perchè è la delusione e la confusione di tanti trovati specifici; e ha anche un po' del socratico, perchè
si riduce a dire: finalmente sappiamo che il delitto è il risultato di varie cause ma di quale
singolarmente non possiamo sapere; è poi sproporzionata ne' suoi termini, perchè la causa meteorica
non merita lo stesso valore di quella sociale, e tutt'e due non valgono quella organica, e questa alla sua
volta non vale quella psichica, la quale ne' suoi segni più prossimi all'azione è la più comune.
Che sia e quando e per che modo la psiche si distingua dalla materia, donde si eleva e pare si dissolva
in un che di etereo e di inapprensibile, non dirà mai nessuno. Ma si può ammettere, senza peccare di
bigotteria spirituale al cospetto degli assolutisti del regno animale, che ci sono dei fenomeni interiori,
vale a dire idee, sentimenti, desiderî, passioni, ricordi, giudizi, propositi, pentimenti, voleri, i quali
con la materia hanno bensì una relazione, perchè nulla è sospeso nel vuoto dentro di noi, ma così
intima e complessa, che non possono essere considerati se non a sè. Si fa presto a ripudiare l'antica
fede in tre facoltà autonome della coscienza, quante ne contarono gli scolasti della filosofia -
intelletto, volontà, sentimento - ma negando la fede non si nega la verità che è riposta nell'esperienza
di tre diversi aspetti dell'attività spirituale, i quali si distinguono appunto in altrettanti ordini di fatti
morali: - deficienze o squilibri nel modo di intendere le cose e le loro relazioni, difetti o eccessi nella
forza e nella misura pur relativa di volere, disordini e anomalie nel movente e nell'indirizzo comune di
sentire.
Di qui la necessità della ricerca della gente perduta tra gli elementi psichici della natura; di qui la
ragione d'una disciplina preminente nei timidi tentativi del problema penale: la psicologia, se non qual
è, quale potrebbe essere. Attribuire a questa ricerca ed a questa disciplina una minore importanza che
alle altre è voler fare della novità ad ogni costo; è voler giocare di contraddizione per paura della
metafisica, che pure fu così amabile nella sua signorile agiatezza; è imitare a fatica il Voltaire, che
negava i fossili per paura che provassero la verità del diluvio universale, e sosteneva che le nicchie
delle Alpi non erano se non tracce di pellegrini e le ossa dell'ippopotamo e della renna in Etampes
nient'altro che raccolte antiche di qualche amatore di rarità.
E il torto della nuova scuola è per appunto quello di volere esser troppo nuova per non aver nulla in
comune con la vecchia, di volere esser troppo più medica che psicologica, di avventar sempre la
diagnosi dove spesso sarebbe appena possibile il sillogismo intorno a un soggetto cinto dal più
profondo mistero.
E un tale soggetto è l'anima del più vile degli uomini. Comporre il poema dell'anima, sia pure
dell'ultimo degli uomini, pensò un uomo che degli ultimi non era, sarebbe adunare in un'epopea tutte
le epopee, sarebbe descrivere il laberinto dei propositi e delle contradizioni, l'antro delle idee e delle
passioni vergognose di luce, la fornace dei desiderî e dei bisogni, il campo di battaglia per odî e
amori, sbalzi d'eroismo e abbiette viltà.
E chi può dar forma e misura a queste scene di mistero? Forse l'artista con l'istinto divinatore; meno di
lui lo psicologo con l'esperienza dei fatti invisibili della coscienza; meno che mai il frenologo. La sua
tavola anatomica è assai breve; i suoi quadri clinici sono ben pochi, forse venti o trenta in tutti; la sua
diagnosi (non diciamo della sua cura) benchè rivestita di nomi e di eleganze elleniche, è quella di un
semplicista; le cause alle quali riporta le malattie mentali sono assai grossolane e collegate a
alterazioni organiche vistose (infezioni, intossicazioni, traumi, anemia, arteriosclerosi cerebrale,
lesioni fetali); quando è chiamato a dare il suo parere su di un soggetto giudiziario è costretto a
dichiarare che l'alienista è il giudice delle malattie mentali, delle aberrazioni tipiche e conoscibili della
ragione, ma non delle varietà di carattere e di intelligenza che si rivelano soltanto all'urto di certi
avvenimenti singolari e che rimangono latenti e inconoscibili se il caso non offre raffronti; e quando
ha classificato il facinoroso tra i normali o i pazzi ha finito il suo compito. E, dopo tutto questo, il
beato normale è signore e arbitro della propria condotta? E nella sua natura, perchè monda da cicatrici
recenti e da stimmate natali, non si alternano e non si confondono di sorpresa la ragione e la follia?
Ragione! follia! Due parole, due immagini, che pretendono alla più rischiosa comparazione della
nostra personalità, e non sono che due termini convenzionali per la più arbitraria delle distinzioni. Ci
sono infinite varietà individuali, non organiche nè sistematiche, non croniche nè acute, che bisogna
riferire per necessità d'eliminazione all'intelligenza, alla volontà, al sentimento, insomma agli attributi
psichici dell'uomo, i quali fanno di lui savio un folle. Ma mentre il folle rivelato ai suoi segni esteriori
è un libro aperto e intelligibile a tutti, tranne a lui stesso, il folle gabellato per savio è un enigma, e di
tanto si rende più enigmatico di quanto è superiore per alcune qualità alla media dei savi: mentisce e a