amici che lo salutavano: "Non son l'uomo per cui mi prendete! Quello lo lasciai laggiù nella selva,
appartato in una valletta nascosta accanto a un tronco muschioso presso la sponda d'un melanconico
rivo! Andate a cercare il vostro pastore, e vedete se la sua figura emaciata, la gota smunta, la fronte
bianca, grave, solcata dalle sofferenze, non furon gettate colà, come un abito smesso!". Gli amici,
non c'è dubbio, avrebbero continuato ad insistere: "Quell'uomo sei tu!", ma l'errore sarebbe stato
loro, non suo.
Prima che il signor Dimmesdale giungesse al suo domicilio, il suo spirito doveva fornirgli dell'altre
prove, d'una rivoluzione nella sfera del pensiero e dei sentimenti. Niente, in verità, quando non
fosse un cambiamento completo del governo e del codice morale in quel regno interiore, bastava a
spiegare gli impulsi che ora vennero comunicati all'infelice e spaurito sacerdote. Ad ogni passo era
stimolato a compiere qualcosa di strano, di folle, di perverso, con la sensazione che ciò sarebbe
stato involontario e intenzionale insieme; a suo dispetto, eppure emanato da un io più profondo di
quello che contrastava all'impulso. S'imbatté ad esempio in uno dei suoi diaconi. Il buon vecchio lo
apostrofò con l'affetto paterno e la dignità patriarcale che l'età veneranda, la rettitudine e la santità
del carattere e il grado nella gerarchia ecclesiastica, gli conferivano il diritto d'usare; e al tempo
stesso con l'intenso rispetto, quasi con l'adorazione, parimenti richiesti dalle prerogative
professionali e personali del pastore. Mai esisté esempio più bello di come la maestà degli anni e
della saggezza possa esser compatibile con la deferenza e il rispetto, quando questi le siano dettati
dall'inferiorità del rango sociale e da più modesti talenti. Ora, durante una rapida conversazione tra
il reverendo Dimmesdale e l'eccellente diacono dalla barba bianca, fu unicamente ad opera del più
scrupoloso dominio su se stesso, che il primo poté astenersi dal pronunciare certe blasfeme
insinuazioni che gli si affacciarono alla mente a proposito della cena eucaristica. Tremò verga a
verga e divenne cinereo, nella tema che la lingua gli si sciogliesse per favellar di quelle orribili
cose, adducendo a propria scusa il consenso di lui, senza ch'egli lo avesse dato apertamente. E
persino con quel terrore nel cuore, s'impedì a stento di ridere, a immaginarsi come sarebbe rimasto
pietrificato dall'empietà del suo superiore il vecchio diacono santo e patriarcale!
Indi si die' un altro incidente della stessa specie. Mentre procedeva in gran fretta, il reverendo
Dimmesdale incontrò il più anziano membro in gonnelle della sua congregazione: una vecchia
signora pia ed esemplare quanto mai; povera, vedova, derelitta, con un cuore ch'era pieno di
reminiscenze sul marito e sui figli defunti e sugli altri suoi cari trapassati da un pezzo, come un
camposanto abbonda di lapidi istoriate. Eppure tutto ciò, che avrebbe altrimenti costituito un dolore
così greve, diveniva quasi una gioia solenne per la vecchia anima di colei, mediante le consolazioni
della religione e le verità delle Scritture, di cui continuamente cibavasi da oltre trent'anni. E da
quando la buona vegliarda si trovava affidata alle cure del signor Dimmesdale, il suo maggior
conforto terreno che, a meno di non esser parimenti celestiale, non avrebbe potuto menomamente
sussistere, era quello d'incontrare il suo pastore, sia casualmente sia di proposito, e di averne il
ristoro d'una parola di verità evangelica, calda, fragrante, paradisiaca, che fluiva dalle amate labbra
di lui nell'orecchio di lei, un po' duro, è vero, ma intento ed estasiato. In quella circostanza però,
fino al momento di accostare le labbra all'orecchio della vecchia, il signor Dimmesdale, di sicuro
per volere del gran nemico dell'anime, non poté risovvenirsi di nessun testo delle Scritture né di
nient'altro, tranne d'un argomento stringato, vigoroso e, come allora gli parve, irrefragabile contro
l'immortalità dell'anima. A instillarglielo nella mente, c'era caso di veder l'anziana consorella
stramazzar morta di botto, quasi per effetto d'una perniciosissima infusione. Quello che bisbigliò
realmente, il pastore non riuscì mai a ricordarselo. Forse nei suoi accenti si diede una fortunata