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stelle cadenti : tre letture (Le)
Giovanni Virginio Schiaparelli
TITOLO: Le stelle cadenti : tre letture
AUTORE: Schiaparelli, Giovanni Virginio
TRADUTTORE:
CURATORE:
NOTE:
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza
specificata al seguente indirizzo Internet:
http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/
TRATTO DA: "Le stelle cadenti : tre letture"
di Giovanni Virginio Schiaparelli,
Direttore del regio osservatorio di Brera;
con 2 tavole litografiche;
Fratelli Treves Editori;
Milano, 1873
CODICE ISBN: informazione non disponibile
1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 14 marzo 2005
INDICE DI AFFIDABILITA': 1
0: affidabilità bassa
1: affidabilità media
2: affidabilità buona
3: affidabilità ottima
ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO:
Giampiero Barbieri, robybu@libero.it
REVISIONE:
Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it
LE
STELLE CADENTI
TRE LETTURE
DI
G. V. SCHIAPARELLI
DIRETTORE DEL REGIO OSSERVATORIO DI BRERA
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Con 2 tavole litografiche
There are more things in heaven and earth, Horatio,
Than are dreamd of in your philosophy.
Vi sono in cielo ed in terra più cose, Orazio, che non
ne possan sognare i vostri filosofi.
SHAKESPEARE, Amleto.
MILANO
FRATELLI TREVES, EDITORI
1873
Alle letture seguenti ha dato occasione la straordinaria pioggia di meteore, che avvenne la sera del 27
novembre 1872. Le feci in tre adunanze consecutive dellIstituto Lombardo, per compiacere alcuni
Accademici miei colleghi ed amici, i quali minvitarono ad esporre in modo generalmente intelligibile
la natura di que fenomeni, ed i progressi recentemente fatti nel loro studio. Col pubblicarle gli Editori
hanno creduto di soddisfare al desiderio di un numero maggiore di persone. Ho fatto quello che
poteva perchè questo desiderio non rimanga deluso.
Le miglia a cui si accenna in varii luoghi, sono miglia italiane di 60 al grado, ciascuna delle quali
misura 1852 metri.
LAUTORE.
LETTURA PRIMA.
Fenomeni principali delle stelle cadenti.
Apparenze generali delle stelle cadenti. - Loro altezza e velocità. - Grandi pioggie meteoriche. -
Periodico apparire delle medesime. - Radiazione e sua causa. - Proprietà dei punti di radiazione. -
Classificazione delle stelle meteoriche secondo i loro radianti. - Correnti meteoriche traversate dalla
Terra nel suo corso annuale intorno al Sole.
Eccomi questoggi da voi, o signori, collintento di soddisfare alla promessa, da me data
nellantecedente adunanza dellIstituto, di dare qualche dichiarazione sui recenti progressi che si sono
fatti nello studio delle stelle cadenti. Io cercherò di far comprendere la ragione del grande interesse,
che negli ultimi tempi la considerazione di questi fenomeni ha destato in tutti quelli che si occupano
dei grandi avvenimenti dellUniverso, e di indicare per qual serie di singolari vicende codesti
piccolissimi corpi, il cui apparire è poco meno rapido di quello del lampo, sono caduti sotto il
dominio dellAstronomia, cioè di una scienza, che a buon diritto si può chiamare la scienza dellinfinito
e delleternità. Di qual è il significato, che allultima grande pioggia meteorica del 27 novembre
passato si deve attribuire, quali previsioni essa ha confermato e quali speranze essa ha destato nei
cultori di questo studio.
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Lapparire delle stelle cadenti è notissimo. Una fiaccola luminosa appare subitamente in una parte
qualunque della sfera stellata, rapidamente corre serbando per lo più una costante direzione, e poi si
estingue, talora scoppiando a modo di razzo, più spesso perdendo per gradi la propria luce. Nè questo
è fenomeno raro. Considerando con attenzione il cielo per unora, quando non splende il sole nè la
luna, chiunque goda di buona vista potrà sempre vedere alcune stelle cadenti, per lo più dodici o
quindici, qualunque sia il luogo della terra, dove losservatore si trova. Nelle ore dopo mezzanotte
sogliono esse mostrarsi anche un poco più frequentemente, che nelle ore della sera. Le linee
splendenti, che talora esse lasciano dietro di sè in forma di nebbia luminosa, non sembrano per lo più
legate ad alcuna norma o legge particolare; esse solcano il cielo in tutte le direzioni possibili, e
talvolta corrono da una plaga dellorizzonte alla plaga opposta. Niente si vedeva nel luogo, dove la
fulgida meteora è comparsa; niente è rimasto nel luogo dove cessò. Donde è venuta e dove è andata?
Nei tempi, per fortuna quasi intieramente passati, in cui si badava poco ai fatti, ed in cui con
unabile combinazione di parole si credeva di render ragione di qualsiasi più arduo problema, furono
fatte eruditissime e vanissime discussioni sulla natura delle stelle cadenti. Soltanto nel 1798 due
studenti di Gottinga, Brandes e Benzenberg, giunsero a comprendere, che per sapere alcuna cosa
intorno ad esse era necessario prima farsi unidea esatta del luogo dovesse appajono. A nessuno fino
allora si era presentata lidea, pur così semplice e naturale, di applicare alla misura della loro altezza e
della loro distanza quelle medesime regole di geometria elementare, delle quali fa uso qualunque
topografo per determinare la distanza di una torre o laltezza di una montagna. Dalle loro misure, e da
quelle, che dopo di loro con egual modo furono instituite, si dedusse che le stelle cadenti non sono
visibili negli spazi planetari, che esse non arrivano allaltezza della luna, anzi neppure alla millesima
parte di questa altezza; le stelle cadenti si accendono nelle regioni più elevate della nostra atmosfera,
ad altezze che di rado oltrepassano 100 o 120 miglia italiane, e raramente discendono più basso che
40 o 50 miglia: onde tutta la loro carriera luminosa si compie in una regione dove laria è
estremamente rarefatta, anzi dove, secondo certe opinioni ora antiquate, non vi avrebbe dovuto più
essere aria.
Con operazioni della stessa natura si giunse pure ad avere unidea del grado di velocità, con cui
esse solcano latmosfera: infatti quando sia conosciuta in miglia la lunghezza della linea compresa fra
il punto dellapparizione e il punto dellestinzione, non rimane che stimare in secondi o in frazioni di
minuto secondo la durata della corsa, per poter assegnare quante miglia avrebbe fatto in un secondo o
in un minuto. Ora tale è la rapidità con cui tutto il fenomeno compie la sua fase, che la stima della sua
durata non si è mai potuto fare con molta esattezza; tuttavia attraverso a tutte le incertezze un fatto
dominante si è reso manifesto ed indubitabile: che cioè la velocità delle meteore luminose è la più
grande, di cui si abbia esempio nei corpi materiali terrestri. Noi sappiamo presentemente, per mezzo
della teoria, che essa varia da 16,000 a 72,000 metri per minuto secondo; e si avrà unidea della
enorme rapidità con cui si movono quelle stelle, richiamando alla mente, che il suono non percorre
più di 333 metri per minuto secondo, mentre le palle dartiglieria soltanto raramente passano i 500 o i
600 metri. Vi sono dunque meteore, che si muovono 200 volte più rapidamente che il suono, e 100
volte più rapidamente che le palle dartiglieria.
Dalle medesime investigazioni simparò, che le stelle cadenti cadono veramente, cioè piovono
dallalto al basso: non essendosi mai incontrato alcun caso ben certo, in cui una meteora sia stata vista
ascendere dal basso allalto. Ecco una notabile proprietà, la quale impedisce di supporre, come altre
volte si faceva, che le stelle cadenti siano emanazioni terrestri, le quali si accendono arrivando alle
regioni superiori dellaria, dove i nostri antichi collocavano la sfera del fuoco. Impariamo anzi da
questo, che la materia delle meteore o viene a noi dai vacui dello spazio planetario, o almeno che
dagli strati più sublimi dellatmosfera discende più basso con subitaneo passaggio.
Considerando poi il grado di splendore, i colori, la natura talora scintillante, talora fumosa del
nucleo, la striscia ora impercettibile, ora lunghissima che lasciano dietro di sè, la quale qui dura
brevissimo tempo, e dura spesso molti minuti, si venne a comprendere, come i corpi, che danno
origine a queste misteriose apparenze, debbono esser di natura molto varia, e comportarsi molto
diversamente nella loro rapida conflagrazione. Ciò che fu confermato anche dalla considerazione dei
loro spettri luminosi. Finalmente le trajettorie curvilinee, talora serpeggianti, descritte da alcune
meteore, fecero con molto fondamento giudicare, che il nucleo o il substrato di tutte queste
apparizioni sia un corpo solido; e che la deviazione dal corso rettilineo sia prodotta dalla resistenza
dellatmosfera, a quel modo, che colla resistenza medesima si spiegano le bizzarre deviazioni ed
inflessioni dalle curve, che nellaria descrivono le palle conoidiche dellartiglieria rigata. Fu
congetturato altresì con molto plausibile concetto, che questi corpi meteorici col loro rapido muoversi
nellatmosfera resistente sviluppino il calore necessario alla loro conflagrazione, e la luce, spesso
molto viva, che a noi li rende visibili anche ad altezze che superano cento miglia. Comparando questa
luce con quella che danno i corpi combustibili più spesso impiegati nellilluminazione nostra
artificiale, e facendo certe supposizioni sopra il rapporto del calore sviluppato nel loro movimento, e
della luce che accompagna questo calore, si pervenne altre ad acquistare unidea della massa delle
stelle cadenti, la quale soltanto in casi comparativamente rari sembra dover passare il peso di alcuni
grammi, e per lo più si può stimare equivalente ad una frazione di gramma.
Tali sono i risultati principali, che era possibile dedurre dallo studio diretto delle stelle cadenti
considerate una ad una come corpi fra loro indipendenti, e non legati da alcuna reciproca relazione. Si
vede che essi non arrivano neppure a risolvere la questione, se le stelle cadenti siano dorigine
cosmica, oppure se si formino subitamente nelle alte regioni sia per deflagrazione didrogeno, come da
principio credeva il Volta, sia per concrezione istantanea di vapori terrestri e specialmente di vapori
vulcanici, come con molto apparato di erudizione fu sostenuto da altri. Fortunatamente la Natura
medesima ha voluto guidare i passi degli investigatori verso altri risultamenti ben più importanti e ben
più fecondi, offrendo alla loro considerazione fenomeni grandiosi; in cui le stelle cadenti si offrono
aggruppate a sistemi, in modo da dimostrare evidenti relazioni non soltanto fra loro, ma anche con
unaltra classe notissima ed interessantissima di corpi celesti, cioè colle comete.
La prima cosa degna di nota, che fu osservata nellandamento complessivo di questi fenomeni, è la
frequenza eccezionale, con cui le meteore si mostrano di tempo in tempo. Nelle notti ordinarie è raro
che un osservatore ben attento possa numerare in media più che 15 a 20 meteore ogni ora. Ma di
quando in quando avvengono le co dette piogge meteoriche, durante le quali le stelle cadenti si
succedono con tale frequenza da destare anche lattenzione del volgo: e labbondanza è qualche volta
tale, da render affatto impossibile il contarne il numero. Di tali rare occorrenze due si presentarono a
nostra memoria nellintervallo di soli sei anni; una delle quali fu addì 14 novembre 1866; laltra del 27
novembre 1872 è fatto recente, che diede appunto occasione alla presente lettura. Nelluno e nellaltro
caso le stelle cadenti apparvero a due e tre e quattro per ogni minuto secondo, e la sera del 27
novembre 1872 vi fu tal luogo, dove quattro osservatori numerarono più di diecimila stelle in unora,
senza contare quelle cui non si pose attenzione. Per trovare apparizioni di stelle cadenti comparabili a
quelle due è necessario rimontare al 1833 e al 1799.
Grandiose piogge meteoriche si trovano ricordate nelle storie antiche e nelle cronache del medio
evo. Gli annali chinesi offrono la raccolta più completa e più esatta di osservazioni di questo genere,
la quale comincia collanno 687 prima dellêra volgare, e si continua anche oggidì dagli astronomi della
corte di Pekino. Nella grande storia della China, che Ma-tuan-lin compose nel secolo XIII sopra
documenti ufficiali, i due libri 291° e 29 sono intieramente consecrati alla narrazione di piogge
meteoriche, di bolidi, e di cadute di meteoriti. Essi furono tradotti e pubblicati nel 1846 da Edoardo
Biot, colla continuazione fino al 1647 estratta dagli annali speciali delle dinastie Sung, Yuen e Ming.
Per lintervallo che corre dal 1647, cioè dallelevazione della dinastia dei Manciù, fino al presente, i
documenti non sono ancora accessibili, perchè nella China un uso antichissimo vieta di pubblicare gli
Annali di una dinastia prima che essa sia estinta o decaduta dal trono.
In confronto di questa ricchezza di fatti intieramente autentici e datati colla massima precisione,
assai povera è la raccolta che ci offre lantichi classica delloccidente. Nelle frequenti narrazioni di
prodigi che si trovano sparse per listoria di Livio, e nella raccolta di Giulio Obsequente, appena una
volta o due si può congetturare che si tratti di pioggia di stelle cadenti, mentre non sono rare le
menzioni di aeroliti. Presso i Greci le notizie di grandi piogge meteoriche non cominciano che cogli
storici bizantini. Molto maggior attenzione invece prestarono a questi avvenimenti gli scrittori del
medio evo, così gli Arabi, come i cristiani doccidente; la revisione di tutte le storie e di tutte le
cronache di quel tempo diede origine a copiosi cataloghi di apparizioni meteoriche, nel qual lavoro si
occuparono specialmente Chladni, Hoff, Kaemtz, Fraehn, Perrey, Herrick, Quetelet, Boguslawski.
Linteresse che si connetteva a queste apparizioni era grande, poichè, secondo la tradizione degli
oracoli sibillini, conservata nel cristianesimo, la caduta delle stelle dal cielo dovea precedere la fine
del mondo. Nellinverno dal 762 al 763, lanno ventesimo terzo del regno di Costantino Copronimo,
imperatore Greco dOriente, il Mar Nero si gelò quasi tutto, e il Bosforo fu intieramente occupato dai
ghiacci. «Nel marzo consecutivo,» dice uno storico di Bisanzio, «apparvero nel cielo cadere le stelle,
e tutti quelli che le videro credettero giunta la consumazione dei secoli». E simile riflessione si trova
in un altro cronista che parla del medesimo avvenimento. La pioggia delle stelle filanti era inoltre
riguardata al pari delle comete come un segno dellira celeste. Leggesi nella cronaca di Romualdo
Salernitano: «Nellanno 902 fu presa dai Saraceni la città di Taormina.... In quel medesimo anno
furono vedute fiammelle scorrere per laria simili a stelle: e nella medesima notte il re dellAfrica (cioè
il capitano de Saraceni) stando ad assediare Cosenza città della Calabria, morì per giudizio di Dio».
Le piogge di stelle filanti sogliono esser visibili sopra un vastissimo tratto di paese. Così la gran
pioggia del 1866 fu osservata simultaneamente in Europa e nellIndia, e al Capo di Buona Speranza:
della recente pioggia del 27 novembre 1872 abbiamo nuove da Atene e da Cristiania, da Cracovia e
dallAmerica del Nord; ed è probabile che le osservazioni saranno state fatte anche in altri luoghi più
lontani da cui finora non è giunta notizia. Da ciò apprendiamo, che le cause producenti questi grandi
spettacoli meteorici abbracciano vastissime estensioni della terra, sia che si vogliano porre
nellatmosfera, sia che esistano negli spazi planetari. E se vogliamo ammettere questa ultima
supposizione, siamo condotti a concludere, che i corpuscoli cosmici non sono tutti dispersi a caso, ma
qua e trovansi raccolti in ammassi più densi che in altre parti dello spazio celeste, e che le grandi
pioggie meteoriche accadono quando la Terra incontra alcuno di questi ammassi.
Comparando poi insieme le epoche in cui si manifestarono le più celebri pioggie meteoriche, si
acquistò unaltra nozione importante: quella della loro periodicità: la quale è di doppio genere. Si è
trovato primieramente, che certe pioggie meteoriche ritornano con maggiore o con minore intensi
alla medesima data o a date poco differenti del calendario civile. Questo fatto fu dapprima messo in
luce in occasione della gran pioggia meteorica del 1833. Fu allora osservato, che la sua data (12
novembre) coincideva esattamente con quella della gran pioggia meteorica osservata da Humboldt in
Cumana il 12 novembre 1799: e che nel 1832, cioè un anno prima, sotto la data stessa del 12
novembre, una pioggia non così straordinaria, ma pure molto abbondante, era stata notata da varii
osservatori. Ciò indusse i dotti a verificare, se nel 1834 e negli anni seguenti il 12 novembre o alcun
giorno vicino a questo sarebbe stato distinto da qualche simile apparizione. Ora questo si verificò
sebbene soltanto in parte: un numero di meteore assai maggiore dellusato fu veduto intorno al 13
novembre per cinque o sei anni a partire dal 1834, ma intorno al 1840 parve estinto, almeno per
quanto riguarda la frequenza eccezionale delle meteore: e non ricominciò a ravvivarsi che nel 1865,
per risalire ad un nuovo maximum nel 1866, dopo del quale anno ancora venne declinando, ed ora si
può dire estinto nuovamente o appena sensibile ad attenti osservatori.
Una periodicità analoga, ma più persistente, fu notata da. Quételet in altre pioggie meteoriche. Nel
1836 egli annunziò che la data del 10 agosto, stando ai cataloghi delle antiche osservazioni, doveva
essere distinta da un aumento dintensità del fenomeno meteorico: ciò che fu indubbiamente
confermato dalle numerose osservazioni fatte dal 1837 fino al presente. Le pioggie del 10 agosto non
hanno presentato, in questo intervallo di tempo, alcun spettacolo simile a quelli offerti dalle pioggie di
novembre nel 1799, nel 1833 e nel 1866; ma non è impossibile che ciò accada nellavvenire, siccome è
certo che accadde in passato; secondo le osservazioni Chinesi, splendide pioggie meteoriche riferibili
al presente fenomeno dagosto furono notate fin dallanno 830 dellera volgare, nella quale occasione,
scrive Ma-tuan-lin, «non si poterono numerare tutte le stelle che apparvero». Al presente il fenomeno
dagosto è di intensità assai moderata, ma si ripete ogni anno con molta regolarità e costanza, sebbene
non senza sensibili fluttuazioni. Oltre a queste, altre epoche dellanno furono da Quételet e da altri
designate come particolarmente ricche di meteore, come il 2 gennajo, il 20 aprile, il 20 ottobre, i primi
giorni di dicembre. In tutti questi fenomeni il ritorno è legato ad un periodo annuale, il quale non è g
lanno tropico del calendario civile, ma lanno siderale, cioè quel tempo, alquanto più lungo dellanno
tropico, che impiega la Terra a fare un giro intiero nella sua orbita intorno al sole. Onde appare chiaro,
che il ritorno di questi flussi meteorici non è legato colle stagioni terrestri e colle vicende
dellatmosfera, ma corrisponde generalmente ad una determinata posizione della Terra nella sua orbita;
circostanza assai più favorevole allipotesi che le stelle cadenti siano un fenomeno cosmico, che
allipotesi opposta di una natura terrestre. In alcuni casi si manifesta un lento spostamento della data,
non spiegabile per intiero colla piccola diversità che passa tra lanno civile e lanno siderale. Così la
data del fenomeno periodico osservato intorno al 12-14 novembre si va avanzando nel calendario di
circa 3 giorni ogni 100 anni; mentre la data del fenomeno ultimamente osservato il 27 novembre 1872
va retrogradando nel calendario di una quantità non ancora esattamente definita, ma che non sarà
meno di un giorno in 8 o 10 anni. La ragione di queste variazioni lente è troppo recondita per esser
intesa da questi primi cenni, e nella teoria astronomica se ne rende conto colle perturbazioni, che i
pianeti esercitano sulle masse meteoriche durante la loro esistenza cosmica.
Ma, come diceva pocanzi, esiste nei ritorni delle pioggie meteoriche unaltra specie di periodicità
diversa dal periodo annuale. Infatti in alcuni casi si è verificato, che lintensità dei ritorni annuali non è
costante, ma varia secondo periodi regolari. Così Olbers, comparando la celebre pioggia meteorica
osservata in America il 12 novembre 1833 con quella veduta da Humboldt e Bonpland in Cumana il
12 novembre 1799, e tenendo conto di un simile fenomeno che secondo Humboldt si ricordava in
America come apparso nel 1766, osò congetturare il ritorno del medesimo pel 1867, il quale, come
tutti sanno, si è verificato negli anni scorsi ed ebbe il suo maximum dintensità non nel 1867, ma. nel
1866. Percorrendo poi i cataloghi delle antiche apparizioni, il prof. Newton fu in grado dadditare altri
ritorni del fenomeno di novembre avvenuti negli anni 902, 931, 934, 1002, 1101, 1202, 1366, 1533,
1602, 1698, i quali accennano con molta certezza ad un periodo di 33 anni ed un quarto. Così a
memoria duomo dei ritorni delle meteore del 12-14 novembre furono già osservati 29 periodi interi, a
cominciare dallanno 902, in cui lapparizione seguì di pochi giorni leccidio di Taormina per opera dei
Saraceni, ed apparve come causa o segno della morte del capitano Saraceno sotto Cosenza, come
abbiamo già detto colle parole di Romualdo Salernitano. E già si può con molta probabilità predire
per il 14-15 novembre dellanno 1899 o del 1900 il ritorno prossimo di questa notabilissima e
celeberrima fra tutte le pioggie meteoriche conosciute.
Similmente sembra da alcuni indizi che il fenomeno annuale del 10 agosto sia soggetto ad una
recrudescenza dintensità ogni 100 o 110 anni: ma in questo caso il ciclo non è ancora stabilito con la
medesima certezza che per le meteore di novembre.
Queste due specie di periodicità, cioè quella dei ritorni annuali, e quella dellintensi con cui si
producono questi ritorni, con ragione furono annoverate tra le prove più concludenti della natura
astronomica del fenomeno, e tolsero ogni probabilità allopinione di quelli, che ancora pochi anni fa
non volevano vedere nelle stelle cadenti altro che il prodotto di unazione speciale risiedente nella
nostra atmosfera. Noi riguarderemo dunque per lavvenire come stabilito, che le stelle cadenti sono
corpuscoli cosmici vaganti negli spazi planetari, i quali incontrando latmosfera terrestre con una
grandissima velocità si accendono in essa, e dopo un periodo brevissimo di conflagrazione si
disperdono in vapori od in pulviscolo impalpabile.
Ma un altro fatto non meno capitale e caratteristico accompagna le pioggie meteoriche, ed è
quello della radiazione, scoperto nel 1833 da parecchi osservatori americani in occasione del più volte
accennato spettacolo del 12 novembre, e della quale il professor Olmsted fece subito allora
comprendere limportanza. Consiste in questo, che nelle grandi pioggie meteoriche la maggior parte
delle trajettorie (così soglionsi chiamare le linee tracciate fra le stelle dal corso apparente delle
meteore) sembra divergere da un punto unico, o meglio, da uno spazio ristretto della sfera celeste, da
quello irradiando verso tutte le direzioni. Non si deve però intendere, come taluno ha fatto, che tutte le
trajettorie comincino in un medesimo punto; ma soltanto questo, che prolungando idealmente le
trajettorie allo indietro, esse vanno ad incontrare quel punto (fig. 3). Questo punto, o questa regione, a
cui per tal motivo si è dato il nome di radiante, segue la sfera celeste nel suo movimento diurno: fatto
importante, che prova ancora esser celeste e non terrestre lorigine delle stelle cadenti. Ed invero, se la
radiazione provenisse, come alcuni supposero, dallesistenza di un centro speciale di attività meteorica
collocato in una certa regione dellatmosfera, certo è che questo centro, se fisso, dovrebbe occupare
sempre la medesima direzione per rapporto allorizzonte dellosservatore e non potrebbe partecipare al
moto diurno apparente della sfera celeste. Se poi il centro supposto fosse mobile e viaggiasse, come le
nuvole, da una parte allaltra dellatmosfera, il suo moto apparente dovrebbe esser simile a quello delle
nuvole, il quale è generalmente irregolare e si fa per lo più prossimamente secondo linee orizzontali;
onde neppure in questo caso si potrebbe spiegare la rotazione matematica di questo centro intorno
allasse della rivoluzione diurna del cielo.
Ma un altro fatto, che prova indubitabilmente, la radiazione esser fenomeno cosmico e non
atmosferico, sta in questo, che diversi osservatori, collocati a distanze anche grandissime sulla
superficie della Terra, vedono in un dato istante la radiazione procedere dal medesimo punto del cielo,
e dalle medesime stelle: il che esclude subito lidea di un centro dattività meteorica collocato
nellatmosfera. Così nellultima gran pioggia di stelle cadenti osservata il 27 novembre scorso, il punto
principale della radiazione, da cui tutte le meteore sembravano derivare, stette per tutto il tempo delle
osservazioni, che durò ben cinque o sei ore, in una parte del cielo vicina alla stella gamma di
Andromeda, partecipando al moto diurno apparente di questa: e questo riferiscono tutti gli osservatori
senza eccezione, tanto quelli dAtene, quanto quelli di Roma, di Cracovia, o di America. In quella sera
il radiante passò a piccola distanza dallo zenit di Milano. Se il fenomeno fosse stato prodotto da un
centro speciale di attività collocato nellatmosfera esattamente a perpendicolo sopra il nostro capo
allaltezza di 100 o di 200 miglia, è manifesto che mentre da noi il centro di radiazione appariva allo
zenit, losservatore di Atene avrebbe dovuto veder questo centro verso Nord-Ovest, e quello di
Glasgow avrebbe dovuto vederlo verso Sud-Est, poichè Milano è a Nord-Ovest di Atene, e a Sud-Est
di Glasgow. E siccome la distanza di queste due città da Milano è molto maggiore dellaltezza
ordinaria delle stelle cadenti, segue ancora, che così in Atene come a Glasgow il centro di radiazione
avrebbe dovuto apparire molto basso presso lorizzonte delluna e dellaltra città: cose tutte che sono
lontanissime da quanto si è veduto. Tanto ad Atene quanto a Glasgow si vide il centro radiante nella
medesima direzione, che prolungata fino alla sfera stellata andava a poca distanza dalla stella gamma
di Andromeda.
Questa identità della direzione in cui si vede il punto radiante da osservatori distanti fra loro
centinaja e migliaja di miglia, è uno dei fatti più importanti nella storia delle stelle cadenti. Esso
invero non si può spiegare, che ammettendo un completo parallelismo in tutte le linee percorse dalle
stelle componenti una medesima pioggia meteorica. Una pioggia meteorica rassomiglia in questo
esattamente ad una pioggia dacqua. Nella pioggia dacqua, le linee percorse dalle diverse goccie, siano
esse perpendicolari o inclinate dal vento, sono esattamente parallele fra loro; lo stesso dobbiamo
immaginare delle pioggie meteoriche, che quindi sono vere pioggie di fuoco.
Per comprendere come da una simile pioggia possa derivare il fenomeno della radiazione,
rammente un fenomeno di prospettiva, notissimo ai pittori, e che ognuno può quotidianamente per
propria esperienza constatare. Allorquando uno spettatore si trova fra due o più linee parallele molto
lunghe, p.e., in una strada dritta e lunga, in cui le linee delle carreggiate e dei marciapiedi e le cornici
delle case sono disposte parallelamente fra loro, sembra a lui che tutte queste linee le quali in realtà
non convergono mai, tendano a riunirsi in fondo alla strada convergendo verso un punto unico situato
a grandissima distanza. Esse sembrano irradiare da quel punto; al quale suolsi dare il nome di centro
della prospettiva. Questa è appunto lillusione, che produce il fenomeno della radiazione delle stelle
cadenti. Sia AB (fig. 2.a) la superficie curva della terra, rappresentiamo con EF il limite superiore
degli strati atmosferici dove le stelle cadenti si accendono, con CD il limite inferiore di quei medesimi
strati. Le linee parallele comprese fra EF CD indichino una pioggia di stelle cadenti (1). Sia O il luogo
dello spettatore; e OmnS una linea che partendo dal suo occhio seguiti una direzione parallela alle
linee della pioggia. Una trajettoria che seguiti la linea mn apparirà allo spettatore come un punto;
perchè locchio si trova sul prolungamento della linea stessa. Quindi una tale meteora apparirà e
scomparirà nel medesimo punto del Cielo e non sembrerà aver alcun movimento. Unaltra trajettoria
vicina alla precedente, come mn, sarà veduta dallo spettatore O sotto un grande scorcio, ed apparirà
brevissima; meno brevi appariranno le trajettorie più distanti dalla mn, e quelle molto distanti, come
m"n", appariranno lunghissime. Ma poichè tutte sono parallele, tutte sembreranno allo spettatore
divergere da un centro di prospettiva comune, il quale sarà collocato nella direzione OS; e questa
linea prolungata fino alla sfera celeste indichela stella, che segna il punto di radiazione apparente.
Così da O guardando verso S linsieme delle trajettorie offrilo spettacolo indicato nella fig. 3a. Per
un altro osservatore O, il centro della prospettiva giacerà nella direzione OS parallela ad OS; a
cagione della distanza quasi infinita della sfera stellata, le due direzioni OS OS segneranno,
prolungate, la medesima stella come centro della radiazione apparente per ambo gli osservatori. Ecco
la ragione per cui in luoghi fra loro lontanissimi il centro della radiazione apparente è assolutamente
identico.
In questa costruzione si vede, che la direzione la quale segna nel cielo il punto di radiazione, è
parallela alla direzione delle meteore; siccome il punto di radiazione per ogni dato spettatore non
cambia sensibilmente luogo fra le stelle e partecipa al moto diurno, ne concluderemo, che la rotazione
del globo terrestre non ha alcuna influenza sulla direzione in cui cade la pioggia; che perciò la pioggia
meteorica non vi partecipa, è influenzata da questa rotazione in modo sensibile; come appunto
deve avvenire se la pioggia meteorica è un fenomeno cosmico.
Colla scorta delle osservazioni noi siamo dunque pervenuti a stabilire, che le pioggie meteoriche
provengono da infiniti corpuscoli, i quali dallo spazio planetario cadono sopra la terra in direzioni
parallele fra di loro. Questi sistemi di corpuscoli sono riuniti con maggior densi in certe regioni
speciali dello spazio celeste, e piovono sulla Terra, quando essa nel suo corso annuale intorno al Sole
attraversa la nube da essi formata. E la Terra, girando intorno al suo proprio asse col moto diurno,
espone successivamente diverse parti della sua superficie alla percossa di questi corpuscoli (fig. 1) i
quali vengono arrestati dallatmosfera, e in essa disfatti e dispersi, terminando così la loro esistenza
come corpi cosmici indipendenti. Da questi fatti noi possiamo anche, considerando la figura 1.a,
intendere come secondo le varie regioni della terra una medesima pioggia meteorica possa cadere
secondo diverse inclinazioni rispetto allorizzonte dellosservatore. Lo spettatore che occupa sulla terra
il luogo indicato da L riceverà la pioggia a perpendicolo sul suo capo, e le meteore penetrando, colla
grandissima veloci che loro è propria, in brevissimo istante negli strati più densi e più resistenti
dellatmosfera, spariranno dopo breve corsa. Questa è una delle ragioni, per cui la pioggia del 27
novembre scorso, la quale cadde quasi verticalmente sopra lEuropa, most dappertutto trajettorie di
brevissimo corso, siccome dalle osservazioni raccolte ampiamente consta. Al contrario nella regione
della terra indicata con X le meteore entrano nellatmosfera in direzione tangente alla superficie
terrestre e la loro corsa appare quasi orizzontale agli spettatori collocati in quel punto. Queste meteore
penetrando in direzione estremamente obliqua negli strati atmosferici superiori, che sono rarissimi e
poco resistenti, potranno, prima di andar disciolte, percorrere una lunga trajettoria, ed è quello che
veramente si osservò nella pioggia meteorica stupenda del 14 novembre 1866: quegli osservatori, che
si trovavano ricevere le meteore in direzione quasi orizzontale le videro arrivare sotto forma di
lunghissimi razzi, che da un punto dellorizzonte attraversando tutto lemisfero arrivavano al punto
opposto. Tali sono ancora dordinario le grandi meteore di lunga corsa, impropriamente appellate
bolidi, le quali altro non sono che stelle cadenti più splendide delle altre, e sogliono vedersi sopra
tratto vastissimo di paese lasciando talora striscie luminose di considerevole ampiezza e durata. Tale
fu la grande meteora che apparve a Firenze addì 11 agosto 1353: della quale scrive Matteo Villani,
«che si mosse da mezzo il Cielo fuori dello Zodiaco un vapore grande, infocato, e sfavillante, il quale
scorse per diritto di Levante in Ponente, lasciandosi dietro un vapore cenerognolo traendo allo
stagneo, steso per tutto il corso suo. E durò nellaria, valicato il fuoco, lungamente e poi cominciò a
raccogliersi a onde a modo duna serpe: e il capo grosso stette fermo ove il vapore si mosse, simile a
capo serpentino, e il collo digradava sottile e il ventre ingrossava: e poi assottigliava digradando con
ragione fino alla punta della coda, e per lunga vista si dimostrò in propria figura di serpe, e poi
cominciò a invanire dalla coda e dal collo, e ultimamente il corpo e il capo vennero meno, dando di sè
disusata vista a molti popoli. Altro non sapemmo di sua influenza scernere, che diminuzioni dacque:
però che quattro mesi interi stette appresso senza piovere.» (VILLANI, III, 74). E di questo genere fu
pure la grandissima meteora che la sera del 5 settembre 1868 fu osservata in molti luoghi di
Germania, di Svizzera, dellItalia settentrionale e della Francia; la quale osservata a Bergamo dal sig.
Zezioli gli parve traversare da Levante a Ponente tutto lemisfero visibile lasciando larga coda
luminosa dietro di sè. Dalla combinazione delle fatte osservazioni si riconobbe che essa era entrata
nellatmosfera e divenuta luminosa sopra Belgrado; e che correndo quasi orizzontalmente andò ad
estinguersi sopra il centro della Francia. Essa non impiegò più di 15 o 20 secondi per fare tutto
quellimmenso tragitto, malgrado che il suo corso fosse rallentato dalla resistenza dellatmosfera.
Progredendo nella nostra esposizione generale, dobbiamo ora far notare, che per i fenomeni ripetentisi
periodicamente a determinate epoche, come sono quelli del 10 agosto e del 14 novembre, il radiante è
sempre lo stesso, cioè conserva fra le stelle (almeno approssimativamente) la medesima posizione in
tutti i ritorni. Per tal guisa la posizione del radiante diventa per la sua stabilità, un elemento
caratteristico che serve, con altri segni, a distinguere i ritorni di una medesima pioggia meteorica da
quelli di altre pioggie consimili. Così la pioggia celebre del 14 novembre suole irradiare ai nostri
tempi dal punto dove sintersecano le due diagonali del quadrilatero formato dalle stelle épsilon
gamma zeta mi del Leone; mentre le meteore del 10 agosto si dipartono per la maggior parte da un
punto collocato a poca distanza dalla stella eta di Perseo, siccome fu constatato fin dal 1837 e si può
verificare ogni anno. Per questo motivo si è applicato alle meteore dagosto il nome di Perseidi, per
brevità del discorso. Per simil ragione designeremo qualche volta col nome di Leonidi le stelle
meteoriche appartenenti alla gran pioggia del 14 novembre, divergenti dalla testa del Leone, sebbene
dai grammatici e dai professori di estetica si possa far a buon diritto qualche obbiezione sulla
legittimi del nome così derivato. - Con questa nozione noi siamo già in grado di dichiarare, che la
gran pioggia meteorica del 27 novembre passato ha nulla che fare con quella del 14 novembre, perc
le sue meteore derivavano non già dalla testa del Leone, ma dalla stella detta gamma dAndromeda,
che dal Leone è distante circa 110 gradi.
Dalla stabilità del punto radiante di una medesima pioggia meteorica si conclude subito, che tutte
le volte quando la Terra incontra la nube di meteore che la produce, la direzione della caduta delle
medesime è sempre la stessa.
Noi abbiamo fino al presente considerato il fenomeno delle stelle cadenti nei suoi periodi di
speciale intensità, perc appunto in queste circostanze eccezionali si manifestano con maggior
evidenza i caratteri importanti di cui or ora abbiam ragionato, specialmente quello dei ritorni regolari
e quello della radiazione da un determinato punto della sfera stellata. Ma poichè in qualunque notte
dellanno, purchè il cielo sia sereno e senza Luna, si possono osservare almeno alcune stelle cadenti, è
nostro dovere di esaminare se per queste meteore quotidiane non esistano anche, sebbene in grado
meno evidente, i suddetti caratteri. Considerandole superficialmente e senza speciale attenzione, esse
non mostrano nel loro apparire regola alcuna: sembrano disperse su tutto lemisfero visibile, e le loro
direzioni pajono variare con nessunaltra norma, che quella del puro caso. E per lo più la confusione è
tale, che il tentare qui un opera di coordinamento e di classificazione sembrerebbe pura pazzia. Si
credette dunque per molto tempo (e tale era ancora lopinione quasi generale intorno al 1860) che per
tali meteore non valessero le leggi osservate nelle stelle periodiche; ciò che diede origine alla
distinzione di stelle sistematiche e di stelle sporadiche. Sistematiche chiamavansi quelle di ritorno
regolare, principalmente quelle di agosto e di novembre, alle quali per lungo tempo fu quasi
esclusivamente diretta lattenzione degli osservatori; sporadiche quelle dogni notte, nelle quali non
sembrava potesse indicarsi legge alcuna, che ne regolasse il ritorno o la direzione. Fu opinione di
alcuni, che vi potesse essere differenza fra queste due classi, non solo circa lepoca ed il modo del loro
apparire, ma anche rispetto alla loro origine. Negli ultimi tempi fu dimostrato, che tale differenza non
sussiste affatto, o almeno che essa non può ammettersi nel senso assoluto or ora indicato.
Il prof. Heis in nster è stato il primo a tentare la classificazione di tutte le stelle cadenti in
sistemi particolari e determinati, fissando per ogni epoca dellanno un certo numero di punti di
radiazione, dai quali si poteva ammettere come emanata la maggior parte delle meteore osservate.
Una prima serie di punti radianti fu da lui data nel 1849; ma un catalogo regolare di tutti i punti
radianti principali che si osservano lungo lanno non fu pubblicato che nel 1864 sopra undici anni di
osservazioni. Lo stesso catalogo, corretto ed ampliato nellultima edizione del 1867, porta il numero
dei punti radianti, o delle pioggie periodiche che si osservano lungo lanno, ad 84.
Poco dopo Heis, linglese Greg, avendo costruito su carte appositamente disegnate la trajettoria
apparente di circa 2.000 meteore consegnate nei rapporti annuali del Comitato meteorico
dellAssociazione Britannica, ne dedusse le posizioni di 56 radiazioni distinte, delle quali in un
catalogo più recente portò il numero a 77. Ad illustrare questo lavoro, Greg pubblicò, insieme al prof.
Alessandro Herschel, uno splendido Atlante nel quale sono descritte tutte le trajettorie impiegate a
formare il catalogo, distribuite secondo le rispettive radiazioni a cui appartengono. Lavori analoghi,
sebbene meno completi furono pubblicati dal sig. Schmidt, direttore dellOsservatorio dAtene, e da me
collajuto delle osservazioni fatte negli anni 1867-68-69 a Bergamo dal signor Zezioli. E lo zelo, con
cui gli osservatori di tutte le Nazioni, ma specialmente i nostri, si sono applicati a questa parte
dellAstronomia, lascia sperare che in un avvenire non lontano le principali radiazioni meteoriche del
cielo settentrionale saranno quasi completamente conosciute. Anche le radiazioni del cielo australe
non sono rimaste affatto inesplorate: e 39 radiazioni di quella regione furono studiate dal prof. Heis
sulle osservazioni fatte a Melbourne in Australia dal sig. Neumayer.
Esaminando e comparando insieme questi lavori, si vede che la maggior parte delle stelle
meteoriche è effettivamente raccolta in sistemi, i quali non differiscono dai sistemi delle Perseidi e
delle Leonidi, che per la minor copia di meteore, e per la minore evidenza, con cui si presentano agli
osservatori. In ogni notte sono attive due, tre o anche un maggior numero di queste pioggie
meteoriche; quindi lapparente disordine dellinsieme del fenomeno, disordine che non scompare, se
non quando sono classificate le trajettorie, ciascuna secondo la radiazione a cui appartiene. Non è
però da credere che il numero e le proprietà di questi sistemi siano già adesso sufficientemente
conosciuti. I lavori pocanzi accennati non sono che primi abbozzi, i quali possono bensì, presi tutti
insieme, offrire i tratti più generali del fenomeno e alcune delle principali circostanze: ma che
dovranno esser più tardi completati da studi particolari sopra ciascuno dei sistemi meteorici.
Per tutti questi lavori è diventato certissimo, che la Terra, lungo il corso suo annuale nellorbe
descritto da essa intorno al Sole, incontra continuamente piogge meteoriche, ora più ora meno
abbondanti, derivanti ora da una ora da unaltra direzione dello spazio, ma per lo più da varie direzioni
in una volta. La medesima pioggia meteorica, incontrata una volta, più non ritorna che lanno dopo,
alla medesima data a un dipresso: epperò le masse di meteore formanti una medesima pioggia,
presentansi ad incontrare la Terra sempre nel medesimo luogo della sua orbita e dello spazio
planetario, e si precipitano sovressa ciascuna sempre nella medesima direzione. Che cosa sono
dunque cotesti spruzzi di materia celeste, che stando fissi lungo lorbita terrestre ciascuno al suo luogo,
attendono al varco il nostro pianeta per inondarlo di vere pioggie splendenti? Da qual parte vengono
essi prima dincontrare la Terra, e dove sarebbero andati se la Terra non li avesse raccolti? E le
meteore che passano vicino alla Terra senza incontrarla dove vanno a finire?
Ardue quistioni che tennero lungamente dubbiose le menti, e delle quali soltanto negli ultimi anni
è stato possibile di indicare una soddisfacente soluzione. A darne unidea consacrerò, ove lIstituto me
lo permetta, unaltra lettura nella prossima adunanza.
__________________
LETTURA SECONDA.
Sul corso delle stelle cadenti nello spazio,
e sulla loro associazione colle comete.
Diverse ipotesi intorno alla forma delle correnti meteoriche. - Correnti annulari avvolgentisi intorno al
Sole. - Scoperta della connessione fra le stelle cadenti e le comete. - Ipotesi di Chladni e di Kirkwood.
- Casi in cui si è verificata questa connessione. - Le Leonidi. - Le Perseidi. - Le meteore della cometa
di Biela. - Le meteore del 20 Aprile. - Diversi modi dincontro delle correnti meteoriche colla Terra. -
Numero probabile delle correnti meteoriche che percorrono lo spazio planetario.
Per dare una spiegazione di tutte le particolarità che presentano i fenomeni meteorici, furono
immaginate diverse ipotesi nellorigine delle stelle cadenti e sul loro corso nello spazio. Non può esser
opportuno presentare qui una storia completa di queste ipotesi della memorabile epoca del 1833 fino
ai giorni nostri: storia che in parte è già stata fatta da altri, e che troppo mi allontanerebbe dal presente
scopo. Tuttavia mi permetterò di ricordare, come fin da quellepoca la periodicità annuale delle
apparizioni meteoriche diede origine alla supposizione, che la Terra, movendosi nello spazio intorno
al Sole, incontrasse, nei giorni corrispondenti, ammassi di materia celeste molto rara; e questi
ammassi da alcuno si supponevano fissi in quel luogo dellorbita terrestre, da altri si supponevano
circolare intorno al Sole al modo dei pianeti. Della supposizione, che fossero fissi nel luogo dove la
Terra li incontrava, si riconobbe assai presto linverosimiglianza. Oltre alla difficoltà di spiegare
limmobilità di quelle masse relativamente al sistema planetario ed al Sole, la conseguenza immediata
che derivava da questa ipotesi era, che le meteore doveano piovere tutte sulla Terra in direzione
esattamente opposta al movimento di questa: e che il radiante di ciascuna pioggia meteorica dovea
trovarsi nel punto del cielo, verso cui la Terra si dirigeva in quel momento in virtù del suo moto
annuale intorno al Sole. Ora questa condizione non si trovò approssimativamente verificata, che per la
sola pioggia meteorica del 13-14 novembre, e negli altri casi si riconobbe non adempiuta.
Più probabile sembrò lopinione prodotta da Olmsted, che ciascun ammasso cosmico girasse
intorno al Sole in una propria orbita così collocata, da intersecare lorbita della Terra in un punto. Il
ritorno simultaneo della Terra e dellammasso a quel punto sarebbe stata la causa della pioggia
meteorica. Un simile ammasso, precipitandosi sopra la Terra, aveva prodotto, secondo Olmsted, il
gran diluvio delle Leonidi nel 1833. Questa ipotesi dava conto del fenomeno della radiazione: infatti
il punto radiante si poteva immaginare che segnasse sulla sfera celeste la direzione, in cui succedeva
lurto della massa cosmica contro la Terra, o piuttosto limmersione di questa nella massa cosmica.
Ma dopo che fu constatato il periodo annuale per altre piogge meteoriche e segnatamente per
quella delle Perseidi dAgosto, lipotesi di Olmsted perdette molto della sua verosimiglianza. Questo
ritorno annuale del fenomeno indicava, che non solo la Terra, ma anche lammasso cosmico dovea
ritornare esattamente nel medesimo punto dello spazio in capo ad un anno: onde derivava la necessità
di supporre, che il periodo rivolutivo della nube meteorica fosse esso pure di un anno; o almeno che in
un anno questa facesse esattamente intorno al Sole un numero intiero di rivoluzioni, senza frazioni.
Supposizione anche questa poco verosimile, la quale diventò viemmeno probabile, quando si
riconobbe, che le piogge meteoriche dotate di periodo annuale sono molto numerose. Esse avrebbero
domandato lesistenza di altrettante nubi meteoriche, tutte rivolgentisi intorno al Sole nel periodo di un
anno, o in un periodo esattamente submultiplo di un anno.
Contro la esistenza permanente di coteste nubi cosmiche pugnava poi un altro invincibile
argomento, desunto dalla loro enorme vastità. Per farsi unidea delle dimensioni, che occorreva loro
dare per spiegare i fenomeni, basta osservare, che la terra, la quale corre nella sua orbita mille miglia
circa al minuto, rimane ogni anno due o tre giorni immersa nelle Perseidi dAgosto, la cui pioggia dura
generalmente il 9, il 10, e l11 di quel mese, anche considerando soltanto il periodo della sua maggiore
intensità. E vi sono esempi di piogge meteoriche, le quali hanno una durata molto maggiore. Si
comprende agevolmente da questo, che, data come causa delle stelle cadenti la presenza di nubi
cosmiche rivolgentisi intorno al Sole, non si può assegnar loro dimensioni minori, che di uno o anche
di più milioni di miglia. In questo grande spazio le meteore sono disseminate molto raramente, come
risulta dalla loro numerazione effettiva, e si può stimare, che p.e., delle Perseidi ogni meteora visibile
occupi per esclusivamente uno spazio uguale ad una sfera di 50 miglia italiane di raggio; che
ciascuna quindi in media sia distante dalle sue vicine circa 100 miglia. Ora è facile dimostrare, che
una nube composta di elementi così rari e dispersi non potrebbe star coerente in virtù della attrazione
reciproca fra le sue parti; e che ben presto sotto linflusso della gravitazione solare essa andrebbe
dispersa, ciascuna sua parte descrivendo propria orbita intorno al Sole con proprio periodo.
Così respinta lidea dellesistenza di nubi cosmiche in forma di sistemi isolati, gli astronomi furono
grado grado condotti a supporre, che la materia meteorica, invece di esser riunita in una o parecchie
masse, fosse invece distribuita su tutta lorbita dalle meteore percorsa, in modo da formare lunghessa
un anello o armilla continua, girante intorno al Sole in forma di un fiume o di una corrente che ritorna
in medesima. Fu trovato, che questa supposizione rende buon conto delle principali apparenze.
Infatti in una simile corrente annulare le orbite speciali percorse dai singoli corpuscoli, che la
compongono, sono necessariamente poco diverse fra loro: quindi in un dato luogo della corrente, i
movimenti delle particelle, che in un dato istante vi passano, saranno paralleli o prossimamente
paralleli fra loro, e le velocisaranno uguali, o a un dipresso uguali. Se noi ora ammettiamo, che la
Terra nel suo corso annuale traversi lanello in qualche punto, le cadute dei corpuscoli sulla sua
superficie si faranno tutte anche in direzioni parallele e con velocità uguali: le linee di queste cadute
saranno rese visibili dello sviluppo di luce ed appariranno non parallele, ma divergenti da un
medesimo punto del cielo, per cagione del fenomeno di prospettiva dichiarato nella lettura precedente.
Ma il vantaggio principale che si consegue dalla supposizione delle correnti annulari consiste in
questo: che possiamo spiegare la periodicità annuale di una stessa pioggia luminosa, senza essere in
alcun modo legati a supporre, che la rivoluzione dei suoi corpuscoli intorno al Sole duri esattamente
un anno, o un periodo submultiplo di un anno. Infatti, dato che lorbita terrestre traversi la corrente in
un punto, la Terra giunta in quel luogo si troverà necessariamente immersa nel flusso meteorico, e
riceverà la pioggia luminosa che ne deriva. E il fatto si rinnoverà in capo ad ogni rivoluzione della
Terra intorno al Sole, qualunque tempo impieghi dal canto suo la corrente delle meteore a terminare il
proprio giro.
Questa idea degli anelli meteorici cominciò a farsi strada intorno al 1839, nel quale anno il prof.
Erman di Berlino pubblicò una celebre memoria intorno a questo argomento. In essa egli ricerca il
modo di determinare la forma e la posizione degli anelli meteorici, e dimostra, che la determinazione
del corso delle meteore in questi anelli si può fare come per qualsivoglia altro corpo del sistema
planetario, non richiedendosi a questo fine, che la posizione del punto radiante fra le stelle, e la
cognizione esatta della velocità, con cui le meteore cadono sopra la Terra. Ora di questi due postulati
il primo è facile ad ottenersi collosservazione diretta, non così il secondo, cioè la velocità della
caduta. Infatti questa veloci è talmente grande, la durata delle apparizioni talmente istantanea, che
non si può aver campo a misura esatta, e neppure ad una estimazione sufficientemente approssimata
per lo scopo. Aggiungasi a questo, che la resistenza dellatmosfera modifica rapidamente questa
velocità, in pochi istanti distruggendola totalmente; e di questa resistenza non è possibile far alcun
calcolo rigoroso, mancando affatto gli elementi a ciò necessarii. Per questa difficolè avvenuto, che
la teoria astronomica di Erman, sebbene fondata sopra principii astronomici incontestabili, non por
in pratica nessun notevole progresso alla scienza delle meteore, e solo additò una via, per la quale era
possibile avanzarsi a cognizioni più solide di quelle che fin allora erano state in corso. Ma varii
tentativi eseguiti su questa via, specialmente dagli investigatori americani, non ebbero alcun successo.
Lo stesso Erman non osò progredire in essa, e si contentò di assegnare per lorbita possibile delle
Perseidi dAgosto alcuni limiti, assai lati invero, che dagli studii più recenti furono verificati e
riconosciuti esatti. In quel tempo non era possibile procedere più oltre. Neppure fu verificata la
celebre teoria di Erman sulle offuscazioni, secondo la quale le correnti meteoriche, frapponendosi fra
il Sole e la Terra in certi punti, avrebbero dovuto arrestare per via una parte sensibile della luce e del
calore di questastro, e produrre periodicamente certe irregolarità delle stagioni. Erman credeva, che in
questo modo le Leonidi producessero labbassamento di temperatura, che nei paesi settentrionali
dEuropa si riconobbe avvenire intorno al 12 maggio. Oggi noi sappiamo, che la corrente delle Leonidi
non può frapporsi fra la Terra ed il Sole nel modo indicato, e che labbassamento di temperatura in
discorso è un fenomeno locale, il quale non si estende al Sud delle Alpi, siccome da lunghe serie di
osservazioni termometriche fatte a Milano ed a Torino è stato provato. Per un quarto di secolo,
cioè dal 1839 al 1864, la teoria astronomica delle stelle cadenti rimase fissa al concetto degli anelli di
materia rara, circolanti intorno al Sole, ma non progredì niente al di là del punto, a cui laveva portata
il professore Erman. Non solo non si era riusciti a determinare in modo soddisfacente la grandezza, la
forma, e la posizione di alcune delle supposte armille meteoriche, ma non si aveva alcuna idea precisa
neppure intorno alla parte, che a coteste singolari formazioni era da assegnare nella gran macchina
dellUniverso. Alcuno fra gli investigatori aveva già cominciato a disperare, che si potesse mai venire
a nozioni solide intorno a questa materia, e inclinava di nuovo verso la teoria atmosferica, secondo cui
le stelle cadenti si riputavano come risultato di qualche processo meteorologico analogo, p.e., alla
grandine. I più parevano accostarsi allopinione già emessa di Olmsted e da Biot, che le orbite delle
nubi o delle correnti meteoriche intorno al Sole fossero poco diverse da circoli concentrici, e
formassero col loro insieme lapparenza nebulosa nota sotto il nome di luce zodiacale; cioè
costituissero un grande ammasso di forma schiacciata simile ad una lente, col centro nel Sole, e cogli
orli estesi nel piano delle orbite planetarie fino a toccare lorbita della Terra. Humboldt nel Cosmos è
stato il divulgatore più autorevole di questo modo di vedere, il quale oggi non appartiene più che alla
storia. Ad accrescere la confusione e lincertezza si aggiunse labuso che alcuni facevano della
distinzione in meteore sporadiche ed in meteore sistematiche o periodiche, attribuendo ad essa non un
significato nominale, ma un senso reale, che non ha in natura alcun fondamento. Nessuna maraviglia
quindi, che per tanto tempo molti astronomi abbiano considerato questo studio con una specie di
diffidenza o di apatia, come quello da cui non erano a sperare grandi risultamenti; e che intanto
godesse in Francia di un trionfo effimero la teoria meteorologica di Coulvier-Gravier, il quale per
molti anni credette di ricavare, dalle osservazioni delle stelle cadenti, la spiegazione di certi fenomeni
atmosferici, e perfino la predizione del tempo.
Ma quando nel 1864 il prof. Newton, consultando diligentemente le antiche narrazioni di piogge
meteoriche, e rettamente interpretandole, ebbe dimostrato, che lapparizione delle Leonidi si rinnova
periodicamente ogni 33 anni ed Œ, ognuno vide chiaramente, che il fenomeno delle stelle cadenti.
poteva appartenere soltanto allAstronomia. Bisognava dunque ad ogni costo tentare di avanzarsi, e
non servendo il processo regolare dellinduzione scientifica, trovare unaltra strada, fossanche meno
rigorosa e più lunga. Invece di partire dalle osservazioni per stabilire la teoria, si è fatto ricorso alle
ipotesi: e dalle conseguenze di queste, per via di deduzione si è cercato di verificare laccordo colle
osservazioni. Con questo metodo, indiretto sì, ma perfettamente rigoroso, si giunse a trovare, che le
orbite descritte dalle stelle meteoriche nello spazio sono analoghe, per natura, forma, e disposizione,
alle orbite delle comete: che la velocità assoluta delle meteore, quando percuotono latmosfera della
Terra, è generalmente assai prossima alla velocità che corrisponde al moto parabolico intorno al Sole,
e sta alla velocità della Terra nella sua orbita nella proporzione di 141 a 100; che certe comete sono
associate a certe piogge meteoriche in modo da descrivere con esse nello spazio orbite identiche; ed
infine che molto probabilmente le meteore sono il prodotto della dispersione di materia cometica. La
scoperta di questi notabili fatti ha cangiato la faccia della scienza delle meteore e per la prima volta
lha posta su vere e solide basi.
Che esista qualche relazione intima fra le comete e le meteore non è idea nuova. Fra le stelle
cadenti non sono rare quelle, che lasciano nel cielo una traccia più o meno fuggitiva, la quale a
questi corpi laspetto di rapidissime comete. Tale appendice non manca quasi mai alle grosse meteore,
ed ai bolidi, dal cui scoppio nascono le cadute di aeroliti, onde avviene talora, che nelle antiche
narrazioni tali meteore e tali aeroliti vengono descritte come comete, e confusi con esse. Questo credo
fosse il punto di vista di Cardano, allorquando assimilava ad una cometa il gran bolide, del quale più
centinaia di pietre caddero sul territorio di Crema il 4 settembre 1511. E senza dubbio dal medesimo
argomento fu tratto Keplero a riguardare alcune stelle cadenti come piccole comete. Cotali
assimilazioni non hanno per fondamento che una superficiale analogia di apparenze; essendo molto
probabile, che la coda delle comete sia il risultato di un processo intieramente diverso da quello che
dà origine alle code meteoriche.
Halley pensava, che una materia rara, disseminata per gli spazi celesti venisse a concentrarsi in
caduta continua sul Sole, ed incontrando la Terra, producesse il fenomeno delle stelle cadenti.
Maskelyne, più ardito di Halley, fece delle stelle meteoriche altrettanti corpi celesti, e pare anzi
inclinasse a collocarle fra le comete. Egli scriveva quanto segue allAb. Cesaris, astronomo di Brera,
sotto la data del 12 Dicembre 1783: «Aggradite un piccolo stampato, che recentemente pubblicai, per
esortare i dotti e glindotti ad osservare con qualche maggior cura le meteore ignee dette bolidi: Forse
risulterà che essi sono comete. Non sdegnate di spendere alquanta fatica in questa cosa, che mi
sembra di grande momento, come quella che può condurre a progressi nella Filosofia naturale,
forsanche nella stessa Astronomia».
Nella sua insigne opera sulle meteore ignee, Chladni ha cercato di connettere colle comete la
generazione di queste meteore. Nello stabilire lipotesi cosmica sulla loro origine egli riguarda come
possibili due casi. O le meteore sono ammassi indipendenti di materia, i quali non hanno mai fatto
parte dei corpi celesti maggiori, o sono il prodotto della distruzione di un corpo celeste anteriormente
esistente. Chladni ha questa seconda ipotesi come possibile, ma ritiene la prima come più probabile.
Egli nota, non potersi dubitare che esistano negli spazi celesti molti corpi minori dotati di movimento,
i quali talora si rendono osservabili passando davanti al Sole. Secondo Chladni, queste masse disperse
sarebbero accumulazioni della materia celeste primitiva, dalla quale si sono formati anche i grandi
astri dellUniverso. Molte delle nebulose, che si chiamano irresolubili, altro non sarebbero, che
porzioni di detta materia sommamente rarefatta e dispersa in grandissimi spazi. Da tali nebulose pensa
Chladni che le comete differiscano soltanto per la piccolezza del loro volume, per il loro isolamento, e
forse anche per la maggiore loro densità. Ora le masse minori, che ci appaiono sotto forme di bolidi e
di stelle cadenti, non sembrano differire essenzialmente dalle comete. «È anzi probabile, dicegli, che
le comete consistano semplicemente in nubi composte di masse vaporose ed in gran parte
pulverulente, le quali siano insieme trattenute dalla reciproca attrazione. Che questa attrazione non
valga a perturbare sensibilmente i moti planetarii, è una prova della somma dispersione e tenuità della
materia di quelle nubi, attraverso alle quali spesso è avvenuto di osservare le stelle fisse».
Queste idee così notabili di Chladni non furono mai compiutamente dimenticate in Allemagna. Si
può trovarne leco in diverse pubblicazioni, come nella Meteorologia di Kaemtz, e nellAstronomia di
Littrow. Nel 1859 il barone di Reichenbach pubblicò una memoria sulle reciproche relazioni fra gli
aeroliti e le comete, intieramente fondata sul punto di vista di Chladni. Egli immagina, che ogni
cometa sia una porzione di materia primitiva, la quale tendendo a concentrarsi secondo le leggi
dellattrazione, finisca per convertirsi in una nebbia di cristalli minuti, e sommamente numerosi.
Dallaccumulamento di questi cristalli, prodotto dalla loro attrazione reciproca, suppone poi che
nascano gli aeroliti, i quali secondo Reichenbach non sarebbero che una specie di conglomerati:
ognuno di essi sarebbe derivato dalla condensazione di una cometa. Esaminando questa immaginosa
teoria di Reichenbach, incontriamo a prima giunta ragioni assai forti di dubitare, che nel modo da lui
descritto possano nascere masse così compatte e così dure, come sono per lo più quelle dei meteoriti.
Ma anche quando tutte le parti di quella bizzarra speculazione non si vogliano ammettere, non è
impossibile che in essa si nasconda qualche cosa di vero. La generazione dei corpi celesti dalla
agglomerazione di polvere cosmica è stata recentemente appoggiata dal signor Haidinger con tutto il
peso della sua autorità. Se io mi fossi proposto di fare qui una storia completa, dovrei citare le
opinioni di parecchi altri autori, i quali per via dinduzione più o meno arbitraria furono condotti a
sospettare analogie fra le meteore luminose e le comete. Ma nessuno, per quanto è giunto a mia
notizia, si è tanto avvicinato al vero, ed ha espresso opinioni tante precise e categoriche sulla
relazione di origine fra le comete e le meteore, quanto lamericano Daniele Kirkwood, professore
dellUniversità dello Stato dIndiana. La sua teoria tanto si avvicina a quella, la quale oggidì
generalmente è riguardata come la più probabile, che il riferirne lesposizione può avere più che un
interesse puramente istorico.
«Diverse opinioni, diceva il professore americano fin dal 1861, hanno gli astronomi riguardo
allorigine delle comete; alcuni credono che vengano dal di fuori del sistema solare, altri ne mettono
lorigine nellinterno del medesimo sistema. La prima ipotesi è di Laplace, ed è considerata con favore
da molti eminenti astronomi.... Prima dellinvenzione del telescopio lapparizione di una cometa era
cosa comparativamente rara. Il numero di quelle, che si resero visibili allocchio nudo durante gli
ultimi 360 anni, fu di 55: cioè in media di 15 per secolo. Presentemente coi telescopi se ne trovano
quattro o cinque ogni anno. Siccome molte di queste sono estremamente deboli, sembra probabile,
che un numero indefinito di esse, troppo piccole per essere vedute, traversino continuamente il
dominio del Sole. Adottando per lorigine delle comete lipotesi di Laplace, noi possiamo supporre una
quasi continua caduta di materia nebulare primitiva verso il centro del nostro sistema, della quale le
gocce, penetrando latmosfera della Terra, producano le meteore sporadiche, mentre le masse maggiori
formano le comete. Linfluenza perturbatrice dei pianeti può avere trasformato in ellissi le orbite di
molte delle prime e delle ultime. Egli è un fatto interessante, che i movimenti di varie meteore
luminose (o cometoidi, come forse si potrebbe chiamarle) hanno indicato decisamente unorigine
esterna ai limiti del sistema planetario.»
«Ma come spiegheremo (prosegue il prof. Kirkwood) in questa teoria i fenomeni delle meteore
periodiche? La divisione della cometa di Biela in due parti distinte luogo a molte interessanti
questioni sulla fisica delle comete. La natura della forza separante resta a scoprire; ma è impossibile
dubitare che essa non sia nata dal potere divellente del Sole, qualunque sia stato il modo di
operazione.... Molti fatti riferiti dagli storici rendono altamente probabile, se non certo, che altre
divisioni di comete, oltre a quella della cometa di Biela, abbiano avuto luogo. Or quella forza,
qualunque sia, che ha prodotto una separazione, non può essa ancora dividere ulteriormente? E non
potrebbe questa azione continuarsi, fino a che i frammenti siano diventati invisibili? Secondo la teoria
oggi generalmente ricevuta, i fenomeni periodici delle stelle cadenti sono prodotti dallintersezione
delle orbite di tali corpi nebulosi con lorbita annuale della Terra. Ora vi è ragione di credere, che
questi anelli meteorici siano molto eccentrici, e sotto questo rapporto intieramente dissimili dagli
anelli di vapore primitivo, che secondo la teoria nebulare furono abbandonati successivamente
dallequatore solare; in altre parole, che la materia, di cui sono composti, si muova piuttosto in orbite
cometarie, che in orbite planetarie. Non potrebbero dunque le nostre meteore periodiche essere i
frammenti di antiche comete ora disfatte, delle quali la materia è stata distribuita lungo la loro
orbita?»
Queste speculazioni furono pubblicate nel 1861 in una rivista Americana, ed è probabile che
neppure oggi sarebbero giunte a notizia del pubblico astronomico Europeo, se lAutore stesso non le
avesse riprodotte nel 1867 nel suo Trattato dAstronomia meteorica. Ma nel 1867 queste non erano più
novità per i paesi di qua dallAtlantico; invece di congetture, noi possedevamo già dimostrazioni di
molte fra le idee più probabili espresse dal Kirkwood. Che che ne sia, non si può negare al professore
Americano il merito di essersi avvicinato alla verità tanto quanto era possibile per via di semplice
divinazione.
Ora le divinazioni possono, dirigendo opportunamente le idee degli investigatori, concorrere al
progresso della scienza; esse sole però non costituiscono alcun progresso. Anzi labuso delle
medesime, ottenebrando la via alla verità che pena sempre a farsi luce, può diventare estremamente
dannoso. Quante di tali divinazioni vediamo sorgere ogni giorno, che il domani seppellisce
inesorabilmente in eterno oblìo? Pur troppo il numero di coloro, che usano la fantasia per istrumento
principale delle ricerche scientifiche, è legione: e la confusione che ne nasce nella mente di chi vuol
seguire i progressi del sapere è ancora il minore dei mali che ne conseguono. Allo studioso, assediato
da ogni parte da bizzarre ipotesi e da mentite scoperte, non rimane altro che racchiudersi in un severo,
talora ingiusto, sempre malgrazioso, scetticismo, e non ammettere la certezza fisica, se non dove
trova, dietro proprio esame, che ad appoggio rilucono in modo incontrastabile i fatti, o per lo meno il
consenso unanime degli uomini competenti.
Non sarò dunque tacciato dingratitudine ed ingiustizia, se dichiarerò, al prof. Newton di
Newhaven doversi il merito di aver segnato in questa materia i primi passi, dubbiosi se si vuole e
alquanto incerti, sopra di una nuova via, che dovea poi condurre a grandi ed inaspettati risultamenti.
Egli è stato il primo nel 1865 a stabilire con molta probabilità, contro lopinione fin allora prevalente,
che le orbite delle meteore non sono prossimamente circolari come quelle dei pianeti, ma che esse si
avvicinano a quelle delle comete. Una simile investigazione, fatta poco dopo da me
indipendentemente dal prof. Newton, condusse ad un identico, ed anzi più categorico risultamento.
Assicurato questo punto di partenza, la via ad ulteriori processi era grandemente appianata. Io non
starò qui a spiegare le ragioni, dedotte principalmente dalle speculazioni cosmogoniche di Herschel e
di Laplace, la serie di deduzioni parte esatte, parte dubbie ed appartenenti più al regno del
possibile, che a quello del reale, le quali condussero a sospettare, che fra le meteore e le comete
dovesse esistere qualche relazione più intima, che la semplice similitudine nella forma delle orbite. Il
passo qui sopra addotto del prof. Kirkwood del resto può darne un saggio. Basterà dire, che tale
relazione intima sullo scorcio dellanno 1866 e sul principio del 1867 si manifestò chiaramente agli
occhi di tutti, nella scoperta dellassociazione delle principali correnti meteoriche con altrettante
comete in una medesima orbita: associazione in virtù della quale ciascuna delle suddetti correnti fu
trovata contenere in come parte integrante una cometa, e divenne certo, che ognuna di queste
comete è nel suo corso accompagnata da un lungo codazzo di stelle meteoriche percorrenti unorbita
identica a quella della cometa, o poco diversa. Stabilito questo risultato, poco importa di esporre
minutamente la via non sempre diritta, per cui ci si pervenne, e meno ancora occupare la storia di
queste ricerche collo spettacolo poco edificante delle debolezze umane, da cui non andò immune
neppure la scoperta di questi veri.
Nello scopo di mostrare per qual semplice via oggi si possa riuscire a dimostrare la relazione delle
correnti meteoriche colle comete percorrenti una medesima orbita, partirò da un lemma fondamentale
e di facilissimo intendimento (fig. 4). Sia S il Sole e P un corpo qualunque slanciato nello spazio nella
direzione PT con una certa velocità. Se il Sole non esercitasse alcuna attrazione sopra il corpo P, è
palese, che questo continuerebbe indefinitamente la sua strada nella direzione primordiale PT.
Lattrazione solare però col suo persistente influsso devierà il cammino del corpo P, nei primi istanti di
poca quantità, poi col crescer del tempo di quantità sempre maggiori in guisa che il corpo P finirà per
descrivere unorbita curvilinea, cioè una sezione conica PQ, tangente alla direzione iniziale PT. Se noi
ora supponiamo che dopo del primo corpo un altro sia da quel luogo medesimo P slanciato nella
direzione stessa PT con la medesima velocità, che fu impressa al primo corpo; manifestamente il
secondo corpo si muoverà sotto lazione di cause identiche a quelle che muovevano il primo, e quindi
seguirà esattamente la stessa orbita PQ. Lo stesso si può dire di un terzo e di un quarto corpo, che da P
sia spinto nella direzione PT con la stessa velocità che fu attribuita ai primi corpi. Tutti descriveranno
lorbita PQ. E questo esprimeremo generalmente, dicendo, che se da uno stesso punto dello spazio
planetario partono più corpi animati da una medesima velocità secondo una medesima direzione, tutti
questi punti descriveranno la medesima orbita intorno al Sole. - Inversamente se dalla regione X dello
spazio arriveranno più corpi in P con velocità uguale e con direzione identica, potremo concludere,
che essi descrivevano intorno al Sole orbite identiche prima di arrivare in P. Infatti se dopo esser
giunti in P questi corpi continuano la loro strada, essi percorreranno, per ciò che sopra fu detto, la
stessa orbita PQ comune a tutti; dunque comune a tutti era anche larco anteriore XP della medesima
orbita, essendo impossibile, che più sezioni coniche coincidano intieramente lungo larco PQ senza
coincidere in tutto il resto del loro corso.
Applicando ora questo lemma alle stelle meteoriche, noi conchiuderemo in prima, che quando più
stelle meteoriche cadono sopra la Terra nella medesima direzione con uguale velocità (quando cioè
formano una pioggia meteorica divergente da un medesimo radiante), questi corpi hanno percorso,
prima di cadere, orbite identiche nello spazio celeste, ed hanno quindi formato una corrente meteorica
intorno al Sole. Quindi si giustifica la supposizione per cui si afferma, che ad ogni pioggia di stelle
cadenti corrisponde una corrente meteorica nello spazio planetario.
Applicando il medesimo lemma alle comete, diremo. Se lorbita duna cometa interseca in un punto
lorbita della Terra, e se la cometa arriva in quel punto con la medesima velocità e con la medesima
direzione, con cui vi arriva una corrente meteorica; cometa e corrente saranno astrette a percorrere la
medesima orbita intorno al Sole, e si troveranno associate fra loro in modo indissolubile, e vi sarà fra
luna e laltra una relazione dipendente del modo con cui si generano le une e le altre.
Come esempio consideriamo le Leonidi, che sogliono apparire intorno al 14 Novembre di ogni
anno, divergendo da un punto del cielo collocato nella testa del Leone. Questi corpuscoli formano
evidentemente una corrente meteorica, i cui elementi percorrono nello spazio pressa poco la
medesima orbita; e questorbita taglia lorbita della Terra nel luogo, dove il nostro pianeta suole
trovarsi il 14 di Novembre. Ora ricercando nel catalogo delle comete, si trova, che esiste una cometa,
cioè la cometa unica del 1866, scoperta dal signor Tempel, la cui orbita anchessa incontra lorbita della
Terra (o passa vicinissimo allorbita della Terra) proprio nel punto, in cui il nostro pianeta suole
trovarsi il 14 di Novembre. Conoscendo lorbita della cometa è facile dimostrare, che se la Terra e la
cometa arrivassero insieme al punto dove sintersecano le loro orbite, la cometa cadrebbe sulla Terra, e
gli abitatori del nostro pianeta la vedrebbero con spavento arrivare appunto dalla testa del Leone,
come farebbe una qualunque delle Leonidi! che se a queste coincidenze aggiungiamo, che il periodo
della rivoluzione della cometa del 1866 intorno al Sole è esattamente uguale al periodo dei ritorni
delle Leonidi, cioè a 33 anni e Œ; avremo in mano quanto basta per pronunziare con geometrica
certezza, che nel punto comune allorbita terrestre, allorbita delle Leonidi, ed allorbita della cometa, le
Leonidi e la cometa arrivano nella medesima direzione colla medesima velocità, che quindi le loro
orbite coincidono intieramente in tutta la loro estensione; onde una relazione genetica fra la cometa
del 1866 e le Leonidi diventa, se non assolutamente certa, almeno probabilissima. «Questa
coincidenza, diceva su tal proposito sir J. Herschel, è tale da non lasciar alcun dubbio sulla
comunanza dorigine delle meteore e delle comete».
Ma un caso isolato di questa natura offrirebbe ancora alcun punto dattacco alla critica superlativa,
di cui qualche scienziato talora fa pompa quasi per compensare la credulità cieca che mostra in altre
cose. Armandosi del calcolo delle probabilità, potrebbe infatti costui dimandare se tale coincidenza
non sarebbe forse puramente accidentale? A questa domanda, che fu veramente fatta, la Natura ha
risposto nel modo più incontrastabile, offrendo nei quattro casi meglio determinati e più conosciuti di
piogge meteoriche, altrettante comete recenti e ben determinate, che percorrono con quelle piogge
orbite identiche nello spazio celeste. Il primo caso constatato fu la relazione da me trovata fra le
Perseidi del 10 Agosto e la splendida cometa del 1862: secondo venne il caso, notato da Peters, delle
Leonidi di Novembre e della cometa del 1866. Il terzo caso fu notato da Galle e da Weiss ed accenna
ad un legame fra la prima cometa del 1861 e la pioggia meteorica del 20 Aprile. Finalmente il quarto
riguarda la cometa di Biela, la cui relazione con certe meteore anteriormente osservate era già stata fin
dal 1867 notata da dArrest e da Weiss, e fu splendidamente confermata ed illustrata della bella
pioggia meteorica del 27 Novembre 1872. - Oltre a questi casi, alcuni altri se ne conosce, dove la
relazione fra comete e piogge meteoriche corrispondenti è meno sicura e più contestabile; onde non
ne faremo parola, aspettando che studi e osservazioni ulteriori abbiano a confermarli, o a dimostrarne
linsussistenza.
Nellintento di mostrare chiaramente allocchio la forma di queste principali orbite meteoriche e la
loro posizione nel sistema solare, ho delineato la Tavola II, nella quale la lunghezza di cinque
millimetri rappresenta il raggio medio dellorbita della Terra intorno al Sole, ossia uno spazio di circa
80 milioni di miglia italiane. In essa, per evitare la confusione, ho disegnato soltanto le orbite dei
quattro grandi pianeti superiori, Giove, Saturno, Urano e Nettuno, tralasciando tutte le altre orbite
planetarie inferiori, da quelle dei piccoli pianeti in giù. Come è noto, queste orbite sono quasi
circolari, sono anche quasi, ma non esattamente, concentriche; esse si trovano giacere in piani poco
diversi e si può senza error grave supporre, che tutte quattro siano contenute in uno stesso piano, che è
quello del foglio. Il punto S figura la posizione del Sole.
Le quattro curve ellittiche, delineate per maggior chiarezza con diverso modo di tratti nella Tavola
II, rappresentano orbite percorse dalle quattro comete pocanzi mentovate, in compagnia delle correnti
meteoriche corrispondenti. Di tali curve la più piccola è segnata con tratto nero continuo, ed è quella
percorsa dalla cometa di Biela e dalle meteore del 27 Novembre 1872. Questorbita è percorsa nel
brevissimo periodo di 6 anni e due terzi; tale è lintervallo, in capo al quale si verificò p volte il
ritorno della cometa, dal 1772, anno della sua scoperta, fino al 1852, anno in cui fu veduta per lultima
volta. Quanto alla corrente meteorica, la sua struttura e densità è ancor troppo poco conosciuta, per
poter affermare che la pioggia meteorica corrispondente abbia a rinnovarsi entro un periodo uguale a
quello della cometa. Cometa e corrente però non si allontanano molto dal Sole, e soltanto di poco
oltrepassano la distanza di Giove. Il piano della loro orbita non coincide esattamente col piano
principale del sistema planetario, ed è inclinato su quello di circa 13 gradi. Quella parte dellellisse,
che è a destra della linea retta SN1 deve immaginarsi alquanto elevata sul piano del foglio; laltra parte
deve immaginarsi daltrettanto depressa sotto il medesimo piano. Le saette della figura, che indicano la
direzione di tutti i movimenti, mostrano, che la cometa di Biela e le sue meteore girano intorno al
Sole nel medesimo senso, in cui intorno al Sole si avvolgono tutti i pianeti.
Quella delle curve, che è seconda in grandezza, ed è segnata con una serie di punti rotondi,
rappresenta lorbita della cometa di Tempel del 1866, e nel medesimo tempo il cammino delle Leonidi
del 14 Novembre. La direzione del movimento indicata dalle due saette tracciate lungo lorbita stessa è
contraria alla direzione in cui si muove la cometa di Biela, ed a quella in cui si aggirano intorno al
Sole tutti i pianeti; per questo si dice, che la cometa del 1866 e le meteore Leonidi da essa dipendenti
hanno un moto retrogrado. Il tempo rivolutivo in questorbita è di 33 anni e un quarto, e a
questintervallo corrispondono non solo successivi ritorni della cometa di Tempel, ma anche
rinnovamenti dintensità della pioggia meteorica corrispondente, come dal 902 in qua per ripetute
osservazioni si è fatto manifesto. Lorbita oltrepassa dalcun poco quella dUrano, e presentemente si
avvicina abbastanza ad essa: ciò che diede occasione ad alcuno di credere, che alle perturbazioni di
questo pianeta si deva il breve periodo e la dissoluzione parziale della cometa di Tempel in corrente
meteorica. Il piano dellellisse è inclinato su quello del foglio di soli 18 gradi: la parte della curva, che
è a sinistra della linea SN11 deve immaginarsi sollevata un poco sopra il piano del foglio, laltra parte
daltrettanto depressa sotto questo piano.
La curva segnata con punti alternamente rotondi e oblunghi, che è più ampia delle due precedenti,
è lorbita delle Perseidi del 10 Agosto, e della grande cometa del 1862 (Cometa 1862 III). Essa è lunga
non meno di 48 raggi dellorbita terrestre e passa al di di Nettuno in regioni distantissime dal Sole,
fuori dei limiti del mondo planetario conosciuto. Non è stato possibile delinearla per intiero nel
foglio: si avrà unidea dellampiezza di questa ellisse, osservando che il suo centro si trova fra le orbite
di Urano e di Nettuno nel punto segnato C, e che essa si estende al di là di C altrettanto, che di qua del
medesimo punto. In questa immensa ovale si aggira la grande cometa del 1862, ed impiega a fare il
suo giro 121 a 122 anni, secondo il calcolo del Prof. Oppolzer. La corrente meteorica sembra
occupare, colla sua lunghezza, se non tutta questa orbita, almeno una parte considerevole, come è
attestato dalla regolarità, con cui si ripete ogni anno lapparizione delle Perseidi. Lorbita è fortemente
inclinata sul piano generale del sistema solare; linclinazione del suo piano su quello del foglio bisogna
immaginare che sia di 66 gradi; o più chiaramente per aver unidea esatta della sua posizione bisogna
immaginare che tutta lovale giri intorno alla retta SN111 come cardine, in modo che la parte a destra
della linea suddetta si elevi sopra il piano del foglio allobliquità di 66 gradi, e il rimanente (che è la
porzione di gran lunga maggiore) si abbassi sotto il piano del foglio, girando intorno a SN111 finchè
abbia raggiunto una obliquità uguale. Lorbita delle Perseidi giace dunque quasi tutta intiera sotto il
piano generale del sistema solare.
Finalmente la curva segnata con punti oblunghi rappresenta una piccola parte della sterminata
ellisse percorsa dalla I cometa del 1861 in compagnia delle meteore periodiche del 20 Aprile. Questa
ellisse ha una lunghezza più che doppia dellorbita or or descritta delle Perseidi, e si spinge nello
spazio alla distanza di circa 110 raggi dellorbe terrestre; la rivoluzione non è conosciuta che
prossimamente, e si crede essere di 415 anni, o alcuna cosa di simile. Nel disegno non si è potuto
segnarne che un piccolo arco, perchè a descriverla tutta sarebbe occorso un foglio di troppo smisurate
dimensioni Il suo piano è quasi perpendicolare al piano delle orbite planetarie, onde per aver unidea
della sua vera posizione nello spazio bisogna immaginare che la parte inferiore alla linea SN4 si
abbassi sotto il foglio e laltra parte si elevi sopra desso quasi perpendicolarmente, girando ambedue
intorno alla linea SN4 come cardine. La pioggia meteorica del 20 Aprile presentemente non è molto
splendida, ma è tuttavia discretamente regolare, come risulta dalle osservazioni degli ultimi anni;
onde sembra che la corrente meteorica anche qui occupi una porzione notabile dellellisse se non tutta
intiera lellisse.
Tale è la disposizione generale delle principali correnti meteoriche ora attive, di cui si riconobbe
la connessione con qualche cometa. Resta ora ad indicare più esattamente la loro relazione collorbita
terrestre, e a far vedere, quali sono le circostanze del loro incontro col nostro globo. A tal fine
adopre la figura 5 la quale non è altro che la parte più centrale, e vicina al Sole, della Tavola II,
delineata in scala molto maggiore; in essa per vantaggio di chiarezza è stata ommessa lorbita delle
Perseidi e quella delle meteore dAprile, come quelle che uscendo molto dal piano generale in cui sono
contenute tutte le altre, non possono essere rappresentate in modo confacente allo scopo che ora mi
propongo, e domanderebbero un modello a tre dimensioni, non un disegno piano. In questa nuova
figura la curva simile a un circolo rappresenta lorbita terrestre, S il Sole. La curva ovale su cui è
scritto: Leonidi indica quella parte dellorbita delle Leonidi, che ha potuto capire nel foglio: la curva
ovale su cui è scritto: Cometa di Biela segna, come nellaltra figura, parte dellorbita della cometa di
Biela e delle relative meteore. Le saette indicano le direzioni dei movimenti. Tutte e tre le orbite
trovandosi in piani fra loro poco inclinati, la loro disposizione vera nello spazio differirà poco da
quella del disegno. Tuttavia, a cagione della lieve inclinazione delle orbite sul piano dellorbe terrestre,
una parte di queste linee ovali sarà sotto il piano del foglio, laltra parte sopra; veramente, della
porzione qui visibile dellorbita delle Leonidi nel piano del foglio non vi sarà che il punto T, in cui
essa incontra lorbita della Terra: della porzione qui visibile dellaltra orbita non vi sarà nel piano del
foglio altro che il punto T, dove essa pure incontra lorbita della Terra.
Consideriamo dapprima lincontro della Terra colle Leonidi percorrenti la loro orbita ellittica. La
Terra giunge al punto T della sua orbita intorno al 14 Novembre, camminando da destra a sinistra. Le
meteore di Novembre invece arrivano in T percorrendo la loro ellisse da sinistra a destra: esse
camminano incontro alla Terra, e lurto succede con una velocità quasi uguale alla somma delle due
velocità della Terra e delle meteore. La Terra ha in T una velocità di 29 mila metri per minuto
secondo, le meteore una velocità di 43 mila metri, lincontro o lurto corrisponde dunque ad una
velocità di quasi 72,000 metri, e tale è la velocità con cui noi vediamo cadere le Leonidi nella nostra
atmosfera. Questa è allincirca la più grande velocità possibile nelle cadute meteoriche.
Se la corrente delle Leonidi occupasse tutta intiera lorbita loro, e fosse dappertutto ugualmente
densa, ogni anno allarrivare della Terra in T, cioè intorno al 14 Novembre, dovremmo subire lurto di
una splendidissima pioggia meteorica, come furono quelle del 1799, del 1833, e del 1866. Ma poichè
queste splendide piogge hanno il maximum dintensità in un anno determinato del periodo e tosto
affievoliscono nei quattro o cinque anni seguenti, per ridursi a poco o meno che nulla nel resto del
periodo di 33 Πanni: dobbiamo concludere, che la corrente meteorica occupa sullorbita colla sua
parte più densa un arco non molto lungo; che una parte consecutiva meno densa occupa unaltra
porzione eguale a circa un sesto del totale, e che finalmente il resto dellorbita è quasi vuoto, e che
lunghessa la corrente esiste, ma in un grado estremamente debole di densità. Quando ad intervalli di
33 Œ anni passa in T la parte più densa, succede il maximum dei grandi ritorni delle Leonidi; nei
cinque o sei anni seguenti passa in T la parte di densità mezzana, e si hanno piogge di Leonidi ancora
distinte, ma non splendide: nel resto del periodo non rimangon che tracce del fenomeno, come è
avvenuto questanno e come probabilmente avverrà nei prossimi anni fino alla fine del secolo corrente,
quando verso il 1799 e il 1800 rivedremo la parte più densa. La cometa del 1866 si trova in testa a
tutta la corrente, e sembra precedere la parte più densa del codazzo.
Assai diversamente si comportano la cometa di Biela e le meteore da essa dipendenti. Queste
meteore arrivano nel punto T1 dove si trova la Terra il 27-28 Novembre, con una velocità di circa 40
mila metri per minuto secondo, e vi arrivano inseguendo la Terra, la quale corre verso T1, nello stesso
senso, ma con soli 29 mila metri di velocità. La Terra dunque fugge dallurto, ma essendo meno
veloce, è dalle meteore raggiunta, anzi a raggiungerla p presto le chiama colla propria attrazione;
calcolato ogni cosa, si trova che le meteore di questa corrente urtano la Terra colla sola velocità di 19
mila metri per minuto secondo, che è quasi quattro volte minore della velocità, con cui abbiam veduto
cader le Leonidi. Quindi si spiega luniversale consenso, con cui tutti gli osservatori del fenomeno del
27 Novembre scorso hanno dichiarato, esser stato comparativamente lento il moto apparente delle
meteore cadute. Si può altresì spiegare, colla piccola intensi dellurto, la piccola luce che
svilupparono quelle meteore, in comparazione collo splendido fiammeggiare delle Leonidi.
Queste due correnti possono considerarsi come due casi estremi della massima e della minima
velocità con cui le stelle meteoriche possono urtare la Terra. Le Perseidi invece, e le meteore del 20
Aprile non incontrano la Terra movendosi oppositamente ad essa, nè la inseguono, ma la prendono di
fianco nel suo movimento; le velocidelle loro cadute sono anche di grado intermedio. Le Perseidi
cadono colla velocità di quasi 60,000 metri per secondo, le meteore del 20 Aprile con, quasi 51,000
metri.
Questi casi bene conosciuti e studiati di correnti meteoriche possono darci unidea di quello che
sarà per le altre. Stando allultimo catalogo pubblicato dal signor Greg, si osserva lungo lanno la
ripetizione periodica di 132 radiazioni distinte. questo è certamente un numero uguale al vero
perchè le osservazioni su cui quel catalogo è fondato non sono complete, e di più abbracciano soltanto
le radiazioni osservate nellemisfero boreale della Terra. Stando a quella proporzione, le radiazioni
principali visibili in tutto il cielo dovrebbero essere almeno 200. E sebbene io abbia ragione di
credere, che anche questo numero sia grandemente inferiore alla verità; pure staremo con esso, e ne
conchiuderemo, che la Terra incontra lungo il suo corso annuale almeno 200 correnti meteoriche
diverse, descriventi ciascuna con moto periodico la sua orbita intorno al Sole; orbita fortemente
ellittica, come quella delle comete periodiche. Queste correnti, assai meno popolate di meteore che le
quattro più specialmente descritte qui sopra, non sono neppur esse composte di materia continua, ma
contengono minutissimi corpuscoli separati da grandi intervalli, e sono talmente rare, che due o tre o
più possono urtare insieme la Terra, e attraversare nel medesimo tempo il medesimo spazio senza
offendersi a vicenda: producendo così, nelle notti ordinarie dellanno, quella confusione di più piogge
meteoriche, che aveva da principio condotto allidea delle meteore sporadiche.
Ma il numero delle correnti meteoriche, che attraversano gli spazi planetarii, apparirà ben ancora
più grande, quando si noti, che le 200 correnti sopradette sono legate alla condizione di attraversare in
qualche punto il cammino descritto annualmente dalla Terra intorno al Sole; condizione, senza della
quale elle non potrebbero incontrare il nostro pianeta e rendersi a noi visibili. Or quale sarà la
moltitudine delle correnti meteoriche, le quali, non incontrando lorbita della Terra, rimarranno in
eterno a noi incognite ed inesplorabili? Senza dubbio bisognerà calcolarle per molte e molte migliaia.
Così noi vediamo, che lo spazio compreso fra le orbite dei pianeti, e gli altri spazi che stanno dalle
due parti del gran piano fondamentale del sistema planetario, non sono già vuoti, o appena raramente
visitati da qualche cometa essi contengono un numero immenso di corpuscoli minuti, raccolti in
correnti, e aggirantisi intorno al Sole in orbite allungate. Sebbene a ciascuno di questi corpuscoli non
si possa attribuire che una massa piccolissima, pure la lor moltitudine è così sterminata, e lo spazio da
essi riempito è talmente grande, che la loro totalità può forse formare una massa non affatto
trascurabile nel computo dei movimenti planetarii. Lesperienza futura potrà anche decidere questo
punto.
Così il concetto dellUniverso si viene allontanando sempre più dallideale geometrico così caro
alle nostre menti, e sempre più si viene complicando di particolarità fisiche accidentali, di cui è
impossibile tener conto esatto col calcolo. poteva essere altrimenti. Checchè in fatti sia stato
disputato in proposito, sarà sempre vero, che lAstronomia non è una scienza matematica, come
volevano gli Antichi e alcuni moderni ancora vogliono; ma una scienza naturale, la quale come
scienza naturale vuole esser trattata. Lindole semplice dei suoi problemi la rende più accessibile al
calcolo, che le altre scienze naturali, e per questo è avvenuto, che lanalisi e la geometria hanno
riportato nel suo campo così luminosi ed insperati trionfi. Ma lanalisi e la geometria qui sono mezzi di
studio, non essenza del sapere astronomico: aiuti utilissimi anzi indispensabili, non completa ed unica
misura dei fenomeni.
___________________________ LETTURA TERZA.
Congetture probabili sulla origine
delle stelle cadenti.
Idea generale del modo, con cui le comete si suppongono generare correnti meteoriche. - Come dal
dissolversi totale o parziale di una cometa si possa generare una tale corrente. - Divisione delle
comete; fenomeni della cometa di Biela. - Altri casi di divisione delle comete. - Struttura granulare di
molti nuclei cometari. - Forze che producono la separazione delle loro parti. - Come lattrazione solare
si possa convertire in forza dissolvente. - Alcune quistioni sulla dissoluzione e sulla distruzione delle
comete.
Tre gradi formano il corso completo, in cui si muove il processo induttivo della nostra intelligenza
nello studio della natura. Il primo grado è quello dellosservazione e della classificazione; il secondo
comprende lo studio formale delle leggi, a cui si possono ridurre le cose osservate; nel terzo si risale
alle cause, da cui provengono le dette leggi, o per lo meno si riducono queste leggi ad altre più
generali e di ordine superiore. Nello studio delle stelle cadenti noi abbiamo seguito appunto questa
strada. E così, dopo aver nella prima lettura esposto in generale i principali fenomeni delle stelle
meteoriche, nella seconda siamo pervenuti a definire la norma della loro distribuzione e dei loro
movimenti nello spazio. Non rimane dunque, che ascendere il terzo grado, e determinare, se è
possibile, per qual serie deventi abbiano potuto formarsi e trovarsi associate alle comete quelle
singolari agglomerazioni di corpuscoli, che si muovono intorno al Sole in forma di correnti o di
armille meteoriche. In questultimo stadio non è più possibile di raggiungere il medesimo grado di
certezza, che nei primi due. ciò dee far meraviglia. Poichè il primo dei tre gradi, ci
losservazione dei fenomeni, non dipende che dalla constatazione immediata di fatti, e gode di tutto
quel grado di fede, che si può raggiungere coi nostri sensi. La determinazione delle leggi dipende nel
presente caso da ragionamento geometrico, e conduce quindi a risultati di certezza non minore, che
quella delle osservazioni. Ma il risalire alle cause domanda nellattuale problema la cognizione esatta
di certe parti della fisica celeste, che al presente sono ancora poco esplorate. Le idee adunque, che
veresponendo, malgrado lassentimento sempre più generale che vanno acquistando, e malgrado la
conferma, che sembrano ricevere da recenti osservazioni, possono esser presentate come speculazioni
probabili, anzi, oserò dire, come speculazioni molto probabili; ma non raggiungono la completa
certitudine fisica.
La tesi, a cui un esame diligente di tutti i fatti conosciuti ha condotto glinvestigatori, è la seguente:
Le correnti meteoriche sono il prodotto della dissoluzione delle comete, e constano di minutissime
particelle che certe comete hanno abbandonato lungo la loro orbita in causa della forza disgregante,
che il Sole od i pianeti esercitano sulla materia rarissima, di cui sono composte.
Notissima è la costruzione generale delle comete. In esse vi ha sempre una parte più densa, spesso
tanto densa e brillante, da meritare il nome, che le fu dato, di nucleo della cometa. Questa parte è il
vero centro di tutte le svariate apparizioni ed appendici, che offrono le comete: essa è quella che
percorre intorno al Sole unorbita regolare, seguendo le leggi di Keplero. Tutto il rimanente, che
circonda il nucleo, atmosfera, chioma, e coda, presenta spesso, sotto linflusso del calore solare, i più
curiosi spettacoli, che possono vantare gli annali del cielo; ma la massa di queste appendici, e la loro
densità è quasi nulla in confronto di quella del nucleo o della parte più centrale della testa. Ora la
disgregazione, dal cui effetto diciamo derivare le correnti meteoriche, deve intendersi così, che alcune
porzioni della materia della cometa vengono poco a poco allontanate dal centro principale dellastro, e
sottratte alla sua influenza attrattiva. Queste porzioni, intieramente libere dal dominio del nucleo,
cominciano a percorrere accanto ad esso unorbita propria, intorno al Sole, come astri indipendenti; e
la probabilità di esser ricondotte sotto lazione del nucleo essendo per esse piccolissima, finiscono per
separarsene definitivamente, allontanandosi viepiù da quello.
Perchè si comprenda, come dallo sciogliersi del legame che collega la materia cometica al suo
nucleo nascano le correnti meteoriche appunto nella forma che ho descritto nella lettura II,
consideriamo in S (fig. 6) il Sole, in C il nucleo di una cometa, in H una particella di materia
cometica, che in seguito a cause da descriversi più tardi, si sia disgregata del nucleo, e si sia ora
portata poco a poco fuori della azione di quello, in modo da descrivere unorbita propria e
indipendente intorno al Sole. La distanza CH è, nel momento della separazione, assai piccola in
confronto della distanza SC; e come i due corpi C ed H quando erano riuniti correvano con la stessa
velocità intorno al Sole, ora anche dopo la separazione si muoveranno con velocità uguali o almeno
pochissimo differenti. I due corpi adunque percorreranno nello spazio orbite poco diverse, e se queste
orbite sono ellittiche, il tempo del loro giro intorno al Sole sa quasi uguale per luno e per laltro.
Tuttavia non ne seguirà, che essi debbano sempre accompagnarsi nel loro viaggio celeste a piccola
distanza luno dallaltro. Se infatti per esempio supponiamo, che la rivoluzione di H nella sua orbita sia
di una centesima parte più breve che quella di C, è manifesto che, ad ogni giro intorno al Sole, H
anticiperà sulla posizione di C di un centesimo del giro stesso, e dopo dieci giri H avrà avanzato di 10
centesimi di giro, e dopo cinquanta giri H avrà avanzato di cinquanta centesimi, o di mezza
rivoluzione. Collandar del tempo dunque H potrà occupare rispetto a C nella sua orbita tutte le
configurazioni possibili. In un solo caso questo non succederà: cioè quando la rivoluzione di H
intorno al Sole si faccia in un tempo matematicamente uguale alla rivoluzione di C. Ma questo è
infinitamente poco probabile che avvenga; e dato che avvenisse, non potrebbe durare; le perturbazioni
planetarie, esercitandosi sui due corpi con diversa intensità, tosto produrrebbero quella differenza di
tempi rivolutivi, che prima non esisteva.
Un esempio illustre di questi avvenimenti, che ora ho descritto, è stato osservato sulla cometa di
Biela nel 1845. Questa cometa, di cui già ho avuto occasione di descrivere il corso nella lettura
precedente, è una fra quelle di breve periodo, ed è stata osservata già più volte nei suoi ritorni.
Scoperta da Montagne nel 1772, poi da Pons nel 1805, fu ritrovata e riconosciuta come periodica da
Biela e da Gambart nel 1826, e dal nome di questi scopritori suole chiamarsi talora cometa di
Gambart, altre volte e più spesso, cometa di Biela. Il calcolo del suo corso fu oggetto principalmente
dei lavori del Prof. Santini e del Prof. Hubbard. Questa cometa, come tutte quelle che generano
correnti meteoriche a noi visibili, ha la proprietà, che la sua orbita interseca lorbita della Terra, o
passa a questa assai da presso. Come tutte le comete, essa si fa visibile a noi soltanto nella parte
inferiore della sua orbita, cioè in quellarco, che è più vicino al Sole. Dopo il 1826 essa ritornò nel
1832, nel 1839, nel 1845 e nel 1852. Nella apparizione del 1832 il suo aspetto non offrì nulla di
straordinario: una piccola nebulosità senza coda. Nel 1839 non fu veduta, trovandosi, al tempo della
visibilità, in una configurazione sfavorevole rispetto alla Terra ed al Sole: ma grande fu la meraviglia,
quando al suo ritorno seguente, sullo scorcio dellanno 1845, si scoperse che la cometa era divenuta
doppia! Non si è potuto determinare con certezza lepoca di questa divisione. Hubbard inferisce dai
suoi calcoli, che questo fenomeno ha dovuto succedere nel Novembre del 1844, cioè circa un anno
prima che la cometa si rendesse visibile, nellapparizione del 1845, agli osservatori: (essa fu veduta per
la prima volta a Roma il 26 Novembre 1845). La duplicità della cometa del resto da principio rimase
inavvertita, forse a cagione delle grandi fluttuazioni di luce che rendevano meno visibile or luno or
laltro dei due capi cosa che sebbene Herrick e Bradley a Newhaven già constatassero quella duplicità
fin dal giorno 29 Dicembre 1845, le osservazioni regolari dellapparenze fisiche dei due capi non
cominciarono che col 13 Gennaio 1846 per opera di Maury allosservatorio di Washington, e in
Europa più tardi ancora, cioè il 15 Gennaio allosservatorio di Königsberg. Secondo i calcoli di
Hubbard la distanza fra le due parti il giorno 10 Febbraio 1846 quando la cometa si trovò nella
massima vicinanza al Sole, fu di 160 mila miglia italiane; esse si seguivano descrivendo orbite quasi
assolutamente identiche intorno al Sole e la seconda parte correva dietro alla prima ad un intervallo di
due ore vale a dire, che la seconda cometa occupava quasi esattamente ad ogni momento la posizione,
in cui laltra si era trovata due ore prima.
Nellapparizione consecutiva la cometa fu riconosciuta per la prima volta dal R. P. Secchi nel
grande rifrattore di Roma il 25 Agosto 1852; ma per allora ne fu visto un solo capo: laltro non fu
trovato che il 16 Settembre consecutivo ad una distanza dal primo molto maggiore di quello che
saspettava. Anche questa volta si notarono fluttuazioni di splendore, che rendevano quasi invisibile or
luna or laltra cometa. Il 23 Settembre 1852 i due capi passarono nel punto della loro maggior
vicinanza al Sole, e la loro distanza reciproca in quel giorno si trovò essere di 1330 mila miglia
italiane, cioè otto volte più grande della distanza osservata nel 1846; la seconda cometa era in ritardo
sulla prima già di 16 ore. A tale distanza, che è quasi 7 volte lintervallo dalla Terra alla Luna, i due
capi non potevano più esercitare luno sullaltro unazione attrattiva molto sensibile, ed erano diventati
in fatto due astri intieramente indipendenti luno dallaltro. Anche i calcoli dellaccennato professore
Hubbard hanno dimostrato, che dalle osservazioni del 1846 e del 1852 non è possibile ricavare alcuno
anche dubbioso indizio di una azione qualunque attrattiva o repulsiva fra i due capi; il corso di
ciascuno potendo accuratamente rappresentarsi colle leggi di Keplero e colle perturbazioni planetarie
senza introdurre alcuna nuova forza. Finalmente è dimostrato, che luno dei due capi compie il suo
giro intorno al Sole in un tempo alquanto più breve che laltro; la differenza è, secondo Hubbard, di 18
ore e 5 minuti, ciò che sopra una durata del tempo rivolutivo di 6 anni e 223 giorni fa 1/3200 della
durata stessa. Quando dunque il più lento dei due capi av fatto 3200 rivoluzioni, il più rapido ne
avrà fatte 3201; ed in tale intervallo avranno preso nelle loro orbite tutte le configurazioni possibili
luno rispetto allaltro.
Un altro esempio bene constatato di cometa doppia si ha nella prima cometa del 1860, la quale
percorse le costellazioni antartiche del cielo e non fu visibile in Europa. Essa fu scoperta nella città di
Olinda (Brasile) dal signor Liais il 27 febbraio 1860. I due capi erano molto disuguali di grandezza e
di splendore; la loro distanza apparente, che era molto piccola (circa un minuto di grado) lascia
congetturare, che la separazione fosse avvenuta poco tempo prima, e forse in quellapparizione
medesima della cometa. Singolarissima poi fu la presenza di due nuclei nella maggiore delle due
comete; questo fatto sembra indicare una tendenza ad ulteriore divisione.
Altri esempi di comete doppie o multiple si trovano citati negli storici ma non sempre con autorità
bastevole a metterli fuori dogni dubbio. Così secondo Eforo, istorico poco veridico, la cometa
dellanno 371 prima di Cristo, la cui apparizione seg dalcuni mesi il gran terremoto che distrusse
Elice e Bura città dellAcaja, prima di scomparire si sarebbe divisa in due stelle. Aristotele però, e
Diodoro Siculo, che parlano accuratamente di questa cometa, non menzionano il fatto. Secondo
Cassio Dione la cometa dellanno 11 avanti Cristo, che precedette la morte di Agrippa, «scomparve
dissolvendosi in parecchie fiaccole»; ma gli storici chinesi Sse-ma-tsian e Ma-tuan-lin, i quali ne
descrivono accuratamente lapparizione ed il corso, non parlano in alcun modo della divisione.
Maggior fede forse si potrà prestare al medesimo Ma-tuan-lin, ed ai continuatori di Sse-Ma-tsian,
quando narrano, che ad una data corrispondente presso di noi al 24 di Giugno dellanno 415 di Cristo
(stile giuliano) comparvero due comete nella divisione del cielo chiamata Tin-she (Ercole Serpente ed
Ofiuco), le quali ambedue rasentarono la stella Te-tso (alfa di Ercole). Si può pensare che qui si tratti
di una cometa doppia: ma non è neppure impossibile, che fossero due comete di corso differente, le
quali per caso siansi incontrate in una medesima regione del cielo.
Più categorica sembra la narrazione di Ma-tuan-lin nel libro 294 della sua storia, secondo la quale
nellanno 896 di Cristo sarebbero apparse «tre stelle straordinarie, una grande e due piccole. Esse
furono vedute fra i due asterismi Hiu e Goei (beta ed alfa dellAquario). Ora si avvicinavano, ora si
separavano. Camminarono insieme verso lOriente per tre giorni, poi le due minori scomparvero:
infine scomparve anche la grande».
Dopo di aver ben compreso quali conseguenze nascono dalla divisione di una cometa in due parti,
non sarà difficile farsi unidea di quello che debba avvenire, quando non una, ma moltissime particelle
di una cometa si separino dal centro o nucleo principale, e si sottraggano allinfluenza della sua
attrazione. Tutti questi corpuscoli incomincieranno a descrivere intorno al Sole orbite fra loro
indipendenti, ma poco dissimili dallorbita del nucleo principale. Nel principio avremo dunque una
nube di corpuscoli viaggianti insieme a piccole distanze, come sarebbe una torma duccelli di
passaggio, od uno sciame dinsetti. Ma siccome è impossibile, che tutti questi corpuscoli si muovano
intorno al Sole in un periodo esattamente eguale, le piccole differenze di velocità nel moto di
rivoluzione si andranno progressivamente accumulando, e la distanza fra due corpuscoli qualsiasi
and progressivamente crescendo, siccome abbiam veduto avvenire nelle due teste della Cometa di
Biela. La nube si verrà dunque successivamente allungando, e le sue parti si estenderanno
progressivamente lungo lellisse descritta, e ne occuperanno sempre una porzione maggiore, finc
dopo un numero molto grande di rivoluzioni la nube si sarà trasformata in un anello ellittico completo
e lanello si formerà, quando le parti più veloci della nube abbiano guadagnato sulle meno veloci una
rivoluzione intera.
Tale è la successione di fenomeni, che noi crediamo aver dato luogo alle correnti meteoriche
descritte nella precedente lettura. Esse sono prodotte da particelle di materia abbandonata lungo
lorbita da comete divenute incapaci di trattenerle insieme in un sistema unico colla loro intrinseca
attrazione. Le stelle meteoriche dunque altro non sono che polvere o farina di comete. Ma tutto questo
che qui accenniamo potrebbe a taluno sembrare nulla più che una speculazione geometrica, se non
avessimo cura di esporre quelle osservazioni che tendono a stabilirne la fisica realtà. Da queste
osservazioni risulterà in modo evidente che le comete hanno, anche nella parte loro che sembra più
densa, una struttura granulare, e una tendenza a risolversi, sotto lazione dei raggi solari, in un gran
numero di corpuscoli minutissimi.
Primo si presenta lesempio della cometa stessa di Biela. Nella medesima apparizione, in cui la
cometa per la prima volta fu vista divisa in due, il nucleo di una delle due teste apparve più volte
diviso in varie parti. Maury osservò a Washington il 26 febbraio 1846, che il nucleo aveva
unapparenza confusa e sembrava multiplo. Il 14 Marzo consecutivo questa moltiplicità apparve più
distinta, e lassistente di Maury credette di veder cinque nuclei diversi.
Di questa struttura granulare non rari sono gli esempi fra le comete telescopiche; nelle quali
spesso si vedono luccicare qua e punti di maggior intensi per guisa, che diventa impossibile
fissare il luogo del nucleo principale o centro della cometa. Tale fu per esempio laspetto che presentò
la II Cometa del 1868 il 18 Giugno di quellanno, secondo che fu osservato al grande cannocchiale di
Lipsia. Tale fu pure la Cometa del 1866, che accompagna le Leonidi nella loro orbita. Anche la prima
Cometa del 1853 ebbe un nucleo multiplo, secondo che riferisce il P. Secchi. Un nucleo secondario si
distaccò pure dal nucleo principale della grande Cometa di Donati nel 1858, siccome osservarono
Otto Struve e Winnecke al grande cannocchiale di Pulkova. La divisione in molti nuclei fu poi tanto
evidente nella grande Cometa del 1618, che essa fu osservata e descritta molto bene dal P. Cysat e da
Wendelin, sebbene i cannocchiali di quellepoca fossero ancora estremamente imperfetti. Il P. Cysat
vide convertito tutto il corpo della cometa in una congerie di minutissime stelle. Ma notabilissimo fra
tutti fu laspetto presentato dalla Cometa del 1652 dal 21 al 27 Dicembre di quellanno. Il suo corpo
aveva un diametro apparente poco inferiore a quello della Luna: il diametro reale era immenso,
almeno 12 o 15 volte il diametro del nostro globo. Questa enorme congerie sferoidale era una
agglomerazione informe di parti più dense e più rare e conteneva, oltre ad una massa principale, altre
masse minori in numero di quattro o cinque: più un gran numero di altri punti luminosi appena
discernibili nei telescopi di quel tempo. Ma la massa principale anchessa appariva come una congerie
di molti minutissimi corpuscoli. Sono le parole di Evelio, il più industre e diligente osservatore di
quel tempo.
Ma più conclusivo ancora di tutti i precedenti sembra a me il seguente fatto, di cui io medesimo
ebbi la fortuna di essere spettatore, e che vidi osservando la splendida madre delle Perseidi, la grande
Cometa del 1862. Ad 25 dAgosto verso dieci ore di sera, il nucleo pella Cometa che fino allora
aveva eiettato una specie di getto luminoso simile ad una fiammella di gaz, fu visto eruttar fuori una
massa luminosa, la quale crebbe ad un volume a molti doppi più grande, che il volume proprio del
nucleo (fig. 7). Questa massa luminosa avea la figura di una pera; essa era bene contornata da tutte le
parti, e rassomigliava ad una piccola nube, nella quale sopra un fondo lucido ad intervalli andavano or
qua or luccicando punti più luminosi simili a piccolissime stelle appena discernibili. Questo
interessante fenomeno era totalmente scomparso nel giorno consecutivo. Esso dimostra non solo la
struttura granulare della sostanza eiettata in quel tempo dal nucleo, ma anche la potenza delle forze
interiori, che erano sufficienti a cacciar quella materia disgregata a distanza di più migliaia di miglia
dal nucleo principale.
Rimane ora unaltra questione da esaminare: Qua la forza, che separa luno dallaltro quei
corpuscoli, dalla cui agglomerazione i nuclei di certe comete sembrano in tutto od in parte risultare?
Per quanto grande sia lignoranza in cui ci troviamo sulla composizione fisica delle comete, pure
possiamo assicurare, che almeno due forze qui entrano in azione. Primieramente le forze interne di
espansione e di proiezione che il nucleo sviluppa sotto, linflusso del calore solare, quando la cometa,
nel passare vicino al Sole, si gonfia e caccia fuori uno o più zampilli, solleva inviluppi sovra
inviluppi, atmosfere sovra atmosfere. In queste violente rivoluzioni del corpo cometico, dove tutte le
forze fisiche, non domate come sulla Terra lo sono, dalla predominante attrazione di una forte massa
centrale, operano senza freno sulla piccola quantità di materia abbandonata al loro furore, non è
maraviglia che diventi gazoso quello che prima era liquido o solido, e che sfasciandosi il cemento,
che prima riteneva unite le particelle od i corpuscoli cometari, questi diventino preda delle correnti
ascendenti, che li trasportano lunge dal centro principale. Il fenomeno da me veduto la sera del 25
Agosto 1862 sembra assai istruttivo sotto tale riguardo.
Ma io dico, che anche astraendo dalle forze interne sviluppate dal calore solare, basta la sola forza
dellattrazione a sciogliere i legami duna massa molto rara, sia continua, come un vapore ridotto a
piccolissima densità, sia divisa in piccole particelle fra loro separate, come sarebbe una nube di
corpuscoli minutissimi e separati fra loro da intervalli molto grandi rispetto alle loro dimensioni. Parrà
certo a molti un gran paradosso, che la forza di attrazione, invece di concentrar la materia, tenda
alcuna volta a disgregarla: eppure nulla sembrerà più naturale a chi abbia la pazienza di seguire la
concatenazione logica dei semplici ed evidenti ragionamenti che sto per fare.
Sopra una medesima linea di strada ferrata immaginiamo due convogli che corrano nella
medesima direzione, luno seguendo laltro a non grande distanza: e poniamo, che il convoglio
anteriore sia tirato da una locomotiva alquanto più potente, e capace di farlo correre con velocità
alquanto maggiore dellaltro. Se i due convogli siano indipendenti luno dallaltro, è manifesto, che il
primo dei due avanzando sulla strada con maggiore velocità, si verrà progressivamente allontanando
dallaltro, che rimarrà indietro; e lintervallo fra i due convogli andrà poco a poco crescendo. Facciamo
ora la supposizione, che i convogli sian legati luno allaltro con una fune robusta. È palese che al
principio del movimento questa fune si tenderà, e per mezzo di essa il convoglio anteriore
comunicheuna parte della sua forza al posteriore: di modo che tutti e due i convogli procederanno
insieme uniti con una velocità intermedia alle due velocità diverse che avrebbero preso, quando
fossero rimasti separati. Ma, se invece dimpiegare a questo scopo una fune robusta, mettiamo una
fune troppo debole, essa da principio si distenderà, poi col progresso del tempo si verrà allungando
quanto lo comporta lelasticità delle sue fibre: poi finalmente seguitando a crescere la tensione, si
romperà, ed i due convogli saranno ancora diventati indipendenti fra di loro. Ora qualè la causa della
distensione, dellallungamento, e della finale rottura della fune? Non altro, che la diversità delle forze,
con cui sono spinti i due convogli. Questa diversità basta per a costituire una forza divellente, che
col suo continuo operare sulla fune, finisce per romperla, e per sciogliere in due parti il sistema, che
prima era unico.
Invece dei due convogli tratti da locomotive consideriamo ora due punti A B formanti parte di un
medesimo corpo celeste (fig. 8) che gira intorno al Sole S: e poniamo che A occupi il centro di detto
corpo, B invece si trovi ad una certa distanza da A nella direzione della linea AS. In forza della
gravitazione universale, il Sole attirerà a sè i punti materiali A e B; ma siccome questa forza decresce
secondo i quadrati delle distanze, ed è tanto minore, quanto più il punto attratto dista da S; così
avverrà che il punto più vicino B sarà spinto verso il Sole con forza maggiore che il punto centrale A;
onde avremo qui un caso analogo a quello dei due convogli, di cui pocanzi ho parlato: il risultato
finale di questa diversità di attrazioni sarà una forza divellente, la quale tenderà a rompere il legame
qualsiasi che tiene unito il punto B al centro A del corpo celeste.
Similmente se noi consideriamo un terzo punto C, il quale si trovi sul prolungamento (2) della
retta SA, vedremo, che esso sarà attratto verso il Sole con minor forza che il punto A; e per
conseguenza anche fra i punti A e C nascerà una forza divellente di natura intieramente analoga a
quella che abbiam veduto esistere fra A e B. In ambi i casi i punti B e C saranno spinti da questa forza
ad allontanarsi dal centro A.
Nel caso in cui il legame fra il punto centrale A e i due punti B e C sia abbastanza saldo per
resistere a queste forze divellenti, i due punti B e C non si distaccheranno dal centro A, e il corpo
celeste cui essi appartengono rimarrà coerente nelle sue parti e non si discioglierà. Tale è per esempio
il caso dei pianeti ed in particolare del nostro globo. Qui il legame che unisce le parti è il peso, cioè
lattrazione reciproca che le anima e che supera di gran lunga la forza divellente prodotta dallattrazione
solare. Se supponiamo che B e C siano due corpi collocati alla superficie del nostro globo nelle
posizioni che indica la fig. 8, con un facile calcolo si trova, che la forza divellente, la quale tende a
separarli dal centro della Terra e a portarli in alto è appena la ventimilionesima parte del peso dei
corpi stessi B e C. Perciò quando il Sole si trova perpendicolarmente al nostro zenit, oppure al nostro
nadir, la forza divellente da esso prodotta scema il peso dei corpi di una ventimilionesima parte,
quindi di un milligramma un corpo di venti chilogrammi di peso. Esercitandosi dunque questa forza
divellente sulle particelle mobili delloceano e dellaria, tutto il suo effetto si limiterà a sollevare questi
inviluppi fluidi di una piccola quantità con fasi alterne dipendenti dalla posizione del Sole; nel che sta
il vero meccanismo del flusso e del riflusso del mare e dellatmosfera. La Luna esercita anchessa una
forza divellente analoga, anzi molto più potente di quella del Sole, perchè essa è a noi molto più
vicina. Ma leffetto di tali forze sulla parte solida del globo sarà assolutamente nullo.
Ma se noi ci poniamo, invece che sulla Terra, in una massa di gaz estremamente rarefatto, o in una
nube di corpuscoli minuti disseminati a considerevoli distanze luno dallaltro, sarà facile immaginare
tali combinazioni, per cui le forze divellenti superino le attrazioni interiori del sistema e le disperdano.
per questo occorre fare supposizioni eccessive. Se invece della terra così solida e co densa, si
avesse una materia così rara, che 10 metri cubi di essa pesassero 3 grammi nelle nostre presenti
bilancie, questa materia non potrebbe più resistere alla forza divellente del Sole e si disperderebbe
issofatto. Se invece della Terra così solida e così densa, si avesse una nube di corpuscoli del peso di
un gramma ciascuno, e così fatta, che la distanza media fra due corpuscoli vicini fosse di due metri
soltanto, questa nube sarebbe già troppo rara per restare unita nello spazio celeste; le attrazioni
reciproche dei corpuscoli onde è composta non basterebbero per resistere alle forze divellente del
Sole. In poco tempo la nube andrebbe disciolta in tanti corpuscoli fra loro indipendenti, i quali
cominciebbero a percorrere orbite poco diverse, e formerebbero col volgere degli anni una corrente
sempre più lunga.
Noi abbiamo finora parlato della forza divellente che proviene dallattrazione del Sole. Ma anche i
pianeti possono esercitare una simile forza divellente: soltanto, come la loro massa è assai minore di
quella del Sole, per ottenere uguali effetti è necessario che il corpo condannato alla dissoluzione si
avvicini loro molto di più. Vi ha buone ragioni per credere, che le comete periodiche descrivessero
prima orbite assai diverse dalle ovali che oggi percorrono, e che il loro cambiamento di strada sia
dovuto alla forte perturbazione di qualche grosso pianeta. Così si crede che la cometa di Biela sia
stata condotta da Giove a percorrere la sua orbita presente. Questo non ha potuto avvenire, se non in
causa di un grande avvicinamento della cometa al pianeta perturbatore. Mentre dunque si cambiava
lorbita della cometa, si manifestava pure con grande intensità la forza divellente del pianeta
perturbatore, ed è possibile che certe correnti meteoriche abbiano avuto principio in questo modo.
Riassumendo le cose fin qui esposte, si conclude: 1.° che le comete, a cagione della grande rarità
della loro materia, e della tendenza che hanno a comporsi in una struttura granulare, possono offrir
campo alle forze divellenti del Sole (e probabilmente anche dei pianeti) di esercitare la loro influenza.
2.° che lavvicinamento delle comete al Sole nei periodi delle loro apparizioni, col produrre nella loro
struttura i più grandiosi sconvolgimenti, può in grado eminente aiutare a disperderle in parte e dar
campo alle forze divellenti suddette di manifestarsi con un più alto grado dintensità. 3 che il
concorso di queste azioni può verosimilmente bastare a sottrarre alcune parti dellinflusso attrattivo del
nucleo principale, rendendole da quello indipendenti. 4.° che, ottenuto una volta questo risultato, la
dispersione di quelle parti lungo lorbita, e la formazione di una corrente è conseguenza inevitabile, e
pura questione di tempo.
Prego chi mi ascolta di notare, che la dispersione di cui si tratta si fa lungo lorbita della cometa, e
non in altra direzione. Insisto specialmente su questo punto, perchè non venga in mente ad alcuno di
confondere la formazione delle correnti meteoriche collo sviluppo della coda delle comete, come più
volte è avvenuto (3). La differenza essenziale tra i due fenomeni si comprenderà subito, considerando
la figura 9, la quale rappresenta la forma comune che ha lorbita delle comete, nella parte più vicina al
Sole, e la disposizione che sogliono prendere le code delle grandi comete. Lorbita ABCD essendo
percorsa da una cometa nel verso indicato dalla saetta, la dispersione della materia del suo nucleo si
farà lungo questa linea, come più volte fu detto; quindi la corrente meteorica che ne deriva seguirà
pure la linea stessa ABCD. Invece le code si sviluppano partendo dal nucleo in direzione opposta al
Sole S, siccome il più volte citato chinese Ma-tuan-lin fu il primo a notare fin dal secolo XIII; e come
il disegno indica. Esse si ripiegano per lo più allindietro in forma di pennacchi. Egli è manifesto, che
queste code, perdendosi nello spazio celeste produrranno un fenomeno diverso da quello che finora è
stato descritto.
Una prova che le correnti meteoriche sono un fenomeno distinto dalle code sta in questo, che le
due correnti meteoriche più illustri dei nostri tempi sono connesse con due comete telescopiche, delle
quali una (la cometa del 1866) non aveva coda, laltra (quella di Biela) non mostrò alcun simile
appendice allapparizione del 1852, ed ora è diventata invisibile affatto.
È stato detto mille volte, che le recenti scoperte sulle stelle cadenti «hanno sciolto lenigma delle
comete.» Gli autori di questa sentenza hanno voluto dire con questo, che i nuclei, le chiome e le code
delle comete, consistono semplicemente di stelle cadenti e di corpuscoli minutissimi? Vogliono essi
inferirne, che lurto (così scioccamente temuto dal volgo) di una cometa contro la terra abbia a
risolversi in una pioggia meteorica? E che sulla costituzione delle comete non vi sia più altro a
studiare? Se co è, permettano ad uno che ha studiato molto e senza frutto il problema della
costituzione delle comete, di dir loro, che i fatti finora conosciuti non ci danno punto il diritto di andar
lontano. È possibile, che le parti più dense o i nuclei siano parzialmente composti di quei
corpuscoli, ed i fatti addotti in questa lettura lo rendono anzi probabile. Ma la materia delle chiome e
delle code cometarie sembra godere di proprietà che alle stelle cadenti non competono. Infatti dopo
Bessel si deve riguardare come certo, che sulla materia delle chiome e delle code il Sole esercita una
attrazione minore, che sulla materia dei nuclei, anzi qualche volta una vera repulsione. Se tal forza
repulsiva, o tale minore attrazione operasse sulla materia delle correnti meteoriche, esse andrebbero
disperse in un momento; in nessun caso potrebbero accompagnare così fedelmente le comete in una
identica orbita.
Prima di terminare voglio rispondere a una questione, che sento fare da tutte le parti. Dunque in
tal maniera potrà un corpo celeste essere annichilato e disperso in polvere minutissima? Dunque la
cometa di Biela, che nei suoi due ultimi ritorni del 1866 e del 1872 (4) non si è più potuta vedere sarà
andata distrutta? Dunque sarà vero che le meteore vedute la sera del 27 novembre 1872, siano, come
tanti dissero, il prodotto di questo sfacelo totale?
Che le comete col progresso del tempo si vadano consumando è opinione antica. Keplero lha
espressa chiaramente or sono 250 anni circa; Existimo, corpus cometæ, perlui, colari, atteri et denique
annichilari, et sicut bombyces filo fundendo, sic cometas cauda exspiranda consumi et denique mori.
Ciò è sopratutto probabile delle comete, che sviluppano una lunga coda. Ed infatti è impossibile che
faccia ritorno alla sua sorgente la materia di quelle code, che vediamo stendersi per dieci, venti, e
cinquanta milioni di miglia a traverso dello spazio planetario. Questa materia rimane là vagando nello
stato di dispersione completa.
Encke riteneva per certo, che la cometa periodica da lui denominata manifestasse uno splendore
intrinseco sempre minore da una volta allaltra; e soleva dire, sebbene non lo abbia scritto, «presto non
ne rimarrà più nulla.»
Se è vero quanto ha recentemente concluso Hind dalle sue investigazioni, che la cometa osservata
in Europa ed in China nellanno 1366 sia identica alla cometa scoperta da Tempel cinquecento anni
dopo, cioè alla madre delle Leonidi, avremmo un esempio illustre della progressiva diminuzione delle
comete. Infatti la cometa di Tempel del 1866 fu sempre telescopica, mentre quella del 1366 è descritta
dagli annali chinesi come «della grandezza duno staio (5)» e di colore simile «a quello di un pugno di
farina» e fu veduta, non occorre dirlo, ad occhio nudo. Tuttavia siccome in questa apparizione la
cometa è passata a grandissima prossimità della Terra, la visibilità della cometa per gli osservatori del
1366 non sarebbe una prova molto stringente. Ma il signor Hind è dopinione che la cometa di Tempel
sia stata veduta anche nellanno 868. Di una cometa veduta nel 868 fanno breve menzione gli annali
chinesi, e più diffusamente parlano varie cronache dellOccidente. Se supponiamo che essa sia identica
alla cometa di Tempel, dobbiamo conchiudere che abbia perduto da 1000 anni in qua una parte
notabile del suo splendore: perciò secondo Hind la sua distanza dalla Terra nellapparizione dell868
avrebbe dovuto esser molto maggiore che nel 1366 e nel 1866: e malgrado questa maggiore distanza
la cometa fu avvertita dagli osservatori di quel tempo.
Per ciò che riguarda la supposta distruzione dalla cometa di Biela, si deve ritenere per cosa
possibile, sebbene sia lontana dallesser provata: anzi dico, che non è perduta ogni speranza di rivedere
un giorno almeno luno o laltro dei capi. E la ragione di tale speranza sta in questo: che invisibilità qui
non significa necessariamente distruzione o non-esistenza. Riandando infatti la storia della cometa
nelle due apparizioni del 1846 e del 1852 si trova il fatto singolarissimo, che i capi della cometa
subirono tali fluttuazioni di luce, da rendersi qualche volta invisibili ai telescopi di minor potenza. C
significa, che nellinterno di quei due corpi vi erano cause intrinseche capaci di aumentarne o di
diminuirne lintensità luminosa. Di simili fluttuazioni di luce molte altre comete hanno offerto
evidentissimi esempi: tra i quali recente affatto è quello della IIa cometa del 1871, scoperta dal signor
Tempel. Questa cometa diventò al tutto invisibile nel mese di Settembre, sebbene allora si trovasse in
posizione e condizioni eccellenti per essere osservata. Al contrario altre comete, che erano già
scomparse, e di cui nessuno più sperava fare osservazioni, subitamente rifulsero dopo una quasi totale
estinzione della loro luce; il che avvenne per la grande cometa del 1811, e nel 1866 per la cometa
periodica di Faye. Chi potrà dunque assicurare, che a simili casi o ad altri di natura ancora più
spiccata non sia soggetta anche la cometa di Biela?
Ma dato pure, che dal 1852 in qua la cometa sia andata dispersa, fallace al tutto sarebbe inferirne
la congettura, che dai suoi recenti fragmenti fosse costituita la grande pioggia meteorica del 27
Novembre 1872. Ciò si potrebbe veramente credere, se la cometa in quel giorno si fosse proprio
trovata nel luogo dove passava la Terra, e fosse stata dalla Terra attraversata in pieno, come alcuno
pensò. Ma il professore Michez di Bologna, successore e continuatore di Santini nel difficile computo
delle perturbazioni di questa cometa ha dedotto dei suoi calcoli, che nel giorno 27 Novembre la
cometa aveva già passato quel punto critico dellincontro colla Terra da circa tre mesi e che il 27
Novembre poteva trovarsi distante da noi ben forse 100 milioni di miglia!
Se, come è da creder ad ogni modo, la cometa fa parte della corrente del 27 Novembre, è chiaro
che in quel giorno la corrente dovea occupare sullorbita almeno tutto lo spazio compreso fra la
cometa e noi, esser quindi lunga almeno 100 milioni di miglia, ed impiegare almeno tre mesi a
passare per un dato punto parte per parte. Una corrente già così lunga non può agevolmente credersi
prodotto di pochi anni: essa richiede (per quanto la presente esperienza può farci intendere) almeno
secoli per occupare tanta estensione. Se per esempio si cerca quanto tempo impiegherebbero i due
capi della cometa di Biela, per trovarsi a tre mesi dintervallo luno dallaltro sulla loro orbita, dal
calcolo esposto in principio di questa lettura si dedurrà facilmente che occorrono per questo 120
rivoluzioni della cometa, cioè quasi 800 anni.
Se poi si riflette, che altre pioggia meteoriche osservate nel 1798, nel 1830, nel 1838, nel 1841,
nel 1847, nel 1859, e nel 1867 con maggiore o minor probabilità si possono riferire anche alla cometa
di Biela; che vi hanno indizii, che la corrente sia multipla, cioè consti di parecchie spire, come una
matassa di filo a più giri: si comprenderà che il problema è assai meno semplice, di quello che paia a
prima giunta: che la corrente di Biela non è una formazione tanto recente; e che il pronunziare
temerariamente su questa e su altre consimili questioni non può per ora produr altro frutto, che una
maggior incertezza e confusione didee in un argomento già per sè così difficile e così oscuro.
FINE.
INDICE
LETTURA PRIMA.
Fenomeni principali delle stelle cadenti. - Apparenze generali delle stelle cadenti. - Loro altezza e
velocità. - Grandi pioggie meteoriche. - Periodico apparire delle medesime. - Radiazione e sua causa.
- Propriedei punti di radiazione. - Classificazione delle stelle meteoriche secondo i loro radianti. -
Correnti meteoriche traversate dalla Terra nel suo corso annuale intorno al Sole.
LETTURA SECONDA.
Sul corso delle stelle cadenti nello spazio, e sulla loro associazione colle comete. - Diverse ipotesi
intorno alla forma delle correnti meteoriche. - Correnti anulari avvolgentisi intorno al Sole. - Scoperta
della connessione fra le stelle cadenti e le comete. - Ipotesi di. Chladni e di Kirkwood. - Casi in cui si
è verificata questa connessione. - Le Leonidi. - Le Perseidi. - Le meteore della cometa di Biela. - Le
meteore del 20 Aprile. - Diversi modi dincontro delle correnti meteoriche colla Terra. - Numero
probabile delle correnti meteoriche che percorrono lo spazio planetario.
LETTURA TERZA.
Congetture probabili sulla origine delle stelle cadenti. - Idea generale del modo, con cui le comete si
suppongono generare correnti meteoriche. - Come dal dissolversi totale o parziale di una cometa si
possa generare una tale corrente. - Divisione delle comete; fenomeni della cometa di Biela. - Altri casi
di divisione delle comete. - Struttura granulare di molti nuclei cometari. - Forze che producono la
separazione delle loro parti. - Come lattrazione solare si possa convertire in forza dissolvente. -
Alcune quistioni sulla dissoluzione e sulla distruzione delle comete.
1 Si noti che la figura rappresenta il fenomeno con regolarità geometrica, per facilità della
spiegazione; chè in verità le trajettorie delle pioggie meteoriche non sono nè tutte ugualmente lunghe,
tutte cominciano alla stessa altezza, tutte finiscono alla stessa altezza, e la densità, delle
trajettorie non è per tutto uguale ma varia da un luogo allaltro.
2 "prolungamente" nelloriginale [nota per ledizione elettronica Manuzio]
3 Nel libro eccellente di SCHELLEN, intitolato Analisi spettrale, questo abbaglio è commesso
dallautore non solo per proprio conto, ma anche è attribuito allautore delle presenti letture, Lopera
essendo giustamente stimata e divolgata, sento il dovere di protestare contro questa interpretazione
della mia teoria.
4 Quando scrissi queste linee non si era ancora parlato di una scoperta della cometa di Biela,
che sarebbe stata fatta dal sig. Pogson a Madras il 2 dicembre 1872. Anche supponendo (ciò che è
lontano da ogni probabilità), che la cometa trovata da Pogson sia veramente quella di Biela, non ho
nulla a mutare in quello che ho detto.
5 WILLIAMS, Chinese Observations of Comets, London, 1871.
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