«Tu puoi baciarla sui capelli», diss'ella. «Sul viso no. Il dottore non vuole.»
«Ma tu? Ma tu?»
«Oh, per me è un'altra cosa.»
Egli posò invece le labbra sulle labbra gelide che trasparivano tra le foglie di carrubo e fiori di geranio. Ve le posò
lievemente, come per un addio tenero, non disperato, alla veste caduta e vuota della diletta creatura sua partita per altra
dimora.
«Maria, Maria mia», sussurrò fra i singhiozzi, «che cosa è stato?»
Egli non aveva inteso affatto che il primo discorso delle guardie sugli annegati avesse un nesso col secondo.
«Non lo sai?», gli chiese la moglie senza sorpresa, pacatamente. Gliel'avevano detto com'era stato telegrafato; ma ella
sapeva pure che Ismaele doveva recarsi a Lugano per incontrarvi Franco e ignorava che Ismaele, arrivata la posta dal
Ceneri senza nessuno, era andato a dormire.
«Povero Franco!», diss'ella baciandolo sul capo, quasi maternamente. «Non c'è mica stata malattia.»
Egli si rizzò in piedi, esclamò atterrito: «Come? Non c'è stata malattia?»
La persona che Franco aveva udito dormire, la Leu, entrò in quel momento per far suffumigi, vide Franco, rimase
sbalordita. «Va'», le disse Luisa, «posa il fuoco lì fuori, mettici quel che vuoi e poi va in cucina, dormi, povera Leu.»
Quella obbedì.
«Non c'è stata malattia?», ripeté Franco.
«Vieni», gli rispose sua moglie, «ti racconterò tutto.»
Lo fece sedere sulla dormeuse, a piè del letto matrimoniale. Egli la voleva accanto a sé. Ella gli fe' segno di no, di non
insistere, di tacere, d'aspettare, e sedette a terra presso la sua creatura, incominciò il racconto doloroso con voce piana,
eguale, indifferente, quasi, al dramma che diceva, con una voce simile a quella della sorda Pasotti, che pareva venire da
un mondo lontano. Prese le mosse dall'incontro con la Bianconi in Campò e disse, sempre con la stessa calma, tutti i
pensieri, tutti i sentimenti che l'avevan portata ad affrontare la nonna, disse i fatti sino al momento in cui s'era convinta
che Maria non aveva più vita. Quand'ebbe finito s'inginocchiò a baciar la sua morta e le sussurrò: «Il tuo papà ha in
mente che t'ho uccisa io, adesso, ma non è vero, sai, non è vero».
Egli si alzò, tutto vibrante di una commozione senza nome, si chinò sopra di lei, la raccolse da terra, non renitente né
abbandonantesi, con mani risolute e riguardose, se la collocò vicina sulla dormeuse, le cinse con un braccio le spalle, la
strinse a sé, le parlò sui capelli, bagnandoli di poche lagrime ardenti che a quando a quando gli rompevan la voce:
«Povera Luisa mia, no, non l'hai uccisa tu. Come vuoi che io pensi questa cosa? Oh, no, cara, no. Io ti benedico, invece,
per tutto che hai fatto per lei da quando è nata. Io che non ho fatto niente, ti benedico, te che hai fatto tanto. Non dir più,
non dir più quella cosa! La nostra Maria...» Un violento singhiozzo gli ruppe le parole, ma subito l'uomo, con forte
volere, si vinse, continuò: «Non sai cosa dice la nostra Maria in questo momento? Dice: mamma mia, papà mio, adesso
siete soli, ciascuno di voi non ha che l'altro, siate uniti più che mai, donatemi a Dio perché mi ridoni a voi, perché io sia
il vostro angelo e vi conduca un giorno a Lui e stiamo insieme per sempre. La senti, Luisa, che dice così?».
Ella fremeva nelle sue braccia, scossa da sussulti violenti, col viso basso, resistendo a Franco che glielo voleva alzare.
Finalmente gli prese in silenzio una mano e gliela baciò. Egli pure, allora, la baciò sui capelli. Poi gli sussurrò:
«Rispondimi».
«Tu sei buono», rispose Luisa con voce accorata e debole, «tu hai pietà di me ma non pensi quello che tu dici. Tu devi
pensare che la causa della sua morte sono io, che se avessi seguito i tuoi sentimenti, le tue idee, non sarei uscita di casa,
e se non uscivo di casa non succedeva niente, Maria sarebbe viva.»
«Lascia star questo, lascia star questo. Tu potevi credere che Maria fosse in camera o con la Veronica, tu potevi
rimanere in sala con gli sposi e la disgrazia sarebbe successa ugualmente. Non pensar più a questo, Luisa. Ascolta
invece quello che ti dice Maria.»
«Povero Franco! Poveretto, poveretto!», disse Luisa, con un'amarezza di sottintesi paurosi, da far gelare il sangue.
Franco tacque, tremando, non valendo a immaginare cosa ella pensasse, eppure temendo udirlo. Si sciolsero lentamente
dalla loro stretta, Luisa per la prima. Ella riprese però la mano di suo marito, volle accostarsela da capo alle labbra.
Franco trasse teneramente a sé quella di lei, tentò un'ultima parola:
«Perché non mi vuoi rispondere?»
«Ti farei troppo male», diss'ella, sottovoce.
Egli ebbe il senso di una irreparabile rovina nell'anima di lei e tacque. Non ritirò la mano ma si sentì mancare ogni forza,
invader da uno scuro, da un gelo, come se Maria, chiamata inutilmente, fosse morta una seconda volta. L'angoscia, la
stanchezza, l'afa, i misti odori della camera poterono tanto sopra di esso che dovette uscire per non venir meno.
Andò in loggia. Le finestre erano aperte; l'aria pura, fresca, lo rianimò. Pianse, al buio, la sua figliuola, senza ritegno,
senza nemmeno quel ritegno che vien dalla luce. S'inginocchiò ad una finestra, s'incrociò le braccia sul petto, pianse, col
viso al cielo, lagrime e parole a flutti, parole incomposte di strazio e di fede ardente, chiamando Dio in aiuto, Dio, Dio
che lo aveva colpito. E glielo disse, a Dio, con la piena delle lagrime, che gli permettesse di piangere ma che sapeva
bene perché la bambina era morta. Non aveva egli tanto pregato che il Signore la salvasse dal pericolo di perdere la fede
stando con sua madre? Ah quella sera, quella ultima sera che Maria gli aveva detto «papà mio, un bacio» e tante altre
tenerezze e non voleva lasciar la sua mano, come come aveva pregato! Era un terrore, una gioia, uno spasimo di
ricordarlo. «Signore, Signore», diss'egli verso il cielo, «Tu tacevi e mi ascoltavi, Tu mi hai esaudito secondo le tue vie
misteriose, Tu hai preso il mio tesoro con Te, ella è sicura, ella gode, ella mi aspetta, Tu ne congiungerai!» Non fu
amaro il dirotto pianto in cui le parole morirono. Ma dopo, pensando ancora quest'ultima sera, gli fu amarissimo di esser
partito senza dirlo a Maria, di averla ingannata. «Maria, Maria mia», supplicò piangendo, «perdonami!» Dio, come gli
pareva impossibile che tutto questo fosse vero, come gli pareva di andar nell'alcova, di doverla trovar là, dormente nel
suo lettino, con la testa piegata sulle spalle e le manine aperte abbandonate sulle lenzuola, con le palme in su! E invece