ira, rancore, e questo tarlo gli vien fuori infallibilmente tutte le volte che ha da esprimere quell’idea,
foss’anche dieci volte il giorno e migliaia l’anno. Altri s’è avvezzato a dir tratto tratto, e lo dice in
ogni caso, invece di ogni tanto, ogni poco, di quando in quando, a quando a quando; e spesso
impropriamente, perchè d’uno, per esempio, che faccia una tal cosa ogni due o tre mesi, non è
proprio il dire che la fa tratto tratto, che significa intervalli di tempo più brevi. Perchè quasi sempre
accade questo: che chi sposa, come suol dirsi, una data locuzione, finisce con adoperarla ad
esprimere non solo l’idea alla quale essa è propria, ma tutte le idee affini a quella, e ch’essa non
esprime che a un incirca.
Ma non è questo il solo inconveniente del mal vezzo. La ripetizione oziosa e abituale di [238] certe
voci e locuzioni toglie loro in molti casi gran parte dell’efficacia, e tutta quanta, di solito, nei
discorsi faceti, perchè da chi legge o ascolta esse sono presentite e aspettate come ritornelli; oltrechè
riescono sgradevoli, come affettazioni, anche le più naturali e semplici, parendo che chi scrive o
parla le metta innanzi così ogni momento perchè le tenga in conto di fiori rari e di pietre preziose; e
aggiungi che, dicendo sempre certe cose con gli stessi vocaboli, è quasi impossibile evitar rime,
cacofonie, iati, asprezze, com’è impossibile a chi parla o scrive in una lingua straniera, in cui non
conosca che un modo unico di significare ciascuna idea.
Ora, via via che andrai innanzi nell’uso della lingua, a te pure s’incolleranno alle labbra certi modi
di dire, e ci resteranno, se non vincerai la pigrizia intellettuale, che è in tutti la cagione prima di
questa specie di servitù parziale del pensiero alla parola; se, voglio dire, ogni volta che avrai da
esprimere quella data idea, non farai uno sforzo per cacciar via l’espressione tirannica, e trovare
qualche altro modo egualmente proprio, o più proprio, di esprimerla. E non basterà che tu faccia
questo: tu dovrai preservarti dal vizio cercando continuamente, nello studio che fai della lingua,
d’arricchire, di variare, di rinfrescare il tuo vocabolario.
Perchè, per esempio, dovrai dire eternamente d’ora in poi, quando puoi dire di qui avanti, di qui
innanzi, d’ora in avanti, d’ora avanti, di qui in là? Perpetuamente un via vai invece di un va e
vieni, un andirivieni, un andare e venire? Sempre: non ne indovina una, invece di: non ne infila,
non ne azzecca, non ne becca, [239] non ne incarta una? E improvvisamente o all’improvviso in
luogo di: di punto in bianco, di secco in secco, di stianto, a un tratto, tutt’a un tratto? E alla bella
prima o a tutta prima invece di: di primo tratto, di primo lancio, di primo colpo, di primo acchito?
E da solo a solo in luogo di testa testa, a faccia a faccia, a quattr’occhi; e alla rinfusa invece di
alla mescolata o all’arruffata, e stare in contegno o in contegni invece di stare in aria, star sulle
sue, stare in sussiego, stare sul grave, e sulle cerimonie in cambio di: sulle convenienze e sui
convenevoli? E così quel tal signore del tarlo potrebbe in molti casi esprimere diversamente e con
maggior proprietà la sua idea, dicendo: averla amara, avere il sangue guasto, avere il baco, esser
nero con uno. E un altro, che invece del tarlo ha la mosca, e la fa volare a ogni proposito, potrebbe
dire spesso e meglio, invece di saltar la mosca al naso: montar la luna, montare in bestia, saltare
in collera, saltare il grillo, pigliare i cocci, prender cappello, andar nei nuvoli, alzare i mazzi; o
almen qualche volta, se della mosca vuol serbar qualche cosa, sostituirvi la mostarda. E un signore
di mia conoscenza, che ha sempre la ramanzina in bocca, potrebbe variar la nota con: fare o dare un
rabbuffo, una risciacquata, una lavata di testa, una ripassata, una sbarbazzata, un’intemerata, una
parrucca, un tu per tu, una polpetta, un trippone. E un mio amico intimissimo, che per molt’anni
seccò il prossimo col bighellonare, avrebbe potuto molte volte sostituire al prediletto gioiello:
girandolare, gironzolare, girondolare, girellare, girottolare, vagare, vagolare, vagabondare, [240]
vagabondeggiare, zonzare, andare a zonzo, in ronda, in volta, in giro, gironi. E il signore
medesimo, che confessa le sue male abitudini per sua mortificazione, dovrebbe lasciare un po’
riposare il suo bisticciarsi, ricordandosi che si può dir più a proposito in molti casi: pigliarsi a
picca, piccheggiarsi, gattigliarsi, pizzicarsi, stare a ribecco, stare punta a punta, stare a tu per tu,
essere agli occhi. E.... fermami, ti prego, o non la finisco.
Arricchisci dunque, ti ripeto, varia, rinfresca continuamente il tuo linguaggio. Tu avrai osservato
quanto sono attraenti nel parlare il dialetto anche persone ignoranti che, non per istudio che
n’abbian fatto, ma per privilegio di natura possedono e usano molte più parole e frasi che la maggior
parte del popolo; com’è vivo, colorito, scintillante, spesso comico il loro discorso, e con che piacere
li stanno tutti a sentire, anche gente colta. Ma per acquistar questa dote non basta acquistare e