lagrime e la lingua di dire alcuna parola. Per che, al signore della mia vita
rivolta, così li dissi:
“O ultima speranza della mia mente, entrino le mie parole nella tua anima
con forza di mutare il proposito, acciò che, se così m'ami come dimostri, e la tua
vita e la mia cacciate non sieno dal tristo mondo prima che venga il dì segnato.
Tu, da pietà tirato e da amore, in dubbio poni le cose future; ma certo, se le tue
parole per addietro sono state vere, con le quali me da te essere stata amata non
una volta, ma molte hai affermato, niun'altra pietà a questa potenza dee potere
resistere, né mentre ch'io vivo, altrove tirarti; e odi perché. Egli t'è manifesto, se
tu séguiti quello che parli, in quanto dubbio tu lasci la vita mia, la quale appena
per addietro s'è sostenuta quel giorno che io non t'ho potuto vedere; dunque puoi
esser certo che, cessandoti tu, ogni allegrezza da me si partirà. E ora bastasse
questo! Ma chi dubita che ogni tristizia mi sopravverrà, la quale, forse, e senza
forse, mi ucciderà? Ben dei tu oramai conoscere quanta forza sia nelle tenere
giovini a potere così avversi casi con forte animo sostenere. Se forse vuogli dire
che io per addietro, amando saviamente e con forza, gli sostenni maggiori, certo
io il consento in parte, ma la cagione era molto diversa da questa: la mia
speranza posta nel mio volere mi faceva lieve quello che ora nell'altrui mi
graverà. Chi mi negava, quando il disio m'avesse pure oltre ad ogni misura
costretta, che io te, così di me come io di te innamorato, non avessi potuto
avere? Certo nessuno; quello che, essendomi tu lontano, non m'avverrà. Oltre a
ciò, io allora non sapeva, più che per vista, chi tu ti fossi, benché io t'estimassi
da molto; ma ora io il conosco, e sento per opera che tu se' d'avere troppo più
caro che non mi mostrava allora il mio imaginare, e se' divenuto mio con quella
certezza che gli amanti possono essere dalle donne tenuti loro. E chi dubita che
egli non sia molto maggiore dolore il perdere ciò che altri tiene, che quello che
egli spera di tenere, ancora che la speranza debba riuscire vera? E però, bene
considerando, assai aperta si vede la morte mia. Dunque, la pietà del vecchio
padre preposta a quella che di me dei avere mi sarà di morte cagione, e tu non
amatore, ma nemico, se così fai. Deh, vorrai tu, o potrail fare, pur che io il
consenta, i pochi anni al vecchio padre servati, a' molti, che ancora a me
ragionevolmente si debbono, anteporre? Ohimè! che iniqua pietà sarà questa? E`
egli tua credenza, o Panfilo, che niuna persona, sia di te quantunque egli vuole o
puote per parentado di sangue o per amistà congiunta, t'ami sì come io t'amo?
Male credi, se di sì credi: veramente niuno t'ama così come io. Dunque, se io più
t'amo, più pietà merito, e perciò degnamente antiponmi, e di me essendo pietoso,
di ogni altra pietà ti dispoglia che offenda questa, e senza te lascia riposare il tuo
padre; e così come, tu non con lui, lungamente è vivuto, se gli piace, per innanzi
si viva, e se non, muoiasi. Egli è fuggito molti anni al mortal colpo, s'io odo il
vero, e più ci è vivuto che non si conviene; e se egli con fatica vive, come i
vecchi fanno, sarà vie maggior pietà di te verso lui lasciarlo morire, che più in
lui con la tua presenza prolungare la fatichevole vita.
Ma me, che guari senza te vivuta non sono, né vivere saprei senza te, si
conviene aiutare, la quale, giovanissima ancora, con teco aspetto molti anni di
vivere lieti. Deh, se la tua andata quello nel tuo padre dovesse operare che in
Esone i medicamenti di Medea operarono, io direi la tua pietà giusta, e
comanderei che s'adempiesse, ancora che duro mi fosse; ma non sarà cotale, né
potrebbe essere, e tu il sai. Or ecco, se a te, forse più che io non credo crudele,
di me, la quale per tua elezione, non isforzato, hai amata e ami, sì poco ti cale,
che tu vogli pure al mio amore preporre la pietà perduta del vecchio padre, il
quale è tale quale il ti diè la fortuna, almeno di te medesimo t'incresca più che di
me o di lui, il quale, se i tuoi sembianti in prima, e poi le tue parole non m'hanno
ingannata, più morto che vivo ti se' mostrato, quale ora, per accidente, senza
vedermi hai trapassata; e ora a sì lunga dimora, chente richiede la mal venuta