontò che a Torino, un inverno, Gorini, soffrendo
molto il freddo vide nella mostra di un sarto un bel soprabito. Vi passò innanzi per parecchi giorni; finalmente si decise
ad entrare nella bottega e chiese al sarto il prezzo del soprabito. Udita la cifra, chiese di provarlo, e si cavò di dosso il
suo più leggero. “Come vuole” fece il sarto con un sorriso. E Gorini si toccava il petto, dicendo, “mi pare quì davanti un
po' comodo: è anche un po' lunghetto davanti...” E il sarto: ma, se è un paletot da donna! - E Gorini non s'era accorto! - I
segreti e le carte di Gorini sono oggi (1895 dic.) posseduti dal dott. Ezio Omboni, medico condotto a Palazzolo
sull'Oglio, nipote di Gorini, cioè figlio di un Omboni che aveva per madre una sorella di Gorini e di una Vignati nipote a
sua volta di Cesare Vignati lo storico. Il dottor Rovida di Lodi insegnò poi al giovane Omboni anche il principio della
conservazione goriniana de' cadaveri. Per le materie vulcanica e plutonica il processo è meno chiaro.
5544. V. 5731 Tre quarti della vita di un uomo civile va in complimenti, congratulazioni, condoglianze, e
difatti, ogni giorno, ci arrivano lettere e biglietti di visita inutili che obbligano a risposte ancora più inutili. Oh venisse
una legge ad abolire, almeno per un secolo, l'uso dell'alfabeto!
5545. bombe, grosse pillole per purgare l'umanità, secondo il sistema degli anarchici.
5546. Bottero violonista dormiva col suo contrabasso, e lo copriva amorosamente di flanella l'inverno.
5547. Grecia. (Dalle lettere di Thouvenel pag. 271.279 ecc.) Nel 1850 si parlava italiano dagli inglesi nei
rapporti fra il corpo diplomatico e il Ministero degli affari esteri d'Atene - La Grèce en banqueroute dès sa naissance -
toujours à la veille ou au lendemain d'une crise ministérielle - Le pays fait en avant tous les pas que le Gouvernement
fait en arrière... -
5548. Quando si allargò la cosidetta contrada o corsia dei servi in Milano, un tale D'Alberti chirurgo
all'Ospitale Maggiore, scrisse “Sur podestaa, ch'el senta, cossa serv - slargà i strad e fa spes bozzaronn? - Invece de
slargà quella di serv - ch'el ne strengia on poo quella di padronn!” - Questi versi furono anche attribuiti, pare a torto, a
Carlo Cattaneo (V. in altra nota n. 5499).
5549.(22-9-1896). Vignati mi racconta che Giusti gli dettò, al Caffè Doney, una poesia satirico-politica che poi
Vignati, per timore di persecuzioni, distrusse. Era il lamento di un tedesco per la morte di Pio IX. Se ne trova uno
analogo stampato nelle raccolte giustiane ma non è lo stesso. Vignati si ricorda che finiva “Sto a veder se Lambruschini
- gli vuol dar l'arsenico” - Altri versi: su date l'amnistia - sono cose da principe...
5550. Le capanne coniche di pietre ammonticchiate dei contadini baresi ricordano, per la forma, la tenda. È la
tenda che s'è pietrificata. E potrebbe dirsi: quando la tenda si mutò in casa, la pastorizia randagia cedette alla stabile
agricoltura. Naque la proprietà immobiliare.
5551. Vi ha bottegai e professionisti che portano il nome del loro mestiere: per es. - un Fromage che è un
mercante di formaggi ricchissimo a Parigi - Decotti, farmacista a Londra - Resegotti, chirurgo a Como - Shraps (doct.)
medico a Londra (Shraps vuol dire Cassa da morto) - Porcellini, salumajo a Milano - Lumière, fabbricante di lastre
fotografiche.
5552. I Greci ebbero sempre fama di corridori. Il “piè veloce” Achille. Il vincitore ai giochi olimpici restaurati
nello Stadio di Atene del 96, ricostruito a spese del banchiere greco d'Alessandria Averoff, fu un greco. Nella guerra
turco-ellenica che poi seguì, i greci si segnalarono per le fughe precipitose. Essi stessi, parlando de' fuggenti, dicono:
Anér o pheùgon pàlin machésetai - uomo che fugge combatterà ancora.
5553. Menandro scrisse ton eutychoùnton eisì pàntes syngheneìs - Fortunatorum omnes sunt cognati.
5554. Chi offende, rado perdona all'offeso.
5555. Moncalvo, attore che faceva il “meneghino nelle comedie milanesi all'epoca della dominazione
austriaca 1818-1848. - Spesso passava le notti in prigione per le sue allusioni politiche, recitando. Parlando, per es.,
della polenta e del pajolo li diceva tanto belli e buoni, salvo nel colore (giallo e nero, bandiera austriaca). E
frequentemente, al calar della tela si volgeva al pubblico, dicendo “stanott, dass, paghi no el fitt de casa” e faceva
colle braccia l'atto di aver le manette. Fra gli attori patrioti, citare principalmente Gustavo Modena.
5556. Cognomi greci. Quelli che finiscono in poulo indicano l'origine peloponesiaca; quelli in akis
l'origine cipriota. Molti cognomi greci cominciano, in papa e finiscono in pollo (poulo): Paparigopoulo, Papadopoulo,
Papadiamantopoulo...
5557. Cappuccini italiani. Il padre Sommaripa, missionario in Atene, mi raccontava (1895) di aver visto novizi
comandati, per mortificazione, a cibarsi col viso a terra nel piatto de' gatti. Un cappuccino non mangiava che broccoli
con su un palmo di muffa. “La muffa gli teneva luogo”, diceva, “dell'aceto”.
5558. Porta e Pulci. CFR. il “Miserere” di Porta (per quanto riguarda il motivo) con un sonetto di Pulci, citato
nella Menagiana (vol. III pag. 258 della mia edizione - V. in Libreria di Corbetta), specialmente colla imitazione dello
stesso sonetto (pag. 259).
5559. La canzone oggi detta di La Palisse, nella Menagiana reca il nome di Galisse.
5560. I libri, specialmente di letteratura, debbono essere pensati e scritti piuttosto pel pubblico che pei letterati.
“Caenae fercula nostrae - malim conviviis quam placuisse cocis” (Marziale).
5561. I lanzichenecchi tagliavano orecchi e testicoli ai preti. “Colliones sacros Pretis Monachisque revellunt -
deque illis faciunt andouillas atque bodinos - aut cervellatos pratico de more Milani” (Remy Belleau Dictamen
metrificum).
5562. “A che serve?” Titolo e motivo di articolo dove si dovrebbe dimostrare l'utilità vera di molti studi e
ricerche apparentemente oziose per non dir pazze. A che serve la spedizione di André? a che certe collezioni di muffe? a
che le speculazioni metafisiche? ecc. E già si domandò nei tempi passati “a che lo studiare il fluido elettrico nelle rane?”
L'articolo potrebbe servire di prefazione al libro-catalogo della mia raccolta di bolli figulini.
5563. Scene elleniche (1894). Il bosco di Cefisia e il presidente Euclide. Una signora italiana passeggiava in
quel bosco: ad un tratto sbucò fuori un uomo attempato coi calzoni sbottonati e il veretro in mano. La signora si diede a
fuggire e lui dietro. Ma sopravennero persone ed ella si salvò. Seppesi che quel satiro era il presidente di tribunale
Euclide. Disse per scusarsi che siccome la signora era italiana, così l'avea creduta una prostituta.
5564. (Ad Atene). Tale Acmet, segretario della legazione ottomana, invitato ad una colazione sull'erba fra
amici vi si recò, e si mostrò allegrissimo. Nel ritorno, diventò, di subito, malinconico e cupo. Richiestolo del perchè,
rispose con aria tragicamente comica: “Ma femme crevée, moi boeuf! (veuf)”. La notizia l'aveva saputa fin dalla
mattina, ma aveva sospeso il suo dolore sin dopo la colazione, salvo a riprenderlo alla digestione.
5565. Macchiette umane. - La signora Speluzzi moglie del decoratore milanese, era una indiana olivastra dai
capelli neri lunghissimi. Aveva braccia così lunghe che poteva grattarsi i piedi senza chinarsi. Era madre di cinque o sei
bimbi, se li metteva dinanzi ad un tavolo per sorvegliarli mentre facevano il loro compito di scuola. E li guardava, coi
gomiti ossuti poggiati al tavolo e le palme sulle guancie. Quando un bimbo faceva male, essa, senza allungare tutto il
braccio, lo colpiva stendendo il solo avambraccio. E se il bimbo faceva peggio, essa si alzava e lo mordeva sul coppino
(nuca) come una vera scimietta.
5566. Grecia 1895. Iscrizione esistente sovra una casa al Pireo: “Questa casa fu edificata colle economie fatte
nel non fumare”.
5567. Errori tipografici - letti in giornali. La Regina in Calore, per la Regina in Cadore (titolo di articolo) -
Provveditore agli stupri (studi) - Questa egregia cantante soddisferà a tutte le esigenze del coito pubblico (colto
pubblico) - si diede ai più disperati generi di studio (disparati). E si parlava di Rovani.
5568. Ai molti citati nel Manuale di enimmistica (Hoepli) si potrebbero aggiungere questi: Bernardo Tanlongo
= Gran ladro ben noto - Perseveranza = serve e pranza - madraperla e ceralacca = la par merda e l'era cacca.
5569. Invecchiando, nell'uomo tutto si ossifica, compreso il sentimento. Da giovanetti piangiamo anche sulle
sventure ideali: vecchi rimaniamo indifferenti alle reali.
5570. Mattoidi - criminali-nati. * dell'Italia meridionale, credo tranese, maestro di musica in Atene 1895, già
indiziato di complicità in assassinio, scrive un Areòpagos - valse” che vuol dedicare al Re. Me ne mostra il
manoscritto. Il valzer, secondo il *, dovrà essere preceduto da una prefazione giuridico-filosofica “la giustizia della
coscienza e la coscienza della giustizia”. Nell'introduzione musicale, è scritto fra i righi: “La séance est ouverte -
Discours du Président - Harangue du plaignant - L'avocat de l'accusé - Questions aux moins - L'accusé parle en
pleurant - Sanglots - La cour se retire - La cour délibère - Condamnation à mort” - E quì 4 valses brillantes, che
cominciano abbastanza bene perchè il motivo è rubato, continuano male, e finiscono peggio perchè il resto è roba del
maestro, poi - (sempre fra i righi) Exécution du condamné - Coup de poignard - Suicide (del boja) - Coup de pistolet. -
Sopratutto, la parte “condanna ed esecuzione”, è un sintomo psichico della vocazione criminale del *. E al * che mi
chiedeva il mio parere sul suo lavoro risposi che mi ero divertito.
5571. (Dalle confidenze del Cardinale Gustavo di Hohenlohe - 17-8-91) Pio IX riposava. Hohenlohe, allora
semplice monsignore stava nell'antisala leggendo un libro. Comparve alla porta un brutto figuro, magro, allampanato
che chiese di vedere il papa. Hohenlohe rispose che non si poteva, perchè stanco. L'altro insistette dicendo che aveva
una lettera del cardinale Lambruschini e che era il vescovo di Perugia, Pecci. Sedette anzi presso Hohenlohe infilzando
una serqua di spropositi. Hohenlohe va all'appartamento di Pio IX. Bussa all'uscio. “Che c'è?” fa il papa di malumore.
Hohenlohe gli dice il nome del “petente”. Ah quel birbaccione! quell'infingardo! quel... grida Pio IX, ma alle insistenze
di Hohenlohe finisce col dire che lo riceverà ma intanto aspetti. E il futuro Leone XIII aspettò un pajo d'ore con gran
noja e dispetto di Hohenlohe.
5572. (da Hohenlohe) Pio IX favoriva in cuor suo Rosmini, anzi lo approvava interamente. Combattuto poi
questi dai gesuiti, non si stancava di sottoporre le proposizioni rosminiane a sempre nuovi esami. Le diede anche da
esaminare a certo Padre Secchi-Muro, chiamato il “gobbo di San Marcello”, uomo onesto il quale si convertì alla fede di
Rosmini. Il Secchi Muro, scrisse anche la seguente epigrafe per Pio IX. “Pius Nonus - Italiam nolens fecit”.
5573. Gorini - Era sempre quasi sfornito di abiti perchè dava tutto per carità. Oggi i preti lo combattono collo
sciocco pretesto ch'egli fosse “massone” mentre non lo era. Gorini invece fu sempre in buoni rapporti con moltissimi
sacerdoti, specialmente Anelli e Vignati. Le sue Origini delle montagne furono copiate in seminario da alcuni chierici
(che copiarono, fra l'altro, il “potente cataclisma” per “potente catechismo”). Concorse in varie opere di carità col
vescovo di Lodi, Bersani. - Manzoni, a Gorini che offrivagli il suo libro, dicendo: forse, don Alessandro, vi troverà
qualche cosa che non va completamente d'accordo colla storia del mondo secondo i cattolici, scuserà…, rispose: Chi
non crede al progresso della scienza, non ha fede. È Manzoni che dedicò un suo volume a Gorini colle parole “A Paolo
Gorini in segno di una ammirazione non dotta, ma non cieca” - Mettendosi a scrivere le sue “Montagne” Gorini confidò
a Cesare Vignati i suoi dubbi di non conoscere sufficentemente la lingua italiana e però il suo proposito di scrivere il
libro in francese. Vignati allora gli diede una grammatica italiana. - Ezio Omboni a Palazzolo sull'Oglio ha molte carte e
libri di Gorini. Alcuni mss. sono vergati nella speciale crittografia di lui. C'è anche un libretto di stenografia
convenzionale che dovrebbe contenere le poesie di Berchet. Esso potrebbe dare la chiave del resto. - Lettere di uomini
illustri a Gorini furono arbitrariamente trattenute presso di sè dal d.
re
Dossena di Lodi.
5574. La diligenza che ribaltava, allo scultore Grandi, che ne era sbalzato e giaceva a terra col viso all'insù,
pareva (secondo la frase dello stesso Grandi) “un soffitto del Tiepolo”.
5576. Dicono gli psichiatri grafologi che dalla scrittura si conosce l'animo dell'individuo, che il carattere
grafico rivela quello dell'uomo. E infilzano esempi, presentando scritture di uomini di cui già conoscono vita, morte e
miracoli. Grafologi, profeti spesso a posteriori. Eppure, nella scrittura ha spesso più parte l'insegnamento generale del
calligrafo che non l'impulso dell'animo individuale. Spesso è anche questione non di mano ma di penna. Per que'
grafologi, cambia la penna e diventi galantuomo. Vi ha intere burocrazie i cui impiegati scrivono tutti ad un modo,
tradizionalmente, da anni, per es. le cancellerie inglese e tedesca.
5577. Catalani, nel 1894, fu mandato a Londra da Crispi per ottenere da Herz la restituzione di alcuni
documenti compromettenti. Ivi andò con Palumbo Cardella segretario particolare di Crispi, e raggiunse lo scopo con
fatiche indicibili ed ambascie, tanto più che si sapeva pedinato dalla polizia turca. Tornato a Costantinopoli, dov'era
ambasciatore, dopo pochi giorni, improvvisamente morì. La moglie di lui, conscia di tutto attribuì la sua morte a veleno.
Forse i turchi, insospettiti che la sua gita avesse uno scopo politico a loro avverso, vollero sopprimerlo. Io ne attribuisco
invece la morte ad un attacco di “angina pectoris” di cui già aveva sofferto un attacco l'anno prima a Roma in casa mia.
5578. Pòlis kechenaìon di Aristofane, ossia Atene, l'antica Parigi. Ville des badauds, ossia Parigi, la nuova
Atene. -
5579. R.U. - Bimbi - La mamma diceva al suo bimbo mentre gli uccellini cantavano alla mattina “Senti, gli
uccellini dicono le loro orazioni al Signore”. E il bambino: È un grande uccello, il Signore? - Mamma e bimbo entrano
in una chiesa nella settimana santa. Bujo e silenzio. Sono i sepolcri. “Il Signore è morto” dice la mamma. “Ma, non è
nato jeri?” fa il bimbo. E vedendolo effigiato colla barba “era già tanto vecchio?!... che sia forse suo papà!?” - “Chi è
Dio?” gli chiedeva la mamma. E il bimbo: il sindaco. - Questo bimbo apriva talvolta lo sportello della stufa donde esce
il calore, e fantasiava di vedere il Duomo coi preti in coro che cantavano ed anch'egli cantava: poi, ad un tratto chiudeva
lo sportello, dicendo “ciao, Madonna, ciao”.
5580. Un contadinello di Corbetta andò a confessarsi. Il prete gli chiese che mestiere facesse. Rispose che
conduceva le vacche a pascolare. E il prete a domandargli se lasciasse andare la vacca sul prato degli altri. Rispose
“quai volta, ma l'è la vacca”. E il confessore a dirgli che doveva opporvisi. Ma il ragazzo: “I (sì) ma, vidii. Vu sii la vaca
(e accennava al confessore) quel rob che ghii al col (il collarino) l'è ol soghett (la corda che tiene la vacca). Va tiri (vi
tiro...) voerì vignì no (non volete venire) andee a mangià l'erba di oltri (andate a mangiare l'erba degli altri)”.
5581. Difficilissimo per non dire impossibile è di fare bene il bene ad un ministro di Stato e ad un Sovrano,
impediti come sono dall'ambiente di opposte tendenze in cui sono, se neanche un uomo privato, che non ha da dar conto
a nessuno, e che quindi è più potente di un re, non ne può fare (ed io sono in grado di attestarlo) di fronte agli stessi suoi
dipendenti.
5582.(1897) FRANCISCO PISO NAE
CIVI NOBILISSIM O
INVIDA MORT
…….VS FV
. ………... BET
…........ ERITO
….. ER
...... VS
Frammento d'iscrizione letta (probabilmente male) in una bottega di scalpellino in via S. Maria Fulcorina di
Milano.
5583. Levate le maschere sceniche, con le quali si lusingano e si allettano le plebi, i partiti politici dominanti in
un paese non possono fondamentalmente essere che tre cioè quello che vuole ordinamenti più stretti degli esistenti
(retrogradi), quello che li vuole più larghi (progressisti), quello infine che si contenta degli ordinamenti in vigore
(conservatori o moderati). Gli attuali così detti socialisti, se giungessero domani al potere, come giungeranno,
diverrebbero issofatto conservatori, conservatori s'intende dello stato di cose al quale aspiravano e che hanno ottenuto,
nonchè moderati, cioè colle idee intermedie fra il nuovo partito che tosto si formerebbe per più larghi ordinamenti ed il
partito vinto - Il cristianesimo d'oggi, eminentemente conservatore e temperato, era, al suo nascere, partito di
rivoluzione. - La rivoluzione che diventa perpetuamente Stato è la storia del mondo politico.
5584. Fra i prigionieri lombardi fatti da Federico nella battaglia di Cortenova (27 nov. 1237) si cita anche un
Pisani da Lugnare (?) dato in custodia a Berengario de Bizano (V. Historia diplomatica Frederici Secundi par J. L. A.
Huilard Bréholles - 1857) .
5585. Sulla villa già di Bernardino Biondelli, distinto numismatico, filologo, archeologo, è la seguente
iscrizione: “O beata solitudo, o sola beatitudo”.
5586. (1895-1900) Momento attuale di generale insoddisfazione ed inquietudine. Tutti, di qualsiasi parte,
desiderano qualche cosa di diverso senza sapere precisamente che. I timidi vorrebbero tornare all'antico, ma quale antico
non sanno; gli ardenti sospirano avveniri che non veggono. In nessuna altra epoca si è tanto studiato ed esaminato
quanto oggi; in nessuna si è tanto ipotecato l'avvenire, in arte, in morale, in finanza, come nella presente. Tutti si
attendono e fors'anche invocano universale miscuglio e confusione, sperando che dal nebbione delle idee presenti sorga
il nuovo giorno, che dal caos di mezzi vizi e mezze virtù erompa la forma ben netta del tempo avvenire. - E il miscuglio
delle attuali contraddizioni potrebbe segnare anche il momento che precede la mondiale follia.
5587. (1895 marzo 26). Arrivo alle 5 a Patrasso. Ricevuto dal V. Console Toscani. Cani vaganti, mangianti in
cassettine rimasugli di cibo. Torello che gira ballonzolando per le strade e strappa la paglia da un mucchio di sedie
accatastate dinanzi un caffè. Greci in fustanella che si puliscono il naso colle dita - In ferrovia per Atene. Il paese tutto
olivi. Aigïon. Prendo un caffè. Il caffettiere mi ruba 1 dramma sul minimo conto. So che me la ruba, ma piacemi
constatarlo. Guardo con Gigi Perelli che mi è compagno di viaggio la carta di Grecia della Guida Bedaecker. Egli
traduce “Mer de Candie” (merda candita). Ad una stazione vedo un lustrascarpe col suo bravo numero. E chi mai lucida
le scarpe? Scarpe col fiocco sulla punta. Perelli osserva che quì si possono dar “piedate coi fiocchi”. Vediamo molti
cani. Perelli vi cerca inutilmente il cane d'Alcibiade, perchè nessuno è privo di coda. Seguendo il viaggio in ferrovia,
vediamo continuamente viti e olivi, olivi e viti. Il golfo di Corinto si allarga intensamente azzurro. Scorgiamo nelle varie
stazioni Greci col rosario in mano, sgranandone le avemarie. In lontananza l'isola di Salamina. Perelli proporrebbe di
coltivarla a cavoli (verze - Salamin coi verz) e chiamerebbe il suo versante, verzante. Si giunge ad Atene. Alla stazione,
Cariati segretario della Legazione, Revel console al Pireo, Serpieri, Rossi, Lifonti, La Barbera, Bacci, Cervi, italiani.
Passeggiata alla sera in carrozza. - 27-3 Atene. Acropoli. Partenone. Spettacolo indescrivibile. - 28-3 Asilo d'infanzia e
scuole italiane. - Partenone. Teatro di Bacco, Odeo[n] di Erode Attico etc. - 29-3 A Kefisia - Aria marina e di montagna.
Vedo casa Boltazz, e casa Limbritis per prendervi l'alloggio. - 30-3 Ricevuto dal Re e dalla Regina.
5588. (Grecia 1895) Angelo Maino, di 75 anni di età, medico, milanese, fu il primo che, nel 1848, insieme a
Paolo Arpesani e ad altri cinque “fidegh san” s'impadronisse del palazzo del Governo in via Monforte (Milano)
uccidendo la sentinella austriaca e facendo fuggire il corpo di guardia. Mentre Maino e i suoi compagni andavano
verso il palazzo del Governo, “quasi a gatton” cioè facendosi più piccoli che potevano, videro comparire sul balcone di
una casetta, oggi inglobata nella Casa Cicogna, tre donne, cioè una madre colle sue due figlie, la prima vestita di bianco,
e le due altre rispettivamente di rosso e di verde. Trovò, nel palazzo, il Governatore O'Donnel esterefatto. Capitava in
quel momento, in carrozza, l'arcivescovo Romilli, in fama di austriacante. Maino fece tagliare i finimenti dei cavalli, e la
carrozza, rovesciata, fu il primo materiale della prima barricata milanese. - Maino conobbe molti patrioti, Correnti,
Fabrizi, Manin, Vela, etc. Vela gli raccontò di Vittorio Emanuele che si recò a posare da lui per un monumento che una
città del Piemonte voleva erigere a quel sovrano. Un giorno, V. E., entrando nello studio dello scultore, gittò il cappello
sulla sedia dicendo “gran brutto mestiere quello di fare il Re!” E Vela: Ella può lasciarlo quando vuole. Ma Vittorio
fiammeggiando negli occhi: “No. Voglio prima fare l'Italia” - E un altro giorno V. E. disse a Vela, che era di fede
repubblicana: Anch'io sono repubblicano. Veda e, sfoderando la sciabola, che fu già quella di Massena, gli fece
leggere sulla lama le parole: liberté, égalité, fraternité. -
5589. Piace lo svegliarsi, ma anche l'addormentarsi; si gode introducendosi cibo, ma si gode pure smaltendolo;
è gioja il cominciamento di un amore, ma è anche gioja la sua fine; è godimento la vita, perchè non sarà tale la
cessazione di questa?
5590. I poeti. Ferdinando Fontana, poeta di maniera. Ci arriva ad Induno Olona (1874) dove villeggiavo con
mia madre. Aveva fatto il tifo, s'era accorciato la convenzionale chioma poetica ed aveva un formidabile appetito.
Profitta della nostra ospitalità, mangiando e bevendo come un orco. Va a dormire e la mattina se la cava, “insalutato
hospite”. Dopo qualche giorno, guidato dal tanfo, il nostro domestico scopre, nella camera dove aveva dormito il poeta,
il suo saluto di ringraziamento, dico un vaso ricolmo di quanto gli era già entrato dalla bocca, regalo-ricordo del poeta.
D'allora in poi le poesie di Fontana, che i critici dicono odoranti d'ambrosia, mi puzzano sempre di sterco.
5591. Fede greca (Atene 1895-96). Certo uomo d'affari ateniese disse un giorno all'italiano signor Pontremoli,
per scusarsi di non avere adempiuto a un suo impegno verbale: “La parola che v'ho data era mia, non vostra, e quindi
potevo riprendermela”.
5592. Les sauvages de la civilisation - ossia gli americani del Nord che non vivono, non pensano, non fanno
nulla che per l'interesse materiale, tutto valutando a tariffa monetaria.
5593. Parte Ufficiale. Un consiglio di ministri. Descrivere un consiglio degli usceri dei vari ministri che
aspettano in anticamera i loro principali riuniti. L'usciere del presidente, fa naturalmente da presidente. C'è chi si mostra
più informato degli altri ecc. discussioni, battibecchi ecc. insomma una parodia di quanto avviene sul serio nella sala
vicina. Eppure anche il vero Consiglio ministeriale è forse più ancora comico e risibile di quello scimioteggiato dagli
uscieri. - Sul tappeto verde del Consiglio ministeriale si raccolgono pezzetti di carta con figurine scollate disegnate dal
ministro donnajolo Grimaldi, ricette di Bacelli, caricature di Brin ecc.
5594. Epitafio progettato per Giuseppe Sacchetti medico mio ed amico, e non eseguito: LAGRIME E BENEDIZIONI A
GIUSEPPE SACCHETTI MEDICO - CHE DAL 18… AL 1896, - DI RITORNO ALLA VITA DE CIELI - ATTRAVERSO QUESTA TERRENA -
SANANDO E CONSOLANDO.
5595. (dicembre 1897) Conducendo in tram a Milano la cinquenne Angioletta, figlia della balia asciutta della
mia Elenina, le dico che a Natale mangerà in casa nostra il panettone e il tacchino. “E tu che hai mangiato a Natale
l'anno scorso?”, le chiedo. Risponde: “hoo mangiaa ol gatt!” E dice questo con un fare orgoglioso, quasi avesse fatto un
pasto da re, la poveretta!
5596. Ta-fu = (in cinese) ministri (?) CFR. con Cafù, milanese, uomo d'importanza.
5597. (Atene 3-11-95 - Da racconto della Signora Cassandra Catalani Musurus) Telepatia - Essendo a Londra,
giovinetta di 15 anni, mentre suo padre, Musurus pascià, vi risiedeva come ambasciatore di Turchia, una notte
Cassandra sognò di vedere sua madre (la quale era fuori di casa, ad una festa da ballo) morta e distesa su un materasso.
Si svegliò gettando un grido acutissimo. Poi si riaddormentò. Verso mattina, sentì bussare alla porta. Una cameriera le
annunc che sua madre si sentiva male - poi malissimo - e fi col dirle che era già morta. La principessa Musurus
madre soffriva malattia di cuore. Mentre saliva, ansando, uno scalone assai erto, al braccio del Granduca di Hesse, che
camminava in fretta, si sentì ad un tratto a soffocare e cadde rovescia. Il marito Musurus le tagliò colla sciabola i lacci
del corsetto, ma inutilmente. E la povera signora fu adagiata morta, vestita da ballo, nell'anticamera su un materasso -
come la figlia Cassandra avevala esattamente veduta in sogno. V. 5780
5598. (21- 10-99) La Madonna del Bisbino (Lago di Como) è chiamata da questi contadini la Madrona. La
relativa statuetta fu trovata in una vicina valletta e fatta portare sulla cima da un signore del luogo che vi edificò una
cappella. CF. le matronae protettrici degli antichi pagi (p. es. Vimodrone, Vicus Matronae ecc.) colle Madonne de'
nuovi. Sarebbe bene recarsi sul Bisbino per esaminare davvicino quella statua forse pagana.
5599. P.U. Il discorso del Re. I molti che vi mettono mano. Lo si disegna in consiglio de' ministri, poi s'incarica
uno dei ministri di cucire insieme le varie membra. Membra solitamente di bestie di speci assolutamente diverse. Piedi
d'elefante, su ventri di scimia e teste d'oca. Il ministro ci si prova ma non riesce. E il lavoro urge perchè fra un pajo di
giorni il discorso dev'essere imbeccato a S. M.› Chiama il suo sottosegretario di Stato e gli affida il compito. Il
sottosegretario ha quella sera un convegno dolce, vuol perderlo. Chiama a sua volta il segretario particolare e gli
passa note e appunti. Ma anche il segretario ha il suo appuntamento. Si sfoga colla fantesca, una vecchia fidata. Questa
gli fa animo e gli suggerisce il nome di un giovanotto vicino d'uscio che sa scrivere. Difatti, scrive in un botteghino del
lotto. La fantesca anzi glielo presenta, ed il segretario gli passa “la fatta” o meglio “il da farsi” e gli promette qualche
decina di lire. E il lottajolo si mette al lavoro e alla mattina consegna il discorso, in bella calligrafia, al segretario, che lo
rimette al sottosegretario di Stato che lo presenta al Ministro che lo umilia a S. M. che lo legge alle Camere!
5600. R.U. I preti. Fare anche un capitolo sui preti di spirito, come Hohenlohe, Bignami (Monsignor), Curato
dei 3 Ronchetti, Coccanari, Mamos ecc. pieni d'arguzia. Citare le frecciate del cardinale Hohenlohe. Si discorreva del
papa Leone, poco favorevolmente. Uno diceva: Eppure, c'è il caso di Castelar che uscì dalla visita al papa ammirato,
innamorato di S. S. - E il cardinale “Anche S. Antonio era innamorato del suo porco” - Parlando di Leone XIII,
Hohenlohe esce talvolta a dire, come per isbaglio “quel cane...”, ma, riprendendosi subito, “quel santo uomo...” -
Monsignor Coccanari di Tivoli non poteva dormire perchè tale gli cantava, per ore, sotto la finestra, con voce stonata, la
frase dell'Ebrea di Halévy “Dio mi guida...Dio mi guida...!” finchè, furente, Monsignore aperse la finestra, gridandogli
“va al diavolo tu e il cocchiere!” - Monsignor Bignami, canonico “ordinario” della Metropolitana di Milano (ma assai
fino d'intelligenza), amava far burle dove passava. Una mattina, in un albergo svizzero, alzatosi di presta ora e
scorgendo sovra una tavola tutte le scarpe dei forastieri, pulite e pronte ad esser portate dinanzi ai vari usci, le spajò,
ricomponendo ogni pajo con scarpe diverse. Fu una indescrivibile confusione tra i forastieri che non sapevano più
calzarsi, mentre il treno stava per partire.
5601. R.U. Preti. Grotteschi ecclesiastici. In parecchi comuni di Lombardia (1892-93) si distribuivano e
vendevano dai preti fogliolini ascetici del Sacro Cuore alcuni in forma di biglietti ferroviari o di tram con su stampato
“Linea del Paradiso”. E nel biglietto era indicato se di classe I o II o III, naturalmente con diversi prezzi, oltre
l'avvertenza che non si davano biglietti d'andata e ritorno. - A Cremona uscirono fogli rappresentanti il diavolo colla
gerla che raccoglieva le bestemmie dei peccatori. E le bestemmie più sconcie vi erano letteralmente scritte. Uscì pure un
libretto di certo teologo, insegnando un modo spiccio e poco visibile per dire il benedicite ed altre preghiere nella
giornata. Diceva che basta intendersi con Dio, combinando mentalmente con lui che con alzare per es. il mignolo
s'intende recitato il Pater noster, alzando la gamba sinistra, l'avemaria e così di seguito
5602. Mattoidi (15-11-1891). Mi si presenta al Ministero certo Agnisetta Stramba (così, almeno si chiama lui
stesso) domiciliato all'Osteria del Pino - Roma - già fumista meccanico di specialità a Issogne sul lago Maggiore e ora
filosofo, sociologo, il quale viene a confidarmi in gran segreto che la salvezza dell'Italia sta sola nel concime e che egli
s'impegna di poterne da solo produrre ed offrire al Governo 150 quintali al giorno. V. altra consimile nota.
5603. R.U. - I Papi. Non è un papa solo, cioè il successore di Pietro, il capo della cattolicità, ma molti. Persone
che sentenziano sempre ex cathedra, che si reputano in buona fede infallibili, in arte, in politica, in scienza ecc. Citare
l'Adriano Lemmi, Gran maestro della Massoneria, il professore Ellero, il Filopanti, il senatore o seccatore Damiani,
Primo Levi etc. etc. e tutti gli altri “infallibili”.
5604. Motivi di quadri (Stile conconiano). Una ragnatela col ragno e la solita mosca sul punto di essere
tragicamente divorata. A traverso la ragnatela si vede in lontananza un immenso paese, con montagne, boschi, città ecc.
5605. Tipi di spirito. Sullo spirito di Cova milanese V. sparsim. La storia, ch'egli raccontava, del guerriero
“catafratto”. Guerriero a coke, serve anche da stufa. Il guerriero piglia la ruggine. Reso terso (“sgurato”) colla cenere:
venduto col rame di cucina. V. n.° 5675
5606. Bimbi. “Qual'è il gioco che più ti piace?” si chiedeva ad un bimbo. Rispose: il rompere.
5607. Contenzioso diplomatico. In una questione colla Turchia, sottoposta al Consiglio del Contenzioso
diplomatico si parlava della legge sacra musulmana. Per svista di amanuense, la legge diventò sarda. Il relatore tessè un
elaboratissimo studio (che nessuno lesse) su questa legge sarda e riportò vittoria.
5608. (1894-11-3) Il ministro dei lavori pubblici Saracco ha sottoposto oggi alla firma reale un decreto che
mette in aspettativa un impiegato per le troppe raccomandazioni che si faceva fare a prò suo.
5609. Trattato di Berlino. Un giorno De Launay ambasciatore d'Italia a Berlino chiamò il maggiore Luchino del
Mayno addetto militare all'Ambasciata e gli annunciò che sarebbe stato nominato delegato per lo stabilimento dei
confini insieme ad altri ufficiali d'altre potenze. Del Mayno nulla conosceva dei Balcani, e poco più di lui gli altri
delegati, salvo il turco Mehemet Alì e un capitano inglese. Comprò alcune carte di Kiepert e studiacchiò la questione
come meglio poteva. E siccome Launay gli aveva detto che i tre delegati francese, inglese ed italiano, come i meno
interessati, dovevano far come da sensale fra i delegati interessati, turco, austriaco, russo, Del Mayno chiese quale
direzione dovesse seguire. Launay rispose con sapienza ministeriale “Faccia Lei”. E tutto fu fatto a casaccio. - E un
giorno Mehemet Alì venne a trovare Del Mayno e a dirgli “ajutatemi; se no, sono perduto. Nel confine che si
attribuirebbe alla Serbia, c'è il villaggio di (e disse un nome) dove si confeziona il tabacco cosidetto del Serraglio,
favorito dal Sultano. Se Sua M. I. viene a perdere quella fabbrica, mi fa tagliare la testa. Offrite quel compenso che
meglio vi pare ma conservatemi le sigarette del Sultano”. E Del Mayno si adoperò in modo da riuscire all'intento - (da
Dal Verme (?) 20-11-1893).
5610. Quando Crispi fu ministro degli esteri, per uno dei soliti grandi pranzi che si davano alla Consulta il 14
marzo (compleanno del Re Umberto) fu telegrafato nell'Alta Italia per avere trote. Giunsero magnifiche e furono
mangiate da Donna Lina Crispi.
5611. Nel 1849, rioccupando gli austriaci Milano, il popolaccio cantava: Quei de Milan - Sonee i campann de
festa - Dervii la porta - Lassee passà i todesch = Viva Radetsky e viva Metternich - E mort ai sciori - evviva i poveritt =
Viva Radetsky - che n'ha salvaa la vitta - Nanca el duca Litta - A Milan el chiga pu. = I Milanes hin reussii - a mandà i
pollin (gendarmi) a trii a trii. -
5612. Il sistema parlamentare è il ricatto eretto a costituzione politica. Un deputato, un partito intima a chi
governa “o mi fate il tal favore, nominate il tale alla tal carica etc. o vi voto contro...”.
5613. Le navi formidabili ma di congegni complicatissimi dell'attuale marina italiana, le quali destarono
ammirazione nelle recenti riviste e festivals, sono istrumenti di guerra fatti pei tempi di pace.
5614. Onestà politica. Tema. Un grande diplomatico che ad una disonestà politica di primo ordine riuniva una
lealtà personale senza paragone. Esaminare se le due qualità possano coesistere laudabilmente. Difficoltà di segnare il
vero confine fra il delitto politico e l'umano. Citare i cosidetti scandali bancari, le soppressioni dei nemici di uno stato
ecc.
5615. Leggendo la storia del medioevo, dove le genti erano in perpetua lotta fra loro, cercando reciprocamente
di sopraffarsi, oggi alleate per abbattere un terzo, domani nemiche dell'alleato, ed amiche del già nemico; il pensiero
corre spontaneamente agli attuali tempi che si potrebbero pur dire di mezzo, almeno dal lato della imperante mediocrità,
e vede gli intrighi dei politici, le cabale parlamentari, le lotte elettorali, gli assassinii colle parole e le stampe, tutti i
delitti della odierna mediocrità, forse peggiori di quelli medioevali di sangue. Combattere le istituzioni costituzionali
che sono il fulcro e il trionfo della mediocrità. È impossibile coi sistema dei voti e della maggioranza che l'alto ingegno
predomini. Possono, è vero, essere esclusi i pessimi dalle cime sia del governo, che del pensiero artistico, letterario ecc.
ma sono esclusi anche gli ottimi. Tutto va per medie. Col socialismo le cose anderanno anche peggio, poichè,
allargandosi la cerchia dei chiamati al governo, diminuirà la media dell'ingegno e degli studi, necessaria a toccare il
potere. Al trionfo del genio non può giovare che un sistema di monarchia assoluta o di anarchia completa.
5616. Le favole di La Fontaine e di altrettali apologhisti sono altrettanti spropositi di Storia naturale.
5617. Andrea Doria prima della battaglia di Lepanto emanò un proclama agli uomini delle sue navi che è in
genovese, ed è una serqua d'insolenze oscene all'indirizzo de' turchi.
5618. Cassiodoro fa onorevole menzione degli aurighi milanesi. V. in Scipione Maffei Libro 7 Cap. 28 var. lib.
3. 29.
5619. Scheggino (Umbria). Una dozzina di bambini, maschi e femmine, in processione si avviano verso il
ponte del fiume. A capo di tutti una bimba novenne con un gattino appena nato in braccio. Gli altri bambini, tengono in
mano ciascuno un pugno di sassolini. Chiesto alla bimba che intendesse fare di quel gattino, risponde con semplicità
affettuosa, carezzando la bestiolina: la gattina sua mamma ne ha fatto tre e non p allattarli tutti. Bisogna quindi
gettarne uno a fiume. E la processione continua sino a mezzo del ponte. Là si ferma. La bimba bacia e carezza il gattino
che passa di mano in mano carezzato e baciato finchè, tornato alla bimba, questa lo lascia dolcemente cadere dal
parapetto nell'aqua. E ogni bambino getta i suoi sassolini nel luogo dove cadde il gattino. Tutto avviene con
compostezza rituale e affettuosa serenità. Così dovevano celebrarsi le antiche primavere sacre, i religiosi sagrifizi
umani, non fatti per crudeltà ma pietà.
5620. Le istituzioni parlamentari sono la causa dell'attuale pervertimento del senso morale. Il popolo assiste ad
un continuo mutamento di opinione, a base non di ragionamenti ma d'interessi, vede il più accorto, non il più valoroso
ed onesto salire al potere, cosicchè dalla sfiducia passa presto allo sprezzo nel Governo e quindi alla rivolta.
5621. L'ultimo imperatore indigeno del Messico (Guacomosin?), condannato alla graticola dagli Spagnoli e
sollecitato a farsi cristiano perchè così sarebbe andato in Paradiso, chiese ai frati della inquisizione se in Paradiso
andassero anche gli spagnoli. Essendogli stato risposto di sì, disse: e allora non mi farò mai cristiano - per non trovarmi
con essi, e si stese eroicamente sulla graticola ardente.
5622. (Da Lattuada Descrizione di Milano, vol. IV, pag. 386). Negli arredi sacri già esistenti nella Chiesa di S.
M. delle Grazie in Milano erano due paramenti di garza d'oro ne' quali il duca (Lodovico Maria) e la moglie sua
(Beatrice Estense) scherzarono. Mentre cioè Lodovico faceva tessere nel Drappo alcune serrature con chiave, la moglie
pose nel suo paramento un crivello scosso a due mani col motto: Ti a mi e mi a ti.
5623. faccia de municipi antigh - espressione corbettina per indicare un uomo brutto e brontolone.
5624. cobbia-parpai = fabbricatore di seme bachi - casa con incomod de carrozza = case che, con piccolo
cortile, hanno scuderia e rimessa. I maistaa (milanese) imagini di santi, derivano dalle vecchie imagini con su Dio e
sotto “sua divina maestà”.
5625. R.F. 1848-49. Elena Pisani Dossi Marozzi. La polizia austriaca fece più volte visite e perquisizioni, a
Pavia, in casa Marozzi sospetta di patriotismo. Donna Elena guidava accortamente i poliziotti a visitare la casa. La
visita fu fatta di notte. Emilio Marozzi, possessore di molti libri ed opuscoli rivoluzionari li fece scomparire sotto il
cartone di altri. Donna Elena disse sottovoce ad uno de' commissari “ma non ha vergogna lei che è italiano di fare
questo che fa?” E il commissario “Non vede che non guardo”. Poi Elena sedette su una cassa che sapeva piena di
pubblicazioni proibite, dicendo “questa è già visitata”. Sotto l'imbottitura dei mobili, erano carte compromettenti, ma
non se ne avvidero. Un poliziotto trovò i libri di scuola del figlio Camillo, testo ufficiale, dal frontispizio de' quali era
stata tagliata fuori l'aquila bicipite “Ecco - sclamò trionfante, come si comincia! Fin dalla scuola!” Vedendo poi nella
cucina un gufo, proprietà del cuoco Lisander, uno dei perquisitori chiese che fosse. E donna Elena, franca: vun de lor.
Donna Elena si oppose poi che entrassero nella camera delle figliole Elisa e Clementina, dicendo che dovevano passare
prima sul suo corpo. Quei poliziotti non insistettero. Erano, in fondo, di buon carattere. La mattina appresso si rifugiò
nell'oltrepò pavese nella sua campagna di Mairano.
5626. Le tre ragazze Pisani di Pavia, figlie di Don Carlo - Elena, Angioletta e Carlotta - bellissime vivevano
come tutte le signorine pavesi, conventualmente. Un giorno passeggiando in carrozza chiusa, la carrozza venne
circondata dagli studenti della Università che la fermarono gridando “vogliamo vedere le belle Pisani!” E le videro.
5627. Quando, cacciati via gli austriaci nel [lacuna], il Governatore di Pavia s'insediò per la prima volta nel
palazzo del Governo (Palazzo Mezzabarba) e diede una festa, Elena Marozzi Pisani fu tra le prime invitate. E vi fu
anche Donna Adelaide Cairoli Bono, la quale avvicinandosi alla Pisani, le disse: Donn'Elena conoscerà già questi bei
saloni - No, rispose Elena, li conoscerà certo Lei, non io - E difatti la Bono li aveva assai frequentati all'epoca austriaca.
5628. Nel 1833, quando Emilio Marozzi fu improvvisamente arrestato a Mairano dal Governo Sardo, sua
moglie Elena Pisani lo seguì fino ad Alessandria in cuffia e pantofole. Non la volevano lasciar salire nella carrozza del
marito requisita per tradurlo in carcere. Disse, la carrozza è mia e la prima ad entrarvi debbo essere io. Ad Alessandria
respinse più volte le profferte galanti del generale Galateri, capo della fortezza, che la minacciava ogni tratto di farle
fucilare il marito e tanto fece e disse che riuscì a far liberare Emilio.
5629. Portoni di P. Nuova. La Gazzetta di Milano in due articoli di Rovani ed in uno di Y., il Crepuscolo, il
Fotografo, e la Cronaca d'Ignazio Cantù si chiarirono a favore dell'opinione che voleva conservare i Portoni. L'Eco
della Borsa, L'Universale e un articolo della Gazzetta di Milano di A. Londonio stettero per la decisione comunale di
abbatterli. Già Cesare Cantù nell'opera “Milano e il suo territorio” e Giuseppe Sacchi nelle “Veglie di famiglia”, oltre
Carlo Cattaneo avevano levato la voce contro il pensiero di atterramento che era già venuto in mente a taluno del
Municipio fin dal 1839. V. Articolo di P. A. Curti. Vol. 2 Fuggilozio pag. 376 - e Politecnico Vol. pag. 66. Tip.
Pirola, Milano, 1839.
5630. L'Hagy - antico negozio di liquori in Milano è chiamato “el racanatt di sciori”.
5631. Portoni di Porta Nuova (Dal Fuggilozio, Anno n. 25 - Milano, 21 giugno 1856). “Al Caffè Martini
durò in questi giorni accanita la lotta fra i portonisti e gli antiportonisti per avversare o sostenere la risoluzione
municipale di atterrare gli archi di Porta Nuova e vi fu chi propose di dare a Rovani in benemerenza del suo zelo a
propugnarne l'esistenza il titolo di Guardaportoni. Il principe B. (Belgiojoso), intrepido antiportonista, dopo aver preso
parte al gioco degli spropositi (come il Rovani chiamava le ragioni de' suoi avversari) inveì contro i giornalisti,
affermando che essi per pochi talleri scrivono pro e contro in qualunque controversia. Tutti gli diedero sulla voce e
qualcuno gli avrebbe volontieri insegnato a non fare d'ogni erba fascio. Cessato il diverbio, un amico si accostò al
Principe B. e gli domandò: Perchè avete tanta ira coi giornalisti? - Perchè - rispose il Principe, la mania più grande di
mia moglie fu sempre quella di scrivere nei giornali.
5632. Cajo Tantardini, nipote dello scultore, e per suo conto puntatore, era un misto di generosità e di
furfanteria “teppistica”. Rubava legna per scaldare la stufa di Tranquillo Cremona di cui era ammiratore, rubava blocchi
di marmo allo zio scultore, per portarli a Giuseppe Grandi. I blocchi li rubava nelle notti d'inverno, quando nevicava,
accomodando poi la neve in modo che questa sembrasse ricoprirli. Dileguandosi poi la neve, lo zio vedeva, con
sorpresa, dileguarsi anche i marmi.
5633. Rovani chiamava la signora Giovannina Lucca moglie dell'editore di musica e formoso donnone con cui
era famigliarissimo “il bel granatiere di Slesia”, “cavalla normanna”.
5634. Rov. Rovani aveva spesso alle coste certo Marini in perfetta bolletta. Egli lo sopportava perchè figlio del
celebre cantante Ignazio Marini, e lo faceva sedere alla sua tavola, all'osteria. Il Marini, dopo un profondersi in scuse,
finiva a comandare come padrone ed a mangiare per quattro. E Rovani sclamava, guardandolo con sprezzo “Si spinge
fino all'amaretto!”
5635. Rovani, da giovane, ebbe il vajolo nero. Convalescente, sua madre tenne la pazienza e il coraggio di
punzecchiargli una per una tutte le pustole, perchè non restasse segnato. E ciò riconosceva Rovani, benchè memore
anche delle carezze calcate della madre, di cui diceva, che fra le sue disgrazie, contava anche quella di aver avuto una
madre tirolese. - Far ricerca di documenti rovaniani a Castelleone presso la famiglia Albanese e Villani.
5636. Rov. - Tale, incontratosi in una bettola con Rovani si diede ad esprimergli in termini strampalati la sua
ammirazione, dandogli dell'“illustre” a brazza de pann. E fra l'altro, avendogli detto “io sono entusiasta di Lei, signor
Rovaglia...” - Vedo, interruppe Rovani, che bestia Ella è! che mi ammira, e non sa neppure il mio nome. - Un giorno si
venne a dire a Rovani che una via di Milano portava il suo nome. Egli non ne parve malcontento. E volle recarsi con
Perelli a vedere dove la via si trovasse. La via era lontanissima, nei sobborghi. Non vi era nessuna iscrizione. Era la via
alla cascina “Rovana”. Non ne fu lusingato.
5637. Rov. La intensità dell'applicazione cerebrale, l'incendio della fantasia, la gravezza della memoria,
parevano, alle volte, esaurirlo e lo obbligavano a ricorrer al suo giovane di studio, l'assenzio. Egli beveva liquori
agitanti e fantasiosi per amore dell'arte, e sebbene i medici lo supplicassero a smettere quell'uso od abuso, a onta che
sospettasse di dover essere vittima di quell'abitudine, per amore dell'arte vi persistette. Ma i suoi sonni erano quelli del
leone o di Foscolo. Ogni suo lavoro, gli ultimi specialmente, gli devono esser costati uno sforzo laceratore di nervi,
come costarono i loro a Giusti e a Béranger. Noi abbiamo nelle avvertenze intermezzate al “Giulio Cesare”, nelle
Appendici della Gazzetta di Milano un fedele diario della sua ipertrofia cerebrale che già toccava al suo massimo.
Quella lenta infiammazione cerebrale che è il genio. - Quando lo colse la morte, Rovani stava meditando il Tiberio.
Doveva riuscire in certo qual modo la difesa del tiranno - e imaginava anche un Carme all'Italia. - Rov. morì di 56 anni
- Ariosto a 59, Dante a 56, Gray a 57, Pope a 56, Tasso a 52, Camoens a 55 ecc
5638. Rov. Il 25 dicembre 1873 (Natale) Rovani fu trasportato dall'Albergo del Gallo alla Casa di Salute in
corso di Porta Nuova. - Ricordò i versi: Casa di salute vid'io scritto al sommo di una porta - da cui usciva una persona
morta - Allor chies'io a un tale: - è di salute eterna o temporale? - Il 21 gennajo 1874, bollettino della malattia di
Rovani - Il 26 gen[n]ajo 1874, Morte di Rovani. Lasciò otto capi di vestiario e 2 fazzoletti bianchi found nothing left
but poverty and praise. - L'anno prima, ai 22 maggio 1873 era morto Alessandro Manzoni. - Rovani (sul suo letto di
morte). Solo, seduto sul letto, colle pupille tese e moventisi allora soltanto che ad un pensiero succede un altro pensiero,
e sul labbro di quando in quando un tremito come a dimostrare che le parole vestono allora l'idea...
5639. Carlo Cattaneo. Nel 1848 l'Istituto lombardo lo nominò segretario generale perpetuo. Era per lui
onniscente il suo vero posto. Rinsediatosi però il Governo austriaco, Cattaneo dovette esulare e si ritirò a Castagnola sul
lago di Lugano ad insegnare filosofia. Venne il 59 e la libertà. L'Istituto lombardo confermò la sua deliberazione del
1848. Senonchè, Cavour - e fu uno degli ultimi atti del suo ministero - cancellò piemontesemente ossia cretinamente la
deliberazione. E così Cattaneo, splendore di Lombardia e d'Italia, venne bandito dalla nuova Italia com'era stato dalla
vecchia. Ciò lo afflisse profondamente e forse determinò il suo atteggiamento politico. Ben fu cercato poi e pregato da
Matteucci ministro, per mezzo di Brioschi, perchè tornasse alla vita dell'insegnamento italiano, la ferita era ancora
aperta, si rifiutò - Cattaneo direttore del Politecnico correggendo, col tocco magico della sua penna, i più scadenti
articoli degli altri autori, li rendeva attraenti.
5640. I tre parucchini del Senatore Massarani. Uno è di capelli corti, come se appena tagliati. Dopo una
quindicina di giorni (Parr. n°. 2) i capelli diventano più lunghi. Passa un'altra quindicina (Parr. n°. 3) Massarani ha la
zazzera. E subito dopo (Parr. n°. 1) si ripresenta con capelli corti, appena tagliati.
5641. Carlo Cattaneo non volle mai lasciarsi ritrattare. Gaetano Strambio, medico egregio, tentò più volte con
pretesti di condurlo dal fotografo. Egli se ne schermiva e sfuggivagli come un cane che presentisca l'accalappiacani.
Non mi sono fatto fare il ritratto - osserva - quando ero giovine ed avevo un bel faccino. Pensate se lo debbo far ora
con questo brutto muso. Ernesta Bisi, la pittrice che morì improvvisamente al Casino così detto delle Streghe sopra
Corneno gli aveva schizzato e donato un ritratto a matita. Cattaneo non lo poteva soffrire e diceva: Vedete che faccia di
lecca-potta mi ha fatto.
5642. “El carrozzon de ca Verra”. Quando si discorreva appassionatamente della questione romana e
dell'andata dell'Italia a Roma, Alessandro Manzoni, ambrosianamente, così diceva: El vecc cont Verri el ghaveva on
gran carrozzon ch'el serviva a mandà la famiglia in campagna. Quand vegneva la stagion de tirall foeura e l'era in cort
cont i duu cavai attaccaa e la portera averta, el cont Verr el cominciava a mandagh dent la contessa, poeu i tosann, poeu
la camerera, poeu el papagall, el can, i bors, i sciall, i scatolon. Dent, tutti, se saveva minga come podeven stagh, e
vosaven e diseven de spettà per comodass, ma el cont Verr el sarava d'on colp la portera disend: “Andee. Ve giustarii in
strada...”. Andee a Roma. Ve giustarii poeu.
5643. L.d.B. Temi. Proposta di Convenzione universale per abolire il telegrafo, il telefono, le ferrovie etc. La
nostra vita, oggimai è una corsa affannosa, precipitosa alla morte, non abbiamo più tempo di assaporare il piacere, di
centellinare il dolce della vita e neppur di pensare, di riposare. Già il Petrarca a' suoi tempi, scriveva “questa vita ch'è un
correre alla morte”. Che scriverebbe mai ora! Felici gli orientali che prendono le cose con pazienza, e sanno aspettare,
e dicono non già “time is money” come gli occidentali, ma “non fare oggi quello che puoi fare domani.” - Aboliti, del
resto, tutti e per tutti, i nuovi mezzi di rapida vertiginosa comunicazione, nessun interesse rimarrebbe leso. - Per la
bizzarria “la terra è piena” (Vedi a suo posto). Nel 2072, secondo il prof. Ravenstein, la terra per il continuo crescere in
numero de' suoi figli e l'assidua distruzione degli avversari microbiotici della esistenza avrà raggiunto il massimo grado
di saturazione nel quale le sarà possibile di offrir loro bastante sussistenza (5977 miliardi di abitanti) (Vedi nel
“Malthusismo” di Lebrecht, pag. 33) - “Semplificazione della macchina umana”. Tutto si va semplificando e
meccanizzandosi. La trasmissione elettrica degli oggetti visibili, udibili, tattili; gli ascensori, i tapis roulants, le ferrovie,
automobili ecc. rendono a poco a poco superfluo l'uso delle gambe. Rimanendo nella propria stanza si può assistere alle
rappresentazioni teatrali, alle discussioni della Camera ecc. quindi a molti le gambe, per inazione, vanno denutrendosi,
paralizzandosi, abolendosi come il cosidetto dente del giudizio grosso e potente nelle epoche preistoriche che cessando
il bisogno di romper le ossa delle carni comestibili crude gradatamente va scomparendo. Sistemi scientifici per la
propagazione della specie si sostituiranno ai naturali; gli organi del coito e della generazione restano quindi inutilizzati e
si sopprimono. Intanto i grandi progressi della chimica e della chirurgia, dimostrano la superfluità di molti visceri, e così
si asportano senza pericolo, anzi con vantaggio dell'organismo, glandole, fegato, milza, parte degli intestini, polmoni
ecc. Via via, taglia di qua, semplifica di là il corpo umano si riduce ad un cervello su un piatto attaccato con fili elettrici
al mondo esteriore.
5644. L.B. Teoria di Croll sui periodi glaciali di cui già molti apparvero sulla terra, e per conseguenza, molti
ancora torneranno ad intervalli di centinaja di mille anni. Ciò perchè la terra continua allontanandosi, nella sua orbita,
dal sole per periodi quasi regolari. A ciascuna era della massima eccentricità corrisponderebbe un periodo glaciale.
5645. 14 genn. 1892. Mio matrimonio con Carlotta Borsani. Fu un momento per me fortunato, perchè colla
caduta del Ministero Crispi e conseguente mio ozio, tornavo ad aver tempo di far all'amore e di scrivere della letteratura.
Carlotta, in urto collo zio Mussi, era in un momento di solitudine e desiderava chi s'interessasse di lei. Metto nel conto a
mio favore, anche la corta sua vista, dico fisica. Con una vista più lunga, Carlotta avrebbe scorto troppi fili bianchi ne'
miei capelli, troppe rughe nella mia pelle - Carlotta mi dice che, maritata, le sembra di essersi con me raddoppiata, di
aver quattro braccia, quattro gambe, due teste, quattro occhi. Solo i cuori, da due, si son fatti uno. - Carlotta, pregnante,
in Colombia. Suo spirito. Si parlava dei bimbi che appena nati sono rossi rossi, e che anche il suo che si attendeva
poteva nascer così. Disse: “el sarà on angiolin scalmanaa”. Stava facendo un guantuccio in lana da bimbo. Cadutole in
terra, lo raccolse premurosamente dicendo “non dovete toccare il suolo colombiano. Stee sul milanes”, e si toccava i
ginocchi. - Quando vide i bimbi delle negre in braccio alle loro mamme, disse: guarda Alberto, paren cornabò. - Era
vero.
5646. Don Giacomo Zaccheo, preposto di Corbetta e gran cacciatore mi racconta (11 giugno 1899) che
trovandosi, fra i monti di Luino, in agguato di caccia, vide un topolino che passava e ripassava portando delle castagne.
Seguendolo senza farsi scorgere, scoprì che aveva formato un grosso mucchio di magnifiche castagne. E don Zaccheo si
appropriò il mucchio mettendoselo nel carniere. Ma il topolino, tornato con una castagna al suo mucchio, non trovando
più questo, fu preso dalla disperazione, si mise a correre come impazzito qua e in cerca del suo bottino, poi non
trovandolo proprio più, si sbattè violentemente per terra, tre, quattro volte, finchè restò morto. CF. colla poesia milanese
di Ventura “L'avarizia, storia de un ratt” - Vedi anche in Lombroso dove parla del suicidio nelle bestie.
5647. Kefissia (presso Atene) 1895 - Montagne rosse che sembrano evaporare nell'atmosfera.
5648. Un piacere che gli elettori greci usano chiedere ai loro deputati, è che questi diventino compari al
battesimo de' loro figlioli. S'intende che il piacere costa parecchio a chi lo fa, in regali al figlioccio, alla puerpera, al
prete ecc. Ralli, capo di una parte dell'opposizione fu padrino a quest'ora (1895) di circa 3000 figli di suoi elettori.
Skonzes, ministro degli esteri, ne battezza anch'esso quotidianamente e dice che non si fermerà sinchè non avrà superato
il numero raggiunto da Ralli.
5649. Leggendo il libro di William Morris, “an history of nowhere”, una delle molte “Utopie” descriventi tempi
avvenire migliori del presente. La mia anima si sente in parentela con quella di Morris. Come avrei fatto volentieri il
libro ch'egli fece! Come sono felice ch'egli mi abbia prevenuto! È una poetica visione dell'avvenire, in cui ci troviamo
tra un felice ed amante popolo che ha “cast away riches and attained to wealth” in una vita di riposo e insieme di
energia, di lavoro che è piacere, di piacere che è lavoro. L'umani non è più triste: essa gode le gioje dell'infanzia; si
compiace delle belle giornate, segue con affezione il progressivo svilupparsi della natura, l'avvicendarsi delle stagioni
ecc. La mente dell'autore pregusta i benefici della pace e della fratellanza universale. Le grandi città ed anche le
piccole sono scomparse: il mondo è un parco seminato di cottages: vive la gente scambiandosi servigi. Una donna, che
in altri tempi si sarebbe chiamata serva, curva sotto il peso dell'umiliazione, sta scopando, nell'Utopia di Morris, felice
come una regina perchè sente che scopa per l'umanità. Naturalmente non vi sono più leggi, giudici, soldati. Il
mondo di Morris vive nella più pacifica ed armonica anarchia. - Dapertutto traspare la buona e onesta anima dell'autore.
È certo che se tutti fossero pari a lui, il suo sogno sarebbe già realtà. Ma l'anarchia suppone uno stato di perfezione
morale, raggiungibile forse dall'individuo, non dall'intera umanità. - Sott'altro punto di vista, il libro del Morris è una
requisitoria contro la società moderna (del XIX secolo) e in modo speciale contro il Governo inglese e Londra. L'antica
Parl[i]ament House, la si adopera nella nuova società come Dung Market. Accenna al tempo in cui l'Africa era infestata
da un uomo chiamato Stanley: accenna agli ufficiali generali d'oggi “the stupidest men in the country”, ai collegi antichi
dove gli aristocratici mandavano i loro figli maschi per liberarsene una parte dell'anno, al paesaggio odierno
“cockneyfied and sop[h]isticated” con gli odiosi ponti gotici di ferro fuso. Morris combatte contro il commercialismo
della Gran Bretagna, contro la produzione a basso prezzo “wares were made to sell and not to use”. Artista per
eccellenza, vorrebbe che ogni opera dalla massima alla minima fosse fatta apposta, avesse un'impronta personale. Nel
suo sogno, gli uomini avendo tutto il tempo per lavorar bene, farebbero artistico, anche a loro insaputa, ogni loro lavoro
(del che io dubito assai). L'arte è l'eccellenza del lavoro. Nel libro però si riscontrano delle puerilità. Si direbbe che lo
scopo della nuova società è di vestirsi bene (vestirti di seta ricamata) e di cogliere e di offrirsi reciprocamente fiori.
Banditi i tristi abiti dal triste secolo XIX, tutti sono gajamente abbigliati. I dipinti, in stile preraffaelistico, non
rappresentano che fiabe. - Dei molti progetti per un nuovo stato della Società umana, quello di Morris è il più poetico e
pratico. Orribile sarebbe invece l'avvenire minacciatoci dagli incubi del Fournier, fortunatamente impossibile. Il futuro
del Morris, tutto sereni arte ed abbondanza è però fatto per pochi. Difatti nel libro suo non è mai folla. Eppure
coll'amore spontaneo e libero, che vorrebbe Morris, la popolazione della sua Utopia si dovrebbe moltiplicare più
rapidamente che non oggi colle attuali restrizioni legali, morali, fisiche. Avvenendo tale eccessiva moltiplicazione tutto
il castello suo di pace abbondanza e gioja sfumerebbe per inedia.
5650. A spegnere il male e a fortificare il bene, più che l'opera morale, gioverà la scientifica colla selezione del
germe umano.
5651. Secondo Cesare Lombroso, i geni debbono essere rachitici, gobbi o sciancati, impotenti a procreare,
mancanti di senso morale!
5652. [Nota di 5 righe abrasa].
5653. CF. il “Giovinetto” di Giusti (1845) con la “Adolescencia” di Manuel Breton de los Herreros, pubblicata
nel giornale “La Risa”, pag. 84, Madrid 1843 e Bogotà 1852.
5654. I peruviani antichi chiamavano “mama” la madre e “papa” il gran sacerdote (Prescott, Conquest of Peru)
- hidalgo ossia higo de algo o de alguien, figlio di qualchecosa a differenza di un trovatello.
5655. Corbetta. Festa del Perdono. 21 aprile. Quì operai e contadini si sprezzano reciprocamente e non
vogliono aver contatto fra loro. Alla mattina della festa, i contadini si mettono in gala e vanno in chiesa a confessarsi e
comunicarsi, mentre gli operai, nei peggiori abiti possibili, si allontanano dalla festa. Dopo mezzodì tutto cambia. Gli
operai si mettono i migliori abiti e i contadini tornano ai loro stracci. E la festa si chiama del perdono!
5656. Com'è degli uomini, è delle bestie. Le più loquaci (p. es. i papagalli) sono le meno intelligenti. Il quasi
muto elefante è invece intelligentissimo.
5657. R.U. Alla bassa. “In stoo ann”, dicevami un villano, “gh'hoo vuu (avuto) do grazi dal Signor: m'è mort on
fioeu e m'è guarii la vacca”.
5658. Il curato di Laglio sul lago di Como, miserrimo, per penitenza alle donne che si confessano da lui di
fargli delle calzette. Nelle montagne, i curati sono talvolta così poveri che le loro Perpetue li mantengono facendosi dare
un uovo dall'uno, un boccone di pane dall'altro etc. Quando qualche “forastiero” arriva inopinatamente dove sono,
fuggono come selvaggi. La mia Carlotta, in una gita sui monti, ne vide scappar uno, vestito di verde (cioè il nero
dell'abito diventato verde per l'età, la pioggia etc) con ghette stracciate, e un berretto rosso, fatto a calzetta.
5659. Una nuova divisione teologica de' peccati (ne hanno imaginate tante i dottori e sagristi della Chiesa!)
sarebbe quella di peccati piacevoli e peccati spiacevoli. Per es. la gola, l'adulterio, la fornicazione apparterrebbero alla
prima classe; l'invidia, l'ira... alla seconda. E ne verrebbe che tanto gli uni che gli altri meriterebbero scuse: i piacevoli
perchè è nella natura umana di mirare al piacere, sfuggendo il dolore: gli spiacevoli, perchè recherebbero in sè, col
dolore che producono, l'espiazione e quindi il perdono. Dio non avrebbe più nulla a vedere nei nostri peccati e potrebbe
riposare tranquillo.
5660. Il duca * milanese, mattoide, bigotto spesso posto in burletta dagli ambrosiani. Allevato dai gesuiti, per
non esser distratto a passeggio da qualche bel visetto, cammina, preoccupandosi di non mettere i piedi sulle giunture
delle pietre de' marciapiedi: donde il suo procedere a zig-zag, da paralitico o da ubbriaco. Ricco a milioni faceva patire
la fame ai suoi figlioli, per dar denaro ai preti. In campagna i figli erano nudriti a sola polenta e molti esercizi spirituali:
di più la duchessa madre somministrava loro tutte le settimane un purgante perchè evitassero le replezioni!
5661. Il diritto dei morti - tema per un articolo contro i profanatori delle tombe antiche per cercarvi gli oggetti
che la pietà dei parenti e degli amici vi aveva deposti. Prima le tombe si svaligiavano per cupidigia: oggi, dicono, è per
scienza, ma è sempre un furto. Il codice punisce i violatori dei sepolcri, mentre il governo protegge gli archeologi
saccheggiatori dei morti.
5662. I vulcani = le bestie feroci dei monti - Casa del boton (occhiello) - barriga de la pierna = polpaccio -
moral (dial. lomellino) cesta dove si pone il pesce che si prende pescando, CF. lo spagnolo morral = custodia.
5663. Del poeta Giovanni Ventura che scrisse splendidi e patriotici versi in milanese nel Vesta Verde di
Correnti (El passerin, la farfalla ecc.) sono anche i seguenti frammenti (da completarsi:) Corrii gent de Milan, gent de
defoeura - Corrii frances, todesch, russi e bistecch - l'è chì l'Imperator de la niscioeura - Accompagnaa de Bruck, Bach,
Burger e Kubeck. - ...El vedaremm in mezz ai so todesch - cont i baffi insevaa per tanta festa - el vedaremm Pepin
cavaleresch - a passà sott'ai arch de carta pesta - cont l'istessa bontaa del papà grand - e col mus de porscell de
Ferdinand -
5664. Quando arri Francesco Giuseppe imperatore a Monza alcuni bontemponi scrissero una poesia che
doveva parere adulatoria ed era minchionatoria e la fecero imparare ad un ingenuo maestro di scuola che la recitò con
enfasi all'imperatore. È una lunga tiritera, di cui ecco alcune strofe che hanno desinenza in ito mentre altre l'hanno in
ade ecc. “Maestade riverito - che foste tanto ardito - di venire in questo sito - un popolo infinito - anche del reo partito -
a voi non favorito - ha visto ed ha sentito - che in voi lo scettro avito - dell'Austria impero avito - non è fuori di sito ecc.
-
5665. Certo Baratta, torinese, compose dal 1845 al 1855 epigrammi felicissimi. Non furono, credo, mai
stampati. Forse li ricorda ancora (1901) un suo amico, il farmacista Mosca di Torino. Citerò fra gli altri, questo. Tale
Romani, gazzettiere, chiamò ruffiano il Baratta. Questi si vendicò, dicendo: Roman, nel gazzettino - ruffian mi segna a
dito - Oh ciel! qual dubbio atroce! - Sua moglie m'ha tradito! - Il Baratta morì schiacciato da un albero divelto ad un
tratto da un colpo di vento mentr'egli passeggiava a Torino sotto una Allea. Anche morendo, compose un epigramma
sopra la sua strana morte.
5666. I jankees, corruzione da ingles, inglese. A Lima, gli inglesi sono chiamati gringo, perchè i marinai
britannici, scesi a terra durante una delle solite rivoluzioni, cantavano “gringogringos”.
5667. Platà e ciciarà (milanese) da Platone e Cicerone.
5668. Luigia Milesi Pisani, mia nonna paterna, donna bizzarra, morsicò sulle guancie sua figlia Elena,
bellissima, che si era recata col fratello a ballare il minuetto e aveva fatto furore.
5669. Si potrebbe suggerire a D'Annunzio, una corona di sonetti, degna del suo genio poetico, [2 righe abrase]
etc.
5670. Fra i libri o capitoli che vorrei scrivere, uno sulla “Coltivazione della volontà”; l'altro: “Ricordi
diplomatici” cioè la descrizione di tutti gli insetti che mi tormentarono nelle diverse residenze, compresi gli uomini
seccatori. Fare il raffr. tra la sporcizia africana e la colombiana.
5671. Motivi di epitafi: X scultore riprodusse in questo marmo le sembianze mortali di N. N. - Voi che
ammirate, riproducete le immortali nel vivere vostro - Questa pietra copre le spoglie mortali di Giuseppe Verdi. L'anima
sua vive eterna e lassù e quaggiù - Quì giace il tale: non è più uomo, ma pace - Quì giace col tale la pace della sua
famiglia - Quì X riposa nella pace, che tolse, morendo, ai suoi - Quì giace la tale, morta a 25 anni di parto, lasciando al
marito un figlio e un eterno dolore - Quì riposa X. Visse a tutti ignoto e a sè stesso.
5672. Parlata corbettina “Debet de la soa ca” (debito casa sua), figlio di famiglia che non vuol metter la testa a
partito. - Quando nella campagna di Corbetta avviene qualche disgrazia (per es. una grandinata) i villani dicono che “l'è
per i peccaa di sciori”.
5673. L'Amico del Re - Progetto per un giornale, altamente patriotico e che perciò potrebbe facilmente venir
soffocato con sequestri dal governo. - Il Re anche il più autocrata, non fa, non può fare sempre di testa sua. Le persone
da cui è circondato influiscono, anche indirettamente, sulla sua volontà. Da buoni o da cattivi consiglieri ed influenzatori
dipendono spesso le sue decisioni, i suoi successi, quindi la sua fama. Napoleone I fu grande non solo per virtù sua, ma
per quella de' suoi collaboratori. Napoleone I nelle leggi si chiama [lacuna], nelle scienze Volta, Cuvier, Arago, nella
guerra i suoi marescialli ecc. ecc. Ciò non gli toglie il merito, anzi glielo aumenta, perchè il saper scoprire gli uomini
pel tale o tale scopo è una delle prime qualità di un reggitore di popoli. L'occhio politico per un regnante è come l'occhio
medico per un clinico ecc. e sono qualità che si hanno principalmente per intuito. Coi buoni consiglieri un re può essere
insieme grande artista ecc. Ma se un re guarda e ascolta soltanto le persone che per ragioni di nascita o grado o
successione gli si trovano intorno, ben raramente può accrescere il patrimonio del suo ingegno e della sua dottrina.
[Seguono tre righe abrase]. I partiti parlamentari portano, è vero, al Governo elementi fuori della Corte, ma purtroppo il
Re poco ci guadagna, poichè il sistema parlamentare che è quello delle medie, come non apre le porte della deputazione
agli ottimi ai pessimi, così non crea ministri che mediocrità. Soggiungiamo, che questa Italia appena nata, è già
colpita di senilità. Bene è giovane il Re attuale; bene è istrutto; bene ha nobili e patriotici desideri: ma come - da solo -
potrebbe superare le pastoje burocratiche, le adulazioni cortigianesche, le vigliaccherie d'ogni sorta da cui è circondato?
Egli è per ciò che noi fondammo questo giornale, chiamando a collaborarvi quante anime giovanili e patriotiche ardono
ancora in Italia. Non altro giornale potrebbe essere più monarchico del nostro. Nella funzione dello Stato costituzionale
il monarca non è superflua, irresponsabile ruota come qualcuno la dice. Il re non dev'essere una macchina a semplice
firma delle decisioni ministeriali: dev'essere un esempio, una guida in tutto: non un pedissequo, ma un iniziatore, un
precursore. Noi ci chiamiamo amici del Re - amici veri, non vili adulatori, come altri si chiamano amici del Popolo.
Noi vogliamo essergli sempre vicino collo spirito, quand'anche l'etichetta non ci permetta di oltrepassare le soglie del
suo palazzo - e senza chiedergli udienza, vogliamo sempre dirgli la verità ed offrirgli quanto di meglio la nostra mente
può imaginare. Nella ininterrotta serie di avvenimenti per cui passa un paese, capitano occasioni, che, afferrate a tempo,
farebbero la fortuna e la gloria di un sovrano. Ma pochi sovrani le vedono coi propri occhi, e la vigliaccheria cortigiana,
quando pure le avverte, non osa indicarle... - Il re d'Italia non è sovranuccio africano che p anche far senza della
gloria artistica, letteraria: egli è il successore della dinastia, non solo dei guerreschi sabaudi, ma dei Medici, degli
Sforza, dei Gonzaga ecc. Perchè il Re d'Italia non fu al capezzale di Giuseppe Verdi, un altro sovrano? perchè non
rierge, come successore di Teodorico cristiano e dei pontefici massimi pagani, la basilica palatina, recentemente
scoperta al Foro romano, riaffermando così la sua preminenza anche spirituale? Ma i suoi attuali consiglieri non vedono
altre utili riforme che la pizzarda pei generali invece dell'elmo, e la risurrezione dei tamburi nei reggimenti, e dei Giolitti
nel governo ecc. ecc. A collaborare (sempre anonimamente nel giornale) si potrebbero chiamare i più promettenti e
originali e giovani ingegni d'Italia - Il giornale dovrebbe publicarsi settimanalmente a Roma, sostenendo e patrocinando
l'iniziativa reale in tutte le questioni, indicandogli, appena si presentino, le occasioni dove il Re potrebbe, col vantaggio
del paese, aquistar gloria per sè, richiamando la sua attenzione sui giovani ingegni o studi che meritano ajuto, e sui
vecchi nomi che vogliono essere riscattati dall'obblio, svelandogli gli inganni e gli ingannatori che lo accerchiano,
prestandogli, ove occorra, intelligenza, spirito e cuore. - Lo stile dovrà essere il più piano e perspicuo, il tono il più
calmo e deferente. - Il giornale si potrebbe anche stampare in una copia sola, pel Re.
5674. Il maestro romano di piano Sgambati fu invitato da Riccardo Wagner, in casa di questi, colla moglie e il
figlio per le 7¼ . Vi si recarono in toilette da pranzo, credendo pranzarvi. Invece, Wagner gli pose dinanzi uno spartito e
lo obbligò a suonare un pezzo di musica della durata di un pajo d'ore. I tre arrivarono quasi allo svenimento per fame.
5675. Cova, impiegato nel Municipio di Milano, morto nel 1899 (?), uomo pieno di uno spirito tutto suo, che
avrebbe potuto essere il Mark Twain italiano, se invece di dire, avesse scritto. V. nell'Antologia milanese di F. Fontana,
sotto il nome di Cova e, sparsim, in queste note (per es. 5605). Per es. egli raccontava di una festa da ballo a[l] 5° piano.
Si manda a prendere un organetto, ma non può passare dalla scala. Allora, lo si tira su dalle finestre con corde e pezzi di
lenzuola. Le donne [ai] vari piani, spingono fuori le scope per allontanarlo dal muro. Tira tira è quasi all'ultimo piano,
quando, ad un tratto, si rompe la corda. L'organetto precipita, fracassandosi sul selciato. Ma si vuol ballare ad ogni
costo, e si va a prendere di premura la compagnia del Tirazza (suonatori ambulanti di strumenti di fiato). C'è un sonatore
di que' tromboni che s'allungano e accorciano. La sala è stretta, cosicchè, il sonatore, quando gli passa dinanzi, ballando,
l'unica coppia che può danzare, grida: oè, la vita! I ballerini abbassano la testa, passando sotto il trombone - Cova diceva
anche, col suo spirito paradossale, che invece di eserciti d'uomini gagliardi, si dovevano creare eserciti... d'invalidi. In
tempo di guerra i forti starebbero a casa a lavorare e a figliare. Gli storpi, i ciechi, i sordi, i tisici si manderebbero ad
accopparsi per la difesa del paese. Anche perdendo, il paese ci avrebbe guadagnato. E descriveva un reggimento di
ciechi cui il capitano comandava “andee semper drizz” - un soldato cade in un fosso, l'altro batte la testa contro un
albero. Poi, un reggimento di sordi. Al comando “alla baionetta!” tutti mettono la mano all'orecchio, chiedendosi “cosa
l'ha ditt?” - Il generale, in un semicupio colle rotelle e la manivella passa in rassegna la fronte delle sue truppe... Quando
poi uno guarisce, lo si manda subito a casa... in congedo illimitato. - Il Cova dipinge anche l'impiegato municipale in
modo insuperabile, facendo talvolta la satira a stesso. Narrava dell'impiegato ritardatario e delle sue scuse. Dovette
sostare, dice, due ore in piazza della Scala, perchè al cocchiere del tram s'è imbrogliata la frusta in un funerale -
Graziosissima è anche la storiella della frittata. Tale si picca di saper fare la frittata in modo meraviglioso. Capita un
amico all'ora del pranzo. Gli vanta il suo piatto. Detto fatto, ravviva il fuoco, prende un lucente padellino - ova fresche -
burro fumante - la frittata si gonfia sotto la mano maestra - odore delizioso - Aspettazione ansiosa - Siamo all'ultimo
tocco, quello di voltar la frittata - Egli un colpo secco al padellino. La frittata salta in su per capovolgersi... Che è,
che non è? il padellino rimane vuoto. La frittata non si vede più - in nessuna parte. Ricerca affannosa, inutile, generale
delusione... La primavera appresso, venendo lo spazzacamino per pulir la cappa, si trova, a metà di questa, i residui
della frittata in un buco - pieno di fuliggine.
5676. Progetti bizzarri. Un giornale “La Carota”. Non stamparvi il titolo, ma l'imagine rossa della carota. Il
giornale potrà intitolarsi “della veri vera”. Vi si riprodurranno tutti i fatti narrati dagli altri giornali, ma in senso
opposto: per es. i delitti saranno compresi nella “cronaca del bene” etc. Una Società (ad imitazione di quella americana
dell'Edison per le idee meccaniche) fra i letterati, artisti, musicisti per lo scambio delle loro idee. Istituto destinato a
sfruttare le trovate. Quante mai ne vanno perdute, per mancanza di chi le raccolga e noti, nei caffè, nelle conversazioni!
Occorre di aver sempre sottomano persone d'ingegno che le afferrino, le sviluppino, le sappiano usare. -
5677. duplicato V. 4857 Progetti di quadri. - Pio IX che gioca al bigliardo, in abito bianco, che sta per
colpire la palla, una gamba in aria. Dei cardinali, in abito rosso, presso il bigliardo, colla stecca in mano, in alto, attenti
al colpo. - Carducci che declama una sua poesia alla Regina Margherita d'Italia.
5678. Conconiana. Satira e critica d'arte in azione. Citare alcune delle sue improvvisazioni pittoriche e
burlesche contro le ridicolaggini della maniera del Michetti, che incaricava le cornici de' suoi quadri di chiamare
l'attenzione del pubblico sulle tele. Conconi pinse p. es. dei bachi da seta, che uscivano poi in rilievo sulla cornice e vi
facevano il bozzolo, dei veri bozzoli in un vero “bosco”. - Pinse pure una testa di donna colle guancie enfiate pel dolor
di denti. Stelle parte sulla tela e parte in rilievo e dorate sulla cornice: illustrando la frase milanese “vedè i stell!”: e in un
angolo della cornice un grosso molare strappato. Il quadro era intitolato: “Contemplazione del firmamento” - Pinse pure
dell'erba e dei fiorellini sui quali erano impastate delle margheritine di vetro di quelle che s'infilano, a simulare le
goccioline della rugiada, col motto “come rugiada al cespite” - E così un tramonto di sole, giallo d'uovo, rassomigliante
ad una gran “rossumata”, e sulla cornice, appeso un frullino. - C'era poi anche una spiaggia di mare, con su impastate
della vera sabbia e delle piccole conchiglie ecc., satira dell'arte realista.
5679. Descrizione di un appartamento dal 48 al 59 quando mobili e vesti, in disaccordo colla poesia del
patriotismo d'allora, erano brutti, incomodi, orribilmente fatti.
5680. Il primo Ministero Crispi, cominciato nel 1887 alla morte di Depretis aveva sollevata l'Italia dalla
depressione morale in cui era caduta per opera principalmente dello scettico stradellino e del suo trasformismo. La
politica dei grandi concetti aveva sostituita quella dei piccoli spedienti, il proposito di tener alta l'Italia e di farla
camminare a pari delle grandi Potenze aveva preso il posto della timida preoccupazione di prolungare una gretta vita di
ministero. Crispi vince diplomaticamente a Firenze, a Tunisi, a Massaua ecc. (Vedi i vari incidenti). Sorgono le scuole
italiane all'estero e sono gremite di scolari. Nella ripartizione dell'Africa - il tesoro dell'avvenire - anche l'Italia reclama
la sua parte e l'ottiene. Animati dal genio di Crispi, Antonelli in Etiopia e Filonardi nell'Africa orientale riprendono, a
prò dell'Italia, le tradizioni dell'antica Roma. E nel regno, una nuova primavera d'idee. Citare la riforma sanitaria che fu
l'ammirazione dell'Europa, il riordinamento delle amministrazioni, l'allargamento del suffragio, la giustizia anche per gli
impiegati, colla nuova sezione al Consiglio di Stato, etc. etc. (insomma, enumerare le leggi e i progetti del secondo
periodo crispiano). - Senonchè la turba dei microcefali, sulle prime scompigliata e fugata dalla mente di Crispi,
cominciò a poco a poco a risollevare gli occhi, a riagrupparsi, a riatteggiarsi ad esercito. Essa, la feccia di tutti i più
differenti partiti, riunita sotto una bandiera unica, quella della vigliaccheria, chiamata a raccolta da un solo grido
“indietro!” tornava “a rubare” il governo come si fura un fazzoletto [segue una riga abrasa] - Alla parola d'ordine
generale “fuggiamo” si abbandona l'Africa. Menelik allunga un calcio all'Italia; questa gli presenta il sedere. Il Vaticano
ci minaccia: gli riconosciamo libera l'elezione de' Vescovi anche di r[egio] patronato. La Triplice alleanza, nostra forza
nella politica internazionale, ci fa paura, e noi disarmiamo. I partiti estremi, debolezza dell'Italia, minacciano la
monarchia e, invece di domarli, ci mettiamo nelle loro mani. L'Italia ha bisogno di credito e si grida al fallimento,
affrettandolo con una intempestiva proclamazione di miseria. Anche dalla scienza, perchè troppo costosa, si fugge. Si
abolisce l'indagine periodica demografica, si chiudono le scuole all'estero, vendendo i banchi, i libri, e perfin la bandiera
nazionale e i ritratti dei Sovrani all'asta, si lasciano andare in rovina gli edifici monumentali, si rinuncia alla linea di
navigazione delle Indie, si tronca la mirabile riforma sanitaria. - Insomma i nuovi nani hanno per unica meta di fare
all'opposto di quanto Crispi ha fatto. Apostoli di miseria e vergogna, preparatori di sconfitte. E i capi di questa
sollevazione di vigliacchi si chiamano *, il Ninco Nanco della politica, **, il querelo giudeo, *** le cui tradizioni
gentilizie sono tutte di viltà e scempiaggine. E l'Italia racchiusa in sè stessa tornò ad immobilizzarsi come un fachiro che
rimane per anni instupidito nella contemplazione del proprio umbilico.
5681. Nel dialetto milanese l'ubbriacatura (ciocca) ha quattro stadii - cicciarina (in cui si chiacchiera) -
traversina (in cui si va di traverso) - betteghina (in cui si balbetta e straparla) - pondet là (in cui se non [ci] si appoggia,
si va a gambe levate) - Nel dialetto pavese, si cammina più svelto e si arriva alla perfetta ciocca in tre colpi - cirla -virla
e patarlaca.
5682. Credo sia il pittor Elena, milanese, che in una satira contro il cavaliere Pompeo Marchesi, scultore,
scriveva “Era grande anche Prassitele - ma non era cavalier!” -
5683. R.F. Donna Bianca Sacchi, bisnonna di mia moglie Carlotta Borsani, l'ultima sera in cui gli austriaci
stettero in Milano (1848) temeva giustamente una invasione nella sua casa di Milano (Via di Brera) presso il Comando
Militare. E i croati non scherzavano. Mentre la famiglia era tutta raccolta, inginocchiata in una sala pregando e
aspettando il saccheggio, D.
na
Bianca, con un mucchio di sacchetti di svanziche stava nell'anticamera, attendendo, colla
speranza di ammansarli, i croati. I croati vennero ma si fermarono in portineria allettati da un gran barattolo di marene
allo spirito che D.
na
Bianca aveva regalato ai portinai per inspirar loro coraggio. Il tempo che i croati impiegarono a
mangiarsi le marene bastò perchè arrivasse l'ora della ritirata. I tamburi rullarono al Comando: la disciplina austriaca era
ferrea; e i croati dovettero lasciare ancor mezzo pieno il barattolo ed intatta la casa. Un barattolo di marene allo spirito
salvò così Casa Mussi.
5684. Certa signora Prina di Milano fece calzette per una sua bambina col pelo di una bellissima cagnolina che
possedeva. I cani correvano appresso a quella bambina, pisciandole sui piedi.
5685. All'epoca Napoleonica, quando naque il Re di Roma venne di moda certo colore tra il giallo e il verde
che prese il nome di caca roi de Rome.
5686. Luigi Perelli, mio primo amico fin dal 1864, morì improvvisamente il 23 mattina (agosto 1900)
all'Albergo Milano di Milano, nella stanza al n.° 38. Era nato nel 1848. La sera antecedente erasi sentito male.
Pranzando alla tavola dello Spatz, albergatore del Milano, aveva rigettato. Uscì c nonostante nella serata e pare siasi
trattenuto con conoscenti giornalisti (Valera etc.) sino a tarda ora al caffè dell'Aspetti (Martini). Perelli aveva il vizio del
superbibere. La sua morte fu attribuita a sincope. Fu trovato sul letto dalla parte dei piedi. Portava calze. Non si capì se
stesse per levarsele o mettersele. Il 23 stesso giunse Primo Levi che villeggiava a Varese. Nella sera (non essendo io
ancora arrivato dal Dosso, dove Monsignor Bignami mi aveva telegrafato la dolorosa notizia) furono decisi i suoi
funerali civili, perchè ascritto alla Società per la cremazione de' cadaveri. Al suo funebre che ebbe luogo alle 2 p. del 24
molti gli amici e le corone di fiori. Pioveva. Ai lati del carro, io, Luca Beltrami, Spatz e Primo Levi. C'era il senator De
Angeli, il deputato Sormani, il pittore Conconi - Il 26 domenica fu cremato nel forno Gorini-Spaziani e le sue ossa
religiosamente raccolte da Primo e deposte nel tempio crematojo del Cimitero Monumentale di Milano. - Perelli, il 21
agosto di sera era stato a trovare Cesare Confalonieri, l'antico e celebre oboè della Scala, ridotto dalla paralisi
progressiva alla quasi immobilità su una poltrona. Era allegro come al solito ed aveva promesso a Confalonieri di
tornare due giorni dopo da lui per mangiare il manzo allesso. Da circa due settimane era a Milano. Pochi prima della
sua morte, P., trovandosi a Cernobbio dallo Spatz proprietario dell'Hôtel Milano, gli disse indicandogli il Dosso che si
vedeva in distanza “in quella villa che sta costruendo il mio amico Alberto c'è già la mia cameretta”. Forse meglio che a
Paul Louis Courier sulla tomba di Gigio Perelli si potrebbe incidere l'epi[te]to di milanese. Vedi sparsim.
5687. La letteratura, il romanzo cinetografico dello Zola.
5688. 1900. 27 novembre. Al Dosso Pisani, in loggiato, alle di sera. Appare stella filante, splendente
(bolide), cadendo apparentemente dietro il Monte di Brunate, della grossezza - alla vista - di una testa d'uomo. Ha coda
fluttuante simile a fiamma che esce dai camini degli alti forni.
5689. - 1901. 11 aprile. Morte di Maria Righetti, di 67 anni, via Sant'Andrea, 16 - già domestica di mia madre
Ida (Quinterio Pisani) ultimamente portinaja. Le passavo un piccolo sussidio di 50 lire ogni trimestre. Curò
devotamente e coraggiosamente mia mamma, quando questa fu colpita da grave difterite.
5690. Il Dossi è citato come umorista a pag. 45 e 125 del libro “Humour” di Paolo Bellezza - Strenna a
beneficio del Pio Istituto dei rachitici - Milano 1900. Stampato a Milano da Pietro Agnelli.
5691. - “Caterina el pan d'or” giuoco che facevano i ragazzi quando i torroni di Cremona avevano la carta
d'oro o d'argento. Con questa carta, che umettavano di saliva, si coprivano il dorso della mano sinistra e battendosela
colla palma dell'altra mano, cantavano “Caterina el pan d'or” finchè rimaneva sulla mano battuta l’argentatura o
indoratura della carta.
5692. Appunti per una prefazione al Catalogo dei sigilli fittili della collezione Pisani Dossi, esistente a
Corbetta. “Alle parole che sto per scrivere seguirà un catalogo di nomi di antichi vasai. Dopo tante promesse letterarie -
di romanzi - di storie - di critiche d'arte - finire con un catalogo, parebbe pochino: eppure non provai mai tanta
soddisfazione quanta ne provo illustrando i rossi coccetti della mia raccolta. La riconoscenza che io debbo a que' cari
frantumi scritti è molta. Essi mi rappresentano una mite consolazione, un intimo piacere duratomi già, a quest'ora, una
trentina di anni. Mentre la loro ricerca m'indusse a salutari camminate, togliendomi dalla immobilità dello scrittojo, la
loro lettura mi apprese la virtù della pazienza, l'acutezza della indagine epigrafica, la gioja della divinazione. Assorto
nella ricostruzione di un nome, che spesso aveva le apparenze di un piccolo rebus o sciarada, dimenticai spesso reali
fastidi, mi confortai del livore umano e delle sventure. - La scoperta di qualsiasi cosa, sia essa un'America, sia un nuovo
microbo, una pianticina, un coccio, equivale ad una creazione e ne fa godere la voluttà. - La ceramica sempre avuta in
gran pregio dalla più remota antichità. Suo primo autore se leggiamo la Bibbia lo stesso Dio che impastò la creta e ne
formò l'uomo. I monumenti più antichi sono di terra. Più solida e duratura del bronzo e del granito, resistente al fuoco,
all'aqua, alla cupidigia umana, la terracotta è veramente destinata alla immortalità delle persone e de' fatti. Cit. le
biblioteche di Ninive ecc. i cui volumi sono scritti in tavolette fittili. Nell'evo moderno continua la nobiltà delle
ceramiche. Le fabbriche cinesi, viennesi, sassoni, italiane in mano dello Stato, dei principi e d'illustri famiglie (per es.
Ginori) - La storia dell'umanità la più antica ha per principale base i prodotti delle ceramiche arcaiche, scavate nelle
tombe. La tomba ha conservato la vita, più che la morte. La risurrezione dei cadaveri, è, per così dire, in piena azione -
La materia si presta a centinaja di volumi, e infatti ne furono già scritti centinaja. Noi intendiamo limitarla alla ceramica
latina, detta volgarmente aretina, comprendendo in essa i prodotti d'imitazione delle Gallie, della Bretagna, Germania
ecc. - La ceramica italica preesistente al vaso aretino. Probabilmente la origine di quest'ultima va ripetuta da Samo, che
diede il vaso e le forme un po' tozze. - Il vaso italico a rilievi, a contatto del greco dipinto dovette cedere. In Grecia non
potè espandersi, benchè vi sia copia di esempi di vasi a rilievi, fabbricati però in Grecia (tazze di Megara ecc.) - La terra
sigillata latina interessantissima e dal lato delle rappresentazioni figurate e da quello delle leggende de' figuli e de'
graffiti de' possessori. - Prima di entrare in argomento, ringraziamento ai piccoli cocci: poi dividere la prefazione in 3
capitoli - I Impasto - forme e figure - II Sigilli - III Graffiti. - I. I vasi, cosidetti aretini, ci conservano in terracotta le
forme e le figure dei vasi potori e commissori in metallo. Era un lusso che poteva ornare le mense dei poveri - era l'arte
popolarizzata, l'arte democratica - La forma tozza dovuta alla materia. CF. colle coppe del tesoro di Micene, con quelle
di Megara, Samo, e colle altre italiche. Destinati quasi esclusivamente agli usi della tavola: donde la ragione del trovarsi
sempre rotti, mentre il vaso che si nascondeva nella tomba (dipinto, o nero ecc.) si ritrova spesso intatto o almeno con
tutti i suoi pezzi. - Sull'impasto dei vasi. Esame chimico. Le varie crete. La creta aretina, impressionabile come la cera.
Vi ha frammenti in cui si avverte la tessitura della pelle dei diti del figulo. - Si direbbe la creta tremoli ancora. - La loro
colorazione. Ricorda le lacche giapponesi e cinesi. Resiste agli acidi e al coltello ed alle imitazioni. Imitazioni
antiche. Processo nella coloritura. (Vedi studio sulla polarizzazione magnetica delle terre crete) - Circa le figure,
alcune ricordano la pura arte greca. Rappresentazioni mitologiche in genere, bacchiche, cacce e pugne, amorose,
comiche ecc. (V. Dragendorf, “Terra sigillata”) - frutta, fiori - ornati in genere - Il vasellame originis externae, barbarico
- II Sigilli. Abbiamo detto che la ceramica era tenuta in gran pregio nell'antichità. Donde, nei vasai latini, la gloriola
d'imprimere il loro nome nei rispettivi prodotti. Le fabbriche di vasellame dovevano essere molte - tutti i giorni si scopre
qualche nuovo nome - e gli operai (solitamente servi) numerosissimi. Troviamo fra i padroni di fabbriche nomi gentilizii
celebri (Corneli, Flavi ecc.). Alcuni padroni sono associati: vi hanno famiglie i cui membri si succedono per lunga serie
di anni ecc. Il padrone lascia porre il suo nome anche al servo - che talvolta lo mette anche da solo (sia che aprisse
bottega da sia che si distinguesse in modo speciale). I nomi gentilizii dei padroni sono generalmente romani e latini,
quelli dei servi, greci. Vi ha serie di servi numerate, per così dire, (Primus, Secundus, Tertius, Quartus, Quintus, Sex,
Septimius, Octavius, Decimius ecc.) - I nomi sono inscritti in cornici di numerosissime forme. Si vedono nel C.L.I. del
Dressel, e non sono ancora tutte. La più frequente è l'orma del piede ([lacuna] p. %). Opinioni su questa forma = indizio
di padronanza - Rarissima invece la forma della mano, mentre parrebbe dovesse essere il contrario. Molti piedi, a mio
avviso, dovrebbero ricordare la parte superiore colle bende che si attaccano alla suola del calzare. Credo anche che il
figulo abbia, in alcuni stampi, disposte intenzionalmente quelle bende, per far rappresentare da esse le lettere del suo
nome (per es. MU di Munati, TELIX di Felix ecc.). Spesso poi i figuli si compiacevano di porre il loro nome nelle più
strane maniere, in modo da costituire un vero indovinello e rompicapo, sia rovesciando il nome, sia disponendone
bizzarramente le lettere etc. Es. - La lettura dei sigilli fittili coi loro innumeri nessi, abbreviazioni etc. specialmente
l'interpretazione dei male stampati o rotti equivale ad un corso pratico di epigrafia, e può farsi facilmente in una stanza.
Non studiamo iscrizioni già passate per la trafila spesso infedele dei copisti e dei commentatori, ma il piccolo
monumento originale, vergine. I servi debbono essere stati - se egregi - oggetto di reciproche invidie fra i vasai e di
gare per averli: si potrebbe desumere dai nomi OPTATUS, CVPITVS, SPERATV[S], NACTVS - Non c'è, si può dire, fabbrica che
non abbia il suo operajo favorito EROS CORNELI - EROS SAVFEI - EROS VALERI etc. In modo speciale ci tenevano ad esser
considerati aretini, del quale aggettivo fanno pompa nella leggenda. Alcuni anzi, si chiamano “tout court” aretinus fig. -
ed anche aretinus verus (da non confondersi cioè con quell'altro che s'intitola aretino mentre non è). Così dicasi pel
nome di Samia, ecc. quantunque potrebbe anche essere che questo come Heraclia ecc. sia un nome relativo alla fabbrica
più che al fabbricatore (fictilia samia, heraclia ecc.). - E trovo anche figuli che mettono per così dire l'insegna della loro
ditta, le loro armi parlanti, p. es. una pelle di lione (che ricorderebbe la fabbrica Heraclia), un gallo, il fabbricatore
GALLVS etc. - III Graffiti. Oltre il marchio del figulo i vasi rossi offrono l'interesse delle sigle, nomi ecc. scolpitevi
talvolta dai loro possessori. Quì però, a differenza del marchio, che è sempre veramente antico, l'industria degli antiquari
falsificatori ha influito, specialmente in questi ultimi tempi, in cui il coccio rosso è ricercato dagli studiosi anche per i
graffiti. È quindi da mettere in quarantena ogni scalfitura che si trovi su coccio che esca da un negozio di anticaglie. A
Roma, certo Scorcelletti antiquario si faceva graffire da un archeologo di sua conoscenza ogni frammento di terracotta
aretina che gli capitasse, il quale così dal non valer nulla veniva ad aquistare il valore almeno di un 15 centesimi.
Quando si è sicuri che il graffito è ingenuo, allora ci può dare notizie e modelli sulla scrittura volgare dell'epoca romana.
Esemp[lificare].
5693. Quando nel 1900 fu demolito l'Arco dei fabbri a Milano (antica postierla della città medioevale, l'unica
rimasta) in odio alla storia patria e al decoro architettonico e stradale, per accontentare ignobili speculatori che avevano
edificato case sui lati dell'arco, le pietre dell'arco di mezzo furono ritirate in Castello dal Municipio; le mura di cotto sui
fianchi, caddero in parte da e i loro materiali furono manomessi o sparpagliati. Carlo Frisiani, patrizio milanese,
amante degli studi archeologici e storici, potè ricuperare qualche parte del materiale che raccolse nella sua casa in
Piazza S. Ambrogio. Una ferriata di ballatojo del XVI secolo che correva sulla porta, la mandò a collocare nella sua
nuova villa di Carate Brianza. Nel materiale potè anche trovare una lapide quadrata, corniciata, ch'egli ritiene del 1300,
di marmo bianco (io non la vidi), sulla quale è un'aquila in bassorilievo e sotto una porta con merli ghibellini -
probabilmente rappresentante la stessa postierla - fra le lettere F e R gotiche (Porta f[ab]r[um]). Sull'arco si trovò anche
una delle solite sigle del nome di Gesù. Forse era la stessa pietra sulla quale, secondo il Giulini, stava l'imagine di
Imeneo, origine dell'acclamazione milanese a la minee in occasione d'uno sposalizio, imagine che fu barbaramente
scalpellata via nel 1700 per darvi posto alla suddetta sigla. L'effigie di Imeneo che si diceva trovarsi anticamente
sull'Arco de' fabbri, alla quale gli sposi novelli solevano appendere corone di fiori, gridando i monelli la minee la minee
- effigie stata fatta ritirare dal podestà di Milano, come ricordante riti pagani, si trova nel Cortile dell'Ambrosiana di
Milano. È la testa di donna con corona turrita e l'iscrizione di Asti, rappresentando infatti questa città. Fra i mattoni, ne
fu pure raccolto uno sesquipedale (ora, luglio 1901, presso Frisiani) coll'incavo, a forma di mano, dove prenderlo. In
casa di Frisiani a Sant'Ambrogio si trovano anche due rocchi di colonna, di una breccia rosata, scavati nelle sue cantine
e simili ad una colonna che si trova nel vicino Sant'Ambrogio. Frisiani crede sieno colonne del Tempio di Bacco che
pare sorgesse lì presso. Hanno le incassature della cancellata.
5694. Francesco Crispi (vedi nella cartella J del mio archivio personale e in queste note) morì a Napoli (Villa
Lina, Rione Amedeo) l’11 agosto 1901, domenica, alle ore 19,40, dopo lunga agonia. Lasciò esecutori testamentari
Abele Damiani, Giuseppe Palumbo Cardella e l'avv. Giampietri, coll'incarico di esaminare e disporre de' suoi
documenti, sia per essere depositati in archivi pubblici, sia per essere pubblicati, sia anche per esser distrutti. Morì pochi
giorni dopo l'anniversario del Re assassinato Umberto, e pochi giorni prima dell'anniversario della morte di Luigi
Perelli, che gli fu tra i più fedeli, sino a compromettere le sue sostanze e rischiare la sua fama per lui. Mentre Crispi
agonizzava, il Ministero (Prinetti) fece firmare dal Re un decreto che mi collocava a riposo, mentre non avevo ancora gli
anni per la pensione e potevo rendere ancora servigi allo Stato.
5695. (Monza, 12-8-1901) Colloquio colla S.
ra
Angiola Gagliati vedova del patriota ed archeologo Luigi
Vassalli bey. Mi chiamò desiderando che gli oggetti personali e cari di Vassalli, dopo la morte di questi sieno da me
raccolti, invece che da * falso amico suo e di suo marito. Mi racconta che tutti gli oggetti del Museo egiziano che * tiene
a Lugano furono dati gratuitamente da Vassalli e non pagati da *, salvo le monete che furono pagate la metà del loro
valore... A Costantinopoli *, era nutrito e vestito da Vassalli coi guadagni non sempre lauti che questi faceva nell'arte
pittorica. Una volta Vassalli, sulla somma di 500 lire avuta per un quadro, passò L. 300 a * perchè si pagasse il conto
dell'Albergo. * tornò invece col denaro in Italia, lasciando ancora il conto da pagare all'Albergo. Tutto questo ed altro
risultava da lettere dello stesso * scritte a Vassalli e conservate da questi. Alla morte di Vassalli, * riuscì ad averle dalla
vedova e non le restituì più. Così avrebbe sottratto molti documenti da una cassa affidatagli dalla stessa vedova in
deposito, di cui forzò la serratura. Compì l'opera, dimostrando, lui oramai ricchissimo, la più completa indifferenza
riguardo alla vedova che gli era stata raccomandata da Vassalli che lo aveva beneficato. La Signora Angiola confidò
tutto all'abate A. Stoppani, pregandolo ad interessarsi di lei presso *. Stoppani le rispose “che può sperare da quell'uomo
dal cuore de scimes?”
5696. (1901) [Nota di 7 righe abrasa].
5697. “Mascotte e Guignon”. Sotto questi due nomi si potrebbe tracciare in forma di novella fantastica la storia
di uno nato, come si dice, col cavicchio e di un altro nato colla disdetta. Il primo, per male che faccia, anzi peggio fa e
più la sorte gli è favorevole. All'altro tutto riesce a danno. Dove va il primo, va la fortuna, impressiona uomini e bestie;
si vincono lotterie, non cade grandine; l'altro porta seco, aperto, il vaso di Pandora e se lo rovescia adosso etc.
5698. L'incompleto. Se descrivessi questo tipo, farei la mia autobiografia. Io non riuscii a condurre a perfetta
fine, nulla. In letteratura cominciai arditamente; scrissi scrissi, dovevo essere un innovatore, mille progetti, tutti saggi,
essays, nessuna opera e, tanto meno, conclusione. L'oeuvre non fu compiuta. In diplomazia, mille cose iniziate e bene,
ma tutto troncato e disfatto. La riforma del Ministero, le scuole all'estero, l'espansione in Africa, Tripoli, il Marocco, la
politica in Oriente ecc. - In Arte; mosso dall'illusione d'incoraggiare i giovani promettenti, mi disgustai con tutti, colpa
certamente più di loro che mia. In ricchezza, ereditato, non saputo mantenere un patrimonio. In architettura posto i
fondamenti ad un palazzo, dovuto lasciare a metà, simbolo della mia vita, che persino, nascendo, pronosticava perchè
settimestre.
5699. 1900. L'immediata conseguenza del così detto rialzamento delle nostre plebi operaje e contadinesche fu
quello che diventarono, se possibile, ancor più villane di quanto erano. L'esagerata coscienza di avere riaquistati i loro
diritti le rese burbanzose e scortesi oltre ogni dire, anche per la falsa persuasione che mostrandosi con qualche resto di
gentilezza verso i superiori di classe darebbero indizio di timidità. Anche il clero che venuto altre volte da classi gentili
portava una nota di carità e di Poesia nelle plebi; oggi venuto dai più bassi fondi della società e nudrito soltanto d'odio e
di teologia, diffonde sentimenti di vendetta e di crudeltà. Nelle officine, nei campi, negli uffici si gareggia in scortesia.
Le arti fabbrili già dure per stesse perchè a contatto della materia bruta, aumentano, per lo spirito di rivolta, in
durezza e brutalità. Il socialismo male inteso conduce alla irreligione e alla distruzione della famiglia. Eppure non era
questo il socialismo fantasiato poeticamente da William Morris nella sua “An history of Nowhere”!
5700. 1900. Passeggiata triste. Torno a Milano, la città della mia giovinezza, dopo lunghi anni di assenza. È
sera: desinai da solo; passeggio da solo. Il piede mi porta dove molti anni prima correva: alla casa d'angolo tra via
Ciovasso e Carmine, dove abitava Luigi Perelli, mio primo amico. La casa, il terrazzino, sul quale egli stava ad
aspettarmi sono ancora, ma egli è scomparso: il suo ingegno vivace, il suo sguardo ilare, la sua bontà senza fine sono
cenere ed ombra; [segue circa una riga abrasa]; mi fu negato perfino il suo ritratto ch'egli intenzionalmente e
testamentariamente mi lasciava. Abbandono colle lagrime agli occhi la soglia della sua casa, e allungo il passo, verso la
via Solferino, al n. 11, dove abitava un altro amico. Anche quì, la casa non ha subito modificazioni. Ma non vi abita più
Tranquillo Cremona. Morto è lui, morta è la sua bimba Ada che io tenni a battesimo. Sono pure spariti i suoi vicini, il
gajo fratello mio Guido, tempra d'artista, e la sua moglie - Fuggo quasi da via Solferino, ed eccomi in Piazza Fontana, a
quel numero 5, dove Paolo Gorini, quando si recava a Milano, pranzava con una fetta di manzo e un bicchier d'aqua. Ma
anche Gorini non appare più da un pezzo in quella trattoria. La sua anima vive immortale ne' suoi libri, ma il corpo è
fatto marmo in una piazza di Lodi... Mi trovo solo solo. Amici vecchi e giovani, tutti si dipartirono. Ma no, non sono
solo, intorno di me ondeggia la folla de' miei cari morti che sempre cresce e mi chiama a sè. Tutti tutti i miei veri grandi
amici sono al di là. - Grandi - Crispi - Correnti - Hohenlohe - Camerini - Antonelli… Spiriti eletti e immortali mi
circondano, mi parlano, abbracciano.
5701. (8.1.1886) Alle 10 di mattina mi si presenta improvvisamente in casa mia l'editore Sommaruga, direttore
della Cronaca bizantina. Dice che è venuto da me, fidando della mia lealtà, per un consiglio. Vorrebbe, riparando
all'estero, cavarsela dinanzi la minaccia di una condanna che gli pende sul capo, non so per quali pasticci cambiari.
Chiede dove potrebbe andare per mettersi al coperto d'ogni pericolo d'estradizione. Gli rispondo ch'egli mi chiede un
consiglio che non posso dargli. Egli insiste, mi supplica. Gli replico che dapertutto abbiamo un trattato di estradizione.
Egli obbietta che potrebbe recarsi nell'Argentina. Gli ribatto che anche in Argentina non troverebbe sicurezza. Lo
consiglio a lasciare che la giustizia segua il suo corso e a rassegnarsi. Non ha ammazzato nessuno. Se anche la
Cassazione non annullasse la sentenza, certo esagerata, potrà sempre ricorrere in grazia. Non è impossibile che, dopo
qualche anno, mutato ministero, sopiti i rancori contro di lui, egli ottenga un abbreviamento di pena, tanto più, se,
com'egli assicura, Michetti e Carducci intendono d'intercedere presso il re. Se ne va poco soddisfatto. - 9.1.1886. Alla
solita ora, S. torna da me. Si dice in gran dubbio di rimanere in Italia. Crede che cavandosela, farebbe piacere al
Governo, perchè questo, colla libertà provvisoria che gli ha concesso larghissima, potrebbe desiderare, più che altro, la
sua fuga. Gli rispondo che dapertutto si esporrebbe alla estradizione od alla espulsione od alla prigione - che il meglio è
dunque di restar quì, salvo a suo tempo di ricorrere in grazia. Risponde S. che tale è anche il parere dell'avv. Panattoni.
Discorrendo con lui circa la sua azienda, metà letteraria e metà imbrogliona, mi racconta episodi relativi al Martini
deputato e al De Renzis - ecc.
5701 [bis]. 1901-18-9. Al Dosso. Uccido a colpi di pietra un aspide di una specie velenosissima. Mi sembrò ad
un tratto che l'aspide prendesse le sembianze del giudeo Malvano.
5702. A Como nel sett. 1901, poco prima dello svolto della via Maurizio Monti nella via Giuseppe Brambilla
lessi la seguente ditta: Osteria del Rovan, di Corti Andrea. -
5703. Le sue argomentazioni erano come i sentieri in un giardino, fatti per allungare, non per accorciare la
strada.
5704. Lo scultore Giuseppe Grandi di Milano aveva comperato ad Amsterdam un leoncino per servirsene di
modello in un gruppo del suo Monumento delle 5 giornate, e poichè gli occorreva che apparisse belva feroce e non pelle
impagliata da Museo zoologico, lo eccitava in ogni maniera. Inenarrabili i suoi tiri, i suoi scherzi, che gli faceva
attraverso le sbarre, gettandogli pezzi di scarpe e di carbone e gomitoli di filo in bocca. A forza di questo trattamento il
leone era diventato adirittura feroce e... stitico. Allora si pensò a dargli un serviziale per farlo evacuare. Imaginiamoci le
difficoltà. Con un sistema ingegnoso d'assi gli si circoscrisse gradatamente lo spazio libero, fino ad arrivare al suo
deretano e ad imboccarvi la canna di peltro, mentre gli si teneva ferma la coda attraverso le sbarre. Il furore del Re del
deserto di trovarsi in simile ridicola posizione giunse al colmo. Squassò orrendamente la gabbia, tanto che i
somministratori del clistere, abbandonarono l'istrumento e fuggirono.
5705. Il lamento di un automobilista. Pareva già che il biciclo fosse il più incomodo modo di viaggiare, ma
oggi ha la palma l'automobile. Trepidazione continua, polvere, vento, aqua, perpetuo pericolo e per i viaggianti e per i
passanti, pericolo di rovesciare, di saltar per aria. Maledizioni, ingiurie, lungo tutto il percorso. Non si sa quando si può
partire quando si può arrivare. Stragi di cani e di oche. Bastonate dai villani. Soste di ore sotto la pioggia, in strade
isolate. L'automobilista fatica quanto un cocchiere e quanto una pariglia. Non gli è permesso di parlare co' suoi
compagni, di godere il paesaggio ecc.
5706. (Sett. 1901 - Dal pretore Vedovi delmand[amento] di Milano) - Iniquità legali - Tale signora venuta a
morte, dichiarò per testamento, come aveva già in vita replicatamente affermato, e provò con documento il suo asserto,
come il suo unico figliolo non era del marito legale, ma lo aveva avuto da altri e disse da chi. Il marito legale lo sostenne
invece per suo, e il tribunale gli diede ragione. Ma la generosità di questo marito aveva per motivo e scopo la sostanza
della moglie. Morta questa egli diventava, e divenne, l'amministratore legale del figlio, di cui poteva impunemente
consumare le sostanze ereditate dalla madre.
5707. Alla ricerca di un confessore. Motivo di bozzetto e potrebbe anche essere di romanzo, per dimostrare
quanto sia difficile per un'anima onesta e intellettuale di avvenirsi in un buon prete. I sacerdoti di manica larga e quelli
implacabili. Quelli fatti ignorantissimi dalla teologia. Gli antipatriotici, i sudici ecc.
5708. Menagio opinava che il greco antico si dovesse leggere colla pronuncia del moderno ed aveva ragione.
Lo stesso (vol. pag. 240 Menagiana) riteneva che le confessioni strappate dalla tortura erano inattendibili - Depuis
trente ans on ne rit plus que des bouts des lèvres. -
5709. Aqua lanea (eriòdes) ossia neve.
5710. (Dall'Archivio Storico lombardo Vol. VII pag. 571) - Nell'obituario della Cattedrale di Cremona 1376. -
Haec tibi summa dies perimit tua membra, sacerdos - De Dossis, Jacobine, hujus canonice templi.
5711. (Dall'Arch. storico lombardo pag. 574 vol. VII) V. Kal obit presbiter Christoforus de Mussis hujus
Ecclesiae mansonarius 1469.
5713. Parlata corbettina - d'impissé = un momento fa.
5714. Quando gli austriaci tornarono a Milano nel 1849 si misero loro in bocca i seguenti versi “Ti credarà mi
cojona - Mi sapera alfabeta -: ti scriverà Pio nona - Mi meterà ti maneta” -
5715. L.d.B. L'uomo pieno di colpe e delitti improvvisamente muore. In un atimo l'anima sua si trova dinanzi al
tribunale di Dio. La sfolgorante luce che ne diraggia, scende a destargli, ed illuminargli, ad un tratto la coscienza nelle
celle le più recondite. Egli che, in terra, commetteva delitti quasi per istinto e poi dormiva come il giusto i suoi sonni
inorridisce da capo a piedi di tutto stesso ed attende di essere sprofondato negli abissi infernali senza fine. Ma una
voce calma e solenne risuona nel maestoso silenzio delle sfere. Essa enumera uno per uno i delitti dell'uomo, ma ad ogni
accusa aggiunge, essa stessa, una scusa, che trova nei diversi atomi che hanno costituito l'uomo reo, o nelle circostanze
occasionali e questo è dovuto alle vigne bevute dal suo nonno - o alla morfina che s'injettarono i suoi genitori: va
quindi a debito del medico, ed a credito del farmacista. E una colpa dal suo registro passa a quello di un suo antico
progenitore, e un'altra va sul gran libro mastro della Società irresponsabile come da questo trapassa ad altro ed altro
registro sino a quello primordiale. Mano a mano il peso delle colpe si solleva dall'anima del reo e questa si rialza in
come fiammella - e purificata, rinnovata, si ricongiunge alla divinità.
5716. La moglie di Rovani, bella ma disordinatissima - fin dai primordi del suo matrimonio: dapertutto, nelle
camere, lasciava vesti, stivaletti infangati ecc. E Rovani la chiamava solitamente, non pel nome, ma coll'appellativo di
“cavallina selvaggia”.
5717. È una ben cattiva speculazione quella di nascondere al confessore parte de' suoi peccati, come
all'avvocato proprio parte della verità.
5718. Col libro sui “Rimedi dei Mali” bisognerebbe rilegar sempre quello “Sui mali dei rimedi”. (Quì nella
annotazione dei miei pensieri giornalieri lascio la penna alla mia amata moglie Carlotta per un grave indebolimento
dell'occhio sinistro il solo con cui potessi leggere e scrivere. Spero pe di potere rieducare l'altro occhio che sino ad
oggi non potendo vedere se non da lontano s'è dato al buon tempo - 26 ottobre 1901).
5719. Gli uccelli per meglio farli cantare talvolta si acciecano. Almeno la perdita della vista mi facesse pensare
letterariamente meglio!
5720. A questo mondo nessuno è inutile e nessuno indispensabile.
5721. “Niente è buono per gli occhi” detto probabilmente venuto dal nome dell'antico rimedio per gli occhi
malati “nihil albius” che era il solfato di piombo - Variazioni sul mio occhio sinistro, malato e quasi spento, e sostituito
dall'altro, prima ozioso. “La collezione de' miei sigilli aretini m'è costata un occhio” - “Vedo ora il mondo con un occhio
diverso da quello con cui lo vedevo da giovine” ecc.
5723. Etimologie comiche. Mai-ale. Nel senso figurato per indicare il più vile degli animali, sempre col naso
nel brago (leggi, uomo), che non ha ali mai.
5724. Monsignor Rossi di Milano, fortunato scopritore (o, come si scrive, inventore) di ossa di santi, scrisse su
stesso il seguente epigramma (di cui conservo l'autografo donatomi da Don Carlo Frisiani) “Coss'en disii de sto
Monsignor Ross - ch'el cerca e el troeuva di nost Sant i oss? - Disi ch'el mèret l'è poeu minga tant; - gh'è i can de triffol e
ghè i can de Sant”.
5724 [bis]. 1902. Telepatia. Qualche anno fa, la moglie del signor Ravizza, ragioniere nel Municipio di Milano,
trovandosi a letto si destò per qualche minuto, lamentandosi di un gran dolore alla gamba e gridando di mandarle subito
un medico. Poi si riaddormentò. Alla mattina, un messo venne ad annunciare ai signori Ravizza che nella notte (e
proprio all'ora in cui la signora si era lamentata del forte dolore alla gamba) il loro figlio si era rotta la gamba appunto
nel posto dov'essa aveva sentito il dolore, dolore interamente scomparso.
5725. [Nota di circa 1 riga abrasa]
5726. Il re costituzionale può essere paragonato ad una meretrice che è per così dire proprietà di chi la paga,
ossia del ministro al potere. Cambia il ministro ed egli cambia di gusti, d'idee, di desideri, fossero pure contrari al
programma precedente. Liberale, clericale, radicale, socialista, volta a volta, anarchico se occorre, il re costituzionale è
sempre passivo, vigliacco sempre.
5727. Anche i nomi hanno la loro fisionomia, ed anche dalla loro scelta si capisce il gusto, il tatto dei loro
autori, sia letterari sia naturali. Testimonio Manzoni che trovò così appropriati nomi per i personaggi del suo romanzo
(Renzo Tramaglino e Lucia Mondella), testimonio l'attuale nostro Re che trovò sì male quello della sua seconda figliola,
Mafalda, che ricorda il nome di Marcolfa e simili. E il popolo milanese, sempre arguto storpiò subito il nome della
principessina non desiderata in quello di Malfada (quasi a dire Mal-fatta). E c'era il dantesco Matelda che significava
con grazia lo stesso!
5728. Ogni sovrano scelse ed ebbe sempre presso di consiglieri condegni del suo cuore e del suo ingegno.
Trajano ebbe Plinio e Nerone Sejano. Napoleone I una plejade d'illustri. Vittorio Emanuele II il grande, ebbe Cavour;
Vittorio Emanuele III il piccolo, Giolitti e il microcefalo Brusati.
5729. Telegrafia senza fili. La scoperta di Guglielmo Marconi ha per base l'intonazione dell'apparecchio
trasmettente col ricevente. Questo principio potrà in avvenire essere fecondo di altre molte sorprendenti applicazioni,
anche nell'ordine morale. Esso rivelerà il segreto delle simpatie e delle antipatie tra persona e persona, tra persone e
cose, e ne troverà il correttivo e il rimedio; scoprirà la fonte dell'ipnotismo, della dominazione di una volontà sull'altra,
delle divinazioni geniose, ci darà forse il veicolo del pensiero da pianeta a pianeta: chissà anche servirà al rintraccio
della così detta anima gemella che ciascuno di noi dovrebbe avere. Nella vecchia frase l'unisono dei cuori, era già
preveduta, nel campo dell'anima, la scoperta dell'unisono.
5730. Di tre ova di gallina, fatte, la prima la vigilia dell'Ascensione, la seconda il giorno dell'Ascensione, la
terza il dopo, e riposte - la prima e l'ultima si corrompono, mentre quella dell'Ascensione resta incoruttibile. L'Ing.
r
Olivares di Corbetta fece esperienza della verità di questa tradizione popolare e mi assicura di essersene accertato.
5731. Già reg. 5544. Una gran parte della nostra vita va sciupata in complimenti - congratulazioni o
condoglianze - lettere e biglietti di visita inutili, che obbligano a risposte e ringraziamenti ancora più inutili. Quanto
sarebbe benefico un decreto periodico che proibisse a date epoche l'insegnamento dell'alfabeto o almeno ne sospendesse
l'uso.
5732. Gian Pietro Lucini, letterato milanese di molto ingegno e di molta dottrina, d'idee più che avanzate e
onestamente anarchiche, dalla Natura condannato al gobbo ed alla rachitide, come dal Genio alla fama, aveva carattere
subitaneo, iroso, e, benchè giusto, violento. Citerò due fatti. Da giovinetto, amava tirare al bersaglio con una pistola.
Assisteva ai suoi esercizi una servetta, cresciuta compagna a' suoi giochi. Questa, per celia, gli gettava sassolini nel
bersaglio e gli faceva fallire i colpi. Lucini le disse: ti avverto ancora tre volte, e se non smetti, tiro a te. La servetta non
smise, e alla terza avvertenza Lucini le tirò senz'altro un colpo, trapassandole la mano ch'essa si era messa a riparo della
faccia. Altra volta, in un caffè di Pavia, essendo studente universitario, era seccato da un compagno che si ostinava a
leggere ad alta voce un insulso giornale. O smetti, gli disse Lucini, o se continui - alla terza volta, ti rompo questo piatto
sulla testa. Il compagno non smise, e Lucini gli ruppe infatti il tondo sul capo. Il compagno era assai più robusto di lui.
Se altri non s'intrometteva, separando i contendenti, Lucini sarebbe stato accoppato. Ma egli diceva: quando si promette,
bisogna sempre mantenere.
5733. Prendendo le mosse dal recente assassinio dei reali di Serbia (giugno 1903) perpetrato dall'esercito vile
di quel paese, ad eccitazione, pare, del pretendente Pietro Caragiorgiovich, potrebbe essere tema interessante ad uno
studio “la criminalità dei sovrani d'Europa” poichè per quelli d'Africa ed Asia il delitto è quasi una funzione, un attributo
della regalità. Come, fisicamente, un naso, una fronte, un orecchio si riproducono in una famiglia attraverso i secoli, così
ritornano nella stessa certe qualità psichiche, specialmente le peggiori. Solo il genio raramente si rinnova, e tutt'al più si
corrompe in pazzia. “Le premier des rois fut un brigand heureux”. Le arti della guerra, cioè dell'omicidio autorizzato e
glorioso, piuttosto di quelle della pace, hanno creato i primi sovrani: l'assassinio, il furto (leggi conquista, bottino
bellico, confisca) diventato abitudine in un uomo, si fa ereditario in una famiglia. - Se ricerchiamo le origini di
pressochè tutte le grandi famiglie dominatrici, troviamo laghi di sangue umano che scendono poi in rivoletti dissimulati
fra sponde erbose e gaje dei fiori dell'arte e della poesia. Citare quì partitamente i misfatti antichi e nuovi della più parte
dei fondatori delle dinastie europee e dei loro successori. - Concludere, ricordando quel paese dello Stato pontificio che
fu fatto distruggere per spegnere il mal seme del brigantaggio ereditario; essere quindi la distruzione di tutte le famiglie
sovrane il mezzo più radicale per spegnerne la criminalità. Vero è che bisognerebbe poi fare lo stesso con gli uccisori di
quelle famiglie. Uccidi di qua, uccidi di là, si finirebbe a sopprimere tutta l'umanità.
5734. Gennaro Viscontini, ottantenne, mio lontano cugino, ultimo discendente della famiglia di Elena
Viscontini, maritata Milesi (la Sura Lenin del Porta mia bisavola›) chiesto, a nome di Lucini che sta scrivendo uno
studio sullo Stendhal a Milano, mi risponde che non possiede nè documenti nè memorie in proposito sui Viscontini, sui
Dembowski, sui Milesi, che un signore francese (di cui non ricordo il nome) e che sta scrivendo un libro consimile
fu da lui parecchie volte, ma che gli diede la stessa risposta. I Viscontini sono discendenti da un figlio bastardo del
magno Matteo Visconti - Il nonno di Gennaro, Carlo, portava titolo nobiliare e così i suoi avi, ma egli, benchè
sollecitato da Felice Calvi della Commissione araldica non volle mai far riconoscere il suo titolo, dicendo che non
amava di essere ascritto fra i discendenti di una famiglia di assassini. -
5735. Due monache giravano questuando pei poveri. Entrate in una bottega di pizzicagnolo, questi, uomo
rozzo, si pose ad insultarle, chiamandole sfaccendate, oziose ecc.: anzi diede un ceffone ad una di esse, dicendo “questo
è per voi”. Ed una delle monache, cristianamente rispose, “sì, questo è per me, ma e per i miei poveri?” L'avaro villano,
tocco dalla sublime risposta, arrossì p che la guancia percossa della monaca, le chiese colle lagrime agli occhi
perdono, le riempì di doni il canestro, e divenne da quel giorno generosamente caritatevole.
5736. L.d.B. C'è un proverbio che dice “i morti hanno sempre torto”. Riflettendovi bene si trova che la cosa sta
precisamente così… al rovescio. Per quanto i vivi facciano e dicano di buono, c'è sempre a traverso al loro cammino
qualche morto che li smentisce, che loro si oppone, che li fa naufragare. Precedenti, leggi, frasi fatte, usi, tutta roba
morta o quasi, soffoca, strozza, od acciacca ogni idea nuova ed originale. Col nome di archeologia, giurisprudenza,
teologia l'opposizione de' morti prende credito e vince. I morti hanno una grande, troppa importanza nella esistenza de'
vivi. Aristotile fermò il progresso per secoli, come Giosuè il sole. - Tramontato Aristotile, sorsero mille altri piccoli
aristoteli. Cimiteri di libri, detti biblioteche, attaccano la putrefazione al cervello vivente. Il vivo per diventare qualcosa,
per aquistar credito ecc., non ha spesso altra via che quella di morire. Il posto del vivo viene quotidianamente conteso e
rubato da quello del morto, ecc.
5737. Vita, morte e miracoli del mio occhio sinistro. È da premettersi che la natura mi diè due occhi
disimigliantissimi: il sinistro, miope; il dritto presbiope, e che per circa 50 anni io usai anzi abusai del primo, lasciando
quasi in assoluto riposo l'altro. Male potevo adoperarli contemporaneamente. L'occhio sinistro si stancò quindi
orribilmente, specialmente per la lettura di documenti paleografici e di minutissime epigrafi fittili (sigilli dei cocci
aretini). Nell'ottobre del 1901 ebbi i primi attacchi congestizi, lampi nell'occhio e farfalloni neri - Poi, a Corbetta,
impossibilità di leggere e storture nella visione. La retina si era sollevata e staccata. Lainati e Denti (il primo pessimista,
l'altro ottimista) tentarono di rimediarvi con injezioni di cloruro di sodio sottocongiuntivali, ma a nulla valsero. Il dott.
Cicardi di Monte Olimpino, medico di poca capacità, mi fece una injezione di calomelano alla tempia (sistema
Rampoldi) (febbrajo 1902): peggio - la poca vista che mi era rimasta, scomparve. Seguì una infezione alla tempia con
relativa febbre. Ne guarii, mercè Trazzi e Lainati. Nell'agosto 1902 mi recai a Zurigo con Carlotta, per consultare il d.
r
Banziger. Mi tolse ogni speranza per l'occhio sinistro: mi assicurò che il dritto non correva pericolo e mi avrebbe
lungamente servito. Così continuai sino al gennajo 1904, con torpori, fastidio ecc. Il 13 gennajo mi si manifestò
congiuntivite bilaterale, che il d.
r
Cicardi mi curò come al solito male. Venuto Lainati, mi persuase facilmente a
lasciarmi estirpare l'occhio malato per salvar l'altro. Una calma straordinaria - sopranaturale, s'impossessò
providenzialmente di tutto il mio essere. Il 18 lunedì gennajo ero a Milano nell'Asilo evangelico in via Monte Rosa, n.
12 - il 19 Lainati mi enucleava l'occhio, me dormente per somnio formio. Nessuna febbre. Rapida convalescenza e
guarigione. Il [lacuna] mi feci mettere da Lainati un occhio artificiale. E l'occhio estirpato lo collocai in un barattolo di
alcool a Corbetta, in mezzo ai miei cocci rossi colle seguenti iscrizioni:
I° Occhio sinistro di Alberto Pisani Dossi che cominciò a vedere il 27 marzo 1849, lavorò senza posa per circa
anni cinquanta e finì collo spegnersi, abbacinato dai rutilanti minutissimi caratteri dei sigilli rossi aretini, letti in pieno
sole a traverso lenti fortissime o al fioco lume di una candela; soppresso alfine dal “ricamatore di bistouri”, Saverio
Lainati, il 19 gennajo 1904 e quì deposto il [lacuna] in mezzo alla collezione archeologica da lui iniziata e di cui fu
vittima, con meritato titolo d'imbecille.
Per cinquanta e più anni, o mio povero occhietto sinistro, hai lavorato senza riposo al mio servizio, e
notte, nell'ombra, nel sole, nella luna, sempre da solo, da nessuno soccorso, fuorchè da lenti affaticatrici, leggendo,
interpretando, indovinando migliaja di fittili epigrafi minutissime, finchè stanco, esaurito, improvvisamente cessasti - ed
eccoti qua, ucciso dai rossi cocci che tu dominavi, invetrito, impetrito - esempio tu pure della triste sorte che nella storia
della umanità attende chi lavora. E intanto - ben altrimenti rimunerato, ecco il fratello tuo, l'occhio dritto, che nulla ha
mai fatto salvo di godere la bella vista e sa appena leggere i caratteri delle insegne e che, sano ed eretto come un corno,
passeggia erede e padrone nei campi non coltivati da lui - altro esempio non meno istruttivo della distribuzione dei
meriti e delle ricompense, eternamente iniqua, almeno in terra.
5738. Medici popolari. Ne esiste in ogni comune rurale. È il celtico druida, è lo stregone medioevale. E qualche
volta fanno vere e prodigiose cure. La fede dei villani in essi non ha confine. Gli stessi medici diplomati, di buona fede,
riconoscono che talvolta l'ignorante ha più scienza del dotto. Corneo, medico egregio di Corbetta cita vari fatti in
proposito. Aveva uno zio malato di una distorsione e non lo aveva mai saputo guarire. Lo zio ricorse ad un conciaossa di
Arluno e questi lo guarì perfettamente in brevissimo tempo. - Ad Albairate vive (1903) un altro “medegh stobbiareu”.
Nel cortile del dott. Corneo abitava un povero fanciullo affetto da gonilite. Corneo non riuscì a guarirlo. Il ragazzo si
recò a consultare l'empirico ad Albairate e, non si sa per virtù di quali fomenti, il ragazzo risa - È notissima la
contadina di Cassano d'Adda che guarisce le sciatiche e il suo segreto si trasmette di generazione in generazione - In non
poche famiglie distinte ed antiche, che forse ebbero qualche medico fra i loro antenati, sono rimedi e segreti medici che
hanno fama e sicurezza secolare. - Si può citare l'aqua di Casa Vidiserti di Milano per gli occhi - l'anello di Casa
Quinterio di Varedo (che figura anche nella zampa del leone quadripartito dello stemma di quella Casa) - anello dalla
pietra color celeste, che si metteva negli occhi malati i quali lagrimavano e guarivano. C'è anche in Casa Pisani di
Besate certo osso di santo, di cui si grattugiava la polvere, e, sciolta nell'aqua, e bevuta, guariva i pellegrini da infiniti
mali. Ora dell'osso non restano che poche briciole, ma la fede perdura e guarisce ancora. I malati traggono tuttavia a
Besate dalle più lontane provincie della Lombardia e del Piemonte.
5739. Cusani Francesco, marchese, compilatore di una storia di Milano, fu chiamato a Reggio per riordinare
quell'archivio. Tagliò via dalle carte tutti i sigilli (di ceralacca, sull'ostia, di piombo ecc.) benchè i sigilli facessero parte
integrante del documento originale. E non ne faceva neppure una collezione a sè: ma li bruciava. Fu sollevato finalmente
dalla sua disastrosa missione. Scrisse allora al sindaco di Reggio una lettera, dicendo che aveva la coscienza di aver
soddisfatto al suo mandato, riordinando l'archivio. “Poco più restava a completare il lavoro, ma per far ciò bastava un
usciere con una forbice!
5740. Il Cova (V. 5605.5675.5743) aveva in casa sua un solajo pieno di ogni sorta di roba dalla quale cavava
quanti costumi volesse. Fu celebre il suo abito di babilonese. In testa si pose una scatola conica di latta, da tonno.
Intorno al mento dei turaccioli infilati, raffiguranti la barba; sul petto e sulle spalle due tendine verdi col loro ferretto -
Qualche mese prima di morire per malattia di fegato (egli, così allegro!) passeggiava lungo il Naviglio colla faccia giallo
nera, pel male che lo minava. Gli si chiese: che fai? “Faccio Lodovico il Moro” rispose alludendo al colore del suo viso.
5741. Arte pittorica. Diceva il pittore Casnedi ai suoi scolari: Voialtri, giovani, cominciate un ritratto e se non
vi riesce ne cavate fuori una marina. E capita un amico, il quale vi dice: Voj, l'è bon: mèttela a l'esposizion. - Conconi,
pittore, vedendo, nel passare presso una campagna, tre preti neri neri, stretti a colloquio vicino ad una macchia di alberi,
disse “mettigh in bocca ona loeuva de formenton, e hin trii merli”. - Si parlava di mostri da pingersi in un quadro. Il
pittore Carlo Agazzi, disse: la mei manera d'inventà di moster l'è de tirà in grand i besti piccoi. On ragn ingrandii, el ve
parirà la bestia la pussee spettacolosa e terribil del mond - Nel collegio reale delle fanciulle di Milano, fu nominata
maestra di disegno certa Martignoni, in concorrenza col pittore Mosè Bianchi. Questi non se ne adontò, ma disse
semplicemente: L'è ona bona dona. L'insegna un po' de disegn. E intanta i fioeu vegnen grand. - Nel giorno che a Parigi
chiamano del vernissage alcuni artisti malelingue criticavano, a Brera, una tela di Mosè Bianchi rappresentante una
marina con una barca. E uno diceva che l'onda doveva agire a seconda del vento, cioè piegarsi piuttosto da una parte che
dall'altra. Compare improvvisamente Bianchi che aveva udito la critica, e con voce tonante: Ma che vento! ma che
vento! T'è minga anmò de capii che tutt l'è piituraa? - Il critico interdetto, non seppe più che rispondere.
5742. Luigi Conconi pittore non aveva ancora visto il mare e non aveva alcun desiderio di vederlo. E diceva: in
fond cosa l'è sto mar. On gran Navili che nol gha che ona sponda.
5743. Il Cova (V. 5740) - bizzarro raccontatore diceva di quel tale che entrava da un mercante di panno, come
se dovesse fare un grande aquisto e si faceva portare sul banco una montagna di pezze, e le guardava e le toccava e non
pareva mai contento, così il mercante sciorinandogli dinanzi sempre nuove pezze, gli chiedeva, tanto per ajutarlo nella
ricerca, a che doveva servire la pezza. E il compratore raccontava al mercante che possedeva sul suo scrittojo un
nettapenne, con un leoncino di stagno colorato, il quale leoncino mostrava un linguino rosso. Ma la serva nello
spolverarlo aveva fatto cadere e perduto il linguino: quindi doveva cercare un pezzetto di panno rosso per rimetterglielo.
Si trattava di un pajo di centimetri quadrati di panno rosso! - Lo stesso Cova diceva che a Baltimora la gran comodità di
trovare dapertutto mezzi facili e a buon mercato di trasporto, aveva disusati gli abitanti dal camminare colle proprie
gambe. Le autorità cittadine per riabituare i cittadini alle gambe escogitarono quindi dei trams i cui vagoni non avevano
fondo. I passeggieri, movendosi a corsa il tram, erano per ciò obbligati a correre a precipizio entro le quattro pareti del
carrozzone.
5744. Nella seconda parte della vita umana, cioè nel mondo della retribuzione, m'imagino che la pena più
atroce e insieme la più giusta, sarebbe quella che l'anima spogliata dalle sue vesti terrene si trovasse dinanzi a tutti gli
atti e fatti che l'avrebbero nobilitata ed innalzata verso regioni più alte, ma che non si verificarono per ignavia sua,
mentre per poco più di sua ferma volontà avrebbero potuto essere a decoro suo e beneficio altrui. Vergogna infinita
dovrebbe allora pervadere la poveretta anima, rimpiangente inutilmente il passato.
5745. (1904. 1 dicembre) Se Dio mi concederà ancora qualche anno di vita, mi proporrei il seguente
programma. 1905 (età 56) Rovaniana, contratto coll'editore e collo stampatore. 1200 copie. Vendita 1000 a L. 5, di cui
3 allo stampatore, 1 all'editore, 1 all'autore. 100 copie giornali. 100 all'autore - Compiere facciata Corbetta Scuderie al
Dosso. Stampa Cilapponi - Aquisti Museo Corbetta e scavi. Relazione su Verdesiacum. - Archivio Corbetta - 1906-07
(età 57-58) Libro delle bizzarie - Commemorazione zia Elena - Stampa degli Intermezzi Cento Anni - e Articoli critici 3
arti - Continuazione Dosso - (Affare Casenove) - 1908-09 (59-60) Goriniana - Altri libri - Continuazione Dosso -
Compimento Casa Corbetta. -
5746. A tratti, nella moda, c'è anche quella della merda e della piscia. Quando naque il re di Roma, figlio di
Napoleone I, venne in voga - proveniente da Parigi - il colore caca du Roi de Rome, e mia nonna si ricordava una
splendida toletta di gioventù couleur caca du Roi de Rome. Parecchi anni dopo, credo nel 1838, ebbero voga in Milano
certi dolciumi, fatti, in principale parte, di cioccolato - esposti in una offelleria sull'angolo di via Orso alla Vedra
(Vetera) raffiguranti stronzi umani e bestiali, d'ogni colore e forma. Si facevano con essi i più graziosi scherzi, le più
amene sorprese, mettendoli p. es. nel letto delle proprie innamorate, sul tavolo da pranzo, offrendoli nei palchetti,
succhiandoli e mangiandoli deliziosamente nelle società ecc.
5747. Pudore delle monache (Istituto delle Orsoline, 1905). Le monache ordinano alle loro educande, quando
s'incontrano in un uomo (fosse magari il loro fratello, il loro padre), di farsi il segno della croce! A Capriolo, in un
monastero, gli uomini compreso il medico non potevano entrarvi che con due guandalini, uno allacciato dinanzi e l'altro
dietro. Così, l'ortolano del monastero è obbligato a lavorare l'orto con quei due coprigambe, allacciati a foggia di
sottana.
5748. L.d.B. - Fra le cause del poco smercio de' libri italiani, sarebbe il mal vezzo, specialmente nelle signore,
di farsi prestare i libri che leggono invece di comperarseli. Ora si dovrebbe fare in modo che il libro, oltre di servire alla
lettura potesse essere impiegato in altri usi che ne affrettino la distruzione. Uno, sarebbe quello del forbirsi. Proporrei
quindi far stampare i libri in carta da cesso, in modo che collocati nelle latrine si possano i libri strappare foglio a
foglio o svolgerli a pezzi da rotoletti. Così pure, si potrebbero st[am]pare in carta da profumi, da accendere, o da
sigarette ecc.
5749. L'arte ufficiale in Italia segna in questo periodo (1900-1905) uno dei momenti più deplorevoli. Si sperava
coll'avvento a re del principe di Napoli raccoglitore di monete vecchie che almeno ne fruissero la monetaria, i
francobolli, la carta bollata, ma fu peggio. La moneta italiana e il timbro postale scaddero. Le medaglie che il governo fa
coniare per distribuire come premio diventarono così stoltamente burocratiche che commissioni artistiche che dovevano
aggiudicarle ad opere d'arte preferirono di non usarne - ed avvenne, tal volta, che in un concorso per una medaglia
artistica fosse[ro] messe a premio medaglie governative, d'oro e d'argento, ma schifosamente antiestetiche.
5750. Poemetti archeologici - In forma breve e poetica si potrebbero trattare i seguenti argomenti. I.
Verdesiacum. La piccola tomba della bambina (m. 0,93) di frammenti di laterizio romano. Il coperchio in cotto e il
tumulo di terra sembrano appena scomposti per lasciar passare l'animicola nel suo volo verso il cielo. Non traccia di
ossicino. Sembra che il tenuissimo corpo si sia tutto sfumato. CF. colle ossa vecchie che durano ancora a staccarsi dalla
terra e a sciogliersi nell'etra. - II. Hic felicitas. - Motto dipinto sull'anfora prima vinaria poi cineraria, circondato da
pampani. La felicità è in Lieo o in Lete? - III. M[A]ECENAS M. V. AGRI PPAE - L'anello aureo donato da Mecenate
al trionfatore d'Azio - coi fulmini di Giove, i delfini, il lauro. Descrizione in lontananza del trionfo - colla libertà
incatenata e i disastri senza fine nei costumi etc. - IV. La sacerdotessa di Plesio. Descriverla, ornata dei monili e delle
collane che si scopersero nel suo sepolcro mentre predice la scomparsa della sua gente e il prossimo avvento dei romani
- Scena: una foresta di roveri presso una gran pietra cupeliforme ne' cui canaletti scorre ancora il sangue di una vittima
umana - V. EUPROSINE PIA - dotta nelle 9 muse e filosofa - La istitutrice liberta - morta a 25 anni. I suoi patimenti
ignorati. I bambini romani devono essere stati crudeli come i nostri, come tutti i bambini - VI. Tertullus, il soldato
veterano, che diventato agricoltore per donazione di terre dell'imperatore, riposa colla sua spada e il suo vasellame
aretino nei campi di Verdesiacum finchè l'archeologo non arriva a disturbarlo (la sua vita battagliera nelle campagne di
Dacia ecc.) e sopra gli passeggiano le orde longobarde ecc. che inutilmente egli combattè ecc. - VII. Padre Alessio -
(Canevaro del convento Olivetano) trovato ancora colla chiave presso la sua mano dritta - ma anche con un coltello e la
punta di un giavellotto. La chiesa e il convento rasi al suolo. - VIII. Aretina rubra - Descrizione dei vasi vinari e
commissori. CF. il vaso rosso allegro col nostro bianco triste, che ricorda la faccia e il lenzuolo dei morti. Le scene liete
intorno alle coppe. Quanto più gaja e filosofica la vita antica! - IX. Le sante Matrone Concannianae - che proteggono i
cereali, le frutta e la genitura umana - Del pago di cellae concannianae. - X. Lo specchio - di bronzo trovato in una
anfora. Lo specchio riflette ancora: chissà che begli occhi vi si guardavano ecc.; della donna di cui vi si raccolsero le
ceneri, non resta altro che la vanità. - XI. Sanctibus Faustino et Jovitae - Far risorgere poeticamente l'antica chiesa del
campo di S. Faustino. Il litigio fra il prete di Albairate e l'abate di S. Vittore di Corbetta ecc. - XII. La coppa itifallica.
Gli antichi che non amavano le ipocrisie etc. - Prima traccia di poemetti che potrebbero essere anche sonetti - da
completare, densificandoli ed individualizzandoli.
5751. Traccie di fiabe, raccontate - inventandole - a' miei bambini in un giorno di neve (1 febbrajo 1902). 1.
Cinbichetti. Rosina possedeva una bellissima bambola, che chiamava per nome Cinbichetti, e che passionatamente
amava. E spesso le diceva, e la pregava e scongiurava di parlare: almeno una parola, un sospiro. E la bambola mosse un
giorno gli occhi e le parlò. Ma l'avvertì che era un segreto suo e di non tradirlo. Rosina promise. E Cinbichetti colle
parole le diede i più buoni consigli, e Rosina, fiera delle confidenze diventò la più cara fanciulla del mondo, facendo la
felicità di mamma e di babbo. Ogni giorno sospirava il momento di trovarsi da sola colla sua piccola misteriosa amica.
Fatta buona buona, Cinbichetti si accomiatò da lei. E Rosina seguitò ad essere buona. - 2. La fata della quercia.
D'inverno presso Natale. Una povera madre torna colla sua bambina dalla città al casale nativo per raggiungervi il
marito, tornato a sua volta con un ragazzino dall'essersi recato a lavorare all'estero. Sorpresa dalla neve in una foresta,
non può più nè avanzare nè retrocedere. Si appiatta nel cavo tronco di una quercia secolare aspettando la morte. I gelidi
soffi del vento, le fanno stringere al petto la bambina sofferente. Ad un tratto sente un lieve tepore sotto i suoi piedi.
Smove le zolle e avverte un filo nebuloso di luce. Fruga ancora nelle zolle e solleva pezzi di asse marce. Appare il
primo gradino di una scala di marmo, poi un secondo vestito di tappeto. Essa comincia a scendere colla bambina, e il
tepore e la luce si fanno sempre maggiori. Arriva in una ricca sala, riscaldata a tappezzerie e tappeti; poi in un'altra. Non
incontrano nessuno. Silenzio completo. Le viene il dubbio di essere morta colla bimba e di trovarsi in paradiso. Nella
sala è una tavola imbandita, profumata da cibi appetitosi, sfolgorante di luce. Prima esita. Poi, mossa dalla fame e dalla
stanchezza, siede. La tavola è preparata per due. Dice “il padrone mi perdonerà”, e lo ringrazia in cuor suo. Mangia,
beve e fa mangiare la bimba. Poi passa in altra camera dov'è un lettone, colle lenzuola rimboccate, riscaldato, col
sentore di lavanda. Sempre ringraziando e chiedendo scusa all'ignoto signore del luogo si corica allacciata alla sua
piccina ed entrambe si addormentano facendo sogni felici. Di mattina si svegliano. Teme di aprire gli occhi per non
ritrovarsi nel freddo e nella miseria. Ma il sogno dura ancora ad occhi aperti. Vede nella stanza forzieri aperti, zeppi
d'oro e di gemme. Toccò il cibo ed il letto per bisogno, ma le ricchezze non la muovono: queste non sono sue. Vede sul
tavolo un gran libro aperto. In esso è scritto: “Il Signore non abbandona mai i buoni”. Ritrova colla bambina la via
dell'uscita e il vestibolo della quercia. La neve s'è sciolta. Uccellini cantano sulla quercia. Violette coprono i prati. Un
asinello li attende, con due bisaccie, vi [sale] colla bambina in braccio e l'asinello le porta al casale natio dove il marito
e il figliolo le accolgono nelle loro braccia. Nelle bisaccie, oro e gemme. La vita è d'ora innanzi per loro, col
condimento della buona coscienza, felice. - 3. Il tamburino. Un reggimento di granatieri sta per mettersi in marcia.
Uomini alti due metri, con cappelloni di pelo, baffuti, con sciaboloni, fuciloni ecc. Un bambino di sette anni si presenta
ad un soldato e chiede di parlare al colonnello. Questi, più alto e grosso e terribile degli altri. Il bambino gli domanda di
essere arrolato nel reggimento come tamburino. Troppo piccolo. Il bimbo dice di no e chiede un tamburo. Glie se ne
uno. Lo suona splendidamente. Il colonnello gli domanda come farà a tener dietro, senza stancarsi, ai lunghi passi in
misura dei suoi granatieri. Il tamburino risponde: provatemi. Lo vestono da tamburino. Giubba gialla, calzoni rossi, uosa
nere, berrettone con pelo. In pochi giorni fa col suo tamburo marciare ritmicamente il reggimento, come non fece mai.
Ammirazione generale. S'incontra il nemico. Fucilate. Il pericolo incalza. I granatieri soprafatti, stanno per voltare i
tacchi. Ma un tratto si ode un fragoroso rullìo. Il tamburino ha guadagnato un'altura e colla faccia verso il nemico rulla e
rulla con tale impeto e fragore che il coraggio rientra nelle file già sgominate e il panico invade il nemico. Fuga
generale. E i granatieri trionfano. Il colonnello chiama in rassegna il reggimento e proclama il tamburino come l'eroe e il
trionfatore della giornata. Il tamburino risponde: io non ho fatto che dimostrarti la mia riconoscenza. Forse tu non
sovvieni, che or fa un anno risparmiasti la vita a un piccolo ragno che era entrato nella tua stanza e già stava per essere
schiacciato dallo stivale del tuo attendente. Quel minuscolo essere ero io. Nel corso delle mie metempsicosi dovevo
passare anche per quella forma, prima di vestire l'attuale di fanciullo e d'uomo. Chi fa bene, trova bene. - 4. I due sposi
di neve. Una turba di monelli - fratelli e cugini, costruiscono nel giardino un grand'uomo di neve. Dalle gambe,
s'innalzano coll'ajuto anche di casse e scale alla testa. Gli fanno una faccia truce. Bocca spalancata, occhi sbarrati. Gli
mettono intorno un grembialone, e, in mano, una scopa. Poi, si mettono intorno a motteggiarlo. Ma l'uomo di neve
muove ad un tratto gli occhiacci e la mano minacciandoli e alzando il braccio colla scopa, ed intima loro di portargli,
tutti, da mangiare, perchè fa freddo ed ha fame. I bambini corrono tutti a prendere ed offrirgli la loro colazione. Egli li
saluta e dice di recarsi a fare una passeggiata tanto da pigliar caldo, e comanda loro di preparargli il loro pranzo se non
vogliono essere mangiati crudi da lui. Partito l'orco di neve, i bimbi restano spaventati. Fagiolino, il più piccolo ed il più
arguto di tutti, incuorò i compagni e loro suggerì di subito fabbricargli una moglie di neve e di farlo fuggire con quella.
Difatti, in poco tempo la moglie è pronta, moglie col naso adunco e sospettoso, e nel fabbricarla le susurrano tutti i
veleni possibili contro l'assente marito mettendole in mano un pajo di molle. All'ora indicata, il marito ritorna. La moglie
si sveglia come di soprassalto e gli corre incontro colle molle alzate, chiedendogli conto delle sue gesta. L'uomo di neve
le risponde con una scopata ed essa gli assesta un colpo di molle. Ne nasce una baruffa indiavolata, il gelo è rotto, e tutti
e due, in un feroce amplesso conjugale, si sfasciano. I bimbi gridano Evviva! mangiando cannibalescamente il naso dei
loro nemici. - 5. La padellina. Un bimbo povero povero fa servizietti per guadagnare un pane alla sua mamma
ammalata. Va alla stazione a portare le sacche ai forestieri e cambiare in pane i pochi soldi che riceve. Vede un giorno
scendere dal treno un vecchio con un involto. Gli si offre. Risponde il vecchio che l'involto pesa troppo poco.
Giovannino risponde che qualche volta bisogna servire per nulla. Porta l'involto sino all'angolo di una via, raccontando
intanto al vecchio le sue peripezie e come il suo unico desiderio sarebbe quello di poter sempre dar da mangiare un
pezzetto di pane e di carne alla mamma. E il vecchio, prima di lasciarlo, apre l'involto. Ci si trova una padellina, un
piccolo batticarne, un pezzetto di carbone e un crostino di pane. E il vecchio gli dice che quando lui e la sua mamma
hanno fame, dica al carbone accendi accendi - al padellino friggi friggi - al batticarne, batti - al pane scrocchia… poi
scompare. A casa la mamma si lamenta per la fame. Il bimbo piange, imaginandosi di non aver portato a casa che
giochetti. Tuttavia, quasi giocando, pronunzia le parole che gli insegnò il vecchio. E il carbone si accende, e su una
fiammata come se fosse di fascina - e il padellino frigge come se pieno di burro, e vi si sentono a cader dentro delle ova,
e affritellarvisi, e il batticarne si trova sotto un grosso pezzo di carne e il crostino diventato pagnotta scrocchia frag[r]
ante come pane di Vienna. Gioja. Col cibo abbondante torna la salute, la fortuna, la contentezza. - 6. I capricci di
Bianchina. C'era una bambina che faceva tanti tanti capricci, dieci, dodici al giorno, tutto il giorno. Prometteva sempre
alla mamma di non farne più e ne faceva sempre. La mamma le perdonava spesso ed era male ma qualche volta la
castigava mettendola a sola minestra od anche rinchiudendola in soffitta. E un giorno che aveva fatto più del solito e
stava naturalmente in solajo, piangendo, sentì due passeri sul tetto che pigolavano di lei dicendo “quant'è capricciosa
Bianchina! Ah se non viene la fata che strappa i capricci colla pinzetta d'oro non diventa più savia quella bimba!” La
fata apparve nella soffitta in fondo in fondo: era bella, ma aveva un visetto severo. Si avvicinò a Bianchina e le chiese
perchè facesse tanti capricci. Rispose, non so: sono forse i miei capelli ricciuti. E non ti rincresce? le domandò la fata. -
Sì, mi rincresce, ma ci ricasco sempre, perchè non ricordo mai quanto prometto alla mamma. Non è il cuoricino che
manca, ma la memoria. Allora la fata le disse: ti regalerò qualche cosa che ti darà la memoria. E le porse uno specchietto
“quando farai un capriccio, guardati nello specchietto”. Bianchina alla vista del bel oggetto, azzittì. La mamma che
veniva di tempo in tempo ad ascoltare all'uscio della soffitta, sentendo che la bambina taceva, l'aperse. Bianchina
l'abbracciò e la mamma, tutta felice, la condusse, perdonata, a tavola. Il dopo, la bimba fu buona, come sempre le
succedeva dopo un castigo, ma poi fece un capriccio. Si guardò nello specchio e vide la sua faccia diventata lunga e
gialla come malata. Tor subito savia e la mamma ne fu contenta. Ma il giorno dopo, altro capriccio p grosso.
Consultò lo specchietto e vide che la sua faccia era diventata come quella di un morto - testa pelata, occhiaje infossate…
Così, di seguito per qualche dì, finchè un giorno vedendosi nello specchietto più brutta del solito, gittò per terra e ruppe
lo specchietto. Non passò molto che la mamma fu costretta a rimetterla a pane ed aqua e a ricorrere alla soffitta. E quì
sentì ancora i passeri a cippire de' suoi capricci e della necessità della pinzetta fatale strappa-capricci. E la fata
comparve e chiese a Bianchina perchè avesse rotto lo specchietto e continuasse ne' suoi capricci nonostante i pentimenti
e le promesse. E Bianchina rispose: perchè non ricordo e quando lo specchio mi fa memoria, è già troppo tardi. Allora la
fata le porse un fiore che pareva una rosa e le disse: porta questo fiore. Finchè sente soave è segno che sei buona;
quando comincia a sapere di altro odore, vuol dire che fai capricci mentre hai promesso di non farne più. Bianchina
ringraziò tutta contenta del fiore. La mamma sentendola zitta, riaperse la soffitta e la condusse, perdonata, a tavola. Col
fiore le cose parvero mettersi bene, perchè quando la bimba si metteva a far capricci il buon odore se ne andava e ne
veniva uno cattivo in suo luogo. Ma, prendendo confidenza anche col fiore, questo incominciò a puzzare in pianta
stabile finchè Bianchina se lo tolse gualcito dal seno e lo gittò via. Si aprì dunque un terzo periodo di capricci e castighi
col solito pane e aqua e la solita soffitta. Nella quale, trovandosi un giorno e sentendo gli uccellini lamentarsi delle sue
cattiverie e delle pinzette della fata, questa sopravvenne e le chiese ancora più vivacemente conto de' suoi inutili doni. E
Bianchina raccontò ingenuamente che cosa era successo, aggiungendo per scusarsi che avendo avuto una infreddatura
non era più capace di distinguere se il fiore sapesse di buono o di cattivo odore. Allora la fata disse: farò l'ultima prova,
e le regalò un sonaglietto d'argento, dicendo: sentirai bene quando stai per fare qualche capriccio. E il sonaglietto fu
davvero miracoloso. Appena cominciava un capriccio il sonaglino dava un piccolo suono; se il capriccio continuava, il
suono diventava più forte. Bianchina si sentì in soggezione del campanello. Fors'anche coll'età erasi fatta più
ragionevole. Fatto è, che il sonaglietto a poco a poco cessò di suonare ed essa di fare capricci e la sua mamma di porla
in castigo. Pure, qualche capriccio, piccolo piccolo, quasi inavvertibile c'era ancora, benchè il campanello non si
movesse quasi più. Ma Bianchina, la cui attenzione sovra stessa era diventata finissima, lo sapeva, e non sapendo
come disfarsene interamente supplicò un giorno la fata di concederle le sue pinzette. Questi le disse la buona fata sono
capricci ben piccoli, indipendenti quasi dalla tua volontà. Dagli altri ti sei corretta da te stessa. Di questi non si può
guarire senza l'ajuto di una fata. E toltasi di seno la pinzetta magica - tic-tic-tic - le strappò i tre ultimi capriccetti che le
erano rimasti fra i ricci. Bianchina parve allora diventata l'ottava meraviglia, tanto che si veniva dai più lontani paesi per
vederla ed ammirarla. - Poichè di bambini senza capricci non se ne trovano che nei paesi delle fate. - 7. I doni
dell'Angelo. Gli angioli una volta scendevano in terra più di frequente che non sogliono ora. Si mutavano di veste
ripiegando e nascondendo le loro candide ali sotto le giubbe o le gonne (poichè non si sa ancora se gli angioli siano
maschi o femmine) però qualche penna usciva loro per di sotto e in ogni caso il loro viso sempre luminoso e femineo
tradiva la loro origine. E un giorno, Ariel, angelo della [lacuna] sfera celeste, scese in terra in un paesaggio rurale e
travestito da viandante passò di podere in podere, movendo domande ai coltivatori. E ad uno che stava seminando
chiese dolcemente che seminasse. Il villano che putiva come un caprone rispose, semino corna, in modo arcigno,
che l'angelo non potè a meno di dirgli: e corna avrai. Poi passò ad altro campicello dove un altro contadino piantava
semi di zucca. Gli domandò se fosse ammogliato, se avesse figli. Quello, ruvido pure, non tuttavia scortese gli
rispondeva asciutto e Ariel alla risposta che non aveva figli, gli richiese se gli sarebbe piaciuto di averne uno. E il
villano replicò alzando le spalle, uno o cento è lo stesso. Al che, Ariel sorridendo, te ne accorgerai. Passò qualche
tempo, i frumenti cominciarono a spuntare e sul campo di Sor Taddeo, il primo villano, si avvertirono dei pungiglioni
rossi uscenti dal suolo e nel campo di Sor Andrea cominciarono a manifestarsi protuberanze con una lanugine come di
pesca. E i mesi si aggiunsero ai mesi e i pungiglioni crebbero e diventarono duri, prendendo forma, prima di capretto,
poi di bue, poi di bufalo, mentre nel campo di Sor Andrea le protuberanze aumentarono in altrettanti capini e ai capini si
attaccò un collo, poi un torso, poi delle gambette. In breve, colla rapidità colla quale sorgono gli sparagi, apparvero
cento rosei puttini maschi e femminuccie, attaccati al suolo per la sola pelle del tallone. Inenarrabile la sorpresa dei due
compari, nel trovarsi Sor Taddeo possessore di 100 formidabili corni e Sor Andrea papà di 100 bambini. E ricordarono
allora l'augurio dell'ignoto viandante. - Sor Andrea, però, dopo tutto era un buon uomo. Si sentì toccare il cuore dinanzi
a quei graziosi visetti che dicevano, oè, oè, e non appena vennero a perfetta maturanza, li staccò colla moglie
delicatamente dal suolo e se li portò a casa a carrettate. Sor Andrea aveva una casa sua ed una certa agiatezza. E la
domestica mucca alimentò le cento boccuccie. Ma l'impresa era vasta e Andrea e sua moglie cominciavano ad
impensierirsene, benchè la salute dei bambini fosse buonissima, e tutti prosperassero fin troppo. Senonchè un giorno che
Sor Andrea stava sulla porta coll'idea fissa di rincontrarsi nel magico viandante, vide proprio costui che passava, e lo
supplicò di consigliarlo su come provvedere a quella numerosa discendenza. Ariel gli rispose compiacendosi prima della
sua grande bontà, e poi suggerendogli di recarsi da Sor Taddeo e di comperargli tutti i corni della sua messe, dandone
poi uno a ciascun bambino. Sor Andrea aveva troppa ammirazione pel prodigioso incognito per disobbedirgli. Si recò
tosto da Sor Taddeo che aveva i suoi magazzini riempiuti di corni, non avendone potuto vender uno a nessun pettinajo,
perchè ritenuta merce di provenienza diabolica, e potè facilmente farsi cedere quelle robe di osso per una cinquantina di
lire. E come gli aveva consigliato l'Angelo ne diede uno a ciascun bambino. - Oh magia! oh sorpresa! Ogni corno, come
quello dell'Abbondanza, si riempì di balocchi e sotto si rinvennero spalline di generali, mitrie arcivescovili, borse d'oro,
perfino una corona e un triregno. Ogni bambino vi trovò la sua dote e il suo avvenire. - 8. Le briciole per gli uccellini
del buon Dio. Una mamma e due sue bambine (Edvige di 8 anni ed Elenina di 6, la prima cattivella, la seconda
buonissima). La mamma esce di prima mattina per recarsi in casa altrui a far servizi e guadagnarsi la vita per sè e le sue
bimbe. Torna a sera tarda alla soffitta. Lascia anche, alla Edvige, calze da fare, e a tutte e due per cibo un po' di pane e
dell'olio in cui intingerlo. Appena uscita la mamma, Edvige getta calza e ferri e si mette a far dispetti alla piccola
Elenina che raccoglie ferri e calzette, e si mette a lavorare come può. Edvige mangia anche parte del pane della piccola.
Quest'ultima si aquieta la fame col poco che rimane e le briciole le dà agli uccellini che vengono a picchiettare i loro
beccucci ai vetri dell'abbaino. C'è una imagine della Madonna pinta sul muro. Elenina raccoglie in cortile un alberello
(beviroeu) di vetro, vi mette del suo olio in cui dovrebbe intingere il pane, forma, con filaccie, una specie di lucignolo,
ed accende un lumino dinanzi la Madonna e prega fervorosamente la Madre Celeste. Tornando a casa la mamma,
Elenina nulla dice dei male trattamenti della sorella, e delle sue lividure incolpa la sbadataggine propria e le cadute.
Edvige, mostra intanto alla mamma, come lavoro suo, quello della sorella e ne ha tutte le carezze. Ma la piccola prega
sempre. E la Madonna viene a vederla in sogno, e la conforta e la carezza. Un giorno Edvige in uno de' suoi malumori
batte fortemente Elenina, ma oh meraviglia! il colpo colpisce lei stessa, lei sola. Ritenta. Nuovo colpo, nuova lividura.
Tornata a casa la mamma, Edvige accusa Elenina. Un altro giorno, questa distribuisce le briciole del suo pane ad un
nugolo di uccellini, i quali poco dopo ritornano portando in becco, ciascuno, un granello, color giallo dorato, che
depongono nelle mani di Elenina. La mamma lo mostra ad un orefice; è oro del più puro. Edvige racconta alla mamma
che gli uccellini lo portarono ad essa. Distribuite però le sue briciole agli uccellini, questi portarono ad Edvige altrettanti
cacherelli di topo. Edvige finisce per confessare alla mamma la sua cattiveria e a chiedere scusa alla sorella. Gli
uccellini riempiono di chicchi d'oro il solajo. L'agiatezza entra nella famiglia. La Madonna sorride dalla sua imagine. -
9. Nonorino. C'era una volta un bel bimbo, biondo, ricciuto, pieno d'ingegno, che avrebbe potuto essere l'amore di tutti
se non avesse avuto il cattivo vezzo di rispondere sempre sgarbatamente di no in ogni cosa che gli si offrisse o
chiedesse, anche se gradita da lui. Inutilmente, la mamma lo accarezzava per persuaderlo a fare diversamente,
inutilmente il papà lo castigava. No era sempre sulla sua bocca, tantochè, in vece di Franchino com'era il suo nome,
veniva chiamato da tutti Nonorino. Un giorno, dopo di avere risposto un brutto no alla mamma che lo pregava di
rimanere in casa, perchè il tempo minacciava tempesta, scappò in giardino e fuggì attraverso i campi e nei boschi vicini.
Il temporale scoppiò furioso. Lampi, tuoni, saette, fiumi d'aqua, grandine. Nonorino senza mantello, senza cappello,
correndo all'impazzata, cercando dove salvarsi. E fuggi fuggi, si trovò in una parte della foresta dove non era mai stato,
un luogo che dicevano il sasso delle streghe (descrivere i sassi cupelliformi della valletta di Rondineto presso Como).
Scorse la fenditura di una grotta vi si rifugiò. Faceva bujo. Fuori, la pioggia scrosciava, e il truono bombava e di tratto in
tratto il riflesso di un lampo illuminava la grotta. Egli tremava e piangeva. E in fondo alla spelonca, apparve ad un tratto
la figura di una donna vestita di bianco dall'aria buona ma severa che s'avvicina a Nonorino e lo prende per mano
tirandolo con sè. Nonorino vorrebbe dire di no ma la signora bianca lo trae con forza. E va e va lungo le pareti che
sudano freddo si arriva infine ad una altra grande apertura dove sono accolti dal sole e si trovano in un vasto prato in
mezzo del quale sorge un palazzo di marmo. Non aveva mai visto cosa più bella. Entrato nel palazzo colla signora,
questa dice: tu sei quì, perchè hai sempre detto di no a chi ti vuol bene. E quì avrai la tua punizione. La donna bianca lo
conduce per le sale del palazzo e lo fa entrare in una bella sala dove è un pranzo preparato che esala i profumi più
appetitosi. Hai appetito? gli chiede. Nonorino che ne aveva moltissimo, voleva dire di ma la lingua abituata a
rispondere diversamente risponde per una forza insuperabile, no. E allora la signora bianca lo conduce in altra parte ed
egli si muove di forza. E dapertutto le stesse domande, e la identica risposta. Vede un magnifico letto. Hai sonno? Ne ha
volontà immensa. Risponde no. Nel giardino piante che gli offrono le loro frutta più squisite, zampilli che lo tentano
colle aque più pure. Ed egli sempre no. E intanto piangeva piangeva. Ma la fata era buona, voleva correggerlo no
perderlo. Un giorno mostrò uno specchio a Nonorino. Che vi desideri vedere? Rispose: la mamma. E vide infatti la
mamma vestita di nero. È vestita di nero - dice la signora bianca - perchè ti ha perduto. Perdono, mamma, perdono! E la
fata: “chiudi gli occhi”, disse. Li chiuse, ma riapertili subito si trovò nella sua camera, nel suo lettuccio, con la mamma
chinata su di lui a baciarlo. Seppe poi che erano passate solo poche ore dalla sua scappata. Era stato ritrovato nel bosco,
sulla soglia della spelonca. Ma promise e giurò alla mamma, che dopo quanto gli era capitato, non le avrebbe mai più
risposto che sì. - 10. Uomo allegro il ciel l'ajuta. C'era una famiglia, composta di un padre vecchio di 9[0] anni e di 25
figlioli, dai 20 ai 50 anni. Ventiquattro di questi figli oltre il padre erano di carattere sempre arrovesciato e moroso e
pareva che il loro naso aguzzo, volto all'ingiù, minacciasse malanni a tutto il mondo, solo il figliolo minore era ilare e il
suo nasetto volgeva all'insù. La famiglia era perciò sopranominata “dei nasoni”, meno il minore che era chiamato
Allegria. Ma questo ultimo figliolo, roseo di pelle e limpido negli occhi cerulei faceva pietà in mezzo di quella gente
muffa. Bisognava vederlo a tavola. Ogni suo tratto di spirito, ogni suo motto gajo era accolto con un grugnito dal
fratelli. Finalmente il vecchio padre morì e i fratelli si divisero il piccolo peculio. Fatte 25 parti della limitatissima torta,
ne rimase a ciascuno una fetta ben insignificante. Allegria disse subito ai fratelli: tenetevi pure la parte mia; io farò
fortuna girando il mondo: con voi, morirei di malinconia. E si partì portandosi seco soltanto, al collo, il ritrattino della
sua mamma, donna di buon umore come lui ed anima generosa. I fratelli lo lasciarono naturalmente partir volontieri, e
rimasero nella loro musoneria. E va e va dopo tre giorni di cammino, Allegria mangiando a' suoi pasti pane e formaggio
e dissetandosi alle fonti giunse ad un paesello presso il quale si ergeva un castello in rovina. Chiesto dove poteva trovare
alloggio, gli si rispose “il castello” se ne avesse avuto il cuore, essendo fama che fosse abitato dagli spiriti. Ma siccome
Allegria non si era mai domandato che cosa fosse il coraggio salì francamente la strada che menava al castello e vi entrò
facilmente, perchè la porta era giù dai cardini. E perchè la notte non era arrivata, si pose a girare, curiosando, di sala in
sala. Tutto, a cominciare dai muri, in disordine. L'aqua che vi era piovuta da lunghi anni dai tetti e dai soffitti vi aveva
fatte marcire e cadere le tappezzerie: il vento che vi era sempre entrato liberamente, buttati giù i vetri e le imposte: i topi
ed il tarlo, bucati e sfondati i mobili ecc. Allegria scelse la sua stanza da letto dov'era un lettone a colonne di legno. Non
c'erano coperte, caminetto, ma la luna poteva entrare liberamente dalle finestre senza serramenti. Allegria si svegliò
machinalmente e nel lume lunare che entrava senza risparmio scorse come serpeggiare un movimento nei mobili della
ampia stanza. In pari tempo si udì una musica da ballo, in sordina, come proveniente da una spinetta chiusa. Sedette sul
letto e scorse un seggiolone venire nel mezzo e chinarsi dinanzi ad una poltrona che gli viene incontro. Le due sedie si
accoppiano e si mettono a ballare: poi altre due le imitano, e così fanno tutti i mobili della sala. La danza si fa sempre
più vivace e accelerata. Una sola rimane immobile: una vecchia poltrona a braccioli, coperta di seta verde smontata
vicino al suo letto. Sopra il dossale era scolpita in legno una faccetta di nonna che pareva sospirasse e dicesse “chi si
ricorda di me?” Allegria saltò giù dal letto, e, sempre buono e gentile, ne prende un braccio e la invita a ballare. La
faccetta accenna di e le sue labbra si muovono a un grazie. Allegria balla di lena colla vecchia poltrona e le sussurra
gentilezze. Cessa la musica e gli scranni riconducono le seggiole al loro posto. Ma la poltrona verde mormora ad
Allegria, “attendi che ti debbo parlare”. E gli racconta che dugento anni prima in quella casa dimorava una gaja famiglia
di ragazze e giovinotti che amava sovratutto di fare all'amore e di danzare. Uno dopo l'altro morirono tutti e l'anima di
ciascuno entrò nel purgatorio di un mobile. Avevano chiesto al Signore di ballare anche dopo morti. Così, tutte le notti,
salvo la settimana santa, ballano - attenuante al purgatorio. Senonchè la vecchia padrona di casa, la cui anima si rifugia
nella poltrona di seta verde smontato non è mai chiesta a ballare da nessuno. E nessuno dei forastieri che capitano nel
castello ha la cortesia di ricordarsi di lei. Donde la gragnuola di bastonate, invisibili ma pure dolorose, che si
scaraventano sui forastieri e la fama dei cattivi spiriti che abitano il castello. Ma Allegria col suo buon umore e la sua
cortesia ha rotto l'incanto e domani tutte le anime liberate dal purgatorio dei mobili saliranno alle danze celesti. E la
vecchia prigioniera della poltrona verde salirà anche lei, ma prima vuol lasciare un ricordo ad Allegria e gli dice “aprimi
il ventre”. Allegria si rifiuta, si scusa. Ma la sua ballerina insiste ed egli finisce a tagliarle i cuscini e i braccioli imbottiti
trovando in essi un grosso mucchio di monete d'oro. Con queste, Allegria compera il castello e i terreni circostanti e
diventa ricco. Torna a casa: trova i fratelli in miseria e in litigio, li sovviene, li pacifica, si sposa la sua innamorata, ha
molti figlioli e vive con essi gli anni di Matusalemme - 11. La buona bambina di pasta frolla. CF. Con Cinbichetti,
fiaba 1
a
. Quel giorno il Sig. Galbusera, pasticciere all'insegna del croccante reale, premiato p volte, dopo di avere
lungamente meditato dinanzi a un tavolo di marmo, coperto di pastafrolla appena rullata, pensò di creare come il buon
Dio, non un esse, nè nuove stelle,un bastoncino, ma una bambina minuscola. E colla mano maestra cavò infatti dalla
molle pasta la più graziosa pupazzetta che fosse mai uscita da uova e farina, zucchero e sputa. La pupazzetta troneggia
nella vetrina e tutti i bimbi del quartiere le si affollano dinanzi, Nandino il figlio del parucchiere, che possiede 50
centesimi tutti suoi, entra nel negozio del Sig. Galbusera chiedendogli di aquistare il suo capolavoro. Teme che gli si
domandi chissà quale prezzo. Ma non sono che 50 centesimi. È tutto il suo patrimonio, ma Nandino lo sacrifica
volentieri, ed esce trionfante colla pupazzetta incartata in carta bianca e legata con nastrino rosa. A casa, guarda la
bimba tra l'appetito e l'amore. Ma la bimba sembra aprire la boccuccia e, guardandolo con occhio di uva di Corinto,
dirgli: sono appena fatta: lasciami vivere. Ti vorrò tanto bene. - Nandino, nonostante la gola, la lascia vivere. E la
pupazzina, per molto tempo riposta nel suo cassettone, gli parla, gli buoni consigli, tantochè Nandino, da sventatello
e infingardo diventa buono ed attivo. Un giorno però, dopo cinque o sei mesi, aprendo il cassettone, un odore più
sollecitante del solito gli titilla le nari e gli risvegliare la gola. Combatte, ma finisce col cedere alla tentazione,
mangiando antropofagamente il capo della bambina. Grida di questa. Ma Nandino è punito della sua ingratitudine.
S'ammala e va in fine di vita. La pastafrolla rafferma gli aveva fatto indigestione. Senonchè, all'ultimo, gli appare in
sogno la bambina divorata e dice che gli ha perdonato purchè gli prometta di seguire i suoi consigli e di non mangiare
più pasta frolla rafferma. - 12. Il prato degli asini. Cercare di ricordarsela -
5752. Parole per musica. = I° T'amo! alfin del dolce accento - mi fu fatto carità. - Frena, o core, il tuo contento
- sembra amore ed è pietà - Ma, stringendomi al suo petto - Ella, “t'amo” dice ancor - Sia l'inganno benedetto - La
pietade è anch'essa amor = 2° Non te lo dissi mai - nè mai me lo dicesti - ma che t'adoro, sai - e che tu m'ami, io so = Nè
mai te lo dirò - tu lo dirai mai - ma sempre sentirai - quello che io sento, amor = l'anima mia è di un metal sifatto -
che vibra ad un sospiro e dà lamenti - e splende ad un sorriso, come sol.
5753. - 1904-05 - Aumentando il “furore” per gli automobili, cagione di frequenti disgrazie e massacri di chi li
guidava (solitamente della classe ricca) il popolo milanese chiamava gli automobili “i mazzasciori”.
5754. Nei conti della famiglia Borri, una fra le più nobili di Corbetta, andata poi al disotto, ora estinta, si legge
in data 1816 (conto dello speziale) “per dato un clistere alla Signora Contessa”, e in pari data (conto del falegname) “per
aver fatto il coperchio al comodo delle popole Borri”.
5755. Nella notte dall'1 al 2 giugno 1902, dopo che l'orologio del campanile di Corbetta aveva sonato le il
campanile (stato recentemente sopralzato a straordinaria altezza) si sfasciò alla altezza della parte vecchia, cedendo,
sedendo su stesso. Fece come un canocchiale che si ritira dentro sè. Fu un rumore come di cento carri rovesciati, al
quale ne successe un altro quasi eguale, per una parte della chiesa che parimenti si sfasciò. Nessuna disgrazia di persone.
Notte limpida e chiaro di luna (I° quarto). Alla mattina del 2 giunsero i costruttori, architetto Perrone e capomastro
Gadola. Nel momento stesso in cui il campanile cadeva, Perrone a Milano in casa e nel letto suo si svegliò di soprasalto,
mentalmente pensando “cadde il campanile di Corbetta”, poi riaddormentossi, e quando la mattina appresso fu svegliato,
perchè [lacuna] era venuto da Corbetta per annunciargli il fatto, disse a questo prima che parlasse, so che cosa veniste
per dirmi. Caso di telepatia. - L'idea che il campanile stesse per cadere, era pur fissa in me, e coricandomi la sera dell'1,
aspettavo, non so perchè, il fragore della rovina.
5756. In molte località di origine antica, dura la tradizione di tesori nascosti. Anche in Corbetta (Cellae
concannianae e poi Curia picta) un tesoro si troverebbe presso il Pozzo vecchio o pozzo bianco (dove?) e Giuseppe
Mussi, già deputato e senatore, sindaco di Milano, uomo che possedeva molti libri e aveva letto molti frontispizi,
“bottega de pattee”, come lo chiamava il cugino suo Francesco, citava il seguente passo latino, tolto secondo il Mussi
dal cronista Prato: thesaurum apud Puteum blancum seu campanam argenteam, auro repletam. Si noti però che il Prato è
scritto in italiano e non in latino e che non vi si trova cenno neppure lontano di tesoro in Corbetta.
5757. Tale prete diceva sempre a chi lo invitava, sovente, a pranzo, “non s'incomodi troppo. Io mi accontento
di quello che c'è. A me basta il piatto di buona cera!” Allora l'anfitrione fece preparare un piatto con su dipinto a fuoco
un faccione allegro e di buona cera e quando il prete capitò da lui per pranzare, gli pose dinanzi il piatto vuoto
senz'altro, dicendogli “eccovi accontentato, col piatto che più desiderate”.
5758. Agli edifici è prescritto dalla natura de' loro materiali e dalla data della loro iniziale costruzione un limite
di vita come agli uomini. Ed è entro quel limite, che può ben essere prolungato con qualche cura ricostituente fatta a
tempo, ma non scongiurato, che debbono soccombere. A questa più che ad altra cagione è da attribuire la
contemporaneità della morte di parecchi edifici, specialmente campanili, che hanno una data d'origine
approssimativamente eguale, come fu dei campanili di Corbetta e di Venezia, caduti a poca distanza di tempo.
5759. Ingegni precoci. Ettore Perrone di 11 anni (1902), nipote dell'architetto Luigi, figlio di altro uomo
d'ingegno, e di una siciliana, tipo arabo, di temperamento matematico. Dimostra con frasi scientifiche che la testa
cammina più dei piedi, essendo la testa più lontana dal centro della terra che non i piedi. Dice anche non esser vero che
l'occhio del bue, vedendo l'uomo più grande di quello che veramente è, crede l'uomo più grande e ne ha paura, perchè
ammessa la più grande apparenza nell'apparato visivo, vede anche stesso e i suoi simili maggiori di quello che sono,
quindi tutto rimane nella relativa apparenza di grandezza, nè l'uomo diventa più grande del bue, nè questo diminuisce di
grandezza.
5760. Nel maggio 1889, feci un viaggio con Crispi in Germania al seguito del Re. Presi delle note, che smarrii
in parte, non rimanendone che alcuni frammenti a matita. Partiti il 19 maggio, traversando la Svizzera, da Chiasso. In
alcune stazioni, accoglienza cordiale: in altre sospettosa. I gendarmi gravi ma con tenuta poco militare. Chiamati dal
popolino ammazzalucerte - Göschenen. Compagnia d'onore; bella tenuta, ma faccie da guiba. Il comandante nel
momento in cui il Re Umberto passa in rivista la compagnia, dice a voce alta “Je suis commandant corps d'honneur”.
Occhiata terribile del presidente della Confederazione che camminava a fianco del re e dice “je vous infligerai 15 jours
de prison”. Il re, saputo poi che il presidente aveva detto ciò non per burla, gli telegrafa dalla Germania intercedendo in
favore del comandante. - A Basilea, si presenta un generale con due mazzi di fiori. 20 maggio. Si entra in Germania.
Prima e generale impressione di pompa e disciplina. I soldati, allineati, ricordano le file dei soldatini di stagno. I
tedeschi, anche se non militari fanno tutto come se irregimentati ed impiegando tre, quattro volte più muscoli di quanto
occorrerebbe. Marciano lanciando innanzi i piedi come se volessero gettar via le scarpe od i piedi, e battendo
rumorosamente i tacchi. Suonano fragorosamente, selvaggiamente la marcia reale d'Italia come se picchiassero incudini.
La marcia, già tanto brutta, diventa orribile. Nella loro banda esiste ancora il tamtam coi campanelli e lo stridulo piffero
che predomina sugli altri strumenti. Sono sempre i barbari invasori che calano con Attila e Uraja. Del resto, bellissima
gente. La folla, essa pure reggimentata. Saluta i sovrani con tre hoch, poi zitta e immobile. Differenza fra Italia e
Germania. Nella prima, tutti comandano, nella seconda tutti obbediscono…
5761. Tale che aveva l'abitudine della sbornia, diceva, quando ben bevuto passeggiava a sghembo le strade “Ah
gli architetti del giorno fanno tutte storte le strade”.
5762. Fra le bestie più feroci e crudeli, non parebbe che una è… il coniglio. Ne studiai uno, ferocissimo, a
Corbetta. Non lasciava mangiare il suo compagno di gabbia. Questo poverino, mezzo affamato, quando allungava lo
zampino a qualche briciola di cavolo, l'altro lo investiva, gli strappava il cibo e lo faceva fuggire. La vittima con il pelo
lacero, temeva persino lo sguardo del suo persecutore. Finì cogli occhi strappati e il ventre forato ad unghiate. Non c'è
furore che eguagli quello di un pauroso al potere.
5763. Di molte cose pare che non si possa far senza: poi quando si perdono o loro si rinuncia, ci accorgiamo
che si può far senza benissimo anche di esse. E così dovrebbe essere anche per la vita che sembra, a chi la possiede,
indispensabile.
5764. Il socialismo ha finalmente trionfato. Tutti i seggi parlamentari sono occupati da socialisti salvo una
infinitesimale minoranza. L'individualità umana ha cessato di esistere. I Re hanno rinunciato alle loro corone. Si è
proclamato la costituente socialistica e si discutono gli articoli del nuovo Statuto. Stabilita, consacrata l'assoluta e
perfetta eguaglianza tra gli uomini, tutti gli articoli di quello Statuto mirano a combattere il riprodursi di qualsiasi
individualità ed eccezione. Queste sono confiscate a prò della universalità. Appena qualcuno nasca con qualche rara
virtù, questi è sequestrato dal resto dei cittadini, è nutrito a spese dello stato, ma deve dar tutto allo stato. Il genio sarà
obbligato a pensare, a far scoperte pel bene di tutti, non pot farsi un patrimonio a e neppure una famiglia. Le più
belle cittadine generose saranno tenute a concedergli i loro favori, a tempo e luogo e secondo le prescrizioni mediche:
così saranno alimentati igienicamente a spese della comunità, alla quale dovranno tutto… L'eguaglianza sarà sopratutto
basata, non sull'ottimo, ma sul pessimo ecc. - Farne un capitolo pel L.d.B. Il tema che va molto pensato e sviluppato.
5765. Un libro curioso sarebbe quello in cui si raccogliessero le castronerie della gente dotta a cominciare da
quelle di Cesare Cantù, segnalate in molta parte da Bianchi Giovini e da Carlo Cattaneo (vedi sparsim). Cantù
saccheggia come ladro e non come conquistatore da ogni parte. 7 od 8 pagine della Encyclopédie catholique
costituiscono la prefazione della sua Storia Universale, ma gli spropositi sono specialmente del Cantù, benchè poi
scomparissero nella seconda edizione. Dal suo canto, Ignazio Cantù, il fratel degno, è celebre per le sue traduzioni e
riduzioni spropositate. V. p. es. i cavalieri di Portogladio (porteglaive), fece combattere Ezio nei piani della Catalogna,
scrisse che il pittore francese Il Sudore (Le Sueur) era negro ecc. G. B. Carta che tradusse e pubblicò un libro di storia
naturale, in una orazione pronunciata a Milano nel congresso dei dotti, disse ch'egli era solo - solo come un rettile
nella sua chiocciola - Porro, preside della Università di Torino, in un libro da lui scritto pei fanciulli, definiva
l'ippopotamo “cavallo di mare e grosso pesce”, e chiamava il fegato “frittura” - Schiapparelli, geografo, insegnava che la
terra è attraversata da masse di ferro. Don Margotti, giornalista dell'Armonia (gazzetta cattolica), stampava che sul
campo di battaglia era improvvisamente capitato il generale Tagbefehl (ordine del giorno) ecc.
5766. Quando lo scultore Giuseppe Grandi, per guarire il suo leone vivo che teneva in gabbia e serviva da
modello pel suo monumento delle 5 giornate (il leoncino avea fatto una indigestione e soffriva di stitichezza), si decise a
somministrargli un clistere, aspettò il momento in cui gli volgesse il deretano e profittandone gli infilò d'improvviso la
canna dei serviziale, esclamando “Ah tu sei il re delle foreste!? Ciappa”.
5767. Descrizione burlesca del sorger del sole. - Il nero cominciò a diminuire. Poi arrossò, l'infiammazione
aumentava: poi ingiallì. E il giallore diventando più chiaro, ad un tratto si aprì in una macchia rossa di sangue. È un
bubone che scoppia? No, è il sole che sorge.
5768. Franco il passo, il guardo, il cuore.
5769. Non spandere aqua. - Dice il cartel “vietato - è quì spandere aqua” - E il pisciator sorpreso - in flagrante
reato - “aqua non è ma piscia”.
5770. [rasura] In generale la donna, è la genitrice e la perpetua mantenitrice della umanità. Dicono alcuni, che
conserva anche e fomenta la vita intellettuale e che il capo del genio si conflagra spesso nel grembo della donna,
[seguono 13 righe abrase].
5771. Le frutta e i legumi, una volta marci, si gettano nel letamajo: gli uomini, guasti e infraciditi, si mandano
al Senato del Regno.
5772. Nella mia vita, ebbi parecchie volte periodi di esaurimento, e frequentemente momenti di assenze
cerebrali. Frugo nella memoria. A parte la difficoltà grande di impadronirmi dei pensieri, e lo stento dello esprimermi, il
primo lungo periodo di esaurimento lo ebbi a' 17 anni. Per due mesi stetti chiuso nella mia camera quasi senza toccar
cibo. Il pensiero mi girava intorno al cervello, senza, per così dire, entrarci. Per forza mia madre mi salvò, facendomi
viaggiare in Italia. A Venezia nel 1866 ebbi anche uno svenimento in gondola, direi soffersi uno svenimento se invece
non mi fosse parsa cosa dolcissima. Mi rifeci colla cura idroterapica di Andorno. Il secondo lungo periodo di
esaurimento mi ritornò, a 33 anni, nel 1882 dopo la morte di mia madre. I miei spiriti vitali stettero un istante per
evanescere in tenues auras. Il dr. Cardarelli e Durante, mi rimisero in piedi. In quel periodo, l'eccitazione intellettuale
era molta, ma nulla la facoltà esplicativa. Dopo debbo arrivare al 1892 alla mia missione in Colombia, per conoscere
una breve ma forte assenza cerebrale. Una mattina, a Bogotà, a letto, cercavo di dire l'ora che leggevo nell'orologio e ne
dicevo un'altra. E più mi sforzavo, e più mi impacciavo, sinchè vinto mi taqui. Manrique dottore colombiano l'attribuì
ad una transitoria paresi reumatica. La seconda assenza nel 1894 a Comeno, effetto del surmenage intellettuale di
Roma. La terza (con straparlio) al Dosso nel 1905. La quarta nel 1906 in marzo sui campi della Faustina dove mi ero
recato pei miei scavi archeologici. Questa però più forte delle altre. Colazione frettolosa: poi al sole - accoccolato.
Comincia formicolio nelle dita e perdita della sensibilità; poi friggio nel sangue - velo e caligine all'occhio sano - e
straparlio insistente. A casa, mi corico - e mi rimetto a poco a poco - In tutti questi anni, specialmente negli ultimi, il
lavoro cerebrale mi si fa assai più lento. Senza che raggiunga lo stato della allucinazione, della dormiveglia che talora è
così propizio alla generazione delle idee, vivo e penso con una mezza coscienza, sempre colla preoccupazione e
nell'attesa di perderla intera. Il dr. Trazzi attribuisce questi fatti a disturbi di stomaco - il dr. Corneo ad arterio sclerosi
-Vedi nella cart. 1 dell'Epistolario le note col titolo di “salutomania”, di dove si possono cavare dati utili a chiarire
questo tema in ciò che mi riguarda.
5773. (1906) Il mio figlioletto Franco di 13 anni sempre nuove prove del suo vividissimo ingegno. In questi
ultimi tempi, parlandosi di nobiltà mostrò di avere su di essa un concetto ben meschino. E disse: che cosa sono infine
questi titoli di conti, di marchesi ecc.! Sono quelli, che pei nostri contadini di Corbetta sono i sopranomi, come
pioggiatt, mascherpa, còdega, sotterroo ecc. ecc.
5774. Dizione corbettina. Di chi è malato di cosa che non si sa, neppure da lui, si dice “el gha la malatia del
pet-cavra” -
5775. Cletto Arrighi, morì nell'ospedale a pagamento di S. Vittore, il 3 novembre 1906 (Casa di S. Giuseppe) a
ore 17½. Qualche giornale parlò di lui. Negli ultimi tempi era decadutissimo. Carlo Dossi lo soccorse parecchie volte.
Una volta svenne in piazza della Scala. Raccolto e trasportato all'ospedale maggiore e facendosegli coraggio e
incoraggiandolo a non aver paura - rispose che non ne avea mai avuto, che era stato soldato, che avea avuto 5 duelli. Un
cappellone cialtrone lo insultò chiamandolo reduce dalle patrie bottiglie - Qualche giorno prima di morire - desiderò di
avere un giovane che gli leggesse. Trovatogli il giovane, volle gli leggesse la Divina Comedia, e Righetti si entusiasmò.
5776. Iscrizione sulla cantina dei monaci nel Convento di S. Giovanni Laterano in Milano, Inter alios hoc unum
est necessarium - Sulla porta di entrata nel convento di Voltorre: ingrediere onustus non onerosus amicus.
5777. - 22 nov. 1906. Da Vittore Grubicy. Mi mostra un aquarello di T. Cremona, da lui riaquistato dagli eredi
del Sig. Forbes, che l'aveva comperato vivente Tranquillo. L'avrebbe ceduto a certo Della Torre, parente di Giulio Pisa.
È l'aquarello intitolato Le curiose. Mi mostra anche tre quadretti ad olio di piccoli paesaggi di Cremona. Li aquistò, per
mezzo di certo Tettamanti, a Roma, da un signore che li aveva avuti da Tranquillo. Erano prima quattro, un bosco per
cui passa una processione col viatico, un paesaggio con caprette e una contadina,… Aggiunge che quando vede dipinti
di Tranquillo, sente nel suo cuore come un carillon che sonasse. Mi mostra anche in due esemplari due aquarelli del
Silenzio amoroso, I° progetto, in cui è già architettato anche il secondo. Si vede che il quadro era già stato trovato anche
prima della apparizione della famiglia dei modelli, Cagnoli, cioè dell'Esther e del fratello della moglie - Mi mostra poi
un abbozzo di Segantini, che rappresenta il pittore, morto, nudo colla moglie che lo piange. Un altro consimile abbozzo
lo aveva fatto, rappresentante un guerriero morto, colle sue armi appese. La moglie volle che lo dipingesse con capelli
gialli per attenuare la figura del cadavere.
5778. Quando considero il mio proprio io, l'intima coscienza, parmi che questa debba essere eterna, senza
diminuzione: se invece guardo la personalità esterna, la memoria mi ricorda che ho avuto un principio, e quante cause
mi si affacciano di continuo, d'imminente disfacimento!
5779. Carlotta, da bimba, in monastero aveva udito che dopo la comunione ci si sentiva più leggeri, più aerei, e
si sentiva correre un fresco per tutto lo stomaco. E avendo detto ciò alla maestra, questa portò subito la bimba in
refettorio e le fece prendere subito in gran premura una tazza di cioccolata - Lia Marozzi, di 9 anni, confessò di aver
fatto adulterio. Naturalmente il confessore non le credette. Lei credeva che l'aver fatto adulterio era di essersi gettata su
un canapè colle sottane in aria, perchè il catechismo, alla parola “adulterio”, la spiegava dicendo: far cose indecenti.
5780. Leggo un libro di Camillo Flammarion sull'ignoto e i problemi dell'anima, ricchissimo di casi di telepatia,
i quali mi ricordano alcuni capitati ad alcuni miei conoscenti e specialmente alla famiglia del mio amico Catalani V.
5597›. A. Cassandra Musurus, che fu poi moglie di Tomaso Catalani, mentre ancora giovinetta di 14 anni, era a Londra
in casa del padre suo, l'ambasciatore Musurus, una notte, dormendo, verso le due o tre della mattina, vide la madre sua,
bella signora di una cinquantina di anni, distesa su un letto in grande toeletta di ballo, in un gran salone, che la benediva,
e pareva morta in quel momento. E la figliola piangeva disperatamente sì da far svegliare la sorella minore che dormiva
nella stessa stanza e che inutilmente cercò di consolarla. Verso mattina una cameriera battè all'uscio, e le portò la notizia
che nella notte ad un gran ballo che s'era dato a Corte era infatti morta improvvisamente la signora Musurus salendo, a
braccio del granduca di Hess, lo scalone. Musurus pascià le tagliò colla sciabola il busto e fu distesa su un materasso
nell'anticamera (1867) - B. La istessa signora Cassandra Musurus, maritata a Catalani, essendo il marito a Londra, sognò
del fratello che si trovava a Roma e che le annuncdi essersi salvato miracolosamente da una malattia mortale. Si re
la mattina appresso all'ambasciata turca e sentì riconfermata la notizia del fratello. - C. Tomaso Catalani, tornato a
Costantinopoli, dopo la missione che aveva avuta da Crispi a Londra, raccontò una mattina alla moglie di aver visto
nella notte suo padre in sogno, nel lenzuolo funebre, che gli preannunciava la morte e lo avvertiva che nulla gliela
avrebbe risparmiata. Difatti tre giorni dopo morì, pare per angina pectoris. - D. Cassandra Catalani, trovandosi qualche
anno dopo a Palermo presso suo cognato, sognò di suo figlio che la avvertiva d'aver un principio di mal d'occhi, e che
questo lo avrebbe presto tormentato. Il che avvenne.
5781. Uno fra i libri che mi fecero più impressione e che mi consolarono nell'intimo dell'animo, e che mi parve
vero o molto prossimo alla verità, è di Vittorio Girard, stampato a Parigi, (Perrin e C. 35 Grands Augustins). Non ne
conosco la data della pubblicazione. Vorrei, traendolo dalle mie memorie già notate sulla carta e dal cervello,
aggiungervi un commento, che potrebbe essere utilissimo per me [e] per gli altri. Il tema fu anche trattato da certo
Giovanni Francesco Bartolini nel 1780 (Stamperia bonducciana) sotto il titolo “Della rinnovazione de' cieli e della terra
e de' suoi abitatori - libri tre”, ma tutto a citazioni bibliche ecc. V. anche Dean, Vicar of Middleton (1768), Saggio sulla
vita futura degli animali [… ].
5782. Ricordo con mia moglie due casi che si ebbero nella sua vita che hanno attinenza con apparizioni o
sogni. Per mio conto, non ne posso annoverare, almeno sinora, uno solo. Il primo le avvenne in Colombia, nel primo
anno del nostro matrimonio. Era a Bogotà, nella sua stanza da letto, verso mattina. Ci era giunta la notizia della morte di
suo zio Francesco, che l'avea lasciata erede universale. Sentì sollevarsi per tre volte le coperte dal letto come se vi
passasse sotto un soffio freddo, poi le coperte ricadere: nulla vide udì. Giunta poi nel 1893 in Italia e a Milano
(luglio), nella camera da letto dello zio sognò dello zio Francesco. Lo vide sorgere presso la poltrona a capo il letto e
moversi lentamente colla sua andatura stanca. Lo salutò chiedendogli come stesse. Rispose: bene, proprio bene…
Carlotta si sentiva pressata a parlargli. E gli disse, e di me sei contento? - Rispose: sì, sono proprio contento - e si sciolse
e sparì.
5783. Ho 58 anni (e ne avrò 59 al 27 marzo) e sono in un continuo peggioramento. La lenta e quasi nativa
nevrastenia, alternata da esaurimento cerebrale e da larvati colpi apopletici, m'ha condotto alla quasi imbecillità. Tra
poco, forse questione d'anni o di mesi, mi dissiperò, e rida le mie spoglie alla terra, speriamo per una rinnovazione, e
per riprendere la mia vita, sott'altre forme, e completare le precedenti esistenze. Questa volta ero venuto al mondo
chiamato terra” con una buona dote, ma gli avvenimenti non mi furono favorevolissimi, o forse non ebbi sufficiente
virtù di domarli al mio servizio. - Ero nato alle lettere, alle scienze specialmente archeologiche, ma non ebbi il coraggio
di tendere ad un unico scopo l'arco della mia mente. Chi leggerà attentamente queste mie note potrà raccogliere una
messe vasta di pensieri in germe, e profittare di alcuni. - Io cominciai a morire colla morte di alcuni illustri amici e che
io reputo sempre grandissimi. Paolo Gorini, Giuseppe Rovani, Tranquillo Cremona, Giuseppe Grandi… Anche Luigi
Perelli amico mio, morendo (1900), portò con parte dell'anima mia. - Molte grandi, molte belle cose disegnai, molte
abbozzai, nessuna ho compiuta. Prego mia moglie, prego mio figlio e le mie figliole di completarmi. Alla villa chiamata
il Dosso Pisani, è affidata la mia memoria. Vorrei (naturalmente con quei temperamenti economici e di tempo che la
cosa richiede) che la compissero, cominciando dalle epigrafi che sono preparate e si trovano nei cassetti del mio
scrittojo e che vanno scolpite sulle colonne di marmo. I portici dovranno essere anche decorati dal monumento pei tre
artisti - Carlo Dossi - Luigi Perrone e Luigi Conconi, e così dalla lapide a mio nonno, Carlo Pisani Dossi. Sul gran
terrazzo dovrà sorgere il gruppo delle tre arti. Se il mio Franco diventerà, come gli auguro, un buon artista in scultura,
potrà decorarlo colle statue de' più grandi italiani, specialmente scegliendo quelli che oltre di avere merito grandissimo
non furono raccomandati alla posterità da una degna fama in vita, come Gorini, Marzolo, Rovani etc.
5784. Il 16 febbraio 1907 - ore 1,28 della mattina, morì in Bologna nella casa a lui donata dalla Regina
Margherita Giosue Carducci - di un attacco d'influenza, che però avea trovato un corpo già esaurito (fin dal 1884) pel
molto lavoro, per congestioni cerebrali parziali. - Era nato il 27 luglio 1835 -
5785. Non posso prevedere se, prima di morire, avrò potuto compiere la capella gentilizia pe' miei morti nel
cimitero di Corbetta per la quale, a tutt'oggi, ho aquistato l'arca, e ho fatto preparare il disegno dall'architetto Luigi
Perrone, marito di mia nipote Ida Pisani Dossi, ma in ogni caso, raccomando il suo compimento a mia moglie e a' miei
figli. Deve poter raccogliere, oltre le mie spoglie e quelle di mia moglie, le spoglie di mia madre che riposano a Campo
Verano di Roma in tomba perpetua (V. per le carte nella Cart. B. dell'archivio di famiglia, e le spoglie devono essere
richiamate di Roma, avvertendo che mia madre desiderava che fossero cremate) e così le spoglie di mio padre, già in
vaso di cristallo nel crematojo di Milano, quelle di mia cognata moglie di mio fratello Guido, sepelite nel cimitero di
Fornovo, quelle del detto mio fratello in bara di piombo nel cimitero di Ancona (V. cart. D dell'archivio di famiglia). Se
mi avanzasse del tempo, si potrebbe tentare ricerche per i resti di mia nonna (Luigia Milesi Pisani Dossi) sepelita in un
cimitero di Milano (morì in parochia di San Francesco di Paola nel [lacuna]) e di mio nonno (Carlo Pisani Dossi) che
morì a Milano in via Zecca Vecchia n. 6, casa Borsani, nel 1852: così anche i resti di Gelasio Pisani Dossi padre di don
Carlo che dovrebbero trovarsi non so se a Broni o Stradella dove morì e degli altri antichi parenti (Vedi nelle cart.
dell'archivio di famiglia dalla Cart. A).
5786. La morte di G. Carducci mi fa risovvenire quella di Giuseppe Rovani. Carducci si spegne, nella sua
massima gloria, da tutti riconosciuta - con onori, pensioni, applausi. Rovani in perfetta bolletta, sprezzato… E Rovani
non è certo minore di Carducci, anzi, considerando i tempi infelici, è qualche cosa di più. La fede che noi abbiamo nella
giustizia divina, ci conduce quindi a credere che l'avvenire di Rovani non è ancora giudicato e otterrà il suo meritato
guiderdone come già ebbero molti sommi prima di lui, trattati in principio sconoscentemente dalla posterità.
5787. Alle 1½ ant. del 19 febbrajo, morì in Milano, via Circo, Casa Biandrà, la nostra buona amica Maddalena
Campione, già dama di compagnia di mia moglie Carlotta, che tanto contribuì al nostro matrimonio insieme a mia zia
Elisa Marozzi maritata Quinterio, e ci accompagnò in Colombia. Avea 75 anni. Molto sofferse, essendogli stata tagliata
una mano, divorata dal cancro. Temeva una agonia spasmodica, finì invece placidamente. Sarà domani trasportata a
Como e sepelita nel cimitero montano di Lemna.
5788. Fra qualche giorno si celebrerà il 25 anniversario della nascita del giornale settimanale il Guerin
Meschino, da me inaugurato con lettera che servì di programma. Molti amici si riuniscono a festeggiarlo. Nessuno si
ricordò del mio nome. Il Pozza direttore, senza più ricordare, ch'egli non più restituì neppure il disegno di Tranquillo da
me prestatogli sub conditione di restituirmelo: e che si mostrò ingrato verso mio fratello Guido, della cui casa e del cui
ingegno fu amico ladro, e lo abbandonò completamente, quando in miseria, mostra come sia meritevole di tutto il mio
disprezzo.
5789. Parlo con Conconi del motto pel camino della cucina del Dosso che non riuscivo a trovare adatto. Disse:
potresti mettere a similitudine del cave canem, del pavimento a Pompei - “cave gatum!” ricordando le devastazioni dei
gatti in cucina. E io porrò “cave felem!” -
5790. Conconi mi racconta del pittore Bertini, figlio del noto Pompeo, il quale dice “sono uomo robusto perchè
mia madre è di Rhò e mio padre di Busto”. Pieno di debiti e sempre assediato dai creditori egli ha imaginato di
comperarsi una tigre, che gli costerà sempre meno della quantità de' suoi debiti. La chiuderebbe in una stanza con porte
senza maniglie all'interno, e fuori farebbe scrivere cassa. Quando gli si presenteranno creditori, cosa molto frequente,
dopo aver liquidati con grandi riduzioni i loro conti, l'inviterebbe a passare alla cassa. Dentro si troverebbero al tu per tu
colla tigre affamata e non potrebbero scappare, e finirebbero mangiati. Rimarrebbe un mucchietto di soldi, di bottoni,
orologi, dentiere ecc. che si scoperebbero via. Per le indigestioni in cui sarebbe continuamente la tigre, si dovrebbe di
tanto in tanto purgarla. Bertini si creerebbe poi uno stemma - in cui sarebbe un creditore d'oro in campo d'oro. Bertini
quando gli capita qualche nuova idea bizzarra, pianta lì il suo lavoro di pittore, e va da tutti gli amici, uno dopo l'altro, a
contargliela e a riderne insieme.
5791. Nel nuovo quartiere alle Casenove, già Mussi, si potrebbero intitolare parte delle vie coi seguenti nomi. -
Bartolomeo Arese (presidente del senato di Milano) - Bianca Milesi - Elena Milesi (nostre antenate) - Carlo Pisani
Dossi (nostro nonno, patriota cospiratore nel 21 contro il dominio austriaco) - Francesco di Brossano Petrarca (che
sposò la figlia di Petrarca, antenato di mia moglie Carlotta) - Francesco Mussi, uomo beneficente.
5793. (ottobre 1907) In questi giorni ho letto e sto ancora leggendo tre libri di Léon Denys, del quale autore
non sapevo neppure il nome, comperati per desiderio della mia Carlotta, che mi fanno una indicibile buona impressione:
trattano di comunicazioni spiritiche, delle rinnovazioni delle vite. Sono ispirati e vi permea l'anima cristiana, restituita al
progresso, messa a pari del tempo. Consolano e fanno risorgere le forze già latenti per questa vita e l'avvenire. È uno
sguardo al di e la coscienza mi dice che non erra. Nella mattina del 29, ripensando alla rinnovazione della vita, le
affinità della attuale mia personalità con quella delle precedenti vite che avrò già trascorso mi tornano alla memoria.
Non è senso spiritico o di sognante, ma di cosciente. Mi sembra di essere stato prima Jean Paul Richter, poi Montaigne,
poi Sant'Agostino, poi Luciano. Tra l'uno e l'altro trovo una genealogia di simpatia. Credo, spero, che il tempo potrà
scoprire tutti gli altri della catena. Anche il Prof. Quirico Filopanti scoprì, tanti anni fà, una simile genealogia, per
riguardo alle sue incarnazioni, e quando la conobbi mi rammento di aver riso. Prego Dio e gli spiriti che mi circondano
di proteggermi e di illuminarmi. - Raccoglierò e studierò le opere delle anime che m'illudo essere state mie predecessore
nella scala dell'umanità.
5794. (1907) Un giorno mi lamentavo colla mia Carlotta, dicendomi abbandonato apparentemente da Dio. I
miei amici che tanto confortavano la mia esistenza erano pressochè tutti scomparsi. Ero stato tolto immaturamente dalla
carriera degli uffici. Altra volta, la letteratura cui ricorrevo ne' miei sconforti e volentieri mi dava quanto gli altri mi
negavano: ingegno, freschezza d'idee, audacia. Oggi tutto è muto, a cominciare dall'ingegno. Dio, dopo molti anni di
povertà, mi aveva finalmente dato quanto già aveva a Salomone che gli chiedeva “sapienza”, cioè l'oro. Con esso mi
fabbricherei un mondo di opere buone, perchè farei tanti felici, sovvenendo bisognosi, afflitti, infermi. Ma la disdetta mi
segue anche in questo campo. Solo mi resta quel tanto d'ingegno per accorgermi che non ne ho più. Ma Carlotta mi dice
che Dio mostra di volermi ancora bene negandomi il compimento di quest'ultimo desiderio. Quì in terra siamo tutti
venuti per espiazione. Sta bene che io dedicherei la mia fortuna alla carità, ma, a parte che il bisogno sarà sempre
superiore ai mezzi, Dio forse intende che io non sia soddisfatto anche in questa consolazione come fui in altre, dovendo
anch'io pagare la mia quota di debito colla giustizia divina.
INDICE ANALITICO
AVVERTENZA
Se mai queste note, prima o dopo la morte del loro autore, capitassero in mano di qualche letterario
curioso, e il curioso, volendo attingervi ingegno, le scartabellasse, badi:
di cercare il desiderato pensiero ne' suoi diversi sinonimi, p. es. se è un pensiero di quiete, di
cercarlo non solo in quiete, ma in tranquillità, pace e vievia.
di cercarlo anche nel pensiero contrario, p. es. se si tratta di pianto, veda anche in riso,
allegria, e vievia.
di cercarlo sempre a proposizione rovescia. Mi spiego. Se guarda cioè in filosofiche
sottigliezze, e non trova, guardi in sottigliezze filosofiche, che forse troverà.
Contuttociò, se il curioso restasse non soddisfatto nella ricerca, o pur non restandone completamente,
s'incontrasse in sintomi di pensieri più che in pensieri perfetti, s'incontrasse in contradizioni d'idee e di
dicitura, o in mala esposizione, rifletta, lo prego, che le presenti note furono scritte, non per comodo suo,
ma mio.
C. Dossi
Inoltre:
per gli aggettivi felici cercare nell'indice particolare; per le frasi felici, idem; per le etimologie, idem; per
le oss. critiche, idem; per le bizzarie, idem; S. C. significa suo contrario; V. significa vedi; v.v. significa
viceversa; “ ” indica il titolo di opere
1
.
abaco 2944*
Abati 3848
abbigliamenti (V. vesti, abiti, etc.) 2699
abbondanza e penuria (V. penuria) 41, 298,
2879*
abbraccio 1355*
Abbruzzo 5182
Abelardo 31*
Abele 370
abete 867*
abicì 4441
abiti (V. vesti, abbigl.) 2720, 3430, 5149,
5410
- da lavoro 4435
- (influenza degli) 4259
abitudine, -i 1596*, 2976, 3120,3391, 3754,
5289, 5411
- e natura 4185
academia, -e 364*, 1661*, 2078*, 2534, 2754,
3513*, 4240, 5493
- francese 2269
accalappiacani 2364
accattonaggio e accattoni (V. mendicità)
1196, 2571, 2604, 5218
accento, -i 1616, 3539
Accin 5287
a che serve? 5562
Achille 2322, 2401, 5367, 5552
Achillini C. 1056
acido prussico 4600
Acmet 5564
acrobati 915*
Acton G. 5200
Ada (in Les galanteries de la Bible di
Parny) 1911
Adamo 745, 1353*, 1893, 1911 4042b, 4095,
5129, 5170
- e Eva 745
Adda (fiume) 2345, 2538, 4550
Addison 3935
Aden 5182
adolescenza 4649
Adone 1160, 3392
adozione 1605
Adriano 911*, 916*, 1679
Adriatico (mare) 5312
adulatore, -i 1608*, 2613
- del popolo 1098
adulazione (V. arte, artisti) 413*, 1879*,
1943*, 2099*, 2345, 2707, 2754, 3230,
4149*, 4829
- ai principi 1020*
- del volgo 250*
- fra i dotti 670*
- fra i letterati 667, 4282
- officiale 471
adulterio e adulteri 312a, 451, 577, 583*,
797*, 800*, 819*, 1508*, 1835* 3029*,
3404*, 4517, 4590, 4642*
- scientifico 4716
aeronautica 5046*, 5087, 5152
affari 2734
- e salute 1112
affarismo 3528, 4428
- politico 4822
affermazione 2941
affetti 2739
- nuovi e vecchi 3616
- (senza) 3826*
affetto 1841*
- (ignoranza d') 1890
affezione 1180
Africa 3714, 4226, 4491, 5347, 5351, 5372,
5404, 5649, 5680, 5698, 5733
africani 3588
Agamennone 3854
Agatone 3943
Agazzi C. 5741
Agesilao 1371*
aggettivi felici (V. indice particolare, V.
epiteti, metafore agg.) 20*, 219*, 351*,
692*, 724*, 761, 763*, 859*, 1036*,
1310* 1731, 3051*, 3090*, 3305, 3398,
3421, 3920*, 3991,
- stereotipati 169, 231, 372, 2263, 3903,
4869, 4870
- usurpati 5489
Agliati 3878
Agnelli P. 5690
Agnisetta Stramba G. G. 5476, 5602
agonia 1359*, 3663, 5226
agostiniani 5195
1 I. [Questi Indici particolari non si sono ritrovati tra le carte dossiane. Diamo quindi il solo
Indice generale, g minutamente analitico, integrandolo, come risulta dal corsivo,
limitatamente ai nomi propri. L'asterisco (*) contrassegna i rinvii a quelle note azzurre (mere
citazioni) che, come è detto nella Nota al testo, sono state omesse dalla presente edizione.]
agosto (2 d') 2343
agricoltura 1033*, 1035*, 1935b*, 2531,
3298*
Agrippa M. V. 5219, 5750
Agrippina 4085*
“Aida” [V. Verdi G] 4882, 4918
Aigïon (Grecia) 5587
Airoli 2659, 4501
Ajace 903
ajuti nell'arte 3883
Ala (Trentino) 5218
Alamanni (Alemanni) L.605, 2755
alba 877*, 1030*
Albairate (Milano) 5738, 5750
Albanese (famigl.) 5635
Albani (colli) 4383
Albany (Contessa) 3540
alberghi 5460
alberi (V. piante) 3289*
albero della libertà 2842*
Alberti (V. D'Alberti)
Alberti L. B. 2755
Alberto Magno 4314
Albignola 2871
Albrizzi G. (editore) 4089
Alceo 1261
alchimia 2790*
Alcibiade 1111, 1117, 1782, 2707, 5587
Alcina (maga) 2510
alcoolismo per l'arte 5637
Aleardi 45, 193, 1166, 2171, 2259, 3163,
4102
Alessandria (Piemonte) 2867, 5543, 5628
Alessandria (d'Egitto) 4601, 5455
Alessandrini G. 4626
Alessandro (imp. r[usso]) 4779
Alessandro (Magno) 257*, 1800*, 3000*,
3966, 4118, 4181, 4463
Alessandro VI (papa) 3496n, 3850, 3865
Alesside 3930
Alessio (padre) 5750
alfabetismo 3530, 5544
alfabeto 1627*, 2202*, 3943, 5731
Alfieri V. 371, 2083*, 2305, 2757*, 2806,
3199, 3540
Alfonso (duca d'Este) 723
Algarotti 666, 1321*
Algier (Prof.) 3701
Alibeaud 3848
Alippi L. 5195
Allah 2390
allegria e suo cont. 810*
- apparente 605
- forzata 347*
Allievi A. 549, 4336
Allgemeine Zeitung” 4202
alliterazione 173, 1078, 1734*
allucinazione, -i 1489*, 3122*
almanacchi milanesi (v. taccuini) 2869
Almanacco di Gotha 4693
altari 3123*
alterazioni nelle lingue (V. lingue, oss. gram.
etc.) 3936
“Altrieri” 1693, 2207, 2382, 3621, 3899, 3905
Alvigine (personaggio de La cortigiana di
P. Aretino) 655
amante, -i (V. amorosi, aspettazione,
innamorati
etc.) 1863*, 3953
Amaretti 5186
amate (donne) 326*
Amati (prof.) 2534
Amati (sig.) 5374, 5375
ambasciatori 1142*
ambizione 1415*, 3176
- delusa 3472*
ambrosianismo 5386
Ambrosoli (canonico) 3851, 4589
America 1486*, 1992*, 2460, 3774, 3781,
4226, 4378, 4491, 4529, 4909, 5029, 5077,
5369, 5374, 5379, 5591
America del Sud 1788, 5437, 5470
americani del nord 5592
amfibologia 1077, 2291
amica guarita (per l') 1012*
amici (V. servi) 687, 689, 972*, 1104*, 1722*,
1863*, 2346, 2599, 2624, 3059*, 3987*,
4058*, 4166*, 5031
- e nemici 15*, 145*, 441*, 686*, 2948*,
3035*
- falsi 691b, 989*, 5031
- vecchi 5454
amicizia 15*, 249*, 1156*, 1177, 1180, 1184,
1241*, 1304*, 1730, 2736, 3151, 3206*,
3216*, 3560, 3849
- e lett. 4012*, 4054*, 4754, 4819,
5269, 5297
- pub. e dom. 833*
Amico (L') del popolo 4877
“Amico (L') del Re” 5673
ammalati (V. medici, malattia, etc.)
ammirazione mutua dei dotti (V. dotti, etc.)
3322*
ammonizione e offesa (V. castighi, rimproveri,
etc.) 186*
“Amor degli Angioli” [V. Bergonzoli] 2823
amore 50*, 70*, 145*, 228*, 230*, 241, 251,
282*, 290, 307, 313*, 325*, 384*, 474,
561*, 603*, 715, 792*, 831*, 846*, 847*,
970*, 990*, 1012*, 1015*, 1077, 1130,
1148*, 1180, 1207, 1220, 1230*, 1239*,
1257, 1309*, 1312, 1327*, 1343*, 1355*,
1388*, 1404*, 1405*, 1423*, 1454*, 1505,
1516*, 1534*, 1537*, 1610, 1632*, 1634*,
1732, 1739*, 1754, 1760, 1764, 1840*,
1857*, 1880a, 1888*, 1890, 1902, 1912,
2024*, 2028*, 2193*, 2313, 2600*, 2626,
2628, 2632, 2663, 2681, 2727, 2749, 2768,
2792, 2806, 2934, 2965*, 3044*, 3054*,
3068, 3073*, 3083, 3099, 3101*, 3113*,
3115, 3156*, 3159, 3189, 3206*, 3222*,
3272, 3279*, 3365*, 3398, 3412*, 3474*,
3490*, 3628, 3630, 3636, 3642, 3663,
3666, 3667, 3703, 3704, 3719, 3804, 3953,
3955*, 4054*, 4092, 4101*, 4127, 4292,
4322*, 4365*, 4471, 4495*, 4503, 4536b,
4541, 4558*, 4649, 4717, 4724, 4754,
4819, 5269, 5356, 5357, 5358, 5359, 5458,
5477, 5517
- al male 4455*
- alla varietà 1093*
- (annedoti d') (V. ann. erotici) 391, 392
- (astuzie d') 940*
- (bisogno d') 3330*
- bottegaio 2600*, 4196
- carnale 391
- (casi d') 2559
- della vita 5038
- di sè e d'altri 627*
- di sè stesso 1240*
- di vecchio 3597
- e coito 4525
- e disamore 2744
- e religione 655
- (fede in) (V. tradimenti amorosi, etc.) 1017*
- figliale 2586*, 2772, 4098, 4555
- fra connazionali 3148
- fra gli uomini 1848*
- (frasi d') (V. in frasi) 562*, 803*, 3365*
- fuggente 784*
- (generosità in) 3365*
- (illusioni d') 1046*, 1130
- (inganni in) 1015*, 1016*
- (ira in) 955*
- lesbio 3385*, 4538*
- (lettere d') 3619
- (manuale d') 3496, 3596, 4001
- materno 2414*
- matrimoniale (V. matrim.) 3415*
- (medicina d') 468*
- (morte in) 1019*
- nella donna e nell'uomo 744*
- non corrisposto 1352*
- patrio 549, 1200*, 2116*
- (peccati in) 1016*
- (pensieri d') 955*, 3155*, 3184
- per forza 769*
- (promesse in) 3989*
- (segni d') 1146*
- sessuale 3575
- (sintomi d') 691a*
- (storie d') 5447
amorosi (V. amanti, etc.) 2399*
- tradimenti 1739*, 3989*
amoroso timore 1634*
amplificazione rettorica 1720*
Amsterdam 5704
Anacreonte 372, 1261, 5271
anacronismi (V. lett. anacr.) 3818
- filos. 1251
- lett. 3419
- stilistici 4357
- stor. 91, 3951*
anagrammi 3848, 4061*, 5568
anarchia 444*, 1964*, 5102, 5331
Anassagora 4972b
Anastasio imp. 755*
Anchise 2284
Ancona 5785
Andorno 2393, 2564, 5772
- (Valle d') 540, 541, 2260, 2646, 2702
André S. A. (esploratore) 5562
Andreola (tipogr.) 3837
Andromaca 2754
Anelli L. (abate) 3878, 5469, 5573
anello d'Agrippa 5219
anemico 5135
Angioletta (nome di bimba) 5595
angioli 3956*, 4904, 4941, 5304, 5367
annedoti 4420*
- artist.2052*, 2248, 2250, 2823
- comici 496, 714, 1348, 2454, 3040, 3612,
3660, 3691, 3701, 3702, 3709, 3739, 3756,
3788, 3817, 3831, 4023, 4037, 4211, 4248,
4329, 4476, 4706, 4797, 4804, 4944, 4970,
5090, 5111, 5131, 5181, 5196, 5199, 5276,
5281, 5286, 5364, 5365, 5431, 5436, 5437,
5463, 5564, 5600, 5605, 5675, 5684, 5757
- criminali 2013*
- curiosi 3072*
- di confessionale 5580
- di grand'uomini 4231*
- di medicina 3144*, 4943
- erotici 391, 392, 3363*, 3365*, 3368*, 3701,
3702
- lett. 1261, 1536*, 3333*
- monacali 5496
- storici 86*, 88*, 140*, 143*, 154*, 158*,
159*, 207*, 258*, 294, 630, 632, 634,
1371*, 1726b*, 1880, 2032, 2098*, 2314,
2717, 2766, 2798, 2831*, 2839*, 2854*,
2860*, 2898*, 3069, 3301*, 3302*, 3303*,
3310*, 3366*, 3368*, 3385*, 3393*,
3404*, 3415*, 3428*, 3511*, 3765
- vari 105, 209, 389, 1297, 1702, 1735, 1778,
2187, 2236, 2322, 2363, 2403, 2443, 2446,
2454, 2505, 2507, 2550, 2551, 2568, 2572,
2576, 2594, 2606, 2624, 2642, 2659, 2679,
2731, 2742, 3025, 3525, 3574, 3593, 3618,
3637, 3965*, 4009*, 4273, 4279, 4505,
4942
anima 1069, 1565*, 1885, 2415*, 2578,
3294*, 3457*, 4424, 4904
- e corpo (V. oss. psic., cervello, elasticità etc.)
1283*, 1655*, 5002, 5162
- fisica 796*, 841*
- universale 3289*
-e unite 297*
-o 4420*
- umano (falsità dell') (V. perversità) 1740*
anitre 3149
annessione politica 4688
Anniano Falisco 1679
Annibale 1055*, 2345, 5077
anno 3505
- (fin d') 4623
Annuario statistico italiano” 4783, 4897
Annunzio (d') 5669
anonimi 4084*
-e 5117
antenati 3611
Anthologia latina 904, 3063, 3091, 3587,
3809
antichi e moderni 1883*
antichità 5438
antick (the) 1342
Anticristo 3342*, 3346*, 3641
Antigone 3835
Antinoo 911*
antiquari 4060
antitesi (V. oss. crit., etc.) 3776
“Antologia” di Firenze 5391
Antona-Traversi G. 2613
Antonelli P. 5469, 5680, 5700
Antonini imp. 3402*, 3632
Antonino Pio 2985
Antonio (Marc') 2075
Aosta (valle d') 3580
Apelle 4118
Apicio 3287*
“Apocalissi” 500, 1357
Apollo 1105, 1609, 4056*, 4972, 5519
- di Belvedere, 1658, 1777, 2438
Apollodoro 1471
Apolloni (prof.) 570
Apollonio Tianeo 2449
apostati 2101*
appaltatori 3725, 5007
apparenza, -e (V. realtà) 1066a*, 1561*,
1949*, 2656, 2732, 4112*, 4705*, 4756,
4910
- e realtà (V. realtà) 3036*, 3242*, 4910
appetito 1263*
Appiani A. 2870, 3849
applauso (V. lode, plauso) 2045
Apulejo 1679, 2793, 2985, 2986, 2987, 3135,
3138, 4013
aqua 34, 2784, 4055*
- pura 276
- santa 3069
aquaforte 4270
aquavite 4067, 4628
aquila 5310
Aquileia 2867
Arago D. F. 5673
araldica 3598
“Araldica borghese” 4315
aratura 619*
“Araucana” 2118
Arban (M.
me
) 3848
Arbelet P. 5734n
arbitrio e regola 1434*
Arbrissel (Roberto d') 3415*
arcadi 716, 1370
Arcadio (imp.) 765
archeologia 2538, 3419, 4842, 5211, 5213,
5219, 5306, 5307, 5535, 5661
- domestica 1694, 1820, 1901, 2868, 2870,
3095, 3140, 3252, 3391, 3838
- milanese 2596, 2869, 5105, 5149, 5693
- (piccola) 1316*, 4842, 5105
Archidice 3363*
Archimede 2889, 4616
archimimo 4299
architettura 741, 2142, 2512, 4848, 5179,
5326, 5413, 5506
- babilonese, assira, ecc. 5251
- (filos. della) 1995*, 5251
- Medioevale 3375*
archivi 2784, 3129*
Archivio Giuridico” 2533
Archivio stor. lomb.” 5710, 5711
“Archivio Triennale” 4771, 4897, 4899, 5739
Arcisate (Varese) 2396b
Arco de' fabbri [V. Milano] 5693
arcolajo 3720
Arconati Visconti Giuseppe 1897, 3837
Arconati Visconti Gian Martino 4753
Arcore (Milano) 3868
arditezza (V. audacia) 547*
Arremberg (principessa) 4750
Arese (Contessa) 392
Arese B. 5791
aretini 2292
Aretino 238, 643*, 647*, 655, 805*, 807,
812*, 1495, 1497, 1499*, 1530*, 1532,
1548*, 1557, 2801, 3068, 3394, 3510*,
3969, 4604, 4606, 5301
Argegno (Como) 2605, 3825
Argence de Dirac 5023, 5026
argent 308
Argentina 5369, 5701
argento 3401
aria 1097
Arianna 2450
Arienti C. 4216
Arioli 3738, 3856, 3857, 3858
Ariosto 604*, 702, 868, 981, 1007, 1538*,
2257, 2317, 2428, 3853, 3908, 4985, 5637
Ariosto (Ludovico)” 3905, 4985
Aristippo 2505
Aristofane, 1045, 1089, 1091, 1092, 1095,
1098, 1099, 1100, 1101, 1103, 1105,
1107, 1109, 1110, 1111, 1112, 1116,
1117, 1118, 1123, 1126, 1135, 1141, 1261,
2513, 3097, 4443, 5578
Aristotile 1138*, 1580*, 1714, 1745, 2374,
2580*, 2760*, 3321*, 3326*, 4972b, 5736
Arlecchino, -ate 1342, 1736, 2505, 4060
Arlotto (Piovano) 2505
Arluno (Milano) 5738
Armanino (litogr.) 5210
armata italica 4787
armi 2112*, 4610
- da fuoco 3446
- (progresso nelle) 3273*
Armida (nella Gerusalemme Liberata”) 2257
Armonia” (L') 5765
Arnaboldi 5003, 5374
Arnaldo di Villanova 3394
Arnaud 3333*
Arpesani P. 5004, 5588
arredi (descriz. d') (V. mobili) 1182
- vecchi 1820
arricchiti (V. gente nuova, neo-arrivati) 598*
Arrighi Cletto (V. anche Rignetti C.) 60, 1732,
2502, 3857, 3866, 3877, 5469, 5525, 5775
Arrigo VII 2539
arrivo 1841*
“Ars amandi” [V. Ovidio] 5385
arte (V. regole d'arte, tempi presenti per l'Arte)
227*, 233*, 1453*, 1826, 1861*, 1974,
2435, 2603, 2641, 2915, 3048, 3549, 3771,
3883, 4421*, 4433, 4848, 5417, 5418
- adulatoria (V. adulatori) 670*
- ant. e mod. 1956, 1958*, 2225, 5426
- (benefici dell') 2133
- burocratica 5749
- (contemporaneità nell') 2186, 2338
- (convenienza in) 123
- critica (V. critica, oss. crit., etc.) 1621
- (definizione dell') 1745
- di amare 4092, 4149*
- di lusso 2512
- di parlare 1367*
- di scrivere 3564
- e artificio 2894*
- e cuore 3241*
- e industria 2859*, 4917
- e mestiere 4171*
- e natura (V. Natura) 243*, 1289, 1967*,
4066*
- (erudizione in) 493*
- e scienza (V. Scienza) 2657, 3518*
- e storia 3776
- (filos. dell') 2142, 2823
- (forma nell') 2227
- in amore 4092
- (influenza della Chiesa nell') 3343*
- (ingenuità nell') 1968
- italiana 1743, 3106, 4500
- lieta 2511
- (limiti nell') 2823
- (lunghezza o brevità nelle opere d') (V.
prolissità etc., concisione) 3183*
- mediterranea 3504
- (missione dell') 688, 1884
- occidentale 3504
- odierna (1870) 374, 1960, 3907, (1900) 5426
- (op. d') e d'utilità 2133
- orientale 3504
- (perfezionamento nell') 3261, 4848
- per l'arte 2512
- pittorica (V. Crit. Art.) 1443*, 2567, 5741
- plastica (V. Crit. Art.) 1392*, 3517, 4917
- plastica inglese 3343*
- primitiva 4848
- (rapporto fra la politica e l') 2134, 2141
- (realismo in) 5678
- (regola d') (V. in regole) 2244*, 2251*,
2252*, 2253*
- (scopo dell') (V. missione) 2630
- (sentimento e riflessione nell') 1969
- (spontaneità nell') 2272, 4928
- (trattato d') 1624*
- ufficiale 5749
- utile 2512
- (valore commerciale dell') 2641
- (verità storica nell') 1963*
Arti belle e utili 1611
- e mestieri 1251
- (le) 618*
- politiche 400
- (Tre) (V. Tre arti) 3516*
artisti (V. pittori) 688, 1626*, 1777, 2010*,
2438, 2705, 2776, 3241*, 3524, 3755,
3849, 5061, 5062, 5187, 5204, 5417, 5437,
5453
- adulatori 2345
- dotti 1265*
- e scienziati 4170*
- romani 4611, 5226
artistica bellezza 2896*
- composizione 1691
- emozione 1657*
- facilità 1622
- filosofia 1690*
- istruzione 1713*
- necessità 1696, 2303
- puerilità 3524
- ricerca 1712*
- semplicità 1622
-o entusiasmo 2272
Artotrogo (nel Miles Gloriosus di Plauto)
2266
Arturo (Re) 3909
Ascensione 2730
ascetica burlesca 5601
Ascham (Roger) 3311*, 4232*
Ascoli (prof.) 2441, 2534
Asia 2460, 2473, 5372, 5733
Asia Minore 5182
Asinio Pollio 4132*
asinità 2406
asino 1518*, 2390, 3336, 3417*, 5350
Asino Cillenico (V. Bruno G.) 1214, 2406,
2407
Asino d'oro” [V. Apulejo] 2985
Asmodeo (personaggio della Malaca
conquistata”) 4633
Aspasia 3385*
aspettazione fra amanti 777*
Aspetti (V. Milano, Caffè Martini)
assassini 4165*, 5038
- e falsari 3530
assassinio 1302*
- politico 4239
assedio di Parigi 5227
assenzio 3654, 4076*, 5349, 5473
assolutismo 3656
astensione 1477
Asti 5693
astinenze 3389
Astrea” (romanzo di) 4132
astrologia giud. 5047
astronomia 3577, 3602
astuzia 1772*
- e coraggio 2587
- e tiranniche 2108*
ateismo 5026
Atene 1091, 1099, 1111, 1135, 2964*, 4246,
5532, 5547, 5557, 5564, 5570, 5578,
5587, 5591, 5597, 5647
- (Acropoli) 5587
- (Odeon) 5587
- (Partenone) 5587
- (Stadio Olimpio) 5552
- (Teatro di Bacco) 5587
Ateneo [V. “Deipnosofista”] 1254, 1256,
1257, 1258, 1261, 3926, 3930, 3966,
4059, 5145, 5176
ateniesi 257*, 1089, 1091 e seg., 1135, 1168*,
3385*
atomi 3992*
Atti degli Apostoli 117
Attila 5760
attivi 475
attività 2981*
- e ozio 534*
- oziosa 434
- psicol. (V. lavoro intellett.) 3333*
attori 1797*
- patrioti 5555
audacia (V. arditezza, etc.) 547*, 701*
Augusto 750, 2078*, 2087*, 2319, 3382,
3983*, 4118
aurighi milanesi 5618
Aurora (personaggio de La Colonia Felice”,
V. ivi) 3899
Austerlitz 2736
Australia 4690
Austria (Austria-Ungheria) 76, 2330, 2584,
2686, 3848, 4552, 4625, 4713, 4769, 4774,
4798, 4800, 4861, 4876, 4879, 4914,
4920, 4921, 4926, 5184, 5198, 5218, 5236,
5312, 5369, 5397, 5664
- (l'Imperatore d') 3865, 3869, 3879, 4501
austriaci 5382, 5464, 5683, 5714
Austro-russi (1799) 2860*, 2861*, 2862
autobiografia 4261
autocratismo 5478
automobili 5705, 5753
autori (V. scrittori, V. sommi s.) 1975, 2199,
2358, 2511, 3564
- che parlano di sè stessi 2182
- di genio 3348
- e critici 2246*
- e librai 3738
- e personaggi loro 926*
- e publico 3334*
- e scrittori 2052*, 3017*
- magazzinieri d'idee 685
- prolissi e brevi (V. Arte, prolissità, etc.) 890*
- (valore complesso di certi) 3339*
autorità classica 4319
autunno 1034*
avanzati d'idee 678*
avanzi (V. risparmi, V. economie)
avarizia 121*, 553*, 684*, 791*, 1053*,
1067*, 1387*, 1702, 1813*, 2029*, 2359,
3052, 3197, 3281*, 3464*, 3717, 3836,
4043*, 4153*
“Ave Maria” 2526, 3905
Averoff (banchiere greco) 5552
Averroè 4972b
Avezzana G. 2324
avidità mercantile (V. cupidigia, lucromania)
3290*
avvenimenti storici 4237*
avvenire (V. in futuro, passato) 1883*; 2459
- e passato 2914, 4540*
avventurieri 5189
avvocati 646*, 948*, 1512*, 2784, 4058*
Azeglio (d') 2054, 3858, 3867, 5232
Azio (battaglia d') 5219, 5750
Azimonti F. 3848
azione, -i 1333*
- buone 4107*
- buone e cattive 1971
- del pensiero (V. pensiero, cervello etc. V.
contemplazione) 3347
- e contemplazione 524*
- e pensiero (V. vv.) 3683
- umane (V. movente, spinta) 1422*
- - (motivi dell') 3901*
azzardo (giochi d') (V. gioco) 2667, 5421
Azzeccagarbugli (dottor) 4245
Babilonia 5273
Babou de la Bourdaisière 3368*
Baccarini A. 5171
Bac(c)elli G. (dottor), 4877, 4894, 5112, 5208,
5593
bacchettone 2313
Bacchide 3365*
Bacci 5587
Bacco 997, 1111, 1159, 2401, 2450
baciamano 3188
bacio, -i 469*, 693, 784*, 787*, 861*, 935*,
1013*, 1015*, 1472*, 1772*, 1864, 2966*,
2988*, 3007, 3026*, 3044*, 3746, 4009*,
4103*, 4456, 4645*, 4830, 5366
- e botte 5480
baco da seta 1923*, 2806, 3005*, 3766, 5274
Bacone 1398*, 2426, 2532, 3049, 3142*,
3325*, 3326*, 3518*, 3867, 4308*, 4733
Baffo G. 3394
Bagatti-Valsecchi 2190
bagni 2718, 3379*
- penali 2030*, 2031*, 2032*, 2033*
Bajocchi 5219
Bakounine 5077
Balcani 5609
Baldo 143*
Baleari (isole) 3286*
Balestrieri D. 4089
balia 2804
balocchi 4408*
Balsamo (Milano) 2868, 2871, 4957
Balsamo-Crivelli 2574, 4683
Baltimora 5743
Baltramina (Personaggio del teatro di C. M.
Maggi) 1492
Baltramm (maschera) 2347
Balzac 1220, 3211, 3638
Bambaja 3828
bambini (V. bimbi, fanciulli, etc.) 10*, 28*,
68, 412*, 502, 622*, 1013*, 1065*, 1461*,
1788, 5410
- e parenti 203
Banca Nazionale 4786
banche 2521, 4039
banderuole da campanile 1316*
bandiera tricolore 2848*, 4627
banditore 3135
Bangkock 5287
Banziger (dott.) 5737
bara 3500
Barasso (Varese) 4712
Barataria (isola del Don Chisciotte”) 2397,
5402
Baratta 5665
barba 961, 3336, 3439*
Barbagallo L. [V. Crispi Barbagallo L.]
barbari 2784, 2892*
barbarie 132*
Barbera G. (editore) 95, 2181
Barberini 5050
Barbey 1737
“Barbiere di Siviglia” [V. Rossini G.] 4297
Barbolani R.U. 5332
barca 1324
Bardelli (Prof.) 2386, 2441
bardus 5346
Baretti 210, 2502, 2754, 2755, 3511*, 3512*
Baretti (Il) 2498
Bargagli S. 2751
Bargaglia (scultore) 4917
Bargnani G. (conte) 4626
Bargoni 4784, 5183
Bari (campagna di) 5550
bari eleganti 3478*
Barili (V. Barrili)
Barilis (console) 2330
Barinetti (prof.) 2533, 2675
Barlassina (Milano) 2320, 2866
barocca (epoca) 1901
barocchisti latini 707
barocco (V. in esagerazione, secentisti, gusto
cattivo etc.) 1557, 3954*
Barrelle G. 5331
Bar[r]ili A.G. 2502
Barros 4325
Barry 3394
Barsanti P. 2324, 5375
Bartolini G.F. 5781
Barzaghi F. (scultore) 4917n, 5006
Basevi 3705
Basile E. (arch.) 5265
Basilea 5760
Bassa (alla) (V. campagna) 1698, 5657
Bassini A. (negoz.) 4626
bastardo 1545*, 4096*
Bastiat 1785, 2455, 2475, 4067, 4264, 4612,
4994, 5245
Bastida (la) de' Dossi (località) 2868
Bastien J. F. (edit.) 2749
Bastiglia 1880a
bastonatura legale 2030*, 2031*, 2032*
Batacchi D. 3394
Bathiany C. (conte) 666
Bàtrakoi” di Aristofane 1110
battaglia (V. combattimenti, guerra etc.) 105,
3446, 4726, 4952
- del Cenisio 2837*
Battaglia 5525
battiture ai figli (V. busse, castighi, educazione
etc.) 1094*
Bauci e Filemone 980*
Baudelaire 4648
Baudry (editore) 3318, 4053, 4095, 4208
bavero 2015*
Baviera 1994, 2826
- (Arciduchessa di) 2189, 2394
- (Luigi di) 3765
Bazzer (El) 2561
Bazzero A. 3621
Bazzoni (cav.) 2330
Bazzoni (patriota) 4552
Bazzoni Giunio 1471, 1472*, 1473, 2869,
3848, 4861
Bazzoni Rosa 1471
beatitudine 5585
Beatrice Estense 5622
Beauharnais 2189, 2394, 2871
Beaumont e Fletcher 4012*
beccai 5038
Beccaria C. 451, 1648, 2285, 2465, 2823,
3360, 3512*, 3849, 3859, 3947, 4348
Beccaria d'Arena 5164, 5340, 5423
- A. 5164, 5340
- F. 5164, 5340
- M. 2871, 5164n, 5340n
beccheria 2730
becchini 2664
Bedaecker (guida) 5587
Bedorci (prof.) 110
beduini 1998
beefsteack 4203
Beer G. 3864
Beethoven 387, 3276, 3859
Befana 4930
Belgiojoso (principe) 64
Belgiojoso Cristina 3637, 5631
BelgioJoso Emilio 4920, 5631
Belgiojoso Pompeo 2546
Belgirate (Como) 5160, 5183
Bellarmino 3945*, 4027*
Bellati F. 2340, 2869
Belleau R. 5561
bellezza 729*, 1027*, 1081b, 1178, 1305*,
1350, 1388*, 1462*, 1688, 2026*, 2768,
2828, 3155*, 3453*, 4724
- divina 1721*
- e bruttezza 2691
- - - morale e fisica 2605
- e ingegno 935*, 1027*
- francese 3177*
Bellezza (gioielliere) 2607
Bellezza P. 5690
bellezze (tre) 3605
Belli G. 203, 3423, 4202, 4436, 4556*, 4558*,
4559*, 4666, 5315, 5455
bellimbusti (V. belmondo) 309*, 527*, 528*
Bellini L. (medico letterato) 1673, 4837
Bellini V. 2825, 3782, 3891, 4550
Bellini Ranieri 4600
Bel(l)inzaghi 3814, 3877
Belliston (Lady) (nel Tom Jones di Fielding)
1374
bello 1277*, 1711*, 1722*
- artistico 1139, 1287*
- assoluto e rel. 1139, 1575*
- (definizione del) 1575*
- (effetti del) 1952*
belmondo (V. bellimbusti, delicati, debauchés,
buona società) 2355*, 2389, 2516, 2544,
2556, 2573, 2592, 2623, 2629, 2681, 2805,
3178, 3192, 3455*, 3473*, 3477*, 3478*,
3479*, 3489*, 3700, 4064*, 5128, 5173
Beltrami L. 5686
belve marine 3294*
Belzebù 3352*, 4861
Bembo 2752, 2756, 3511*
bene (V. male) 1742*, 1990*, 5018, 5066
- del male 15*, 399*, 408*, 409*, 414*, 420*,
443*, 454*, 492, 517*, 519*, 537, 585*,
611*, 621*, 628*,
854*, 880*, 907*, 908*, 991*, 1803*, 2133,
2440*, 2677, 2714, 2759, 3674, 3716,
3733*, 3764, 3923, 4062, 4138*, 4143*,
4144*, 4159*, 4251*, 4265, 4389*
- e male (V. male, V. conoscenza, etc.) 1457*,
2910*, 3182*, 4391*, 4393*, 4686
- generale 1421*
Benedetto XIV 5315
benefattori publici 616*, 3091
beneficare 5581
beneficenza 2466, 4427, 5066
- publica 357, 596, 2177, 3139, 3498, 3576,
3812, 5246
benefici 2102*, 5330
- semplici 2708
beneficio 70*, 1129, 2729, 4287*, 4984, 5066
benevolenza 145*, 241, 5038
- universale 2474
beni della vita 70*
Benserade I. 2505
Bentham 4169*
Bentivegna 5200
Bentley (doctor) 3948*
Benvenuto (fra) 4089
beoni (V. bevitori, ebbrezza, ubbriachi etc.)
2662
Béranger 930, 2317, 2386, 3666, 3864, 4928,
5637
Berchet G. 5573
bere (del) (V. beoni etc.) 2711*, 4646*
Berengario de Bizano 5584
Bergamo 2821, 3848, 3853n, 4787
Berghem N. 3961
Bergonzoli G. (scultore) 2823
Berkeley 3327*
berlina 3420
Berlinghitt (Cecca di) 2804
Berlino 1321*, 4967, 5259, 5285, 5402, 5515,
5609
Berna (cantone di) 2871
Bernardo Comense (padre) 2866
Bernardoni (edit.) 3865
Bernasconi 5369
Berneri G. (Meo Patacca) 4202
Berni 1495,1629, 1630*, 2491
Bernoni D. 3670
Beroso 4008*
Berra (Sig.
ra
) 3740
Berra C. 3740
Bersabea 2642
Bersani 5573
Bersezio V. 1474, 2167
Bertani A. 2737, 3703, 4462, 4825, 5182,
5183, 5384, 5386
Bertini G. 3859, 3892, 4757, 4844
Bertini N. 5528
Bertini P. 5790
Bertolotti D. 2868
Bertone 3868
Bertrand (notaio) 2550
Besana (Milano) 3726
Besate (Milano) 5738
Besozzi 3892
Besozzo (Varese) 4712
bestemmia (V. imprecazione, esecrazione,
maledizioni etc.) 2780, 4256
bestie 46, 47, 109, 219*, 397*, 400, 1431,
1569*, 2517, 2635, 2663, 2730, 2735,
2738, 2779, 3033, 3191, 3226*, 3351*,
3357*, 3501, 3656, 3727, 3763, 3813,
4141*, 4426, 4461*, 4835, 5108, 5118,
5229, 5233, 5310, 5484, 5646
- e uomo 1642*
- (protezione contro il maltrattamento delle)
4835
- (sagacità delle) 3302*
- (voci delle) 3105
bevitori (V. beoni, ebbrezza, ubbriachi etc.)
98*, 99*, 174*, 830*, 1163, 2811, 3332*,
3610, 3925*, 3966
bevute dotte (V. inganni etc.) 4248
Beyle H. (V. Stendhal)
Biadoni (poeta estemp.) 3858
Biagio da Viggiù (nel G. M. Visconti di C.
Porta e T. Grossi) 4632
Biancardi G. (rag.) 2867, 2868, 2872, 4200,
5163, 5500
Bianchi (mercante genovese) 4844
Bianchini 5331
Bianchi Mosè 2867, 3877, 4500, 4844, 5741
Bianchi Giovini 4922, 5765
Biasca (Canton Ticino) 5369
biasimo (V. lode etc.) 1887*, 3217*, 3462*
- e lode 2893*
Biava Samuele 4727
Bibbia 745, 5692
bibbia della balia 2804, 3496
Bibli (nelle Metamorfosi di Ovidio) 982
bibliofili 1680, 2445, 3463*, 4760
bibliografia 1934, 5273
bibliomani 3950*
biblioteche ant. 4020, 5273
- publ. 4123*, 4760
Bicchierai (consigl.) 1791
bicchieri 4124*
bidello 2788
Biffi 5525
Biffi G. 3680, 3780
biglietti di banca 4786
- pasquali 2351
Bignami B. 1757
Bignami C. (S.
ra
) 5543b
Bignami E. (capo sez. minist.) 4960, 5013,
5080
Bignami G. P. (Monsignore) 3698, 3711,
3714, 4218, 5013, 5080, 5354, 5533, 5600,
5686
Bignami-Rebora Selene 5213
bigotteria 2898*, 5496
bigotti 2666, 3280*, 3739
Bigottoni” (I) 3905
Billia (avv.) 1478
bimbi (V. espressioni, idee; V. bambini,
fanciulli, infanzia etc.) 966*, 1852*,
1954*, 2365, 2451, 2527, 2528, 2541,
2553, 2564, 2572, 2601, 2602, 2605, 2672,
2680, 2688, 2702, 2713, 2770, 2943,
3244*, 3360, 3431, 3604, 3653, 3806,
3810, 3826*, 4019, 4211, 4406*, 4407,
4411*, 4435, 4454, 4684, 5274, 5514,
5579, 5595, 5606, 5619
- di vecchi 5367
- (letteratura pei) 3434
Binda (legatori) 2313
biografia 1440*
bionde e nere 3625
Biondelli 2240, 3116, 3117, 5585
Biot 4090
Biraga (matta) 3179
birbe (V. bricconi, cattivi, perversità umana
etc.) 2024*
birichinate 2557
birichini 117, 3644
- milanesi 3840, 3890
birra 5367
birri 2583
Bisbino (monte) 5598
biseffe (a) 2874
Bisi Ernesta 5641
Bismarck E. 5402
Bismarck O. 5158, 5285, 5402, 5469, 5508
bisogno 536
- e soddisfazione 365*, 1418*, 1970*
bisticci (V. enigmi, calembourgs, indovinelli,
freddure, frizzo etc.; V. pol. bisticci) 86*,
1077, 1078, 1092, 1107, 1383*, 1734*,
2166, 2190, 2212, 2291, 2433, 2505, 2761,
2788, 2928, 3403*
- class. 168a*
bisticciai 55
Bixio (avv.) 2867
Bixio 3875, 4550, 4617, 5195, 5287, 5345
“Bizzarie” (L[ibro] d[elle]) (V. Libro delle
Bizzarie) 68, 83, 115, 122, 126, 132*,
136*, 149*, 154
a
*, 154b*, 155b*, 156*,
159*, 165, 185*, 204, 215*, 216*, 235* al
240*, 243*, 245*, 246*, 253*, 263*, 264*,
266*, 267, 271, 298, 318b, 321*, 339,
353*, 357, 360*, 361*, 365*, 369, 370,
380*, 394*, 396*, 397*, 399*, 434, 443*,
444*, 454*, 455*, 467*, 470*, 495, 507,
510*, 517*, 518*, 524*, 536, 537, 538,
610*, 617*, 620*, 627*, 628*, 631, 654*,
662, 664*, 672*, 690, 745, 752*, 768*,
770*, 822, 853*, 1058*, 1059*, 1162*,
1290*, 1809, 1864, 1904, 1947*, 2057,
2058, 2160, 2370, 2374, 2432, 2457, 2504,
2521, 2670, 2721*, 2736, 2792, 3024*,
3063, 3315, 3320*, 3321*, 3322*, 3325*,
3326*, 3328*, 3331*, 3335*, 3340*, 3345,
3346*, 3347, 3348, 3352*, 3353*, 3360,
3400, 3417*, 3454*, 3458*, 3496, 3498,
3523, 3534, 3550, 3553, 3561, 3582,
3589*, 3591*, 3596, 3606, 3623, 3626,
3627 (traccia dell'opera), 3631b, 3632,
3634, 3635, 3636, 3639, 3641, 3643, 3645,
3647, 3652, 3656, 3660, 3662, 3663, 3664,
3665, 3666, 3668, 3671, 3674, 3677,
3681, 3682, 3692, 3695, 3697, 3705,
3707, 3711, 3716, 3718, 3719, 3721,
3741, 3764, 3769, 3770, 3771, 3772,
3774, 3775, 3777, 3778, 3785, 3790, 3794,
3818, 3823, 3888, 3892, 3899, 3904,
3911*, 3915, 3917, 3922, 3923, 3934,
3950*, 3959*, 3977, 3981, 3992*, 3999,
4000*, 4004, 4007, 4011*, 4032, 4036,
4037, 4062, 4090, 4093, 4110*, 4115,
4126, 4163*, 4165*, 4169*, 4174*, 4182,
4203, 4225, 4228, 4229, 4238, 4242, 4257,
4258, 4259, 4267*, 4277, 4296*, 4314,
4344, 4360*, 4361, 4367*, 4381, 4419,
4422*, 4423, 4427, 4452*, 4459, 4460,
4461*, 4463, 4478*, 4479*, 4480*, 4484,
4485*, 4491, 4504, 4560, 4561, 4564*,
4598, 4673, 4675, 4690, 4697, 4698, 4733,
4736, 4744, 4745, 4747*, 4764, 4803,
4830, 4837, 4838, 4855 (pref.), 4904,
4909, 4918, 4953, 4970, 4972b, 4982,
5001, 5002, 5011, 5014, 5022, 5023, 5028,
5029, 5076, 5099, 5110, 51I5, 5116, 5167,
5170, 5222, 5352, 5433, 5434, 5439, 5507,
5519, 5523, 5531, 5562, 5643, 5644, 5673,
5715, 5736, 5745, 5748, 5764
bizzarie d'artisti 535, 2705, 3815, 3892, 3893,
5061, 5062
Bizzoni (edit.) 4065
Bizzoni A. 2449
Blevio (Como) 5534
blocco 5247
Blondel E. 4801
bocca 2994*
Boccaccio 388, 806*, 1618*, 2761, 2826,
2877, 2937*, 3969
Boccardo G. 1595, 2349
Bodino (Bodin J.) 3400, 5249
Bodio L. 5009, 5205, 5321, 5339, 5378
Boëtie (de la) 113*, 3652
Boezio 3031
Boggio P. C. 2575
Bognetti G. P. 4179
Bogotà 5482, 5653, 5772, 5782
Boileau (Despréaux) 1911, 2506, 3011, 3910*
Boito A. 3859, 3877
boja (V. carnefice) 1290*, 1345, 1559*, 3181,
4298
Bojani 4901
Bojardo 3913
Bokara 1702
Bolena Anna 4235*
bolidi 5688
Bollettino del Club Alpino Ital.” 4773
Bollettino della Soc. Geog. Ital.” 4773
bolli figulini 5562
bollo di garanzia 494
Bologna 2867, 4249, 4531, 4602, 4626, 5030,
5784
Boltazz 5587
Bolza (conte) 4552
Bombay 5244
bombe 5545
Bombola (V. “Martiri popolari”) 2561
Bonalumi 5254
Bonaparte L. 3848, 5310
Bonaparte N. (V. Napoleone)
Bona Speranza (capo di) 2570
Bondi C. 1901
Bonghi (prof.) 2498, 2611, 3819, 3867, 3877,
4217, 4270, 4770, 4781, 4825, 4924,
5137, 5171, 5237
bonifiche 5038
Boniotti (edit.) 3865
Bono (dott.) 3877
Bonsenso A. 4775
bontà 94, 1175*, 1178, 1184, 1438, 1465*,
1601*, 1854*, 2775, 2953, 3093*, 3207*,
3330*, 3444, 4184
- (anned. di) 1971
- divina 4251*
- domestica 3125
- innata e aquisita 1470
- vera 1029, 3575
Borboni 2270
Bordaloue (V. Bourdaloue)
bordello 4602
Bordighera 4829
Bordoni A. 3849
Bordoni P. 3848
Borea 164
Borghese 5050, 5306
borghesia 3591*
Borghi 3753
Borgo Val Sugana (Trentino) 5218
Borgogna 4245
Börne 2509
Borri 5754
Borromee (isole) 4113
Borromeo F. 1671
Borroni e Scotti (edit.) 3865
borsa e coscienza 757*
Borsani Carlotta [moglie di C. A. Pisani-
Dossi] 5339, 5420, 5474, 5475, 5477,
5491, 5645, 5658, 5683, 5718, 5737,
5779, 5782, 5787, 5791, 5793, 5794
Borso d'Este (duca) 5314
Borzino 3738
bosco (V. foresta) 3431
- sacro 774*
Bosco (cascina del) 2348
Boselli G. 4626
bosinata, -e 3406, 3423, 3537, 4303
Bosisio (mattoide) 5476
Bosisio (Sig.
a
) 2364
Bossi (pittor) 1467*
Botta C. 2014, 2264, 2374, 2838
botte-risposte (V. risposte) 314*, 1169*,
1555*, 2588*, 3130*
- teatrali 1308*
- tragiche 236*
Botter (prof.) 4249
Bottero 3859, 5546
bottiglie 3477*
bottino bellico (V. guerra) 766*, 2693, 2838
Bottom (nel Sogno di una notte di mezza
estate di Shakespeare) 1312
Boucheron L. 318a, 2363
Boulag (Egitto) 5211
Boulogne-sur-Mer 5310
Bourdaloue 3594
Bovio G. 4825
Bozza L. (mattoide) 4617
bozzetti militari 3652
- vari 4719, 5332, 5333
Brambilla (Sig.
r
) 47
Brambilla (tipografo) 3865
Branchisi F. 5225
Branduardi G. (V. Righetti G.)
Brasile 2338, 3071
Brega 4438
Bregazzana (Varese) 5533
Brenno (capo dei Galli) 2356
Brenno (Varese) 2396b, 5090
Brentano (barone) 2190
Brescia 5232, 5395
Bretagna 5692
Breton do los Herreros M. 5653
brevità della vita (V. vita) 956*
- e prolissità lett. (V. prolissità, concisione lett.
etc.) 905*, 945*, 4488*
Briccialdi G. 3857
bricconerie dentro e fuori la legge 1977
- grandi e piccole 1059*
bricconi (V. birbe, perversità etc.) 542, 1001*,
3725, 4560
Brichieri Colombi S. (avv.) 4836
Bridget (negli Sketches di C. Lamb) 1009
Brighella e Arlecchino 1699, 4060
Brignole-Sale 5164
Brignone F. 4550
Brigola A. (edit.) 4606
Brillat-Savarin A. 4843
Brin B. 5593
brindisi 222*, 439*, 997*, 1300, 4656*
- inglese 2711*
Brioschi (prof.) 549, 573, 2534, 5639
Brofferio 3394, 4900
Broni (Pavia) 5785
Brossano Petrarca (Francesco di) 5791
Brumoy P. 1135, 1141
Brunacci V. 3849
Brunate (Como) 5688
Bruno Giordano 1214, 1570, 1581*, 2381,
2405, 2406, 2409*, 2412*, 2413*, 2416,
2580*, 3497, 3657, 3674, 3790, 4512,
4539*, 4543
Brusati U. 5728
Bruscambille 3435
Brusuglio (Milano) 247, 3867n, 3868, 3979,
5023
brutisti 3307*
Bruto 154a*, 294*, 2319, 4696
bruttezza (V. in bellezza) 2605, 4724
Buc(c)ellati (prof.) 592, 1914, 2373, 2441,
2533, 3734
Buchen (Germania) 5402
BuckIe E. 2075, 2904, 3774
bue (giornata del) 5400
- (occhio del) 5759
bue Api 3304*
Bueil (du) 3368*
Buganda 5347
bugia, -e (V. menzogne, verità etc.) 1918,
1936*, 3626, 5017
- e verità 1148*
- (mezza) 3388
- romane 4077, 4080, 4088*, 4122, 4136*
bugiardi 3138, 3714, 4598
- e sballoni (V. sballoni) 1148*
bujo 3215*
bulgari 3395*
Bulgaria 5182
Bulgarini B. 2751
bumerang 4610
buon cuore 1322*
buonamano 1351
buone azioni 2571
buongusto 4433*, 5100
buoni (V. a[nche] in malvagi) 4686, 5044*,
5052
buonsenso 568*, 579, 2617, 3790, 4433
buon volere 1014*
Buratti P. 3559
burattini (V. marionette) 4814
Burger F. F. (barone) 3869, 3870
Buridan 2295, 3417*, 5350
burla reciproca 4247
-e 4706
- dotte (V. canzonature etc.) 4531
burocrazia 2330, 2332, 2360, 4386, 4571,
4578, 4579, 4666, 4669, 4679, 4681, 4704,
4720, 4751, 4792, 4840, 4846, 4853, 4914,
5107, 5122, 5332, 5455
- napoletana 4832
burrini 5346
Burton 5367
busecca 824
busse (V. battiture, castighi etc.) 3544
bussola 5046*
Busto Arsizio 5790
Byron 2491, 3869, 4361, 5473
cabala (gabola) del lotto 5338
cabotaggio 4743*
Cacaud (gen.) 5363
caccia 2572, 2730, 4963
Caccia 4897
Caccia 5479
cacciatori 3424*, 3790, 4598, 4963, 5038
cacio parmigiano 5489
cadaveri pietrificati 4744
Cà dei Dossi” 2868
Cadenabbia 5404
Cadore (Trentino) 5327, 5567
Caduta (La) di Milano” 3905
caffè 5473
“Caffè” 3510*, 3512*
Cafù 5596
Cagnola F. 5267
Cagnola L. (arch.) 3849
Cagnoli Elisa 3680
Cagnoli Ester 2749, 3680, 5777
Cagnoni A. 3859
Caino 370
Cairati 2439
Cairo (Egitto) 5189, 5455
Cairoli Benedetto 2324, 4609, 4612, 4619,
4626, 4730, 4788, 4825, 4831, 4838,
4914, 5160, 5183, 5191, 5285, 5375, 5401
Cairoli Ernesto 5210
Cairoli Bono A 5210, 5375, 5627
Cajenna 5489
Calabria 5200, 5244, 5328
Calabrie (gran strada delle) 4832, 4838
calabroni 3286*
Calatafimi 5200
Caldana (Varese) 4712
Calderara (ballerina) 5485
calembourgs (V. frizzo, freddure, indovinelli,
bisticci, enigmi etc.) 110, 903, 1077, 2166,
2392, 3336, 3538, 3607, 3638, 3640, 3783,
3844, 4341, 4535*, 4537, 4641*, 4644*,
4653*, 4801
- classici 168a*, 260*, 775*, 939*, 1010*,
2987, 3053*, 3403*, 3930, 3964*
calice 4124
Caligola 5353
calli 4706
Callia 3943
Callicrate 2660
calligrafia 4179
Callot 1269, 1271, 1272, 1279, 1280*, 1281*,
2066*, 3014, 4221
calma 3258
- e moto dello spirito 489*
calunnia (V. maldicenza) 1459*, 2961*,
3208*, 3456*, 5068*
calunniatori 2609
Calvi F. 5734
Calvi M. 3846
Calvi P. 4626
Calvi S. 3846
calvizie 2994*, 3336, 3651
Calzini 3872
Calzolari 3877
calzoni 5079
camaraderie 5031
camarilla 330*
Cambleta 1263*
camera rappresentativa (V. deput., Parlamento
etc.) 3310*
Camerini 387, 3010, 5700
Cameroni 3878, 4877
Camilla (nell'Eneide di Virgilio) 2257
camino 3149, 3844
Camoens 992, 2401, 2402, 3579, 5637
camorra 2035*, 5406
campagna (in) (V. contadini, villani, fittabili,
Bassa etc.) 550, 1698, 1984*, 2516, 2706,
2809, 3256, 3526, 3535, 3617, 3675, 3699,
3711, 4195, 4209, 4712, 5445
Campagna romana 4815, 4889
campana 586*
Campanella 3518*, 3544, 5038, 5039, 5041,
5042, 5043, 5047*, 5050, 5249
Camper 1268
Campione (lago di Lugano) 4425
Campione M. 5787
Campionesi (maestri) 4425
Canaletto 3849
canarini 5406
Candia (Grecia) 5587
cani (V. bestie) 47, 109, 354*, 398*, 538,
1412, 2364, 2517, 2636, 3149, 3284, 3645,
3656, 3727, 4081*, 4089, 4213, 4436,
4859, 4925, 4990, 5108, 5118, 5276, 5350,
5387, 5429, 5484
Canidia oraziana, 1249, 3380*
Canini M. A. 4626
canizie 1460*
Canova 211*
Cantani (dott.) 2614
cantanti 3792
Cantiburo 1263*
Canton Ticino 4688, 5157, 5158, 5159, 5369
Cantoni 864, 2441, 3583, 4771, 4897
Cantù Cesare 486, 573, 1806, 2950, 3496n,
3540, 3640, 3650, 3666, 3798, 3859,
3867, 4217, 4458, 4462, 4552, 4663*,
4707, 4861, 4862, 4922, 5137, 5377, 5469,
5629, 5765
Cantù I. 3745, 4589, 4876, 5629, 5765
canzonature dotte (V. dotte imposture,
minchionature etc.) 2570, 3583, 4531
canzoni popolari 3973*
caos 976*
capacità 1380
Capaneo 868
capelli 1460*, 3439*, 4593
- (caduta dei) 3283*, 3735
Capitan Fracassa” 3642n, 5335
capitoli nei libri 910
capo d'anno 2343, 5289
Copodimonte (Napoli) 4960
Capodistria 5184
Capolago (Canton Ticino) 3837, 3853, 3865,
3869, 4774
cappuccini 5276, 5557
capriccio feminile 504*
Capriccio” (Il) 3878, 5390
capriola 1339
Capriolo (Brescia) 5747
Capurro 2240, 3758, 3943
Caracci 2298
Caragiorgiovich P. 5733
Carate Brianza 5693
carattere, -i 1619*
- forti e deboli (V. nature) 3546, 3802
- (grandi) 2802
- morale e grafico 3687, 4301
- nazionale 1994
- nobili 1865, 1866
- umani (V. macchiette, nature, “R.U.” etc.)
1375, 1553*, 2546, 2547, 2548, 2549,
2550, 2577, 2625, 2666, 2674, 2682, 2769,
3714, 3717, 3723, 3792, 3847, 4179, 4215,
4225, 4933, 4965, 4997
- (varietà di) 3560
caratteri di stampa grossi e minuti 5021
caratteristici (tratti) 3754
Caravaggio (Santuario di) 3865
Carbone 4617, 5483
Carboni (comm.) 5254, 5341
Carcano Giulio 1361, 2274, 2363, 3859, 3867,
4217, 4260, 4707, 4775, 5257, 5439, 5468
Cardano Gerolamo 959, 1317, 2955, 2956,
3248*, 3647, 3666
Cardarelli (dottor) 5772
cardinali 2643
Carducci Giosuè 306, 1134, 1252, 1430, 1640,
1676, 2755, 2756, 3163, 4648, 4776, 4825,
4881, 5127, 5473, 5677, 5701, 5784, 5786
Carena (conte) 48
Cariati (segr.
o
di legazione) 5587
caricatura, -e 2700, 5086, 5111
caricaturisti 5452
Carino da Marsiglia (medico rom.) 750
carità (V. elemosina) 221, 1419*, 1774,
1922*, 4160*,4462, 4746
- boriosa 1814*
- cristiana 2474, 5735
- e pietà 3551
- falsa 1524*, 3477*, 4746
- legale 5245
- postuma 4358*
- privata mil. 4221
- universale 3542
Carlo Alberto [V. in Savoia] 4627, 4899
Carlo Felice [V. in Savoia]
Carlomagno 1636*, 3407, 5030
Carlo III (duca di Parma) 3848
Carlo VI 1726b*
Carlo VIII 1074
Carminati 5334
Carmine 341, 3859, 3870, 3878
Carnago (Varese) 4712
carnalismo 3529
carnefici (V. boja) 2583
carnevale (V. veglione, maschere) 287, 1145,
2347, 2449, 2902*, 3408*, 3503*, 4659*
Carnevaletto dei morti 2340, 2341
Carnevalone (comitato del) 318a
carni in frittura 4137*
Caro A. 2181, 2801
Caronte 3654
Carota” (La) 5676
Carotti 5479
Carouge 2871, 4200
Carpi Leonardo 5502
Carpi Leone 5502
carrettiere 3678*
carta 3294*, 3634
- e cenci 3634
- moneta 32, 4743*
- scritta 2358
Carta G. B. 5765
Cartasegna P. (don) 5276
carte da gioco (V. gioco etc.) 1531*, 3772
- geografiche 2206
Cartesio (V. Descartes) 795*
casa 567, 1563*, 2777, 3165, 4376*
- e società 3192
- e strada 1098
Casanova 1983
Casanova (comm.) 4609
Casati C. 5469
Casati Gabrio 2652, 5396
cascami dei libri del Dossi (V frammenti)
3169, 3189, 3496
cascata 873*
case 5007
- operaje 2537
Caseo 5374
casi comici 1348
- d'amore 4127, 5091
- delicati 496, 3729, 4600, 4716, 4813
“- di coscienza” 3496
- di coscienza 4813, 5156
- legali 5156
-o storico 4237*
Casino dei Nobili 27
Casnedi 5741
Casorati (prof.) 2386
Cassano d'Adda 5738
Cassiani 3776
Cassiodoro 5618
castagne 2780
Castagnola (Canton Ticino) 4749, 5106, 5639
Casteggio (Pavia) 5423
Castelar 5600
Castelcicala (duca di) 5200
Castelfranco (prof.) 3819
Castelleone (Cremona) 5635
Castelli (cav.) 2330
Castelli P. (avv.) 3886
Castelnuovo (Trento) 5218
Castelvetro 2753
castigare (del) 1175*
castighi dei bimbi (V. punizioni, busse etc.)
502
- nei collegi 3807
Castiglia (altopiano di) 1974
Castiglia B. (dep.) 4617
Castiglioni (casa) 3848
Castiglioni O. 3849
Castillia (notaio) 3842
castità 52*, 1763, 2736, 3171*, 3405*, 3415*,
3638, 3804, 4533*, 4852
- della donna 3484*
- falsa 2617
casualità 4175*
Catalani A. (cantante) 3848
Catalani A. (musicista) 3782
Catalani T. (diplomatico) 5452, 5577, 5780
Catalani Musurus C. 5597, 5780
Catalogna (Spagna) 5765
Catania 2825
Catone 217*, 410*, 612*, 944*, 2073, 2374,
4465*, 5353
Cattaneo (prof. al Liceo Parini di Milano)
2498
Cattaneo (prof. a Pavia) 2675
Cattaneo (Sig.
r
) 4706
Cattaneo C. 3869, 4462, 4589, 4688, 4727,
4731, 4732*, 4733, 4734, 4735*, 4741*,
4742, 4749, 4753, 4771, 4791, 4801, 4802,
4862, 4899, 4926, 5101, 5106, 5132, 5157,
5171, 5382, 5386, 5449, 5457, 5490, 5499,
5548, 5629, 5639, 5641, 5765
Cattaneo Torriani C. 2439
cattedra 153, 3452*
cattiverie (V. crudeltà, perversità, scellerati
etc.)
- gratuite 2616, 2635, 3442*, 3795
cattivo, -i 2945*, 3811, 4932
cattolici (V. chiesa) 2475
cattolicismo 2836*, 4719
Catullo 301, 303, 304, 305, 306, 310, 428,
1007, 1008, 1028, 2524, 2542, 4662
Cauno (nelle Metamorf.” di Ovidio) 982
causa 1403, 3901*
cause ed effetti 452*, 1437, 1442*, 2536
- minime 2004
Cause Pie 596
causidici 275, 952
Cavagna (conte) 3583
Cavaleri M. 3877
cavalieri 2363
- serventi 3095
cavallanti 3839
cavalleria 3667
- amorosa 3415*
- medioevale 3369*
cavallerizzo 2681
Cavallotti F. 2449, 3627n, 4935, 5218
cave à liqueurs 5348
caviale 3287*
cavicchio 3778
cavilli 5451
Cavour 572, 2396b, 2823, 4494, 4626, 4728,
4769, 4900, 4911, 5270, 5460, 5484,
5639, 5728
Cavullo V. 4588
cazzo (V. generazione, pene) 1530*, 3392,
4813, 5430
- e fica 3055*
Cecca di Berlinghitt [V. Martiri popolari]
2804
Cecco (nella Sposa Francesca del Lemene)
1683
Cecilio Metello 5360
cecità 5719
cedrino (legno) 3296*
Cefisia (Grecia) 5563, 5587, 5647
celebrità 1348
- (parasiti delle) (V. parasiti) 3540
Celentano B. 5056, 5059
celerità 5412
- e lentezza 3794
celibato 583*, 1635*, 2891*
Celio Magno 716
Cellini B. 4793
Celso 3544
cenci 4093
- e carta (V. carta)
censimento 5119
censo 2155
censori 1870, 5310
censura letteraria 3511*, 4061*, 4661, 5313
centoni letterari 363*
Centra P. (cameriere pontificio) 5515
centri grandi 4822
cera (piatto di buona) 5757
Cerale (gen.) 3657
Cerbero 2636
Cerboni 5254, 5342
Cerera (padre) 2342
Ceresa (cav.) 5543b
cerimoniale 202
cerimonie 445*
ceriola (festa della) 1232*, 1791
Cerioli (abate) 3555
Cermenate (falegname) 1700
Cernobbio (lago di Como) 5182, 5485, 5686
Cernuschi E. 5054
Ceroni R. 4899
Cerrito F. 3848
Cerruti Q. 2622
Cervantes 661, 1269, 1374, 1377, 1515, 2397,
2398*, 2399*, 2400, 2420, 3949*, 4244,
4828, 5402
cervellato 5561
cervello (V. oss. psic., anima, genio, intelletto
etc.) 68, 126, 156*, 1228*, 1447, 1891,
2370, 2977*, 3312*, 3707, 3778, 4621,
4736, 4764, 5074
- (collezioni di) 3664
-(decadimento del) 2044, 5074
- del Dossi 5772
- e cranio 4223
- eterno e temporaneo 2058
- (lavoro del) 4808
- (miglioramento del) 3360, 4736, 4764
- (sezione del mio) 3673, 4764
- (unità e universalità del) 1825*, 1866
- (universale 2126*, 2713, 2957*, 3326*, 4733
Cervesina (località) 2868
Cervi 5587
Cesalpino 3326*
Cesare 160*, 320, 527*, 1020*, 1047*, 1885a,
1933a, 2074, 2077*, 2097*, 2447, 2505,
3382, 3421, 3880, 3983*, 4010, 4205,
4386, 4463, 5179
Cesare Augusto 2448, 2505, 2875, 2990
Cesari (padre) 2752
Cesari (ritratti dei) 5353
cesso (V. merda, latrina, stronzi) 1216*, 1819,
2725, 2795, 2803, 3677, 4639, 5748
cesta 3928
Charbonneau 2330
Chartres (colonello) 1275*
Chasles F. 238, 1532
Chaucer G. 4442
Cheopide (la) 3363*
Cherubina (capraja) 3699
Cherubini F. 1924, 2235, 2240, 2340, 2347,
2672, 2792, 2794, 2809, 2814, 3838
chiacchiera (V. ciarla, loquela etc.) 72*
chiappe 1341, 4442
Chiappe del Curato (Le) (località) 2868
Chiappini F. 4202
Chiari (ab[ate]) 5257
Chiarissimi (Sig.
r
) 3825
Chiasso (Canton Ticino) 3537, 3780, 3869,
5760
chiavatori 5196
chierico, -i 3277, 4213, 4530
Chiesa (dott.) 3849
Chiesa (V. frati, preti, papa etc.) 318b, 1598*,
4298, 4858
- (dottori della) 2015*, 2092*, 3426*, 3590*,
3951*
- e arte 3343*
- e stato 2331
- (funzioni di) 3712, 3756
- papale 3770
- romana 1234*
chiese 1016*
Chigi (dep.) 4619
Chigi (principe) 675
China 4167, 4571, 4675
chirurgia 5324
Choisy (abate) 4663*
Cialdini Enrico (gen.) 2575, 5085, 5334, 5335
Cianchettini T. L. 2615, 4617
Ciani (barone) 2556, 3898, 5424
Ciani-Camperio (Sig.
ra
) 2573
ciarla (V. chiacchiera, loquela etc.) 919*,
2885*
ciarlataneria dei dotti (V. imposture dotte etc.)
1218*, 2580*, 4573
- medica 4072*, 4075*
ciarlatani 5286, 5502
ciarloni 1546*
cibi 525*, 3149, 3287*, 3299*, 3461*, 5274,
5457
- antichi 824
cibo 2801, 2945*, 3359*, 3677, 5415
- vegetale 2880*
Cicardi (dottor) 5737
Cicca Barlicca 2561
Ciceri (dottor) 3848
Cicerone 633, 636, 977, 1212, 1213, 1703*,
1725, 1932, 1933a, 2077*, 2149, 2319,
2349, 2374, 2505, 2540, 3186*, 3316*,
3356, 3398, 3866, 3871, 3885, 4060, 4842,
5667
ciciarà (mil) 5667
cicisbei (V. cavalieri serventi etc.) 815
Cicladi (isole) 3823
Cid Hamed Benengeli 1515, 2397
ciechi 5116
cielo e inferno 2287*
- e terra 1849*
- (unità del) 5043
ciliegie 2298
cilindro (cappello a) 430
Ciman 5157
cimici 5513
“Cimento” 4770
Cimino 5267
Cincinnato 909*
cinese (industria) 3190*
cinici 523*
Cinira (nelle Metamorfosi di Ovidio) 982
Ciniselli 76
cinismo 3363*
- letterario 3371
cinquecentisti 3081*
Cinque giornate 4789
Ciociaria 4701, 4723, 5105
cipolla 3920*
cipresso 867*
Cipri 3942*
cipria (polvere) 737
cipriotte 3363*
circolazione del pensiero 3778
Cisalpina (republica) 2835*
Cislago (Varese) 2361
citazioni 1043, 1562*
- di fondo 545
città 1469*
Cittadini C. 2751
Cittadino” (Il) 4829
Civelli (edit.) 4773, 5183, 5525
Civelli E. 5006
civiltà 2132*, 2134, 2583, 2905*, 3589*,
3682, 3778, 5063
- antica 2919*
- (barbarie della) 5433
- (delitti della) 2000
- odierna 3789
- (storia della) 3821, 5063
claque 170, 2799, 4284
Classi di Milano 2554
classiche oscenità (V. in oscenità, lascivie etc.)
1393
classici 1122*, 2074
- e romantici 4589
classicismo 2509, 3529
Claudiano 761, 765, 772, 862
Claudio (imperatore) 184*, 4118
Clemente XV 2836*
clemenza 2465, 4147*
- di Dio 4251*
Cleone (nei Cavalieri di Aristofane) 1098
Cleopatra 2075, 3301*
clericalismo in Italia 4718
Clerici 4796
Clermont (Luigia di) 3368*
clero odierno 5699
clienti 4058*
clima 2882*, 3742, 4277
clistere 3282
Clitemnestra 3854
Clitunno 4351
Clodio 1047*
Clodio Albino 918*
Clorinda (nella Gerusalemme del Tasso)
2257
clòrosi 889*
Cobianchi L. 4550
Coccanari 5404, 5600
coccarda 5331
Cocchi 737, 4837
cocchieri 5318
cocciutaggine 1114*
cocotte 4822
coda 3286*
- dei cani 3284
Coda della Volpe (località) 2868
Codazzi (prof.) 2498, 3610
codice, -i 2535, 2652, 2653
- di commercio 511
codini 3552, 3606, 4000*
coglioni 4706, 5079
cognacche 5473
cognomi 5551, 5556
coincidenze strane 1821
- di nomi 5551
coito 107, 517*, 1075*, 1081b, 1242, 1888*,
2933, 3372*, 3401, 3426*, 3764, 3946*,
4067, 4525, 4813
Cola di Rienzi 4202
Colbert G. B. 2475
Coleridge S. T. 1406
collegio 1185, 3600, 3807
- Ghislieri e Borromeo [V. anche in Pavia]
2534
- R. delle fanciulle a Milano [V. anche in
Milano] 4219
- di monache 4950, 4954
Cologne [V. Colonia]
Colognò (ammir.) 630
colombari 5270
Colombi (march.) 4693
Colombia 5482, 5645, 5772, 5782, 5787
Colombina 2793, 4060
Colombo Cristoforo [e “Colombo”] 1481*,
1485*, 1486*, 1489*, 3496, 3613, 4126,
5029, 5048*
Colonia (Germania) 3407, 4511
“Colonia Felice” 871, 1245, 1830, 1926, 2750,
3502, 3539, 3568, 3905, 4578, 4682, 4709,
4758, 4763, 5072
colonie italiane 5287, 5470
Colonna (famiglia) 5373
colonna infame 3935
- Trajana 4951
- Vendôme 5033
colori 5116, 5163, 5685
colorito in pittura (V. Crit. art.) 1282*
colpa umana (V. responsabilità etc.) 2515*,
5045
colpe grandi e piccole (V. grande e piccolo
etc.) 2797*
coltura umana 2126*
Columella 3284
comasca (lingua) 1322*
combattimenti (V. battaglie, guerra etc.) 358*,
359*
- della vita 4890
comedia (V. teatro) 1448*, 3097, 5268
- antica 130*
- antica e moderna 1781
- classica 312b
comedianti in miseria 44
Comerio (Varese) 4712
comici 810*
comicità (V. tratti cornici) 1119, 2190, 2429,
2489
Commageni 1931
commenti e commentatori 806*, 3237*, 3948*
commercianti (V. mercanti, avidità mercantile
etc.) 511
commercio (V. mercantile spirito, mercanti,
avidità, cupidigia, codice) 575, 1337*,
1553*, 2362, 2402, 2456, 2471, 2535,
2634, 2664, 2701, 3290*, 3431
commissioni off. 2538
Como (città e lago) 793, 2393, 2556, 2628,
2794, 3699, 3780, 3792, 3869, 3878, 4355,
5182, 5404, 5535, 5551, 5598, 5658, 5702,
5751, 5787
comodità (incomodi della) 4258, 5088, 5095
compagnia (V. solitudine) 249*, 1842*,
2938*, 3193*
- e solitudine 530*, 3066*
compassione (V. pietà) 3244*
compensi 1054*
- o universale (V. equivalenza) 495
compera di publici offici 88*
compiacenze false 5038
compilatori 3443*
componimenti scolastici 1885a, 2689
- latini 2534
completo ingegno 1975
complimenti 2887*, 3348, 4292, 4906, 5731
composizione de' libri 4046*
comprensibilità dei libri 2414*
Comune di Parigi 2455, 5033
comunione 2351
- delle donne 5040*
comunismo 2472, 4857, 4916, 5050, 5245
concezione delle idee (V. in idee, generazione,
creazione, cervello, lett. lentezza etc.)
3682, 4042, 4928
- artistica 3914*, 5442
- letteraria 4046*
- spir. e fisica 3719
conche 4400
concime 5476, 5602
concisione letteraria e artistica (V. brevità,
prolissità etc.) 639*, 3937*
conclusione di racconti 1115*
Conconi L. 1271, 3627n, 3892, 4842, 4857,
4859, 4985, 5000, 5220, 5370, 5426, 5542,
5604, 5678, 5686, 5741, 5742, 5783,
5789, 5790
concordia di opinioni 3677
concupiscenza 2997*
condanne inani 1049*, 1050*
Conelli 5160
Confalonieri C. (conte) 3837
Confalonieri Cesare 1702, 2316, 3649, 3782,
3783, 3859, 3863, 3864, 3872, 3875,
3876, 3877, 3878, 3891, 3980, 4893, 5686
Confalonieri G. (moglie del preced.) 1702,
3788, 3863, 3876
Conferenza di Berlino 5259
confessionale (in) 3701
confessione 2351
confessore 5717
confidenza 3215*
confine (passaggio del) 2677
confini 455*
confisca 5038
- della Chiesa 2838
Conforti R. 4550
conforto 4489*
confraternite d'arti 5248
confronto 2982*
confusione [d']idee 204, 1080*
Congo 5209
congressi scientifici 4770
congresso di Verona 5266
Congrève G. 1270
conigli 5762
conoscenza del bene e del male 3102
conquistatori 4598
conservatori 2076*
conservazione dei cadaveri 843
consigli dei vecchi 3096*
- filosofici 337
- nell'ira 416*
- nel lutto 416*
Consiglio di ministri 5593
- di Stato 4630
consolato 2313
consolazione 1022*, 1475*, 3990*, 4714,
5055
contadini (V. campagna, villani, villici etc.)
2706, 2809, 3256, 3617, 3675, 3711, 3712
- lombardi 1984*
contemplazione e azione (V. in azione, e in
pensiero) 524*
contemporaneità nell'Arte 4357
contenzioso diplom. 5607
Contes des fées 5161
contrabasso 5546
contrabbandieri 2317, 2917*, 5108
Contraddizione” (La) 5352
contraddizioni di caratteri 1737
- gramaticali 2803, 2827
- morali 4635*
- politiche 3708, 5024
- (spirito di) 3779
- umane 44, 148*, 192*, 403*, 512, 629,
1441*, 1445*, 1542*, 1559*, 1617, 1959*,
2013*, 2032*, 2098*, 2107*, 2162, 2501,
2730, 2851*, 3136, 3307*, 3317, 3582,
3777, 4016*, 4110*, 5352, 5440, 5586
contrari (i) 517*
contrasti 1803*
- (legge de') 3411
contrattempisti 2350, 4008*
contraveleno 4086*
controvolontà 5379
Conturbia 2547
convenienza 1344*, 1367*
- in arte 1279, 1281*
- nelle cose 4174*
conventi (V. frati, monaci, monache, monasteri
etc. - V. voti monastici) 2092*, 2191,
3067*, 3389, 3748
convenzionalismi um[ani] 1530*, 2845
- letterari 1076*
- nelle idee 4163*
convenzioni fittizie 5404
conversare 804*
conversazione 1718, 1773*, 2629, 4105*,
5173
-i fittizie 5404
conversazionisti 3331*, 4572*, 5125
- e letterati 637
coordinazione [d']idee 271
Copenaghen 5122
Copernico 2338
Coperto de' Figini [V. in Milano] 5378
copromania 3805, 5746
Coquillart 3406
coraggio 2587
- e paura 1301
- falso 1424*
Corano (libro sacro) 4989, 5278
Corano (località) 2868
Corbellini V. 3788, 3877
Corbetta 318a
Corbetta (Milano) 5164, 5480, 5558, 5646,
5692, 5730, 5737, 5738, 5745, 5754, 5762,
5773, 5774, 5785
- (abbazia di S. Vittore) 5750
- (campanile di) 5755, 5758
- (parlata di) 5580, 5623, 5655, 5672, 5713
- (tesoro di) 5756
Cordini M. 3845
Corelia (Spagna) 5334
Corfù 4588
coriandoli 4659*
Corinto (Grecia) 5587
Corio 4772
corna 1569*
Cornalia 5211
Corneille 637, 4180
Corneno (Como) 5491, 5641, 5772
Corneo (dottor) 5738, 5772
Corniani (cav.) 2363
cornice 5028
Cornienti C. 5006
coro nel dramma 2276
corona 767*
corpo (V. anche in anima) 246*, 1075*, 1885,
4420*
- e anima 1928*, 2004, 5162
corporalità 1394
corregge, flati etc. 2728, 3729
Correnti A. (figlia di C. Correnti) 4778, 5193
Correnti C. 571, 2476, 3496n, 4297, 4317,
4458, 4494, 4550, 4551, 4552, 4553, 4554,
4562, 4611, 4731, 4748, 4749, 4760, 4769,
4770, 4771-4784, 4787, 4793, 4825, 4861,
4896-4899, 4901, 4908, 4911, 4913, 4936,
4939, 4958, 4959, 4966, 5083, 5093,
5106, 5132, 5137, 5171, 5193, 5194, 5197,
5200, 5211, 5221, 5226, 5227, 5398,
5399, 5469, 5588, 5663, 5700
correzione 3162
- impossibile 1910
- lett. 4028*
correzioni nei libri del D. 4543
Corriere delle Dame (Il) 2868
Corriere di Milano (Il) 3877
Corrieri S. 4588
corruttela 1127
corruttibilità 1604
corruzione popolare e legale 2037*
Corsia de' Servi [V. in Milano] 4462, 5499,
5548
corso delle cose 74*
corte 653*
- e ospedale 4143*
corte d'Assisie 1993*
- pontificia 2815
Corte Cl. 5201
Cortenova (battaglia di) 5584
cortesia ed etichetta 4693
Corti A. (oste) 5702
Corti L. 5332
cortigiano 1508*, 2805, 5456
corvo, -i 3302*, 4979
Cosalari G. 3841
coscienza (V. anche in borsa) 726*, 822,
1225*, 1311*, 1425*, 1482*, 2211*, 2525,
2786*, 3507, 4239, 4451*, 4996, 5014,
5038
- artistica 3553
- (buona) 1886, 2971*
- e mondo 3348
- innata 2947*
- morale 3553, 4996
- nei grandi (V. in genio) 1070*, 1085, 1095,
1859, 2648, 4345*, 4354*
- politica 4239
cose da scriversi 2213*
Cosentini G. 3841n
Cossa (questore) 3873
Cossa P. 2167, 3859, 3880, 4295, 4917
Cossogno 5476
Costa G. 5331
Costa L. 3613
Costamagna A. 5081
Costantino 2091*, 2473, 3428*
Costantinopoli 2554, 3722, 4842, 4914, 5182,
5577, 5780
“Costantinopoli” [V. anche in De Amicis]
4041
costituzionale (sistema) (V. ipocrisie pol., oss.
pol., sist. pol. etc.) 2456, 2461, 2563,
2652, 4168*, 4695, 4904, 4982, 5471,
5478, 5507, 5726
- ipocrisia 3785
costoletta 3500
costumi (V. usi e costumi) 18, 303
- romani 4284
Coucy 3368*, 3415*
Courier P. L. 5686
Cousin Victor 2295, 2460, 2463, 2473, 2496,
3774
Cova 5605, 5675, 5740, 5743
cranio 4651*
cranioscopia 5353
Crate 2991*
creatori (V. imitatori etc.) 1483*
creazione di Dio 386*
-i della fantasia (V. concezione, invenzione,
generazione intell. etc.) 380*
credito pubblico 2108*
creditori (V. debitori) 3972*
credulità 321*, 582*
cremasca (lingua) 1318*
cremazione 4676, 5384
Cremona (città) 5601, 5691, 5710
Cremona Ada (figlia di T. Cremona) 4817,
4985, 5700
Cremona Carlotta (moglie di T. Cremona)
4844, 4985
Cremona Luigi (prof. di matem., fratello di T.
Cremona) 2386, 2534, 5058, 5265
Cremona Tranquillo 342, 373, 498, 535, 1956,
2710, 2823, 2867, 3555, 3627n, 3738,
3815, 3832, 3851, 3859, 3862, 3877, 3892,
3961, 4475, 4500, 4757, 4794, 4817, 4844,
4956, 4970, 4985, 5000, 5006, 5008, 5013,
5055, 5056, 5057, 5058, 5059, 5060, 5061,
5062, 5080, 5086, 5264, 5271, 5376, 5469,
5632, 5700, 5777, 5783, 5788
crepuscolo 2207
“Crepuscolo” 4770, 4776, 5629
Crescenzago (Milano) 3891
Crespi G. (editore) 3865
Cressoni A. 3792, 5231
cretini 3580
- e geni 3146
cretinismo 5015
Crimea 2091*
- (guerra di) 4769, 4899
criminali nati 5570
- (questioni) 1985
criminalità delle dinastie sovrane 5733
criptografia 4585
- goriniana 5573
crisi sociale 2108*
Crispi F. 3672n, 4825, 4838, 4895, 4907,
5132, 5171, 5200, 5201, 5221, 5328, 5329,
5332, 5333, 5345, 5401, 5402, 5412, 5469,
5515, 5577, 5610, 5645, 5680, 5694, 5700,
5760, 5780
Crispi Barbagallo L. (moglie di F. Crispi)
5610
Crispi-Genova I. (avv.) 4626
cristalli 3006
Cristianesimo 1482*, 2156, 2844*, 2908*,
3402*
cristiani 2475
Cristo (V. in Gesù) 162, 1160, 1199, 1355*,
2348, 2474, 3125, 3136, 3392, 3906,
3945, 4063, 4213, 4216, 4218, 4617, 5361,
5426
critica (V. arte critica, lett., oss. crit. etc.)
1623, 1861*, 2245*, 2246*, 2247*, 2523,
3042*, 3201, 3253, 3506, 3515*
- dei pedanti 1071
- e critici 2824, 4319
- (frasi di) 3466
- odierna 1620*, 3529
- (pensieri di) 3422
- (regole di) 2242*, 2243
- storica 1894*, 2903*
critica artistica (V. in vero e maniera, V. in
colorito, plastica, scoltura, arte, statuaria,
Tre arti, pittura etc.) 66, 123, 227*, 238,
1271, 1272, 1277*, 1279, 1281*, 1287*,
1573*, 1611, 1651*, 1658, 1687, 1689,
1690*, 1691, 1777, 1899, 2224*, 2248,
2249, 2358, 2567, 2700, 2710, 2823,
3402*, 3524, 3941*, 5028
- e letteraria 2896*
- (frasi di) 374
critica letteraria (V. oss. lett., oss. crit., oss.
crit. lett., Letteratura etc.) 322*, 1436*,
2660, 4519, 4742
- (frasi di) 2762
critica musicale (V. musica etc.) 1132, 3782
critici 212, 1375, 1870, 2242*, 2245*, 2511,
3512*, 3557, 3760, 3948*, 4434
- falsi 3739
- gramaticali 1222
Crivelli I. (conte) 4608, 5270
croati 2557, 2686, 2834*, 3644, 3965*, 3985
Croll (teoria di) 5644
Cronaca” (La) 5629
cronaca cittadina 4674
Cronaca Bizantina” (La) 5701
Cronaca grigia” (La) 4597
Crook[e]s W. 5284
crudeltà (V. perversità, cattiveria etc.) 397*,
1271
- domestica 3813
- scientifica 4980
Crusca 210, 2261, 2761, 3517, 3911*
Ctesio Cnidio 3931
Cucchi F. 2348, 2564, 4844
cucina 265*, 1100, 3287*, 4999, 5234
Cucinotti o Pucinotti 5227
cucitrici 128
Cugia E. 4550
culo 1216*, 2792, 2795, 2803, 3174, 3896,
3924*, 3942*
culoni (i) 2533
Cuneo 2821
cuochi 1256, 2322, 2548, 4459
cuore, -i 472*, 1287*, 4379*, 5357, 5358
- e borsa 4623
- e capo 5420
- e ingegno 256, 385*
- e ragione 2384
- ed arte 3241*
- in lett. 1465*
- umano 2647*, 4555
cupidigia (V. avidità, lucromania etc.) 371,
3646
- de' popoli 2112*
Cupido 2390, 3180
cura repressiva e preventiva 1996*
Curato dei 3 Ronchetti 5600
curiosi 129*, 5135
curiosità 1689, 4176*, 5489
- bibliografiche 633
- gramaticali 2395
- onomastiche 5551
Curtatone (battaglia di) 5486
Curti M. 3863
Curti P. A. 3853, 3877, 4876, 4880, 5069,
5629
Curzio 2826, 3571*
Cusani F. 5739
Custodi P. 3849
Custoza 318a, 2333, 4226, 4550
Cuvier G. 5673
Da Cessole 4006
Dacia 5750
D'Adda C. 4552
- G. (marchese) 3895
Daelli 2510, 4589
Dafne 4056*
D'Alberti 5548
Dall'Argine C. 3857
D'Alliot (console d'Italia) 2363
Dall'Ongaro 3859, 3878, 4770, 4897
Dal Verme L. 5469, 5609
Damatria (donna spartana) 465
Dame milanesi 5318
Damiani (dep.) 4748, 4914, 5312, 5502, 5603,
5694
Damiano Pietro 143*
Danae 3048
Danesi (litogr.) 5086
Danimarca 5122
danni (compenso di) 3351*
D'Annunzio G. (V. Annunzio)
Danoot 4200
Dante (V. “Divina comedia”. Raff. class. etc.)
38, 106, 173, 175, 251, 475, 545, 549, 563,
600, 689, 844, 868, 869, 978, 981, 986,
992, 1066b, 1071, 1073, 1074, 1077, 1078,
1079, 1081b, 1084, 1085, 1191, 1300,
1314, 1324, 1356, 1381, 1675, 1745,
1780, 1858, 1886b, 2071*, 2145, 2171,
2181, 2190, 2210, 2236, 2260, 2278, 2283,
2288*, 2300, 2348, 2369, 2373, 2400,
2428, 2437, 2473, 2520, 2539, 2626, 2648,
2724, 2753, 2824, 2875, 2934, 3031,
3106, 3133, 3270, 3418, 3583, 3760, 3876,
3912*, 3913, 3916, 3923, 3932, 4010,
4030, 4102, 4126, 4361n, 4532, 4655,
4678, 4733, 4873, 4877, 4909, 5045,
5277, 5439, 5637, 5727, 5775
Danubio 4914
danza 4413
Dario (re) 3966
Darwin 4277
D'Aspre K. (gen.) 5375
date storiche utili 3848
David F. 3870
David L. 2345
Davide 1912, 2642
D'Azeglio M. (V. Azeglio)
dazi 2475, 4262
De Albertis 3859, 5061
De Amicis 1474, 1595, 2167, 2348, 2349,
2505, 3627n, 3652n, 3684, 4041, 4580
Dean 5781
De Angeli E. (sen.) 5686
Dea Ragione 5509
debauchés (V. belmondo etc.) 1275*
debito, -i (V. debitori etc.) 3777
- d'onore 3170, 3550
- pubblico 320, 4386
debitori e creditori 1089, 1521*, 1524*, 2532,
4055*, 4893, 5073
debolezze um[ane] 3231
De Boni F. 5183
De Cailly J. 2294
decalogo 2928
De Castro G. 3621
declamazione 669*
-i polit. 816
decorazioni 2591, 5309, 5323, 5428
Decotti (farmacista) 5551
decreti 3422
De Cristoforis M. (don) 4801
dediche 3462*
deformi 197, 2605
De Gallais Gabrielle de St. Germain 2871,
5500
degni di poema 850*
De Gubernatis A. 4772, 5077, 5502
Dei (V. in Dio, divinità, dii etc.; V. in Triballo,
vendetta d[egIi] d[ei]) 1392*, 2684
- antichi 6, 292, 295*
- cristiani 1912- cristiani 1912
- e Dio 2913
- osceni 3001*, 3377*
- pagani 3001*
“Deipnosofista” [V. Ateneo] 1254, 3966, 5176
delatori (V. spie) 5117
De Launay 5259, 5609
Del Bo (cav.) 2363
Del Castillo 4609
D'Elci 1810, 1816, 2530, 3447* e seg-, 3466,
3482, 3855
Delfo 1609
delicatezza morbosa 5368
delicati (V. belmondo etc.) 528*
delinquenti (V. rei, prigioni etc.) 2005, 2008*,
2010*, 2011*, 2901*
- (ingegno nei) 2013*
delirio 5291
delitto, -i 206*, 1402*, 1408, 1429, 1903,
1951*, 1985, 1987*, 1996*, 2002, 2901*,
2925*, 3032*, 3058*, 3718, 4067. 4106*,
4892, 5102
- della civiltà 2000
- e pena 995*, 2967*
- e virtù 443*, 5102
- giganteschi 2910*
- grandi e piccoli (V. grande e piccolo) 1059*,
4110*, 4752
- politici 4741*
- (punizione dei) 2038*
Della Casa 3627, 4655
Della Chiesa 5495
Della Cisterna A. (principe) 2871, 4627
Della Porta (nobile) 2871, 5423
- Carolina (in Del Mayno) (V. ivi)
- (Pisani) Maria 2871, 5423
Della Torre 5777
Del Mayno Carolina 2631, 2871, 5423
- Cesare 5423
- L. 5423, 5495, 5609
- M. (in Incisa) 3627, 3741, 5423
- S. 5423
Del Pozzo E. 4627
De Luca Aprile G. 4877
delusioni (V. disillusioni, illusioni etc-) 717*
Delvau A. 5337
Del Zio F. 2539, 2613
De Maestri 2577
De Magri (oste) 2596
De Maistre 4298
demanio 5361
Dembowski 5734
democrazia 909*
Democrito 783*, 844, 1161, 1198, 1917*,
2280, 2844*,4972b
demonietti domestici 3038
demonologia 5367
Demostene 1703*, 3186*
denaro (V. oro) 102*, 279*, 642*, 1066a*,
3099, 3117, 3401, 3464*, 3490*, 3826*,
4043*, 4047*
- d'amore 3431
- e onestà 520
Dennelt (edit.) 5372
Denti 5737
dentisti (V. strappadenti) 1918
Denys L. 5793
depredazioni publiche (V. ladri publ. etc.)
1049*, 1050*
De Pretis (Depretis) A. 4505, 4550, 4631,
4760, 4769, 4770, 4824, 4825, 4901,
5077, 5084, 5183, 5188, 5191, 5194, 5195,
5200, 5203, 5215, 5217, 5221, 5377, 5395,
5398, 5401, 5409, 5469, 5680
Depretis Amalia 5401, 5469
deputati (V. parlamento, camera rappr. etc.)
305, 1043, 2447, 2542, 2579, 2772, 4452*,
4619, 4630, 4968, 5217, 5244, 5648
- e senatori 3692
- inglesi 3310*
De Renzis 4760, 5701
De Retz G. (maresciallo) 3434
De rosis nascentibus 3587
Derossi Santa Rosa 4627
De Sanctis F. 3861, 4825
Descartes (V. Cartesio) 795*, 3326*, 3331*,
4342*
descrizioni varie (V. motivi vari, prosopopee
etc-) 541, 1082*, 1083*, 1450*, 1547*,
2537, 2646, 2673, 2688, 2777, 3438
- di campagne 2582
- di persone (V. prosopopee) 2656
- di stanze 2575
- e meditaz. lett. 4157*
deserto 5520
desiderio 847*, 1517*, 1602*, 1655*,1876,
4289*, 5109, 5369
- e soddisf. 4289*
- in amore 282*
desinare 300*
“Desinenza in A” 3169, 3189, 3548, 4520,
4529, 4707, 4977
Desio (Milano) 3706, 3870, 3906
Despréaux (V. Boileau)
destino 2515*
- (forza del) 3701
destra (partito di) 4825, 4898
De Tavel (consigl. di Stato) 4200
De Vecchi A. 5234
De Veillet (cav.) 2373
Deveria 5211
devozione 1180, 2027*
- religiosa (V. pietà) 1235*
De Zerbi 5217
Diagora 1117
dialettali (attori) 5537
dialetti (V. lingua, oss. linguist. etc.) 1323*,
2337, 4678
- e lingua 2810
diamante 1836*, 1878*, 4843
Diana 1343*, 1997, 2662, 2784, 5234
diavolo 318b, 2412*, 2791*, 3352*, 3400,
3676, 3779, 3827, 3977
“Diavolo Zoppo” [V. Lesage] 1165
Didimo 2216, 2899*, 3947
Didimo Chierico (Foscolo) 958
Didone 2401, 3080
Didot (editore) 2014, 5136, 5144
dieta carnea e vegetale 5041*
difesa 1403
- letteraria 1403
-e 2998*
difetti (V. in vizi) 1429, 1903, 2169
- nei grandi 1381, 3022*
difficoltà (V. facile e difficile) 2414*, 2711*
- di comprensione 1585*
- felice 420*
- fittizie 484*
- in amore 3113*
diffidenza umana 441*
- scientifica 5048*
digamma greco 4191*
digiuno 3748, 4805
dignità inglese 3310*
- umana 4392*
Dii (V. Dei, Dio, divinità) 1229
dilettanti 1811*, 2548, 3714
- di musica 3891
diletto e libidine 2945*
diligenza e fretta 4326*
diluvio universale 1431
dimostrazione 1639*
dinamite 5063
dinastia regia italiana 3271
Dio 62, 125*, 358*, 386*, 829*, 840*, 848*,
865*, 1242, 1386, 1505, 1568*, 1583*,
1631*, 1744*, 1807, 1839*, 1922*, 2282,
2335*, 2404, 2405, 2413*, 2503, 2684,
2913, 2922*, 2929*, 2940, 3034*, 3048,
3057*, 3214*, 3242*, 3532*, 3632, 3662,
4051*, 4251*, 4375*, 4745
Diogene 2109*, 2348, 2439, 3458*, 4259,
4664*
Dionigi d'Alicarnasso 1621, 1622, 1691,
3571*
- di Sicilia 3966
diplomatici 4598, 5053, 5323
- turchi 5564
diplomi 2696, 3140
dire e pensare 1588
“Diritto” 4632, 4770, 5082, 5182, 5183, 5191,
5194, 5195
diritto (V. legge)
- d'asilo 3692
- di coniar pensieri o parole 4668
- di natura 398*
- di punire 1990*, 2480
- di testare (V. testamento) 617*, 620*
- (filosof. del) 2726
- internazionale 4714, 4715*
-i e doveri 369
-i umani 360*
disamore 3166
discorsi dei Re 5599
discorso 1, 315*, 1407, 1553*
discussione 1582*, 2629
disdetta 4094*
disfatta 3220*
disgrazia 2663
-e priv. e publiche 2840*,
disillusioni (V. delusioni) 1348, 2685, 4809
disonestà 2012*
disordine domestico 4224
-i 3016*
“Dispensary” [V. Garth] 1806
dispotismo 447*, 4162*
dispute e liti 3697
- letterarie 354*
- lett. e teologiche 3013*
Disraeli (D'Israeli) B. 631, 2044, 2046, 2055,
2240, 3318, 3344, 3345, 3764, 4013, 4060,
4239, 4240, 4241, 4299, 4300, 4301, 4302
dissimulazione 228*
distinzioni filosofiche 1653*
distruzione (spirito di) 5606
dita 25*
ditirambo 5175*
dito infame 3386
Ditta 1677, 3593
“Divina comedia” (V. Dante) 600, 1073, 1079
Divinità 1154*, 1577*, 2415*
divise (V. imprese) 2381
divisione del lavoro 3137
-i assurde 4007
-i scolastiche 1426*, 4007
divorzio 3350*, 4590, 5038, 5403
dizionario, -i (V. vocabolario) 1728, 2206,
2261, 2338, 5113
“- d'amore” 3007
Doehner T. 5136
dogane 2475
doganieri 2317, 3537, 4262
doge 2297*
dogmi 2684, 3770
Dogna S. (prof.) 3867
dolci 5105
dolore, -i (V. anche in piacere) 194*, 518*,
1053*, 1332*, 1347, 1404*, 1771*, 2737,
2829*, 2946*, 2971*, 2976, 3056*, 3084*,
3141*, 3194*, 3647, 4138*, 4141*, 4489
- artefatto 3734
- dei lettori 1882*
- e piacere 2440*, 4133, 4514*
- (grandi e piccoli) (V. in grande e piccolo)
585*, 1835*
- passati 3103*
- solo 1892
- vero 950*
domenica 2820
- e giovedì 2343
- I di quaresima 3767
Domenichino 4230*
Domino (maschera) 2347
Domiziano 120, 1061*
donare 261
Donati Cesare 5378
“Don Chisciotte” [V. Cervantes] 661, 1374,
1515, 2397
Doni 95, 96, 812*, 1112, 3510*
Donizetti G. 3870
donna, -e (V. vanità femm., viragini spartane,
vesti della d., vecchie, zitellona, moda; V.
fem., onestà, macchiette fem.; V. in
fisiologia, vanità femm., toletta) 34, 43*,
50*, 52*, 80, 107, 139, 141*, 213*, 214*,
228*, 326*, 343, 392, 543, 746*, 797*,
799*, 820*, 898*, 1096*, 1101, 1107,
1109, 1150, 1209*, 1227*, 1236*, 1259*,
1262*, 1273, 1312, 1330*, 1410*, 1411*,
1412, 1432*, 1561*, 1663*, 1668, 1732,
1738*, 1760, 1815*, 1836*, 1845*, 1855*,
1902, 2010*, 2156, 2326, 2327*, 2402,
2412*, 2446, 2507, 2607, 2612, 2627,
2640, 2699, 2795, 2801, 2890*, 2972*,
2993*, 3002*, 3044*, 3087, 3108*, 3155*,
3192, 3211, 3222*, 3245*, 3291*, 3362*,
3363*, 3373*, 3378*, 3393*, 3397, 3413*,
3474*, 3483*, 3484*, 3485*, 3488*, 3625,
3631, 3687, 4029, 4079, 4108*, 4215,
4235*, 4316, 4328*, 4329, 4402, 4511,
4512, 4516, 4518, 4523, 4524*, 4529,
4533*, 4534*, 4535*, 4536a*, 4541, 4546,
4702, 4743*, 4754, 4820, 4822, 4902,
4933, 4937, 4950, 4954, 4970, 4997, 4999,
5104, 5136, 5294, 5296, 5770
- civette 533*
- (consigli delle) 214*
- di Porlezza 5079
- dotte 3485*
- e uomo 2299*, 3414*
- gravida 3144*
- ideale 5355
- (influenza della) sull'arte 459*
- oneste 3388
- spartane 465
- (vesti delle) 80
Don Pedro 4042b, 4045*
Doria Andrea 5617
D'Orsi A. (scult.) 5533
Dossena (d.
r
) 5573
Dossi Carlo Alberto (V. Vita di C. D., Pisani
Alberto, Cascami, Colonia, prog. lett., etc.)
60, 210, 244, 690, 871, 946, 1097, 1132,
1245, 1477, 1588, 1681, 1693, 1697, 1719,
1747, 1830, 1898, 1926, 1975, 2009, 2068,
2168*, 2207, 2271, 2274, 2305, 2307,
2308, 2310, 2334, 2348, 2366, 2368, 2369,
2370, 2372, 2373, 2375, 2377, 2378, 2379,
2381, 2382, 2445, 2493, 2527, 2724, 2743,
2744, 2745, 2746, 2747, 2748, 2749, 2750,
2927, 3024*, 3063, 3154, 3166, 3169,
3199, 3266, 3496, 3497, 3502, 3509, 3536,
3548, 3553, 3555, 3566, 3578, 3605, 3609,
3619, 3621, 3627, 3655, 3672, 3680, 3681,
3686, 3690, 3694, 3718, 3738, 3832, 3874,
3875, 3877, 3895, 3905, 3922, 4068, 4114,
4140, 4200, 4204, 4207, 4210, 4227, 4295,
4338, 4432, 4457, 4466, 4494, 4508, 4578,
4580, 4597, 4609, 4621, 4717, 4726, 4748,
4754, 4758, 4806, 4809, 4811, 4836, 4842,
4845, 4847, 4849, 4850, 4851, 4877, 4915,
4923, 4957, 4975, 4977, 4981, 4985, 5018,
5072, 5074, 5220, 5223, 5224, 5230, 5328,
5339, 5353, 5469, 5594, 5690, 5775, 5783
Dossis (de) J. 5710
Dosso (villa del) 4990, 5686, 5688, 5701b,
5745, 5772, 5783, 5789
dote 325*, 3363*
dotta p[oltroneria] (V. poltroneria)
dotte (bevute) (V. canzonature, imposture etc.)
2808*, 4060, 4531
- imposture (V. truffe) 2790*, 3238*
dotti (V. eruditi) 434, 1234*, 1243*, 1393,
1514*, 1806, 2413*, 2498, 2538, 2539,
2570, 2682, 2760*, 2808*, 2899*, 2950,
2956, 3320*, 3323*, 3443*
- naturalisti 3322
dottrina (V. scienza, erudizione etc.) 3263,
3463*, 3808
- e dotti 3452*
- e dottori 3140
- e ignoranza 3696
- falsa 1509*, 1584*, 2539
- odierna 3493*
doveri dell'uomo 2532
Dragendorf 5692
dramatica (V. Teatro, comedia etc.) 2276
Drayton 2471
Dressel 5692
Dreyfus R. (capitano) 5523
dromedari 4785
Drouet J. B. 5211
dubbio 1183, 1413*, 1414*, 1574*, 3222*,
4129, 4539*
-i legali 2978*
Ducange C. 2200
duello 4564*
Dufferin (lady) 5443
Dufour 3388, 3407, 3411
Dulcamara 5112
Dumas A. 3234, 4758
Dumolard (edit.) 4067
duomo 5362
- di Milano [V. in Milano] 4425, 4953
Dupré 2823
Durando G. (gen.) 4550
Durante F. 5469, 5772
Durer A. 1285*, 1687, 3961
Düsseldorf 1809
ebbrezza (V. vecchia ebra, ubbriachezza,
beoni, bevitori, vino etc.) 142*, 232*, 508,
859*, 962*, 963*, 1278*, 2596, 2785,
2789, 3045*, 3292*, 3297*, 3336, 3461*,
3545*, 3970*, 4522*
ebbro 5761
Eberle F. 3868
Ebrei 5130, 5325
eccentricità inglese 2594
ecclesiastici (scrittori) (V. Chiesa, scrittori
etc.) 3945*
eco 873*
“Eco della Borsa” 5525, 5629
economia politica 1041, 1113*, 2074, 2456,
2470, 2676*, 2923*, 3137, 3773, 4116,
4430, 4687
economie (V. risparmi etc.) 2336
edifici (morte degli) 5758
edile 3387*
edilizia (igiene) 5007
Edinburgh Review” 2393
Edison T. A. 5170, 5676
edizioni ad usum delphini 2985
Edmengarda (nell'Adelchi di A. Manzoni)
765
educazione (V. figli, casa, genitori, istruzione,
scuole etc.) 181*, 502, 1033*, 1094*, 1292
1319*, 1595, 1619*, 1663*, 1887*, 1989*,
2218, 2222, 2560, 2564, 2980*, 3152,
3513, 3530, 3592*, 3600, 4219, 4277,
4495*, 4497, 4527, 4730, 4950
- domestica 3757, 5162
- e istruzione 864, 2209, 2533, 4372*
- odierna 4693, 4698
- “- pretina” 3905
- vecchia 1819, 1901, 4377
- e nuova 2680
effetti di luce 1079
Efippio 3431
Egitto 1526, 2097*, 2438, 2919*, 3658, 3705,
4226, 4272, 4601, 4608, 4753, 4880, 4882,
5211, 5212, 5213
egiziani antichi 3592*
egoismo 606*, 1399*, 2085*, 4169*
egoista 2549
eguaglianza (V. equivalenza etc.) 1233*,
1444*, 1522*, 2084*, 2106*, 2153, 2733,
3156*, 3641, 3677, 4387*, 5075
- ne' criteri 4286*
- umana 4639
Ekklesiàzusai” di Aristofane 1101
“Eiréne” di Aristofane 1102*
elasticità d'animo 1943*
Elba (isola d') 3848
Elci (V. D'Elci)
Elefantide 3394
eleganze linguistiche 2165
elementi 2223
elemosina (V. carità) 75, 3576, 3894
Elena (pittore) 3701, 3858, 5682
Elena greca 903, 4124*, 5234, 5542
elezioni politiche 2155, 3526, 4284, 5159
- del 1886 5378, 5398
Eliodoro 4013
Eliogabalo 3382, 4761
Elisabetta d'Inghilterra 3310*
ella 4761
Ellero P. (prof.) 5603
elogi (pensieri per) o per epitafi 1540*, 1545*
-o di scienziato 1246
- (frasi d') 2065*
“Elogium Stultitiae” [V. Erasmo] 58*, 1248
Eloisa 3127*
eloquenza 4162*, 4900
Elvezio (Helvétius) 4142, 4150, 4167, 4169*,
4225, 4277
“Elvira” [V. anche Ferrari E.] 5358
emancipazione della donna 3245*, 4743*
emenda (V. risipiscenza, ravvedimento etc.)
1985
Emerson 2510, 2511, 2724
emigrazione 4657*, 4713, 4755, 5367
- nel Canton Ticino 5369
“Emile” di Rousseau [V. Rousseau] 3327*
Emin Tazi 5325
emozione artistica 1657*
- materna 5480
Empedocle 4972b
empietà (V. irreligiosità) 1167
emulazione 3209*, 3223*
encausto 332*
enciclopedia 3493*
Enea 1339, 2401, 3080
“Eneide” 705*, 2118, 3223*
Enesidemo 2536
Engadina 3844, 4589
enigmi (V. calembourgs, bisticci, freddure,
indovinelli etc.) 252*, 2806, 3795, 3924*
Ennio 993*, 1908*, 2455
Enrico (nellaColonia Felice”) 3899
Enrico III 3069
Enrico IV 3415*
Enrico di Prussia 5405
Entragues(Enrichetta d’) 3368*
entusiasmo 2615, 2837*, 3685
- art. e morale 4205, 5442
- poetico 1961*
Epaminonda 2586*
Epicuro 1198, 3316*
Epifania 1694, 4930
epigrafi (V. in elogio) 751*, 2825, 3025,
3093*, 3322*, 4349, 4466, 5008, 5384
epigrammi (V. motti arguti, tratti di spirito
etc.) 965*, 2190, 5137, 5665
epistolario, -i (V. lettere) 636, 2540, 3356,
3982*, 4040, 4282, 4401
-ia brevità 3243*
epitafi (V. elogio, iscrizioni) 174*, 624*,
1023*, 1029, 1275*, 1401, 1458*, 1540*,
1545*, 2955, 2992*, 3088*, 3093*, 3185,
3281*, 3523, 3554, 3573, 3747*, 3845,
3943, 3966, 4836, 4849, 5220, 5360, 5583,
5594
epiteti (V. agg.) 1720*
epoca odierna (V. tempo presente, presente
etc.) 1679, 1868, 2034*, 2461
equanimità 727*
equilibrio morale 1129
equivalenza universale (V. compenso) 3674,
3707, 4175*, 4513*, 5039
Eraclito 1161, 2280
Erano giunti sul ripiano dello scalone” 3905
Erasmo 57*, 58*, 1214, 1216*, 1217, 1218*,
1219*, 1220, 1221*, 1222, 1223*, 1224*,
1225*, 1226*, 1227*, 1228*, 1229, 1230*,
1231, 1232*, 1233*, 1234*, 1235*, 1236*,
1237*, 1238*, 1239*, 1240*, 1241*, 1242,
1243*, 1244*, 1245, 1247*, 1248, 1858,
2049, 2190, 2406, 2407, 2955, 3318, 3336,
3410, 3689, 4010, 4443, 4444
Ercilla A. 2118
Ercole 813, 1100, 1259*, 1263*, 2163, 3632,
5234, 5519
eredi 507, 953*, 2659, 3806, 4497
eredità 2477*
ereditarismo del delitto 1985, 1998
eretici 1326*
Erminia (amore del D.) 3680
Erode Attico 5587
Erodoto 680, 3326*
erotici (ann.) (V. in annedoti)
erotismo 1905
errore (V. in verità, falli etc.) 200*, 1186,
2458
-i de' grandi uom. 4410*
- del tempo 3325*
- di copia 5607
- di stampa 1982, 4463, 5327, 5567
- nuovi e vecchi 1787
eruca 3920*
eruditi (V. dotti) 506*, 1218*, 2754
- ignoranti 4532
- sragionamenti 2760*
erudizione (V. scienza, dottrina etc,) 487,
2223, 2649*
- e scienza 2912
- in arte 493*
esagerazione di pensiero o d'espressione (V.
barocco) 707
- poetica 858*
esami (V. scuole, istruzione etc.) 576, 2328,
2498, 2499, 2533, 2670, 2694, 3701, 3816,
4616
- militari 2698
Eschilo 903, 1110, 1261, 1780, 4767
esclamazione (punto d') 3768
Escuriale 2133
esecrazioni (V. maledizioni, bestemmie,
imprecazioni, ingiurie, invettive etc.) 762
esecuzione artistica 3915
- letteraria 3564
esempio 2883*
esercito (V. soldati, guerra etc.) 1595, 2130*,
2704, 3590*
esiglio 706*, 809*, 1307*, 3058*
Esiodo 3145
esistenza e salute 544*
Esopo 4319
Esparson (V. Esperson)
esperienza 1853*
- storica 4545
Esperson (prof.) 2498, 5502
espressione degli affetti 1088*
-i bizzarre 1078, 1325, 1864
- dei bimbi 1954*
espropriazione 5038
- dei conventi 2723
estate 966*
Ester (amore del Dossi) (V. Cagnoli Ester)
estetica (V. Bello, arte, Crit. art.) 1449, 1962*
estratti di letture 4827
Estrées (Gabriella d') 3415*
estro 4972, 4976, 5442
- e correzione 4028*
età (V. troppa età) 1021*
- avanzata 1021*
- dei delinquenti 1951*
- della morte di grandi letterati 5637
- dell'oro 108, 1315, 1507*, 2226*, 2827
- dell'uomo 2486
etere 5473
eternità 1579*, 1612, 1839*, 3631, 4463
- dell'umana coltura 2126*
- e tempo 4514*
etichetta 3959*
etimologia 2192*
etimologie (varie, burlesche, umoristiche,
serie, filosof. etc.) 3, 7, 8, 12, 19, 21, 22,
29, 37, 38, 39, 87, 95, 99*,100, 116, 117,
127, 128, 131, 133*, 138*, 139, 140*, 144,
146, 147, 161, 164, 166, 168b, 175, 176,
182, 221, 221 225, 237*, 254*, 261, 262,
268, 273, 274, 277, 281*, 283, 300*, 303,
304, 308, 312a, 340*, 346, 428, 431, 432,
440, 475, 531, 567, 658, 660, 679, 687,
698, 715, 739, 748*, 758, 823, 825, 828,
886, 896, 923, 927, 974, 977, 979, 1008,
1039, 1040, 1044, 1081b, 1112, 1126,
1158*, 1159, 1242, 1250, 1292, 1314,
1324, 1339, 1351, 1370, 1379, 1384, 1525,
1660, 1761, 1775, 1827, 1931, 1997, 2014,
2016*, 2199, 2201, 2204*, 2205, 2219,
2255, 2260, 2282, 2289, 2293, 2312, 2315,
2339, 2340, 2392, 2400, 2444, 2450, 2578,
2636, 2787, 2788, 2789, 2874, 2952, 3048,
3124, 3158, 3270, 3401, 3429, 3508, 3607,
3633, 3706, 3920*, 3926, 3928, 3994,
4006, 4030, 4099, 4102, 4117, 4121*,
4208, 4252, 4256, 4318, 4330, 4355, 4363,
4376*, 4403, 4418, 4424, 4431, 4440,
4442, 4569, 4577, 4628, 4667, 4700, 4884,
4964, 4987, 5101, 5346, 5347, 5362, 5667
- al rovescio 932, 3358*
- burlesche 1341, 2017, 2390, 3638, 4952,
5348, 5723
- comicamente filosofiche 2313
etimologisti 2294, 2788, 3423, 3633
- antichi e nuovi 2200
Etiopia 5455, 5680
Etna 5420
Etruria 4918
Ettore 773*, 2322
Euclide (presid. di tribunale greco) 5563
eufemismo 4195
Eufrate (filosofo) 4291
Eufrate (fiume) 1931
eunuchi (V. musici) 381*
Euripide 1110, 3943, 4710
Europa 1832, 2337, 2460, 2570, 2911, 3666,
3774, 3781, 3866, 4378, 4529, 4708, 4752,
4994, 5193, 5200, 5234, 5369, 5372, 5391,
5433, 5523, 5680, 5733
- odierna 4994
Eutropio 765, 772
Eva 745, 1045, 1893, 1911, 2792
“Evangelio” (V. vangelo) 162, 177, 178,
333*9 826*, 1354, 2190, 2729, 3482, 4098
ex voti 1229
Ezio (re) 5232, 5765
Fabio 1018, 2455
fabrica di edifizi rurali 3298*
Fabrizi 4753, 5085, 5334, 5335, 5393, 5588
Fabrizio C. 2235
fabro 1018
fabulisti 5616
Facai (dottor) 5484
facchini 1281*
faccia scialba 5540
Faccio F. 3649, 3857, 3859, 3891
facile e difficile 484*, 4207
Faenza 5253
fagiani 138*
Fogott (pret) 2765
Falchi 3836
Falconet (segr. di Stato) 4625
fallimento 3528
falsari e assassini 3530
falsi 1942*
falsità 1144*, 1337*, 1740*
Falstaff (nel teatro di Shakespeare) 2266
fama (V. riputazione) 240*, 349*, 552*, 560*,
710, 782*, 954, 1032*, 1054*, 1070*,
2048*, 2724, 2736, 3523, 3561, 3643,
3668, 3750, 3902*, 3934, 3995*, 4025*,
4148*, 4157*, 4176*, 4177*, 5350
- e notorietà 3515*, 4293
- e riputazione 2963, 4293, 4388*
- e vita 2887*
- letteraria 4482*
- (per aquistare) 1947*
- e usurpate 2830*, 5489
fame 895*, 1645*, 2145, 3631, 4032, 4199*,
5022
famiglia 1042*
“- de Cilapponi” (Ona) 5745
- (glorie di) 1677
- e antiche e nuove 3172
Famiola (maschera) 2793
fanciulle (V. ragazze, Collegio R.) 3083
fanciullo, -i (V. bimbi, bambini) 698, 1013*,
1065*, 1284*, 1385*, 1401, 2020*, 2451,
4184
Fanfani 2210, 2339, 2360, 4270
fanfara reale 5456
Fanfulla della Domenica 2184, 2489, 4597,
5072, 5137
Fano E. 4775
Fanostrata 3363*
fantasia (V. imaginazione) 3654, 3694, 4408*,
4808, 5243
- (piaceri della) 4046*
fanulloni (V. indolenza, fuggifatica, ozio,
poltroneria etc.) 2610, 2631, 2660, 2692,
2751, 2753, 2754, 2802
fare per dire 2339
farfalla 3221*, 3348
farfalloni 597, 4248, 4385
farina 3065*
Farina G. 1474, 2167, 2502
Farinello 4012*
Farini D. 4619
farmacia 3566
farmacisti 2500
farsa 1448*
Faruffini 4272, 4500, 4608, 5055, 5059, 5210,
5270, 5453
Fasanotti G. 2867
fasce 755*
fascini 3702
Fasti dei Parlementi italiani” (I) 4713
fastidi grassi 2399*, 2623, 4138*
fatalità amorosa 5447
fate 3508
fatti 3161*
fatto compiuto 1928*, 3120
Faustina (campi della) 5772
Fava A. 4728
favole milesie (V. romanzo) 2877, 3027, 3530
favoritismo 2144
Favre (prof.) 4248
Fàzzari A. 5217
febbre romanesca 5147*
fecondazione artificiale 4716
fede 339, 1419*, 1584*
- amorosa 1017*
- e pompa 2836*
- greca 5591
- pubblica 1937*
“Fede e bellezza” [V. Tommaseo] 4727
fedeltà conjugale 466*, 801*
Federalismo 5392
Federico I Barbarossa 5232
Federigo II di Svevia 3940*, 5584
felicità 405*, 409*, 626*, 1207, 1418*, 1439*,
1665*, 2633, 3033, 3150, 3225*, 3233*,
3647, 3716, 3800, 4193, 4399*
- di espressione 2501
- e sfortuna 3035*
- eterna 3631
- pub. e priv. 2070*
feminile invidia 3491*
- onestà 2691
-i arti 3488*
Fénelon 3327*, 4013
fenici 5252
Ferdinando duca di Parma 2831*
Ferdinando imp. 574, 3848, 3859n, 3880,
5198, 5236, 5663
fermezza d'azione 1017*
Ferney 3541
ferocia dei paurosi 5762
Ferrara (città) 3646
Ferrari (pittore) 4385
Ferrari C. 3704
Ferrari E. 357, 2369, 3680, 3850, 3865, 5358
Ferrari Giovanni (ing.) 5210
Ferrari Giuseppe 2237, 2433, 2455, 2498,
3862, 3938
Ferrari Ottavio (antiquario) 2200, 2294, 2444,
3633
Ferrari Ottavio (padre) 3863
Ferrari Paolo 3736, 3859, 3877
Ferrario V. (edit.) 3865, 3866n, 4801
Ferretti L. 4202
ferro 4123*
ferrovia (V. vettura) 1822, 3691, 4422*, 4791,
5643
- elettorale 5471
Ferrovie Meridionali 4600
festa del villaggio 2343
- (giorni di) (V. giorni)
- e pubbl. 3715
Festo 2200, 5346
feto 2978*
fiabe 2985, 3434, 3586, 5161, 5751
Fiamma G. 982
fibule priapiche 267
Fidia 1392*, 3516*
fiducia in amore 230*
Fielding 1374, 1375, 1379, 1515, 5257
fieno 3931
Fieschi G. L. 3848
figli (V. educazione etc.) 1350, 1461*, 4185
- de' grand'uomini 917, 5039
- e genitori 1068, 5038
- naturali 596
figliolanza 1024*, 1038*, 5038
Figuier L. 2560
Filangeri di Satriano 5200
filantropia 3078*, 3551, 4146*, 4902
Fileta 1264*
Filicaja 736, 3760, 3761, 3776
Filippi F. 2439, 3857, 3859
Filippo II di Spagna 1242
Filippo il Bello 1074, 5030, 5249
Filippo Macedone 2130*, 3966
filologia 2524
filologiche osservazioni (V. raff. di lingua etc.)
Filomela 2871
Filonardi V. 5469, 5680
Filopanti 4618, 5256, 5603, 5793
filosofi 52*, 207*, 264*, 1089, 1204, 1329*,
2109*, 2610, 3229, 4182
- antichi 3137
- e teologi 2918*
- veri e falsi 3458*
filosofia (V. sistemi filos., oss. filos.) 151*,
663, 1170*, 1194, 1394, 2417*, 2530,
5349
- de' gerghi 3116
- dell'arte 1279, 1281*, 1690*
- delle parole 679, 738, 932, 1081a*
- e filologia 151*
- morale 2610
- nella vita pratica 4369*
filosofica ricerca 2661
filosofiche sottigliezze (V. sottigliezze) 3695
filosofici errori 1653*
- sistemi (V. in sistemi)
Filosseno 3965*
Filostrato 3741
filotea 3551
filtri 1148*, 3380*
fimosi 5120
finanze 2532, 2864*, 3176
- italiane 569
finanzieri 4511
fine 2481
- del secolo XIX 5526
- e principio 2942
finimondo 4747*
Fiora 5164
Fiordespini 5321
Fiorelli G. 5219
fiorentina (lingua) 2329, 2781, 2816, 3911*,
4473, 4862
fiorentinismi 2210, 4862
fiori 1298*, 3221*, 3446
Firdusi 4529
Firenze 457, 2298, 2351, 2373, 2393, 2816,
3703, 3727, 3848, 3869, 3853n, 3879,
4749, 5106, 5180, 5238, 5391, 5399, 5680
- (caffè Doney) 4599, 5549
- (galleria Pitti) 2184, 2594, 3680
- (Le Stinche) 2794
- (Museo Etrusco) 5399
- (Porta delle Miserie) 2875
firma burocratica 4995
fiscalismo 2652
fisico e morale 5162
fisiognomonia 4910
fisiologia della donna 746*
fittabili (V. campagna, Bassa, contadini etc.)
2575, 2582, 2669, 2822, 3176, 3806
fitto 3696, 3817
fiumi 133*
flagellazione 3544
Flammarion C. 5780
Fletcher 4012*
fioricoltura selvaggia 5482
Florio-Rubattino 5267
Floro 3571*
fluido biotico 842
Focione 3885
Focosi A. 3851
foga 3633
Foglia (fiaccherajo) 2348
Foglia (prete) 3637
Fogliazzi (avv.) 3865
foglie 3920*
Foix (Gaston di) 3828
Fol Walter 5518
folla 2784
follia (V. pazzia etc.) 5015
-e della scienza 3340*
foltezza e scarsità d'idee (V. in idee,
abbondanza etc.) 3536
fonografia 4918, 5519
Fontaine (La) 5616
Fontana 373, 5006
Fontana (tip.) 5530
Fontana D. 368o
Fontana F. 5590, 5675
Fontenelle B. 2368
Forbes 5777
forca (V. boja) 2039*, 3149, 4298
“Forche Caudine” 5321
foresta (V. bosco) 1987*
forma (V. materia, pensiero, idea) 1565*
- di governo 623*, 2104*, 2106*
formaggio 3149, 3300*, 3706
formiche 3293*, 5459
Fornovo (Parma) 5785
forti o deboli 360*
fortuna 991*, 1376*, 1973
- (bizaria della) 2411*
- e sfortuna 1011*, 4364*, 4389*, 4931
fortunati 5553
Fortuny M. 5518
forza 2163
- dell'imaginazione 48
- publica 2519*
-e fisiche 700*, 4734
Foscolo 188*, 306, 978, 1028, 2171, 2267,
2270, 2305, 2311, 2802, 3094, 3199, 3356,
3641, 3689, 3693, 3776, 3854, 3855, 3864,
3880, 3887, 3908, 3909, 3913, 3916, 3936,
3938, 4026, 4340*, 4341, 4581, 4583*,
4827, 5141, 5277, 5331, 5371, 5419, 5425,
5637
Fossati (marchesa) 4804
fossili 1268
fotografia 1282*, 3679
Fotografo” (Il) 5629
Fournier 5649
Fox 2826
Fracassini C. 4500
fracassosi 124, 2776
framassoni 5492
frammenti di lavori distrutti del Dossi (v.
cascami) 2526
Francescani 5466
Francesco I di Francia 804*, 3958*
- d'Austria 2868, 2871, 3848, 4944
Francesco Giuseppe 5218, 5326, 5664
francese (burlesco) 5365
- lingua 4131, 4256, 4431, 4703
francesi 316*, 319*, 338*, 497, 2837*, 4657*,
4814
- a Roma 5363
- ed italiani 5408
- in Lombardia 5364
franchezza 805*
- di discorso 3826*
Francia 550, 572, 1074, 1920*, 1921*, 2068,
2199, 2269, 2295, 2330, 2438, 2473, 2603,
2717, 2837*, 2871, 3549, 3594, 4200,
4500, 4550, 4769, 4792, 4914, 5122, 5202,
5211, 5249, 5250, 5256, 5262*, 5323,
5391, 5419, 5421, 5450
- e Italia (1796) 2857*
Francini (avv.) 3865n
Frank (medico) 793, 3849
Franklin 5133
frase sudicia 1118
frasi varie (V. anche espressioni, V. ritornelli
di frase, intercalari) 208*, 262, 276, 279*,
280*, 317*, 1325, 1467*, 1491*, 1499*,
1500*, 1502*, 1505, 1511*, 1524*, 1525,
1540*, 1541*, 1546*, 1553*, 1584*, 1609,
1724*, 1762, 1981*, 2056*, 2065*, 2145,
2151*, 2207, 2412*, 2430, 2500, 2585,
2617, 2662, 2681, 2784, 2801, 2863,
2887*, 3064*, 3065*, 31l1*, 3123*,
3141*, 3149, 3164, 3176, 3180, 3194*,
3294*, 3348, 3421, 3431, 3446, 3500,
3520, 3545*, 3566, 3603, 3640, 3679,
3705, 3706, 3720, 3734, 3759, 3968, 3975,
3990*, 4863, 5135, 5349, 5350, 5406,
5412, 5430, 5435, 5540, 5574, 5662
- barocche 3293*
- classiche 3123*
- comiche 3174, 4746
- curiose 3133
- d'amore 468*, 469*, 3365*
- di Crit. art. 516
- di Crit. lett. 2762, 3984*, 5142
- di mangiare e di bere 2785
- fatte 2419*, 3550, 3567, 4582, 5272
- - classiche372, 1115*
- - latine 231
- felici 25*, 270*, 405*, 438, 542, 580*, 612*,
619*, 665a, 701*, 703*, 718*, 719*, 720*,
766*, 767*, 788*, 801*, 807, 809*, 814*,
832*, 834*, 855*, 856*, 857*, 860*, 873*,
876*, 879*, 881*, 882*, 883, 885*, 886,
894*, 899*, 914*, 935*, 957, 961, 983*,
988*, 997*, 999*, 1000*, 1001*, 1002*,
1004*, 1024*, 1030*, 1036*, 1044, 1045,
1050*, 1075*, 1078, 1082*, 1083*, 1097,
1099, 1115*, 1124*, 1143*, 1200*, 1216*,
1242, 1290*, 1300, 1302*, 1310*, 1311*,
1320*, 1322*, 1355*, 1357, 1403, 1452,
1460*, 1483*, 1491*, 1531*, 2145, 2151*,
2187, 2371, 2422, 2994*, 3944, 4096*,
4123*, 4133, 4170*, 4292, 4743*, 5153
- milanesi 513
- - pittoriche 2801, 4245
- notabili 725*, 4253, 4269
- nuove e felici 2316, 4464*
- per la Storia dell'Um. 390*
- proverbiali 3798
- secentiste 3734
- (stampo di) 98*, 99*, 4464*
- sublimi 802
- u moristiche 313*, 1047*,1214, 1215,
1216*, 1217, 1218*, 1219*, 1220, 1221*,
1222, 1223*, 1224*, 1225*, 1226*, 1227*,
1228*, 1229, 1230*, 1231, 1232*, 1233*,
1234*, 1235*, 1236*, 1237*, 1238*,
1239*, 1240*, 1241*, 1242, 1243*, 1244*,
1245, 1246, 1247*, 1248, 2960*, 3114*,
5317
fratellanza 1241*, 3542, 5046*
- universale 5152
frati (V. conventi e monasteri, monaci, preti;
V. espropriazione) 1494*, 2283, 2296*,
2476, 2721, 2892*, 4746
freccie 4123*
freddo 2662, 2678
fredurai 2212
freddure (V. bisticci, calembourgs, enigmi,
indovinelli etc.) 2190
fretta 5412
Friedrichsruh 5345, 5402, 5469
Frine 3363*
Frisiani C. 5693, 5724
Fritz (principe) 4966
frizzo 2190, 4341, 4533*
Froebel F. 2209, 4855
Froissart J. 2761
Fromage (commerc.) 5551
Fronda 2190, 2269, 2505, 3074*
fronde e radici 1849*
Frugoni (studente) 2533
Frugoni C. I 707
frumento 108
“Frusta letteraria” [V. Baretti] 2754, 3511*
frutta 2391, 2945*
Fucini R. (V. Neri Tanfucio)
fuga di prigionieri 788*
fuga musicale 3649
fuggenti 5552
fuggifatica (V. fanulloni, ozio, oziosi etc.)
2550
Fuggilozio” (Il) 5525, 5629, 5631
fulmine 3734
Fumagalli (fratelli) 3980, 4624
fumo 1115*
funamboli 915*
funerali 2604, 2664, 3056*
funghi 263*, 4085*
fuochi artificiali 4479*
fuoco 865*, 870*
furia francese 2418*
furore 2851*
furto 776*, 1535*, 4760, 5011
futuro (V. avvenire - e anche in
presente etc.) 1433*
Gabazzi L. 4626
gabbano 3920*
gabelle 4310*
Gaboriau E. 4758
Gabrini 3836
Gabrini A. (dott.) 5369, 5424
Gabrini C. 5424
Gabrini F. 5225
Gadda (Sig.
ra
) 5379
Gadda G. 4562
Gadola (capomastro) 5755
Gaeta (conte di) 3878
Gagliati Vassalli A. 5497, 5695
gaina 4280*
Gaisruck C. G. (conte di) 2871, 3848
Gajani G. 4626
galantomismo 2027*
galantuomini 2262, 3460*
galateo 2757*, 2787, 4655, 4685, 4693, 4906,
5124, 5317
- del Gioja 4661, 4665, 4666, 4685
- (filosofia del) 3830, 5124
Galateri G. G. M. (gen.) 5628
Galatz 4914
Galbiati (barone) 2575, 3730, 3843
Galileo 737, 1191, 2338, 4550, 4733, 5048*
Galimberti 3848
Galisse (Palisse) 5559
Galizia 4245
galleria V[ittorio] E[manuele) [V. Milano]
2746, 3844
Galles (principe di) 5452
Galli (pittore) 2438
Gallia 7, 5692
Galliera (duca di) 807, 2769
gallinacci 4785
Gallini F. 5498
Gama (Vasco de) 2401, 2402
Gamba Conconi A. 5220
Gambarana (contessa) 3812
Gamberoli 3714
Ganganelli 5404
Gange 2401
Ganna (Varese) 5533
Garavaglia G. (pittore) 3852
Gargantini 2574
Gargiolli 1190, 4236
Garibaldi [“Garibaldi”] 2575, 2826, 3496,
3854, 3857, 3880, 4205, 4494, 4550, 4627,
4757, 4918, 4966, 5132, 5200, 5345, 5374,
5395, 5476, 5484, 5519
Garth 1673, 1795, 1806, 4837
gas 4313
gastronomia 4958
gatti 47, 1806, 2565, 2738, 3727, 4089, 4839
Gatton (el pover) 4220
Gautier Teofilo 2506, 3010, 3046, 3371, 4648,
4649
Gavazzi 1527, 1702
Gavazzi (Sig.
r
) 3877
Gavirate (Varese) 4712
“Gazza ladra” [V. Rossini] 4299
Gazzarini M. 4836
gazzetta, -e (V. anche in giornali) 1783, 2489,
2513, 3997*
Gazzetta di Milano (La) 573, 2853, 2868,
3850, 3851, 3853, 3857, 3859, 3862, 3864,
3869, 3879, 3906, 4798, 5629, 5637
Gazzetta di Torino” (La) 3878
gazzettieri (V. giornalisti) 2353, 3841
Gazzettino di Milano” (Il) 2853
Gellio 3, 5, 6, 8, 9, 440, 2200, 2240
gelosia, -e 1472*, 1812*, 3115, 3117, 3630
Genazzano (Roma) 5105, 5263
genealogia 561*, 3565, 4906
generali ambasciatori 5523
generazione (V. concezione, creazione, pene
etc.) 35*, 63, 68, 263*, 920*, 1038*,
1219*, 1242, 1442*, 1563*, 1804*, 2593,
2984*, 3072*, 3085, 3142*, 3153*, 3946*,
4296*, 5193
- fisica e intellettuale (V. come sopra, e oss.
psic.) 63, 68, 3665, 3888, 4445, 4511
- (membri per la) (V. cazzo etc.) 3055*
- nuova e vecchia 2556
- spirituale 2164, 3635
- spontanea 838*
generosità 1545*, 3272, 4048*, 4294*, 4854
- all'ingrosso e al minuto (V. grande e piccolo)
3582
- d'animo (V. magnanimità) 1438
geni (V. uomini grandi) 1823, 1825*, 3209*
- e cretini 3146
- e stolti 2175*
- fra loro 2064
- incompleti 2171
- ingenui 1786
- italiani 1474, 1480*
genio 1120*, 1647, 2448, 3016*, 3227*,
3229*, 3527, 3623, 3693, 3707, 3917,
3995*, 4736, 4807, 4837, 4972, 4991,
5015, 5222, 5651
- (compensa al) 2060*
- (contagio del) 2043*
- (coscienza del) (V. coscienza) 1859
- (effetti delle opere del) 2062*
- e follia 336*, 3916
- e ingegno 1705*, 4487*, 5020
- e sventura 1479*, 1480*, 4729
- (famiglia del) 2055
- (incontentabilità del) 2051*, 4841
- (infelice vita del) 2044
- (ingenuità del) 1966*
- (legge al) 2129*
- letterario 3941*
- (libertà e leggi pel) 1798*
- (onori al) (V. omaggio, onori) 1907*, 2061*
- (perfezionamento del) 1908*, 4837
- (premio al) 2044
- (produzione del) 5461
- sconosciuto 3019*
- (vita privata del) 1966*
Genova 2737, 2868, 3658, 3730, 3835, 3848,
3870, 3873, 4627, 4769, 4829, 4911, 5081,
5210, 5391
- (Duca di) 4627
- (Hôtel Feder) 3870
- (Società di Lett.) 5027
genovese (lingua) 4667
genovesi 371, 4043*
gente fina 3540
- inutile 3168
- nuova (V. arricchiti, neoarrivati etc.) 2703
gentilezza d'animo 1083*
- di cuore e di modi 1860*, 4622
Gentili S. [nei Cento anni di G. Rovani]
3887
geografia (V. carte geografiche) 2074, 2478,
3742, 3915, 4206
- fisica e morale 455*
- nelle scuole 1788
geologia 353*, 3565
gerarchia 3614
gergo (V. filosofia del) 665a, 814*, 1285*,
1549*, 1628*, 2001, 2238, 2261, 2318,
3116, 3738, 3793, 5337, 5349
- burocratico 2360
- filosofico 14
- osceno 3387*
gergonai 2235
Gerli (prof.) 2393
Germania (V. nordici popoli, settentrionali,
tedeschi etc.) 512, 1377, 1560*, 2068,
2390, 2430, 2911, 3549, 3584, 4494,
4646*, 4657*, 4792, 4914, 5238, 5692,
5760
- e Italia 5760
Gérome 66
Gerusalemme 4662
Gesù (V. Cristo) 241, 745, 1359*, 2342, 2683,
3682, 3802, 5256, 5361, 5426, 5496, 5693
- e Visnù 745
gesuiti 2800*, 3513*, 5404, 5414
Ghezzi G. 5504
“Ghiaia di Roma” 1287*, 3496, 4842, 5019,
5105, 5144, 5145, 5146*, 5147*, 5148,
5279, 5298, 5299, 5306, 5307, 5438
Ghiglione (mattoide) 4617
Ghinozzi 3647
Ghislanzoni A. 2679, 2705, 3859, 3866n,
3878, 5390
Gìa (inL'Altrieri”) 3899
Giacomo I 3308*, 3400, 4331*
Giacosa G. 4917
giallo 3607
Giambullari B. 1492
Giampietri (avv.) 5694
Giannonc 4311
Giano 3728
giansenisti 4242
Giappone 1643*, 2330, 5369
giardini pubblici 4691*
Giarelli F. 3878
Giarre (Catania) 5105
giganti antichi e moderni 235*
Gignous E. 3638
Gilbert 4248
Gilio (caffettiere) 3858, 3878
Ginevra (Svizzera) 5383, 5518
Ginori (famiglia) 5692
Gioda (prof.) 2170
Gioja Melchiorre 2853, 2863, 3627, 3661,
3865, 4639, 4661, 4665, 4666, 4685, 5510
gioja e dolore (V. allegria, dolore etc.) 3258
- e timore 960*
- (silenzio di) 703*
-e mondane 2354
- umane 1890
Giolitti G. (min.) 5673, 5728
Giona 4794
Giorda 3848
Giordani P. 4297
Giornale dell'Ingegnere Architetto di
Milano” 1822, 3654, 3865, 3976
Giornale per ridere” 539o
“Giornale senza titolo” 5331
giornali (V. gazzetta) 269*, 3462*
- e giornalisti 812*
- (titoli di) 589
giornalismo 1532, 2707, 3510*, 3601, 3608
giornalisti (V. gazzettieri) 2611, 2824, 3511*,
3515*, 3724, 3734, 4770, 5237
“Giorni di festa” (V. festa, e sotto ogni nome
particolare di festa) 376, 1791, 2340, 2341,
2342, 2343, 2347, 2440*,2449, 2451,
2552, 2557, 2562, 2604, 2621, 2697, 2794,
2817, 2869, 3091, 3259, 3347, 3408*,
3496, 3670, 3766, 3767, 3900, 3905, 4195,
4659*, 4930, 4940, 5096
giorno 3505
- e notte 2299*
Giosuè 5736
giovani 1365*, 2769
Giovanna (papessa) 4639
Giovanni a Lapide 4223
Giovanni Crisostomo 5049
Giove 1167, 1198, 1570, 1932, 2284, 2319,
2320, 2640, 3048, 5750
- Serapide 430
giovedì 3439*
- e domenica 2343
Giovenale 1056, 1066b, 1068, 1613*, 2305,
2506, 2524, 2699, 2867, 3436, 3857
gioventù 766*, 914*, 1850*, 1851*, 1853*,
4052*
- e vecchiaja 2 176*
giovinastri 3607
Giovio G. B. 2311
Girard V. 5781
Giraud 3985
giromette 1316*
giudici 184*, 470*, 1432*
giudizi di Dio 752*
- erronei 4943
- in letteratura 3316*, 3327*
- relativamente falsi 1669*
- umani 41 12*, 5446
giudiziario (ordine) 2542, 2652
giudizio 2178, 2982*
- di sè e d'altri 606*, 4274
- sugli uomini 3253
Giulay 2546
Giulia d'Augusto 3385*
“Giulietta e Romeo” [V. Shakespeare] 3530.
Giulini G. 5693
Giulio (in un frammento di opera del Dossi)
2526
Giulio Paolo 1679
Giunone 1681, 2640, 5234
giuocatoli 2451
giuocatori 229*, 3478*
giuochi 2672, 2801, 2935*, 3416*, 5078, 5691
- antichi 3809, 5366
- d'azzardo 2022*, 3708
- di carte 4634
- olimpici 5552
giuoco 1531*, 1541*, 1542*, 1549*, 3009,
5421
- (passione del) 2013, 5264
giuramento 564*, 2584, 2936
- (formule di) 3967*
giurì d'onore 2353
giuria 2709*, 4974
Giuseppe (arciduca d'Austria) 666
Giuspin (don) 5196
Giussani 1190
Giussani B. 3621, 5233
Giusti G. 1591, 1810, 2004, 2304, 2471, 3356,
3423, 3482, 3555, 3647, 3855, 3859, 3864,
3867, 3869, 3879, 4593, 4611, 4774, 5549,
5637, 5653
Giustiniano 2358
giustizia (V. ingiustizia) 952, 1501*, 2477*,
2722, 2985, 2998*, 3671, 3785, 4622,
4709, 5350, 5431
- assoluta 1437
- e inganno 1091
- e ingiustizia 2766
- (esempi di) 2985
- fra i bricconi 4709
- (ingiustizia della) 2019*
- umana 370, 3057*, 3778
giusto (V. ingiusto) 1091
- e ingiusto 3219*, 3986*
glaciale (era) 5644
Glicera 3365*
Globo (Il) nei suoi primordi” 3905
gloria 103, 165, 240*, 349*, 490*, 603*,
606*, 710, 984*, 1054*, 1056, 1317,
1468*, 1493*, 1532, 1809, 2048*, 2085*,
2375, 2376*, 2620, 2724, 2992*, 3180,
3335*, 3513*, 3525, 3643, 3668, 3677,
3750, 3761, 3775, 3843, 3867, 3995*,
3997*, 4198, 4199*, 4332*, 4354*, 4361
- lett. 4011*
- militare 5419
- e milanesi e italiane 3884
Gnecchi (console d'Italia a Lugano) 4494
Gniff 5223
Gnocchi (caffettiere) 3862
Gnoli D. 4202
gobbo 2873*
“Goccie d'inchiostro” 2527, 2559, 2571, 3496,
3711, 3766, 3905, 4003
godimenti onesti 5028
Goethe 1889*, 2309, 2724, 3047, 3418, 3689,
3867, 4573
gognin 37o6
Gohorry J. 1007
gola (V. ventre, pancia etc.) 892*, 918*,
1216*, 1263*, 1560*, 2313, 3287*, 3421,
3461*, 3965*, 4448*, 5344
Gola (rag.) 2361
Golceski 4901
Goldoni G. 813, 1100, 3512*, 3803
Goldsmith 930, 3561, 3850n, 3973*
golosi 961, 2674, 3446
Gonçalves Dias 4100, 4101*, 4102
Gondrad (F.lli) 5402
Gonella (cavallo di) 658
gonfiatori (V. sballoni) 3278
Gongora 4053
Gonin F. 4801
gonna 139
Goold (S.
ra
) 4902
gorgera 3432*
Gorgia 1267*
Gorgone (moglie di Leonida) 465
Gorini E. 5004
Gorini Paolo [e Goriniana”]34, 47, 353*,
356, 838*, 842, 843, 869, 1069, 1191,
1915*, 2067, 2286*, 2375, 2457, 2488,
2498, 2536, 2551, 2737, 2738, 2739, 2740,
2741, 2889, 3196, 3496n, 3574, 3585,
3635, 3703, 3704, 3727, 3877, 3897, 3931,
4223, 4278, 4291, 4494, 4585, 4676, 4729,
4734, 4744, 4745, 4764, 4810, 4825, 4827,
4849, 4883, 4904, 4935, 4980, 5004, 5027,
5037, 5120, 5155, 5235, 5254, 5384, 5385,
5386, 5469, 5543b, 5573, 5700, 5745,
5783
Gorini-Spaziani 5686
Gorizia 5312
Göschenen (Svizzera) 5760
gotico (stile) 4658*
Gottardo (S.) 4911, 5244, 5398
Goudard (S.
ra
) 3848
governativa (arte) 2855*
governo, -i (V. oss. politiche, costituz. sist.,
republica, monarchia etc.) 2461, 2468,
2472, 2514, 2826, 2840*, 2904, 2909,
3020*, 3065*, 3306*, 4430, 4666, 4679,
4729, 4765, 5016, 5038
- e governati 2159
- e popolo 2905*
- e rivoluzione 4729, 4762
- (forme miste di) 2104*, 4695*
- pontificio 2322
Govi G. 4554
Gozzi G. 2648
gradazione nelle pene (V. pena) 457
grafologia 5576
gramatica, -che (V. oss. gram.) 1222, 1226*,
1562*, 1644*, 1861*, 2178, 2499, 2753,
3514*, 3943, 3983*
Gramatica (Sig.
ra
) 3825
gramaticale, -i (curiosità) V. contradizioni
gram., oss. gram. etc.) 2291
- (dispute) 2753
- (minuzie) 1383*
- (osservazioni) 2292
- (tirannia) 4515*
gramatici 259*, 1222, 4434, 4586, 4668,
5177*
- e autori 891*
Gran Bestia (brigante) 3835
Gran Bretagna 4914, 5649
grande armata 1242, 2133
grande e piccolo (V. generosità, equivalenza,
dolori, idee all'ingr., mali, molto e poco
etc.) 126, 1445*, 2480, 2951, 3260, 3639,
3674, 4752
grandezza 2758, 4350*
Grandi Gius. 375, 1272, 1478, 2823, 2867,
3524, 3555, 3851, 3859, 3877, 3893, 4844,
4917, 4985, 5204, 5264, 5533, 5574, 5632,
5700, 5704, 5766, 5783
grandine 1390*
Granduca di Toscana 4310*
grand'uomini (V. geni, sommi, uomini grandi
etc.) 92*,1335*, 1465*, 1484*, 1608*,
2185*, 2593, 2648, 3209*, 4150, 4152*,
4231*, 4355, 4730
- e med. scrittori 4130
- (mente de') 4827
- (modelli de') 3223*
- (piccolezze ne') 4728
- piccoli 2830*, 3640
- (ricetta per fare i) 4360*, 4452*
“- sconosciuti” 1317, 3496
- (vita ne') 3579
Granier de Cassagnac 2103
grano (prezzo del) 2002
Grassi (moglie di A. Depretis) 4824
gratitudine 1556*
- politica 2847*
gravità universale 355*
Gray 1769, 5637
greca (lingua) 3971*, 4190, 5708
greci 5552, 5556
- e latini 3306, 3418
- - e moderni 3308*, 3311
Grecia 1231, 1858, 2145, 2153, 2259, 2269,
2374, 2473, 2506, 2754, 2826, 3392, 4532,
4761, 4842, 5532, 5547, 5563, 5566, 5587,
5588, 5591, 5647, 5648, 5692
Gregorio Magno 632
gridi di strada 4254
Grigioni (cantone dei) 5310
Grimaldi B. 5217, 5593
gringo 5666
Grioli G. 4626
Grisi (la) 4605
Gronovio G. 4709
Groppello (Pavia) 3832, 5375
Grossi (prete) 2606,
Grossi Tommaso 761, 1297, 1406, 3555,
3849, 3867, 4874, 5439, 5534
grottesche prediche (V. predicatori) 3374*
Grozio 4709, 4710, 4714, 4715*, 5130
Grubicy (fratelli) 5006
Grubicy V. 5006, 5777
grullo 4121*
Grünhardt 5285
Guacomosin 5621
guadagno e perdita 2714
Guiche (Diana contessa di) 3411
Gualterio F. A. (march.) 2591
guanti 3252
guardaportoni 2326
guardia civica 1290*, 1594*, 3525
-e regie 4394*
guarigione 1012*, 2968*
Guarnieri A. (march.) 4626
Guarnieri P. E. 3841
Guastalla (Reggio E.) 4626
Guastalla E. 4626
guercio 3968
Guerin Meschino” (Il) 5788
guerra (V. soldati, esercito, bottino bellico,
pace etc.) 1124*, 1472*, 1824*, 2105,*
2122*, 2132*, 2145, 2161, 2402, 2463,
2484, 2693, 2730, 2998*, 3273*, 3590*,
3631, 4325, 4421*, 4714, 5058, 5505
- delle parole 3627
- e pace 280*, 2101*, 2784
- in Italia 5511*
-e scientifiche 3353*
Guerrazzi 1672, 2523, 3864, 5232
“Guerre des Dieux” [V. Parny] 1911
guerrieri ed edificatori 5179
-o catafratto 5605
Guerrieri-Gonzaga (marchesa) 3132
Guerrieri-Gonzaga C. 5137
Guerzoni G. 1745
Guglielmini (tipogr.) 3865
Guglielmo I 5405, 5467
Guglielmuzzi (mattoide) 5483
Guicciardini 4311*
Guida classica di Roma” 3496
Guido [V. Pisani G.]
Guignon et Mascotte 5697
Guittone (fra) 3760, 4063
Gustavo Adolfo 4762
gusto cattivo 1557
- odierno in arte 3907
Guttierez 5287
Guy O. 2872
Gyara (isola delle Cicladi) 3823
Hagi el Maati 5325
Hagy (caffè) [V. in Milano] 5624
Halèvy L. 5600
Halphen (fabbricante di gomma) 5474
Hamilton 5403
Hardouin (père) 3323*
Harrar (emiro di) 3714n
Hartig F. (conte) 3848
Hartley 3326*
Harvey 2066*, 3326*, 4308*
haschisch 4650*, 4652*
Hawai 5287
Hayez 3859, 3877, 4276, 5271, 5528
Hegel G. 1745
Heine 1769, 2509, 4967
Heinsius (-io) 3336, 4180
Herz 5577
Hesse (granduca di) 5597, 5780
hidalgo 5654
Hobbes 1817*, 3306*, 3307*, 3317, 3418,
3950*
Hoepli (edit.) 5568
Hoffmann 3205*
Hogarth 1269, 1271, 1272, 1273, 1274*,
1279, 1280*, 1281*, 1291, 1374, 1686,
1688, 1689, 2066*
Hohenlohe (card.) 5373, 5403, 5404, 5405,
5467, 5469, 5492, 5512, 5515, 5536, 5571,
5572, 5600, 5700
Holbein 1759
Hölly Federico (barone di Nieder-mensdorff)
2871, 5164n, 5340n, 5423
Hölly M. Rosalia (di Niedermensdorff) 2871,
2868n, 5164n, 5340n, 5423
Holstein 3336
Home H. 1270
homunculus 3635
Howells W. D. 4029
Hugo V. 707, 1745, 2190, 2644
Huillard Bréholles J.L.A. 5584
Humbert A. (min. elvetico) 5369
Humboldt A. 3613
Hume D. 2536
ibridismo art. 1994
- politico (V. oss. pol.) 1992*
ideale e reale 4499
ideali 3224*
- amorosi 3083
idealismo 3529
idealità 1394
idee (V. in foltezza, imaginazione,
abbondanza, confusione, coordi-nazione,
concezione, pensieri -o etc.) 1407, 1427,
1428, 3527, 3632, 4150, 4203, 4621
- all'ingrosso e al minuto (V. grande e piccolo,
molto e poco, equivalenza etc.) 3641, 3774
- comiche 1390*
- correlative 4367*
- e loro espressione 271
- e sensi 2071*
- (folto e scarsità di) 1407, 3571*
- generali e particolari 3659
- (generazione delle) (V. concezione,
generazione, creazione etc.) 3685, 4024*
- (giro delle) 5411
- innate 2057, 4937
- nei bimbi 1788
- (novità nelle) 3984*
- (opposizione alle) (V. opposizione)
- (progresso nelle) (V. progresso) 5539
- (relatività nelle) 2069
- (simboli d') (V. simboli)
- vecchie 3682, 4972
- - e nuove 3671
idillio 1034*, 2567, 4209
idrofobia 1163, 4078, 5387
idropatia 750, 4071*
ignoranza (V. dottrina, scienza etc.) 1678,
1896, 2407*, 2414*, 2476, 3441*, 4743*,
5445
- antica 1662*
- e dottrina 3695
- italiana 4718
ignoto (riverenza all') 4375*
“Iliade” [V. Omero] 2118, 2158, 4872
illeterati 2170
illusioni 2354, 3224*
Illustrazione italiana” (L’) 3877, 3878
Illustrazione popolare” (L’) 3661
imaginazione (V. fantasia) 1072*, 1230*,
2728, 2979*, 2983*, 3564, 3575, 3764,
4808
- (abbondanza e scarsità di) (V. in Idee,
foltezza etc.) 2774
- (forza dell') 2957*
- fresca e rafferma 3922
- letteraria 2958*
imagine sofistica 3417*
imagini (V. similitudini, metafore etc.) 1162*,
3268, 3720, 4859, 4863, 4865
- barocche 3129*
- felici 646*
imbalsamazione (V. conservazione) 3296*
Imeneo 5693
imitatori (V. in autori) 1483*, 2184, 2196*,
3445*, 3621
imitazione (V. raff. class., creazione etc.)
363*, 1646, 1648, 1649*, 1784, 2241*,
4024*, 4066*
- artistica 2258*, 4119*
- classica 2412*, 2419*, 2428, 2839*, 2885*,
3664, 4011
- e creazione 2958*
- e novità 3318
- letteraria 705*, 2649*, 4633
- miglioratrice 1797*
Immacolata 2684, 5033
immobilità delle leggi 2589
- industriale, morale, etc. 5248
immodestia letteraria 2119
immoralità artistica-lett. 1670*, 1877
- in Italia 5267
- legale 4588
- ufficiale 4333*
immortalità 1152*, 1917*, 2335*, 3294*,
3997*
- universa 266*
imperatori e re (V. principi) 2412*, 3100*,
4752
Impero inglese 3349*
impicciolimento della razza umana 5076
impiegati 2330, 2332, 2360, 2584, 2611,
2652, 3614, 3693, 3744, 4139, 4386, 4578,
4579
- e publico 3709
- publici (V. Burocrazia) 3124, 4005, 4751,
4840, 4853, 4914, 5012, 5107, 5280, 5290,
5293
- regi 499, 4751
impieghi (accumulamento d') 571, 5260
- pubblici 756*, 5260
imposte (V. tasse, tributi etc.) 2840*, 2920*,
4310*
impostori 3808, 3819
- scientifici 3939*
imposture artistiche (V. dotte canzo-nature,
inganni etc.) 3849
- filosofiche 3458*
- letterarie 3344, 4008*, 4306*
imprecazioni (V. esecrazioni, bestemmie,
invettive, ingiurie, maledizioni etc.) 54*
imprese araldiche (V. divise) 3497
imprevidenza 2011*
improvvisatori 542, 666, 3701, 5286
imprudenza maritale 2679
imputabilità penali 4643*
Inama (prof.) 2499
incantesimi (V. mago, filtri etc.) 3438
incendi fittizi teatrali 781*
incenso 983*
In cerca di un amante” 3496
incesto 983*, 985*, 1067*, 3388
inchiostro 1505, 1546*, 1753
Incisa 5423
incisori 5226, 5227
incombustibilità 3285*
incompletezza 5698
incomprensibilità dotta (V. oscurità scientifica
etc.) 3238*
incontentabilità 226*, 971*, 1513*, 3716
- del genio 2051*
incoraggiamenti alle scienze e alle arti 1696
incostanza 2976
- popolare 1056
incredulità1202*
incubatore d'ova 5038
incubi 3400
indecisione 3222*
indeciso (uomo) 505*
India 2882*, 2911, 4714, 4757, 5182, 5244
indiani 3588
indifferenti 2615
indimostrabili (cose) 2100*
indipendenza individuale 1267*
indispensabilità 5720
- apparente 5763
individualità 1417*, 4415
individuo 2459, 2492
- pericoloso 5077
indolenza 2581
Indostan 4246
indovinelli (V. enigmi etc.) 1383*, 2191, 4135
indugio 1018, 2600*
indulgenza 4472, 5089
Induno Dom. 2248, 3877
Induno G. 3879
Induno Olona (Varese) 3618, 3723, 3743,
3780, 3800, 3922, 4213, 5590
Industria (V. in arte)
- antica 3006
- cinese 3190*
- e arte 2641, 4708
- e poesia 4708
- umana 4187*
Industrie improduttive 5505
ineguaglianza delle pene 2970*
- nelle ricchezze 1113*, 4159*
infallibilità papale 4027*
infanticidio 453*, 3375*, 3620
infanzia (V. bimbi, bambini, fanciulli etc.)
1957*, 2977*, 2979*
- (illusioni d') 3810
- (ricordi d') (V. memorie) 3900
infedeltà coniugale 800*
infelicità 557*, 2758
inferno 1505, 1892, 5094
infinito 2405
ingannatrici (cose) 2818
inganno, -i 445*, 483*, 1097, 1256, 3232
- dotti 1268
- feminile 588*
- reciproco 2682
- sacerdotale 1105, 1195
ingegneri 3648
ingegno 1178, 1382, 1406, 2387, 4587, 4807
- (avvilimenti d') 3816
- completo 1975
- e studio 515
- (misura dell') 3615
- precoce 5759
- (premi all') 2047*
- (prova dell') 2188
- (qualità d') 3689
- sconosciuto 3561
- sprecato 2056*
- (uomini d') e stolti 3732
ingenerosità 1946*
ingenuità (V. naïveté) 1323*, 2731
- dei bimbi 2541
- del genio 622*, 1968
- nell'arte 1968
Inghilterra 366*, 383*, 1242, 1377, 1994,
2005, 2068, 2471, 2871, 3195, 3443*,
3543, 3549, 3704, 5443
ingiuria, -e (V. oltraggi, invettive) 1600*,
2102*
- antiche 199*
ingiustizia (V. giustizia) 3675
ingiusto (V. giusto) 1091
inglese gravità 3801
- (lingua) 4565*
inglesi 2594, 5666
ingratitudine 1129, 3330
- figliale 1067*, 1094*
- politica 4584*
iniquità legali 1211, 4903, 5706
- publiche 36
- umana 4699*
innamorati 1046*, 3030
inni patriotici 5538
innocenti e colpevoli 4112*
innocenza 2994*, 4394*
inondazione 2582, 5140
inquisizione 2866, 2916*, 3346*, 3949*, 5621
insaziabilità 1078
- intellettuale 4841
insegnamento (libertà d') 2533
insegne delle botteghe 2217, 4315, 4660*
insieme e parti 2251*, 2252*, 2253*
intellettive facoltà (interruzione nelle) 3694,
4725 4736, 4764, 5167
-o lavoro (V. lavoro) 2370
- patrimonio 3671
intelletto 1584*, 4725, 4736, 4764, 5167,
5168
intellettuale pugna 4790, 4989
intelligenza 1081a*, 3663, 3772, 3975, 4736,
4841
- e bellezza 1027*, 4725
intenzione delittuosa 195*
intercalari (V. ritornelli di frase) 2558, 2813
intercessione 1940*
interesse 1455*, 2085*, 2843*, 4169*
- individuale 551, 2470
-i economici 2146*
internazionalismo 2455, 2469, 2472, 4393*,
4416, 4612, 4733, 4916, 5024, 5077
interrogazioni capziose 252*
interruzioni nelle facoltà mentali 3694
Intra 4620, 4844
intreccio 2174, 2267, 3346*, 3659, 3978
inutili 3753
inutilità 3750, 5720
invasioni barbariche 4480*
inventori 2551
invenzione lett. (V. creazione) 4014*, 4395*
invenzioni (V. scoperte) 1335*, 1654, 5046*
inverno 1864, 1871, 2678
invettiva (V. ingiuria etc.) 3186*
invidia 1948*
- letteraria 4173*
- popolare 4637*
inviolabilità personale e locale 3692
inviti 2544
Inzago (Milano) 3980
io e noi 1729
Ipazia (Tessaglia) 2985
Iperide 3365*.
ipnotismo 5439
ipocondriaci 48
ipocrisia, -e 453*, 548*, 1187, 1283*, 1459*,
2519*, 2609, 2815, 3280*, 3643, 4170*,
4242
- costituzionali (V. costituz. sist., governo,
forme etc.) 2652
- del galateo 2787
- di sentimenti 3086
- dotte 2545, 4360*
- feminili 588*, 602*
- filosofiche 4342*
- fratesche 2191
- letterarie (V. impostura, ciarlataneria etc.)
488, 949*, 1037, 2080*, 3170, 3451*,
3463*, 3479*, 3492*, 3550, 3567
- e di loquela 2262
- mediche 4563
- morali 2950
- politiche 2563
- religiose 500, 3447*, 3448, 3450*
- sacerdotali 3304*
- ufficiale 2533, 2563
ipocriti 2617, 2805
Ipparchia 3363*
Ippea 3385*
Ippes” di Aristofane 1098
Ippia 3137
ira 187*, 416*, 1552*, 3570*
- in amore 955*
Irawaddy (fiume) 5287
Iriarte 4319, 4356
Irlanda 2881*
irlandesi 3956*
ironia 1613*, 3329*
irreligiosità (V. empietà) 3532*
- odierna 3447*, 3495*, 3541
irrequieti 2674
Irwing [=Irving] W. 3613
Isa (in La desinenza in A”) 4529
Isabella (color) 3357*, 3958*
Isabella regina di Spagna 4880
Isacch (dottor) 2702, 2803
iscrizioni burlesche 5361
- sepolcrali (V. epitafi) 1023*,1029
- varie 4316, 5541, 5566, 5582
Iside 3391
Isocrate 4098
Isolina (nellaVita di Alberto Pisani”) 2872
ispirazione artistica 4459
Israeli (V. D'Israeli)
Issogne 5602
istinto sessuale 2541
istituzioni invecchiate 1872, 2721*
- nuove 2038*, 2139*
- parlamentari 5620
Istria 4777
istrumenti da fiato 5467
istruzione (V. scuola, esami, educazione,
pedagogia, professori etc.) 85, 110, 122,
136*, 143*, 148*, 153, 156*, 180*, 181*,
377, 456, 460, 478*, 570, 573, 574, 592,
864, 966*, 1885a, 1989*, 2000, 2223,
2245*, 2533, 2560, 3263, 3530, 3758,
4368*
- obbligatoria 2393
- popolare 2658
- precoce 1852*
Italia (V. Unità d'-, sciupio di denaro etc.) 95,
155b*, 512, 578, 1035a*, 1074, 1084,
1377, 1397*, 1472*, 1480*, 1598*, 1676,
1695, 1920*, 1921*, 2068, 2145, 2181,
2199, 2210, 2240, 2269, 2307, 2314,
2319, 2324, 2325, 2349, 2363, 2386, 2390,
2473, 2478, 2495, 2521, 2531, 2533, 2542,
2563, 2603, 2631, 2652, 2671, 2754, 2759,
2824, 2853, 2862, 2871, 3148, 3271, 3528,
3549, 3568, 3583, 3585, 3674, 3681, 3688,
3705, 3715, 3716, 3734, 3738, 3776, 3784,
3785, 3803, 3837, 3853, 3855, 3866, 3877,
3883, 3884, 3889, 3957, 3981, 4039, 4494,
4500, 4550, 4551, 4552, 4553, 4562, 4612,
4613, 4626, 4627, 4688, 4713, 4718, 4749,
4750, 4753, 4765, 4768*, 4777, 4832,
4879, 4895, 4899, 4914, 4926, 4978, 5005,
5076, 5092, 5106, 5210, 5232, 5238, 5244,
5259, 5267, 5268, 5287, 5312, 5313, 5351,
5391, 5408, 5409, 5419, 5421, 5424, 5476,
5485, 5495, 5588, 5602, 5639, 5642, 5673,
5680, 5701, 5749, 5760, 5772, 5782
“- artistica” (L’) 3869
- attuale (1877-78/-80-81 e sgg.) 318a, 457,
549, 569, 571, 594, 1695, 2074, 2075,
2114*, 2330, 2332, 2475, 2520, 2542,
2652, 3883, 4500, 4679, 4688, 4719, 4829,
4898, 4901, 4978, 5070, 5229, 5486
- austriaca 2351, 2677, 2831*, 2860*, 3107
- (confini d') 4768*
- (dell'89) 2853
- (del 92) 2835*
- (del 95) 2835*
- (del 1820-1860) 5005
- (del 1835) 4629
- (del 1870) 2330, 2333, 2522, 2723, 3784
- (del 1871) 2723
- (del 1886) 5409
- e Francia 2199
- e Germania letterarie 3106
- e i micromani 5680*
- (Giovane) 5391
- (nel 1669) 5511
- (nel 1890) 5518
- (storia d') del 1870 [V. sopra]
- (unità d') 2071*, 2832*, 3715
italiana (lingua) 2433, 2849, 3936, 3938,
4556*, 5436, 5547
- (politica) 5070
- (questione religiosa) 4562
“- musicale” (L') 3865, 3866
italiani 3148, 5391
Iti (neiFastidi Ovidio) 2871
Jacini S. 3654, 3976
Jacopino (prete) 3758, 3943
Jacovacci F. (pittore) 4272, 4506
jankees 5666
Jaucourt L. 1648
jena 4078
jodio 4943
John Bull 1271
Johnson 1270, 3316*
Jokoama 2611
“Jones (Tom)” 1374
Jorge Pitillas 4359*
Jorick (del “Fanfulla”) 4211
Juvara 5226
Kaiser” (nave) 4550
Kalakana (re di Hawai) 5287
Kant 3328*, 4573
Kapila 2536
Kehl 2868
Kefis(s)ia (V. Cefisia)
Keller A. 3877
Kempthorn (capitano) (nell'Endicott di
Longfellow) 1750
Kern 4317
Kiepert H. 5609
King 3319*
Klopstock 1354, 1356, 1357, 1360, 2225,
3246, 4467
Kortchakow 2862
La Barbera 5587
La Boëtie E. (V. Boëthie)
Labronica (Biblioteca) 4827
La Bruyère J. 1648, 2055
Labus G. B. 3877
Lacedemoni (V. Spartani) 2439, 2505, 2506,
2588*
laconismo 1372*
ladrerie ufficiali 4832
ladri 1241*, 1339, 3349*, 4598, 5038
- grandi e piccoli 5446
- pubblici (V. depredazioni) 1049
- - e privati 2797*
Laganà 5267
“La gente per bene” 4693
Laglio (lago di Como) 5658
lago 2777
Lago maggiore” (Il) 4620
lagrime (V. riso) 879*, 1146*, 1300, 1310*,
2662, 2731, 3004*, 3028*, 3129*, 3207*,
3718, 4104, 4138*, 4324*, 4684
- e riso 699*
Lainati S. (dottor) 5737
Laja (o Jaja) (pittrice rom.) 1932
Lamarmora 4550
Lamb 978, 1009, 4443
Lambertini (papa) 5315
Lambruschini L. (card.) 5549, 5571
Lambruschini R. (pedagogo) 3745
Lamia 3385*
lampada eterna 3963
-e antiche 5307
lampo 1450*
Lando G. 4089
langue verte 5337
Lanza G. (min.) 5171, 5200
lanzichenecchi 5561
Laocoonte (gruppo del) 1658
La Palisse 5559
Lopôff (maschera mil.) 2347
Larghi P. C. 4059
La Rochefoucauld F. 3873
lasciti pii 616*, 621*
lascivie classiche (V. oscenità, lett.) 122
La Spezia 4769
latina (lingua) 278, 2781, 2789, 4190
Latini Brunetto 2801
latino-italiano 5488
latrina (V. cesso) 345*
Lattanzi 2868, 5331
Lattanzio 4710
lattemiele 2343
Lattuada S. 5622
Launay E. [ V. De Launay]
Laura di Sade 362*, 3668, 4615
lavori parlam. 4856
lavoro 62, 299*, 2155, 2486
- de' fanciulli 2702
- di lunga lena 2380
- e ozio 2651*
- e riposo 492, 532
- fisico 4126
- intellettuale (V. intell. lavoro, attività etc.)
3686, 4126, 4989
Law (carta di) 2475
Laz(z)ari 595, 3878, 5376
Lazzarini (prof.) 2533
Lazzaroni (pasticciere) 4844
“Lear (re)” [V. Shakespeare] 3521, 5355
Lebrecht G. 5643
Lecce 2542
Lecco (Como) 3878, 3891
Le Fevre (M.
lle
) 1126, 1339
“Legenda aurea” 3960*
legge (V. diritto, pena) 1366*, 1977, 2070*,
2590
- e pena 3542, 3778
- pel genio 1979*
-i (V. lungherie legali) 72*, 470*, 1174*,
1507*, 1578*, 1607*, 1695, 2465, 2475,
2589, 2925*, 5038
- antiche e nuove 2084*
- antiche romane 23*
- edili 1266*
- fisiche 837*
- (immobilità delle) (V. immobilità)
- italiane 577
- penali 1638*, 1641*
- per le donne 33*
- sulla prostituzione 3396*
- vallesi 4642*
leggittimità della prole 3404*, 3929*
legislazione 3351*
- antica 752*
- inglese 2878
legno 5129
Legros (edit.) 3865, 3866
Leibnitz 2057, 4182, 4242
Lemano (lago) 2282
Lemene 735, 1683, 1684
Lemmi A. 2737, 4626, 5183, 5497, 5603
Lemna (Como) 5787
Lemonnier (edit.) 2200, 4581, 5399
Lenau 3689
Lenglet du Fresnoy 4304*
lentezza e celerità di concezione intellett[uale]
(V. lett., creazione, generaz., concezione;
V. pensiero (tardità di), tardità etc.) 683*,
3356
Leonard (edit.) 2985
Leonardo da Vinci 1654, 1756, 2801, 2826,
3339*, 3801, 3859, 4400, 5019n, 5426
leone 218*, 1925*, 5704
Leone Aretino 632
Leone XIII (V. papa) 4405, 4816, 4857, 5405,
5492, 5515, 5571, 5600
Leonida 465
Leonora d'Este 5314
Leopardi 1317, 2259, 2311, 2471, 3163, 3583,
4493, 4934, 5002
Leopoldo re di Baviera 3765
- di Toscana 2032*
Lepanto (battaglia di) 5617
lepri 3286*
Lesage 1165
Lesbia 2524, 4089, 4538*
Le Sueur E. (pitt.) 5765
letame 2874
Lete (fiume) 5750
Leti Gregorio 743*
lettera R. 2202*
lett[era]ri anacronismi (V. anacronismi, oss.
lett. etc.) 3419
- difetti 2886*
- furti e conquiste 4567*
- odii 3914*
- (piccoli e grossi errori) 2246*
- (primi lavori) 1833
letteraria anima 3209*
- carriera 3220*, 3614, 5278
- concezione lenta o celere (V. lentezza,
concezione etc.) 3092*, 3258, 5278
- concisione e prolissità (V. prolissità) 3937*
- (continuità nella produzione) 3689
- correzione 3974
- coscienza (V. in coscienza) 3932
- critica 3319*
- decadenza 1679
- eguaglianza nei lavori 2886*
- (fecondità nella) produzione 3112
- immortalità 3015
- ingenuità antica e mod. (V. ingenuità) 2273
- irreligiosità 3155*
- lima 3092*, 3908
- lode o biasimo 3969
- malignità 3060*
- regola 3669
- republica 4818
- semplicità 2167
letterarie (avanzi di opere) 3257*
- (composizioni) 3017*
- (destino delle metafore) 2285
- dispute 5450
- guerre 3187*
- oscenità (V. oscenità etc.) 4233
- pazzie 3954*, 3959*
- poltronerie 2263
- speranze 1765
letterario furto (V. plagio) 2885*, 3319*
- genio 3941*
- giudizio 2885*
- occhio 3921
- ricatto 3583
- riso e pianto 2172
- scopo 968*
letterato, -i 158*, 213*, 1190, 1274*, 1348,
1393, 2540, 2649*, 2679, 3064*, 3492*
- di professione 4109*, 4632, 4935, 5282
- mestieranti 4632, 4935
- (miseria ne') 159*
- parasiti 3494*
- (povertà e ricchezza ne') 3578, 4699*
Letteratura (V. stile, regola di -, oss. lett., N
[ote] L[ett.], crit. lett. etc.) 850*, 1217,
1451*, 1650*, 1783, 1884*, 4332*, 4780,
4837, 5278, 5560
- alta e bassa (V. Note lett.) 2240, 4865
- antica 1955*
- antica e odierna 2492, 3260, 3566
- ascetica 5253
- burlesca e grottesca 3338, 5137
- civile 2117*
- classica 3306*
- comica 2390
- (compito della) 2169
- (cuore in) 1465*
- dei muri 1766, 2394, 2622, 4329, 5266
- della decadenza 4649
- ebraica 3344
- e linguaggio 4156*
- e medicina 5064
- erotica 3394, 3530, 5253
- frammentaria 3519, 4694
- generosa 1866
- greca 1725
- immorale 962*, 963*, 1670*, 1983, 5253
- inglese 3311*
- in Italia 3547, 3883, 5282, 5748
- internazionale 5099
- milanese 1198
- nei partiti 4825
- nuova 1255, 5277
- odierna 1362, 1831*, 1870, 1898, 2232,
3517, 3547, 4694
- (oggetto della) 4528, 4847
- (peculiarità nelle opere di) 1882*
- pei bimbi 3434
- poetica 3517
- popolare 1766, 3514*, 4847
- romana 2111*
- scipita 1798*
- (scopo della) 1903, 2230
- sentimentale 1955*
- spagnola 4356
- vecchia 2557
letterature antiche 3418
- class. ant. e moderne 3308*
lettere (V. epistolario)
“- alla mia ignota amante” 5517
- d'amore 3619
- (intercettazione [delle]) 1937*
- (pensieri per) 3243*
lettere dell'alfabeto (V. abici, alfabeto) 1627*
- e cifre 4467
Lettere e Arti 3516*
letto 1886, 3682, 5292
lettori 157*, 1218*, 1554*, 1616, 2436, 2445,
4542
- disattenti 4467
- (dolori de') 1882*
- e scrittori 520, 947*, 3451*
lettura (V. rilettura) 1975, 2118, 2121*, 2171,
2188, 2334, 2414*, 2427, 2501, 2523,
3318, 3511*, 3539, 3574
- a voce alta 1616
- dei sommi 2062*
- e meditazione 183, 487
- e rilettura 1873, 2046
leva 3584
- (dì della) 2349
Levi Primo 3560, 3875, 4877, 5603, 5686,
5725*
“Leviathan” 3306*
liberalità de' poveri 926*
libero arbitrio 4115, 4183
libertà (V. servitù, schiavitù etc.) 113*, 114*,
115, 149*, 190*, 410*, 415*, 665b, 1452,
1974, 1981*, 1999, 2464, 2477*, 2485*,
2835*, 2852*, 2991*, 3020*, 3037*,
3395*, 3534, 3699, 3826*, 4183, 4390*
- del genio 1979*
- di pensiero 2534
- di stampa e di parola 2858*
- e tirannia 3306*
- esagerata 677*
- falsa 3493*
- gramaticale 2753
- publica e domestica 190*
libidine 970*, 1062*, 2003*, 2993*, 949, 3805
- e diletto 2945*
- feminile 648*, 3484*
librai 1797*
- e autori 3738
libretti d'opera 5479
libri (V. titoli de' libri) 1697, 1829*, 1842*,
2161, 3451*, 3564, 3636, 3950*, 3997*,
4020, 4198, 4962, 5300
- buoni 2046
- - e cattivi 1873, 3978, 4707
- cattivi 1382
- creati e composti 2379
- curiosi 3126*
- di messa 3375*, 3951*, 4718
- di morale 1882*
- di note domestiche 1900
- di scienza 4125
- (distruzione de') 631, 3426*
- e idee 2164
- fatti di pensieri 1588
- (fortuna de') 1536*, 3327*, 3668
- (generazione de') 3635
- immorali 962*, 963*, 4707
- immortali 957
- (mole de') (V. mole) 435*, 2179*, 3947,
3962, 4000*, 4305*, 4371*, 4962
- non nuovi 4810
- nuovi e vecchi 1797*, 4810, 5300
- piccoli 3962
- (rinvenimento di) 633
- (successo de') 4157*
- (titoli de') 3118, 3959*, 4510, 4511
- (utilità e diletto de') 1087*
libro 340*, 2929*, 3065*
- poetico 1403
“Libro dei monologhi” 4215
“Libro delle Bizzarie del Dossi” (V. Bizzarie)
Libro delle Prefazioni” (Il) 3496
Liceto 3963
Licurgo 1137*
Lieo 961, 3850, 5750
Lifonti 5587
Ligornetto (Canton Ticino) 3538
Lima (Perù) 5666
lima letteraria (V. lett. lima, correzione etc.)
884*
limbo 3945*
Limbritis 5587
limo 3607
limoni 2402
Lincei (Accademia dei) 5184
linea serpentina 1272
lingua (V. eleganze di lingua, oss. di lingua
etc.) 18, 433*, 479*, 481*, 1318*, 1861*,
2238, 2416, 2602, 4091, 5472
- e dialetto 2810
- e letteratura 4156*
- (filosofia della) 2292
- francese 2195, 2197*
- in letteratura 2252*
- internazionale 5099, 5115
- italiana 210, 814*, 2210, 2751
- (la miglior) 1675
- latina 982
- milanese 5494
- nazionale 3308*
- e classiche 3971*
- (osservazioni di) 2602
- (ricchezza di) 3372*
- (riforma della) 2194*
- (unità della) 1790
- universale 2712, 4188, 5099, 5115
linguaggio (scienza del) 1644*
lingue (V. alterazioni nelle l., oss. gram.)
3936, 4091, 4654*, 5501
- classiche 1544*
- (studio delle) 4343*, 4359*
Linneo C. 4733
lino 3918*
liquori 4067
lirica 1656*, 1889*
lirici 4067
Lisander (cuoco) 5625
Lissa 4550
Liszt (V. Litzt)
Literno 4607
liti conjugali (V. matrimonio) 682*
- e dispute 3697
- legali 118*
- (subite) 2673
litiganti 1510*
Litta (contessa) 47o6
Litta (duca) 5611
Litta E. (duchessa) 3724
Litta P. 1702
Litzt (Liszt) 4550, 5467, 5512
Livio T. 633
livrea 2854*, 3249*
lo per ciò 1071
Lobelli Bedoni G. (edit.) 5498
“Locandiera” di Goldoni 3803
Locarno (Canton Ticino) 5254
locatori e inquilini (V. padroni) 3817
Locke 2057, 2357, 3326*, 3327*, 3360, 3824,
4167
lode (V. applauso, biasimo) 1828, 1879*,
3110*, 3217*, 3422, 3462*, 3515*, 4292,
4320*
- e biasimo 2893*
- e merito 4290*
Lodi (Milano) 389, 2345, 2538, 2550, 2551,
2738, 2739, 3702, 3703, 3704, 3722,
5543b, 5573, 5700
Lodovico Maria Sforza 3650, 5622, 5740
loggia 4987
logica 31*, 2517
- umana 4325
logico (Uomo) 4154*
logismografia 5254, 5342
“Loehengrin” 924
Lomazzo Paolo 1285*
lombarda (lingua) 3913
Lombardia 2390, 2677, 2686, 2821, 3566,
3848, 3913, 4089, 4626, 4627, 5106, 5202,
5218, 5236, 5364, 5369, 5396, 5601, 5639
- (anni 1796-1799) 2859*
- (autunno in) 5162
Lombardia” (La) 3944
Lombardo” (nave) 5200
Lombroso (prof.) 1985, 1986, 1998, 2000,
2001, 2002, 2006, 2009, 2240, 2352, 5353,
5469, 5646, 5651
Lomellina 738
Lomonaco F. 3855
Londonio A. 5629
Londra 1278*, 2624, 2794, 3891, 4200, 4601,
4800, 5284, 5369, 5372, 5452, 5551, 5577,
5597, 5649, 5780
Longfellow H. W. 91, 1750, 1751, 2878
Longo (cap.) 2825
Longo (sofista) 1911, 3530, 4013
longobardi 328*
Longone al Segrino 5535
lontananza 1840*
Lo Presto (cancel.) 2542
loquela (V. discorso, parlare, silenzio) 1543*,
2980*, 2994*, 3251
- e silenzio 2240, 5125
- nelle bestie 3501, 5656
Lorenzo il Magnifico 2756, 2811
Loreto 1997, 2838
loro 1606*
losco 4559*
lotto 1593*, 2667, 3009, 3848, 3900
Lozza 2561
Lozza (tappezziere) 4200
Lubowski 46 18
Lucano 220, 2257, 4180, 4676, 4680, 4767
Lucca F. (edit.) 3865, 3866, 3869, 3906
Lucca Giovannina 5633
luce 719*, 4891
-i 873*
Lucena J. (De) 4570
lucerna col globo 3720
Luciano 1145, 1150, 1159, 1165, 1166, 1171,
1173, 1197, 1387* e seg., 1570, 2985,
3138, 4013, 4443, 4516, 5793
Lucifero 3124, 5367
Lucilio 2506
Lucini G. P. 5732, 5734
“Lucio asino” 4516
Lucio Vero 1674
Lucrezia 2319, 2754, 4469
Lucrezio 356, 843, 849, 982, 2149
lucromania (V. avidità, cupidigia etc.) 2521,
3641
lucus 2900*, 3289*
Ludovisi-Boncompagni (Villa) 5185
lue venerea (V. mal francese) 2284
Lugano 1345, 2634, 3832, 4425, 4494, 4800,
5077, 5078, 5079, 5084, 5158, 5181, 5232,
5369, 5497, 5508, 5639, 5695
- (Archiv. Municip.) 5079
- (Caffè Straub) 5077
- (Collegio dei Somaschi) 5084
- (San Rocco) 5078
- Museo egiziano 5695
Luigi XIV 2133, 2505, 3594
Luigi Filippo 3848
Luino (Varese) 5646
Lulli 4238
Lumière 5551
luna 907*, 1188, 1370, 1390*, 1396*, 2265,
2636, 3149, 3184, 3765, 4050*, 4362,
4747*, 5302, 5349
Lunate (Varese) 4712
Luneburgo 5402
lungarno 2807
lungherie legali 1501*
lupanari (V. prostituzione) 3387*, 3409, 3436
lupini 1036*
lupo 1924
“Lusiadi” [V. Camoens] 2401, 2402
Lusitania 2401
lusso 449*, 2608, 3287*, 3291*, 3301*, 4258
- antico e odierno 2870
lussuria 599
- romana 220
lutto 416*, 1024*, 1287*, 1295*, 1330*, 1347
- cittadino 1124*
-i alterni 880*
Lutzen (Prussia) 4762
Lutzen A. 3581
Luzzatti L. 4825, 5137,
“Lysistrata” di Aristofane 1107, 1108*, 1109
ma, sed, but, per solamente 694
Mably (abbé de) 2868
Macbeth 5332
Macbeth (lady) 1301, 2266, 3627
Macchetta 3753
Macchi M. 4626
Macchiavelli 334, 672*, 1759*, 1934, 2073,
3106, 3307*, 3316*, 4311*, 4312*, 4570,
5238
macchiette (V. caratt. um., Rit. um.,
prosopopee etc.) 368, 375, 499, 505*,
548*, 595, 2546, 2547, 4696, 4757, 5452,
5565
- femminili (V. donne) 597, 4902, 4933
macchine 3645
Macé J. 4842
macellajo 4598
Machiavelli (V. Macchiavelli)
Maconén 5469
Macrino 4351
Macrobio 921, 923, 2153, 2166, 2505
madamine milanesi 2557, 3710, 4134
Maddalena 3862
madiesì 2874
Madonna 2530, 2621, 3953
- del Bisbino 5598
- di Loreto 1997
madre, -i 798*, 3491*, 4411*, 5294
- e fìglio 2978*
Madrid 5653
maestri (V. scolari, professori, istruzione,
scuole etc.) 1346, 1617, 2223, 4179, 5184,
5207, 5208
- e scolari 1221*, 1778, 1788, 4373*
Maestri P. 4626, 4783, 4897, 5106
Mafalda [V. Savoja] 5727
Maffei A. 2812, 3496n, 3850, 3857, 3859,
4458, 4552, 4921, 5137
Maffei S. 5618
Maffei di Boglio C. A. (conte) 5191
Magalotti 737
Magenta (Milano) 2333
Magenta G. 2867
Maggi C. M. 734, 1100, 1340, 1492, 1683,
1750, 2444, 2655, 2794, 3052, 3232
Maggiolino (mobiliere) 2870
maggioranza in politica 329*
Magistrelli 4627
Magliabecchi 2754, 3950*
magna charta 383*
Magnani (fam.) 2361
magnanimità (V. generosità) 728*
Magni (rigattiere) 5528
Magni P. (scultore) 1756, 2823, 3555, 3654,
3738, 3859, 3877, 5204
mago (V. incantesimi) 3434
Mai (avv.) 5375
Maineri B. E. 1190, 3878, 3879
Maino A. 5588
Maja 2874
majale 5723
-i 5263
Majocchi C. 4626
Mairano (Oltrepò Pavese) 5421, 5625, 5628
mal d'occhi 4074*
malafede letteraria 4319
Maladiana (località) 2868
Malaga 2449
Malaret 5237
Malaspina (La) (località) 2868
Malatesti 2806
malattia (V. salute, mali etc.) 1369*, 1803*,
3194*, 3402*
-e mentali 4067
Malcolm Sarah (V. Hogarth) 1273
maldicenza (V. calunnia) 644*, 1459*, 3456*,
5068*
maldivi 3359*
male (V. in bene) 1990*
- del bene 4258
- e bene 2910*
- parziale 628*
Malebranche 2057, 4141*, 4183
maledizione, -i (V. bestemmie, esecrazioni,
imprecazioni, ingiurie, invettive) 762,
1123, 1460*
malfrancese (V. lue venerea) 1074, 1674,
2284, 3145, 3180, 3399
mali 421*
- altrui 4574*
- comuni 3674
- e medicine (V. malattia etc.) 3075
- e rimedi 2881*
- ereditari 5367
- morali e fisici 1225*
- piccoli e grossi (V. piccolo e grande,
equivalenza etc.) 3454*
- veri e imaginati 2528
Malibran 3858, 4509
malinconia (V. tristezza) 1327*, 1427, 1772*,
2369, 2878, 5367
- (“ore di”) 1207, 1768
Malmantile” (Il) (di L. Lippi) 358
malizia 1498*
Malta 5401
maltempo 405*
Malthus 267, 3043*, 4690, 5038
malvagi e pazzi (V. cattivi) 205*
malvagio (trionfo del) 5044*
malvagità (V. perversità, cattiverie, perfidia)
1948*, 4111*, 4172*, 4325, 4503, 4705*,
4932, 4996
Malvano G. 5191, 5701b
mama 5654
Mamerio P. 3356
Mamiani T. 4825, 5141
Mamma di gatt (La) 2561
mammella 4124*, 4592
Mamos 5600
Manara 5387
mancia 1351
Mancini 4900, 4914, 5150, 5171, 5209, 5221,
5303
Manell (V. Porta C.) 2349
mangiar in erba 137*
mani 2262
- rosse 4546
-o felice 493 1
Mania 3427*
manicomio di Roma [V. Roma] 5321
manimorte 2708
Manin D. 3869, 5588
Maniscalco S. 5200,
Manrique (dott.) 5772
Manrique G. 3761
Mansus 3909
manteca d'orso 3283*
Mantegazza Paolo 1673, 4002, 4573, 4591,
4606, 4618, 4620, 4813, 4837, 5259, 5483
Manteuffel O. T. 5402
Mantova 666, 5004, 5225
- (carceri di) 2569
- (Duca di) 1497, 2798
Manuale di enimmistica” 5568
manualità 1380
Manuzio 3356
Manzoli (uff.) 2572
Manzoni 178, 247, 765, 982, 992, 1044, 1071,
1132, 1381, 1464*, 1515, 1521*, 1621,
1622, 1629, 1671, 1672, 1794, 1858, 1895,
1898, 1914, 2055, 2068, 2075, 2153, 2159,
2167, 2171, 2188, 2243, 2264, 2267, 2271,
2273, 2274, 2279, 2281, 2288*, 2305,
2306, 2308, 2314, 2332a, 2337, 2397,
2493, 2497, 2520, 2637, 2724, 2734, 2823,
2868, 3107, 3119, 3199, 3444, 3496, 3525,
3540, 3555, 3563, 3654, 3737, 3738, 3836,
3837, 3848, 3849, 3850, 3854, 3855n,
3856, 3859, 3862n, 3864, 3865, 3867,
3868, 3873, 3880, 3884, 3887, 3888, 3889,
3890, 3908, 3979, 3981, 4217, 4236, 4244,
4245, 4316, 4337, 4348, 4458, 4494, 4553,
4580, 4592, 4677, 4722, 4801, 4886, 4909,
5023, 5084, 5137, 5141, 5154, 5277, 5386,
5396, 5439, 5448, 5449, 5521, 5573, 5638,
5642, 5727
Maometto 4760
Maraini A. (V. Maraini Mimì e anche Mimì)
Maraini C. 4336, 4494, 4695, 4696, 4926,
4958, 5077, 5084, 5093, 5158, 5182, 5183,
5191, 5194, 5200, 5201, 5211, 5219, 5267,
5287, 5379, 5398
Maraini Maria 5182
Maraini Mimì 5380
Maraini Pandiani A. 4336, 4494, 4506, 4563,
5182, 5275, 5379, 5380, 5432
Maraino (Como) 5182
Marcarini 1181
Marchesi (scultore) 3654, 3858, 5682
Marchetti (poeta) 4607, 4814
Marchetti A. (fisico-letterato) 737, 4837
“Marchionn di gamb avert” 1379, 5338
Marchionni (prevosto) 3871
Marcinelli 2319
Marco Aurelio 912*, 915*, 1674, 2319, 2374,
2750, 2908*, 3402*, 4951, 5353
Marco Bruto 4696
Marconi Guglielmo 5729
mare 863*, 1476*, 2801, 3290*, 4714, 4864,
5247, 5370
- Morto 1357
- Nero 5182
Marenco L. 1293, 2338, 3859, 4917
Marforio 1198
Margherita di Navarra 3366*, 3412*
Margherita di Savoja [V. in Savoja]
Margotti (don) 5765
Maria Adelaide 4627
- egizia 3385*
- Luigia 3848
- Stuarda 634
- Teresa 1818
- Teresa di Lorena (V. Savoja)
- Vergine 4063, 4510, 5253
Mariani 3875n
Mariani (ambasciatore di Francia) 5323
Marianna (zia) (V. Del Mayno M.)
Mariano 5207
Mariette (bey) 5211, 5212, 5213
marina italiana (V. soldati, esercito) 3658,
5613
Marini 4216
Marini (cav.) 722, 4053
Marini (figlio del cantante) 5634
Marini A. 4202
Marini I. (cantante) 5634
Marion (maschera) 2793
marionette 749, 813, 2793, 3820, 4309*
maritati (V. matrimonio, mariti, mogli etc.)
1863*, 4321*
mariti 3265, 3368*, 4095, 4321*
- e mogli (V. mogli) 2671, 4321*
Marocco (Africa Sett.) 5325, 5698
Marocco (avv.) 2871, 3848, 3849, 4200
Marozzi (famiglia) 5388
- Camillo 2861, 4200, 5625
- Clementina 5625
- Elisa (in Quinterio) 5625, 5787
- Emilio 2867, 5423, 5625, 5628
- Giuseppe 5514
- Lia 5779
- Maria 5006
Marsala 4748, 5200, 5345
Marselli N. 4825
Marsiglia 750, 5244, 5393, 5419
marsina 3178
Marte 2320
Martelli (dep.) 4706
Martignoni 5741
Martinelli (fornaio) 3848, 3887
Martini F. 5701
martiri popolari 2561, 2704, 2804, 2821, 4438
- nel XIX secolo 4698
Marziale 605, 903, 930, 931, 936, 938, 916,
952, 954, 957, 958, 959, 961, 975, 1816,
2348, 2282, 2392, 2884, 3384, 3413*,
4283, 5560
Marzolo P. 5783
Mascazzini (medico) 3875
maschera teatrale (V. teatro) 1342
-e (V. carnevale etc.) 1699, 2347, 3391, 4060
Mascheroni 737, 4837, 4957
maschile e femminile (V. oss. gram.) 3787
maschio e femmina 43*, 579, 2974*
Mascotte e Guignon 5697
Masi (gen.) 4775
Masnago (Varese) 4712
Massa (cav.) 2363
Massa A. 2867, 3835
Massarani 4775, 5640
massariol 3038
Massaua 5199, 5680
Massena 5588
Massieux J. 4510
massime auree (V. sentenze) 3337*
Massimiliano d'Austria 2394
massoneria 5492
Mastai Ferretti G. M. [V. Pio IX]
matematica 1662*
matematici 2386, 3452*
- poeti 4837
materia (V. forma, unità della -) 1565*
- e forma in arte 1436*
matrimonio (V. maritati, mariti, mogli, liti
conjugali, nozze, imprudenze maritali)
312a, 566, 821*, 1130, 1131*, 1206, 1257,
1258, 1263*, 1309*, 1456*, 1505, 1508*,
1683, 1741*, 1754, 1764, 1843*, 1857*,
1878*, 1880, 2026*, 2600*, 2640, 2675,
2699, 2705, 2727, 2812, 2879*, 2883*,
2888*, 2890*, 2972*, 2989*, 3113*,
3142*, 3172, 3173, 3314*, 3350*, 3398,
3404*, 3453*, 3487*, 3566, 3628, 3719,
3849, 3955, 3961, 4194, 4212, 4321*,
4365*, 4533*, 4549, 4575*, 4670*, 4723,
4754, 5038, 5114, 5145, 5403
Matronae 5598
Matta Biraga 3179
Matteucci 5077, 5378, 5639
matti (V. pazzi) 2352, 3723
mattino 1796*, 3352*, 3587, 4052*, 4867
mattoidi 4617, 4618, 5240, 5483, 5512, 5602
- criminali 5570
“- (I) al Concorso pel Monumento a V. E.”
5240
maturità 3239*
Maupassant 5473
Mauri A. 4789, 4798
Maury (gen.) 5363
Mausdley 3627, 4067, 4068
Mayor Carlo Luigi 5009, 5339
- [des Planches] Edmondo 2348, 5009, 5321,
5339, 5353, 5383, 5402, 5470
- Erminia 5006
Mazzini G. 2324, 2737, 3637, 4608, 4753,
4771, 4897, 5099, 5132, 5391, 5392, 5393,
5394, 5448, 5449, 5451
Mazzucato A. 3649
Mazzuchelli (gen.) 5424
Meazza 1702
Mecenate 5219, 5750
mecenati antichi e moderni 157*
mecenatismo 157*
medaglie governative 5749
Medea 1648, 2257
medici (V. ammalati, malattia etc.) 1666*,
1805*, 2545, 2614, 2718, 3181, 3267,
3425, 3447*, 3535, 4045*, 4072*, 4075*,
4470, 4563, 5032, 5035, 5125, 5177*
- e medicina 540, 3247, 3919*, 4327, 4328*
- letterati 1673, 4837, 5064
Medici (fam.fior.) 5452
Medici (Giovanni de') 1540*
- Lorenzo (V. Lorenzo il Magnifico)
Medici del Vascello G. 5195
medicina, -e 1643*, 1701, 1808, 2590, 2735
3544, 3612, 3959*, 4837, 4866, 4943,
5064, 5065, 5112, 5125, 5139, 5151, 5324,
5721, 5738
- antica 4078
- popolari 4327, 5738
medio evo (V. tenebre del-) 1483*, 2092*,
2093*, 2476, 3369*, 3411, 3692, 3823,
4731, 4941
mediocrità 2695, 3331*, 3513*, 3693, 3750,
5015, 5615
- di fortuna 3175
meditazione (V. riflessione) 487, 1072*,
1075*, 1076*, 1718, 2121*, 2301, 3452*,
3558, 4015*, 4285*
- e conversazione 2042*
- letteraria 3107, 3556
Medoro (nell'Orlando Furioso”) 702
Meestar Hagadel 5369
Megara (Grecia) 5692
meglio (il) 1742*
Mehemet Alì 5609
Meissonier E. 1956
Meleagro 2973, 5234
Melegari 5191, 5393
Melide (Canton Ticino) 3780
Melinda 2401
melodia 3782
- letteraria 1614*, 1618*
Memnoidi 1809
memoria (V. ricordanza) 16, 135*, 1089,
1164*, 1834*, 1884, 1938*, 2025, 2102*,
2141, 2302, 2533, 2692, 2829*, 2941,
2958*, 2983*, 3104*, 3452*, 3565, 3671,
3104*, 3452*, 3565, 3671, 5014
- de' casi passati 1066b
- dei dolori 711*
- d'infanzia (V. ricordi) 2451, 3644, 3766
- di sfortune 1067*
- e giudizio 4150*
- e ingegno 674*
Menabrea 5408
Menagiana 5558, 5559
Menagio 2200, 2240, 2294, 2444,
3336, 3423, 3633, 5708
Menandro 1135, 1759, 3365*, 5553
mendicanti 537
mendicità (V. accattonaggio) 2476, 4731
Meneghino 1750, 2347, 2794, 2820
Menelik (imp.) 5680
Menfi (Egitto) 5213
Mengoni G. (arch.) 3844, 3859
Mengs R. 5404
Menippo (nell'Icaromenippo di Luciano)
1167
menstruo 5349
Mentana 4550, 5311
mente (V. tardità di mente)
Mentore 4871
Mentre nevica...” (“Fiabe per i miei
bambini”) 5751
menzogna (V. bugia, verità, sballoni) 611*,
1520*, 2425, 3077, 3671, 4192, 5121
- universale 608*
- urbana 4227
- e romane (V.sballate) 3282, 3286*
- scientifiche 3282
Merate (Como) 44, 368, 2546
mercanti (V. commercio) 1553, 4101*
mercantile (spirito) 366*
Mercier 2868
mercoledì 3439*
Mercurio 1570, 2163, 2874, 4060
- (stella) 475
merda (V. cesso, latrina, stronzi) 2282, 4078,
4941, 5180, 5181
meretrici (V. puttane, prostitute, prostituzione
etc.) 599, 6181a, 3141*, 3361*, 3381*,
3388
- celebri 3363*, 3366*, 3385*
- (classi di) 3387*
- publiche e private 3708
meridionali (paesi) 3688
Meriggi C. 5099
merito 1060*, 1973, 2402, 4148*, 4269
- e demerito 2591, 3901*
- e ricompense 422*, 4568*
- individuale 3275
- nelle azioni 503*
- vero 624*
merla (la) 1084
Merlino Coccai(o) 2240, 3758, 3943
merlo (Il mio)” 2343, 3905
Mesopotamia 5251
messa 5445
- cattolica 5652
-e 718*
messali medioev. 4300
Messalina 3385*
Messedaglia A. 2000
“Messiade” 1357
Messico 5621
Messina (città) 3658, 5200, 5529
mestizia (V. malinconia, tristezza)
metà e intero 3315
metafisica 1884*, 2125*, 3238*, 5087
metafore (V. imagini, similitudini) 2423, 2564,
3749
- ardite 2285, 4245
- barocche 162
- (destino delle) 2285
in aggettivi (V. aggettivi) 1761
metamorfosi 3123*
Metastasio 666, 667, 675, 1822, 1901, 4012*
Metello 832*
metri diversi (V. rima, verso) 732
Metternich 5203, 5490, 5611
Meung (J. de) 2867, 3373*
Meunier 3848
Meyerbeer G. 3858, 3859, 3891
mezzi di riuscire 1943*
mezzo ceto 979
Micene (Grecia) 5692
Michelangiolo 1356, 1548*, 3516*, 3517,
5180
Michelet 42
Michetti 5028, 5060, 5678, 5701
Mickiewitz A. 4897
Micoletta 5437
Micomicon (regno di) 1515
Mida 1147*) 3773
Migia (o Bigia) Capellee 2804
Migliara (pittore) 3849
miglioramento delle razze 4070, 5650
Milan (sciori de) 5490
Milanes (El) in mar 1789
milanese (lingua) 2789, 2801, 2816, 3913,
4252, 4327, 4431, 4437, 4473, 4557,
4654*, 4662, 4667, 4753, 4864, 5236,
5624, 5667, 5681
milanesi 2189, 5199, 5753
- di vecchio stampo 5378
- (scene) 1755
Milano 147, 512, 1198, 2177, 2318, 2320,
2321, 2337, 2341, 2347, 2348, 2352, 2391,
2394, 2400, 2424, 2444, 2449, 2521, 2537,
2554, 2557, 2596, 2604, 2614, 2624, 2664,
2666, 2802, 2816, 2866, 2868, 2869,
2871, 2872, 3091, 3098*, 3496, 3555,
3583, 3621, 3654, 3677, 3710, 3780, 3798,
3812, 3814, 3817, 3819, 3832, 3836, 3837,
3840, 3850, 3851, 3853, 3858, 3865, 3868,
3870, 3875, 3877, 3879, 3880, 3884, 3887,
3891, 3905, 3906, 3935, 3944, 3976, 3981,
4057*, 4060, 4065, 4067, 4089, 4202,
4211, 4218, 4220, 4221, 4236, 4262, 4316,
4466, 4469, 4476, 4501, 4554, 4597,
4607, 4626, 4691*, 4693, 4706, 4718,
4749, 4760, 4770, 4771, 4775, 4776, 4789,
4796, 4812, 4877, 4880, 4912, 4926, 4953,
4987, 5004, 5031, 5086, 5172, 5180, 5182,
5196, 5211, 5214, 5232, 5236, 5281, 5287,
5318, 5331, 5419, 5461, 5465, 5474,
5481, 5493, 5494, 5495, 5497, 5499, 5548,
5551, 5595, 5600, 5611, 5622, 5630, 5636,
5675, 5683, 5684, 5686, 5690, 5693,
5700, 5704, 5706, 5714, 5724, 5734, 5739,
5755, 5756, 5765, 5782, 5785, 5791
- antica 5378, 5618
- austriaca 5555
- commerciale 5202
- (cronaca di) 3848
- e milanesi 5387
- e Pavia 2298
- gastronomica 5561
- (nel 1795-99) 2859*
- (nel 1796) 2856*
- (nel 1848) 5488, 5490
- (nel 1849) 5611
- (quartieri nuovi di) 5398
“- sconosciuta” 4672
- (teatri di) 2678
- (vie, piazze, biblioteche, case, etc. di):
- Albergo del Gallo (V. Osteria del G.)
- Albergo della Gran Bretagna 2871, 3677, 5500
- Albergo Milano 5686
- Ambrosiana (biblioteca) 2340, 2853, 2869,
3406, 3872, 5389, 5693
- Andegari (via degli) 147
- Annunciata (via) 5497
- Archivio di Stato 5377
- Arcivescovado 4218, 4316
- Arco de' Fabbri 5693
- Arena 3848
- Asilo Evangelico (via M. Rosa) 5737
- Associazione della Stampa 5086
- Bagni Diana 3566
- Borgonuovo (via) 3524
- Borsinari (via) 1750, 2794
- Brera (Academia di) 3524, 5080, 5493, 5741
- - (biblioteca) 1471, 3850, 3869, 3878,
4065, 4089, 4760
- - (palazzo di) 103, 2393, 3859
- - (via) 2596, 3524, 5683
- Caffè Biffi 1755, 3876
- Caffè Campari 3862
- Caffè d'Europa 4608
- Caffè Hagy 3861n, 3862, 3877, 5390, 5630
- Caffè Martini 2546, 2631, 5631, 5686
5700
- Tanaglie (contrada delle) 3848
- Teatro Carcano 3848
- Teatro Fiando 4707
- Teatro Filodrammatico 4707
- Teatro Gerolamo 2343
- Teatro Milanese 3859, 3876, 3877
- Teatro Politeama 2678
- Teatro Re 3701, 3858, 3870
- Teatro S. Simone 3886
- Tempio Crematorio 4849
- Tempio di Bacco 5693
- Torino (via) 4213
- Verziere 3792, 4753
- Vetera (via Orso) 5746
- Zecca (La) 499
- - Vecchia (via) 5785
Milazzo 2446
Milelli 4935
Milesi Antonietta 5225, 5424
- G. B. (dott.) 2872
- Gabrini Antonia 5424
- [Mojon] Bianca 2368, 3836, 5391, 5392,
5510, 5528, 5791
- Viscontini Elena 2867, 2872, 3836, 5424,
5528, 5734, 5791
- - Francesca (in Traversi) [V. Traversi]
- - Luigia (in Pisani) 2343, 2368, 2867,
2868n, 2871, 2872, 3698, 3832, 3836,
3842, 4200, 5003, 5163, 5164, 5225, 5340,
5424, 5528, 5668, 5746, 5785
militare (bottino) (V. bottino, soldati, guerra
etc.) 776*
-i francesi 5419
- in ritiro 3141*
millanteria 4952
- “Mille e una notti” 2266, 2877, 5457
- e ottocentoquarant'otto (V. quarantotto etc.)
3840, 4550, 4625, 4629, 4771, 5232, 5488,
5490, 5538, 5663, 5664, 5683, 5714
- e quattrocento (V. in quattrocento) 2756
- e settecentonovantasei 3848
- e trecento (V. trecento)
Milton 760, 1274*, 1356, 1785, 1911, 2256,
2283, 3307*, 3668, 3909, 4361n
Mimì 5380
mimica 1276*
minchionature (V. canzonature, imposture etc.)
1757
Minerva 261, 292, 1820, 2163, 4871, 5105
minestra 2817
Minetti (di Lugano) 5181
Minetti C. 4617
Minghetti 457, 4825, 4900, 4924, 5137, 5171
Ministero, -i 2360, 2373, 2478, 2504, 4666,
4669, 4784, 4811, 5122
- degli esteri 2330, 4704, 4792, 4914, 4978,
5070, 5071, 5191, 5198, 5303, 5408
- degli interni 5077, 5401
- della guerra 2349
- della Publica Istruzione 2349, 5219, 5227,
5399
- delle belle arti 2603
- di grazia e giustizia 4960, 5189
ministri 3987*, 4170*, 5237, 5399
- (consiglio di) 5336
- ed uscieri 5593
- e re 4181
“Mirabilia” 5531
miracoli 1036*
Mirmecide Milesio 2660
Mirra (nelleMetamorfosidi Ovidio) 982
Mirto (moglie di Socrate) 1258
Miscellanea del frate di S. Ambrogio ad
Nemus” 3865, 3869, 3878
Miscellanea della Rivoluzione 2340, 2869,
3406
miscellanisti 3318
Misdea 5150
miserabili (V. poveri etc.) 2359, 2598
miseria (V. povertà) 75, 414*, 895*, 1045,
1730, 2713, 2714, 3812, 3894, 4807
- e ricchezza 3175
- nei letterati 158*, 1837*
misericordia 4285*
missionari francesi 5404
missioni cattoliche o protestanti 3595
- delicate 2262
misteri religiosi 1160
misura delle pene 2082*
- dell'ingegno 3615
mitologia 1867, 2636, 3392, 3728, 3773
- (filosofia della) 2450, 2640, 3048
Mitra (dio) 116o
Mitridate 2526, 4037
mobili 5122, 5679
- vecchi (V. arredi) 2870, 5082, 5100, 5438
moda (V. volubilità) 1322*, 2699, 3384,
3432*, 3481*, 3838, 4000*, 4064*, 5082,
5393
- letteraria 4034*
-e 3367*, 3397, 4692*
- (origine delle) 3958*
- oscene 3368*
modelli 5437
-o di legno 3524
- dei pittori 4123*
Modena (città, ducato) 2351, 2572, 4224
Modena G. 5393, 5555
moderazione 1477, 3217*
- nel trionfo 3104*
modestia 111*, 1740*, 3104*
modi di dire 96*, 296*, 458, 462*, 463*,
1162*, 1320*, 2752, 3274*, 3720
- - efficaci 2315
- - esemplari 695*
- - oratori 1234*
- - umoristici 1389*
Modugno 4588
Moffia di Lisio Gribaldi G. 4627
mogli (V. mariti, matrimonio, maritati etc.)
335*, 614*, 913*, 1857*, 3002*, 3480*,
3484*, 4321*, 4813
- d'artisti 3961
- e mariti 3173
- romane 327*
Mojon B. (V. Milesi)
Molac (di Brettagna) 1827
Molina (tip.) 1471
mollezze 1266*, 3288
Molmenti P. 3878
moltitudine 5222
Moltke 2487, 3679
molto e poco (V. grande e piccolo,
equivalenza etc.) 3721
Mommsen 2073, 2235, 3106, 3650, 5185,
5535
Momo 1198, 4446
monache (V. monasteri, conventi, frati etc.)
2723, 3449*, 3620, 3827, 4135, 4562,
4950, 4954, 5747
monachismo 3641
monaci (V. frati) 1596*, 3763, 5048*
Monaco 5421
- (Principe di) 5403
Monaco La Valletta (card.) 5515
monarchia assoluta (V. oss. pol., forme di
governo etc.) 2106*
- e republica 2081*
- italiana 5391
monasteri (V. conventi) 3067*, 3375*
Moncalvo 5464, 5555
Moncenisio 2345, 3889
mondo (V. universo) 2221*, 3249*, 3459*,
3460*, 3772, 4651*
- (corruttela del) 1062*
- (esistenza del) 700*
- fisico e morale 1421
- nuovo 3817
moneta falsa 5249
Mongini (tenore) 3944
Monitore Pisano” (Il) 4597
monogamia 141*
Montagsreview” 4967
Montaigne 65, 685, 2144, 2169, 2181, 2269,
3318, 3360, 3410, 3562, 4142, 4302, 5793
Montanara (battaglia di) 5486
Montecalvo 2867, 2868, 2872, 3780, 3832,
3835, 3836, 3842, 5003, 5164, 5165, 5166,
5276, 5340, 5352, 5373, 5374
Montecarlo 5421
Montecatini 2718
Monte Citorio, [V. anche in Roma] 305
Monte Olimpino (Como) 5737
Montesquieu, 1640, 3327*, 3360, 4225, 4277
Monteverde (scultore) 2823, 4271
Monti V. 2079*, 3199, 3849, 3854n, 3856,
3886, 4583*, 4589, 4886, 5137, 5331
Montmasson 5201, 5401
Montreux (Svizzera) 5383
monumenti, -o 103, 3806
- a Leonardo da Vinci di Magni 1756
- sepolcrali (V. tombe, sepolcri) 901*
- storici 215*
Monza 3726, 3788, 3807, 3841, 3875, 3878,
5529, 5664, 5695
Moore 5182
Moore T. (V. Moro)
morale (V. regole di-) 1449, 2826
- altezza 1586*
- ed estetica 1962*
- (relatività della) 1133*
-i (libri) o imm. 4707
- problemi 1971
moralità 389, 3589*
- e politica 3688
- (influenza dell'istruzione sulla) 2000
- nell'Arte (V. immoralità, libri immorali etc.)
2630*, 4707
moralizzazione 3393*
Morandi L. 4202
Moratin L. F. 658
Mordini A. 4550
Morelli (dep.) 2613
Morelli (pittore) 1956, 4500, 4648
morfina 3920*
Moriggia G. 3865
Moro (Moore) Tom. 69, 212, 759, 2150,
3325*, 3336, 5038, 5042, 5047, 5155,
5249
morra 3416*
Morris William 5649, 5699
Morsenga (località) 2868
mortalità 5032
morte (V. ora suprema) 149*, 189*, 194*,
349*, 407*, 415*, 490*, 704*, 719*, 731*,
802, 901*, 932, 1019*, 1022*, 1245,
1310*, 1353*, 1359*, 1365*, 1458*,
1522*, 1792, 1808, 2385*, 2426, 2479*,
2556, 2763, 2995*, 3021*, 3082*, 3133,
3150, 3218*, 3225*, 3228*, 3239*, 3250,
3253, 3333*, 3402*, 3426*, 3447*, 3631,
3800, 3998*, 4082*, 4336, 4714, 4969,
5283, 5355, 5427, 5589
- immatura 3581, 5141
- improvvisa 3523, 4288*
- in amore 1019*
- (pena di) 2034*, 2039*, 5038, 5150
-i 3718, 5700
- (dì dei) 2341, 2604
- (diritto dei) 5661
- e superstiti 192*
- e vivi 5736
mortificazione di carni 3415*
mosaico 5019
Mosca (avv.) 4958
Mosca (città) 4661
Mosca (dott.) 5665
Mosca (El) 2348
Mo” 4463
“Mosè” di Rossini 2898*, 4882
mostri 2154*, 5741
-o 2205
motivi vari di scene, racconti, comedie,
descrizioni, bozzetti etc. (V. descrizioni,
soggetti, scene, scenari etc.) 473, 1211,
2160, 2521, 2559, 2571, 2643, 2645, 2663,
2670, 2673, 2736, 2775, 2826, 3007, 3099,
3145, 3272, 3396*, 3407, 3642, 3699,
3717, 4003, 4004, 4215, 4530, 4600, 4601,
4719, 4724, 4725, 4738, 4751, 4803, 4857,
4910, 4953, 4986, 5028, 5054, 5255, 5290,
5297, 5447, 5562, 5700, 5707, 5750
(poemetti archeologici)
- di bozzetti 1205, 1206, 4126, 4127, 4139,
4705*, 5751
- di descrizioni (V. descrizioni) 3806
- di epitafi 5671
- di quadri 234, 238, 2345, 3397, 3555, 4857,
4985
- di racconti 2041, 2559, 2560, 2691, 5459
- di scene 41, 1768, 1777, 1904, 3723, 3740,
3767, 4213, 4221, 5416
- di statue 4348
- poetici 5355, 5358, 5359
moto 3917
motti arguti (V. frizzo, bisticci, epigrammi
etc.) 1767
- brighelleschi1699
movente (V. spinta)
- delle azioni umane 1422*
Moyon (dott.) 3647, 3836
- B. (V. Milesi)
Mozart W. A. 734, 1132, 3862
mucchio 4561
muda 4030
mugnajo 3065*
Müller K. O. 1679
municipalìsmo (V. odi munic.) 3814
Muratori 2754
Mureto 2200
Musa Ant. 750
muscoli e nervi 3685
museo capitolino 2374
“- di famiglia(Il) 3661
musica (V. crit. mus., oss. mus.) 669*, 1343*,
2221*, 2222, 2555, 2658, 2670, 2953,
3121, 3559, 3602, 3649, 3944, 4413
- antica 4520, 4521
- criminale 5570
- e amore 512
- e musicisti 172*
- immorale 1877
- in chiesa 3471*
- medicinale 3959*
- odierna 26*, 3782, 4520, 4521
- (Storia della) 666
musici (V. eunuchi) 3471
Mussi B. (in Borsani) 5683n
Mussi C. 5711
Mussi Francesco 5474, 5645, 5756, 5782,
5791
Mussi Giovanni 5183
Mussi Giuseppe 3859, 3877, 4494, 4632, 5756
Musurus (pascià) 5597, 5780
Musurus (principessa) 5597, 5780
Musurus Catalani C. (V. Catalani Musurus
C.)
mutabilità nell'um. opinione 610*
mutuo soccorso 4393*
Muzio G. 2751
Muzio Scevola 2235, 2319
Nabucodonosor (re) 5179
naïveté artistica (V. ingenuità) 2273
Namaziano Rutilio 910
nana (donna) 4970
Nanna (fantesca rom. del D.) 2323, 2722
Nannarelli F. 3861
Nantes (editto di) 2269
Napoleone I 89, 1472*, 1485*, 1609, 1821,
1885a, 2074, 2097*, 2145, 2264, 2345,
2349, 2362, 2448, 2464, 2487, 2505, 2584,
2708, 2806, 2826, 2832*, 2838, 2868,
2871, 3518*, 3559, 3726, 3739, 3802,
3848, 3856, 3880, 3889, 4181, 4337, 4551,
4661, 4787, 4886, 4914, 5137, 5179, 5352,
5391, 5685, 5673, 5728, 5746
Napoleone II 3848, 5685, 5746
Napoleone III 578, 2871, 3848, 4336, 4550,
4551, 5211, 5310, 5311
napoleoniche guerre 4787
Napoleonidi 4551
napoletani 754*, 5268
Napoli 1000*, 1127, 1994, 2341, 2614, 2771,
2826, 2867, 2911, 3575, 3583, 3688, 3715,
3798, 3831, 3848, 4263, 4505, 4609, 4612,
4902, 5093, 5200, 5257, 5267, 5268, 5497,
5533, 5694, 5749
- antica 352
- borbonica 4832
- (Teatro del Fondo) 5213
- (Teatro S. Carlo) 3848
- (Via Toledo) 3715
napolitano (paese) 1397
Nardi (storico) 4311*
Narvaez 4880
nascita 84, 191*, 417*
naso 563, 1073, 1297, 1325
- buono e cattivo 4740
- letterario 2254
- (punta del) 2670
Nasso (isola) 2450
Natale 1160, 4623, 5092, 5093
natalizio del re 2343
Nathan (fam.) 2737
Natoli G. (min.) 3897
natura (V. arte e natura) 837*, 840*, 848*,
1247*, 1380, 1568*, 1957*, 2410*, 4011*,
5075
- (bontà della) 4734
- e arte nell'espressione degli affetti 1088*
- e studio 2208*
-e (V. in caratteri)
- forti e deboli 3227*
- nobili (V. nobili car.) 3244*
navi 1304*, 3111*, 4323*
navigazione 3918*, 5244
- generale italiana 5267
Naviglio [V. Milano] 3603
nazionalità 4688
nazioni 3248*, 4158*
- (morte delle) 83*
Nazzari O. 4626
nebbia 5350, 5435
necci 4634
Nefélai di Aristofane 1089, 1090*, 1091,
1092, 1093*, 1094*, 1095, 1096*
Nefrid (principessa) 5213
negazione 2941
Negri Cristof. 1215, 1609, 2073, 2074, 2075,
2088, 2118, 2119, 2133, 2134, 2141, 2144,
2145, 2153, 2157, 2371, 2373, 2488, 2838,
3944, 4494, 4728, 4750, 4771, 4810, 5259,
5287
Nelli 1503, 1505
Nelli (fonderia) 5219
nemici (V. amici) 1104*, 4058*
nemus 2900*
neo-arrivati (V. gente nuova, arricchiti etc.)
2703
- latinisti 1752
neologismi 1089, 1704*, 1780, 2753, 4668
Neoptolemo 3943
Neri Tanfucio 2167
Nerli (storico) 4311*
Nerone 4042b, 4045*, 4085*, 4118, 4122,
4761, 5728
nervi 3685, 4986
Nespoli (prof.) 864*
Nestore 4870
nettezza 4o62
Nettuno 1100, 2401
neve 1128, 5709
nevrotici 4986
Newton 2063*, 2368, 3326*,
3327*, 3666, 4573
Nic(c)olini 3854, 4236
nichilisti 4779
Nicolle 3333*
Nicolò di Russia 3848, 4899,
Nicoly 3753
Nicomede 1256, 3382
Nicotera 4619, 4631, 4825, 5201, 5217, 5401
Nigra C. 2717
nihil albius 5721
Nilo 3294*
Nina (amore del D.) 4498, 4684, 4702, 4717,
4860
niñas 3930
ninfe 3508
Ninive 5273, 5692
Niobe vaticana 1651*
nipote 2282
nipotismo 141
Nisard 4680, 4708, 4767, 5050
Nishan Iftikar de Tunis (ordine del) 2824
nitro 3142*, 4087*
Nizza 4627, 5328
no e sì 808*, 940*
nobili caratteri 1865, 1866, 3244*
nobili e plebei 27, 3034*
Nobili (comm.) 5483
nobiltà (V. plebe) 766*, 790*, 1048*, 1049*,
1060*, 1370, 2061*, 2832*, 2854*, 3349*,
3465*, 3480*, 3833, 3839, 3988*
- e plebe 1060*
- vera 119
- - e falsa 2830*
Nocca C. F. 5385
Nocca Trovati (Sig.
ra
) 2359
noci 1040, 2705
Noci (falegname) 5301
Nocito (prof.) 4759
Noè 4463
noi- io 1729
noja 4144*
-e 2660
nojosi 4507
nomi di difficile pronunzia 2681
- di donna 3198
- di strade (V. vie) 147
- e cognomi 3825, 4010, 5299, 5727
- e numeri 2712
- propri 4603, 5299
nordici (V. popoli settentrion., Germania etc.)
- paesi 2430
- stranieri 4206
Nosetti 3738, 3856, 3858, 3878
notai 1512*
Note alle lettere” (Le) 3496
“Note um[oristiche] di letteratura alta e bassa”
(V. ipocr. lett., oss. lett., etimologie,
amfibologie, antitesi, letteratura, bisticci,
raffr. class., proverbi, esagerazione etc.)
199*, 762, 1766, 2240, 2358, 2394, 2423,
2424, 2431, 2433, 2437, 2444, 2488, 2501,
2502, 2505, 2512, 2523, 2552, 2558, 2603,
2626, 2712, 2746, 2751, 2752, 2753, 2756,
2761, 2787, 2788, 2803, 2806, 2807, 2810,
2816, 2827, 2849, 3118, 3126*, 3199,
3237*, 3318, 3327*, 3344, 3348, 3371,
3372*, 3401, 3466, 3496, 3530, 3776,
3905, 3954*, 3969, 3983*, 4010, 4241,
4246, 4301, 4865, 4869, 4872
notorietà e fama 3515*
notte 866*, 1450*, 1823, 1886, 3682, 3972*
- di San Bartolomeo 2269
- e giorno 43*, 2299*, 5283
- (prima) di matrimonio 5430
Nova (prof.) 46o, 2498, 2533
Nova F. 5331
Novara 2368, 2927, 4476, 4713, 4967, 5524,
5538
Novarini L. 4510
“Novelle pei generosi” 3272, 3365*, 3444,
3496, 3569, 4127, 4600, 5091, 5156
novellieri italiani 1539*
“Novellino” 2877
novità 3445*
- di frase 1731
- in arte 477, 4091, 4544*
nozze 303, 1040
- (poesie per) 3040
nubi 865*
- e vento 766*
nudità 2699, 2720
nulla 3652, 3682, 3744
numerazione 3743
numeri 2974*
- e nomi 2712
numero nei periodi (V. melodia letteraria)
1614*, 1618*
Nunziante V. 5200
Nuova Enciclopedia Popolare” 4774
Nuova Fanfulla” (La) 4877
Nuove preghiere” 3490
nuovo 1787, 1831*
nutrizione 2981*
obbiezioni alla verità 3354
obelischi 1156*, 1159
Oblieght 5183
oblio 932, 2479*, 2941
occhi 53*, 3149, 3421, 3446, 3574, 3930,
5721
occhiali 3205*
occhio bibace 3332*
- (esperienza dell') 1690*
- letterario (V. letterario)
Occioni O. (prof.) 5137, 5208
Oceania 4378
oche 4081*
Odazio E. 3680
odii letterari 3013*
- municipali 2298
- scientifici 3147*
odio (V. rancore) 3721, 5242
- e desiderio 4497, 5242
O' Donnel 5588
Odissea” 4867, 4870, 4871, 4872
odori 3478*, 4803, 5067, 5116, 5318
Oeningen (cave di) 1268
offensori e offesi 4111*
offesa (V. oltraggi) 196*, 1208, 1600*, 5444
- alla donna 4108*
- e perdono 5554
Ognissanti 3259
ohè, oui 5364
Olanda 1875*, 3018*, 5251, 5369
Olcelli G. 4200
Oldoini F. 5332
Oleario de Bellagente E. 5214
- - - M. 2868n, 2871, 5164n, 5214
Olimpia (Grecia) 2439
Olimpo 1912
olio 5096, 5304
Olivares (ing.) 5730
Oloferne 3701, 3858
oltraggi (V. ingiurie, offese etc.) 1566*
Oltrepò pavese 2871, 5214, 5322, 5400, 5625
omaggio al genio (V. onori, genio etc.) 1907*,
4170*
Omate 3848
Omboni E. 5543b, 5573
Omboni G. (prof.) 4589
Omero 134*, 549, 836*, 1121, 1191, 1473,
2216, 2241*, 2510, 2511, 2515*, 2724,
3261, 3338, 3418, 3516*, 3529, 3682,
3749, 3854, 3855, 3859, 4733, 4867, 4869,
4906, 5162
omicidio 1408, 2727, 2730
omiomeria 4381
omiopatia 4073, 5367
omissioni 2o86*
onanismo 2040*, 2800*, 3370*
onestà (V. regola di-) 1682, 3165, 3551, 3601,
4429, 4481*, 4526*, 5319
“-artistica” (V. art., oss. art. etc.) 1279, 1281*,
1450*, 2752, 2823, 2826, 3418, 3419,
3496, 3553, 4034*, 4189
“- - e politica” 2826, 2911, 3496,
3621, 4239
- e denaro 521
- e urbanità delle parole 2195
- falsa 2699
- feminile (V. donne) 2691, 4469
- latina 3469*
- letteraria 2630*, 2761
- politica 2107*, 2137*, 2356, 2764*, 2826,
2847*, 2911, 2926*, 3020*, 3219*, 3552,
3622, 4038, 4039, 4239, 4465*, 4481*,
4526*, 4581, 4635*, 5614
- - e individuale 2162
onomatopee 2300
onore 447*, 3021*, 3157*, 3170
- ai sommi (V. genio, omaggio) 992, 3981
-i 2402
- al genio (V. genio, omaggio) 3981
- alla virtù 1883*
- convenzionali 5038
- e infamia 887*
- e meriti 422*
Onorio (imp.) 765
operajo (moto) 4994
opere rivoluzionarie 1785
opinione 446*, 610*, 1179, 1225*, 1230*,
1561*, 1678
- (accordo di) 3677, 5131
- publica 1766, 2560, 5130
-i umane 1299*, 5131
Oporto 4627
oppio 4650*, 4652*
opposizione alle idee 394*
ora di chiedere 3269
- - dare 3269
- suprema (V. morte) 357, 2556, 3581, 3698,
3740, 3836, 4017*, 4302
“- -” (L') 3496
- topica 3269
oracoli 1195
oratoria (arte) (V. modi, regola di) 1195 5703
- (invettiva) 3186*
- sacra 3594, 3756
Orazio 284, 477, 749, 750, 1134, 1213, 1249,
1590, 2086*, 2305, 2437, 2506, 2793,
3438, 4442
ordine 3527
- publico 2485*
Ore di melanconia” 3496
orecchio 1391*
- musicale 4339*
organetto, -i 1196, 2555
orgia 1030
orgoglio (V. superbia) 731*, 754*, 1373*
- leggittimo 3932
- letterario 1070*, 1085
- ne' sommi (V. coscienza, genio etc.) 992
- romano 291*, 350*
Oriani B. (astron.) 3849
Oriente (questione d') 2091*
Origene 3383, 3947
originalità 135*, 1709*, 1784, 2121*, 3041,
3046, 3062*, 3235*, 3922
- e studio 1913
- negli uomini e ne' libri 4366*
Orléans (duchessa d') 635
“Ornithes” di Aristofane 1100, 1103, 1104*,
1105, 1112
orno 867*
oro (V. denaro) 1490*, 1869, 3117, 3401,
3464*, 4116
orologio 1919, 3252, 5131
- a gariglione 4944
- solare 2773
Oropa (santuario di) 2622
orsi 3283*
Orsini F. 4626
Orsoline 5747
Orta 5460
Orvieto 4381, 4678
oscene divinità 3377*
- imagini 3391
-i segni 3386
oscenità 4602
- classiche (V. lascivie class., lett. erot. etc.)
1118, 1393, 3741, 5253
- nella moda 3367*, 4300
osceno gergo 3387*
Osculati 3877
oscurità 3431
- dotta (V. incomprensibilità, dott. erud.,
scientif. etc.)
- letteraria 17, 3492*, 4342*
- scientifica 3320*
ospedali 621*, 3139, 3425
- di Milano 2177
ospitalità 73*, 5326
osservazioni artistiche (V. pittura, scoltura,
statuaria, paesaggi, arte) 342, 1443*, 4951
- critiche (V. Critica, oss. lett., art., mus.) 67,
671*, 713*, 730*, 926*, 1033*, 1078,
3304*, 3472*, 3492*, 3500, 3504, 3517,
3624, 3649, 3910*
- - letterarie (V. antitesi, barocco, stile etc.
etc.) 16, 17, 18, 21, 24, 67, 91, 92*, 152*,
242*, 250*, 298, 696, 890*, 1025*, 1121,
1193*, 1222, 1252, 1382, 1403, 1434*,
1436*, 1649*, 1658, 1706*, 1765, 1801*,
1914, 2316, 2774, 3257*, 3276, 3684,
3776, 4028*, 5097
- dei pedanti (v. critica dei p.) 1081b
- di stile (V. stile) 233*, 242*, 681b*, 794*,
1614*, 1618*, 5097
- filosofiche (V. filosofia, sistemi filosofici)
1186, 1574*
- fisiologiche 3804
- gramaticali (V. lingua, alterazioni nelle
lingue, amfibologia, aretini, contradd
gram., curiosità gram., solecismi,
sgrammaticature, radici, maschile e
femminile, ozio, Gramatica etc. etc.) 24,
49, 173, 224*, 278, 404, 442*, 479*, 481*,
1222, 1606*, 1625, 1761, 2391, 2395,
2423, 2432, 2443, 2524, 2706, 2783, 2795,
2803, 2827, 3401, 3539, 3706, 3712, 3743,
3768, 3787, 4569
- letterarie (V. subassurdità, stile, crit. lett.,
originalità, plagio, raff., class., Note lett.,
libri, autori, scrittori, Letteratura, arte,
pensare e scrivere etc.) 1132, 1134, 1141,
1293, 1313, 1360, 1362, 1381, 1429,
1466*, 1483*, 1521*, 1557, 1776, 2119,
2644, 2886*, 2893*, 2952, 2979*, 3010,
3080, 3092*, 3106, 3159, 3160, 3183*,
3258, 3339*, 3749, 4031, 4034*, 4157*
- - contemp. 1474
- politiche (V. governi, politica, publici poteri,
principii, maggioranza, ibridismo pol.,
camera, rivoluzioni, rivolte etc.) 83*, 97,
201*, 329*, 396*, 623*, 1868, 1992*,
2081*, 2456, 2652, 2764*, 2840*, 2846*,
2847*, 2850*, 2855*, 2904, 3195, 3218*,
3422
- psicologiche (V. anima etc.) 30, 31*, 44, 49,
129*, 205*, 259*, 321*, 395*, 425*, 446*,
478*, 483*, 489*, 606*, 664*, 1051*,
1187, 1208, 1409*, 1438, 1739*, 1740*,
1887*, 2101*, 2213*, 2481, 2566, 2605,
2647*, 2661, 2729, 2730, 2746, 2843*,
2850*, 2851*, 2965*, 3553, 3687, 3777
- umoristiche (V. St. Um., Umorismo etc.)
1037
ostacoli 2151 *
osteria (v. taverna, bevitori, vino etc.) 2575,
2596, 2796,
“Osteria” 2450, 2579, 2723, 2978*, 3496,
3526
osti 2625
ostinazione 1114*, 1411*, 2711*
ostracismo 1637*
ottimismo 973*, 4409*
Ottoboni M. V. (contessa) 1818
Ovidi 1270
Ovidio 231, 251, 275, 284, 285, 286, 287,
290, 292, 293, 298, 629, 687, 689, 690,
978, 979, 981, 982, 986, 987, 992, 1007,
2257, 2305, 2428, 2871, 3394, 4842, 5306,
5385
ovo 5730
ozio (V. indolenza, poltroneria, fanulloni,
fuggifatica etc.) 163*, 405*, 836*, 1026*,
1133*, 1567*, 1596*, 2708, 2802, 3264,
3455*, 3763
- e attività 534*
- e lavoro 2651*, 4478*
- e oziosi 3440
- gramaticale 404
- italiano 3957
- letterario 2751
- politico 2764*, 2850*
oziosi (V. fanulloni, fuggifatica etc.) 265*,
1733, 2631
pace (V. in guerra) 961, 2932*, 3056*, 3453*,
3654
- e guerra 280*
- romana 2136*
- universale 3631
Pacetti C. (scult.) 3849
Padova 3848, 4750, 4956, 5036
padri del deserto 3389
padrone, -i (V. servi, servitori, locatari etc.)
- e inquilino (V. s.) 3696
- e servitore 1941*, 2668, 4160*
paesaggio in pittura 498
Paganini N. 3853
Pagliano (pittore) 2249
Pagnoni (istit. tip.) 3877
Palagi P. (pittore) 3898, 5528
Palazzolo sull'Oglio 2723, 5543b, 5573
Palermo 2825, 4877, 5200, 5240, 5267, 5780
Palestra letteraria (La) 2366, 2527, 3865,
3872, 3905
palingenesi della rosa 3147*
“Palinodia” di Leopardi 2259
Palisse (La) 3973*, 5559
Palizzi (pittore) 2567
Pallanza (Novara) 5476
Pallanza (oste) 2625
Pallanza (prof.) 3627, 3741
Pallavicino (card.) 743*
Pal(l)etta C. B. (chirurgo) 3849, 3856* 4886
pallidezza 5138
Palmerston (lord) 3722
paludi 865*
Palumbo Cardella (seg. di Crispi) 5577, 5694
Pamphili Doria (principe) 4616
Panama (istmo) 1788
Panattoni (avv.) 5700
Pancaldi 5483
Pancarana (località) 2868
Panceri (prof.) 5213
pancia (V. ventre) 2673
Pandiani A. (V. Maraini Pandiani A.)
Pandiani G. 5379
pane 261, 4710, 4738, 4868*
- dei villici 1984*
paneggiamenti in plastica e pittura 2248
“Panegirico di Trajano” 4401, 4402
panettone 2807
pani fallici 3391
Panizza B. 574
Panizzi A. 1629
papa (V. Chiesa, Roma) 140*, 2409*, 3342*,
3977, 4027*, 5315, 5405, 5654
- Leone XIII 5492
- Pio IX (V. Pio IX) 2313, 4405
-i 5603
- antichi 742*, 4639
papagalli 1506*, 3416*, 5656
paradiso (V. inferno) 654*, 1079, 1446*,
1834*, 2226*, 2289
- turco 587*
Paraguay 4813
paralisi 5153
paralogismi 1154*
paramenti di chiesa 5622*
parasiti (V. celebrità, letterati etc.) 1149*,
3540
pardon 2787
parentela 5553
parenti (V. figli, madri etc.) 1042
- e figli 1378*
- snaturati 1211
Pareto 4625
pari e caffo 2974*
Paride 5234
Parigi 1099, 2014, 2460, 2473, 2701, 2717,
2769, 2825, 2867, 2868, 2871, 2964*,
2985, 3132, 3384, 3436, 3585, 3637,
3836, 3842, 3848, 3869, 3887, 4500,
4550, 4842, 4901, 4916, 4935, 5136,
5163, 5182, 5209, 5227, 5270, 5369,
5392, 5402, 5408, 5489, 5551, 5578,
5741, 5746, 5781
- (Jardin des Plantes) 2574
- (Louvre) 4554
- (Museo Antropologico) 5211
- (Tuileries) 5352
Parini 536, 609*, 1463*, 1818, 2305, 2348,
3199, 3849, 4532
parlamentari istituzioni (V. istituzioni) 5612,
5615
parlamento (V. camera, oss. pol., deputati)
2143, 4713, 4769, 4968, 5106, 5471
- (Iª apertura del) a Roma 2325
parlare e tacere (V. loquela, silenzio) 2239
Parny 1911, 1912, 3079, 3631b
parodia 641*, 1106*, 1119, 2366, 4250*, 5332
parola 71, 822
-e (V. ones delle p., filosofia delle p.,
sincope di -, vocaboli) 224*, 4182
- (brevità efficace di) 2145
- (collocazione delle) 2198*
- comode 404
- da rinnovarsi 429
- da usarsi 429
- disoneste 2810
- e fatti 2127*
- (efficacia delle) 3514*
- e idee 179*, 180*, 2205, 2930*, 3550, 3791,
4232*
- (filosofia delle) 2198*, 2199, 2290, 2783
- (fisionomia delle) 2217
- (fortuna delle) 2395, 2787, 4987
- indecenti 3373*
- moleste 233*
- (onestà e urbanità delle) 2195
- peculiari agli scrittori 1882b*
- per musica 5752
- strambe 3437*
- vacue 1839*, 4242
parroco 2205
parrucchiere 1918, 2801
“Parte officiale” [V. anche Ritratti umani] (V.
oss. polit. ministri, deputati, impiegati,
soldati, preti etc.) 471, 2330, 2447, 2518*,
2529, 2542, 2591, 2652, 2723, 3424*,
3526, 3537, 3658, 3652, 3692, 3715, 4005,
4386, 4630, 4631, 4832, 4840, 4846, 4955,
4968, 4995, 5012, 5107, 5171, 5184, 5209,
5280, 5285, 5290, 5332, 5336, 5399, 5407,
5455, 5456, 5593, 5599, 5607, 5608, 5610.
partenza 1841*
Parti (popolo de') 231
partiti 5016, 5583
Pascal B. 1729, 2505
pasciuti e vuoti 1058*
Pasqua 1341, 2342, 4940, 5149
Pasquali E. 5195
Pasquino 1198, 2505, 4816
Pasquino” (Il) 2184, 2489
Passalaqua 3753
passato (V. in avvenire, in futuro etc.) 1433*,
1883*, 2941
- e avvenire 294, 4540*
- (rispetto del) 5539
Passau 3848
Passavanti 2751
passero 1004*, 2738, 5051
- di Lesbia 4538*
passi esemplari letter. 258*, 295*, 312, 354*,
358*, 359*, 616*, 621*, 695*, 703*, 802,
849, 980*, 1012*, 1056, 1076*, 1079,
1080*, 1303*, 1327*, 1444*, 1473, 1667*,
3287*, 3289*, 3290*, 3291*, 3292*,
3918*, 4255*
- comici 1249
- d'amore 1168*
- tragici es. 1308*
- umoristici (V. tratti) 1086*, 1229, 1291,
1663*, 1664*, 4045*
passione 2331, 2975*, 3004*
- e ragione 2492
- erotica 3398
- nell'autore 1976
- (voglie della) 2137*
-i 1905, 3383
- nei sommi 3916
- (traccia delle) (V. in traccia)
Passy 3862
Pasta Giuditta 3848, 4918, 5509, 5534
Pastridge (nel Tom Jones di Fielding) 1374,
1515
patarini 3398
patate 2881*
patema 2663
Pateras 4901
paternità 3929*, 4871
pathos 2434
patetico 1451*, 2434
Patrasso (Grecia) 5587
Patri Giacomo 5166, 5354
patria (V. amor patrio) 562*, 2116*, 5024
- (amor di) 2402*, 4750
- di un grand'uomo 1887*
- potestà 2152*
patrioti falsi 5486
patriotismo ed arte 5679
patronati 1988*
Patti A. (cantante) 4423
patti sociali 1919
Pattolo 133*
Patuzzi 3859n
paura (V. spavento, timore) 467*, 690, 768*,
770*, 946, 1181, 2006, 2483, 3144*,
3328*, 4036, 4726
- di morte 2995*
- e coraggio 1301, 4726
paurosi 3629, 5444
Pavia 30, 47, 85, 1821, 2352, 2359, 2363,
2368, 2424, 2707, 2738, 2783, 2867,
2871, 2872, 3610, 3780, 3798, 3832,
3846, 3877, 4065, 4068, 4224, 4554,
4626, 5003, 5164, 5385, 5388, 5423,
5625, 5626, 5627, 5732
- (Collegio Borromeo) 2534
- (Collegio Ghislieri) 2534, 2675, 4589, 5423
- (Condominio) 3832
- (Contrada dell'Aqua) 4200, 5343
- (Palazzo Corti) 3832, 5003
- (Palazzo Mezzabarba) 5627
- (Università) 574, 864, 2352, 2373, 2441,
2498, 2533, 2675, 2694, 2741, 4552, 5184,
5385, 5626
Pavia e pavesi 5331, 5681
pavone 4022
pazienza 74*, 2131 *, 2660, 5459
pazzi (V. matti, rei) 2005, 2784, 3666, 4971,
5321, 5476
- fuori del manicomio 3137, 3323*, 3434,
3610
- grandi 4347*
pazzia 1201, 3312*, 3521, 3673, 3686, 3916,
3917, 4067, 4068, 4484, 4840, 4972, 4991,
5321
- ereditaria 4114
-e 48, 64, 205*, 2682
- filosofiche 3137
- lievi 2352, 2438, 2507, 2548, 2575, 2616
- scientifiche (V. in follie della scienza) 3963
- storiche 2007*
Pazzoni (edit.) 666
peccati (V. scuse al peccato) 994*, 1152*,
4472, 5089, 5659
peccato e cautela 936
- originale 4141*
- (piacer del) 2647*
Pecci G. V. (V. Leone XIII)
pecoraggine 4176*
peculiarità letterarie 696
peculio castrense 2096*
pedagogia (V. istruzione) 3745
pedagogica (società) 2170
pedanteria, -e 1071, 1081b, 1544*, 1562*,
5436
- linguistiche 673*
pedanti (V. oss. dei pedanti etc.) 1541*,
1571*, 1592*, 1617, 1663*, 1664*, 1802*,
2165, 2203*, 2367, 2752, 2753, 3801,
3982*, 4319, 4515*
Pederzolli I. 5077
Pedrin (personaggio di comm. mil.) 1789
pegni (V. vin da pegni) 2796
Peiroleri.2373, 4669, 4792
Pekino 2611
Pellegrini 5452
Pellegrino (prof.) 2371 2498
Pellico S. 4794
Pelo d'Argento (nell'Ave Maria del D.) 2526
Pelosi M. (in Quinterio) 3847, 5504
pena (V. gradazione nella) 1175*, 1844*,
1985, 1986, 2465, 2482*, 2970*, 3032*,
3429, 4106*
- di morte (V. morte) 2034*, 2039*, 3058*,
3778, 4590, 4710, 5038
- dopo morte 5094
- e delitto 2967*, 5038
pene 1902
- antiche 1986
- ecclesiastiche 3426*
pene (membro virile) (V. cazzo) 1077
Penelope 3929*
penitenze religiose 5557
“penitenziali” 3426*
pensare e scrivere 3039
pensatori e conversazionisti 4572*
- (grandi) 5451
pensieri (V. sinonimia di p.) 1428, 1780, 3751
- bacchici 3970*
- confusi 1654
- e parola (V. parola) 2930*, 4130
- felici 4074*
- generosi 3166, 3216*, 3244*, 3444
- grotteschi 3735, 3818
- indefiniti 1839*
- ingegnosi 3063, 3705, 4033*
- profondi 4233*
- vari 2354, 2587, 2687, 2699
pensiero (V. circolazione, generazione,
concezione, cervello, intell., meditazione
etc.) 18, 1072*, 1075*, 1081a, 1090*,
1428, 1589, 1801*, 2481, 2503, 3509,
3673, 3685, 3778, 3917, 4223, 5074, 5167,
5168
- (circolazione del) 3326*
- e azione (V. azione) 3070*, 3347, 3634,
4350*
- e forma (V. forma, idea etc.) 925*
- (influenze sul) 1886
- (tardità di) (V. lentezza etc.) 2042*
pensioni publiche 5486
penuria (V. abbondanza) 553*
- e abbondanza 298
pepe di Cajenna 5489
perdono 1152*, 1846*, 5554
Perelli E. 3877, 5220
Perelli G. 5220
Perelli Luigi 47, 124, 247, 573, 2314, 2348,
2364, 2366, 2439, 2449, 2532, 2566,
2749, 3538, 3560, 3651, 3654, 3829,
3850, 3853, 3857, 3859, 3862, 3867,
3870, 3872, 3873, 3875, 3877, 3878,
3882, 3884, 3891, 3922, 3979, 4877,
4957, 5023, 5220, 5264, 5312, 5587,
5636, 5686, 5694, 5700, 5783
Perelli Paradisi L. 5232
perfezione 491*
Pergine (Trentino) 5218
Pergolese G. B. 3906
Peri (Trentino) 5218
pericoli 2818
Périer C. (Min.) 5202
periodi geologici 5644
- letterari 4649
perla 3254
-e di Cleopatra 3301*
Per me si va tra la perduta gente 2591,
3095
Pernati 5216
pernatiche 5216
Perotti 3848
Perotti 4550
Perrin (edit.) 5781
Perrone Ettore 5759
Perrone Luigi 5755, 5759, 5783, 5785, 5793
Persano C. 4550
persecuzioni 1701
Perseo 4060
“Perseveranza” 182, 571, 2611, 2824, 3877,
4226, 4770, 5568
Persio 613, 2506
personaggi nei lavori artistici 1847*
- storici 1894*
persuasione 1114*, 2843*, 2949*
- al rovescio 817*
Perticari 4589
Pertusati (canonico) 4218, 4507
Perù 5489
Perugia 4272, 4608, 5571
perversità umana (V. malvagità, perfidia,
sceleraggine, crudeltà, animo umano) 77*,
399*, 607*, 848*, 1051*, 1068, 1402*,
1601*, 1607*, 1789, 1927*, 1934, 1935*,
1936*, 1937*, 1938*, 1939*, 1940*,
1941*, 1942*, 1943*, 1944*, 1945*,
1946*, 1947*, 1948*, 1949*, 1979*,
2127*, 3162, 3324*, 3382, 3442*, 3457*,
3646, 3725, 3805, 4574*, 4598
“Pervigilium Veneris” 3587
pesca 714, 1395
pescatori 162, 3421
pesci 2585, 3287*, 3294*
pesi e misure 5260
pessimismo 1296*
Pessina Fr. 3847
Pesto 1000*
peti (V. coreggie etc.) 4537, 5259
Petiot 3862
Petracchi A. (cav.) 5225
Petrarca 600, 1618*, 2437, 2649*, 3339*,
3407, 3518*, 3627, 3668, 3760, 3923,
3934, 4274, 4615 4700, 5643, 5791
petrarchisti 2145
Petrella E. 3859
Petronio 101, 275, 276, 277, 957, 2190, 2793,
2985, 3394, 4013
Pettenghi A. 3877
Pezzi F. 2868, 3557
piacere (V. diletto, voluttà, dolore etc.) 1550*,
2946*, 2976, 3084*, 5589
-i 1364*
- civili già in uso 4640*
Piantanida 4901
piante (V. alberi) 1036*, 1959*, 3352*, 3991
- topografiche 5413
pianto (V. lagrime, riso) 1300, 4684
- e riso 1511*
Piazza A. 4550
piazza e scuola 2135*
Pica (cav.) 499
Pica G. 5200
Picchiottini 3857
piccolezza umana 1838*
piccolo e grande (V. molto e poco,
equivalenza, mali, dolori, delitti etc.)
1838*, 2069, 3996*
-i uomini grandi 4343*
picnic romano 293
Pidal 5303
pidocchi 1371*, 4701
piedi 2262
Piedicavallo (Val d'Andorno) 541, 2646
Piemonte 2351, 2677, 2821, 2862, 3848,
4625, 4750, 4771, 5210, 5216, 5396, 5537,
5588, 5738
- (1853) 4626
Piemonte” (nave) 5200
Pierantoni A. 5502
Pieromaldi A. Z. 3583
pietà (V. compassione) 856*, 1355*, 1641*,
2027*
- falsa 3447*
- religiosa (V. devozione)297*, 2929*, 3307*,
3357*, 3441*
- vera 558*
Pietragrossa (march.) 5164
Pietrasanta (Petrasancta) P. 3522
pigrizia e orgoglio 754*
pinacoteca 1743
Pindaro 4767
Pinelli B. (pittore) 4202
Pinerolo 4627, 5498
Pino (bar.) 5485
pino 867*
Pio V 2815, 5234
Pio VII, 2844*
Pio IX [Mastai Ferretti G. M.] (V. papa) 2313,
2394, 2684, 3656, 3848, 3849, 4336,
4405, 4816, 4857, 5033, 5187, 5515, 5549,
5571, 5572, 5677, 5714
piombo 4122
pipe 5307
Pireo (Grecia) 5566, 5587
Pirgopolinice (nel Miles Gloriosus di
Plauto) 2266
Pirola G. (edit.) 4042a, 5629
Pironi-Giorda (ing.) 3848
piroscafi 5041*
Pirrone 2109*
pirronismo 2417*
Pisa 2737, 2867, 3848, 5133
- (Giovanni da) 2867
- (Pietro da) 2867, 5030
Pisa G. 5777
Pisana Cristina 2867
Pisana G. 3846
Pisanelli G. 1605
Pisani (V. “Ritratti di famiglia”) 2867, 3846,
4065, 4114, 5214, 5393
- diversi: 5133, 5393
- Alessandro 5372
- Baldassare 4065
- Contardo 2867
- (da Besate) 5738
- da Lugnare 5584
- Emanuele 2867
- Francesco 4065
- Gaetano (Messina) 5529
- Giovanni (don) 5543
- Martino 2867
- Ottavio 2867
- Ottavio 4065
- Sisto (fra) 2867
- Tomaso 2867, 5030
- Vettore 2867, 5030
- Pisani Dossi (famiglia) 2368, 2867, 4068,
4114, 4200, 4466, 5186, 5331, 5340, 5343,
5373, 5374, 5377, 5423, 5692
- Alberto (V. Dossi) 2373, 3680, 3780, 3799,
4068, 4192, 4498, 4506, 4702, 4704, 4748,
4817, 4834, 4877, 4957, 4993, 5009, 5013,
5025, 5109, 5123, 5125, 5134, 5162, 5164,
5165, 5166, 5258, 5302, 5305, 5312, 5322,
5329, 5332, 5339, 5341, 5373, 5377, 5380,
5381, 5402, 5420, 5427, 5428, 5469, 5470,
5472, 5477, 5698, 5700, 5719, 5721, 5737
- Alberto (figlio di Guido) 5230
- Amelia 3680, 3780
- Angioletta (in Massa) (zia) 2368, 3835,
3842, 4200, 5186, 5626
- Antonio (zio) 4065, 5165
- Carlo (nonno) 1897, 2368, 2867, 2868,
2871, 2872, 3832, 3833, 3837, 3842, 4068,
4200, 4638, 5164n, 5190, 5331, 5340,
5374, 5377, 5423, 5500, 5626, 5783,
5785, 5791
- Carlo (trisavolo) 2868, 2871, 3833, 5003b,
5164n
- (Borsani) Carlotta [V. Borsani]
- Carlotta (zia) 3842, 5186, 5626
- Carolina (moglie di Gaetano) 3842
- Elena (in Marozzi) (zia) 2867, 3842, 5186,
5371, 5422, 5423, 5425, 5625, 5626, 5627,
5628, 5668, 5745
- Elena (figlia di C.D.) 5595
- Enrico (Prozio) 3834
- Franco (figlio di C.D.) 5771, 5783
- Gaetano (zio) 2871, 3834, 3836, 3842, 4224,
5003b, 5165, 5190
- Gelasio (bisnonno) 2868, 2871, 3833, 4200,
5164n, 5340n, 5423, 5785
- Giacinto (fratello di Gelasio) 2871
- (Possenti) Gina (moglie di Guido) (V.
Possenti)
- Giuseppe (padre) 2867, 2868n, 2871, 3672,
3832, 3836, 4068, 5164n, 5165
- Guido (fratello) 1681, 2422, 2499, 2770,
2927, 3832, 4466, 4877, 4993, 5006,
5009, 5031, 5528, 5700, 5785, 5788
- (Quinterio) Ida (madre di C.D.) (V. Quinterio
Ida)
- Ida Carlotta (figlia di Guido) 3706, 4851,
5009, 5785
- Luigia (V. Milesi-Viscontini)
- Maria in Della Porta (V. ivi)
- (Hölly) M.Rosalia (moglie di Gelasio) [V.
Hölly]
- Sisto (prozio) 3834, 5423
- Teresa in Rutta (V. ivi)
Pisano Enrico 3846
- Nicola 5030
- Ottavio 3846
piscia 5769
Pisciotta (Calabria) 5244
Pistrucci 4753
Pisoni (fam. rom.) 2867
Pitagora 70*, 137*, 783*, 982, 1265*, 1745,
1915, 2221*, 2880*, 4533*
pitagoriche idee 2974*
pittori (V. artisti, ritrattisti) 1443*, 4123*,
4757
pittoriche ombre 1286*
pittura (V. Crit. art., Arte, encausto etc.)
1286*, 2224*, 4137*, 4230*, 4757, 4927
- antica 332*, 4121*
- bizantina 1899
- comica 4121*
- di genere 4121*
- di paesaggio 4121
- e scoltura 5493
- e scoltura (dal 1830 al 1850) 2248
- germanica 4120*
piume 3567
Pizia 1195
plagi (V. oss. lett., imitazione, raffronti class.
etc.) 34, 40, 256, 509, 3633, 3649
plagio (V. lett. furto, imitazione etc.) 632,
1067*, 1795, 4370*, 5011*
Plangon 3365*
plastica (V. arte plastica) 5178
platà (mil.) 5667
Platoff (gen.) 2576
Platone 393*, 922*, 1504*, 1555*, 1714,
1745, 2070*, 2674, 3133, 4259, 4972b,
5667
- (republica di) 2071*
platonismo 3518*
plauso (V. applauso, lode etc.) 3513*
Plauto 87, 312a, 312b, 333*, 896, 903, 982,
1008, 1092, 1759, 2190, 2266, 2283, 2348,
2474, 2752
plebe (V. volgo, nobiltà, popolo etc.) 2100*,
4442
Plesio 5750
Plinio il giov[ane] 636, 4282, 4283, 4284,
4291, 4292, 4351, 4355, 4400, 4401,
4402, 5728
Plinio il Vecchio 508, 1918, 1919, 1924, 1926,
1932, 1933a, 2254, 2950, 3282, 3284,
3288, 3295, 3823, 3918*, 4070, 4071*,
4072*, 4073, 4074*, 4077, 4078, 4079,
4080, 4116, 4118, 4122, 4136*, 4350*,
4351
Plutarco 465, 681, 685, 1135, 2631, 5136,
5144, 5145, 5148, 5366
“Plùtos” di Aristofane 1101
Po (fiume) 2582, 2807, 2871, 3835
Pocapaglia (rivo di) 5530
poco (dal) il molto 4175*
podagra 2619*
“poemetti archeologici” 3496n, 5750
poemi epici 3348, 3492*
- nazionali 2158
- romanzeschi, burleschi, comici it. 388
poesia 385*, 1318*, 1483*, 1485*, 1656*,
1717*, 1961*, 3023*, 3517, 4766
- (definiz. della) 2063*
- e musica 3261
- e pittura 3261
- e politica 2090*
- nuova 4708
- odierna 3624
- politica 5510
- popolare 1965*
-e per nozze 3040
- volanti 5137
poeti 2471, 4434, 4586, 4887, 4935, 5127
- antichi 2511
- di 2° ordine 3046, 3371
- erotici 4512
- e saggi 4566*
- in vernacolo 3279
poetiche licenze 2301
Poires H. 4510
polenta 3446
Polenzo 5530
Policleto 1392*
Policrate 2633
polilingui 1938*
Polinesia 5351
Politecnico” (Il) 1270, 5629, 5639
politica antica (V. oss. politiche) 1946*
- arcadica 2083*
- dal 1878 al 91 5401
- e poesia 2090*
- e religione 2125*
- internazionale 4158*
- italiana 5408
- (persecuzione) 2860*
- (rapporti fra l'arte e la) 2134, 2141
- (storia) 3837
- tradizionale 2081*
politiche accuse 4465*
- allusioni 3803
- promesse 3493*
- puerilità 2854*
politici bisticci (V. bisticci) 2394
- delitti 4741*
- trattati 2356
- uomini 5171
politico disinteresse 2852*
- mondo 5407
polizia 1519*, 1695, 4892
- austriaca 5625
- papale 5453
- (regolamento di) 3789
- sarda 5397
Poliziano A. 2756
polli 4891
Polli G. 1471
pollice 3255*
Polonia 4779
poltroneria (V. ozio, fanulloni etc.) 395*, 501,
1950*, 2759, 3064*
- dotta (V. dott., crudit.) 2751, 2754
- letteraria 2263
polvere di cannone 5046*, 5063
Pomba (edit.) 4774, 4922
Pompei 1766, 2394, 3810, 4842, 5105, 5789
Pompeo 1932, 2073, 4676, 4680
Ponchielli A. 3859, 3877
Ponson du Terrail 2547
Ponte Molle 4636*
Ponti 5495
Pontremoli 5591
Ponzoni (cappellaio) 3851
Pope 2826, 3203, 3764, 4339*, 5637
popolare (aura) (V. favore) 1056, 1098, 3885,
4639
popolo (V. plebe, suggeritori, volgo etc.)
1098, 1336*, 1965*, 2071*, 4243
- e individuo 2185*
-i nordici (V. nordici, Germania etc.) 331*,
426*
- primitivi 4408*
Poppea 3303*
Porcellini (commerc.) 5551
porci 3294*
Porlezza 5079
Porro 5765
Porro G. P. 3714
Porro Schiaffinati G. (conte) 3891, 3980,
4003, 4624
Port Breton 5312
Porta (prof) 2352
Porta Carlo 106, 655, 734, 938, 1005, 1379,
1675, 1684, 1911, 2260, 2349, 2492, 2742,
3317, 3394, 3423, 3555, 3593, 3716,
3836, 3850, 3854, 3858, 3867, 3878, 4063,
4202, 4436, 4753, 4874, 4877, 4928, 5338,
5386, 5465, 5494, 5528, 5534, 5558, 5734
Porta D. 4626
porta del Popolo a Roma [V. Roma] 5134
portinai (V. uscieri) 964*, 2313, 2326, 2542,
2557, 2719
Porto Ceresio (Varese) 3780
porto d'armi 450*
Portogallo 3878, 5328
- (Principe di) 4966
portoghese (lingua) 278, 4099, 4570, 4633
portoni di Porta Nuova [V. Milano] 5629,
5631
Possenti A. 3680
Possenti G. (moglie di Guido Pisani) 3680,
3706, 5006, 5700, 5785
poste 541, 1937*, 2646
posteri 3843
posterità 3335*, 3523
- (giudizio della) 2086*
potere, sapere, vedere 2290
Pouqueville L. 3865
Pourtales (conte di) 5402
Poussin N, 3530
poveri (V. ricchi, miserabili) 3822
- e ricchi 2722, 4643*, 5038
povertà (V. ricchezza, miseria) 81*, 258*,
324*, 419*, 931, 959, 1052*, 1113*,
1147*, 1179, 1299*, 1322*, 1328*, 1369*,
1406, 2025, 2619*, 2956, 4193, 4737,
4738, 4807, 5349
- contenta 3176
- dei poeti 1538*
- di vocaboli 1911
- e miseria 510*, 2714
- e ricchezza 41, 44, 78*, 79*, 81*, 102*,
245*, 258*, 4737, 5100
- evangelica 3482
- latina 3482
- onesta 258*
Pozza F. 5788
Pozzi 3848
Pozzo S. 2622
Pozzolengo (Brescia) 4626
Pozzone 987, 3868
Praga E. 3877, 4648
pranzo 2798, 3269, 5457
- alla Consulta 5610
Prassitele 1392*, 3858, 5682
Prati G. 310, 4921, 4924, 5137
pratica e scienza 2047*
Prato (cronista) 5756
precedenti 4856
precetti evangelici 5503
precocità e tardità d'ingegno e di studi 143*
- d'ingegno 418*, 942*, 1338*
predica (V. grottesche prediche, oratoria sacra
etc.) 1320*, 4719, 5354
predicatori 3374*, 3756, 3959*
- secentisti 2642
predizioni 3959*
prefazioni 488, 4782
- lett. 2380
preghiera 3242*, 4858
- (libro di) 4858
-e 3089, 5279
- (nuove) 5354
pregiudizi (V. superstizioni)
- e scienza 154a*
- popolari 3038
premi al merito (V. compensi, onori etc.) 318a
- all'ingegno 2048*
Premio dell'Onestà (il) 72*, 73*, 77*, 78*,
88*, 93, 94, 112*, 129*, 145*, 186*, 192*,
200*, 205*, 206*, 241, 255*, 261, 299*,
316*, 321*, 322*, 333*, 344*, 417*, 419*,
441*, 448*, 450*, 452*, 453*, 483*, 494,
501, 502, 507, 521, 522, 529*, 549, 551,
559*, 561*, 565*, 569, 571, 596, 607*,
656*, 686*, 691b, 726*, 756*, 778*, 833*,
887*, 897*, 913*, 931, 971*, 994*, 995*,
1062*, 1068, 1830, 1854*, 1865, 1866,
1946*, 1971, 1972*, 2521, 3207*, 3272,
3324*, 3330*, 3337*, 3396*, 3409, 3431,
3444, 3457*, 3460*, 3464*, 3477*, 3496,
3502, 3528, 3532*, 3542, 3568, 3569,
3573, 3582, 3583, 3584, 3589*, 3601,
3631, 3646, 3648, 3652, 3713, 3714, 3722,
3724, 3730, 3753, 3755, 3769, 3796, 3804,
3826, 3903, 3996*, 4021, 4039, 4047*,
4058*, 4111*, 4112*, 4128, 4294*, 4333*,
4409*, 4428, 4429, 4452*, 4686, 4763,
4905, 4996, 5018, 5024, 5038, 5044*,
5049*, 5052, 5053
premio e castigo 5744
- lett. (V. compenso etc.) 3337*
- Principe Umberto 2250
prepotenza 1093*
Presagio” (Il) 4774
presbiopi e miopi 5020
Prescott W. 5654
prescrizione 461*, 4903
presente 1433*, 2456, 2461, 2462, 2941
- e passato 4380*
- (tempo) (V. epoca presente, tempo pr. etc.)
1960, 2475, 2496
presenza 782*, 1848*
- di spirito 3637
Prester Kan 1324, 2875
prestiti publici 2514
pretesti 4055*
preti (V. Chiesa, religione etc.) 82, 601*,
615*, 2351, 2421, 2543, 2606, 2642, 2643,
2765, 2837*, 3277, 3280*, 3474*, 3595,
3739, 3756, 3762*, 4051*, 4218, 4447*,
4641*, 4888, 4902, 4962, 5078, 5090,
5186, 5234, 5455, 5600, 5601, 5658, 5699,
5707
- e frati 1235*
- e serve 5463
- greci 5532
- romani 5405
- viciuritt 5465
pretura (in) 3817
prezzo del grano 2002
- delle cose 3986*
Priapo 100, 267, 1249, 3391, 3438
prigione per debiti 591
-i 1340, 2033*, 2744
- e prigionieri 1902, 1950*, 999, 2008*, 2569
- in Italia 2030*, 2031 *, 2032*
- odierne 2034*, 2036
prima impressione 4285*
primavera 4327
Prina 1821, 2394, 3848, 3868, 5485, 5684
prìncipi (V. scelleraggini regie, imperatori, re
etc.) 97, 289*, 471, 782*, 1155*, 1303*,
1366*, 1402*, 1599*, 3100*, 3349*,
3424*, 3940*, 4243, 4392*, 4396*, 4397*,
4398*, 5038
- egregi 855*
- romani 3382
principii politici (V. oss. polit., polit.
rivoluzione etc.) 2148
principio 150*, 2414*, 2481
- e fine 2942
Prinetti (ministro) 5694
privazioni (grandi) 1652*
- sciocche 5038
procedure legali ant. 328*, 3142*
processi politici del 21 5379
processione, -i 1997, 4133
proclami patriotici 5132
Procne 2871
Procopio 632
prodigo 4048*
professori (V. maestri, scuole, scolari, etc.)
2675, 3745, 4263, 4616, 4759
- a Pavia 2352
profeti ebraici 2288*
profetica virtù 5389
profezie (V. pronostici, predizioni) 3959*
profumi 2763, 3478*
progetti 1743, 3771, 3790
- artistici 5426, 5493
- bizzarri 3660, 5676
- di quadri 5542, 5672
- letterari del Dossi 1895, 2240, 2340, 2348,
2450, 2488, 2527, 2736, 2792, 2826, 2867,
3007, 3272, 3496 (Elenco gen.), 3613,
3627, 3850, 4315, 4458, 4713, 4719, 4736,
4756, 4842, 4916, 5028, 5137, 5338, 5351,
5354, 5447, 5491, 5494, 5517, 5531, 5670,
5673
progressi del tempo 2076*
progresso (V. storia del progresso, idee) 2148,
2150, 2159, 3606, 3635, 3699, 4267*,
4344, 4379, 4422*, 4427, 5046*, 5063,
5169, 5241, 5316, 5451
- delle idee (V. idee) 159*, 370, 1394, 1400*,
1446*, 1486*, 2455, 2459, 2713, 2721*,
2905*, 2909, 2924*, 3688, 3741, 4069,
4091, 4687, 4729
- delle scienze (V. scienze, sapere etc.) 2906*
- di razza 4491, 5316
- letterario 4216
- - politico 5016
- politico 4038
- (Storia del) 2093*, 2105*, 5241
“Progresso” (Il) 4770, 4774, 5183, 5200
proibizione 2507
prolificazione 5038
prolissità 1799*
- e brevità letteraria (V. brevità, lett.,
concisioni etc.) 967*, 4031
promessa e adempimento 56*, 3975
- e 316*
“Promessi sposi” [V. Manzoni] 1464*, 1515,
2497, 4801, 5449
Prometeo 771*, 1382, 4744
pronostici errati (V. profezie) 1822
- ortolani 287
prontuari di sentimenti 3645
“-o delle date artistiche” 1895
Properzio 1018, 2524
propositi di sobrietà 2313, 4852
proprietà 2477*, 4002, 4735*
- d'ogni cosa a suo luogo 1573*
- fondiaria 4735*
prosa (V. versi) 2204*
- e verso 1615*, 2301
Proserpina 2636
Proserpio 5535
prosopopee (V. macchiette, descrizioni di f.,
motivi vari etc.) 2656, 2822
prosperità falsa 778*
prostituzione (V. leggi sulla p., lupanari,
meretrici, puttanesimo, ruffiani etc.) 2021*,
3371, 3386, 3398, 3428*, 5196
- illustre 3366*, 3368*
- legale 3387*
- religiosa 3375*
- teatrale 3390*
protestantismo 3422
protezione degli Iddii 3123*
protezionismo 156*, 5245
prova del congresso 3142*
proverbi 555*, 2783, 4029, 4241, 4246
- conviviali 1254
- di Salomone 1209*, 5482
- spagnoli 4245
provvidenza 154b*, 1128, 2013*, 4229
provvisorio 5250
prudenza 4151*
prurito 2670
Prussia 572, 2349, 5402, 5467
Psiche 4060
psicologici (fenomeni) 4834
publica via 3387*
publici poteri (V. oss. pol., polit. etc.) 2518*
publicità 1949*, 4732*
- dei dibattimenti 1993*
publico dei letterati 5560
- e autori 3334*
publico ministero 2652
Pucinotti o Cucinotti 5227
Puck 3038
pudore 680, 860*, 899*, 1530*, 1633*, 2699,
3376*, 3448, 3486*, 4496*, 4527
- falso 4662, 4950
- feminile 962*, 963*, 5747
- inglese 2795
Puff 3278
pugnettara 4888
Pulci 5558
Pulcinella 4060
Pullé L. 318a
Punch 4060
Pungolo” (Il) 3531
punizione 3064*, 5130
- divina 994*
-i di scuola (V. castighi, busse etc.) 1844*
punti grammaticali 3539
pupilla 3930
purganti 3612, 5162*
purgatorio 3945*
puristi 2203*, 2261, 2300, 2301
purità d'eloquio 2252*
puttane (V. meretrici, prostitute etc.) 598*,
3397, 3406, 4547, 5067
puttanesimo (V. prostituzione, meretrici,
lupanari, leggi sulla p.) 3396*
- feminile 3363*
- innato 3393*
- regio 3366*
Puzze, -o 2392, 3806, 3928
Q.E. 3722
Q.O. 3722
quadratura del circolo 3340*
quadri (soggetti di) (V. motivi di quadri)
- (galleria di) (V. pinacoteca) 662, 5028
quamquamisti 5450
quarantotto e cinquantanove 3070*, 5232
quaresima 159*,.59o
Quarnero 4768*
Quarto (Genova) 3870
quarto d'ora academico (V. scuole) 2534
Quatrefages 5211
quattrocentisti 2756
quegli 673*
Querini R. 5239
quesiti morali 5503
questione religiosa italiana 4562
-i inutili 2751
- teologiche 3353*
Quételet I. 5102, 5112
Quevedo F. 4042b, 4093, 4094*, 4095, 4208,
4321*
quiete (V. tranquillità) 3064*
Quinterio (famiglia) 5388, 5504
- Alberto (fratello di Ida Quinterio Pisani)
3847, 5008, 5504
- Carlo (padre di Felice) 5504
- Elisa (nata Marozzi, V. ivi)
- Felice (padre di Ida) 47, 5504
- Ida in Pisani (madre di C.D.) 597, 2748,
2868n, 2927, 3672, 3734, 3832, 4877,
5009, 5164n, 5258, 5388, 5689, 5785
Quinterio di Varedo 5738
Quinterio Pelosi M. (moglie di Felice, V. in
Pelosi)
Quintiliano 2166, 2209, 2210, 2212, 2217,
2218, 2222, 2240
Quirinale [V. anche in Roma] 5148
Raab 4787
Rabadan” (Il) 5236
Rabelais 434, 1749, 2269, 2348, 2509, 2750,
3410, 3668, 4443, 4444
Raboni G. 3857
raccomandazioni inutili 2687
- per impiegati 5608
racconti (principi di racconti) 2559
- d'amore 5447
- (temi di) (V. motivi vari)
“Raccontini alla Schmidt” 2736, 3496
racconto di disfatte 998*
- di sventure 3990*
Racine 459*
Radames (nell'Aida”) 4882
Radcliff A. 4132
Radet[z]sky 5490, 5538, 5611
radicali 3552
radici ling. (V. oss. gram.) 1644*
rafano 3297*
raffronti classici (V. plagio, imitatori etc.) 45,
106, 178, 188*, 193, 196*, 212, 234, 251,
290, 306, 310, 333*, 355*, 356, 372, 475,
482*, 555*, 563, 605, 613, 655, 689, 690,
702, 765, 838*, 843, 844, 868, 871, 930,
931, 938*, 946, 952, 977, 981, 986, 987,
1005, 1007, 1009, 1024*, 1028, 1063*,
1067*, 1097, 1100, 1123, 1165, 1214,
1223*, 1307*, 1310*, 1325, 1357, 1374,
1379, 1406, 1492, 1515, 1570, 1684, 1750,
1759, 1794, 1816, 1886, 1911, 1926, 1932,
2073, 2256, 2264, 2266, 2283, 2288*,
2312, 2317, 2397, 2428, 2474, 2832*,
2877, 2934, 2989*, 3010, 3031, 3232,
3234, 3292*, 3530, 3587, 3973*, 3979,
3993, 4026, 4029, 4045*, 4053, 4097*,
4098, 4102, 4113, 4337, 4341, 4676, 4677,
4680, 4731, 4734, 5023, 5045
- di costumi e di usi antichi e moderni (V. usi e
costumi) 287, 293, 303
- di lingua 693, 694, 957, 1018, 1034*, 4439,
4873, 4884, 4964, 5654
- di parole (V. etimologie)
- di proverbi 4281
- di religioni (V. religioni) 745, 1045
- di scienze 2067
- letterari 3406, 4648, 5558, 5653
- morali 3797
- storici 4284
ragazze (V. fanciulle) 1350, 1954*
ragionamenti a macchina 4238
ragione 1215, 1414*, 1435*, 2163, 2483,
3191, 5521
- di stato 4239
- e cuore 2384
- e passione 2492
-i 2147*
- delicate 3550
Raiberti G. 1673, 1806, 3496n, 3855, 3906,
4458, 4594, 4624, 4837, 4885, 5113, 5236
Raiberti M. (sig.
ra
) 5027
Rainieri (principe) 3848
Ralli (dep. greco) 5648
Ramayana 2347
ramolacci 2298
Rampina 4757
Rampoldi 5737
Ramses (faraone) 5179
rancore (V. odio, ira etc.) 1208
Ranieri A. 4493
Ranzoni 535, 3555, 3851, 3891, 4844, 4985,
5264
Rapetti C. (pittore) 4844
Rapisardi 2825, 5127
rapporti fra le scienze (V. scienze) 2088
“Rassegna (La)” 5285
rassegnazione 82, 625*, 2999*, 4364*
rassomiglianze secolari 5213
Rat(t)azzi 4550, 4627, 4823, 5395, 5525
Ravenna 1525
Ravenstein 5643
Ravizza (rag.) 5724
ravvedimento (V. risipiscenza etc.) 1376*
raziocinio 31*, 2518*, 2530
- feminile 2699
razza umana 5076
re (V. principi, imperatori) 2865*, 5130, 5456,
5673, 5726
- e ministri 4181
Re (maresciallo) 2871, 5423
Re G. 4200
Reale (prof.) 864, 2441
realismo 3529, 4066*, 5678
realtà (V. apparenza)
- della imaginazione 4485*
- e apparenza 3036*, 3422
- e imaginazione 2538, 4485*
- e poesia 2632
recidiva 1985
réclame 5304
Redaelli G. (tipogr.) 3865, 5525
Redi 733, 737, 1673, 1806, 2444, 3075, 3196,
3760, 4837
Reggio E. 5739
regìa 5246
regicidio 4612, 4635*
regina 5456
regni e latrocini 2998*
Régnier M. 2506
“Regno de' cieli” 1830, 2382, 2458, 3502,
3905, 4578
- delle due Sicilie 4832
- d'Italia 4832, 5402
- Lombardo Veneto 3848, 3869
regola d'arte 560*, 771*, 986, 1611, 2072,
2208*, 3315, 3348, 4119*, 4468, 4766
- di carità 4352*
- di felicità 1561*, 4228b*
- di letteratura (V. letteratura) 1779, 3669,
4232*, 4234*, 4589
- di morale 826*
- di onestà 93
- di vita (V. vita) 248*, 411*, 529, 556*, 665b,
740, 807, 956*, 996*, 1157*, 1267*,
1368*, 1849*, 3049, 3050, 3275, 4105*,
4352*, 4417*, 4541, 5038, 5098, 5295
- e arbitrio 1434*
regolamentarismo 5248
regolarità artistica 1722*
regole 406*, 1707*, 1710*, 1713*
- di critica 2242*, 2243,
- di oratoria (V. arte oratoria, oratoria etc.)
2180*
Regoledo (bagni di) 4910
Regolo A. 1918
rei (V. delinquenti, reo) 2005, 2008*
- grandi e piccoli 2480
- (miglioramento de') 2033*
relatività di grandezza 5759
- nelle cose 1431
- nelle idee 2069
religione (V. Raff. religioni) 62, 1453*, 1598*,
2467, 2621, 3602, 4170*, 4374*, 4375*,
5110, 5465
- (difensori della) 2861*
- e politica 2125*
- e pregiudizi 3136
- falsa 3280*, 4858
Rembrandt 3014, 5006
remi 873*
Remo (V. Romolo e Remo)
rendita pubblica 320, 2514
reo (V. rei, delinquenti etc.) 1817*
Repossi 5172
repubblicani 5588
republica (V. forme di g., governo etc.) 1444*,
4765
- cisalpina 2835*, 2854*, 2855*, 2857*,
2858*, 2859*, 2862, 2864*, 4713, 5321
- e monarchia 2081*
- francese 2098*
- letteraria 4811
Rescalli (march.) 3753, 3853
reseda 4077
Resegotti (chirurgo) 5551
responsabilità 1991*, 2020*, 2515*, 4067,
5045
Ressmann C. 2717
Restelli (amore del D.) 3680, 4957
retori 3964
retorica 1173, 2262, 5132
- politica 816, 5132
retribuzione oltre tomba 5744
Revel 5587
Revere G. 4878, 4907, 4919
Revue Internationale 5470
Rho (Milano) 5790
riabilitazione 4903
Ribotti di Molières (gen.) 5328
Ribotty A. A. 4550
Ricasoli B. (min.) 5287
ricatti (V. truffe) 3583, 3584, 3648, 3755
- politici 5612
ricchezza (V. povertà, miseria) 427*, 546*,
1066*, 1113*, 1147*, 1179, 1299*, 1369,
1496*, 2025, 2155, 2514*, 2586*, 2619*,
2991*, 3589*, 4193, 4756
- e miseria 3175, 4159*
- e povertà 1513*, 1871
ricchi (V. poveri, miserabili etc.) 657, 2613,
2797*, 2822, 2949*, 3731, 3822, 4786,
5038, 5230
- e poveri 2519*, 4737
Ricci G. (don) 2867
Riccia P. 3068
Ricciardetto 388
Richardson S. 4013
Richelieu 2078*, 2754
Richter Jean Paul 685, 931, 1377, 1675, 1749,
1780, 1832, 1833, 1837*, 1858, 1859,
1862, 1864, 1876, 1877, 1880a, 1885a,
1886b, 1893, 2171, 2309, 2310, 2509,
3047, 3077, 3133, 3200, 3203, 3210, 3211,
3231, 3232, 3234, 3246, 3261, 3348, 3418,
3562, 3671, 3718, 3927, 3999, 4004, 4113,
4209, 4228, 4337, 4380*, 4382, 4443,
4928, 5793
riconoscenza 4048*, 4161*, 4287*
ricordanza (V. memoria) 3205*
- d'affetto 1295*
Ricordi (edit.) 3865, 5081, 5271
ricordi miei 2722
ridicolo 78*, 198*, 3318
Riego 1473
riflessione (V. meditazione) 2228*
- letteraria 2292
- nell'arte 1969
Riforma (La)” 4597, 4682, 4877
Riforma in Ingh[ilterra] 4235*
riformatori 1988*
riforme 2904, 3422, 4856
Righetti C. (V. anche Arrighi C.) 458, 4935,
5775
Righetti Giuseppina 458, 1732, 3415*, 3554
Righetti M. 5689
Righini (avv.) 2393
rilettura (V. lettura) 1873
rima 1591, 2301, 2755, 2876
- e metro 1294*
- e verso 676*
- e verso sciolto 1822
-e vuote 3492*
rimedi 4072*, 4075*, 4077, 4078, 4079, 4984
- popolari 4563, 5096, 5718
Rimini 4603, 5335
rimorsi 664*
- sociali 3776
-o 865*, 1302*, 3426*, 4067, 5055
rimproveri (V. ammonizione) 2954*
Rinaldi A. 3859, 3870, 4844
Ripamonti G. 982
Ripamonti Carpano (edit.) 3865, 5005
ripetizione in arte 4917
ripiani 910
riposo 3333*
- e lavoro 532
- festivo 5216
riputazione (V. fama) 150*, 1368*, 2013*,
3902*
- buona 751*
- di virtù 2963
- e fama 2963
Risa (La)” 5653
risipiscenza (V. ravvedimento, emenda) 584*
riso (V. pianto, lagrime etc.) 402*, 1541*,
2938*, 3566, 5708
- e pianto 699*, 1138*, 1511
risotto 5464
risparmi balordi 2595, 2819
rispetti umani 324*, 2719
rispetto alla donna 464
- alla vecchiaja 3086
risposte (V. botte-risposte, motti, tratti di
spirito etc.)
- sublimi (V. sublime) 239*, 466*, 1301,
1302*
ristauri 5539
risurrezione 3383
ritornelli di frase 696
ritorni all'antico 1679
ritratti 4280*
- all'ospitale maggiore 3091
Ritratti di famiglia (V. Pisani, arredi etc.) 89,
202, 252*, 364*, 485, 497, 512, 666, 815,
1307*, 1757, 1819, 1820, 1897, 1900,
1901, 2189, 2191, 2642, 2643, 2677, 2820,
2853, 2854*, 2860*, 2866, 2867, 2868,
2869, 2870, 2871, 2872, 2962*, 3095,
3140, 3147*, 3188, 3252, 3320*, 3373*,
3374*, 3375*, 3416, 3417*, 3425, 3432*,
3496, 3637, 3644, 3676, 3717, 3726, 3756,
3832, 3833, 3834, 3835, 3836, 3837, 3838,
3839, 3841, 3842, 3843, 3846, 3848,
3954*, 3963, 4020, 4023, 4034*, 4065,
4068, 4076, 4114, 4186, 4200, 4224, 4261,
4510, 4627, 4640*, 4665, 4941, 5003,
5003b, 5008, 5030, 5082, 5163, 5164,
5165, 5186, 5214, 5225, 5232, 5253, 5371,
5372, 5373, 5485, 5500, 5510, 5625, 5683
“Ritratti umani” [V. anche “La Desinenza in
A”, “Parte officiale”] 48, 55, 122, 124,
213*, 244, 265*, 505*, 1029, 1183, 1190,
1203, 1224*, 1251, 1349, 1693, 1701,
1702, 1830, 2190, 2346, 2348 (traccia),
2349, 2350, 2352, 2357, 2359, 2360, 2361,
2362, 2363, 2364, (app.), 2365, 2386,
2389, 2393, 2396b 2413*, 2421, 2438,
2439, 2442, 2447, 2451, 2453, 2498, 2499,
2527, 2529, 2530, 2531, 2533, 2534,
2539, 2542, 2546, 2553, 2554, 2556,
2557, 2561, 2566, 2573, 2590, 2592,
2598, 2599, 2601, 2611, 2614, 2615,
2616, 2665, 2674, 2675, 2689, 2692,
2694, 2698, 2703, 2704, 2715, 2718,
2719, 2725, 2732, 2754, 2765, 2776,
2799, 2804, 2821, 2884, 3132, 3136,
3169, 3179, 3227*, 3256, 3278, 3280*,
3425, 3431, 3432*, 3496, 3502, 3526,
3535, 3540, 3548, 3580, 3610, 3617, 3621,
3629, 3631, 3652, 3653, 3675, 3709, 3714,
3731, 3753, 3862, 3875, 3905, 4005,
4164*, 4179, 4218, 4543, 4578, 4597,
4740, 4751, 4821 4846, 4887, 4888, 4914,
4931, 4935, 4968, 4973, 5012, 5031, 5064,
5077, 5104, 5107, 5118, 5125, 5189, 5214,
5229 (Ritr. quasi umani), 5280, 5454,
5455, 5484, 5502, 5514, 5579, 5600, 5601,
5603, 5657
ritrattisti 2224*, 2700
ritratto 785*
riverenza 856*
Rivista Europea” (La) (I
a
serie) 4770
“- -” (2
a
serie) 2631
rivolte politiche 396*, 2840*
rivoluzione francese ('89) 675, 1727*, 2842*,
2853, 5016
- e stato 5583
- sociale 4994
-i parlamentari 4898
- pol. 2148, 2514, 3422
- scientifiche 1744*
Robarello (Varese) 5495
Robecchi 4770, 4960
Robilant C. F. (conte di) 5312, 5401
Rocca di Papa (Roma) 4739
Rodomonte 868
Ròdope 3385*
roghi 3346*
Roma [V. anche “Ghiaja di Roma”] 291*,
352, 457, 722, 1198, 2081, 2089*, 2125*,
2142, 2153, 2298, 2314, 2326, 2330, 2333,
2341, 2348, 2373, 2383, 2521, 2546, 2643,
2722, 2743, 2780, 2781, 2782, 2793,
3496, 3848, 3869, 3881, 3887, 4139,
4214, 4254, 4265, 4266, 4272, 4383,
4385, 4404, 4406*, 4438, 4500, 4502,
4506, 4553, 4562, 4597, 4636*, 4682,
4723, 4761, 4773, 4774, 4842, 4877,
4901, 4902, 4917, 4930, 4958, 4962, 4979,
4998, 5007, 5076, 5089, 5123, 5180,
5185, 5209, 5211, 5226, 5258, 5279,
5312, 5335, 5403, 5405, 5437, 5470,
5491, 5515, 5518, 5577, 5642, 5673,
5680, 5685, 5692, 5772, 5777, 5780
- antica 5, 231, 301, 350*, 638, 786*, 851*,
906*, 1674, 1858, 1919, 2068, 2073,
2141, 2259, 2269, 2374, 2464, 2570,
2826, 3384, 4532, 4951, 5144, 5145,
5146*, 5147*, 5148
- e Firenze 2329
- (foro e casa in) 2140*
- italiana 4562, 4816, 5134
- nel MD 645*, 649*, 650*, 652*
- nel MDCCLXX 2036
- nel 1840-70 5453
- nel MDCCCXLIX 4814, 5363
- nel MDCCCLXXII 2324, 2374,2383
- odierna 2319, 2320, 2321, 2325, 3475*,
4816
- papale 2815, 4723, 5234, 5280
- pretina 2322, 4940, 5187, 5280
- (re di) 5685
- romanesca 4607
- (vie, piazze, etc.):
- Appia (via) 4889, 5360, 5453
- Biblioteca della Minerva 2374
- Biblioteca Vittorio Emanuele 4760
- Botteghe Oscure (via delle) 2321
- Caffè Greco 5270, 5453
- Campidoglio 2319, 2324, 3934, 4607, 5234
- Campo de' Fiori 4962
- Campo Marzio 4265
- Campo Verano 5785
- Catacombe di S. Agnese 4502
- Club Artistico 4608
- Collegio Romano 2322
- Colli Albani 4383
- Colosseo 2322, 5453
- Condotti (via) 5453
- Esposiz. Belle Arti 5028, 5059
- Esquilino 3438, 4842
- Fontana dell'Aqua felice 5240
- Foro Romano 2374, 5673
- Foro Traiano 5191
- Ghetto 2319
- Giardino Papale 4266
- Istituto Politecnico 5265
- Manicomio della Lungara 5321
- Matriggiani (via dei) 147
- Montecitorio 305, 2542, 2794
- Monte di Pieta 4842
- Monumento di Marco Aurelio 2319
- Museo Capitolino 2374
- Museo Torlonia 5353
romana gioventù 2096*
- campagna 311, 2323, 4815, 4889, 4979,
5263
- letteratura.2111*
- pace 2136*
- questione 3656, 5642
romanata 293
romane donne 2326, 5146*
romanesca (lingua) 2329, 2432, 2780, 2781,
4202, 4252, 4253, 4254, 4255*, 4256,
4435, 4437, 4439, 4557, 4607, 4723, 4739,
4815, 5007, 5363
romaneschi costumi 4701, 4888, 4889
romani 2122*, 2131*, 2140*, 2763, 3402*
- antichi 400, 4070
- odierni 311, 2323, 2329
Romani (gazzettiere) 5665
Romani Felice 3858, 4042a, 4550
Romania (V. Rumania)
romano esercito 2104*
Romano G. 3394
Romanoff P. 4752
romantici 2509
romanticismo 1322*, 2632, 2670, 3529, 3765,
5257
romanzi (V. favole milesie etc.) 2493, 3003*,
3027, 3119, 3344, 3530, 3659, 4013, 4132,
4528, 5257
- intimi 4528
- odierni 2490, 3572, 3786, 4872
romanzo (V. favole milesie) 1464*, 1539*,
2425, 2877, 2985, 3563, 4806
- e storia 2069
Romilli 3848, 5588
Romolo e Remo 2524
rompicolli (V. scapigliatura etc.) 3753
Roncaldieri P. 4626
Roncegno (Trentino) 5218
Ronchetti 3649
Rondineto (Como) 5750n, 5751
Rosa G. 4825
Rosa S. 723, 1503
Rosà (marchesa di) 5321
rose 759, 1405*, 5482
Rosini G. 3540
Rosmini 2498, 3867, 5572
Rosmini (avv.) 3877
Rossi 5587
Rossi (Msgr.) 5724
Rossi F. (tipogr.)
Rossi Guglielmo 578, 2363, 2393
Rossi L. 3848
Rossini 734, 1132, 1672, 2171, 2304, 2348,
2448, 2520, 2898*, 3253, 3559, 3649,
3782, 3850, 3858, 3859, 3862, 3865, 3891,
3896, 4201, 4279, 4297, 4494, 4550, 4882,
4928, 5386
rossore 860*, 1405*, 3064*
Rota (prof.) 2352, 3790
Rouher E. 4550
Rousseau 158*, 629, 1858, 2368, 2509, 2868,
3327, 4113, 4130
Rovana” (cascina) 5636
Rovani Gaetano 3868
Rovani Giuseppe [e Rovaniana”] 78*, 79*,
91, 92*, 152*, 212, 234, 238, 242*, 324*,
337, 341, 379, 384*, 413*, 446*, 489*,
519*, 605, 622*, 696, 830*, 846*, 937*,
941*, 992, 1008, 1022*, 1031*, 1064*,
1132, 1317, 1609, 1616, 1622, 1672, 1751,
1756, 1767, 1828, 1887*, 1898, 1914,
1932, 1982, 2055, 2068, 2073, 2075, 2134,
2188, 2269, 2270, 2271, 2273, 2274, 2279,
2281, 2305, 2306, 2308, 2348, 2363, 2375,
2449, 2493, 2520, 2724, 3010, 3022*,
3167, 3186*, 3199, 3200, 3201, 3209*,
3418, 3444, 3496, 3523, 3525, 3555, 3563,
3579, 3627n, 3654, 3661, 3679, 3738,
3829, 3836, 3850, 3851, 3852, 3853, 3854,
3855, 3856, 3857, 3858, 3859, 3860, 3861,
3862, 3863, 3864, 3865, 3866, 3867, 3868,
3869, 3870, 3871, 3872, 3873, 3874, 3875,
3876, 3877, 3878, 3879, 3880, 3881, 3882,
3883, 3884, 3885, 3886, 3887, 3891, 3892,
3906, 3916, 3921, 3922, 3925*, 3944,
3976, 3979, 3980, 3981, 3985, 3995*,
4042a, 4067, 4104, 4147*, 4152*, 4173*,
4216, 4217, 4231*, 4275, 4288*, 4292,
4339*, 4341, 4347*, 4350*, 4354*, 4357,
4361, 4365*, 4366*, 4368*, 4377, 4458,
4477*, 4494, 4550, 4553, 4580, 4589,
4606, 4608, 4624, 4680, 4753, 4793, 4795,
4802, 4810, 4844, 4857, 4880, 4893, 4901,
4912, 4929, 4934, 4936, 4956, 4985, 4988,
5002, 5010, 5036, 5069, 5073, 5081, 5101,
5120, 5137, 5141, 5142, 5172, 5277,
5312, 5327, 5379, 5386, 5387, 5389, 5390,
5394, 5448, 5449, 5455, 5461, 5473, 5495,
5522, 5527, 5567, 5629, 5631, 5633, 5634,
5635, 5636, 5637, 5638, 5702, 5716,
5718, 5745, 5783, 5786
Rovani Silvio 3850, 3853n, 3865, 3866, 3871
Rovida (prof) 5543b
Rubens 1377, 1687
Rudinì 5516
Ruff (card.) 3593
ruffianesimo 3396*
ruffiani 1016*, 3386, 3420, 3429
Ruffini G. 4627
Rufino 4662
Rufo 4662
Rumania 4777
Russia 3195, 3848, 4752
Ruterio (Vescovo) 2499
Rut(t)a (famiglia) 5423
- Camillo 5423
- Carlo 5423
- Pio 5423
- (Pisani) Teresa 2871, 5423
Sâ de Muezas 4633
Sacchetti Franco 388, 2751, 3939*
Sacchetti G. 3875, 5594
Sacchi (bibl.) 3857, 3859
Sacchi (prof.) 864
Sacchi B. (in Premoli) 5683
Sacchi D. 2868
Sacchi G. 3745, 4626, 5629
Saffi A. 4825
Saffo 3385*
saggezza (V. saviezza, sapienza, sapere) 1231,
1406, 1772*, 1856, 3233*
- e stultizia 1223*, 1237*, 1238*
- falsa 1424*
saggi (V. savi, sapienti etc.) 1224*, 1234*
saggio 417*, 4514*
sagrifici umani 5619
Sahara 4460
Sai C. (marchesa Villani) 3870, 3877, 3878,
3887, 3906
Sailer L. (prof.) 1126, 1611, 3745, 4791
Saint Malo 5363
Saint Pierre B. 629, 4427
Saint(e) Beuve 1911
Sala 3859
Sala L. 2548
salame 1323*, 3149
Salamina 5587
Salis (prof.) 2675
Sallengros 3336
Sallustio 308, 629, 3571*
Salmaso Budeo 2200
Salò 2498
Salomone 1869, 2621, 5794
- (proverbi di) (V. proverbi)
salterello 4815
saltimbanchi 915*
Salua V. L. (card.) 5515
salumai 4958
salute (V. malattia, sanità etc.) 544*, 1112,
1803*, 2968*, 3448, 3763, 4074*, 4737
- falsa 5381
- perfetta 1850*
saluti 3149, 5038
Salvador 5331
Salvagnoli A. 5195
Salvatore (servo di F. Crispi) 5402
Salviati 2751
Salvini A. M. 2754
Samo 2658, 4246, 5692
Samoiloff Pahlen 3848
Sanazzaro 1752, 1753
Sanazzaro (Pavia) 2579
San Bartolomeo (notte di) 2269
San Biagio 1791, 2340, 2343
San Bernardo 3400
- - (monte) 2345, 4426
San Carlo 2190, 4533*
San Cerino 2343
San Clemente 5040*
San Donato (di) 5217
San Faustino (campo di) (V. anche Faustina)
5750
San Francesco 5466,
San Giovanni 3766,
San Giuseppe 485, 2340, 5496
San Luigi 2343
San Marino 4766
San Michele 535, 590, 2340, 2697
San Paolo 162
San Pietro 162, 3586, 4341
San Pietro (chiesa) [V. in Roma] 4848
San Rocco (Val d'Intelvi) 5233
San Satiro 5481
San Simeone Stilita 3433*
San Tomaso 3353*
- d'Aquino 3400, 4658*
San Vito (Roma) 5263
Sancho Panza (Sancio Pancia) 1374, 1515,
2397, 5402
Sangiorgio (prof.) 3878
Sangiorgio A. 2871, 4200
sangue 701*, 1069, 1228*, 2039*, 2578,
3128*, 3347, 3634, 4088, 4909, 5021
- (circolazione del) 2066*
- sparso per la patria 2370
Sanquirico A. 3848
Sant'Agostino 339, 632, 1640, 1745, 2728,
2928 e sg., 2933, 2934, 2937*, 2943,
2944*, 3403*, 3631, 3922, 4307*, 5048*,
5793
Sant'Albino (Varese) 3980, 4624
Sant'Alessandro 5373
Sant'Ambrogio 5481, 5528
Sant'Anna 5051
Sant'Antonio 2343
Sant'Elena (isola) 3848, 5352
Santa Alleanza 211*
Santa Caterina 485
Santa croce 2340, 2343, 2621
Santa Maria delle Grazie [V. in Milano] 5622
Santi (ossa di) 5724
Santi Padri 4534*, 4535*
Santippe 1258
Santo Stefano 2343
santuari 2622
sapere (V. sapienza, coltura, scienza etc.)
2407*
sapere, vedere, potere 2290
sapienza (V. saggezza, scienza, dottrina,
sapere etc.) 1678, 1869
Saracco 5469, 5608
Sardegna 5397
Saronno (Varese) 5509
Sassonia-Coburgo (duca di) 5404
satellite 701*
satira (V. St. Um., Umorismo etc.) 1134, 1429,
1463*, 1495, 1503, 1810, 1816, 1818,
2334, 2406, 2416, 2434, 2505, 2506, 3097,
3203, 3468*, 5236
- a Roma 5, 301
- e 4035*
satirica interpretazione 3654
Satory 2455
saturnali 1145, 4299
Saturno 1097, 1145
savi (V. saggi, sapienti etc.) 3666
saviezza (V. sapienza, sapere, saggezza)
1558*
- e follia 2344*
Savini Medoro 4632
Savioli L. 3832
Savoja (casa) 4596, 4613, 4627, 4629
- Amedeo 471, 4596
- Carlo Alberto 3848, 4596, 4627, 4899, 5391
- Carlo Felice 4627
- Clotilde 2591
- Mafalda 5727
- Margherita 4596, 5677, 5784
- Maria Teresa (moglie di Carlo Alberto) 4627
- Umberto I (V. ivi)
- Vittorio Emanuele I (V. ivi)
- Vittorio Emanuele II (V. ivi)
- Vittorio Emanuele III (V. ivi)
Savoja (regione) 5393
Savon (cav.) 2546, 3631
Savonarola G. 4973
sbadiglio 935*
sbagli altrui 1887*
sballate (V. bugie etc.) 1918
- romane 3282, 3286*
sballoni (V. gonfiatori etc.) 1202, 1389*,
3278, 3714
Sbarbaro (prof.) 4759
Sbarbaro P. 5331
Sbodio G. 3859
sbuffare 1541*
scacco 4006
Scaligero 143*, 2200
Scanderbeg 4875
scapigliatura (V. spensieratezza, rompi-colli
etc.) 3815
Scappi 2815, 5234
Scarenzio (prof.) 2352
Scarfoglio 5072
Scarpa A. 3849
scarpe 3367*, 4746
Scarron 3074*
scavioni francesi 90
Scazzosi M. 2871, 5500
scelleraggini regie (V. prìncipi, re etc.) 3382
scellerati (V. malvagi, cattivi etc.) 112*
Scelsi 4907
scelta artistica e copia 1622
scenari per romanzi (V. motivi vari) 1904
scene campestri 5619
- della campagna romana 2323
- milanesi 1755
scetticismo 1198, 1470, 1758, 2109*, 2149,
2227, 2267, 2281, 4131
Scheggino (Umbria) 5619
scherzo 3212*
Scheuchzer I.I 1268
schiaffo 1292
Schiap(p)arelli (geografo) 5765
schiavi (V. servi) 1836*
schiavi (V. tirannia, servitù etc.) 2103,
2716*
Schiller 234, 1444*, 1956, 1960, 1976, 2225,
2227, 2266, 2461, 2633, 3010, 3047, 4967
Schleyer L M. 5099
Schoberlechener S. 3858
Schukardt H. E. 4202
Schwabe (S.
ra
) 4902
Schweninger (dott.) 5402
sciabola e spada 3697
sciagure 2971*
sciaradisti 3610
Sciarra (principessa) 5365
scientifica oscurità (V. oscurità,
incomprensibilità, dott. etc.) 3320*
Scienza (V. sapienza, sapere, coltura, dottrina,
arti e scienze, rapporti fra le -, progresso
nelle -) 1380, 1426*, 1826, 1896, 2357,
2435, 2889, 2915, 3061*, 3130*, 3452*,
3507, 3922
- antica 3320*
- apparente 1944*
- della malvagità 1946*
- e arte (V. arti) 382*, 1191, 2657
- e erudizione 487, 2912
- e pratica 2047*
- fuori di tempo 4008*
- innata 1891
- in Roma 2089*
- umana 2884
“Scienza Nuova” 4345*
scienze (V. dottrina, erudizione etc.)
- ed arti 3518*
scienziati 5265
- letterati 737
scimie 3286*, 3304*
sciocchezze (V. stoltezze, tratti di s. etc.)
1395, 2637, 4616, 4683
- classiche 400, 401*, 508, 922*
- di stile (V. stile, puerilità etc.) 730*
- poetiche 1041
Scipione P. 2319, 4607
Scismi 2100*
sciupio di denaro in Italia 594, 5244
scolari (V. studenti, scuola, professori,
istruzione, università etc.)
- e professori 3701, 3788, 4759
scolastica 3353*
scoltura (V. statuaria, plastica, crit. art.) 766*,
1050*, 4123*,4917
- e pittura 2823, 4927, 5533
scoperte (V. invenzioni) 1265*
scopi (grandi) 3223*
Scopini 3593
scopo della vita umana 920*
- dell'uomo 3223*
scoraggiamenti 3154
Scorcelletti (antiquario) 5692
Scorlin (brigante) 3859n
Scot Reginaldo 3325*
Scott W. 2368, 2491
Scotti (duca) 5006
Scotti (duchessa) 3648
Scotti (S.
ra
) 2872
scottisti 3353*
Screvelio 2200
scribaccini 2899*
scrittori (V. autori) 1375, 1546*, 1864, 2436,
3331*
- buoni e voluminosi 2216
- cattivi 2247*, 4917
- (coltura negli) 1375
- di professione 2052*, 4917
- di storia 5121
- e lettori 3451*
- ecclesiastici 3403*
- (grandi) 2196*
- mercenari 5486
- odierni 3645
- - italiani 2849, 4917
- (primi) italiani 3791
- sommi e mediocri 1953*, 4917
- universali 2054
scrittura 3687, 5021, 5178
scrivere (dello) 2199, 2216, 2370, 2379, 3347
- (lentezza e celerità nello) (V. lentezza etc.)
3356
scrocconi (V. stoccatori, truffatori etc.)
1149*, 2546, 4577
scrofola 513, 4435
Scudéry M. (de) 3344
scultori 4917, 4927
scuola (V. istruzione, maestri, scolari,
professori, punizioni di s., componimenti
di s., quarto d'ora acad., università,
studenti, esami etc.) 1226*, 1346, 1452,
1885a, 1981*, 2214*, 2328, 2357, 2386,
2393, 2441, 2498, 2499, 2530, 2533, 2534,
2570, 2610, 2637, 2670, 2682, 2689, 2694,
2724, 2804, 2814, 2895*, 2921, 2944*,
2990, 3600, 3745, 3758, 3807, 3816, 3818,
4179, 4343*, 4759, 4902, 4950, 4954,
5207, 5208, 5410, 5520
- di disegno 2814
- e piazza 2135*
- libera di disegno 5493
- (punizioni di) 1844*
- e antiche 252*, 3417*, 4941
scuse al peccato (V. peccato) 729*
Sebregondi 4944
seccatori 2539, 2802
Secchi Muro 5572
secentismo (V. barocco) 721
secentisti (V. barocco) 3081*, 3374*, 3776
secolo (carattere del) 2123*
- XIX 1727*
- (fine del) 5586
Secolo” (Il) 3531, 3815, 5386
sécretaire de la main 2717
sedie 5095
Sedlitz 5071
seduttori 3477*
Segantini G. 5777
Segneri P. 2802
Segni (storico) 4311*, 4570
segni precursori de' tempi 1868
segretezza 4486*
segreto 1935*, 2969*, 3076*
- d'ufficio 4955
Segrino (lago) 4700, 5535
Seismit-Doda F. 5200
Sejano 1056, 5728
Sela (nelle “Galanteries de la Bible” di
Parny) 1911
Seldeno 797*, 5247
selezione 68, 5650
Sella (dott.) 540
Sella Q. 569, 4562, 5171
Selliba J. (edit.) 1934
selvaggi (evangelizzazione dei) 5404
- della civiltà 5592
-o 2011*, 4143*, 4891
Selvatico P. 3654, 3976
seme umano 4296*
Semmola (dott.) 5324
semplicità 1725
- maliziosa 1521*
Senato 464, 5771
senatori (V. parte off., deputati) 2447
- e deputati 3692
Seneca 80, 101, 188*, 193, 197, 247, 275,
337, 531, 532, 629, 710, 1648, 2190,
2255, 2352, 2463, 2610, 3336, 3386,
3409, 3410, 3544, 3562, 3867, 3979,
4714, 5023, 5219
senno postumo 3681
Senocrate 2109*
Senofonte 3326*, 4205, 4330
- efesio 3530
sensazione, -i 2977*, 2979*, 2982*
sensibilità di percezioni 4975
sentenze staccate 152*
sentimenti umani 2879
sentimento 2228*, 2234
- nell'Arte 1969
sepolcro (V. monumenti sepolcr., tombe,
epitafi. etc.) 1003*, 1209*, 2996*
sera 1359*, 4052*, 4867
- d'estate 3520
Serbelloni G. 1818
Serbia 5609, 5733
serenata 3 12 1
sereno 5400
serietà 3212*
serpenti 1003*, 4136*
Serpieri E. 5587
Serra G. C. 2832*
Serse 4463
serve 1535*, 4727
-i (V. schiavi, domestici, tiranni, padroni etc.)
964*
- del proprio grado 4390*
- e amici 559*
- e tiranni 59, 113*, 114*, 115, 136*, 149*,
235*, 253*
- regi 1057*
servitori (V. servi, padroni) 1057*, 2668,
4739, 4804
- e domestici 2690
- e padroni 1941*
servitù (V. libertà, schiavitù, tirannia) 872*,
1528*, 3037, 3249*, 3983*
- regia 712*
serviziale 5399
Sesostridi 1809
sesso 875*
Sesto (di Monza) 3853, 3865
seta 1923*, 3005*, 5117
sete 54*
Settala (conte) 3839
Settembrini 3979
settimana 1339
Sèvres 3717
sfarfalloni 597, 4248
- di lingua 593
Sforni 3753
sfortuna 1376*, 3812
Sgambati 5674
Sghedoni C. (don) 1902
sgrammaticature (V. solecismi) 1592*
sguardo 1082*
Shak(e)spear(e) 45, 223, 225, 493*, 903,
1078, 1123, 1166, 1269, 1299*, 1300,
1301, 1312, 1313, 1314, 1324, 1325,
1334, 1339, 1340, 1672, 1675, 1786,
1832, 1858, 1889*, 2050*, 2067, 2171,
2264, 2266, 2288*, 2312, 2357, 2437,
2444, 2470, 2510, 2604, 2626, 2724,
3038, 3116, 3418, 3521, 3530, 3876,
3912*, 4026, 4260, 5277, 5468
Sheridan R. 3278
Shoa 4599
Shraps (dott.) 5551
Siam 5215
- (mandarini di) 1874*
sibariti 1266*, 3567
Sicilia 352, 1919, 4626, 5105, 5142, 5328,
5483
- (città di) 352
- (Dittatura di) 5182, 5183
- (impresa di) 5200
Siena 4987
silenzio (V. parlare e tacere, loquela, taciturni)
51*, 873*, 898*, 1080*, 1355*, 1384,
1724*, 3076*, 3225*, 3251, 3378*, 3679,
4450*
Silio Italico 352, 2257
Silla L. C. 4761
sillabario 3758
sillogismo 2990
Silvania (sorella di Rufino) 4662
Silvestrelli 4914n
simboli d'idee (V. idee) 445*
similitudini (V. metafore) 1172*, 1554*, 1776,
3599, 3994, 4055*
Simondetti (console) 4914
Simonide 3388
simpatia 3144*, 5173
simulazione 1939*, 1945*
sincerità 1865, 3090*
- e sfacciataggine letteraria 1497
- (mezza) 2733
sincope di parole 278, 896
sinecure 5239
Sinigaglia 4509
sinistra (partito di) 4825, 4898
sinonimia di vocaboli e di pensieri 1715*
Sinope 3363*
Sion (Valle di) 3580
Siria 1674
Sirio 4463
Sirtori 4770
Sismondi 5392
sistemi 1247*, 4125, 4242
- disciplinari carcerari 2030*, 2031*, 2032*
- filosofici (V. filosofia, filos. sist. etc.) 46,
241, 264*, 1437, 2057, 2235, 2295, 2460,
2473, 2882*, 2907, 2918*, 3306, 3317,
3326*, 3374*, 4225, 4277
- - in letteratura 3504
- fröbeliani 2209
- storici 4229
skòmma (V. um. etc.) 921
Skonzes 5648
slitta 687
smeraldi 5489
Smollett 1374
snobismo 2608, 2732, 3192
Soave F. 2872
sobrietà 300*, 323*
- letteraria 4234*
- (propositi di) 2313
sociale (crisi) 2108*
- provvidenza 2519*
socialismo 2472, 5650, 5699, 5764
società 2492
- avvenire 5649
- (buona) (V. bel mondo) 1773*, 1860*
- e academie 3584
- e natura (V. stato di s. e n.) 361*
- nel 1900 5526
- odierna 4756
- particolari 4227
- umana 2275, 3573
Soc. geog. it. 4773
Socrate 407*, 1089, 1117, 1258, 2533, 3654
“Socrate” di P. Magni 2823
soddisfazione 1517*, 1876, 3103*, 3401
- letteraria 1747
sodomia 3370*, 3395*, 3831
Sofia (nello Spaccio della bestia trionfante
di G. Bruno) 1570
sofisma, -i 1582*, 1584*, 3417*, 4561
- scellerati 3346*
Sofocle 903, 1215, 1261, 4009*
Sofonisba di Tris[sino] 818
soggetti d'amore (V. motivi vari) 473
- di quadri (V. motivi)
sognatori 1203
sogni 1115*, 3240*
- erotici 3400, 5320
-o 3521, 5291
soja 376, 930, 2171, 3060*
sojatori 2674, 3701, 3714, 3739, 3792, 3891
Sola (conte) 3598
Solaro della Margherita C. 4629
soldati (V. esercito, guerra, leva, militari,
volontari etc.) 69, 76, 105, 131, 358*,
359*, 2150, 2349, 2463, 2583, 2655, 2704,
2834*, 3164, 3440, 3584, 3590*, 3652,
3657, 3701, 3758, 4598, 4671, 4952, 5038,
5261*, 5262*, 5263, 5505
- coraggiosi 3431, 4942
- e militi 2104*
- napoleonici 4942
- tedeschi (V. croati) 2686
-o 2201, 5505
- di cavalleria 3667
sole 766*, 1160, 1563*, 4891
- che sorge 5767
- (colpo di) 3500
- (levar del) 1030*, 2316
- nebbiato 720*
Sole” (Il) 4877
solecismi (V. sgrammaticature) 259*, 1592*,
2165
Solera T. 4880, 4912
solitari 5520
solitudine (V. compagnia) 552*, 832*, 2059*,
2229*, 2369, 2597, 2743, 2775, 2956,
3059*, 3066*, 3078*, 3193*, 3389, 3751,
4016*, 4268*, 4449*, 5585
- e compagnia 530*
“Solitudine (La)” 5525
sollazzo 3401
sollievi 1364*
Solone 2348, 2615
Somasca G. 3745
Sommaripa (padre) 5557
Sommaruga 2869
Sommaruga A. (edit.) 4682, 5072, 5701
sommi (V. uomini grandi, geni etc.)
- autori (V. autori di genio etc.) 1786
Soncino (marchesi) 2574, 3730
sonettisti 3820
sonetto 1615*
sonnambulismo 3823
sonno (V. aretini) 167*, 701*, 767*, 835*,
860*, 871, 879*, 1075*, 1076*, 1552*,
1554*, 1823, 2292, 2398*, 2801, 3150,
3240*, 3920*, 5292, 5415
- del giusto 664*
Sonzogno (edit.) 2631, 5086
sopranomi 4712
sordità 1290*
- maliziosa 1290*
Sorgues [Sorga] 4700
Soriasco (Pavia) 3842
Sormani (dep.) 5686
sorriso 2828
sorte 405*, 3146
- buona e cattiva 5697
-i umane 3168
sotterfugi legali 23*
sottigliezze filosofiche (V. a v-v) 1584*
sottintesi nello stile 2168*, 2173
Souvarow 375, 2861*, 2862, 4665
sovrani 5347, 5733
- entrati in e usciti da Milano 3848
- stranieri 3705
spada 767*, 865*
- e sciabola 3697
Spagliardi 3738
Spagna 1515, 2068, 3097, 3109*, 3549, 3602,
4095, 4627, 4880, 5085, 5328, 5334, 5335
spagnola (lingua) 278
spagnoli 754*
Sparta 465, 1257, 1371*, 1372*, 4934, 5145
spartani (V. Lacedemoni etc.) 257*
Spatz (albergatore) 5686
Spaur (conte) 3848
Spaventa S. 5200
spavento (V. paura, timore etc.) 882*
spedizione dei mille 5200
Speluzzi (S.
ra
) 5565
Spenser E. 3338
spensieratezza (V. scapigliatura, rompi-colli
etc.) 3763
speranza 697*, 1301, 1493*, 1499*
- e timore 2287*
-e 1176, 2633, 2941
- letterarie o artist. 668*
spie 1142*, 2783, 5117, 5285
- dell'Austria 4800
Spielberg 3842, 4794
Spifane R. 5260
Spinoza 3307*, 3790
spinta nelle azioni umane (V. movente) 522
spionaggio 753*, 5117
spiriti 3639, 4313, 5284
spiritismo 4336, 5284
spirito (V. tratti di) 1120*, 4155*, 4477*
- di corpo 2161
- francese 3012*, 4018*
- milanese 497, 3891
- moderno italiano 1613*
- (presenza di) 2403, 4501
- (tipi di) 5605
- umano 2110*
Spirito Folletto” (Lo) 3083, 5086
Spirito Santo 1912, 2621, 4242, 4904
spiritosità tradizionali (V. a v-v.) 2817
- classiche 2873*
spleen 4442
spontaneità in arte 4928
sporcizia (V. sudicioni) 1371*, 3357*
sportmen milanesi 5618
“Sposa Francesca” [di F. Lemene) 1683
spostati 5104
sprezzo 1483*
spropositi 4616, 4620
- a proposito 2706
- classici (V. sciocchezze, stoltezze etc.) 2875
- di dotti 5765
- dotti 1930*
spropositoni 2574
spugnette di verginità 4329
Squarcia Girami (nel “Giovanni Maria
Visconti” di Porta-Grossi) 4632
sragionatori 1349
Stabilini L. 3869, 3870, 3871
Staël (M.
me
de) 4752
stagioni 1900, 2315, 2778, 3008
stalloni umani 3470*
stampa 4422*, 4801, 5046*
- antica 2556, 2573
- e nuova 2592
Stampa Borri T. 4801
stampare (dello) 2367
Stanley H. M. 5469
starnuto 101, 348*, 3355*, 3830
stati 1854*, 4560
- Uniti d'America 5369
statistica 4257, 4675, 4697, 4777, 4783, 4892,
4992, 5015, 5102, 5112, 5174*
Stato 5288
- di società e natura (V. società, natura etc.)
361*
- e Chiesa 2331
- e rivoluzione 5583
statuaria (V. scoltura, statue, plastica, Crit. art.
etc.) 2512, 5298
statue a Roma 638, 5296
statura 893*, 3151, 5297, 5416
Stazio 120, 690, 702, 707, 868, 869, 871, 878,
2524, 3875, 4677
Stefano II (papa) 5476
Stella R. 1902
stelle 865*, 2417*
- cadenti 2809
stemmi 4660*
Stendhal 5419, 5686n, 5734
Stephenson G. 4909
Sterne 958, 1374, 1515, 1749, 1858, 2184,
2311, 2533, 4443,
Stevens 3823
Steverazzi C. 3877
stile (V. oss. di stile, sciocchezze di s.,
puerilità etc.) 639*, 640, 1625, 1692,
1704*, 1716*, 1726a, 1783, 2053*, 2077*,
2145, 2318, 3318, 3437*, 3608, 3791,
3941*, 3978, 5097
- (bello) 1617
- conciso 3348
- dei giornali 2489
- difficile 2747
- e idea 3984*
- - - (fusione fra) 1953*
- furato 2419*
- nei tratti di spirito 3792
- semplice 4331*, 5097
- sincero 794*
stima 102*, 279*, 708*, 1423*, 3230*, 3700
- di sé stessi 1572*
stimolanti intellettuali 4650*, 4652*
stipendi (meschinità di) 2018*
stivali 4418
stoccatori (V. scrocconi, truffatori etc.) 2546
stoici 525*
stoltezza (V. sciocchezza, stultizia etc.) 171*,
1219*, 1220, 1793, 2972*, 4447*
- falsa 294*
-e (V. Tratti di stoltezza etc.) 1242, 3577,
3730, 3843, 3845, 4197, 4616, 4696
stolti 1227*, 1236*
stolto con stolto 2231
stomaco 405*
stonature 5255
Stoppani A. 4217, 4583*, 5254, 5695
storia 1612, 2235, 2302, 2903*, 3565, 3641,
4237*, 4412*
- (come si scrive la) 4214
- convenzionale 2120*
“- del concilio di Trento” 743*
- del progresso (V. progresso) 2093*
- della civiltà 3821
“- della letteratura sui muri” 1766
“- delle lagrime d'Italia sotto l'Austria” 4633
“Storia dell'umorismo” (V. osserv. umor.,
umorismo, tratti umorist., satira,
epigrammi, comicità, scetticismo, soja,
skòmma, subassurdità etc.) 65, 130*, 136*,
152*, 157*, 184*, 275, 284, 286, 301,
312b, 313*, 334, 335*, 347*, 367, 388,
509, 600, 609*, 647*, 661, 721, 804*, 903,
921, 930, 933*, 934, 941*, 958, 969*, 982,
1047*, 1073, 1089, 1090*, 1091 e seg.,
1135, 1137*, 1138*, 1145 e seg., 1151*,
1152*, 1153*, 1154*, 1155*, 1156*,
1157*, 1158*, 1159, 1160, 1161, 1162*,
1163, 1164*, 1165, 1166, 1167, 1168*,
1169*, 1170*, 1171, 1198, 1199, 1213,
1214, 1223*, 1229, 1249, 1255, 1269,
1270, 1271, 1272, 1279, 1280*, 1281*,
1291, 1342, 1374, 1377, 1470, 1482*,
1488*, 1498*, 1515, 1530*, 1532, 1539*,
1562*, 1564*, 1570, 1590, 1613*, 1629,
1630*, 1684, 1686, 1688, 1699, 1749,
1758, 1832, 1833, 1837*, 1912, 1976,
2049, 2068 (traccia), 2109*, 2141, 2172,
2190, 2220, 2254, 2267, 2268, 2269, 2272,
2275, 2276, 2277, 2280, 2302, 2303, 2304,
2344*, 2384, 2489, 2490, 2491, 2492,
2493, 2495, 2496, 2505, 2506, 2509, 2985,
2986, 3012*, 3014, 3027, 3041, 3097,
3318, 3336, 3344, 3423, 3496, 3776, 3820,
3864, 3932, 3949*, 3959*, 4013, 4018*,
4042, 4053, 4060, 4094*, 4095, 4121*,
4132, 4232*, 4250*, 4299, 4300, 4306*,
4310*, 4340*, 4443, 4446
- e romanzo 2069
- e storici 3107, 5121
- letteraria 2088, 3081*
- politica 3837
- (studio della) 3742
- universale 4663*
storiche ferocie 2916*
- note 3848
storici 2841*, 4229
- italiani 4311*
- monumenti 5033
- novellatori 2345
- portoghesi 4570
storie rabbiniche 3344
storpi 537
Strabone 2950
strade (nomi di) (V. vie) 147
Stradella (Pavia) 2871, 4769, 5395, 5409,
5785
Stramba Agnisetta 5476, 5602
stramberie (V. stranezze) 1543*
strambi 3610
Strambio (dott.) 5641
stranezze classiche (V. stramberie etc.) 1078
strappadenti (V. dentisti) 1345
Strasburgo 3848
Strassoldo G. G. (conte) 3848
Stratonica 3385*
stravincere 554*
Strazza (scultore) 2823, 3890
streghe 3325*, 3400, 3401
stregoni 3711
Strepsiade (negli Uccelli di Aristofane)
1089
Strevi (Alessandria) 5543
striaa 3
stronzi (V. cesso, latrina, merda etc.) 3831
Stuart J. 5372
studenti (V. scuole, scolari, università etc.) 85
studiare e scrivere 3160, 5034
studi fatti da vecchio 143*
- generali 2921
- (gioje negli) 2115*
- in arretrato 5048*
- inutili 663, 5034
- (libertà degli) 2696
- (profitto negli) 2121*
- utili 1363*
studio (V. studiare e scrivere etc.) 1205,
1514*, 1551*, 1576*, 1697, 2214*, 2420,
2639, 2650*, 2801, 2805, 2814, 3558,
3623, 3635, 3636, 3640, 3677, 3808, 3922,
4508
- dal vero 3887
- dell'uomo e degli uomini 5419
- e ingegno 515, 4432
- e natura 2208*
- esagerato 3309*, 3790, 4689, 4841
- (metodo di) 2921, 3533
studiosi 1228*
stupratori 2011*
stupro 4642*
stuzzicadenti 630, 2798
subassurdità (V. stoltezze) 3730, 3735, 3973*
Subiaco 4438
sublime (del) (V. risposte etc.) 1646, 1648,
1711*, 1712*, 1722*, 2767*, 3594
succubi 3400
sudditi 1155*, 4170*
sudiceria 4662, 5441
sudicioni (V. sporcizia etc.) 2546, 2674,
3357*, 3631, 3817, 4824
sudore 3705
suffragio popolare 4392*
- universale 550
suggeritori del popolo 1336*
Suhr (col.) 407
suicidio 448*, 1748, 2999*, 3654, 3701,
4082*, 5038
- nelle bestie 5646
- per l'arte 5637
“Suicidio” di Ferrari 3736
Sumatra (isola) 5287
suocera e nuora 3711, 4096*
suoni 5116
superbia (V. orgoglio) 3034*
superstizione, -i 30, 1003*, 1229, 1232*,
1391*, 1662*, 2424, 3069, 3225*, 3618,
3823, 4070, 4077, 4170*, 4266, 5339
- scientifiche 3282
supplizi politici 2846*
supremazia 780*
- delle nazioni 5228
Suvarow [V. Souvarow]
Svetonio 7, 168b, 170, 186, 2119
Svizzera 2871, 3018*, 3538, 3725, 3848,
3869, 3879, 5108, 5122, 5157, 5159, 5310,
5369, 5424, 5760
svizzeri 2128*, 2634
Swift 434, 1374, 3041, 3203, 4339*, 4443,
4444, 4475, 4484, 4582
Synesius 3336
tabacco 3341*, 3538, 3807, 3838, 5566
- del serraglio 5609
tabaccone 2673
Tacchini (S.
ra
) 2872
taccuini (V. almanacchi) 287
Tacito 2119, 4647
taciturni (V. silenzio) 548*
Tagliasacchi 5535
taglione 1990*
Taglioni M. 3848
Taglioretti (detto Penaggia) 2396b
Tago 133*
Taide 3385*
Taine H. 1745
Tal(l)ac(c)hini Lucio 3866, 3878, 5495
Tallachini (S.
ra
) 1527
“Talmud” 3350*
Tamerlano 4529
Tanlongo B. 5568
Tanola (prof.) 377
Tantalo 2574
Tantardini A. 4917
- Cajo 2776, 3877, 3893, 5632
tardità di mente (V. lentezza etc.) 1505
tarme 3775
tartufi 4440, 4843
tasse (V. tributi, imposte) 569, 1597*, 2676*,
3043*, 3428*, 3718, 4679, 4711*
tasso 4266
Tasso 2256, 2257, 2401, 2437, 2751, 3579,
3875, 3876, 3910*, 3911*, 3916, 4126,
4550, 4633, 4974, 4975, 5141, 5637
Tassoni A. 2437, 3613
tatto 1550*
- sociale 4334*
Tauchnitz (edit.) 739, 930
taverna (V. osteria) 3371
tavola e molino 5078
tavolo 5173
Tazio Achille 3006, 3030
Tea (cagnolina del D.) 109, 4990, 4993
teatrali (incendi) 781*
Teatrino della parodia” 2366
teatro (V. tragedia, comedia, farsa, parodia,
vaudeville, drammi, maschere, attori,
claque) 1089, 1090*, 1091, 1092, 1093*,
1094*, 1095, 1096*, 1097, 1098, 1099,
1100, 1101, 1102*, 1103, 1104*, 1105,
1106*, 1107, 1108*, 1109, 1110, 1111,
1112, 1113*, 1114*, 1115*, 1116, 1117,
1118, 1119, 1120*, 1121, 1122*, 1123,
1124*, 1125*, 1136, 1140, 1261, 1342,
1448*, 1781, 1789, 1797*, 1906*, 2513,
2757*, 2783, 2799, 3364*, 3390*, 3420,
3435, 3459*, 3841, 4527, 5103, 5268
- classico 312b
- greco 3432*
Tebaide 5520
Tebe 984*
- d'Egitto 4753
tedesca (lingua) 2430
tedeschi (V. Germania etc.) 4120*, 4646*
tedio della vita 3242*
Tegethoff G. 4550
telefono 4423, 5643
telegrafia senza fili 5724b, 5729, 5755
telegrafiste 4797
telegrafo 3102, 5643
Telemaco (nell'Odissea”) 3327*, 4870, 4871
Telemaco” (piroscafo) 3848
telepatia 5597
Telfener 5209
temerarietà 3290*, 4151*
Temi 4612
temi di statue 4348
Temistocle 2586*
tempesta 2287*
tempi di transazione 2942, 3550
- (forza, influenza de') 2109*
- odierni per l'arte (V. presente etc.) 1913
- presenti (V. presente, epoca odierna etc.)
154a*, 852*, 1960, 1964*, 1994, 2307,
2914, 3692, 3889
- (segni precursori de') (V. tempi)
templi 3289*
tempo 1433*, 1579*, 3247
- sciupato 5544, 5731
- (velocità del) 288*
temporarietà delle cose 4002
Tenca C. 2772
Tenca Corbetta M. 5510
Tencajoli Perelli M. 5220
tenda e casa 5550
tenebre del Medio Evo 3550
Tenerani P. (scult.) 5240
Teneriffa (isola di) 4573
Tennyson 2878. 3909, 4100
tentativo e riuscita 2129*
Teocrito 1045
Teodete Faselita 3943
Teodora imperatrice 3393*
Teodorani 4612
Teodorico (re) 5673
teologi e filosofi 2918*
teologia 663, 1881, 2396, 3353*
teologiche sottigliezze 3676, 5659
teologico pedantesimo 3801
“teoria della visione” 3327*
teorie 3161
- e fatti 1647, 3374*
- ed esperim. 4125
Terenzia ciceroniana 1933a, 3866, 3871
Tereo 2871, 3123*
Teresa (fioraia) 2568
terra 871, 1926
-e (qualità varia delle) 1033*
terraggio 2807
terremoti 356, 869, 2067
Tersite 4446
Tertulliano 3403*
terzina italiana (V. verso, metro etc.) 285
Teseo 982, 2450, 3943
tessitore 5198
testa 4424
- (cammino della) e dei piedi 5759
testamento (V. d[iritt]o di testare etc.) 1814*,
5524
- e testatori 616*
Testi Fulvio 723, 732, 4053
testicoli 100
Tettamanti 5777
Teubner (edit.) 917, 1089, 1145, 1171, 1254,
1926, 2212, 3530, 3587, 3867
Thacheray W. 2732
Thalak 5198
Thamar (nelle “Galanteries de la Bible” di
Parny) 1911
Thiers 2075, 4900, 5227
Thomas (S.
ra
) 597
Thomson 158*
Thouar P. 3745
Thouvenel 5547
Thule 852*, 2338
Tiberio 168a*, 3382, 3983*
tibicinae 128
Tibullo 1009, 5336
Ticino (cantone) 5157, 5159, 5369
Ticino (fiume) 2498, 2807
Tideo (nella Tebaide di Stazio) 868
tiepidi 4973
Tiepolo G. B. 5574
tigna 772
Tillemont 3945*
timore (V. paura, speranza, amoroso timore
etc.) 360*, 874*, 1080*
- amoroso 1634*
- in anticipazione 2151*
Tine (Grecia) 5532
Tintoretto 1888*
tintura de' capelli 937*
tipi umani (V. caratteri, ritratti)
tipografi 4863
tiranni (V. servi, schiavi etc.) 916*, 1183,
1676, 2919*
- domestici 1378*, 2618
tirannia (V. servitù etc.) 235*, 770*, 816,
1372*, 1529*, 1874*, 2846*
- domestica 1378*, 2618
Tirazza 2348, 2658, 5675
Tirelin (brigante) 3835
Tirolo 5218
Tirone 2505
tisi 3581, 4596
Tissot C. 2240, 2867, 2872
titoli d'onore 1603*, 1677, 3349*,4766, 4906,
5428
- dei libri 3118, 4035*
Tivoli 4438, 5373, 5406, 5600
Tiziano 1548*, 3397, 3859
Todeschini (dott.) 3875
Togna (nella Cortigiana di P. Aretino) 655
Tognetti (Monti e -, gruppo internazio-nalista)
2782
toletta (V. donne, vesti, vanità etc.) 602*,
3002*, 3384, 3454*, 3489*
- romana 3429
tolleranza (principio di) 3327*
- religiosa 5369
Tolomei 2751, 2755
tomba (V. sepolcri, monumenti, sep. etc.)
1002*
- (profanatori di) 5661
tomisti 3353*
Tommaseo 1622, 1646, 1648, 1691, 1725,
2183, 2393, 3071, 3661, 3878, 4583*,
4592, 4727, 5132
Tonnere (Francia) 5419
topi 2738, 3813, 5347, 5646
Torelli-Violl[i]er E. 4693
Torino 2068, 2498, 2582, 2591, 2823, 3848,
3893, 4278, 4629, 4665, 4770, 4774,
4783, 4897, 4907, 4940, 4966, 4967,
5182, 5211, 5216, 5395, 5479, 5530,
5543b, 5665, 5765
Torlonia (principe) 807, 2322, 4842
Torno (Como) 3780
Torotella (brigante) 3835
Torquemada 2916*
Torre di Babele 4841
Torresani 3832, 4552, 4861
Torrigiani (sen.) 4297, 4630, 4939
Torti 1293, 3555, 4801, 4875
Tortona 3845
tortura 5708
toscana (lingua) 2261, 2761, 2780, 3467
toscani e non toscani 3547, 4156*
Toscani (vice console) 5587
Toselli 5537
tosse 4327
Tosti Luigi 5333, 5469
traccia delle passioni 1283*
tradimento, -i 3164
- in amore 1901
tradizionali spiritosità (V. spiritosità -) 2552
tradizione letteraria 3969
-i 1694, 3407, 5730
traduzioni 2134, 2752, 4826, 4828, 5134
- burlesche 5536
- in latino 4532
tragedia (V. teatro) 641*
- (coro nella) 1708*
Trajano 4400, 4951, 5728,
Tramezino (fratelli) 5234
Trani 4588
tranquillità (V. quiete)
transazione (tempo di) 2462
transazioni 154a*
Trapani 5200
trasformazione 1245
trasfusione del sangue 4304*
Trasimaco 3943
trattati politici 4158*
- o di Berlino 5609
tratti comici (V. comicità) 1108*
- di genio 3333*
- di spirito (V. spirito, stile nei t.d.s.) 34, 35*,
67, 75, 82, 98*, 99*, 130*,
137*, 168*, 373, 376, 924, 1131*, 1141,
1163, 1189, 1526, 1527, 1735, 2314, 2358, 2394,
2422, 2568, 2572, 2606, 2638, 2812, 3265,
3310*, 3385*, 3427*, 3649, 3651, 3696, 3698,
3701, 3710, 3738, 3789, 3792, 3890, 3894, 3980,
4453, 4501, 4860
- di stoltezza (V. stoltezze, sciocchezze,
subassurdità) 377, 378, 3696, 3898
- umoristici (V. umorismo, passi umoristici
etc.) 476, 514, 651, 773*, 878, 1053*,
1055*, 1086*, 4860
Trattoria di zio a Roma [V. Roma] 5453
Travaso delle idee” (Il) 4617
Traversi (famiglia) 3836, 3837, 5485
- G. (avv.) 1757, 3836
- (lettore) 1757, 3836
- [Milesi] Francesca 2871, 2872, 3836
Trazzi (dott.) 5737, 5772
Tre Arti (V. Crit. art., lett., mus., Arte, Lett.
etc.) 1447, 5178
Tre Bellezze” (Le) 3496, 3605
Tre Ronchetti 5600
trecento (mille e) 3776
tredici 30, 2424
Trentino 5218
Trento 5238
Treves (edit.) 2348, 2449, 3661, 3854, 3865,
3877
Treviglio 3848, 4550
Triballo (dio) 1100
tribunali 1501*
tributi (V. tasse, imposte etc.) 1597*
Trieste 3865, 4777, 5202
triglie 3287*
Trim (nel Tristram Shandy di L. Sterne)
1515
Trinummus 2783
Tripoli 5698
Tripolitania 5259
Trissino 818, 2755
tristezza (V. malinconia) 1215, 1298*, 1475*
Trivulzio (marchesa) 4706
trogloditi 1933b*
Troja 984*, 3923
troppa età 1063*
trovatelli 36, 2008*, 2616
truffatori (V. stoccatori, scrocconi, impostori
etc.) 578, 3722
truffe (V. impostura, ricatti etc.) 3584, 3585
- dotte (canzonature dotte, crud. impost. etc.)
1268, 2570
- letterarie 3583
tu 4761
Tuberone 258*
Tucidide 1612, 2235, 3326*, 3937*, 4710
Tunisi 5680
tuono 467*, 2483
turchi 2091*, 2783
Turchia 5182, 5597, 5607
Turenne (M.
lle
de) 2505
turpiloquio 3208*
Turri S. 4626
Twain M. 5675
ubbriachezza 4208, 4646*, 5461, 5681
ubbriachi (V. ebbri, ebrezza, vino etc.) 1261,
1331*, 1334, 2392, 3769, 3966
Uberti Giulio 375, 3555, 3877
ubidienza alle leggi 779*
Uboldi de' Caprei (S.
ra
) 5529
uccelli 1100, 4136*
ufo (a) 2874
Ugolino (conte) 868, 2546, 3788
Ulisse 4871
umanità 1220, 1419*, 3682, 5241
- (rappresentanti della) 1847*
- (scopo della) 2404
Umberto I 4596, 4609, 4612, 4983, 5061,
5218, 5405, 5456, 5515, 5610, 5694, 5760
umiltà 1740*, 4976
- dignitosa 1444*
umor aqueo 1396*
umorismo (V. storia dell'-, oss. umoristiche,
tratti umoristici, comicità, satira, soja, passi
umoristici) 1157*, 1323*, 1389*, 1518*,
1590, 1666*, 1856*, 1886, 2174, 2397,
2406, 2429, 2434, 2489, 2943, 2955, 3047,
3212*, 3236*, 3997*, 4141*, 4453, 5050
- classico 286
- e comicità (esempi di) 2959*
- in Francia 2269
- in Ispagna 3100*, 4244, 4245
- in Italia 2269, 3262
- milanese 4462
- nell'antichità 2268
- nella scienza 1673
umoristi 934, 1759, 2278, 4443
unghie 2811, 3439*
unguento odoroso 3291*
“Unione (L')” 5525
unione di vite 2973
- e divisione 4393*
Unità cattolica” (L') 4218
Unità della lingua (L') 2360
unità dell'intelligenza 3664
- di materia 2939*, 3992*
- d'Italia 2832*, 2848*
- di tempo 641*
- e varietà 2906*, 4378
- in un lavoro 671*
- letteraria 1466*
Universale (L')” 5629
università (V. studenti) 2533, 2534
universo (V. mondo) 2405, 2410*
Unni 4760
uomini 1600*, 2404, 3191, 3211, 3226*,
4353*
- d'ingegno 4147*, 4834
- e bestie 397*
- e donne 228*, 5296, 5441
- grandi (V. grandi uomini, sommi, geni etc.)
1440*, 2504, 3523, 4288*
- - (figli di) 3797
- illustri 3643, 4173*, 4177*
- (piccolezze negli) 2540
- (scuse degli) verso le donne 681a
uomo 263*, 1306*, 1413*, 1414*, 1420*,
1569*, 1631*, 2779, 2937*, 3194*, 3255*,
5296
- bruto 3805
- civile 5544
- con uomo 344*
-donna 3234
- e donna 2299*, 3414*, 5296
- onesto 751*
- perfetto 5519
- primitivo 3589*
- retto 1849*
- secondo natura 1970*
-spirito 3639
Uomo di Pietra 1198
“Uomo (L') di pietra” 3654, 5525
Uraja 5760
urbanitas lett. 2220, 2254
Uri (cantone) 923
urne 1287*
uscieri (V. portinai) 2542, 4914, 5336, 5593
usi amorosi 4536b
- e costumi (V. raff. di u. e c., costumi) 430,
1345, 1874*, 2711*, 3359*, 3416*, 3432*,
3830, 3838, 3954*
- - - antichi 1145, 1254, 1257, 4081*,
4642*
- - - galli 3404*
usignolo 3294*
usura 154a*, 1553*, 2920*
usurpazioni aggettivali 5489
utilità 1437
- della inutilità 538
- e arte 2133
utopia 4069, 5260, 5650
- e apparenti 1928*
uva 961
Vacca (min.) 577, 5431
vagabondaggio 1950*
Val Ganna (Varese) 3585
Valaperta (S.
ra
) 4804
Valera P. 4672, 5686
Valeriano P. 3336
Valerio 4770, 5395
Valle del Muto 2868
vampiro 3741
Van Helmont 4313
vanagloria 1070*, 4164*
“Vangelo” (V. evangelo) 162, 177, 178, 2190,
2643, 4510
vani 2439, 2442, 2544, 2547, 2654*, 2692,
3611
vaniloquenza 900*
vanità (V. toletta etc.) 568*, 793, 1220, 1273,
2010*, 2363, 2607, 2608, 2769, 2932*,
2935*, 2937*, 2956, 3132, 3411, 3458*,
3481*, 3499, 3523, 3583, 3598, 4022,
4170*, 4664*
- di gola 888*
- feminile (V. donne) 634, 635, 1815*, 1855*,
1902, 1923*
- nobiliare 209
- (piccole e grandi) 44, 46, 55, 61, 64, 79*,
209, 255*, 4249
- scientifica 2357
Vanity Fair” (giorn. ingl.) 5452
Vannucci A. 2783
vanteria 4194
Vanzo (avv.) 3886
Vanzo G. 3857, 3880
Varallo 2575, 3851
Varchi 2751, 2753, 2761
Varedo 5738
Varese 2701, 3714, 3723, 4712, 5210, 5495,
5686
- Albergo Robarello 5495
- Madonna del Monte 5495
- Sant'Ambrogio 5495
Varese C. 3870
varietà (amore alla) (V. in amore) 1093*,
1689, 4049*
- e unità 2906*
- interna ed esterna 4015*
- negli affetti 1892
Varietà (La)” 3621
Varon (El) milanes 2789
Varrone 266*, 268, 632, 2200, 2240
Vasari G. 5061
vasi da bere 3006, 3292*, 3926
- fittili 5530, 5535, 5562, 5692
Vassalli 4753, 5211, 5212, 5213, 5335, 5386,
5497, 5695
Vassalli (S.
ra
) (V. Gagliati Vassalli A.)
Vassalli Del Mayno 5423
Vaticano 929*, 2133, 2184, 2330, 3656, 4647,
5333, 5404, 5680
vaudeville 1116
vecchi 10*, 71, 104*, 188*, 189*, 412*, 480*,
1216*, 1244*, 1365*, 1505, 2452, 2527,
3025, 3090*, 3096*, 3132, 3204*, 3211,
4186, 4414
vecchia 302*
- ebra 3045*
- zoppa 104*
vecchiaja (V. troppa e etc.) 188*, 288*,
1060*, 1101, 1216*, 1792, 1853*, 1916*,
2763, 2997*, 3421, 3889, 4052*, 5454,
5569
- nelle donne 581*
vecchie 1006*, 3413*
- libidinose 3431, 3487*
vecchie e nuove cose 2589
Vecchio A. (prof.) 3610
Vecellio C. 3397
Veda 745
Vedovi (pretore) 5706
Vega (L. de) 3097, 3098*, 3099, 3102, 3112,
3114*, 3115
vegetali 3289*, 3305
veglione (V. carnevale) 2347
Vela V. 3875, 3877, 5159, 5180, 5588
vele 1304*, 3918*
veleni 997*, 4085*
Velletri 4550
vendetta 1641*
- degli dei 988*, 3663
- nobile 3166
venditori ambulanti 2298
Vendôme (colonna) 215*
vene gonfie 1172*
venerdí 3439*, 3450*
- santo 376
Venere 849, 1820, 2040*, 2284, 2319, 2401,
2985, 3379*, 3391, 4122, 5204, 5234
Venezia 1553*, 2095*, 2124*, 2297*, 2237,
2796, 2833*, 2867, 3397, 3511*, 3645,
3848, 3862, 3865, 3869, 3870, 3887,
4065, 4089, 4276, 4626, 4771, 4842,
5233, 5257, 5506, 5758, 5772
- Accademia Scientifico-letteraria 5184
- Arsenale 4796
- (campanile di) 5758
- Palazzo Ducale 4796
- Piazza e chiesa di S. Marco 4276, 4796
- Rialto 4796
- Teatro La Fenice 4795
veneziani 4795, 4796
Venosa (Principe di) 5185
vento 3336
ventre (V. pancia, gola) 216*, 323*, 3065*,
3446, 3631
Ventura 605, 3865, 3866, 3874, 4775, 5646,
5663
veracità 4079
Vercellese (teologo) 5321
Vercelli 4627
Verdesiacum (necropoli di) 5745, 5750
Verdi 318a, 1132, 1672, 2171, 2394, 3654,
3814, 3859, 3944, 4279, 4494, 4880, 4882,
4918, 5232, 5671, 5673
Verga 1474
Vergani (librajo) 4760
Vergiate (Varese) 2498
vergini 1002*, 2699
verginità 3143*, 3405*, 3476*, 4045*
veridicenza 827*, 3923
verità (V. errore, menzogna, bugia, vero,
obbiezioni alla -) 70*, 644*, 1144*, 1186,
1192*, 1227*, 1310*, 1483*, 1574*,
1582*, 1626*, 1678, 1711*, 2415*, 2930*,
2931*, 3077, 3354, 3626, 3671, 4192,
5017
- (criterio della) 2176*
- e errore 2897*
- e menzogna 322*, 1148*, 5017
- (ricerca della) 1204
- storica 3107
- - nell'Arte 1963*, 5277
vermi 836*
vero (V. verità) 611*, 1448*, 1487*, 1514*,
1520*, 1831*, 2110*, 2138*, 2233, 3138
- contemporaneo 2277
- (copia dal) 2249, 5277
- (dire il) 827*, 3923
- e maniera 2258*, 2358
- in letteratura 5277
- (studio del) 2258*, 3887
Verona 5253, 5266
- Palazzo della Ragione 5117
- Via Dante Allighieri (già Lovera) 5117
verosimile 2233, 3138
Verri (conte) 5642
Verri P. 400, 3849, 3867, 3879
Versailles 2133
verseggiatori 2338, 2508*
versi all'improvviso 666
- burleschi 5663, 5664
- cattivi 1025*, 3952, 4583*
- di amore 5752
- e prosa 3131, 3547
- martelliani 811*, 1615*
- sciolti 1615*, 2755
verso (V. versi, metro, rime, terzina, poesie,
prosa) 514, 1961*, 2204*, 2644
Vertua 2393
vescovo di Lodi 389
Vespasiano 4299
“Vesta Verde” (Il) 4772, 4775, 4776, 4777,
5663
vesti 1845*
- coe 3288
- delle donne 80
- e condizione 255*
- lunghe 3958*
vetro d'orologio 4033*
Vettori F. 5238
vettura e ferrovia (V. ferrovia) 3726, 3794
viaggi 3915, 5243
“Viaggio allo scopo di perdersi” 5351
Viaggio Reale nel 1889 5760
Viareggio 4992
Vico 2*, 42, 135*, 1785, 2073, 2237, 2433,
4343*, 4345*, 4346*, 4347*
Vidari (prof.) 2533
Vidiserti (aqua) 5738
Vidocq 1983
vie (nomi di) (V. in strade etc.) 147, 2321
Vienna 3584, 3848, 3869, 4202, 4944, 5198,
5312
Vieri de' Cerchi 4117
Viganò S. 3848
Viggiù (Varese) 375, 4917
Vigilia di Natale 4266
vigliaccheria umana (V. viltà) 59
- politica 5516
Vigliani P.O. (min.) 4960
Vignati C. 3650, 4922, 5543b, 5549, 5573
Vigo P. 3848
Villalunga (località) 2868, 5186
Villamarina (marchesa di) 5405
villanelle (V. campagna, contadini, villici etc.)
2628
Villani (fam.) 5635
Villani C. (marchesa) [V. Sai C.]
Villani F. (march.) 2449, 3857, 3870, 3877,
3878, 3887, 3906
villania 1500*
- odierna 5699
Villegas (pitt.) 5518
villici (V. contadini, campagna) 2715
Villon 2506, 3371
viltà (V. vigliaccheria) 2012*, 2805
Vimodrone (Milano) 5598
vin da pegni 2796
vincere e stravincere (V. vittoria) 554*
vincitori e vinti 2118
vino (V. sete, ebbrezza, ebbri, ubbriachi etc.)
11*, 53*, 142*, 174*, 222*, 232*, 262,
337, 508, 855*, 886, 1008, 1022*, 1031*,
1163, 1261, 1262*, 1331*, 1334, 1560*,
2016*, 2284, 2393, 2450, 2572, 2585,
2596, 2783, 3045*, 3292*, 3332*, 3379*,
3461*, 3738, 3795, 3806, 3925*, 3966,
3967*, 4083*, 4594, 4649, 4714, 5175*,
5473
- buono e cattivo 4245
- e liquori 1278*
vinti vittoriosi 3431
violino 5434
viragini spartane 465
Virgilio 371, 372, 696, 1043, 1674, 1794,
1924, 2241*, 2257, 2312, 2349, 2395,
2400, 2428, 2578, 2692, 2724, 3338, 3418,
3529, 3855, 3859, 4180, 5162
Virginio romano 2120*
virginità 4548*
virtù (V. vizio) 112*, 626*, 659*, 780*, 897*,
1048*, 1054*, 1299*, 1358*, 1416*,
1455*, 1545*, 2586*, 2922*, 3409, 3996*,
5102, 5513
- (amor dell'uomo alla) 1685*
- antiche e moderne 2842*, 4307*
- di scrittore 2215*
- e vizio 2845, 5018
- in miseria 565*
- pagane 4307*
virtuosi 656*, 1883*
Visconti E.Q. 2319, 5306
Visconti Galeazzo (duca) 3650
Visconti M. 5734
Visconti Alari 2592
Visconti di Modrone (duca) 2575
Visconti Venosta Emilio 572, 2330, 4562,
4775, 5211
- - Giovanni 5236, 5461
Viscontini C. 5734
- G. 5734
- Bignami E. 5734n
- Milesi E. [ V. Milesi Viscontini E.]
“Visite illustri” 5333, 5335, 5379, 5469, 5508
Vismara (prof.) 2498
Visnù 745
viso 1689
vista 834*
- (cortezza di) 3754
- (per mantenersi la) 3574
vita (V. regola di-, brevità della -, tedio della -,
scopo della, -) 4*, 185*, 482*, 709*, 865*,
920*, 1032*, 1330*, 1414*, 1916*, 1980*,
3016*, 3021*, 3128*, 3134, 3218*, 3240*,
3379*, 4899, 5283, 5763
- breve 418*
- comune 1863*, 5050
- dei sensi 2071*
- del Dossi (V. Dossi) 2540
- desiderevole 902*, 951*
“- di Alberto Pisani 690, 946, 1693, 2527,
2872, 3621, 3905, 4597
“- di Cola di Rienzi” 4202
- di letargo 1216*
- e esistenza 526*
- e fama 2887*
- e morte 845*
- e salute 943*
- eterna 1917*
- ignorata 1770*
- intell. e fisica 4003
- interna ed esterna 2980*
- nuova 3031
- onesta 5049*
- (tedio della) 3242*
Vitellio 892*
Viterbo 4550
Vittadini 4507
Vittorelli J. A. 1901, 3832
vittoria (V. vincitori, stravincere, vinti) 20*,
3220*
Vittorio Amedeo III 2834*, 2839*
- Emanuele I 4627
- Emanuele II 2394 4336, 4349, 4627, 4766,
4880, 4894, 4895, 4966, 4967, 5132, 5189,
5588, 5728
- Emanuele III 4596, 5727, 5728, 5749
Viviani G. B. 4885
vizi (V. in difetti) 1299*, 2169, 4353*
- e virtù 1133*, 4333*, 5102
-o 672*, 1416*, 1523*
- (prezzo del) 3431
vocabolari (V. dizionari) 2206
vocaboli nuovi (V. parole) 2181
- stranieri 2181
vocazione 1033*
Vogel 931, 3047
Voghera 5498
voi 4761
Voiture V. 2506
volanti (figure) 2248
volare (arte di) 5046*
volere altrui 1083*
- e potere 1014*
volgo (V. plebe) 250*
Vollo (prof.) 2498
volontà 1083, 2483, 2931*, 3235*, 4650*,
4652*, 4730
- (forza della) 2728
- in amore 5356
volontari 3164, 3584
Volpi (prof.) 2533
Volpi M. 5214
Volta A. 2457, 3849, 4733, 5385, 5673
Voltaire 65, 1120*, 1858, 2054, 2227, 2269,
2368, 3146, 3541, 3689, 3693, 4010, 5023,
5026, 5473
Voltorre (Varese) 5776
volubilità 1410*, 1411*, 1412
- nella moda 3367*
voluttà (V. piacere, diletto etc.) 13*, 365*,
405*, 517*, 518*, 764*, 847*, 1357,
3084*, 3647, 3663, 3764
- del genio 4014*
- del peccare 2647*
- divina 2115*, 4014*
- intell. e fìs. 4003
votazioni pol. (V. elezioni, deputati etc.) 2155,
4286*
- (corruzione nelle) politiche 2579
voti monastici 3449*
vulcani 1930*, 2286*, 3931, 5662
Vulcano (dio) 1820
vulva 1210*, 4970
vuoto 5043
Wagner 924, 3765, 3782, 5674
Walhalla 2826
Walpole 636, 2540
Warburton 3309*
Warner 175
Warton 4026
Washington 2094*
Weidemann 5323
Weimar (biblioteca di) 4202
Wermouth” 2366
Windischgratz 5512
Winkelmann 1658
Wiseman 2291
Worth 2333
Yorick (V. Jorick)
Zacarah 5211
Zaccheo F. (don) 5646
Zaccheroni (avv.) 5182
Zajotti 4861, 5449
Zanardelli 4825, 5158, 5209, 5221, 5401,
5508
Zanni 4060
Zannoni A. 1699
Zanoja 613, 1068, 2838
Zanoli A. 4787
Zanotti (ing.) 4466
Zelbi 47
zelo 2851*
Zenevredo 4200, 5322
Zenobia 3171*
Zerbi (V. De Zerbi)
Zeusi 683*
zii e nipoti 2659
zingari 1998
Zio Tobia (nel Tristram Shandy di L. Sterne)
1515
zitellona 2891*
Zoilo 4446
Zola E. 4799, 5687
zolfanelli 1037
Zöllner 5284
Zoroastro 3300*
Zorutti 4199*
zucchero 3294*
Zuradelli (prof.) 2498
Zurigo 5737
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