Alla conquista del pane Paolo Valera
25
cenduole della casa, i lavori dell'ago, le distrazioni della campagna, non riescono più a ridarle la
gaiezza perduta. I suoi pensieri galoppano dietro agli ideali della sua fantasia, e giorno per giorno,
le edificano un mondo che ahimè! doveva in una splendida giornata tramontare col sole. Chi era il
colpevole che le aveva trasmesso quel bisogno precoce di amare, di amare immensamente, grande-
mente, a ogni costo? Tutti e nessuno. Tutti perché l'universo è un palpito incommensurabile. Nessu-
no perchè l'amore è un movimento dei sensi e dell'anima. A quattordici anni essa ha trovato il suo
Paolo. Non è bello, ma la sua immaginazione accesa glielo dipinge più superbo di un Dio. Lo ama
con un'ascensione che rasenta il delirio. Maria non vede che lui, non sogna che lui e non trema che
davanti a lui. Una sera in cui l'amico manca all'appuntamento, essa scrive sul memoriale: «Mio Fer-
nando, mio buon Fernando, perchè non sei venato e perchè non sei qui, ai miei piedi, a parlarmi di
te, e del bene che ci vogliamo? O che non sai forse, ch'io non posso più vivere senza le tue carezze,
senza i tuoi baci, senza i tuoi occhi, senza la tua voce che mi ripete sempre e poi sempre la stessa
parola: ti adoro? Non è per te che da parecchi mesi fuggo i teneri abbracci della mia povera mamma
che amo più di me stessa, non è per te che la inganno ogni ora, ogni minuto, non è per te che mi so-
no data volontariamente al disonore? Col tuo amore, al tuo braccio, sul tuo seno, io mi sento capace
di sfidare il mondo e le sue ipocrisie. Senza di te invece, non sono più che un tronco stroncato dalla
bufera. O mio Fernando, o mio Fernando, come è desolante la solitudine!...»
E questa, o signori, è la ragazza che il P. M. chiama un mostro! E fosse pur tale, chi lo ha
generato? Io cerco un reo. È la società, è l'ambiente? In alto, in alto dobbiamo salire per trovare il
complice, anzi l'autore.
Voi sapete già come avvenne la catastrofe. Un bel giorno il nostro bellimbusto, che aveva,
nè piú nè meno, considerato Maria un oggetto di consumazione, scompare per non farsi più vivo.
Ve la figurate, per usare una frase favorita dal mio egregio avversario, questa quindicenne
quasi madre, sola, colla rovina nel cuore e nel cervello, senza un conforto, senza un'anima cui con-
fidare il segreto che cela nel seno, col pancino ingrossato, che sale a spaventarla, a surrecitarla, a
rubarle la pace e il sonno? Ve la figurate, questa povera martire dell'amore, disillusa nel sogno di
donna e di amante, sbattuta a terra dal disprezzo, mentre sono in lei la vita, la gioventù, la bellezza,
che protestano e anelano alla grandezza degli amplessi? Ve la figurate tremante, smarrita davanti
alla realtà di un importuno in via di maturazione, mentre i suoi occhi vedono uscire dall'ombra la
mamma, i parenti, gli amici, il vicinato, i conoscenti per avventarlesi contro colla maledizione sulle
labbra? Ve la figurate ancora scarmigliata, col lenzuolo tra i denti, contorcersi nei dolori spavente-
volmente spasmodici, mentre il piccino nasce, senza che le sia permesso di gridare, di chiamare al
soccorso, di domandare due goccie d'acqua per le sue labbra che bruciano, per le sue tempia che
cuociono? Ma chi vi assicura, o signori, che non sia stato il vagito primo che abbia infuriato la ma-
no della delirante sull'innocente? Chi vi assicura che il delitto non sia stato consumato senza la vo-
lontà della puerpera, anzi malgrado la puerpera — vale a dire quando la ragione aveva lasciato il
posto al deliquio? O voi, signore, che siete state almeno una volta madre, dite a questi uomini, qua-
l'era il vostro stato e quali erano gli indicibili spasimi che pativate dando alla luce una creatura! È
egli possibile essere in possesso delle facoltà normali? So la vostra risposta, o signori Giurati, o si-
gnori Giudici. Voi avete le terribile prova fornita dal medico. Buon Dio! Egli ha constatato le tracce
delle dita sul feto! Un dottore che faceva davvero il suo mestiere. Ma ho io bisogno di dirvi che non
assisteva al parto la levatrice?
Una mano alla coscienza. Ho accennato a un reo impalpabile, che sfugge alle indagini degli
uomini. Ma se colpevole ci deve essere in questo brutto dramma quell'uno è egli davanti a voi, siede
egli al posto degli accusati? No. Voi sapete meglio di me che Maria Alferozzi non poteva essere che
la forma. L'artista, o signori, dov'è egli? E badate, Io non accuso di vigliaccheria l'uomo che si sot-
trae agli abbracciamenti più sentiti, perchè se non conosco come si compongono e si decompongo-
no le passioni, so che devono avere il loro periodo di soddisfazione — vale a dire la decrescenza e
la sazietà. E anche perchè i miei ideali non sono quelli contenuti nel codice dell'etica borghese. Ma
poichè qui si tratta di delitti e di accusati, mentre forse noi non dovremmo trovare che degli sventu-
rati, pare a voi giusto che colui che ha diviso il tripudio delle gioie, l'autore unico di tutta questa tra-