spargendo il pianto sovra il morto viso,
bacia la faccia ancor fèra e superba:
- Fosti, giovine ancor, da me diviso
(dice), caro signor, per morte acerba;
e lasci me co 'l tuo piú caro pegno,
vedova e serva, e presa al giogo indegno.
119
Ne la tenera etate è il figlio ancora,
che generammo al lagrimoso duolo,
tu ed io infelici; e piú m'accora
ch'in grande stirpe e quasi estremo, e solo
non vedrá gli anni in cui virtú s'onora,
né l'alta fama tua, che spazii a volo,
né de l'avo il bel regno, o regio nome
lieto il fará tra vinte genti e dome.
120
Ma di tua madre, o figlio, a' lidi estrani
seguirai su le navi il duro caso:
ed in atto servil Franchi, o Romani,
ne' regni inchinerai del nero Occaso,
anzi signor superbo: o se rimani,
spietata pena avrai d'esser rimaso,
da gran torre rotato o d'alte rupi,
a pascer di tue membra i corvi, o i lupi.
121
Fèri nemici irati al debil figlio,
misero Argante, anzi 'l morir lasciasti;
al vecchio genitor morte od esiglio,
a l'orba madre ignudi membri, e guasti:
e senza fine a me lutto e periglio,
e pensieri d'amor dolenti e casti:
né prima ebbi da te baci, o parole,
ond'io, piangendo, il mio dolor console. -
122
Cosí dice ella; e 'l volto e 'l seno aspersi
avean di pianto le donzelle insieme;
quando lutti fra lor nuovi e diversi,
incomincia la madre, e plora, e geme:
- Argante, nessun duolo egual soffersi
pari a quel che per te m'aggrava e preme:
ch'eri di tutti i figli a me piú caro,
di cui mi priva empio destino avaro.